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RECENSIONIDVDLIBRI
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NOVEMBRE 2020
NOT THE SAME RASSEGNA ON
LINE DELLA CAMERATA DUCALE
Mercoledì 25
novembre alle ore 18.00 prende il via NOT THE
SAME, una rassegna che costituisce uno dei fiori
all’occhiello della programmazione della
Camerata Ducale per questo fine anno 2020.
Si tratta di una serie di 10
momenti musicali online, registrati al Teatro
Civico di Vercelli e pubblicati sui principali
canali social sia della Camerata Ducale che
della città di Vercelli, con protagonisti quelli
che in assoluto si possono definire i migliori
giovani solisti della nuova generazione.
Dalla Sicilia al Trentino,
dalle migliori accademie d’Europa e del mondo, i
giovani solisti approdano a questo appuntamento
con l’ambizione e l’energia di chi è agli inizi
di una luminosa carriera. I concerti, della
durata massima di 40 minuti
compresa
una breve introduzione, saranno ripresi da una
prospettiva assolutamente originale: invece che
dalla platea, lo spettatore virtuale potrà
vivere l'evento musicale come se si trovasse sul
palcoscenico, alle spalle del solista. E davanti
ai suoi occhi avrà lo splendido e irreale colpo
d'occhio del Teatro Civico deserto, al quale un
allestimento ad hoc conferirà un'atmosfera
sospesa, fiabesca, incantata. La Camerata Ducale
con questo progetto lancia un messaggio
importante: la musica online, per quanto
affascinante possa essere, non potrà mai
sostituire quella dal vivo. L'emergenza Covid
non deve essere l'occasione per passare
definitivamente da una fruizione in presenza a
una digitale, perchè nulla può prendere il posto
del contatto diretto e immediato tra
l'interprete e il suo pubblico. Questa, dunque,
sarà l'opportunità di esplorare nuovi orizzonti
musicali, e, come i molti altri progetti online
della Camerata Ducale, verrà in futuro mantenuta
e rinforzata; il suo fine primario, però, è
quello di far crescere ancora di più il
desiderio di tornare alla musica “vera”,
vissuta, respirata, perchè quella digitale è
incredibilmente stimolante, certo, ma è appunto
not the same.
Dunque, appuntamento il 25
novembre per il primo appuntamento di una
rassegna che offrirà a portata di un clic quanto
di meglio possa offrire la nuova, anzi
nuovissima generazione in termini di solisti.
Si partirà con il 26enne
violinista Andrea Obiso, in duo con Massimo
Spada al pianoforte. Obiso, vincitore quest'anno
del concorso come spalla nell'Orchestra
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, è
vincitore di molti concorsi internazionali tra
cui il Prix Ravel e l'ARD International Violin
Competition di Monaco.
Il 28 novembre sarà di scena
un vero astro nascente come la 21enne
chitarrista Carlotta Dalia,
Il 2 dicembre toccherà invece
al 24enne pianista Alberto Ferro, premiato al
prestigioso Concorso Ferruccio Busoni di
Bolzano.
La carrellata di talenti
proseguirà il 5 dicembre con la 26enne cantante
Emilia Zamuner, in duo con Massimo Moriconi,
bassista storico di Mina.
Il successivo 9 dicembre sarà
protagonista la violoncellista 25enne Ludovica
Rana, in duo con Maddalena Giacopuzzi al
pianoforte. Rana si è aggiudicata
l’International Music Competition Vienna Grand
Prize Virtuoso
Appena tre giorni e, il 12
dicembre, gli spettatori potranno ammirare il
Quartetto Werther, composto da Misia Iannoni
Sebastianini al violino, Martina Santarone alla
viola,
Simone Chiominto al
violoncello e Antonino Fiumara al pianoforte.
Una formazione in vertiginosa ascesa, vincitrice
del Premio Abbiati.
Il 16 dicembre sarà invece la
volta della 21enne violoncellista Erica
Piccotti, in duo con Leonardo Pierdomenico al
pianoforte.
Protagoniste il 19 dicembre
saranno la soprano Ivanna Speranza e la pianista
Enrica Ciccarelli, Presidente della celebre
Società dei Concerti di Milano e vero punto di
riferimento per tutti i giovani talenti musicali
del nostro Paese.
Altro appuntamento
d'eccezione sarà quello del 21 dicembre con il
giovane pianista Antonio Chen Guang, già
vincitore di numerosi primi premi internazionali
tra cui lo Scriabin,
E infine, il 24 dicembre,
arriverà il gran finale con due soliste
giovanissime, entrambe avviate verso una
luminosa carriera: la 18enne violinista Giulia
Rimonda in duo con l'altrettanto giovane
pianista Valentina Kaufman. Entrambe artiste in
residence 2021 della Fondazione Società dei
concerti di Milano, sono tra l'altro vincitrici
dell'International Crescendo Competition. Nel
complesso, 10 appuntamenti da non perdere .
23 novembre 2020 Dalla redazione
OTTOBRE 2020
Otto domande alla pianista
Mariangela Vacatello
Dal
bellissimo recente concerto tenuto al Teatro
alla Scala per "Milano Musica" è emerso un
particolare interesse della trentottenne
pianista napoletana sia per il repertorio più
classico, quello dell'ottima Kreisleriana
di Schumann o degli Studi di Debussy, sia
per quello contemporaneo, avendo eseguito brani
di Stroppa, Aperghis e Maresz. Ho avuto modo
d'intervistare Mariangela Vacatello stimolato
dallo splendido concerto scaligero, uno degli
ultimi prima dell' interruzione - speriamo
breve- a causa della pandemia.
Quando è nata la sua passione
per la musica contemporanea? Quanto tempo le
dedica?
L'interesse per la musica
contemporanea è sorto nel periodo dei primi
concorsi. Ero molto giovane, allora, ed era
obbligo inserire, tra i brani in concorso, anche
alcuni tra
quelli
scelti del repertorio contemporaneo. Sono stata
molto fortunata perchè nell'ambiente del
Conservatorio di Milano, nella stessa mia
classe, ho avuto come compagni sia pianisti
appassionati al repertorio contemporaneo, che
compositori divenuti poi noti. C'erano giovani
che portavano spartiti di nuovi brani, brani che
spesso provavano. Io ero molto curiosa di tutto,
pur conservando maggior interesse per il
repertorio classico. Ho scoperto allora
Messiaen, il suo "Quartetto per la fine dei
tempi" ed altri lavori oramai divenuti dei
"classici". Purtroppo stiamo passando un momento
in cui la musica di massa è molto invadente,
tanto da impedire l'incontro dei giovani con il
repertorio contemporaneo. Ma qui entriamo in un
altro discorso...mi piacerebbe se poi ne
parlassimo.
Come vede il mondo attuale
dei compositori contemporanei, ha qualche altra
preferenza?
Posso parlare di quelli con
cui ho lavorato. Per esempio
posso
citare Georges Aperghis con il quale ho lavorato
diverse volte. È un compositore che ha
un'eleganza unica e grande intelligenza. È stato
un incontro molto importante per me. Quello che
m'interessa soprattutto è lavorare bene sui
brani che decido di eseguire. Ho trovato molto
interessanti i lavori di Marco Stroppa, gli
Studi per pianoforte. Belli anche i brani
che ha scritti per me Yan Maresz, un autore che
purtroppo scrive poco per pianoforte. Mi è
piaciuta la leggerezza che riesce a rendere
sullo strumento, non scontata e superficiale, ma
estremamente difficile, leggerezza che si trova
anche in autori del primo '900.
\Nel repertorio "classico",
inteso sino a quello del primo Novecento, dove
trova maggiore interesse per interpretazione e
affinità?
Debussy è stato il mio primo
amore, subito dopo è arrivato Liszt e con l'età
è arrivato Beethoven. Ho trovato molte
similitudini caratteriali tra di loro, anche con
Schumann, che metto per interesse vicino a
Beethoven. Ci sono aspetti per ciascuno di
questi compositori che li accomunano. Sono
epoche diverse, mondi diversi, stili diversi, ma
hanno importanti elementi, anche umanamente, che
li hanno uniti. Questo è molto affascinante.
Nel panorama interpretativo
pianistico mondiale ha una gerarchia di
preferenze? Come giudica i pianisti italiani e
quali predilige?
Le posso solo dire che credo
che il pianismo italiano abbia tantissimi
talenti. Al di fuori dall'Italia, Zimerman è un
grande pianista, uno di quelli arrivati ai
massimi livelli come Pletnev o Sokolov, anche
loro grandissimi pianisti. Vado ai loro
concerti, non posso negare che a me piace andare
ai concerti, anche non solo pianistici. Se
potessi, andrei anche tutti i giorni, come se
fossi una studentessa.
So che è nata in una famiglia
musicale. Mi può raccontare brevemente l'origine
di questa passione in ambito familiare? Chi ha
coinvolto in famiglia oltre a lei?
Mia
sorella Monica è una violinista, i miei genitori
sono entrambi legati alla musica. Mio padre
lavorava nel settore elettronico della Yamaha ed
è anche accordatore di pianoforti. Questo è
estremamente utile, non ho mai un pianoforte
scordato. Uno dei due pianoforti che ho lo
accorda solo lui e non vuole che nessun altro
metta le mani ma l'altro, il Fazioli, non lo
tocca. Mia madre ha insegnato musica nelle
scuole medie.
Quante ore di studio dedica
al pianoforte?
Se posso anche tutto il
giorno, ma non sempre riesco, comunque parecchie
ore. Spesso sono in viaggio o devo insegnare.
Adesso mi sono appena trasferita al
Conservatorio di Perugia, città dove vivo
attualmente. Prima ero a Parma.
Aveva in programma prossimi
concerti in Italia e all'estero?
Hanno cancellato tutto!
Dovevo inaugurare la stagione per Fazioli e
dovevo fare alcune registrazioni. Il mio
prossimo impegno sono infatti due registrazioni
musicali. Ho un progetto per un video per la
Cina e l'altro è un prossimo Cd, ma non posso
dirle ancora il repertorio.
29 ottobre 2020
a cura di Cesare Guzzardella
Richard Galliano
e i Solisti Aquilani
per Serate Musicali
Il fisarmonicista e
compositore francese di origine piemontese
Richard Galliano, è tornato in Conservatorio per
un concerto organizzato da Serate Musicali.
Era
accompagnato
da I Solisti Aquilani, una
compagine cameristica di strumenti ad arco
specializzata in repertori che spaziano dal
barocco sino al contemporaneo. Sono stati
eseguiti brani di Vivaldi, Bach, Galliano e
Piazzolla. Il brano introduttivo di Vivaldi, il
Concerto alla rustica, ha visto all'opera
esclusivamente la compagine cameristica per una
luminosa interpretazione. Il Concerto in do
minore, originariamente per oboe, violino
ed archi di J.S. Bach, ha trovato una felice
trascrizione di Galliano per fisarmonica,
violino ed archi. Un'operazione ottima, in
quanto le profonde sonorità della fisarmonica -
in compagnia dell'ottimo violino solista nella
persona di Daniele Orlando- hanno messo in
risalto, per incisività e chiarezza discorsiva,
ogni dettaglio dei tre classici movimenti
Allegro, Adagio e Allegro.
Con
i quattro brani successivi, composti da Richard
Galliano, siamo entrati nello spirito più
profondo del compositore e virtuoso dello
strumento. Tutti e quattro i lavori erano per
fisarmonica ed orchestra d'archi: dal più
corposo Opale alla
Petite suite française, dal
più breve Tango per Claude
a La valse a Margaux. Le
timbriche, dal sapore tipicamente francese e con
uno sguardo verso la musica argentina di
Piazzolla, hanno rivelato le straordinarie
abilità del compositore -interprete, che con
raffinata musicalità è riuscito a nobilitare uno
strumento spesso legato al solo folclore
popolare.
Di
valore l'integrazione strumentale con I Solisti
Aquilani, un gruppo strumentale di eccellente
qualità. L'omaggio al "maestro" Astor Piazzolla,
con il celebre Oblivion,
ha concluso con successo ampiamente meritato il
programma ufficiale. Molto bello il breve bis
solistico con un brano per pianoforte di Isaac
Albéniz in una fedele trascrizione per
fisarmonica di Galliano. Applausi fragorosi. Da
ricordare.
20 ottobre 2020 Cesare
Guzzardella
Mariangela Vacatello
per Milano Musica
inaugura i concerti serali alla Scala
In questo momento di grande
difficoltà per i teatri italiani e per le sale
da concerto, la nota rassegna milanese dedicata
prevalentemente alla musica contemporanea di
Milano Musica trova assolutamente bisogno di
esprimersi. Quest' anno la denominazione
Caminantes non poteva essere che il migliore
aspicio per il superamento di questa maggiore
staticità portata dalla pandemia. L'evento di
ieri sera, al Teatro alla Scala, con la nota
pianista napoletana Mariangela Vacatello è tra
le prime manifestazioni musicali
di
un calendario che prevede concerti sino al 23
novembre. È stata una serata variegata quella
scaligera, con un impaginato
che prevedeva, nella prima parte, musiche di
Claude Debussy alternarsi con brani di
compositori contemporanei in prima esecuzione
assoluta. I lavori di Marco Stroppa (1959), del
greco Georges Aperghis (1945) e del tedesco Yan
Maresz (1966) erano incastonati tra Étude
n.10 pour la sonorités opposées e l'Étude
n.1 pour les cinques doits d'après Monsieur
Czerny
del grande compositore francese. Di rara qualità
il Debussy della Vacatello. Il tocco leggero, ma
nel contempo deciso e risoluto, ha evidenziato
un Debussy perfettamente interiorizzato e
restituito con profonda sintesi discorsiva nei
bellissimi timbri vellutati. I lavori in prima
esecuzione hanno rivelato l'eccellente vocazione
della pianista al repertorio contemporaneo, a
dimostrazione, ancora una volta, dell'attitudine
delle nuove generazioni di interpreti alle nuove
modalità compositive degli autori viventi. Di
qualità tutti i lavori presentati datati 2020:
ad iniziare da Trois études pour piano di
Stroppa, proseguendo con Scherzo II di
Georges Aperghis e continuando, dopo il valido
Debussy, con Miniatures di Yan Maresz. La
lettura di tutti i recenti brani è stata
particolarmente attenta e particolareggiata.
Come spesso accade nelle composizioni
contemporanee, almeno un secondo ascolto sarebbe
stato necessario per entrare meglio nelle
articolate strutture costruttive, ma già dal
primo ascolto sono emerse peculiarità rilevanti
in tutte e tre le recenti composizioni. Con
maestria, la Vacatello ha evidenziato i sottili
cambiamenti ritmici e i mutevoli contrasti di
registro nell'ampia tavolozza pianistica dei
Tre studi di Stroppa. Molto
bello
l'ultimo studio dal sapore "spettrale" e con
rimandi più lontani alla Messiaen. Dominio della
testiera totale nel definire i veloci
cambiamenti dei micro-intervalli nelle
rapidissimi frasi nello Scherzo di
Aperghis giocato anche su una ritmica spesso
percussiva in tutti i registri della tastiera.
Una più marcata esternazione iniziale nelle
Minatures di Maresz, dal sapore molto
jazzistico, ha concluso il ciclo dei brani
contemporanei. Diversificate e tutte decisamente
interessanti, le Miniatures con riferimenti
anche a Ligeti e a certo Minimalismo nella
ripetizione strutturale. Finale meditato con
poche e necessarie note nell'ultima miniatura.
Dopo un breve intervallo, la Vacatell o
ha sostenuto un brano celebre quale
Kreisleriana op.16 di Robert Schumann,
cavallo di battaglia dei più grandi interpreti
del passato. L'interpretazione, tanto sicura
quanto in apparenza di getto pur nella precisa
esternazione, ha rivelato ancora le indubbie
qualità di sintesi discorsiva della Vacatello e
nei momenti meno concitati, ancora chiara e
profonda espressività. Una lettura dai colori
bruni, coerente e certamente di ottima qualità.
Validi i bis concessi con ancora uno splendido
Debussy dell'Etude n.11 pour les
arpèges composés ed il finale della Sonata
Al chiaro di luna di Beethoven eseguito
con una carica di energia estremamente ricca di
espressione. Applausi ripetuti e numerose uscite
dell'artista in palcoscenico. Da ricordare.
19 ottobre 2020 Cesare
Guzzardella
Alla Scala splendida Terza
Sinfonia di
Mahler per Zubin Mehta
La monumentale Terza Sinfonia
di Mahler, oltre 1 ora e 40 minuti di musica, ha
visto sul podio del Teatro alla Scala Zubin
Mehta, per una direzione di eccellente qualità
nella mirabile resa coloristica dell'Orchestra,
del Coro femminile e delle Voci bianche del
Teatro . Mehta è certamente uno dei massimi
direttori mahleriani e la prova sostenuta,
nei
corposi sei movimenti che compongono la
Sinfonia n.3 in re minore, rivela ancora una
volta le precise idee del direttore votato ad
una chiarezza espressiva allarmante e ad una
"classicità interpretativa" priva di ogni enfasi
e ricca di sostanza. Questo, grazie alle qualità
di un orchestra eccellente in tutte le sezioni
strumentali. La Terza è stata composta
dal grande musicista e direttore viennese tra il
1895 e il 1896, e venne eseguita nella
completezza di tutti i movimenti solo nel 1902.
È un evidente banco di prova per tutte le
sezioni orchestrali , da quelle dei fiati, agli
archi, a tutte le percussioni e anche per molti
solisti che spesso sono invitati ad intervenire.
Non dimentichiamo poi il Coro femminile e di
Voci bianche e la voce di contralto, ieri sera
sostenuta splendidamente da Daniela Sindram,
caratterizzata da uno spessore timbrico caldo,
misurato e particolarmente espressivo.
Ho
avuto il privilegio di vedere dall'alto
l'Orchestra scaligera ed il Coro, in tutta la
distribuzione sviluppata in profondità sul
palcoscenico completo, a causa del
distanziamento necessario per i motivi che
sappiamo. La qualità timbrica, in questa
distribuzione "allungata", mi è parsa
eccellente. Grazie a Mehta e alla compagine
strumentale e corale - un plauso a Bruno Casoni-
ogni minimo dettaglio si rivelava anche nei
momenti di "pianissimo". Un'interpretazione di
straordinaria resa espressiva quindi, in un
contesto di perfetto equilibrio dinamico. Archi
strepitosi nel Secondo tempo Menuetto e
nell'Adagio del finale , e un plauso al
fondamentale primo violino e nel terzo
movimento, alla cornetta da postiglione
localizzata fuori sala e perfettamente
riverberata in teatro.
Questa sera, alle ore 20.00, ultima
replica. Da ricordare a lungo.
17
ottobre 2020
Cesare
Guzzardella
Federico Nicoletta e
i Solisti della
Scala in Conservatorio
La Società dei Concerti
ha incominciato l'attività concertistica in
Conservatorio con un'anticipazione della
Stagione ufficiale che inizierà a metà novembre.
Ieri sera- in replica del medesimo concerto
pomeridiano- il primo di tre concerti denominati
"Anteprima"
ha
visto nel palcoscenico il pianista Federico
Nicoletta e I Solisti della Scala, una
formazione quest'ultima, di eccellenti
strumentisti, prime parti dell'Orchestra del
Teatro alla Scala. Il primo brano in programma
ha trovato solo Nicoletta di fronte alla
tastiera per la Sinfonia n.4 in si bem.
Maggiore op.60 di L.W.Beethoven nella felice
trascrizione pianistica di Franz Liszt. Di
straordinario impatto espressivo la fedele
trascrizione che il grande compositore e
pianista ungherese completò intorno al 1863.
Efficace la resa musicale nella trasposizione
pianistica delle timbriche orchestrali.
Nicoletta è riuscito ha trovare il giusto
equilibrio
delle
parti trovando un ottimo dosaggio delle
dinamiche, in tutti i quattro movimenti, senza
mai eccedere. La precisa perfezione formale ha
ben enfatizzato ogni dettaglio delle timbriche
che ricordano autenticamente i colori
orchestrali. Perfetto ed incisivo l'energico
movimento Finale, un autentico capolavoro
che ha strappato, al termine del brano, meritati
applausi da parte del numeroso pubblico
intervenuto (nei limiti imposti dalla pandemia).
Nicoletta ha avuto un ruolo centrale anche nel
Quintetto per pianoforte e fiati in mi bem.
Maggiore op.16
- sempre di Beethoven- eseguito subito dopo la
Sinfonia. Gli eccellenti solisti, nei nomi di
Fabrizio Meloni al clarinetto,
Gabriele Screpis al fagotto,
Francesco
di Rosa all'oboe e
Guglielmo Pellarin al corno
(quest'ultimo Primo corno dell'Orchestra
dell'Accademia di Santa Cecilia), hanno
ottimamente interagito con il pianoforte per un
lavoro vario che alterna momenti di pacatezza ad
altri di felice irruenza timbrica. Di sicura
qualità l'interpretazione complessiva . Valido
il bis concesso con un movimento dal
Quintetto per pianoforte e fiati di Mozart.
Successo di pubblico. Da ricordare. Prossima
"Anteprima" il 28 ottobre, ore 17.00 ed ore
20.45,con il pianista Saleem Ashkar. Da non
perdere.
15 ottobre 2020 Cesare Guzzardella
IL NUOVO TRIO ITALIANO
D’ARCHI e Andrea Bacchetti per Serate
Musicali
Il violinista
ALESSANDRO MILANI, il violista
LUCA RANIERI e il violoncellista
PIERPAOLO TOSO formano il Nuovo Trio Italiano
d'Archi, formazione cameristica di raffinate
qualità musicali, già prime parti dell'Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai.
Nel
concerto di ieri in Conservatorio, organizzato
da Serate Musicali, si è aggiunto nel
primo brano il noto pianista ligure Andrea
Bacchetti per il Quartetto con pianoforte n.
1 in sol minore K 478 di W.A.Mozart. Il
bellissimo quartetto del salisburghese trova
nella parte pianistica il centro di riferimento
sul quale ruotano i tre movimenti Allegro,
Andante e Rondò. Bacchetti ha
sostenuto benissimo il suo ruolo pianistico -
eccellente le sonorità del pianoforte
utilizzato- attraverso una sicura e luminosa
interpretazione, coadiuvato dalle ottime
timbriche dei tre archi, in un percorso di
omogenea integrazione dell'impasto sonoro. Il
brano, composto da Mozart negli ultimi anni
della sua vita, precisamente nel 1785, rivela
momenti di profonda espressività, resa
ottimamente dai quattro strumentisti. Il
bellissimo Rondò
finale conclude con felice ed immediata
comunicativa questa splendida opera cameristica.
Il secondo lavoro proposto prevedeva il Trio
d'archi in mi bem. maggiore op.3 di
L.v.Beethoven, un lavoro particolarmente
articolato, in ben sei movimenti, che ha
evidenziato ancor più le qualità della
formazione cameristica. Il brano giovanile del
grande tedesco ha trovato momenti di intensa
espressività, resa ottimamente dai tre
strumentisti con un amalgama timbrico ben
esternato. Di qualità l'esecuzione. Di
avvincente fluidità il breve bis concesso con un
Andantino dal quarto Trio d''Archi di
Luigi Boccherini. Bravissimi. Applausi
sostenuti. Da ricordare.
13 ottobre 2020 Cesare
Guzzardella
Nove compositori per
"Il canto
della rinascita"
alla Società del
Quartetto
La Società del Quartetto
ha inaugurato la nuova Stagione, la 156esima,
commissionando nove composizioni a nove noti
compositori italiani per "Il Canto della
rinascita". Un'idea felice che si oppone al
particolare e difficile momento che stiamo
vivendo, dove specie nel settore culturale,
musicale e teatrale, le penalizzazioni dovute
alla pandemia sono state e sono enormi. Un'idea
di rinnovamento, di slancio
verso
il futuro che anche simbolicamente, ha un
importante significato. Le positive ed efficaci
parole di Ilaria Borletti Buitoni hanno
introdotto la splendida serata. Nel palcoscenico
milanese di Sala Verdi, in Conservatorio, il
gruppo cameristico Sentieri Selvaggi
diretti da Carlo Boccadoro, le splendide voci
del soprano Carmela Remigio e del mezzosoprano
Monica Bacelli e la voce recitante di Elio De
Capitani hanno interpretato i nove lavori di -
in ordine di esecuzione- Carlo Galante, Ivan
Fedele, Matteo D'Amico, Paolo Arcà, Carlo
Boccadoro, Fabio Vacchi, Michele Dall'Ongaro,
Marco Betta e Silvia Colasanti. Il tema della
"Rinascita" accomunava i relativamente brevi
lavori - non più di dieci
minuti ma anche meno- che
hanno rivelato la varietà espressiva del
migliore panorama compositivo italiano. Validi
tutti i brani. Li evidenzierei quasi tutti,
quelli che al primo ascolto ho maggiormente
apprezzato, considerando che nei linguaggi
musicali moderni un solo ascolto spesso non è
sufficiente. Certamente Aforismi di
guarigione,
piccola cantata per mezzosoprano e sei
strumenti, di Carlo Galante, mi ha molto
soddisfatto per l'immediatezza del linguaggio
costruttivo utilizzato, legato alla tradizione
novecentesca dell'espressionismo tedesco, con
sapore cabarettistico "alla Kurt Weill".
Il
bellissimo timbro caldo di Monica Bacelli e
l'ottima orchestrazione dei sei strumenti in
gioco hanno ben reso l'intenzione compositiva
dell'autore che ha alternato momenti di decisa e
tagliente resa timbrica- di grande impatto l'incipit
iniziale- ad altri di più melodica ispirazione,
esaltati sia dalla bella voce del mezzosoprano
che dai singoli strumenti. Eccellente
l'esecuzione. Interessanti e scritti molto bene
i 4 Haiku, per voce
femminile clarinetto basso, violoncello e
percussioni di Ivan Fedele. Sono quattro
brevissimi momenti musicali costruiti attorno
all'armoniosa voce di Carmela Remigio in un
gioco timbrico di perfetta fusione con i suoni
cupi del clarinetto basso e del violoncello e
gli interventi riverberati e timbricamente più
vicini alla voce delle percussioni. Bravissimi
anchi gli strumentisti. Valido sotto ogni
profilo Ecco mormorar l'onde,
madrigale per voce e sei strumenti su testo
di Tasso, composizione di Matteo D'Amico.
L'evidente riferimento alla tradizione italiana
del madrigale trova nella precisa e dettagliata
voce, ancora dell'ottima Bacelli, il riferimento
principale. Bravissimi gli interpreti. Di chiara
e luminosa ispirazione Alleluia, una
speranza, per soprano e sei
strumenti di Paolo Arcà. L'espressiva voce
della Remigio, centrale nel lavoro, viene
sostenuta dagli strumenti in una situazione di
discreta gioia collettiva. Dopo l'interessante
brano di Boccadoro denominato per l'appunto
Dopo, dove le lunghe e
profonde note del flauto basso della bravissima
interprete, vengono concluse con i rintocchi,
molto orientali, di crotali e triangoli, siamo
arrivati al brano Par les soirs bleus
d’été, per voce ed ensemble
su testo di A. Rimbaud di Fabio Vacchi. È un
lavoro di complessa costruzione strumentale,
costruito
attorno
alla pregnante voce di Carmela Remigio dove gli
interventi dei singoli strumenti, spesso di
vitale personale identità, rappresentano
altrettante "voci" d'interazione. Ottima
esecuzione in questa sorta di dialogo che
sottolinea i coinvolgenti versi di Rimbaud.
L'ultimo lavoro che evidenzio maggiormente è
Nove marzo duemilaventi,
per voce recitante e ensemble su testo
di Mariangela Gualtieri, della compositrice
Silvia Colasanti. L'ottima recitazione di Elio
De Capitani, centrale nel lavoro, è stata
potenziata dagli interventi dell'ensemble
in una scrittura di eccellente fattura in tutte
le sette indicazioni agogico-espressive:
Nervoso, Adagio, Danzando, Immobile, Rituale,
Luminoso e Perdendosi. Un lavoro di
indubbia qualità. Di qualità anche il brano
strumentale Win di
Michele Dell'Ongaro e quello per voce e ensemble
Abbraccio di Marco
Betta. Bravissimi i
Sentieri
Selvaggi nell'ottima direzione di Boccadoro.
Applausi scroscianti al termine per tutti,
strumentisti e compositori, saliti sul
palcoscenico in una sala al completo nei limiti
di pubblico imposti dalla pandemia. Slendida
serata certamente da ricordare.
7 ottobre 2020
Cesare
Guzzardella
Roberto Cappello inaugura la
nuova Stagione di
Serate Musicali
Il pianista Roberto Cappello
ha inaugurato la nuova stagione concertistica di
Serate Musicali impaginando un
programma impegnativo, interamente dedicato al
grande
musicista
ungherese Franz Liszt. L'elevato virtuosismo dei
brani scelti era elemento indispensabile per
restituire sonorità di grande impatto sonoro
riferite alla grande orchestra sinfonica. Prima
la trascrizione della Quinta Sinfonia di
Beethoven, poi il Coro dei pellegrini dal
Tannhäuser di Wagner, ed infine la
versione pianistica del Poema sinfonico "Les
Préludes", dello stesso Liszt, hanno messo
in risalto le solide qualità pianistiche di
Roberto Cappello. Qualità che non rivelano solo
il necessario virtuosismo digitale, ma
soprattutto una chiara idea interpretativa. La
forza prorompente delle prime note della celebre
sinfonia beethoveniana ha da subito messo in
risalto la
cifra
interpretativa di Cappello, cifra di intensa
profondità espressiva che ha trovato momenti di
importante resa tecnico-esecutiva in tutti i
quattro movimenti della notevole trascrizione.
Nell'Allegro finale - di incredibile
difficoltà tecnica- Cappello ha rivelato
imprecisioni comunque secondarie rispetto
all'efficace resa estetica. Valida
interpretazione del breve ed intenso Wagner e
ancor più significativo il difficilissimo Poema
Sinfonico di Liszt esaltato con profondità
artistica dal pianista pugliese che
coraggiosamente ha saputo calarsi nel complesso
mondo lisztiano. Tutti rilevanti quindi i sei
movimenti che compongono "Les Préludes"
per un impaginato complessivo di rarissimo
ascolto. Lunghi applausi al termine del concerto
da parte del numeroso pubblico intervenuto ,
malgrado i limiti di spettatori imposti dalla
pandemia. Da ricordare!
6 ottobre 2020 Cesare
Guzzardella
Zubin Mehta
dirige Richard Strauss alla Scala
L'ottimo concerto ascoltato
ieri al Teatro alla Scala ha visto la Filamonica
della Scala diretta dall'ottantaquatrenne Zubin
Mehta in due noti lavori di Richard Strauss: i
Quattro
ultimi Lieder ed il Poema Sinfonico Vita
d'eroe Op.40. I noti
quattro canti concepiti da Strauss alla fine
degli anni '40 del Novecento, su versi di
Hermann Hess, per i primi tre lieder, e di
Eichendorff, per l'ultimo, sono stati cantati
dal soprano Camilla Nylund. Il poema Hein
Heldenleben, composto nel 1898 è l'ultimo
del genere di Strauss ed è anche questo
concepito secondo uno stile legato ai precedenti
poemi sinfonici di Liszt e al mondo sonoro
wagneriano. Nei lieder il clima di pacata
esternazione poetica è stato ben rilevato dalla
stupenda timbrica della finlandese Camilla
Nylund, una voce perfettamente intonata e ben
evidenziata ed integrata dalle tenui ed intense
sonorità dei filarmonici scaligeri diretti con
garbo, precisione ed espressività dal direttore
indiano. Rilevanti ed appariscenti gli
interventi solistici della bravissima primo
violino Laura Marzadori
in
Beim Schlafengehen, interventi che poi
ritroviamo, con uguale maestria e ancor più
intensa pregnanza, nel poema Vita d'eroe,
trasposizione strumentale del mondo poetico
tardo-romantico. Valida sotto ogni profilo
l'interpretazione di Mehta e dei Filarmonici in
tutti i circa cinquanta minuti del grande lavoro
sinfonico. Applausi fragorosi dal pubblico
presente in Teatro. Questa sera alle ore 20.00
l'ultima replica.
1 ottobre 2020 Cesare
Guzzardella
SETTEMBRE 2020
A
Varallo Sesia la 40esima
edizione di Musica a Villa Durio
Dopo
due decenni di attività concertistica, di ospiti
prestigiosi e di proposte sempre nuove,
l’autunno 2020 di Città di Varallo si appresta
ad inaugurare la 40esima edizione di Musica a
Villa Durio, stagione musicale diretta da
Massimo Giuseppe Bianchi. Un anniversario
importante che giunge dopo il successo del
Secondo Festival Beethoven, organizzato in
collaborazione con AssociazioneCulturale Musica
con le Ali, che nel mese di Agosto ha arricchito
la proposta culturale cittadina con quattro
giornate di musica in piena sicurezza. Il
Festival Beethoven è stato una prova generale di
questa 40esima edizione, inaugurando la
collaborazione con il Palazzo dei Musei di
Varallo, che dal 4 Ottobre 2020 accoglierà i
Concerti
di Musica a Villa Durio nello splendido “Salone
dell’Incoraggiamento”. Quattro gli appuntamenti
previsti per Ottobre 2020, come di consueto alle
ore 17,30.Il 4 Ottobre 2020 il Concerto di
Apertura della 40esima edizione, si esibirà il
trio formato dai viennesi Christophe Pantillon e
Uta Korff, violoncello, e Massimo Giuseppe
Bianchi, pianoforte, con un programma dedicato a
musiche di Ludwig van Beethoven, Dmitrij
Šostakovič, Olivier Greif, Gian Carlo Menotti.
WWW.MUSICAVILLADURIO.COM
28 settembre 2020 dalla
redazione
Inaugurata
alla Scala la nuova Stagione della Sinfonica
Verdi
Si è aperta ufficialmente la
nuova stagione dell'Orchestra Sinfonica di
Milano "G.Verdi" con il primo concerto, come di
consuetudine tenuto al Teatro alla Scala. Claus
Peter Flor, direttore musicale della compagine
milanese, ha scelto un programma avvincente
con
musiche di Mahler e Janá ček.
I Rückert Lieder
per soprano ed orchestra del viennese e la
rapsodia orchestrale Taras Bulba del
compositore ceco, hanno riempito di sonorità il
teatro scaligero, al completo nei limiti
consentiti dalla pandemia. Nei cinque noti
lieder di Mahler il soprano Petra Lang ha
rivelato le luminose qualità della sua voce
nella perfetta sincronizzazione di timbriche con
gli strumentisti della Sinfonica Verdi
ottimamente diretti da Flor. Il direttore ha
evidenziato i tenui e intonatissimi colori della
Lang con altrettanti timbri sottili, ben
differenziati in ogni sezione orchestrale. La
distribuzione in ampio spazio degli orchestrali
nel profondo palco scaligero, per le ragioni che
sappiamo, ha creato un effetto di più ampio
respiro sonoro, reso ancor più interessante
nelle espressività di questi cinque capolavori
lirici composti da Mahler nei primissimi anni
del '900. Ottima l'interpretazione del celebre
Taras Bulba di Leoš
Janáček,
capolavoro di ricerca ritmica e timbrica. I
contrastati tre movimenti di questo lavoro
composto da Janáček
tra il 1915 e il 1918, sono stati rilevati anche
dalle glaciali timbriche dei bravissimi ottoni.
Le mirabili sovrapposizioni dei piani sonori
rendono questa rapsodia orchestrale unica nel
suo originale linguaggio musicale. Direzione
accurata, dettagliata e particolarmente
espressiva quella di Flor per una splendida resa
della Sinfonica Verdi. Di grande impatto il bis
concesso con un'appassionante
Ouverture di Glinka.
21 settembre 2020 Cesare
Guzzardella
Ottavio
Dantone dirige Bach al
Dal Verme per il Festival MiTo
L'Orchestra dell'Accademia di
Santo Spirito di Torino, diretta per l'occasione
dal cembalista e direttore Ottavio Dantone, ha
eseguito ieri pomeriggio al Dal Verme
musiche
interamente di J.S.Bach. Nell'ultima giornata
del Festival MiTo abbiamo ascoltato prima
il Concerto in fa minore per clavicembalo ed
archi BWV 1056,celebre soprattutto per il
breve ma intenso Largo centrale e poi
Tilge, Hochster, meine Sunden, mottetto per
soprano, contralto,archi e continuo BWV 1083.
Questu'ultimo corposo lavoro è una
rielaborazione che il musicista tedesco fece del
noto Stabat Mater di Giovanni Battista
Pergolesi negli ultimi anni della sua vita. Le
ottime timbriche orchestrali dal sapore antico
hanno accompagnato
ed
integrato le splendide voci femminile affidate
al soprano Marina Bartoli Compostella ed al
contralto Lucia Napoli. Le pregnanti melodie,
tipicamente italiane, sono integrate
perfettamente col contrappunto bachiano sia
nelle restituzioni vocali singole che di coppia.
Di qualità la direzione di Dantone, esperto
strumentista e direttore, da anni in carriera
soprattutto nel repertorio di musica barocca.
Successo e fragorosi applausi in una sala con
moltissimo pubblico pur nelle restrizion i
imposte dalla pandemia. Da ricordare.
20 settembre 2020 Cesare
Guzzardella
Andrea Lucchesini in
Chopin e
le chitarre di Elena
Càsoli al Dal Verme
Il concerto di
ieri sera al Teatro Dal Verme per il Festival
Mito ha visto la partecipazione del pianista
toscano Andrea Lucchesini insieme agli Archi
dell'Orchestra Filarmonica di Torino -
concertati da Sergio Lamberto- in un programma
interamente dedicato a Chopin. Dopo il brano
introduttivo, eseguito in solitaria dal pianista
con il celebre Notturno in mi bem. maggiore
Op.9 n.2, l' Op.22 e l' Op.21
hanno trovato
supporto
dalla riorchestrazione per soli archi
effettuata rispettivamente, per la Grande
Polonaise Brillante da Federico Gon e per il
Concerto n.2 in fa minore da Giorgio
Spriano. Di rilievo le componenti per archi che
in entrambi i brani modificano sostanzialmente i
lavori chopiniani, favorendo maggiormente le
caratteristiche intimistiche in una relazione,
inusuale ma interessante, decisamente
"cameristica". Lucchesini, in tutte le celebri
opere, si è dimostrato un valido interprete,
favorito da una leggerezza discorsiva di
pregnante espressività che riesce a sottolineare
i particolari più nascosti con rilevante
chiarezza timbrica. Un pubblico numeroso, nei
limiti imposti dall'ordinanza per il covid- ha
decisamente apprezzato il concerto e Lucchesini
ha concesso due bis: prima il movimento centrale
del
Concerto n.4 di Beethoven, un capolavoro di
sintesi nella pregnante ed intensa discorsività;
quindi il movimento centrale Largo dal
Concerto n.5 in Fa minore BWV 1056 di
J.S.Bach. Ancora valido il supporto dell'ottima
Orchestra d'Archi torinese.
Nel pomeriggio, nella
medesima sala, abbiamo ascoltato la bravissima
Elena Càsoli che utilizzando ben quattro
chitarre, in rispettivi brani, ha dato sfoggio
di abilità strumentali in un impaginato di
grande varietà. Dai sapori del passato
con
la bellissima Ciaccona dalla Suite X per
liuto - trascritta per chitarra- di Sylvius
Leopold Weiss (1687 - 1750), ai 43 Ghiribizzi
per chitarra di Niccolò Paganini (
1782-1840), dai quali la virtuosa ha estrapolato
sei brani tra cui anche il celebre Là ci
darem la mano. Brani più vicini ai nostri
tempi e legati ad un folclore popolare di
suggestiva presa sono stati quelli di Lou
Harrison (1917- 2003) e di Ralph Towner (1940).
Nella parte centrale del concerto abbiamo anche
assistito ad una breve ma efficace
rappresentazione teatrale-musicale con un lavoro
di Maurizio Pisati - presente ed applaudito in
sala- e la Prima Esecuzione Assoluta del suo
Spiriti Sospesi - Teatro spiritoso su sei
corde. Un brano questo che oltre alla mimica
della chitarrista in maschera, utilizza una
parte elettronica ricca di effetti
pre-registrati che si combinano alla parte di
chitarra live
dove anche la percussività dello strumento nella
sua gestualità hanno una componente rilevante.
Ottima performance. Da ricordare entrambi i
concerti.
19 settembre 2020 Cesare
Guzzardella
Filippo
Gorini al Teatro Dal
Verme per il Festival MiTo
Un impaginato in parte di
raro ascolto quello scelto dal giovane pianista
Filippo Gorini, interprete ascoltato nel
pomeriggio di ieri al Teatro Dal Verme per il
Festival MiTo, rassegna musicale incentrata
quest'anno sul tema degli Spiriti. Le "Geistervariationen"
o Variazioni degli spiriti sono del
1854 e rappresentano l'ultimo prodotto musicale
di
Robert
Schumann prima del suo internamento in
manicomio. Un tema iniziale "visionario" ma
estremamente luminoso e pacato, viene
rielaborato con maestria dal grande tedesco in
brevi variazioni per circa dieci minuti.
Raramente questo significativo lavoro viene
portato in sala da concerto e Gorini l'ha voluto
come introduzione ad un brano ben più conosciuto
e corposo quale la Sonata in sol maggiore
op.78 "Fantasia" D. 894 di Franz Schubert.
il brano introduttivo scelto da Filippo ci è
apparso di lucida fattura, ma forse mancante di
quella "sicurezza e immediatezza esecutiva"
tipica di Schumann, pur essendo comunque di buon
livello. Di maggiore qualità la lunga Sonata
schubertiana che ha trovato un'esecuzione
luminosa e dettagliata. Ottimo l'equilibrio
nella scelta degli andamenti dei quattro
movimenti giocati su una riflessiva esposizione,
lucido rigore estetico e chiarezza espressiva.
Gli insegnamenti di Alfred Brendel
certamente si intravedono nella
caratterizzazione di questo brano, molto amato
anche dal grande interprete viennese. Il
meraviglioso Allegretto, che conclude
questo capolavoro di grande ricchezza
costruttiva, ha trovato in Gorini un pianista di
qualità certa, che dimostra di volere crescere
nell'arte interpretativa attraverso repertori
tradizionali, ma inequivocabilmente genuini.
Ricordiamo che Gorini, già vincitore di numerosi
premi internazionali, ha ottenuto importanti
riconoscimenti nelle interpretazioni
beethoveniane. Il bellissimo concerto ha avuto
anche un'importante "coda" nei due bis bachiani
scelti da Gorini. Dall'insuperata Arte della
Fuga del genio di Eisenach, il
Contrappunto n.1 e quello finale con la
Fuga a 3 soggetti che si interrompe
improvvisamente alla battuta 239, ci hanno
portato in un altro mondo musicale fatto di
assoluta perfezione costruttiva. Eccellente
l'interpretazione bachiana del ventiquatrenne
pianista. Fragorosi applausi al termine. Da
ricordare.
16 settembre 2020 Cesare
Guzzardella
Enrico Dindo
al Teatro Dal Verme per
il Festival MiTo
Un altro noto violoncellista,
Enrico Dindo, dopo la serata dedicata al
cellista Giovanni Sollima, ha portato ottima
musica al Teatro Dal Verme per il Festival
MiTo. Dindo nel diversificato impaginato ha
accostato classici di repertorio di Bach ed
Isaýe a brani di raro ascolto come la Sonata
n.1 op.72 di Weinberg o addirittura
contemporanei con brani di recente realizzazione
come Dalla memoria (2019) di Carlo
Boccadoro e Sonatina III (2019) di Fabio
Vacchi. Certo Bach, del quale Dindo ha eseguito
a metà
concerto
la Suite n.1 in sol maggiore, rimane di
riferimento per tutti i compositori che si sono
dedicati a questo intenso e voluminoso strumento
ad arco, ma la tecnica musicale nella produzione
per violoncello ha subito un'evoluzione nel
corso dei secoli e questa si è ampiamente
riscontrata nella Sonata op.28 (1924) di
Eugène Isaýe e in quella N.1 op.72 del
russo - di origine polacche- Mieczyslaw
Weinberg. I recenti lavori di Boccadoro e Vacchi
non aggiungono novità dal punto di vista
dell'evoluzione della ricerca tecnica dello
strumento, ma ci sono comunque sembrate ottime
realizzazioni. Dalla memoria, il brano di
Boccadoro, compositore presente in teatro e
applaudito poi in palcoscenic o
al termine dall'ottima esecuzione, ci è apparso
di una lineare e pacata melodicità, nella chiara
linea musicale sostenuta soprattutto nei
registri bassi delle corde. Una sorta di
suggestiva riflessione sul mondo passato. Più
intrigante e di complessa realizzazione la
Sonatina III
di Fabio Vacchi. Un unico movimento definito
da una non lineare voce melodica che interviene
in modo marcato e netto coprendo più registri
della cordiera. Tagliente e ricca di accenti
l'intensa espressività di Enrico Dindo. Il
violoncellista ha rivelato ancora una volta le
sue importanti qualità musicali eseguendo molto
bene e con sintesi discorsiva la Suite n.1
di Bach e la Sonata di Isaýe,
quest'ultima in tutte le sue articolazioni
virtuosistiche. Particolarnente toccante il raro
brano in tre movimenti di Weinberg, musicista
russo che quì risente molto l'influenza di
Šostakovich. Ricordiamo che
questa
Sonata
n.1
per violoncello
venne
eseguita per la prima volta nel 1960 da
Mstislav
Rostropovic. Ottima l'interpretazione di Dindo.
Fragorosi applausi al termine da parte del
numeroso pubblico intervenuto e due bis concessi
dal cellista con un pregnante
movimento dalla Sonata di Paul
Hindemith e una luminosa Allemanda dalla
Suite n.6 di
J.S.
Bach. Da
ricirdare.
Cesare Guzzardella
14
settembre 2020
ACE TO FACE CON LA MUSICA A
VERCELLI GRAZIE ALLA CAMERATA DUCALE
Anche in tempi difficili per
gli spettacoli dal vivo, creatività e
intraprendenza permettono di ottenere risultati
sorprendenti. E’ questo il caso di Face to Face,
l’appuntamento di sabato 19 settembre, dalle 15
alle 21, che rappresenta la risposta del Viotti
Day and Night alle esigenze anticontagio. Face
To Face, formula già apparsa e molto apprezzata
nelle scorse edizioni del Viotti day and Night,
diventa quest’anno il cuore della
manifestazione. Non solo, ma si moltiplica:
invece di una sola ambientazione, quest’anno gli
spettatori ne avranno a disposizione ben 5. E
non si tratta di luoghi qualunque, al contrario:
Palazzo Tizzoni, Sala Capitolare dell’Abbazia di
S. Andrea, Sala d’Ercole del Museo Leone, Arca
e, dulcis in fundo, la spettacolare e
normalmente chiusa al pubblico Torre
dell’Angelo. Insomma, un concentrato emozionante
dell’immenso patrimonio architettonico e storico
di Vercelli. Qui, a partire dalle 15, il
pubblico avrà l’opportunità più unica che rara
di assistere a un concerto Face To Face, ovvero
per uno spettatore solo (al massimo due se
congiunti). Una sensazione irripetibile che,
insieme al fascino del luogo, renderà i 10
minuti del concerto assolutamente
indimenticabili.Per di più, il programma sarà
“on demand”: lo spettatore potrà infatti
scegliere il suo brano preferito in un “menu” di
varie proposte che spazieranno dal Barocco al
Novecento.Nel complesso, le esibizioni saranno
150, con organici che andranno dal violino solo,
al duo, al trio di fiati, al quartetto d’archi,
tutto naturalmente “Made in Camerata Ducale”, a
partire dalla sicura presenza di Guido Rimonda,
solista e direttore musicale del Viotti
Festival.Dato il grande numero di richieste
previsto, è indispensabile la prenotazione, che
si può effettuare scrivendo a a
biglietteria@viottifestival.it o chiamando 011
755 792 o cell. 329 126 07 32. Face To Face è
un’iniziativa resa possibile da un grande sforzo
organizzativo e dal sostegno della Città di
Vercelli, senza dimenticare la disponibilità del
Museo Leone.
12 settembre 2020 dalla
redazione
Emanuele Arciuli per
MiTo al Teatro Dal Verme
Emanuele Arciuli, rinomato
interprete di musica pianistica statunitense, ha
portato uno splendido impaginato al Teatro Dal
Verme per il Festival MITO. È sempre alla
ricerca di novità il pianista pugliese, e
spesso, nei diversificati ed interessanti
programmi da lui
composti,
salta fuori almeno un brano mai ascoltato. Ieri
pomeriggio, davanti un pubblico poco numerose -
ma sappiamo che spesso la musica contemporanea
in Italia non porta pubblico- ha posizionato tra
Corigliano, Debussy e Rzewski, anche il
compositore newyorkese Martin Bresnick (1946)
con Isch's Song, lavoro composto
appositamente per il pianista. Un brano
apparentemente semplice, con una melodia di tre
note, falsamente ripetitiva, che invece gioca il
suo essere di ottima qualità compositiva
attraverso gli accenti, la ritmica e la
dinamica, continuamente variati, in una serie di
combinazioni infinite che, in quella sorta di
minimalismo ipnotico dal sapore orientale,
inebria l'ascoltatore con timbriche luminose e
ricche di fantasia musicale. Arciuli,
attraverso
il suo perfezionismo, evidente anche nella sua
gestualità, ha fornito una
grande prova. Era partito benissimo con la
Fantasia on an Ostinato di John Corigliano
(1938) , dove nella complessità del corposo
brano minimalista si arrivava anche alla
sovrapposizione delle note di Beethoven tratte
dall'Allegretto della Settima sinfonia.
Bene l'esecuzione di quattro Préludes dal Libro
Primo di Claude Debussy con Voiles e
Des pas sur la neige e, dopo Bresnick, con
Ce qu'a vu le vent d'Ouest e La
Cathédrale engloutie. È interessante
osservare la modernità di Debussy nella sua
ricerca coloristica se confrontata alla musica
del secondo Novecento o in periodi ancor più
recenti. Il percussivo ed avvincente brano di
Frederic Rzewski, Piece n.4 dai Four
Pieces for Piano, ha concluso il programma
ufficiale. Un lavoro questo di grande impatto
sonoro nel quale anche la componente gestuale
trova una esaustiva resa estetica. Una sorpresa
il bis concesso al termine, con il bellissimo
Exit music dei Radiohead nella trascrizione
di Christopher O’ Riley. Ancor più melodico nel
contrasto col resto. Ottimo concerto che merita
di essere ricordato nel tempo.
10 settembre 2020 Cesare
Guzzardella
Gamba e Sollima:
due grandi solisti
per il Festival Mito
Due eccellenti solisti hanno
occupato il palcoscenico del Teatro Dal Verme
per i concerti del Mito, la fortunata rassegna
musicale di Milano e Torino iniziata da alcuni
giorni ed in corso sino al 19 settembre. Ieri
pomeriggio il pianista veronese Filippo Gamba ha
dedicato al genio di Beethoven quasi tutto il
programma con le tre ultime sonate -
l'Op.109, l'Op.110 e l'Op.111, monumenti
musicali finali del grande musicista che
rappresentano un punto d'arrivo per ogni
interprete di qualità. Gamba, affermato
pianista
cinquantenne, ha
ancora una volta dimostrato di avere ogni
requisito per affrontare questi insuperati
splendori musicali. Con profondità
di pensiero ha fornito una lettura precisa,
dettagliata e soprattutto meditata,
sottolineando, con chiarezza espressiva e nitore
coloristico, anche i frangenti più impervi. La
rilevante cifra espressiva del finale dell'opera
111 ha concluso splendidamente la sua
performance. Ottime timbriche anche per i due
brevi brani dedicati ad Haydn che hanno
anticipato l'ultima Sonata: prima Menuet sur
le nom d'Haydn di Maurice Ravel e quindi un
bellissimo Meditation on Haydn's name del
contemporaneo George Benjamin(1960). Meritati e
fragorosi gli applausi. Il concerto serale
davanti ad un numeroso e più giovane pubblico,
pur nei vincoli numerici del Covid, prevedeva
sul palcoscenico il violoncellista e compositore
siciliano Giovanni
Sollima.
Ben noto al pubblico milanese per la sue qualità
e la sua versatilità, ancora una volta il
simpatico cellista ha proposto un programma tra
l'antico e il contemporaneo che ha esaltato la
sua cifra estetica sia d'interprete che di
autore. In un periodo di tre secoli di storia
musicale ascoltata siamo passati da un profondo
Bach iniziale con la Sonata per cello n.3 in
do magg. BWV 1009, ad un breve
Trattenimento musicale di Domenico Galli (
1649- 1697). La straordinaria Suite n.3 in la
minore di Ernest Bloch (1880-1959) ha
continuato il concerto e dopo un breve lavoro di
C.F. Abel (1723-1787), Sollima è arrivato al suo
nuovo brano in prima
esecuzione
assoluta: Song da Acquaprofonda.
Nel corposo lavoro il musicista utilizza,
unitamente al violoncello, una preregistazione
pilotata dal suo smartphone, una sorte di
tappeto sonoro particolarmente significante al
quale il cellista unisce il suo splendido
solismo con il suo stile inconfondibile, ricco
di virtuosismo espresso con stravagante
gestualità, produttiva nella qualità. I
riferimenti alla musica antica, al folclore
mediterraneo, ai sapori orientali, sono sempre
presenti in questo singolare musicista che
appare sempre in simbiosi col suo affascinante
strumento ad arco. Valida ed afficace la
successiva trascrizione dall'originale per
clarinetto di Igor Stravinsky con I tre pezzi
per clarinetto solo e alla fine del programma
ufficiale un ritorno al passato con alcuni
Capricci dagli 11 Capricci per violoncello
di Giuseppe Dall'Abaco (1709-1805). Tutti
splendidi. Alcuni bis al termine con suoi brani
ancora decisamente personali e di qualità.
Grande successo e ripetuti applausi.
9 settembre 2020 Cesare
Guzzardella
LUGLIO 2020
Al
via la seconda edizione del
Festival
Beethoven a Varallo
Sesia
Dal 31 luglio al 2 agosto si
svolgerà a Varallo, in provincia di Vercelli, la
seconda edizione del Festival Beethoven.
Artefice la rassegna musicale l'infaticabile
pianista ed organizzatore Massimo Giuseppe
Bianchi. Saranno presenti i giovani talenti di
"Musica con le Ali" . Il Cortile di
Palazzo dei Musei
sarà la sede principale degli eventi.
Il 2°
Festival
Beethoven, realizzato in collaborazione con
l’Associazione Musica con le Ali presieduta da
Carlo Hruby, cittadino onorario di Varallo,
viene ad arricchire, nel cuore dell’estate, la
già notevole offerta culturale che la città
dispensa abitualmente ai suoi visitatori. Con
questa seconda edizione Varallo diviene sempre
più meta ideale di un turismo di qualità, che
vuole coniugare arte, benessere, bellezza e -
naturalmente - musica. Un omaggio al genio
visionario di Ludwig van Beethoven, alla sua
musica senza tempo, pensato dal Direttore
Artistico Massimo Giuseppe Bianchi per dare
risalto alle opere cameristiche del grande
compositore, inquadrate in un dinamico dialogo
coi giovani, che di tale patrimonio sono
simbolicamente gli eredi. “Il 2° FesIval
Beethoven
–
dichiara Massimo Giuseppe Bianchi, a Villa
Durio
- si propone come un omaggio al
genio
di Bonn, nell’anno
del duecentocinquantesimo anniversario della
nascita. Dall’altra
come una breve stagione, intensa e monografica,
in linea con
analoghe esperienze di successo
sperimentate in Europa. Dopo il successo della
1a edizione del 2019, saranno eseguite le opere
camerisIche di Beethoven con pianoforte,
violino, violoncello e clarinetto.
Il programma prevede:
Venerdì 31 luglio, ore 21
Cortile di Palazzo dei Musei
(ingresso via Boccioloni)
Fabiola Tedesco violino
Ludovica Rana violoncello
Massimo Giuseppe Bianchi
pianoforte
Variazioni in sol maggiore
op. 121a “Kakadu”
3 Duetti per violino e
violoncello
Trio in re maggiore op. 70 n.
1 “Degli Spettri”
Sabato 1 Agosto, ore 18
Piazza Calderini
Gaia Gaibazzi clarinetto
Ludovica Rana violoncello
Massimo Giuseppe Bianchi
pianoforte
Musiche di Ludwig van
Beethoven
![](aprile%202011/Varallofestival3%20%20%20Gaia%20Gaibazzi%20(1).jpg) ![](aprile%202011/varallofstival4%20Fabiola%20Tedesco%20(1).jpg)
Sabato 1 Agosto ore 21
Cortile di Palazzo dei Musei
(ingresso via Boccioloni)
Gaia Gaibazzi clarinetto
Ludovica Rana violoncello
Massimo Giuseppe Bianchi
pianoforte
Trio in si bemolle maggiore
op.11
Trio in mi bemolle maggiore
op. 38
Domenica 2 Agosto ore
18
Piazza Calderini
Fabiola Tedesco violino
Massimo Giuseppe Bianchi
pianoforte
Musiche di Ludwig van
Beethoven
Domenica 2 Agosto ore 21
Fabiola Tedesco violino
Massimo Giuseppe Bianchi
pianoforte
Sonata in la minore op. 23
Sonata n. 5 in fa magg. op.
24 “La Primavera”
Sonata n. 10 in sol magg. op.
96
Il concerto conclusivo di
domenica 2 agosto alle ore 21 sarà presentato da
Nicola Cattò, direttore della rivista “Musica”.
I biglietti per il Festival
Beethoven saranno omaggiati al gentile pubblico
dagli sponsor di Alpàa 2020. E’ consigliata la
prenotazione telefonando al numero 346.3124386 o
tramite mail all’indirizzo
info@musicavilladurio.com.
23 luglio 2020 dalla
redazione
Benedetto Lupo
diretto da Claus
Peter Flor e la "Sinfonica Verdi"
Il ritorno dell'Orchestra
Sinfonica Verdi di Milano all'Auditorium di L.go
Mahler ha trovato un pubblico ridotto a causa
delle misure di sicurezza di questi mesi, ma
certamente soddisfatto all'ascolto della musica
di Beethoven grazie alle ottime
interpretazioni
ascoltate. La rassegna denominata Beethoven
Summer è dedicata al genio di Bonn e si sta
svolgendo finalmente live e con pubblico
da alcuni giorni. Ieri sera sul podio c'era il
direttore Claus Peter Flor. Oltre alla
Sinfonia n. 1 in do maggiore Op. 21 abbiamo
ascoltato il Concerto per Pianoforte ed
Orchestra op.37 n.3 in do minore. Flor ha
mostrato affinità con la musica beethoveniana
fornendo un'equilibrata e corretta lettura della
Prima Sinfonia. La Sinfonica Verdi, in perfetta
forma, ha infatti trovato i giusti tempi e gli
equilibri dinamici corretti per una valida
esecuzione caratterizzata da una pacata coralità
espressiva che è entrata pienamente nello
spirito beethoveniano. La salita in palcoscenico
del noto pianista Benedetto Lupo per il Terzo
Concerto ha reso la serata ancor più
interessante. Lupo, pianista ascoltato lo scorso
anno in Conservatorio in recital è anche
un affermato didatta. La sua cifra
interpretativa, ricca di grinta e sensibilità,
ha trovato un ottimo appoggio nella direzione di
Flor ed è stata espressa con precisa sintesi
discorsiva. Dalla ricca incisività dell'Allegro
con brio iniziale, alla pacatezza del
Largo centrale, siamo arrivati al risoluto e
ben definito Rondò finale. Lupo, è
riuscito a rendere in modo disinvolto ma anche
dettagliato ogno frangente di questo capolavoro.
Di qualità il bis offerto dal solista con un
ottimo Schumann. Fragorosi applausi agli
interpreti. Questa sera replica e prossimamente,
il 22 e 23 luglio, ancora la Sinfonica Verdi
diretta da Flor per la Sinfonia "Eroica"
. Da non perdere.
16 luglio 2020
Cesare Guzzardella
Successo meritato al
Teatro alla Scala per le
Nuove voci
Quattro concerti per
rincominciare, la rassegna di luglio che ha
riaperto al pubblico il Teatro alla Scala, dopo
il lungo periodo di sosta dovuta al coronavirus,
è arrivata ieri
sera
al terzo appuntamento. Nello splendido teatro
milanese alcune centinaia di spettatori - nel
limite imposto dal covid- erano presenti alla
rassegna canora denominata Nuovi voci alla
Scala. Ex allievi della scuola di canto
scaligera, da anni cantanti di fama
internazionale, quali il
soprano Irina Lungu, il baritono Fabio
Capitanucci e il basso Jongmin Park, si sono
alternati a giovani cantanti che si stanno
attualmente affermando e che hanno dimostrato
attraverso la loro riuscita esibizione di avere
le carte in regola per un futuro di
riconoscimenti importanti. Il valido pianista
Michele Gamba ha accompagnato molto bene i
solisti in brani noti di Verdi, Mozart,
Massenet, Rossini, Cilea, Puccini, Gounod.
Un'ora e trenta di musica dove Gamba ha
dimostrato di passare da uno stile compositivo
ad un altro in modo disinvolto e con resa di
qualità e di attenzione alla voce di ogni brano.
Ricordiamo
almeno le ottime interpretazioni di Irina Lungu
da Manon di Massenet con Je marche sur tous
les chemins o da Boheme con Mi chiamano
mimì; le sicure rese vocali di Capitanucci
in Mozart - Non più andrai...- e in
Rossini da La cenerentola; la valida prestazione
di Park in Verdi - Ella giammai m'amò- e
Rossini -La calunnia-. Dei nuovi
interpreti ricordiamo l'eccellente Caterina
Maria Sala in Mozart da Zaide con Ruhe sanft,
mein holdes Leben e in Puccini con O mio
babbino caro; chiara ed incisiva la voce
tenorile di Raffaele Abete
in Verdi dal Macbeth con Oh figli...e in
Puccini - Che gelida manina; di spessore
Federica Guida in Mozart - Der Holle Rache-
e in Gounod con
Je veux vivre; notevole Szilvia Vörös in
Verdi con O Don fatale dal Don Carlo e
nello splendido Cilea da Adriana Lecouvreur con
Acerba voluttà. Ancora Puccini nel bis
con il quartetto da Bohème. Successo meritato!!!
Domani ultimo concerto con gruppi cameristici
scaligeri. Da non perdere!
14 luglio 2020 Cesare Guzzardella
Il
duo Acciarino-Petrella
in Conservatorio per Musica Maestri!
Il pomeriggio musicale
organizzato in Conservatorio per la quinta
rassegna di MUSICA MAESTRI! ha visto sul
palcoscenico di Sala Verdi due giovanissimi
quali il clarinettista Riccardo Acciarino ed il
pianista Diego Petrella, entrambi vincitori del
Premio
Conservatorio
2019 nei rispettivi strumenti. Conoscevo Diego,
avendolo ascoltato più volte e sapevo delle sue
indubbie qualità interpretative. Non conoscevo
ancora Acciarino e sono rimasto particolarmente
sorpreso per le sue splendide e sicure qualità
solistiche con i rispettivi clarinetti. Il
programma prevedeva musiche di Bach, Poulenc,
Gershwin, Lowenstern e Kapustin. Un impaginato
vario, trasversale, che incrocia bene il genere
classico con il jazz ed il contemporaneo. Una
Sarabanda dalla
Suite per violoncello in si minore
trascritta per
clarinetto
basso e un brano jazz di Eric Dolphy denominato
God Bless The Child
hanno introdotto il tardo pomeriggio.
Acciarino ha ottimamente eseguito i due lavori,
introducendo poi il terzo brano con Petrella al
pianoforte. La celebre e geniale Sonata per
clarinetto e pianoforte di Francis Poulenc è
stata eseguita splendidamente con efficace
espressività ed ottime sinergie timbriche. Con i
Tre preludi di George Gershwin, nella
valida trascrizione per duo, l'intento
trasversale, ben delineato nella presentazione
dei brani da Iacciarino, è emerso con maggiore
efficacia. L'ottima resa interpretativa, dovuta
ad una chiara discorsività di entrambi gli
strumentisti, ha trovato anche in Gerswin un
punto di forza. Riccardo è tornato in solitaria
con il brano contemporaneo per Clarinetto
basso e nastro magnetico denominato Drift
di Michail Lowenstern. Un lavoro dove il
tema presentato dal solista viene memorizzato e
ripetuto elettronicamente in un tutt'uno col
clarinetto
basso
che esegue poi varianti in un ambito
melodico-ritmico di facile resa espressiva.
L'ultimo lavoro in programma, dell'ucraino
Nikolay Kapustin, era una trascrizione per duo
di un celebre studio pianistico del
compositire-jazzista, Jazz Etude n.1 op.40.
Esecuzione sorprendente per qualità e
versatilità espressiva. Peccato che i due
giovani strumentisti non abbiano ricordato
l'82enne compositore deceduto all'improvviso tre
giorni fa, il 2 luglio 2020. Vogliamo noi
ricordare il compositore-pianista per
l'originale impronta compositiva che ha unito il
mondo della musica contemporanea al migliore
jazz occidentale. Valido il bis concesso dal duo
con un breve ma efficace brano Klezmer. Applausi
calorosi dalla sala con i posti numericamente
limitati dalle misure-covid. Da ricordare a
lungo.
5 luglio 2020 Cesare
Guzzardella
Il duo
Dressler-Fliter per la
Società dei Concerti
Un duo speciale quello
formato da Anton Dressler e da Ingrid Fliter. Il
programma vario e anche divertente visto ieri
sera in Sala Verdi, in Conservatorio per il
secondo
dei
concerti "Daccapo", organizzati dalla Società
dei concerti, prevedeva musiche di Debussy,
di Poulenc e di Milhaud eseguite in duo, di
Stravinskij e Piazzolla per solo clarinetto e di
Chopin per pianoforte solo. La nota ed
elegante Sonata per clarinetto e pianoforte
del francese Francis Poulenc è stata anticipata
da un breve ma pregnante fuori
programma, il Preludio di Debussy La fille
aux cheveux de lin trascritto per duo ed
eseguito senza soluzione di continuita con la
sonata. Questi primi brani hanno rivelato le
eccellenti qualità del clarinettista russo che
ha mostrato chiare sonorità in perfetta sinergia
con i colori luminosi dell'ottima pianista
argentina Fliter. Gli impasti
timbrici,
perfettamente amalgamati dei due strumenti,
hanno trovato ancora un frangente di alto
spessore interpretativo nel noto Scaramouche
di Darius Milhaud, un brano ricco d'ironia che
si accosta perfettamente, per modalità estetica
di linguaggio, al precedente Poulenc ed anche
al bellissimo Stravinskij dei Tre pezzi per
clarinetto, sostenuto con virtuosismo e
leggerezza da Dessler. Valido anche il Tango
Etude n.3 di Astor
Piazzolla per clarinetto solo.
La
Fliter, oltre ad avere sostenuto splendidamente
i brani in coppia, ha elargito il suo
riconosciuto amore per il polacco con il noto e
più eseguito
Nottuno postumo in do diesis minore e con
alcuni tra i più celebri Valzer (Minute,
Grande Valzer Brillante, ecc.). Il suo
Chopin, di indubbia classe e raffinatezza, era
stato premiato a Varsavia nel prestigioso
Concorso nel 2000 con la medaglia d'argento.
Elegante e raffinato Summertime di George
Gershwin eseguito dal duo come bis! Bravissimi!
Un concerto di alta qualità quello ascoltato,
che insieme a quello di mercoledì scorso, con il
duo Tifu-Andaloro, ci ha di nuovo riportato alla
migliore musica live espressa finalmente
in sala da concerto dopo mesi d'attesa. Speriamo
ad un celere ritorno con le sale al 100% di
pubblico. Fragorosi applausi al termine dai
duecento spettatori presenti in Sala come
previsto dalle ordinanze ministeriali. Da
ricordare a lungo.
2 luglio 2020 Cesare
Guzzardella
AL NASTRO DI PARTENZA
LA SESTA EDIZIONE DEL Ducale.LAb
di VERCELLI
Riparte il Ducale.Lab, il
concorso che premia i giovani solisti più
talentuosi e promettenti, con una serie di
concerti pomeridiani in uno dei luoghi storici
più suggestivi della città: il Museo Leone. Il
progetto ideato e voluto dalla Camerata Ducale
con il supporto della città di Vercelli è parte
integrante del cartellone del Viotti Festival di
Vercelli. Giunto tra grandi consensi alla sesta
edizione, il Ducale.LAb di quest'anno assume un
valore particolare: i concerti al Museo Leone
saranno infatti i primi eventi musicali
vercellesi del post-lockdown, circostanza che
simboleggia la volontà di Vercelli di uscire
dall'emergenza proprio nel segno dei giovani, da
sempre al centro dell'attenzione e fiore
all'occhiello del Festival. Il primo concerto si
terrà Venerdì 3 luglio alle h.18,30 con il
seguente programma:Alberto Navarra flauto ,
Alessandro Boeri pianoforte. J. S. Bach Sonata
in mi maggiore BWV 1035; C. Reinecke Sonata
Undine per flauto e pianoforte, op. 167; F.
Poulenc Sonata per flauto e pianoforte FP 164.
VENERDI’ 10
LUGLIO 2020 ore 18.30
Stefano Beltrami violoncello e
Sawa Kuninobu violino
J.S. Bach Suite n. 2 in re minore
BWV 1008; C.A. Piatti
Capriccio n.7 in do maggiore, op. 25;
N. Paganini Capriccio n.13 op.1;
F. Kreisler Recitativo e Scherzo
Caprice op. 6; E. Ysaye
Sonata n. 1 in sol minore per violino solo, op.
27 . I concerti sono la
naturale conclusione del Concorso omonimo che
seleziona e premia i migliori giovani
neodiplomati dei conservatori piemontesi
offrendo loro l'opportunità di presentarsi al
pubblico nella veste di solisti, valorizzando
degnamente così il loro talento. Ai premiati del
concorso, oltre al concerto della presente
rassegna, verranno assegnati il Premio Maria
Cerruti Vercellotti al miglior solista e al
miglior ensemble (due borse di studio, ciascuna
di 1.000,00 €)., è doveroso ricordare la figura
della Professoressa Maria Cerruti Vercellotti a
cui sono dedicati i due premi - miglior solista
e miglior ensemble - proprio con le parole
affettuose del marito
1 luglio 2020 dalla redazione
Ritorna la musica
live in Conservatorio a Novara con il concerto
cameristico en plein air
per 'ripartire'
Martedì 7 luglio 2020 ore
21,00 nel Cortile del Conservatorio "G Cantelli"
di Novara Musiche di W.A. Mozart, F.
Mendelssohn, G.S. Mayr, F. Farkas, G. F. Haendel
Primo appuntamento musicale
live, dopo il lungo periodo di chiusura, per il
Conservatorio "G. Cantelli" di Novara che
promuove un articolato e accattivante concerto
en plein air.L'appuntamento è per la serata di
martedì 7 luglio, alle 21 entro la suggestiva
cornice del cortile interno del Cantelli: un
luogo magico e fascinoso, immerso nel silenzio,
dacché lontano dal traffico, che già più volte
si è rivelato location ideale per la musica dal
vivo.L'ingresso è gratuito limitato a soli 50
posti (dovendosi rispettare le vigenti norme
circa il distanziamento personale a salvaguardia
della sicurezza del pubblico stesso e degli
interpreti), con prenotazione obbligatoria
(apposito link sul sito del Conservatorio
consno.it: chi si prenota riceverà una mail di
conferma dell'accettazione).Sarà possibile
inoltre seguire la diretta streaming del
concerto sulla pagina facebook e sul canale YT
del Conservatorio per seguirci su FB
https://www.facebook.com/conservatorionovara/
1 luglio 2020 dalla redazione
GIUGNO 2020
VI Ducale.LAB: la musica a
Vercelli riparte dai giovani
Un concorso che premia i
giovani solisti più talentuosi e promettenti, e
il pubblico premiato da una serie di concerti
pomeridiani in uno dei luoghi storici più
suggestivi della città: questo è Ducale.LAb, il
progetto ideato e voluto dalla Camerata Ducale
con il supporto della città di Vercelli e parte
integrante del cartellone del Viotti Festival di
Vercelli. Giunto tra grandi consensi alla sesta
edizione, il Ducale.LAb di quest'anno assume un
valore particolare: i concerti saranno infatti i
primi eventi musicali vercellesi del
post-lockdown, circostanza che simboleggia la
volontà di Vercelli di uscire dall'emergenza
proprio nel segno dei giovani, da sempre al
centro dell'attenzione e fiore all'occhiello del
Festival.
Il Concorso è ormai prossimo
al traguardo: le audizioni e la scelta dei
vincitori si terranno venerdì 26 giugno al
Teatro Civico, e i nomi dei premiati verranno
comunicati sabato 27 giugno. I giovani
musicisti, la cui età media è di 22 anni,
verranno giudicati da una Commissione composta,
oltre che da Cristina Canziani e Guido Rimonda
(rispettivamente Direttore artistico e Direttore
musicale del Viotti Festival), da Enrica
Ciccarelli (pianista e Direttore artistico della
Società dei Concerti di Milano), Maria Luisa
Pacciani (pianista e didatta, già Direttore del
Conservatorio Verdi di Torino) e Massimo Viazzo
(pianista, didatta e musicologo vercellese).
I partecipanti a questa
edizione sono 16, si esibiscono in trio d'archi,
in duo (violino e pianoforte, violoncello e
pianoforte, flauto e pianoforte, violoncello e
contrabbasso) o come solisti (violoncello,
violino, pianoforte) e provengono dai
Conservatori di Torino, Cuneo e Alessandria. Da
sottolineare l'altissimo livello di preparazione
dei concorrenti, tutti diplomati con il massimo
dei voti (10/10 o 110/110).
I quattro vincitori saranno
premiati da altrettanti concerti, naturalmente
retribuiti, che si terranno al Museo Leone (via
Verdi 30) il 3,10,17 e 24 luglio prossimi,
sempre alle ore 18,30. Inoltre, verranno
assegnati anche il Premio Maria Cerruti
Vercellotti donato dalla famiglia Vercellotti
(1000 euro sia al miglior solista che al miglior
ensemble) e il Premio speciale del pubblico: sul
sito
www.viottifestival.it gli spettatori
potranno votare il concorrente che avrà
suscitato più emozioni e simpatia, e questi si
vedrà assegnare una carta Feltrinelli da 500
euro.
Il biglietto d'ingresso ai
concerti ha un costo di 5 euro e la
prenotazione, assolutamente obbligatoria nel
rispetto delle norme vigenti, si può effettuare
via mail scrivendo a
biglietteria@viottifestival.it oppure
telefonando al numero 011 755791. Il ritiro dei
biglietti inizierà al Museo Leone un'ora prima
dell'inizio dei concerti.
25 giugno dalla redazione
Anna Tifu e
Giuseppe Andaloro
tornano in Conservatorio per la Società dei
Concerti
Finalmente sono tornati i
concerti in Sala Verdi. Il primo del
Conservatorio milanese dopo oltre tre mesi di
sosta e con il limite di solo duecento posti,
limite prescritto per rispettare le norme ancora
vigenti in epoca di coronavirus. La Società
dei Concerti, nota Fondazione concertistica
milanese, ha voluto per questo ritorno due
virtuosi ben conosciuti quali la violinista
cagliaritana Anna Tifu ed il pianista siciliano
Giuseppe Andaloro: un duo collaudatissimo che
ben conosciamo e che è riuscito ad essere
particolarmente
convincente nell'ora a disposizione, dovendo
ripetere l'impaginato due volte, prima nel tardo
pomeriggio e poi in serata. Un programma
splendido che prevedeva la
Sonata in fa maggiore n.5 "La primavera"
di Beethoven, Tzigane, Rhapsodie de concert
di Maurice Ravel e la Fantasia sulla
Carmen di P. de Sarasate cui sono seguiti
tre bis. Sono particolarmente sinergici in
coppia la Tifu e Andaloro. Lei ha espresso il
meglio nei due brani pregnanti e virtuosistici
di Ravel e De Sarasate. Lui, molto attento alle
sonorità della compagna musicale, ha
mostrato
scioltezza e spessore timbrico con precise e
robuste dinamiche, anche nella celeberrima
sonata beethoveniana, dove la parte pianistica
spesso è dominante. L'impaginato, ben collaudato
dalla trentenne violinista, ha rivelato ancora
una volta lo spessore virtuosistico ed
espressivo di Anna, una solista che da parecchi
anni domina le scene concertistiche mondiali. Ma
anche Giuseppe non scherza per solidità
tecnico-espressiva, come rivelato nelle efficaci
invenzioni timbriche della bellissima pagina
raveliana. Bravissimi entrambi! Anche nei bis
proposti: prima lei con l'efficace ultimo movimento,
Les Furies, dalla Sonata n.2 di E.
Ysaýe, poi lui con un suo originale mix da noti
brani di Bohemian Rhapsody dei Queen; poi
ancora in duo per la nota Meditation dal
Thais di Jules Massenet! Ricordiamo la dedica
del concerto espressa da Anna Tifu al compianto
compositore-pianista, recentemente scomparso,
Ezio Bosso. Grandissimo successo! Da ricordare a
lungo! Prossimo concerto della nota Società
previsto per l'1 luglio con il duo per
clarinetto e pianoforte di Dressler-Fliter.
Brani diversificati di Poulenc, Piazzolla,
Chopin, Stravinskij e Milhaud. Da non perdere!
24 giugno 2020 Cesare
Guzzardella
Festa della musica
ai Bagni
Misteriosi di Milano
Una valida ripartenza
musicale è avvenuta a Milano in questi tempi di
covid, in un momento in cui si è tornati
a rivedere la luce. La Società del Quartetto
ha organizzato un'interessante maratona
musicale ai Bagni Misteriosi annessi al
Teatro Parenti, alla presenza di un limitato
pubblico , circa duecento spettatori previsti
come da tetto massimo consentito in questo
delicato momento. Diverse formazioni musicali si
sono
succedute
in un programma trasversale e diversificato che
spaziava dal jazz, al contemporaneo e al
classico. Numerosi ospiti si sono alternati nel
centro tra le due piscine dei bagni con brani
spesso di notevole spessore estetico. Le parole
augurali di buon ritorno alla musica di Ilaria
Borletti Buitoni, Presidente del "Quartetto"
e la disinvolta presentazione di Valentina
Cardinali, hanno introdotto i primi musicisti
con il sassofonista Pietro Mirabassi ed il
pianista Mauro Spanò insieme per tre classici
brani jazz di Jones, Monk e Harrell,
interpretati con eleganza ed intensa
epressività. A seguire la violinista Anais
Drago, accompagnata dal pianista Fabio Giachino,
ha proposto due sue composizioni particolarmente
significative quali Tutto in un punto e
Manteia e quindi un brano di Chick
Corea
denominato Sicily. Di qualità i lavori
della Drago, tra jazz e folclore "orientale" il
primo brano, ben miscelato nei due strumenti in
un equilibrio di precisa definizione musicale.
Manteia, il secondo, con una suggestiva
introduzione melodica solistica, viene poi
riempito di sinergie musicale con l'intervento
jazzistico dell'ottimo pianista Giachino, per un
percorso di relazione continua e appassionata
tra i due strumenti. Avvincente il terzo brano,
Sicily, del noto jazzista statunitense.
Certamente un valido duo. Musica decisamente
classica invece per il ventunenne Federico Gad
Crema, pianista che ben conosciamo e di cui
abbiamo spesso scritto sul nostro giornale.
Federico ha ottimamente interpretato il suo
Chopin con le 4
Mazurche
op. 17 e la Ballata n.3 op.47. Certo,
il suono amplificato nell'ampio spazio
all'aperto, non è stato d'aiuto con quelle
metalliche timbriche sonore, ma molti elementi
di evidente qualità sono comunque emersi, specie
nelle inarrivabili Mazurche. Un pianista che
aspettiamo al più presto in una sala da concerto
milanese con degna acustica. La serata si è
conclusa con il quartetto di trombonisti
denominato Mascoulisse Quartet che ha proposto
brani di musicisti italiani quali A. Rosa e il
suo recente e valido
Bossa Brevis, di Nino Rota da Romeo e
Giulietta , di V. Monti con la nota Czardas
e, per concludere con un mix di celebri melodie
di Ennio Moricone. Ottime le sonorità dei
quattro trombonisti questa volta ben delineate
nei vasti Bagni e notevoli gli arrangiamenti di
tutti i lavori. Una serata ottimamente
organizzata, in una splendida cornice tra
colori, acqua e musica che ricorderemo a lungo.
Splendida iniziativa di ritorno alla MUSICA !!!
22 giugno 2020 Cesare
Guzzardella
Ritornano i concerti in Sala
Verdi al Conservatorio per la Società dei
Concerti
Riprendere l'attività
concertistica in Sala Verdi, al Conservatorio
milanese , sebbene con restrizioni nel numero di
spettatori e con tutte le cautele e
predisposizioni di sicurezza
per
la nostra salute. La Fondazione La Società dei
Concerti ha deciso che è il momento di
ricominciare: per gli artisti (così duramente
colpiti dall'emergenza sanitaria), per il
pubblico e per dare un segnale importante di
vitalità e desiderio di bellezza. Abbiamo
vissuto un periodo difficile e drammatico e ci
auguriamo che i momenti più critici e pericolosi
siano alle spalle. Il silenzio assordante cui ci
ha costretto il virus ci ha fatto ancor più
amare la musica e sentirne il bisogno. Una
comunità senza cultura, così come senza
educazione, non può dirsi completa.Annunciamo
due appuntamenti straordinari in Sala Verdi .
Ogni concerto, senza intervallo, prevede un’ora
di musica. Mercoledì 24 giugno 2020 ore 17.45 e
in replica alle ore 20.45
ANNA TIFU, violinista e
GIUSEPPE ANDALORO, pianista. In programma L. van
Beethoven Sonata in fa maggiore op 24 “La
Primavera” M. Ravel Tzigane, Rhapsodie de
concert ; P. de Sarasate Fantasia sulla Carmen.
Mercoledì 1 luglio 2020 ore
17.45 e in replica alle ore 20.45
INGRID FLITER, pianista e
ANTON DRESSLER, clarinettista. In programma F.
Poulenc Sonata per clarinetto e pianoforte; F.
Chopi Notturno in do diesis minore op. posth.
per pianoforte; I. Stravinsky Tre pezzi per
clarinetto solo; F. Chopin Due valzer op.64 n.1
e n.2 per pianoforte; A. Piazzolla Tango Etude
n.3 (versione per clarinetto solo);D. Milhaud
Scaramouche Suite per clarinetto e pianoforte.
Per partecipare ai concerti è
necessaria la prenotazione obbligatoria
(info@soconcerti.it
– 02/66986956/66984134) e verrà
preassegnato il posto numerato. Il costo del
biglietto, simbolico, è di 5 euro.
16 giugno dalla redazione
Viotti Festival: la musica
corre... in rete
Il distanziamento sociale ha
cambiato anche la musica? Certamente sì, nel
senso che tra musicisti e pubblico si è inserita
la tecnologia: accanto al concerto dal vivo, che
speriamo torni presto, ci sono oggi i video e i
social. E da Vercelli arrivano due importanti
conferme di questa tendenza, entrambe dal cuore
del Viotti Festival. La prima, e già molto
seguita, si chiama Note a piè di pagina e nasce
da una brillante idea della neodiciottenne
Giulia Rimonda. Costretta a sospendere la sua
carriera violinistica e a mettere tra parentesi
la sua amata Camerata Ducale Junior, Giulia non
si è persa d'animo e si è reinventata
giornalista. Con risultati eccellenti:
intervista infatti on line, con cadenza
settimanale, grandi protagonisti della musica
italiana e mondiale, ad esempio Ramin Bahrami,
Massimo Mercelli, Sonig Tchakerian, facendo
emergere ogni volta da queste personalità
d'eccezione episodi inediti, consigli preziosi,
aspetti umani e quotidiani della vita ai tempi
del virus. Il tutto in video di pochi minuti,
pubblicati sul canale YouTube della Camerata
Ducale Junior. Una vera miniera di sorprese,
oltre che l'opportunità di incontrare personaggi
spesso lontani dalla visibilità mediatica. La
seconda novità è Chi ben comincia, rassegna
video legata al Concorso Ducale.LAb, dedicato ai
migliori giovani talenti dei Conservatori
piemontesi. Dal 5 al 21 giugno Chi ben comincia
vede i premiati nelle scorse edizioni mettersi
alla prova on line, caricando sul canale YouTube
Camerata Ducale video di 10 minuti nei quali i
giovani concertisti “bucano” lo schermo parlando
di sè e presentando un brano che subito dopo
eseguono. E poi? Si vedrà chi è stato più bravo.
Si può votare fino al 27 giugno sul sito del
Viotti Festival, mentre al 60% conterà il voto
di una giuria presieduta da Guido Rimonda,
solista residente del Viotti Festival. In palio
3 abbonamenti alla rivista Suonare, 3 maglie
Viotti Le Tricot, ma soprattutto 2 concerti da
solisti, naturalmente retribuiti.Il VIOTTI
FESTIVAL è realizzato dall'Associazione Camerata
Ducale di Vercelli ed è sostenuto dal Ministero
per i beni e le attività culturali e per il
turismo, la Regione Piemonte, il Comune di
Vercelli, la Fondazione Compagnia di San Paolo,
la Fondazione CRT, la Fondazione Cassa di
Risparmio di Vercelli, la COOP e in
collaborazione con importanti media partner.
6 giugno 2020 dalla redazione
MAGGIO
A Novara: Parole e musica .
Oltre tre mesi di video per
celebrare il 250° di Beethoven
Il Conservatorio "G.
Cantelli" di Novara celebra Beethoven, nel 250°
della nascita con una serie di video a cura dei
docenti del Conservatorio stesso (che di volta
in volta porranno a frutto le proprie specifiche
competenze sul fronte dei vari settori del vasto
corpus compositivo): la domenica mattina,
invariabilmente alle ore 11,30 a partire dal 24
maggio e sino a fine agosto. Un vero e proprio
ciclo organico, volto a celebrare la figura di
Beethoven nel 250°: più ancora, una serie di
brevi, ma succulenti interventi, quasi aforismi
in video, a cadenza settimanale. Di volta in
volta si affronteranno i vari aspetti della
produzione di Ludwig, ma con i modi di un
amabile rendez-vous. Incontri tra amici e amanti
della cultura, nel segno della piacevolezza
della scoperta o della riscoperta, pur senza
rinunciare al rigore dei contenuti. Emergeranno
dettagli inediti, particolari inconsueti e altro
ancora, come per magia, all’ora dell’aperitivo
domenicale (oppure, in differita, dinanzi a una
tazza di tè). Pillole musicali, passeggiando tra
i pentagrammi, spaziando tra Sonate e Sinfonie,
Quartetti Concerti e altro: un occhio alla
biografia ed uno al mistero della creatività. Da
non perdere, per chi ama la grande musica e
desideri trasformare il divano di casa
idealmente nella poltrona di una sala, dove
sentir parlare di musica, scoprendo dettagli,
curiosità e quant'altro. I singoli video
verranno 'collocati' la domenica mattina a
partire dalle 11,30 sulla pagina facebook del
Conservatorio e sul canale YT del Conservatorio,
dove saranno comunque disponibili anche per
eventuali ascolti in differita.
https://www.facebook.com/conservatorionovara/
https://www.youtube.com/channel/UCHpyelnz6DyNcQAYQQ_OnLA
Questi i primi due
appuntamenti in programma: domenica 24 maggio
Titanismo, il destino che bussa, i pastori e la
danza Le prime Otto Sinfonie, ognuna un
macrocosmo a cura di Attilio Piovano. Domenica
31 maggio Trentadue ritratti in bianco e nero
L’ex allievo di Haydn e le Sonate pianistiche
(prima parte). A cura di Luca Schieppati.
21 maggio 2020 dalla
redazione
APRILE
COMUNICAZIONI DALLA CAMERATA
DUCALE DI VERCELLI
La Camerata Ducale rende noto
che si svolgerà a Vercelli la Sesta edizione del
concorso dedicato ai giovani diplomati,
strumentisti e cantanti, presso i Conservatori
del Piemonte. La selezione dei partecipanti
avverrà mediante un’audizione che si svolgerà in
data 1/06/2020 presso il Teatro Civico di
Vercelli. In palio sono cinque concerti
retribuiti,
nell’ambito del ciclo Ducale Lab della Stagione
Festival Viotti 2019/2020. Tali concerti avranno
luogo nei giorni 12, 19, 26 giugno e 3 e 10
luglio 2020 nella sede del Museo Leone di
Vercelli. L’ammontare della retribuzione è di
500€ per i solisti e 250€ per ogni componente di
gruppo cameristico. Gli interessati dovranno
essere in possesso dei seguenti requisiti: 1)
max. 30 anni compiuti per gli strumentisti e
max. 32 anni compiuti per i cantanti; 2) aver
conseguito un diploma presso uno dei
Conservatori del Piemonte con una votazione non
inferiore ai 9/10 (ordinamento previgente) o a
100/110 ( nuovo ordinamento). Per la
partecipazione al Concorso è richiesta la
compilazione di un modulo sul sito
www.viottifestival.it
, da effettuare entro le h. 24.00 del 24 maggio
2020. Nel caso nuove disposizioni in materia di
coronavirus dovessero rendere impossibile
effettuare le audizioni nel giorno sopra
indicato, verrà comunicata una nuova data. Si
segnala inoltre l’uscita del decimo CD Decca,
sui quindici previsti del progetto
dell’integrale dei Concerti per violino e
orchestra di G.B. Viotti nell’interpretazione di
Guido Rimonda (solista e direttore) e
dell’Orchestra Camerata Ducale. Questo CD
comprende i concerti n. 14 e 16: si segnala in
particolare quest’ultimo, uno dei capolavori
della vasta produzione del Maestro di Fontanetto
Po, addirittura ripreso da Mozart che vi apportò
modifiche all’orchestrazione. Si ricorda che
attualmente il violinista Guido Rimonda è uno
dei più autorevoli interpreti internazionali
dell’opera di Viotti.
aprile 2020 dalla redazione
MARZO
All'Istituto Omnicomprensivo
Musicale
"G.Verdi" di Milano la scuola chiude, ma la
didattica non si ferma. E nemmeno la musica!
Riceviamo e volentieri
pubblichiamo un articolo dei docenti di
strumento musicale dell'Istituto Omnicomprensivo
Musicale di Milano. Da parecchi giorni stanno
continuando, con modalità differenti ma con
successo, l'attività didattica per i giovani
studenti della scuola media, in questo delicato
momento dove l'epidemia di coronavirus ha
costretto alla chiusura di tutte le scuole
italiane. (C.G.)
Al tempo del coronavirus c’è
un gran fermento alla Scuola secondaria di I
grado “G. Verdi”. O meglio, in quella che è
diventata la scuola virtuale: computer, tablet e
smartphone di docenti e studenti, che da ormai
due settimane sono tra loro interconnessi
tramite le più svariate ed efficienti
piattaforme atte a mettere in campo la didattica
digitale.
![](aprile%202011/omnicomprensivo1%20marzo%202020.jpg)
Ma la “Verdi” è anche una
scuola ad indirizzo musicale: come si fa a
rendere virtuale una lezione di strumento,
momento che in gran parte si basa sul confronto
ravvicinato tra il maestro e l’allievo, così
importante per il controllo della respirazione o
della postura, della micro-motricità e del peso
dei singoli movimenti sullo strumento, momento
fondante della crescita tecnica ed emotiva di un
musicista in erba? Si dà inizio ad una nuova
didattica, dove entra in gioco, oltre alla
tecnologia, un nuovo senso di responsabilità,
non solo da parte dei docenti, ma anche, e forse
soprattutto, da parte degli studenti.
Innanzitutto,
in virtù di una spontanea unanimità di intenti
da parte dei docenti - che lo strumento sia il
violino, il violoncello, la chitarra, il flauto,
le percussioni, il clarinetto o il pianoforte -
i ragazzi ricevono il compito di registrarsi e
mandare il frutto del loro lavoro ai loro
insegnanti, senza naturalmente la pretesa di un'
incisione in stile Deutsche Grammophon. E invece
quale abnegazione dimostrano i giovani studenti,
improvvisamente posti sotto i riflettori della
telecamera ed a confronto del microfono,
formidabile mezzo di autocritica! “Prof, l’ho
fatta già 30 volte ma le registrazioni non mi
piacciono!”
–
ed anche dopo un riscontro positivo da parte
dello stesso prof:
“Grazie,
ma io non sono contenta del mio lavoro!”.
E così via, con video mandati e poi rimandati
alla ricerca della perfezione, con gli alunni
che a 12 o 13 anni si ritrovano a farsi prima di
tutto insegnanti di se stessi.
E
poi, giusto il tempo di coordinarsi con software
da utilizzare e orari in cui fissare le lezioni
(per non sovrapporsi ad inglese, italiano,
geografia o matematica o storia della musica), e
già dal 2
marzo
via con le lezioni “live”!, “Prof, mi chiama lei
o la chiamo io?”. E queste lezioni in diretta
Skype, Facetime, Whatsapp o Google Duo (e chi
più ne ha più ne metta, l’importante è riuscire
a vedersi e sentirsi), mai nemmeno immaginate
fino a dieci giorni fa, si rivelano da subito
vivissime per l’attenzione, l’eccezionale
concentrazione, l’impegno e di nuovo la
straordinaria responsabilità che i ragazzi
mettono in campo, finanche i soggetti più vivaci
e talvolta distratti in classe. E mentre i
docenti si ingegnano nel cercare di calibrare al
meglio gli studi, i brani o gli esercizi da
assegnare, in modo da compensare i limiti
“sonori” della lezione online e di canalizzare
il percorso di studi affinché le privazioni date
dalla situazione attuale incidano meno, gli
allievi sfoderano una serietà che li avvicina
agli adulti.
E per i percussionisti come
funziona, dal momento che gli strumenti su cui
esercitarsi (la batteria, la marimba…) sono a
scuola? Semplice: si reinventa lo strumentario
con cuscini, pentole, padelle, coperchi…e così
la lezione si tinge di un’irrefrenabile
fantasia.
Per
colmare le lacune dovute all’impossibilità di
suonare insieme (a questo purtroppo le frontiere
del digitale non sono ancora arrivate) ci si
inventano brani per violino e chitarra (perché
lo suona la cugina) o con accompagnamento di
clarinetto (perché lo suona il nonno). Oppure ci
si dà appuntamento in videochiamata “di classe”
per scambiarsi idee, opinioni, stati d’animo
relativi al periodo e al nuovo necessario metodo
di lavoro. Ci si sostiene e motiva a vicenda. Ed
infine ci sono i momenti che più che mai non ci
si aspetta: due allievi di strumenti diversi,
vicini di casa, si ritrovano a studiare e
giocare insieme. Ad un certo punto si dividono
per fare ciascuno la propria lezione online di
strumento
–
e allora che bello, anche per i colleghi,
scoprirsi d’un
tratto ad insegnare uno nell’”aula”
accanto all’altro!
E
così si andrà avanti, continuando a dare il
massimo, consapevoli che quest’esperienza avrà
insegnato qualcosa di importante a tutti, grandi
e piccoli; e che quando si tornerà alla routine
“di prima” tutti, ma proprio tutti, accompagnati
dalla musica, saremo un po’ cresciuti.
Emanuele Giarrusso, Roberta
Ruffilli, Alessia Principi, Francesco Macrì,
Giuseppe Pollinzi, Ileana De Santis, Francesca
Torri, Gianfranco Messina, Mariateresa Amenduni,
Alessandra Aitini , Matteo Staffini.
Docenti di strumento della
Scuola Secondaria di I grado “G. Verdi”
9 marzo 2020
CONCERTI
RINVIATI A VERCELLI
La Camerata
Ducale di Vercelli comunica che che il concerto
di domenica 8 marzo 2020, Sala Parlamentino per
la serie Green Ties è rinviato al 31 maggio 2020
a causa delle comprensibili riserve espresse
dalla famiglia della giovane artista e anche in
considerazione dell'esiguo spazio disponibile,
che non consentirebbe di mantenere le distanze
di sicurezze previste dalle ultime normative.
Anche il concerto con Anna Tifu e la Camerata
Ducale Junior previsto per il 14.3.2019 è
rinviato a data da destinarsi (probabilmente in
autunno 2020) a causa delle difficoltà di molti
musicisti negli spostamenti verso il Piemonte.
In relazione al concerto cancellato del
29.2.2020 di Pavel Berman (inserito nel
cartellone della stagione in abbonamento del
XXII Viotti Festival), verrà individuata al più
presto una data per il recupero.
8 marzo dalla
redazione
FEBBRAIO 2020
Spettacoli musicali
fermi per Coronavirus
Si comunica che tutti gli
spettacoli previsti (Milano,Vercelli, ecc.)
causa Coronavirus non ci saranno
sicuramente fino al 3 aprile
. Si attendono comunicazioni
ministeriali
per il periodo successivo.
24 febbraio 2020 dalla
redazione
Yonathan Avishai
al Parenti per "I
Pianisti di altri mondi"
La rassegna, curata da Gianni
Morelenbaum Gualberto e denominata "Pianisti
di altri mondi", è riuscita, per poco, ad
esprimersi ieri mattina al Teatro Parenti. Dopo
le ore 14.00, l'ordinanza derivante dalla
diffusione del Coronavirus in Lombardia ha
impedito ogni attività pubblica in cinema,
teatri e da oggi anche nelle scuole di ogni
ordine e grado. Ho fatto appena in tempo ad
ascoltare il pianista israeliano Yonathan
Avishai,
personalità
musicale nota al pubblico, piuttosto di nicchia,
che ascolta una certa musica "ibrida" che
intreccia il mondo classico con il jazz e il
folclore sud-americano. Particolarmente
interessante l'impaginato proposto da questo
compositore-interprete che ha presentato brani
di Scott Joplin (1868-1917), Ernesto Nazareth
(1863-1934) ed Ernesto Lecuona ( 1895-1963). La
personalità riservata, discreta e gentile di
Avishai, così come è parso dalla sua
presentazione dei brani, è simile al suo stile
pianistico e alla sua "ricerca" musicale. Non
conoscevo Avishai, pur sapendo delle sue
collaborazioni con rilevanti suoi colleghi
legati al jazz e alla scuderia discografica ECM.
Il primo impatto pianistico, con il primo brano,
non mi ha particolarmente colpito, mentre già
dal secondo con un suo interessante
arrangiamento del celebre Mape Leaf Rag
di Scott Joplin e con Danza Lucumi di
Lecuona, ho capito che Yonathan meritava un
attento ascolto. Non è un pianista virtuoso
Avishai, ma un musicista che utilizza la sua
tecnica per una ricerca musicale interessante e
profonda esprimendo sonorità che, al termine del
concerto, mi sono sembrate di alta qualità
espressiva e di raffinata eleganza. Le melodie
più classiche del brasiliano Nazareth e la
componente ritmica più marcata dei brani cubani
di Lecuona sono stati evidenziati in modo chiaro
e preciso da Avishai che, partendo da semplici
note e da banali intrecci ritmici, ha trovato
modo di riunire gli elementi musicali in armonie
delicate, articolate e ricche di espressività.
Gli elementi "ibridi", che rimandano al mondo
classico occidentale, come certamente Chopin per
Nazareth e il suo Confidencias o
Batuque, o al mondo altrettanto ricco di
folclore per Lecuona con la sua La Comparsa ,
e al primissimo jazz
per Scott Joplin, con il citato Mape Leaf Rag
e Elite Syncopations, sono emersi
attraverso una sintesi discorsiva di raffinata
restituzione nei bellissimi colori del
pianoforte Fazioli utilizzato. La luminosa
ricerca musicale del quarantatreenne pianista di
Tel Aviv ha trovato un sua strada prestigiosa in
questo ambito trasversale, ricco di qualità
estetiche. Decisamente pieno di significato il
suo originale Lya, ottimo esempio di
variazioni ritmiche su una semplice e graziosa
melodia, ed efficace uno dei bis con una
trasformazione umoristica del celebre La via
en rose. Da ricordare.
24 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
Andrea Lucchesini
per
l'integrale delle Sonate di Beethoven
Dopo il primo concerto di
fine gennaio, è tornato a Villa Necchi-Campiglio
il pianista Andrea Lucchesini. Aveva inaugurato
nel gennaio scorso la rassegna organizzata dalla
Società
del Quartetto e dal Fai in occasione
dei 250 anni dalla nascita di L.v.Beethoven,
rassegna denominata BeethovenMania. Come
già riferito, la novità di quest'anno è
rappresentata anche dalla nuova valida
disposizione del palcoscenico voluta dal
direttore artistico M.tro Paolo Arcà: il
pianoforte è stato sistemato nel centro del
grande spazio ex-tennis, circondato nei quattro
lati da più file di sedie, dando una maggiore e
vicina visuale a tutti gli appassionati. Il
pianista Andrea Lucchesini ha concluso la sua
parte di sonate con una serie di altri cinque
lavori tra i più noti: nell'ordine d'esecuzione
le Sonate n.19-5-8-7 e 31. Indubbiamente
di qualità le interpretazioni di tutti i brani
ascoltati
ad iniziare dalla breve Op.49 n.1
eseguita con grande fluidità discorsiva e dalla
celebre "Patetica" Maggiore espressività
anche nelle sonate in Re maggiore op.10 n.3
e nell'ultima, la n.31 in La bem.
maggiore Op.110. L'Adagio e la Fuga
finale di questo capolavoro hanno evidenziato la
statura interpretativa del pianista toscano.
Decisamente di qualità i due bis concessi con un
profondo Corale Prelude BWV 639 di Bach e
l' Improvviso op.90 n.2 di Schubert.
Fragorosi applausi dal numeroso pubblico
intervenuto. Prossimo concerto della rassegna
per il 29 febbraio alle ore 17.00 con il
pianista torinese Gabriele Carcano e altre 5
sonate. Da non perdere.
23 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
IL CLARINETTO DI GABRIELE
MERCANDELLI DI NUOVO PROTAGONISTA AL CANTELLI DI
NOVARA
Un programma interamente
impaginato sul duo clarinetto-pianoforte quello
proposto oggi, sabato 22/02 all’Auditorium
Olivieri del Conservatorio G. Cantelli di
Novara, per il nuovo appuntamento della
stagione. Al clarinetto il giovane bravissimo
allievo del Conservatorio novarese Gabriele
Mercandelli, già alla ribalta nella seconda
parte del concerto di sabato scorso; lo
accompagnava al pianoforte Andrea Zanforlin, che
dopo una formazione prevalentemente milanese, è
approdato a Novara, ove si è distinto in
questi
anni per l’attiva partecipazione, con l’attività
didattica e concertistica, alla vita musicale
della città. Il programma prevedeva i
Phantasiestucke per clarinetto e pianoforte
op.73 di R. Schumann (da non confondere con la
ben più celebre op. 12 dall’eguale titolo, per
pianoforte solo), l’Abime des oiseaux, un lungo
solo per clarinettto che costituisce il terzo
tempo del Quatuor pour la fin du Temps di
Messiaen, la poco nota Sonata in Re maggiore per
clarinetto e pianoforte di N. Rota e infine la
Sonata op.184 per clarinetto e pianoforte di F.
Poulenc. Sul giovane Mercandelli non ripeteremo,
ovviamente, il giudizio già espresso appena una
settimana fa e che esce confermato pienamente
dal concerto odierno. Diremo che, a nostro
avviso, i momenti più alti del suo recital sono
stati il pezzo solistico di Messiaen e la sonata
di Poulenc. L’Abime des oiseaux suonato da
Mercandelli è stato splendido nel dare voce,
timbrica e dinamica, al contrasto su cui si
impernia il brano, tra le parti lente, che
Messiaen intepreta simbolicamente come il Tempo,
con le sue tristezze e le sue stanchezze, e le
parti veloci, sul registro acuto, simbolo degli
uccelli, il contrario del tempo, in quanto
rappresentano, con i loro voli liberi nel cielo
e i loro canti felici, la gioia di una vita
pienamente vissuta. Il clarinetto di Mercandelli
ha sfruttato al meglio le brusche differenze
dinamiche della partitura, con virtuosistica
agilità e limpidezza di suono nei rapidi acuti e
con un timbro velato e struggente nel lento
registro grave; il tutto come avvolto in un’aura
di mistero dalle lunghe note tenute in crescendo
che separano le parti del brano, creando un
clima di attonita sospensione. Davvero
un’esecuzione già matura di un pezzo tutt’altro
che semplice, sia tecnicamente, sia sotto il
profilo interpretativo. Quanto alla sonata di
Poulenc,
in tre tempi, Mercandelli ne ha messo
validamente in risalto la forte componente
melodica, culminante nella Romanza centrale, ma
anche il carattere estroso e talora ironico che,
com’è tipico dello stile di questo autore, entra
in singolare contrasto con la compostezza quasi
classica delle forme. Nei Phantasiestucke
schumanniani Mercandelli ha messo in luce una
volta di più il pieno possesso delle risorse
tecniche del clarinetto, ma ci è parso un po’
opaco in quella che è una delle componenti
essenziali della musica schumanniana, quella
romantica, elegiaca Sehnsucht, che qui è
presente soprattutto nel primo pezzo Zart und
mit Ausdruck, la cui ricchezza di sfumature e di
sottili trasalimenti dell’anima non sempre hanno
trovato voce adeguata nel suono e nel fraseggio
del pur eccellente Mercandelli. Pienamente
adeguata alle richieste poste all’esecutore,
l’interpretazione della sonata di Rota, un pezzo
gradevole all’ascolto, ma senza troppe pretese,
com’è, generalmente, la musica di Rota. Nel suo
compito di accompagnatore Zanforlin è stato
efficace, grazie ad una ottima intesa con il
clarinetto e alle sue doti tecniche ed
espressive, che hanno nella precisione e
limpidezza del fraseggio la loro risorsa
migliore. Ancora un bel concerto offerto dal
Cantelli e accolto, come sempre ,dagli
scroscianti applausi di un pubblico appagato.
23 febbraio 2020 Bruno Busca
Louis Lortie ai Pomeriggi
Musicali del Dal Verme
Il concerto visto in
anteprima questa mattina, e in programma questa
sera e sabato pomeriggio, vedeva il pianista
canadese Louis Lortie direttore e solista dell'Orchestra
I Pomeriggi Musicali. L'impaginato
particolarmente ricco prevedeva musiche di
Edvard
Grieg
e W.A Mozart. Prima la Suite in stile antico
op.40, cui ha fatto seguito il celebre
Concerto n.23 in la maggiore K.488 di
Mozart. Dopo il breve intervallo, ancora Grieg
con il Concerto in la minore op.16. La
valida direzione di Lortie si è espressa
alquanto bene nelle rare ma riuscite cinque
parti che compongono "Dai tempi di Holberg"
op.40 del composositore norvegese. Il valido
pianoforte di Lortie ha trovato adeguato
prestigio in Mozart, specie nei momenti laterali
del concerto. A nostro avviso è riuscito ancor
meglio, anche nella componente orchestrale, il
Concerto op.16 di Grieg. Il movimento
centrale ha trovato un'eccellente
timbrica
nella splendida componente orchestrale e la
parte solistica, di ottima fattura, ha visto uno
slancio energico nell'Allegro moderato e
marcato, un capolavoro nel quale il tema
principale , ricco di ritmico folclore era
ottimamente inserito nel coinvolgenti sviluppi
del noto movimento finale. Meritati gli applausi
dal numeroso pubblico di abbonati del mattino e
anche degli altri appassionati Da non perdere
questa sera e sabato alle17.00!
20 febbraio 2020
Cesare Guzzardella
Prossimamente a Vercelli
![](aprile%202011/locandina%20bruno.jpg)
Prossimamente a Vercelli
l'ENSEMBLE CAMERATA
DUCALE JUNIOR
Venerdì 21 febbraio 2020 alle
ore 21, presso il Salone Dugentesco Via Galileo
Ferraris, 91-95 a
Vercelli l'ENSEMBLE CAMERATA DUCALE JUNIOR con
Giulia Maria Rimonda, Eva Ghelardi violini,
Daniele Greco viola, Marco Mauro Moruzzi
violoncello, Ilaria Cavalleri pianoforte, Enrica
Ciccarelli, maestro preparatore. Il Programma
prevede: S. Rachmaninov
– Trio
elegiaco n. 1 in sol minore per violino,
violoncello e pianoforte F.
Mendelssohn-Bartholdy
– Allegro
vivace assai dal Quartetto per archi n. 6 in fa
minore, op. 80 R. Schumann
– Quintetto
in mi bemolle maggiore per pianoforte e archi,
op. 44.
20 febbraio 2020 la redazione
Il Trovatore alla Scala
Non mi ha soddisfatto
particolarmente la messinscena del Trovatore
scaligero, opera verdiana vista ieri sera,
ripresa da quella di Salisburgo del 2014. Lascia
forti dubbi da subito, l'impatto
con l'unica grande scena, ambientata all'interno
di un museo dove, a parte lo spazio desueto che
sa di anni '60, enormi riproduzioni di dipinti,
che
teoricamente
dovrebbero rappresentare dei capolavori del
'400/ '500, risultano stonate rispetto la
magnificenza della musica verdiana. Non solo, i
principali interpreti, a volte commessi del
museo , a volte attori nel museo, hanno anche
abiti di un rosso acceso, quasi accecante, che
rende la scena uniforme e di grande freddezza.
Non si capisce cosa abbia portato a questa
scelta il regista Alvis Hermanis, - insieme a
Gudrun Hartmann, precedentemente valido nei
Soldaten di Zimmerman - gli scenografi,
ancora Hermanis e Uta Gruber-Ballehr e la
costumista Eva Dessecker. A parte la messinscena
- il teatro musicale è anche questo! - non si
può certo non valutare positivamente il
cast-vocale, con voci protagoniste di rilievo a
cominciare da
Leonora, una personale ed avvincente
Liudmyla Monastyrska, ( foto
di
Brescia -Amisano-
Archivio Scala) da Manrico, un' ottima
timbrica per Francesco Meli, da Azucena,
molto appropriata vocalmente e scenicamente. Di
qualità anche Massimo Cavalletti, Conte di
Luna, e Gianluca Buratto, Ferrando.
Bravi gli altri. Avvincente, come sempre, il
Coro preparato da Bruno Casoni. Siamo rimasti un
po' perplessi della direzione orchestrale di
Nicola Luisotti, che pur presentando sicurezza
nell'energica direzione, con attacchi decisi e
precisi, presenta una coloristica poco verdiana.
Indubbiamente è mancata in quest'opera quella
sinergia che nasce da un rapporto fondamentale
tra le componenti principali di un'opera: la
regia, la direzione musicale e il canto. Il
numeroso pubblico presente alla quinta replica
ha comunque apprezzato il complesso dell'opera,
probabilmente grazie soprattutto alle valide
voci protagoniste, voci al termine molto
applaudite. Repliche prevviste per il
21-23-26-29 febbraio.
19 febbraio 2020 C.G.
Tre appuntamenti musicali
prossimamente al Cantelli di Novara
venerdì 21 febbraio 2020 -
ore 10 in Sala Musica - ingresso libero Festival
Il mondo della chitarra. Una conferenza di
Angelo Gilardino : Il repertorio della chitarra:
forma musicale e idioma
Venerdì 21 febbraio 2020 -
ore 21 all' Auditorium Fratelli Olivieri -
ingresso libero Festival Il mondo della chitarra
maratona chitarristica: Le magiche sei corde del
Cantelli allievi delle classi di chitarra di
Bruno Giuffredi e Luigi Biscaldi:Vito Daniele
Fontana, Giovanni Martinelli, Andrea Galletto,
Lorenzo Michele Pucci, Gabriele Sardo, Simone
Cislaghi, Edoardo Tritto.
sabato 22 febbraio 2020 ore
17 all' Auditorium Fratelli Olivieri - ingresso
libero La stagione dei Concerti del Cantelli
2019/2020 Quattordicesimo concerto protagonisti:
Gabriele Mercandelli, clarinetto, Andrea
Zanforlin, pianoforte Fantasticherie sonore: dal
Romanticismo al '900. In programma di Schumann i
fascinosi Phantasiestücke op. 73 seguiti da
Abime des oiseaux per clarinetto solo di
Messiaen (tratto dal superbo Quatuor pour la fin
du temps), quindi - in seconda parte di serata -
la divertente Sonata in re maggiore di Nino Rota
e gran finale nel segno del gigione Poulenc
(Sonata op. 184).
19 febbraio dalla redazione
Mikhail Pletnev
ovvero l'Arte
dell'interpretazione
Un concerto memorabile, che
rimarrà nel ricordo di molti ascoltatori, quello
ascolto ieri in Sala Verdi, nel Conservatorio
milanese alle Serate Musicali. Mikhail
Pletnev ha superato se stesso producendo una
qualità musicale tale da ricordare a tutti noi
cosa sia
l'arte
dell'interpretazione musicale. Un evento di tale
livello estetico accade di rado, poche volte
ogni decennio. Due sonate
di Schubert, quella in la minore D 537 e
quella in la maggiore D 664, e dopo
l'intervallo Le Stagioni op.37a di
Čaikovskij
sono stati momenti di elergizione di profonda
espressività. Non ha
eseguito brani di grande virtuosismo tecnico, ma
lavori dove anche semplici note, ben separate ed
evidenziate, devono trovare chi le valorizza
riempiendole di contenuto espressivo attraverso
la "magia dei pesi e dei contrappesi dei suoni e
delle pause". Bene, Pletnev sa come calibrare i
valori musicali della mano destra e della mano
sinistra
e forgiare le note passando da suoni forti, ben
scanditi, ad altri quasi impercettibili: un
gioco di volumi che rappresenta l'arte
dell'interpretazione. La bellezza dei colori,
nel contesto di ogni armonia più o meno
complessa, provengono da un pensiero musicale
profondo, che si legge anche nella sua perfetta
e discreta gestualità. Pletnev si
ascolta,
ascolta i suoni e le pause, ed è perfettamente
consapevole di controllare il "miracolo
musicale" che sta compiendo. L'Allegretto
quasi Andantino, della Sonata D 537,
l'Andante e l'Allegro della Sonata D
664, i più celebri mesi delle Stagioni di
Čaikovskij, come
Giugno-Barcarola
e
Ottobre-Canto
d'autunno,
ma anche molti altri frangenti, sono
indimenticabili e fanno la differenza tra
i pianisti
definibili
come ottimi - e sono centinaia- e i grandi
interpreti: pochissimi al mondo - cinque,
sei?- e Pletnev è
nell'Olimpo. Applausi intensi e tre bis
meravigliosi: l'Improvviso n.3 D 899 di
Schubert, la Mazurca op.67 n.4 di Chopin
ed il Rondò k.485 di Mozart. Applausi
fragorosi. Indimenticabile.
18
febbraio 2020 Cesare Guzzardella
Pianoforte,
clarinetto e viola al Cantelli di Novara
Il quindicenne pianista
Ryutaro Sugiyama, giapponese, ma da anni
trasferitosi a Milano, ha inaugurato il concerto
del Sabato pomeriggio del Conservatorio
Cantelli, oggi, 15/02. Il suo programma era
impaginato sulla sonata K310 di Mozart,
sull’Improvviso op.29 n.1 di Chopin e infine
sulla Toccata di Poulenc. Già rodato da almeno
quattro anni di esibizioni concertistiche e
vincitore di qualche premio in vari concorsi, il
giovanissimo Ryutaro ha sfoderato una
personalità già notevole: non è (per fortuna!)
un enfant prodige, ma ha tutti le risorse per
affermarsi in un futuro non lontano come un buon
pianista. Ha un tocco sicuro, che tornisce bene
la nota e rende limpidamente il fraseggio,
gestisce già con sensibilità matura i
chiaroscuri dinamici della partitura, dando peso
espressivo al suono. Non ha ancora trovato un
suono propriamente ”suo”, ma, come appare dalla
sonata mozartiana, domina bene tutti i registri
e dà voce emotivamente convincente ai passaggi
più intensi, quali il tema centrale del terzo
tempo, reso con suggestiva dolcezza. Da
correggere, secondo chi scrive, la pessima
abitudine di suonare i diversi tempi di una
sonata tutti di seguito, senza una pausa, come
Ryutaro ha fatto oggi a Novara Più
convenzionalmente virata sul virtuosistico
l’esecuzione dell’Improvviso di Chopin, ottima
nel moto perpetuo del primo tema, un po’ scialba
nel secondo tema intriso di un sottile lirismo,
che non sempre le dita di Ryutaro hanno saputo
esprimere. Notevoli le doti di virtuosismo che
il giovane nippoitaliano sfoggia infine per la
Toccata di Poulenc, altro esempio di moto
perpetuo composto appositamente per Horowitz,
che l’aveva tra i suoi ‘pezzi di baule’: le dita
precise e ferree di Ryutaro Sugiyama hanno
sgranato con precisione la ricchissima scrittura
del
pezzo,
trascinando il pubblico ad un applauso convinto
e prolungato. La seconda parte del concerto era
dedicata al trio per clarinetto, viola e
pianoforte, (formazione rarissima nella storia
della musica) suonati rispettivamente da
Gabriele Mercandelli, (uno dei fiori migliori di
quella serra che è il Conservatorio novarese,
allievo del Maestro Sandro Tognatti), Carmelo
Patti e dalla giapponese Yuki Mihara. Tutti
giovani che stanno sbocciando, la cui bravura e
dedizione agli studi musicali merita loro i più
fervidi auguri di successo e di una gratificante
carriera. I tre presentavano anzitutto uno dei
capolavori del genere, il Trio Kegelstatt K498
di Mozart, più noto come “trio dei birilli”,
perché una leggenda tramanda sia stato composto
durante una partita ai birilli nel giardino
della dimora dell’amico massone Jacquin, ove il
Salisburghese si trovava ospitato. Questo
capolavoro assoluto di dolce intimità, di
incantevole sonorità e di delicatissimi impasti
sonori soffusi di indicibile malinconia non è
una pagina facile da suonare, perché prima di
suonarla la si deve ‘sentire’.
E
un ruolo primario nel guidare l’interpretazione
l’ha proprio il clarinetto. Qui dobbiamo fare
tanto di cappello a Mercandelli, che del suo
clarinetto ha saputo valorizzare con eccellenti
doti di già maturo interprete una cantabilità
intensa, dalle tinte delicate e morbide, che si
fanno limpidamente melodiche nell’affascinante
ritornello del Rondò finale. Ma a tutti e tre
gli interpreti va tributato un plauso convinto,
per la perfetta calibratura nel dialogo tra gli
strumenti, in cui, forse, si è talvolta sentita
troppo poco la viola, dal suono un po’ esile,
che la condannava ad essere coperta nelle parti
d’insieme. A seguire, i tre giovani e bravissimi
interpreti hanno proposto due degli Otto pezzi
per clarinetto, viola e pianoforte, opera assai
raramente ascoltabile di Max Bruch, il n. 3 e il
n.7. Il primo è un pezzo introdotto da un cupo
motivo affidato alla viola e al pianoforte,
seguito da una sezione di più disteso lirismo
suonato principalmente dal clarinetto. Il n.7 è
invece un pezzo brillante e vivace, ricco di
passaggi virtuosistici, soprattutto per lo
strumento a fiato. Anche in questi due pezzi
conclusivi i tre giovani interpreti se la sono
cavata egregiamente, meritando pienamente lo
scrosciante applauso di un pubblico per il quale
i Pomeriggi del Cantelli sono ormai un
appuntamento da non perdere.
16 febbraio 2020 Bruno Busca
Eliahu Inbal
ha diretto la
Filarmonica della Scala nella Quinta di
Bruckner
Eccellente direzione quella
di Eliahu Inbal nella replica di ieri sera al
Teatro alla Scala. La Filarmonica della Scala ha
eseguito la Quinta Sinfonia di Anton
Bruckner. Settanta
minuti
di grande musica, ripartita nei classici quattro
movimenti, che segnano una svolta stilistica
nella produzione del compositore austriaco. Il
linguaggio già evoluto e tipico di Bruckner, con
la Quinta, composta tra il 1875 e il 1877,
diventa ancor più interessante e profondo. La
sua religiosità traspare in modo evidente nel
bellissimo Adagio, secondo movimento
della Sinfonia, ma i principali temi ritornano
spesso in tutto il lavoro, sino al magnifico e
tripartito movimento Finale. L'israeliano
direttore Inbal è stato bravissimo
nell'evidenziare
gli
incastri sonori delle varie sezioni strumentali.
La chiarezza espositiva, il nitore delle
timbriche - con una rilevante e brillante parte
per gli splendidi ottoni- la visione coerente
d'insieme dell'ampia composizione orchestrale,
fanno di questa interpretazione un riferimento
certo. Bravissimi tutti gli orchestrali della
Filarmonica e i singoli nei numerosi interventi
solistici. Applausi a tutti dal numeroso
pubblico intervenuto alla seconda e ultima
replica. Da ricordare!!
15 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
"DONNA DI VELENI” DI MARCO
PODDA AL COCCIA DI NOVARA
Prosegue anche in questa
stagione la lodevole iniziativa del Teatro
Coccia di Novara di commissionare e
rappresentare in prima assoluta un’opera di
teatro musicale di un autore contemporaneo.
Quest’anno la scelta è caduta su Marco Podda,
singolare figura
di
compositore e direttore d’orchestra, con
all’attivo già numerosi titoli, ma anche autore
di teatro in prosa, nonché apprezzato medico
otorinolaringoiatra e foniatra. Non siamo però
di fronte ad un dilettante, un medico con
l’hobby dell’opera: Podda ha compiuto rigorosi
studi di composizione e direzione corale presso
il Conservatorio di Trieste, ove si è diplomato
controtenore: sia come musicista, sia come
medico, la voce è al centro dei suoi interessi,
che sviluppa anche con un’intensa attività
didattica. L’opera di Podda proposta in prima
assoluta ieri sera, venerdì 14/02 (verrà
replicata domani, domenica 16/02), è “Donna di
veleni”. In un unico atto, della breve durata di
un’ora e mezza circa, narra di una vicenda fuori
di un tempo storico preciso, benché il
librettista, Emilio Jona, alluda alla “Sicilia
del XVII sec.”, cui peraltro in scena non è dato
cogliere il minimo riferimento e buona parte dei
personaggi e il coro indossino abiti moderni:
sullo sfondo di un villaggio in cui “girano
dicerie e sospetti// e si dicono cose crudeli”
Ruggero ha rapito, costringendola con la
violenza al matrimonio, Maria, che soffre come
una tortura questa sua condizione di ennesima
vittima del potere maschile. D’altra parte,
Ruggero, che a suo modo ama sinceramente Maria,
soffre nel vedersi rifiutato e odiato. Entrambi,
con scopi opposti, si rivolgono ad una maga,
esperta di veleni, che vive immersa nella
natura, in una grotta nel folto della foresta,
appunto la Donna di veleni del titolo: Maria
vuole da lei un veleno per vendicarsi di
Ruggero, costui intende invece ottenere una
pozione che faccia nascere nell’animo di Maria
un sentimento d’amore per il marito; come canta
la Donna di veleni “Nulla di per sé è veleno //
ogni veleno porta il suo contrario // ora è il
male ora è il bene”, sta agli uomini scegliere.
La conclusione è avvolta da un velo di
ambiguità: non riuscendo a conquistare Maria,
Ruggero si fa dare la coppa del veleno e muore,
ma alla vista del cadavere del marito, per la
prima volta Maria sembra provare per lui un
sentimento lontano dall’odio: pena, pietà,
forse, come canta il coro, “L’odio, così come è
nato // si è disciolto nel mare tempestoso // di
un amore violento // e sfortunato”. La donna dei
veleni si offre come madre, al cui grembo
appoggiarsi, ad una prostrata Maria. A questi
personaggi si aggiunge la figura di un Amante di
Maria, che piange il proprio amore vano,
dichiarando pateticamente il proprio destino di
sconfitto dalla vita, travolto dalla violenza di
un mondo crudele; un personaggio, ci permettiamo
di esprimere il nostro modesto giudizio, di cui
proprio non si avvertiva la necessità e del
tutto superfluo. Come si vede, il tema, molto
attuale, della violenza sulle donne è trattato
ricorrendo ad un archetipo abbastanza logoro,
quello della donna depositaria dei segreti
ultimi della vita, datrice a un tempo di morte e
di vita, la Grande Madre delle arcaiche
religioni mediterranee, incarnata in figure
inquietanti e misteriose di streghe e di maghe:
la Grosse Mutter viene esplicitamente evocata
dal coro dei bambini alla fine, chissà perché
poi in tedesco: forse con reminiscenza
faustiana? Può aver influito su questa scelta il
grande interesse che Podda confessa per l’antica
tragedia greca, che il compositore triestino
conosce bene, anche perché collabora con musiche
di scena alle rappresentazioni del Teatro Greco
di Siracusa.
Autore
del libretto è Emilio Jona, che ricordiamo come
librettista preferito di Giacomo Manzoni negli
anni ’60-’70 (suo il pregevole libretto del
capolavoro operistico di Manzoni, Atomtod). Per
Podda , E. Jona compone un libretto singolare,
stilisticamente assai eterogeneo, per la
presenza di registri alti (forme chiuse con
versi in rima, lessico aulico e perfino
prezioso) e bassi (parti prosastiche, frasi
banali del tipo: “M’hai piantato un chiodo nel
cuore”, detto da Ruggero a Maria, in un clima
che vagamente può richiamare il verismo dei
Mascagni e Leoncavallo). Una parte molto
rilevante ha il coro, proprio come nell’antico
teatro greco. Veramente qui i cori sono due, uno
di adulti, i paesani, a rappresentare la
comunità del villaggio (Coro di S. Gregorio
Magno di Trecate, diretto dal Maestro Mauro
Rolfi) e un altro di voci bianche, bambini (Coro
delle voci bianche del Teatro Coccia, diretti
dai Maestri Beretta e Veggiotti) sorta di
creature angelicate sospese arcanamente tra
terra e cielo, di vago sapore mahleriano, che
contribuiscono a esprimere una delle componenti
di fondo dell’opera: un’atmosfera di inquietante
mistero, che dalla tenebrosa figura della Donna
di Veleni si propaga all’intera vicenda e che la
regia di Alberto Jona (figlio di Emilio) e la
scenografia di Alice Delorenzi rendono
adeguatamente. La scena è essenziale, ridotta a
pochissimi elementi che si avvicendano sul
palcoscenico: il grande talamo nuziale in cui si
risveglia, all’inizio della vicenda, una Maria
stupefatta della sua nuova condizione coniugale,
non voluta, la grotta della Donna dei veleni,
una piattaforma drappeggiata di rosso su cui
troneggia la maga, un’altra piattaforma, grigia,
con una porta chiusa, la casa di Ruggero e
Maria. Essenziale è l’efficace uso delle luci,
che tende in realtà a creare una luminosità
evanescente, sempre in penombra. A sottolineare
l’aura di mistero, l’interessante e talora
affascinante gioco di un teatro d’ombre,
realizzato con incantevoli figurazioni da Cora
De Maria e Jenaro Melendrez Chas, a evocare un
mondo di illusorie, fugaci apparenze, sospese
tra sogno, o incubo, e realtà, il mondo, insomma
dei desideri umani. Com’è, musicalmente questa
Donna di veleni? Podda è un compositore
sostanzialmente legato alla tonalità, con
qualche rara licenza in certi momenti di
tensione e di mistero. La qualità migliore della
sua musica è la ricerca timbrica, con uso
sapiente in particolare dei fiati. In questa
composizione prevale una timbrica scura,
sostenuta da frequenti ritmi puntati, che crea
un clima di suggestiva sospensione sonora.
L’orchestra chiamata a eseguire questa partitura
era la bresciana Dèdalo Ensemble, specializzata
in musica contemporanea, sotto la guida del
Maestro Vittorio Parisi, da un quarto di secolo
suo direttore. Un ottimo complesso, diretto
molto bene da un Parisi che ha saputo anche
tenere efficacemente i rapporti tra buca e
palcoscenico. La musica era una sorta di sfondo
sonoro, di atmosfera, che accompagnava i
cantanti e il coro: ai cantanti è
sostanzialmente affidato un declamato, che nei
momenti di più acuta tensione lirica si effonde
in una sorta di arioso. Una linea più cantabile
è quella dei cori. La parte più difficile spetta
senz’altro alla Donna di veleni, un’ottima
Paoletta Marrocu, chiamata a escursioni vocali
impervie dal La grave al Si acuto, come precisa
Podda in una preziosa nota del programma di
sala. La vocalità sopranile della Marrocu si
caratterizza per una linea di canto ferma e
sicura, con ottimo fraseggio e duttilità nelle
sfumature. A questo si uniscono eccellenti
qualità drammatiche, sul tipo della ‘dark lady’:
ci piacerebbe rivederla nel ruolo di lady
Macbeth. Maria era interpretata dal soprano
Julia Farrés-Longueras, chiamata ad affrontare
anche lei una parte vocalmente e
drammaturgicamente non semplice: a momenti di
più lineare cantabilità, si alternano per il suo
ruolo parti dalla tessitura complessa, con
dinamiche in rapida alternanza. Ne consegue uno
sforzo nella voce cui il soprano spagnolo ha
saputo far fronte bravamente, mentre ci è
sembrata meno efficace dal punto di vista
drammaturgico. Se, come giustamente osserva
Podda, la parte di Ruggero, coerentemente con il
‘carattere’ del personaggio, lo costringe ad
essere ora tenore drammatico, ora lirico puro,
diremmo che Danilo Formaggia, chiamato a dare
voce a questo ruolo, ci abbia convinto di più
nella prima delle due tipologie di canto: il
tenore milanese non ci sembra possegga appieno
quella voce rotonda, sfumata e ricca di colore,
che è del vero tenore lirico, mentre ha una voce
di intensa proiezione e di colorito scuro adatta
alle parti drammatiche. Ha sbrigato la sua
particina come doveva il tenore Matteo Mezzaro,
l’Amante. Buona la prestazione di entrambi i
cori, ben diretti e integrati coi cantanti. Uno
spettacolo piacevole, gradito al numeroso
pubblico che occupava quasi interamente platea e
palchi ieri sera al Coccia: ne fanno fede i
prolungati applausi e le numerose chiamate sul
palcoscenico dei cantanti, dell’autore, e di
tutti coloro che hanno contribuito a questa
serata di successo.
15 febbraio 2020
Bruno Busca
Quattro pianisti -e
non solo- a
Milano tra il Dal Verme
e la Bocconi
A Milano, ogni giorno, le
proposte musicali sono sempre più presenti e
spesso molto diversificate. Ieri ho avuto la
possibilita di ascoltare due concerti con ben
quattro pianisti di ottima qualità, alcuni di
essi anche compositori, e un violinista
altrettanto
valido.
Al mattino, al Dal Verme, l'anteprima dell'
Orchestra "I Pomeriggi Musicali", diretta da
John Neschling, interpretava il raro e splendido
Concerto per pianoforte e orch. in sol minore
Op.33 di A. Dvořák
con la presenza di Davide Cabassi. Il pianista
milanese, coadiuvato ottimamente dalla direzione
di Neschling, ha fornito una notevole
prestazione di questo straordinario ma poco
eseguito concerto, giocato su una parte
orchestrale rilevante e con caratteristiche
molto "sinfoniche". Nell'Allegro agitato
iniziale infatti, la parte orchestrale ha un
ruolo
molto
evidente. La componente virtuosistica,
affrontata con disinvoltura da Cabassi, svetta
nell'Allegro con fuoco finale, esempio di
grande costruzione formale di imponente qualità
estetica. A completamento del concerto -
ufficialmente presentato alla sera e con replica
sabato alle ore 17.00- particolarmente
interessanti le trascrizioni che fece Bruno
Maderna (1920-1973) dei cinque lavori di
Lodovico Grossi da Vadiana (1564-1627) nelle
Sinfonie: La Napolitana, la Venexiana, La
Veronese, la Romana e la Mantovana.
Ottima
la resa espressiva e la direzione di Neschling e
a finire valida l'Op.52 di Schumann. Una
serata inaspettata, scoperta su FB, mi ha
portato poi nell'aula magna di via Gobbi
all'Università Bocconi per un bellissimo
concerto, soprattutto pianistico, dedicato a
Roberto Furcht, storico distributore di
splendidi pianoforti - soprattutto i Kawai-
mancato nel novembre dello scorso anno. La
serata è stata organizzata da Furcht pianoforti
e da Suonare New. Oreste Sciortino, Giuseppe
Gullotta - insieme al violinista Davide Alogna-
, Giuseppe Andaloro ed Enrico Intra,
si
sono succeduti per quattro momenti musicali
diversi e tutti particolarmente validi.
Sciortino ha eseguito
brani e sue trascrizioni, di Schuloff e Ravel
con Tanghi, Slow, Fox-Trot e Danze
improntati alle melodie di oltre oceano e di
stampo jazzistico. Raffinata resa coloristica
per il pianista-compositore. Il pianista
siciliano Giuseppe Gullotta, che non conoscevo,
è stato per me una rivelazione per qualità,
interpretando, insieme all'affermato violinista
Davide Alogna, uno splendido Piazzolla con
Adios Nonino e poi il primo movimento della
celebre Kreutzer di Beethoven. Bravissimi
entrambi. Il noto virtuoso siciliano Giuseppe
Andaloro
ha interpretato prima l' Aria con variazioni
detta Frescobalda del compositore
Gerolamo Frescobaldi ( 1583-1643), quindi un suo
ottimo arrangiamento di Bohemian Rhapsody
dei mitici Queen. Esecuzione particolarmente
grintosa, molto apprezzata dal numeroso pubblico
presente. La bellissima serata si è conclusa con
il jazz di un grande quale il
pianista-compositore Enrico Intra. Quindici
minuti musicali per tre brani di eccellente
tocco e rilevante gestualità. Prima il suo
Time ta i
chi, pochi minuti
di nascosto e potente swing, poi un
Improvvisazione splendida nella quale il
gesto ha avuto rilevanza quanto e forse più
delle note, e per finire una splendida
Over the Rainbow suggellata dai sui
saluti finali per Roberto Furcht. Una giornata
intensa, ottimamente organizzata, assolutamente
da ricordare.
14 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
Un concerto
"dedicato a Martina"
all'Omnicomprensivo Musicale "G.Verdi" di Milano
Un concerto "dedicato a
Martina" si è svolto ieri nel tardo pomeriggio
presso l'Auditorium dell'Istituto
Omnicomprensivo Musicale Statale "G.Verdi".
Martina aveva frequentato la Media
Verdi
con gioia ed entusiasmo, unendo il suo studio
disciplinare alle sue passioni per il canto, il
violoncello ed il teatro. Una ragazza solare e
sensibile, che ho avuto il privilegio di avere
come allieva e che, all'età di 17 anni, mentre
frequentava il liceo classico Tito Livio, è
mancata dopo una sofferta malattia. La nota
scuola musicale milanese, che spesso collabora
attivamente con il vicino Conservatorio di
Milano, ha voluto dedicarle il primo di una
serie di tre concerti denominati "VerdiInConcerto"
che hanno come protagonisti sia i
docenti-musicisti dello IOMS, che gli
studenti di strumento, sia della Media che del
Liceo. Ieri, alla presenza dei genitori di
Martina, degli insegnanti, degli allievi con i
rispettivi genitori,
si
è svolto il primo concerto nell'Auditorium
dell'Istituto musicale. Dopo un discorso
introduttivo, sia in ricordo di Martina che di
presentazione dell'importante iniziativa, da
parte della dott.ssa Graziella Bonello,
dirigente dell'Omnicomprensivo, alcuni allievi
della media hanno presentato i brani. I docenti
dell'Istituto, Gianfranco Messina al
pianoforte e alla
viola, Matteo Staffini alla chitarra,
Alessia Principi al violino, Roberta
Ruffilli al violoncello, Emanuele
Giarrusso al clarinetto, Alessandra
Aitini al flauto e gli studenti Eleonora
Marenzoni al pianoforte e Lorenzo
Lombardo alla viola, hanno interpretato
con espressività e con grande professionalità
brani
di
Haydn, Beethoven e Mozart. Un' iniziativa
importante, che dimostra la qualità di una
scuola che da anni opera in modo trasversale,
unendo lo studio delle discipline tradizionali a
quelle della musica
(prime due Foto di Federica Peressotti).
Il 4 marzo ed il 25 marzo ci saranno i prossimi
appuntamenti con la presenza in palcoscenico,
questa volta, di molti studenti-musicisti.
13 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
ll
Trio di Parma e Alessandro Carbonare per la
Società del Quartetto
Il Trio di Parma ha
iniziato l'integrale dei Trii con pianoforte di
Johannes Brahms presentando ieri sera ai
concerti del "Quartetto" il Trio n.2 per
pianoforte, violino e violoncello op. 87 e
il Trio n.3
per
pianoforte, violino e violoncello op. 101.
Dopo questi, a completamento del programma, è
stato eseguito il
Trio per pianoforte, clarinetto e violoncello
op. 114 con l'ottimo Alessandro Carbonare
allo strumento a fiato. L'eccellente gruppo
cameristico, già venuto in passato ai concerti
dell'antica Società del Quartetto per le
integrali di Dvora k
e di Schubert, ha rivelato ancora una volta le
sue eccellenti qualità musicali che lo
pongono tra i massimi interpreti italiani.
Bravissimo Carbonare nella parte clarinettistica
dell'op.114, ma anche nel bis concesso
con l'inconsueto quartetto con pianoforte di
Brahms, dove, nel pacato
movimento
centrale, il clarinetto ha sostituito
egregiamente la parte violistica. Ricordiamo il
Trio di Parma con i nomi di Alberto Miodini,
pianoforte, Ivan Rabaglia, violino
ed Enrico Bronzi,
violoncello.
Grande successo di pubblico.
12 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
Elisso Virsaladze
alle
Serate Musicali
Da anni Elisso Virsaladze
viene in Conservatorio ospite di Serate
Musicali, ottenendo sempre un meritato
successo. La pianista georgiana, di Tblisi,
classe 1943, rappresenta la classicità, la
storia dell'interpretazione, quello che ci si
aspetta da una pianista di grande classe. Il suo
virtuosismo non
stravolge
le idee originarie dei grandi compositori ma ne
rimane al servizio per una lettura legata alla
tradizione della grande scuola russa, quella dei
Richter, dei Gilels. Un virtuosismo reso
semplice da una lunga esperienza
artistico-interpretativa e soprattutto pieno di
grande espressività. Ricordiamo che la grande
pianista è certamente erede della migliore
scuola pianistica, essendo stata allieva anche
di Heinrich Neuhaus. Ieri sera ha eseguito
Čaikovskij
, Prokof'ev e Schumann, con tocco a volte
delicato come nelle Stagioni op.37 b di
Čaikovskij - i primi otto mesi - a volte duro ed
incisivo, come in Sarcasmas op.17 e la
Toccata op.1 - interpretati senza soluzione
di continuità- ma sempre
con pregnante e risoluta espressività . Ieri ha
rivelato, ancora una volta, le sue
affinità
con la musica
di
Robert Schumann. Del tedesco ha eseguito
prima, da Noveletten
op.21 la
n.8, Sehr lebhaft, quindi la celebre
Fantasia in do maggiore op.17. Il carattere
improvvisatorio della Fantasia, ricco di
contrasti nei continui cambiamenti tematici e
ritmici, ha ritrovato energica restituzione
nelle sicure mani della Virsaladze, mani legate
ad una gestualità dalla quale traspare
un'esperienza molto collaudata dove risulta
evidente l'interiorizzazione totale di ogni
elemento sonoro, elementi
utili ad un risultato come sempre di alto valore
estetico. Splendidi i contrasti dinamici e le
linee melodiche nei diversi piani sonori.
Applausi fragorosi meritati e due i bis
concessi: prima, di Schumann, L'uccello
profeta, il n.7
delle Waldszenen, poi ancora
Schumann, questa volta trascritto da Liszt, con
Fruhlingsnacht, da Liederkreis op.39
n.12. Da ricordare a lungo!
11 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
PROSSIMI APPUNTAMENTI AL
CANTELLI DI NOVARA
Terzo concerto per il
Festival della chitarra edizione 2020: è
previsto per venerdì 14 febbraio (alle ore 21 in
Auditorium Olivieri, ingresso libero); a tenerlo
sarà il chitarrista Massimo Traffano, genovese,
classe 1978, una già vasta esperienza
concertistica, didattica e di ricercatore. Non a
caso il programma del suo recital si presenta
curioso e intrigante, a partire dal titolo
(Brahms-Harp guitar) in riferimento allo
strumento inventato dal chitarrista scozzese
contemporaneo Paul Galbraith, nonché in
relazione alla figura di Pasquale Taraffo,
virtuoso genovese dei primi del '900. Il
programma ideato ad hoc spazia da Bach (Suite
per violoncello BWV 1007 espressamente
rielaborata) a pagine di Schubert (i pianistici
Momenti Musicali D 780) sino a una prima
esecuzione assoluta di un brano del vivente
Cecconi (Studio da concerto, omaggio a Goya),
includendo altresì una pagina (pianistica) del
novecentesco Satie e quattro brani dai
celeberrimi e tastieristici Pezzi lirici op. 12
del norvegese Grieg. Da non perdere.
Tredicesimo appuntamento
con i Concerti della stagione del Cantelli
sabato 15 febbraio 2020, alle ore 17, presso
l'Auditorium Fratelli Olivieri, come sempre con
ingresso libero, appuntamento dedicato alla
musica da camera. Tutta pianistica la prima
parte, con pagine di Mozart (la pre romantica
Sonata K 310) Chopin e Poulenc (la divertente
Toccata), affidate alle mani di Ryutaro
Sugiyama. La seconda parte vede invece
protagonista il trio nella formazione
(relativamente inconsueta) di clarinetto, viola
e pianoforte e allora pagine del sommo Mozart
(del quale si ascolta il celeberrimo Trio K 498
detto 'dei birilli' concepito per siffatta
formazione) e dell'ottcentesco Bruch, di cui
saranno eseguiti i n.3 e 7 da Acht Stucke
10 FEBBRAIO DALLA REDAZIONE
La
pianista Vanessa Wagner al Teatro Parenti per il
Minimalismo
Secondo appuntamento questa
mattina alle ore 11.00 per "Pianisti di altri
mondi", serie di concerti organizzati da
Gianni Morelenbaum Gualberto, nati da un
importante incontro tra Teatro Parenti e Società
del Quartetto. È stata la pianista francese
Vanessa Wagner a salire sul palcoscenico della
sala
maggiore
del teatro per un programma tutto incentrato sul
Minimalismo. Un impaginato particolarmente
interessante con autori noti come Philip Glass o
Michael Nyman insieme ad altri poco conosciuti
ai non addetti del settore, quali Mondoog,
Levienaise-Farrouch, Dessner, Susman, Otte,
Meredith Monk, Mulhy, Bryars e Mertens. Una
specie di raggruppamento in unica Suite
per oltre sessanta minuti di musica che ha
rivelato le qualità di questa ottima pianista.
La scelta ponderata nel selezionare i brani
hanno mostrato una tipologia musicale dove le
ripetizioni strutturali e formali
caratterizzanti questo genere musicale, dominato
da una tonalità ben evidenziata e rimarcata,
rimanda a timbriche di grande impatto suggestivo
e in alcuni frangenti anche ipnogeno. La Wagner,
interprete affermata anche in repertori più
"classici", con solida preparazione derivante da
specializzazioni avute con grandi pianisti quali
Weissenberg, Fleisher e Perahia, ha ottimamente
reso il suo stile pianistico- mediato anche da
una raffinata gestualità- con esecuzioni precise
e di chiara luminosità. La scelta forse troppo
uniforme dei molti brani,
ben tredici, ha trasmesso un'omogeneità
probabilmente troppo marcata, ma la qualità
estetica di molti di questi lavori è comunque
emersa, a cominciare da Etude n.9 e
Dead Things
di Glass o dal popolarissimo The Heart
Asks Pleasure First di Nyman reso celebre
dal film "The piano" di Jane Campion. Di
indubbia qualità estetica Für Fritz -Chaccone
in A minor o Elf Dance di Moondog,
Railroad (Trave Song) di Meredith Monk,
Ornament di Dessner o Ramble on Cortona
di Gavin Bryars e altri presenti anche nel
valido Cd firmato da Vanessa Wagner al termine
del bel concerto e denominato Inland.
Lunghi e meritati applausi alla Wagner che
generosamente ha concesso due bis con ancora un
noto Philip Glass con Metamorphosis Two e
uno splendido Claude Debussy con il celebre
Clair de Lune interpretato con intensa
espressività. Da ricordare. Prossimo
appuntamento per domenica 23 febbraio con la
musica "trasversale" del pianista Jonathan
Avishai tra improvvisazione, jazz e cultura
europea. Da non perdere!
10 febbraio 2020 Cesare Guzzardella
Pietro
De Maria a Villa Necchi-Campiglio
Siamo arrivati al terzo
appuntamento dei concerti pianistici organizzati
dalla Società del Quartetto a Villa Necchi
Campiglio per l'esecuzione delle 32 Sonate di
Beethoven. Dopo Lucchesini e Carcano, è
stata
la volta di Pietro De Maria. Ha proposto ben
cinque sonate ed esattamente la n.2,la n.10,
la.n.24 la n.16 e la n.26. È notevole il
pianismo del pianista veneziano. Classe 1967, De
Maria, perfezionatosi anche con Maria Tipo, ha
vinto importanti Concorsi internazionali tra i
quali ricordiamo almeno il Dino Ciani a
Milano nel 1990 e il Geza Anda di
Zurigo nel 1994. Il suo Beethoven ci è apparso
di grande impatto sonoro nella perfezione
tecnica ben calibrata e scavata delle sonorità.
I contrasti dinamici, tra impeto e delicatezza,
hanno messo in luce le caratteristiche
caratteriali e compositive del genio tedesco in
modo chiaro e luminoso. Ricordiamo almeno le
bellissime
Sonate Op.31 n.1
e n.26 op.81a "Les Adieux",
eseguite con calibrato equilibrio volumetrico e
grande espressività. Insomma, un'ottimo
Beethoven che merita il prossimo riascolto nella
stessa sede. Il 22 febbraio ritornerà Andrea
Lucchesini con altre cinque sonate tra cui la
celebre "Patetica". Da non perdere.
8 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
Prossimamente
due concerti a Vercelli
A Vercelli domani, domenica 9
febbraio alle ore 11 nella Sala Parlamentino
dell’Ovest Sesia via Duomo 2, Vercelli si terrà
il concerto con Giancarlo Palena alla
fisarmonica denominato "I due volti della
fisarmonica". verranno eseguite musiche di D.
Scarlatti, J. S. Bach
– E. Grieg
,A. Piazzolla, R. Galliano ed
E.
Elgar.
Ingresso e
aperitivo 5 euro. Da non perdere.
S abato,
15 febbraio 2020 al
Teatro
Civico, via Monte di Pietà
15, di Vercelli alle ore 21 lo Spettacolo in
abbonamento "Vivaldi in Paradiso".Scritto,
diretto e interpretato da Giovanni Mongiano,Anna
Mastino, Suor Griselda. Ci saranno Rimonda al
violino e l' Orchestra Camerata Ducale. In
programma "Le quattro stagioni" di Antonio
Vivaldi
8 febbraio 2020 dalla
redazione
Serata Van
Manen-Petit
alla Scala
Cinque balletti dei due noti
coreografi Hans Van Manen e Roland Petit stanno
intrattenendo da alcuni giorni un numeroso
pubblico di appassionati al Teatro alla Scala.
Ieri sera, alla nona rappresentazione, il
successo è di nuovo arrivato ai numerosi
ballerini che si sono alternati in questa serata
speciale ;
speciale anche musicalmente per
via del pianoforte, dell'organo e di un
violoncello presenti nella buca che solitamente
ospita una grande orchestra. Siamo abituati alla
musica
orchestrale
di accompagnamento per le eleganti movenze
coreutiche, ma anche senza orchestra lo
spettacolo si dimostra valido e profondo. Le
musiche scelte dai due coreografi erano
importanti, con brani di Beethoven, Fauré,
Karayev, Scarlatti, Cage, Prokofiev e Bach. Sono
stati proposti tre balletti per Van Manen e due
per Petit, in alternanza, cominciando da un
capolavoro musicale e coreutico quale Adagio
Hammerklavier, un balletto di Van Manen del
1973 che approdò a Milano, con ballerini
scaligeri, al Teatro Nazionale nel 1985. È un
capolavoro di introspezione ed eleganza
costruito sullo note dell'Adagio dell'immensa
Sonata n.29 op.106 di L.v.Beethoven.(
Le tre coppie di ballerini - Di
Clemente/Starace, Podini/Corrado,
Arduino/Agostino- sono state bravissime
nell'esternare con intensa eleganza il brano
beethoveniano nei passi coreutici di Van Manen.(Foto
di Brescia-Amisano-Archivio Scala) Di
grande qualità l'interpretazione chiara,
luminosa e ben scandita del pianista James
Vaughan, presente anche nei successivi tre
balletti. Le combat des anges è un breve
Pas
de deux
estrapolato dal più ampio balletto di Roland
Petit del 1974. È costruito sul brano Elégie
op.24 di Gabriel Faurè per violoncello e
pianoforte. Bravissimi sul palcoscenico Claudio
Coviello e Marco Agostino nell'esprimere
eleganza, forza e sensualità per la coppia di
Marcel Proust nei personaggi di Saint-Loup e di
Morel. Bravissimi anche gli strumentisti: James
Vaughan al pianoforte e Alfredo Persichelli al
violoncello. Il terzo balletto, Kammerballet
di Van Manen, vede disposti a cerchio
quattro coppie di ballerini in quattro colori
diversi: nero, arancione, giallo e marrone. Le
plendide interpretazioni pianistiche di Vaughan
sulle musiche di Karayev, Scarlatti e Cage sono
state danzate splendidamente dalle quattro
coppie di ballerini, per colore:
Vassallo/Messina, Podini/DiCristo,
Fiandra/Corrado e Ballone/Starace . Rocordiamo
che la coreografia di Van Manen per
Kammerballet fu ispirata nel 1995
dall'ascolto del noto In a Landscape di
John Cage, brano centrale e più rilevante del
balletto. Nel quarto balletto, ancora di Van
Manen, Sarcasmen, troviamo il pianoforte
di James Vaughan questa volta sul palcoscenico
per l'omonima opera di Prokofiev -Sarcasmes
op.17- e una coppia di ballerini quali
Martina Arduino e Gioacchino Starace che hanno
con grande abilità interpretato il celebre
lavoro del 1981. La serata è terminata
con
il noto
Le Jeune homme e la Mort di Roland Petit,
balletto del 1946 e per la prima volta alla
scala nel 1955. Il profondo organo dell'ottimo
Lorenzo Bonoldi ha trovato sul palcoscenico i
bravissimi Claudio Coviello, il Giovane uomo
e Martina Arduina, La morte.
L'eccellente scenografia di Wakhevitch ed i
costumi di Karinska hanno sottolineato
l'espressività coreutica dei due splendidi
protagonisti e la pregnante Passacaglia in do
minore BWV 582 di J.S.Bach. Fragorosi
applausi. Questa sera ultima replica. Da non
perdere!!
8 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
Alessandro Cadario e Giuseppe
Gibboni ai "Pomeriggi
Musicali" del Dal Verme
Un'interessante impaginato
quello ascoltato alla prova generale di ieri
mattina al Dal Verme alla presenza di un
numeroso pubblico, molti con abbonamento
mattutino. Alessandro Cadario ha
pensato
un programma con quattro compositori quali
Luciano Chailly, Niccolò Paganini, Maurice Ravel
e Igo Stravinskij. Il primo di questi, padre del
celebre direttore, era nato nel 1920 e morì nel
2002. Ha composto un numero significativo di
composizioni, tra le quali ieri è stata
presentata la Toccata per Orchestra d'archi,
un lavoro tonale di circa sette minuti dal
carattere suggestivo e ricco di tensione
drammatica, quasi cinematografico nel modo di
ricreare sensazioni visive. Si sviluppa in
un'iteressante sovrapposizioni e alternanze di
piani sonori molto incisivi ed espressivi.
Valida l'interpretazione ascoltata, per un
compositore che andrebbe maggiormente eseguito.
Momento decisivo ed atteso è stato il celebre
Concerto
per violino e orchestra n.2 op.7 "La campanella"
del genio genovese. La notorietà del lavoro è
dovuta soprattutto al movimento finale "La
campanell a", anche per via
della celeberrima trascrizione pianistica
lisztiana. Al violino solista il giovane
Giuseppe Gibboni,
virtuoso proveniente dall' importante scuola
cremonese di Salvatore Accardo. Di decisa
qualità la sua interpretazione, specie nel
Rondò "La campanella" , dove una fluidità
estrema
,
unita alle perfette intonazioni dei sopracuti
più impervi,
hanno valorizzato la resa esecutiva.. Non
dimentichiamo l'ottima sinergia con la direzione
di Cadario e i colori molto italiani dei
bravissimi orchestrali. La mattina si è conclusa
con una buona esecuzione della Pavane pour un
enfant défunte di Ravel e con una eccellente
resa coloristica della Suite da concerto
Pulcinella di
Stravinskij.
In questo importante lavoro neo-classico del
russo,
Cadario ha centranto il segno per equilibrio
formale e resa espressiva . Bravissimi I
Pomeriggi in ogni sezione e nei numerosi
interventi solistici che il brano impone. Sabato
pomeriggio alle 17.00 la replica del concerto di
ieri. Da non perdere.
7 febbraio Cesare Guzzardella
Memorabile Arcadi Volodos
per la Società dei
Concerti
Dopo lo splendido concerto
dell'ottobre del 2018 nel quale avevamo
ascoltato brani di Schubert, Rachmaninov e
Scrjabin, ieri in una serata ancora una volta
organizzata dalla Società dei Concerti, è
tornato nella Sala Verdi del Conservatorio
milanese il grande pianista russo Arcadi
Volodos.(
foto di Greta Pasqualato- Società dei
Concerti, in una il Maestro Volodos con la
pianista Valentina Kaufman) È
stato un concerto che definirei unico per
qualità espressa e che nella città di Milano,
dove
l'offerta musicale proposta è tra le massime al
mondo, capita di sentire poche volte, forse meno
di dieci all'anno. L'impaginato prevedeva brani
di Liszt e Schumann, e soprattutto per Liszt,
l'atmosfera voluta nell'ampia sala, con luci
molto soffuse atte ad inquadrare solo il
pianista, si adeguava perfettamente alla scelta
dei brani proposti: il
Sonetto 123 del Petrarca, La lugubre Gondola,
la Légende n.1 de Francois d'Assise: la
prédication aux oiseaux, e la Ballata n.2
in si minore. Volodos ha unito l'impaginato
lisztiano come in un'unica grande suite
eseguita quasi senza soluzione di continuità. È
un Liszt profondo quello di Volodos, fatto di
infiniti contrasti coloristici prodotti da una
tecnica straordinaria in funzione solo del ruolo
interpretativo. La chiarezza degli elementi
melodici, che si avvicendano tra mano destra e
sinistra, è
racchiusa
dalle complesse e uniche armonie del grande
musicista ungherese. Sia nei momenti più dolci e
di pacata riflessività, che nelle fragorose
esternazioni, l'interprete ha dilineato un
linguaggio personale dove l'equilibrio
complessivo e il dettaglio di particolari sono
di straordinaria efficacia. Il clima musicale
differente - nella seconda parte del concerto-
con tutto Schumann, è rimasto in linea, per
qualità, con il suo immenso Liszt. Del secondo
genio, quello tedesco, Volodos ha eseguito: da
Bunte Blätter op.99: Marsch e Abendmusik e
poi la celebre Humoreske in si bem. maggiore
op.20. Uno Schumann dove la leggerezza
timbrica non è disgiunta da un suono legato e
scavato.
Qui
il riferimento ai grandi interpreti del passato,
Horowitz prima di tutti, risultano evidenti
anche se con scelte stilistiche nettamente
personali. Applausi fragorosi al termine e ben
sei i bis concessi dal generoso
russo, nei quali ha espresso una
chiarezza melodica assoluta in brani cari al
grande pubblico, senza però tralasciare qualche
rarità esecutiva particolarmente efficace. Tra i
brani celebri uno splendido Traumerei di
Schumann- tanto caro a Horowitz- e ancora di
Schumann
L'oiseau prophète. Di Schubert il noto
Momento musicale n.3 in Fa minore ha
preceduto un' assoluta rarità di Federico Mompou
come El Lago da " Tres Paisajes", reso
con effettistiche di padale ineguagliabili per
bellezza e originalità; il quinto bis, ancora di
raro ascolto, era il Lento e patetico
dalla Sonata n.5 in fa diesis minore di
Muzio Clementi reso con nitidezza sorprendente.
A conclusione del "concerto nel concerto" -
ricordando gli interminabili bis di Sokolov- un
apperente semplice Minuetto D 600 di
Schubert è stato reso con assoluta maestria
negli scultorei contrasti tra lo staccato della
mano sinistra e la centellinata melodia della
destra. Applausi fragorosi in una serata
memorabile! Da ricordare sempre!!
6
febbraio 2020 Cesare Guzzardella
Un duo di
qualità con Emmanuel
Tjeknavorian e Aaron Pilsan
La Società del Quartetto
ha portato in Conservatorio due ottimi
strumentisti quali il violonista viennese di
origine armena Emmanuel Tjeknavorian ed il
pianista austriaco Aaron Pilsan. Entrambi
venticinquenni, hanno mostrato, attraverso un
impaginato classico, di possedere eccellenti
qualità
musicali,
unite in ottima sinergia. Tjeknavorian era già
stato a Milano per un concerto orchestrale
scaligero ottenendo un valido successo. Ieri
sera hanno proposto musiche di Beethoven,
Schubert, Fauré e Kreisler. La celebre Sonata
"La primavera"
del grande tedesco ha introdotto la serata
rivelando da subito la cifra stilistica del duo,
giocata su una perfezione tecnica di primo
livello unita ad un'eleganza espressiva molto
austriaca. Un Beethoven delicato, ricco di
sfumature, quello rimarcato dal chiaro tocco di
Tjeknavorian e ben armonizzato da Pilsan.
Maggior grinta espressiva quella ascoltata nel
bellissimo Rondò brillante in si minore Op.70
D 895 di Schubert. Un brano di raro ascolto
che ha rivelato ancor più le abilità solistiche
dei due strumentisti. Nella seconda parte della
serata siamo passati ad un altro clima musicale,
più vicino alla fine dell'800, con la nota
Sonata n.1 in la magg. Op.13 del francese
Gabriel Fauré.
Quattro
movimenti particolarmente ricchi di pathos
espressivo dove i due strumenti si rincorrono in
un concertato d'intensa passione
musicale. L'ottimo lavoro d'insieme, con un
dosaggio raffinato delle timbriche, ha poi
introdotto l'ultimo brano del diversificato
programma. Una composizione di un grande
violinista che ha attraversato la prima metà del
'900 quale Fritz Kreisler. La sua Viennese
Rhapsodic Fantasietta è dei primi anni '40
e, come la maggior parte dei lavori del
viennese, trova caratteristiche di leggerezza
musicale salottiera sugellata da un virtuosismo
prezioso e raffinato. Qui i due strumentisti
hanno trovato pane per i loro denti, con
un'interpretazione ad hoc, ricca di
eleganza discorsiva e nitida resa virtuosistica.
La perfetta intonazione del violino di
Tjeknavorian, anche nei più impervi sopracuti, e
la capacità di Pilsan di sottolineare è
rimarcare ogni dettaglio melodico, hanno portato
ad una resa splendida in termini di equilibrio
complessivo. Accorati applausi al termine e due
i bis concessi: prima la deliziosa marcia
Miniature viennese ancora di Kreisler e poi
la celebre Ave Maria di Bach-Gounod. Da
ricordare.
5 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
Alle
Serate Musicali
il pianista Diego Petrella
Ha sostituito il noto
pianista canadese Louis Lortie perchè
indisposto, il bolognese ventitreenne Diego
Petrella. Diego ha recentemente vinto il
Primo Premio assoluto 2019 quale migliore
strumentista
del Conservatorio "G. Verdi" di Milano. Ha
qualità da vendere! Le ha rivelate nel bel
concerto tenuto ieri sera in Sala Verdi,
impaginando un programma di raro ascolto per la
maggior parte dei brani proposti. Ha iniziato
con i noti 6 Klavierstücke op.18 di
Brahms, per procedere con i rari 24 Preludi
op.102 di York Bowen, dai quali ha
estrapolato sei numeri. Dopo l'intervello, il
poco eseguito Gesänge der Frühe op 133 di
Schumann ha portato alla più nota Sonata n.2
in si bem. magg. op.36 di Rachmaninov.
Complessivamente Petrella mi è piaciuto molto.
Ha un taglio interpretativo molto personale
giocato sulla riflessività e la discrezione
timbrica, discrezione non disgiunta da momenti
di folgorante estroversione. Gli Intermezzi
dell'amburghese in mano sua
hanno
tempi dilatati e vogliono
mettere
in risalto le voci nascoste dei brani.
Probabilmente una sonorità leggermente più
asciutta avrebbe migliorato la resa complessiva
di questi sei capolavori, alcuni di eccellente
resa. Decisamente validi i sei Preludi scelti (
n.ri 10,7,6,5,21,22) di Bowen (1884-
1961), compositore inglese poco noto che
andrebbe rivalutato ed eseguito maggiormente
nelle sale da concerto. Di ottima fattura il suo
Schumman e ancor più il suo Rachmaninov: deciso,
sicuro e chiaro nella complessa organizzazione
strutturale. La Sonata Op.36 è un brano
di alto virtuosismo, ricco di estroversa
caratura coloristca, reso con maestria da
Petrella nei frangenti di grande impatto sonoro.
Due i bis concessi con un breve Schumann dalle
Kinderszenen op.15 ( The poet speaks) e
un Grieg dai Pezzi lirici ( n.1 Op.12),
entrambi ottimamente interiorizzati. Un pianista
con alti potenziali che va assolutamente
riascoltato. Applausi fragorosi da un pubblico
poco numeroso, ma fortunato ad essere presente.
Bravo Diego!
4 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
Francesco
Libetta
inaugura Palazzo
Marino in Musica
Di qualità la rassegna
musicale organizzata a Palazzo Marino, in
concomitanza con la vicina e splendida mostra
delle Gallerie d'Italia dedicata a Canova e
Thorvaldsen. Intelligente l'idea di unire musica
ad arte figurativa in un percorso classico
ideale, legato ad un periodo storico fodamentale
di
primo
Ottocento. Nei concerti, strumentisti del
calibro di Libetta o Carovani-Ligoratti,
organizzano un percorso legato alla geniale
figura di Canova, scultore contemporaneo di
Mozart e di Beethoven, esempio massimo del
periodo neoclassico. Ieri, domenica mattina alle
11.00, in Sala Alessi - splendido luogo preposto
per i concerti- gremita di appassionati, il
pianista pugliese Francesco Libetta ha costruito
un percorso importante con brani di Beethoven,
Rossini, Testoni, Delibes e Libetta da lui
chiamato "Canova incontra Venere". Un percorso
studiato a tavolino, decisamente originale ed
unico nel suo genere. Ancora una volta Libetta
ha rivelato le sue eccelse qualità d'interprete
raffinato. Il dosaggio delle timbriche, la
ricercata melodicità- molto italiana - che
traspare nei brani di Beethoven con
il
rarissimo
Die Geschöpfe des Prometheus op.43 dal
balletto di Salvatore Viganò nella versione
pianistica beethoveniana, ha evidenziato
l'assoluto equilibrio dello stile pianistico di
Libetta. Di rilevante qualità il breve ma
intenso Un petit train de plaisir di
Gioachino Rossini e Sylvia, il pizzicato
dal noto balletto di Delibes di recente
produzione scaligera. Valido il breve brano
estratto da un lavoro di Giampaolo Testoni
(1957) - musicista presente in sala- denominato
Danze immaginarie, di cui Libetta- a
quattro mani con il giovane pianista Simone Mao,
ha voluto eseguire la Danza Quinta.
Ottima l'esecuzione per leggerezza coloristica.
Brano convincente. Il concerto mattutino è
terminato con una selezione di brani dal
balletto di Libetta denominato Venus de Miami.
Il virtuoso ha rivelato una varietà stilistica
notevole nel rappresentare situazioni "leggere"
legate a momenti vissuti nella nota spiaggia
statunitense. Interessante il suo stile che
varia tra minimalismo americano e melodicità
autenticamente italiana, in un percorso tonale
"contro-corrente" di assoluto piacevole ascolto.
Ottima l'interpretazione. Uno splendido mattino
per una rilevante iniziativa organizzata con il
sostegno di Intesa Sanpaolo e le Gallerie
d'Italia. Ben curato ed elegante il libretto di
sala con articoli di presentazione
di Libetta e di E. Napoli. Da non perdere
i prossimi incontri.
3 febbraio 2020
Cesare Guzzardella
Jader Bignamini e
Luca Buratto in
Auditorium con la Sinfonica Verdi
Un pomeriggio musicale
particolarmente interessante quello di ieri, in
replica, all'Auditorium di L.go Mahler. L'Orchestra
Sinfonica di Milano "G.Verdi", diretta da
Jader Bignamini, ha organizzato un impaginato
vario che comprendeva tre lavori. Ad
introduzione un nuova composizione del ligure
Alessandro Melchiorre (1951) denominata Dal
Buio, commissionata per l'occasione dalla
Sinfonica
Verdi.
Poi il Concerto per pianoforte e orchestra in
Sol Maggiore di Maurice Ravel e quindi la
Sinfonia Fantastica di Hector Berlioz.
Dal Buio è un brano orchestrale, dalla
durata di circa quindici minuti, che ha il
pregio di una prima immediata comprensione,
essendo scritto secondo modalità tonali e avendo
lunghe note che partendo dalla sezione degli
archi si incontrano poi con gli strumenti a
fiato - prima i legni e poi gli ottoni- in un'
atmosfera di pacata oscurità e di riflessiva
contemplazione. Valida l'idea di iniziare e
concludere il brano a luci abbassate, come a
creare una situazione ambientale di ascolto
meditativo. Le suggestioni evocative di questo
interessante lavoro di Melchiorre ritrovano un
gusto compositivo che vuole arrivare al pubblico
in
modo
immediato e certamente il brano raggiunge questo
scopo. Applausi del pubblico anche al
compositore salito sul palcoscenico. Nel celebre
Concerto in Sol di Ravel
abbiamo
trovato al pianoforte il milanese Luca Buratto,
interprete oramai in carriera da anni grazie ad
importanti vittorie in Concorsi internazionali,
prima di tutti l'Honens International
Piano Competition vinto nel 2015.
Decisamente di rilievo l'interpretazione fornita
da Buratto, per un lavoro di grande virtuosismo
che, tra il classicismo ed i sapori jazz, rivela
l'eccellente qualità d'orchestrazione di Ravel
in un rapporto dialettico tra solista e
orchestra di grande pregio estetico. L'abilità
pianistica di Buratto, definita da chiarezza
timbrica, da eloquente discorsività e da sciolta
definizione dei rapporti meledico-ritmici -
assai presenti nei movimenti laterali del
concerto- ha portato ad una rilevante resa
qualitativa complessiva. Tutti i tre movimenti,
dal deciso Allegramente iniziale, al
pacato e riflessivo Adagio assai
centrale, sino al ritmico e virtuosistico
Presto, sono stati resi splendidamente dal
pianista, in perfetta sincronia con l'ottima
orchestra e la direzione di Bignamini. Grande
sussesso e fragorosi applausi. Di qualità il bis
concesso da Buratto con la celebre Toccata
di
Ravel
da "Le tombeau de Couperin" . Le
eccellenti qualità direttoriali di Bignamini,
già espresse nei primi due brani, hanno
raggiunto il vertice nella nota Sinfonia
Fantastica di Berlioz. Il brano del 1830 dà
il via ad una nuova idea di orchestrazione,
nella quale la componente virtuosistica risulta
essere essenziale, unitamente ad un maggior
intervento solistico degli strumenti. Bravissimi
tutti gli orchestrali della Sinfonica Verdi a
delineare ogni dettaglio coloristico nei cinque
movimenti che compongono la sinfonia. Splendida
la direzione di Bignamini che ricordiamo avere
di recente avuto la direzione musicale
dell'Orchestra Sinfonica di Detroit. Auguri al
neo-direttore statunitense! Da ricordare.
3 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
András Schiff in
Schubert per la
Società del Quartetto
Il
pianista ungherese András Schiff da molti anni
frequenta Sala Verdi, nel Conservatorio
milanese, per esibirsi in concerti spesso
memorabili con autori privilegiati quali Bach,
Mozart, Beethoven,
Schubert,
Schumann e Brahms senza trascurare classici del
'900 quali Bartòk o Janaceck, ascoltati in tempi
recenti. Ieri sera, in un concerto dedicato
interamente a Franz Schubert, il pianista
naturalizzato viennese, ha voluto presentare tre
celebri Sonate anticipate da una breve
lezione-concerto ricca di esempi musicali e
di confronti tra i grandi della musica.
Incipit di Mozart o Beethoven hanno mostrato
relazioni con iniziali battute delle sonate in
programma, precisamente la Sonata in la
minore D 845, la Sonata in re maggiore D
850 e la Sonata in sol maggiore D 894
"Fantasie"
. L'evoluzione interpretativa di Schiff di
questi ultimi anni hanno visto il Maestro in un
progressivo avvicinamento allo spirito dei
compositori scelti, in termini di equilibrio
complessivo
delle
timbriche e della calibrazione sonora ottenuta
con dinamiche sottili e molto interiorizzate. La
memoria prodigiosa di Schiff - due ore di musica
senza spartito- è stata tradita da soli due
brevissimi momenti di amnesia risolti
brillantemente dalla sua intelligenza musicale.
La
nitidezza delle note, nell'intensa cantabilità
evidenziata nei diversi piani sonori, ci ha
trasmesso un percorso musicale di profonda
espressività, fatto di sublime discrezione
musicale che costringe l'ascoltatore ad
avvicinarsi all'interprete. Non è un pianismo
estroverso quello di Schiff ma, come ho detto,
discreto ed interiorizzato. Il suo suono
asciutto e preciso nel tocco, è riverberato dal
pedale di risonanza solo nei pochi momenti
necessari. La maestria di questo grande
interprete nell'eseguire le tre lunghe sonate,
tutte dalla durata di oltre trentacinque minuti,
ha fatto trasparire l'enorme studio preparatorio
svolto in questi decenni, studio che lo ha
portato ad una resa personale di altissima
qualità. Grandissimo il successo al termine del
programma ufficiale con
fragorosi lunghi applausi. Naturalmente non
poteva mancare un bis con ancora Schubert e il
suo Improvviso n.3 D 899. Da ricordare.
1 febbraio 2020 Cesare
Guzzardella
GENNAIO 2020
Roméo et
Juliette alla
Scala
Ieri sera, alla quinta
rappresentazione di Roméo et Juliette,
opera del francese Charles Gounod del 1867,
ancora grande entusiasmo da parte del pubblico
che gremiva il teatro per tutti i
protagonisti. L'opera, cinque atti raggruppati
in due lunghe parti, era già stata proposta al
Teatro alla Scala nel 2011 in questa
produzione
del Metropolitan Opera di New York, per la regia
di Bartlett Sher, le scene di Michael Yeargan e
i costumi di Catherine Zuber. Una messinscena
tradizionale, in un'unica ampia scena circondata
da palazzi classici, movimentata dalla presenza
dei numerosi personaggi che la condividono e la
riempiono di contenuti. L'ottimo cast vocale
complessivo, ha trovato un'esemplare regia
musicale nelle braccia del giovane direttore
Lorenzo Viotti. La sua pregnante e
particolareggiata direzione è stata determinante
per l'evidente successo di queste serate. Viotti
ha esaltato i pregi delle bellissime musiche di
Charles Gounod, giocati su una varietà timbrica
e coloristica determinante anche per la resa
della componente vocale, sia nelle singole
voci
che nella grandi esternazioni corali. Certamente
i grandi nomi presenti, soprattutto Diana Damrau
in Juliette e Vittorio Grigolo in
Roméo, hanno contribuito in modo sostanziale
al successo dell'opera. ( foto di
Brescia-Amisano dall'archivio Scala)
Diana Damrau ha trovato voce splendidamente
intonata anche se non voluminosa, ma comunque
adeguata alla tipologia di personaggio giovane e
innamorato. Decisamente valida per colorature
nelle più difficili articolazioni vocali.
Vittorio Grigolo, ha rinnovato le qualità
dell'edizione del 2011, esternando una voce
intensa e voluminosa con ampia gamma vocale,
chiara anche nelle mezzevoci. Ma ricordiamo
anche tutte le altre valide voci presenti:
Frédéric Caton, Capulet, Mattia Olivieri,
Mercutio, Ruzil Gatin,
Tybalt, Nicolas Testé, Frère Laurent,
Edwin Fardini, Paris, Jean-Vincente Blot,
Le Duc de Vérone, Sara Mingardo,
Gertrude, Marina Viotti, Stéphano,
Paolo Nevi, Benvolio e Paolo Grant,
Grégorio. Un plauso, come sempre, a Bruno
Casoni per la preparazione del Coro. Prossime
repliche per il 2-13-16 febbraio. Da non
perdere.
31 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
ll balletto
Io, Don
Chisciotte al Teatro Carcano
Io, Don Chisciotte,
balletto in un unico atto di Fabrizio Monteverde
è arrivato al Teatro Carcano e rimarrà in scena
sino al 2 febbraio. Monteverde, coreografo,
sceneggiatore e regista romano, ha
pensato
bene di trasformare il celebre balletto
classico, lasciando le musiche di Ludwig Minkus,
ma adattandolo ad una situazione più
contemporanea dove il Cavaliere di Cervantes,
nobile folle visionario, viene calato in una
società attuale, una figura di vagabondo, un
emarginato inserito in una società che non trova
il tempo per considerarlo, lasciandolo
nell'indifferenza più assoluta di un mondo
troppo disattento. La scenografia, essenziale ma
significativa, vede nella parte sinistra del
palcoscenico una macchina abbandonata, una
vecchissima Renault 4 che rappresenta il suo
Ronzinante.
Sancho Panza è trasformato in una donna
incinta che ha un ruolo di accudimento e di
protezione del protagonista, donna che è l'unica
che comprende la diversità di Don Chisciotte.
Il mondo che circonda Don Chisciotte è
rappresentato dal numeroso
corpo
di ballo che, in un dialogo coreutico costante,
si muove attraverso architetture di danza di
grande impatto visivo e di geometrica qualità
estetica. Il balletto di Monteverde ha il pregio
di una certa raffinita classicità trasformata,
nel dramma contemporaneo e attuale, in
modernità. L'ottimo protagonista, Francesco
Costa, Don Chisciotte, è in rapporto
diretto con la bravissima Azzurra Schena, Sancho
Panza e con l'altrettanto valente Roberta De
Simone nel ruolo di Dulcinea.
L'eccellente Corpo di ballo di Roma ha
splendidamente tradotto l'idea coreografica di
Monteverde in un percorso coreutico ricco di
equilibrio, nel quale le straordinarie ed
incisive musiche di Minkus, sapientemente
selezionate,
risultano
raggruppate in modo perfetto per sottolineare i
numerosi interventi scenici. Ottimi i costumi di
Santi Rinciari, le luci di Emanuele De Maria, ed
appropriata la voce recitante di Stefano
Alessandroni. Uno spettacolo di evidente qualità
che consigliamo a tutti. Da non perdere.
30 Gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Concerto dell'Orchestra da
Camera 'Carlo Coccia' di Novara
Per la ventisettesima volta,
sarà l'Orchestra Carlo Coccia a tenere venerdì
31 gennaio 2020, alle ore 21(con ingresso
libero) presso la Basilica di San Gaudenzio il
concerto di chiusura per le manifestazioni in
onore del Santo Patrono novarese. Tutto sul côté
barocco il programma, che annovera ben quattro
dei complessivi Sei Concerti Brandeburghesi
di Johann Sebastian Bach. Tra i protagonisti
ricordiamo Gabriele Cassone, tromba,
Andrea Chenna, oboe, Olivia Centurioni,violino,
Gianni Biocotino, flauto e
Fabio Bonizzoni, clavicembalo.
29 gennaio 2020 dalla redazione
Prossimo concerto della 22°
stagione del Viotti Festival
Sabato 1° febbraio 2020 alle
ore 21 presso il Teatro Civico di Vercelli si
terrà il concerto IL TORMENTO E L'ESTASI con
Emmanuel Tjeknavorian violino, Guido
Rimonda direttore e l'Orchestra Camerata Ducale.
In programma: F. J. Haydn
– Sinfonia
n.21; L. van Beethoven
– Concerto
per violino e orchestra in re maggiore op.61 e
W. A. Mozart –
Sinfonia n.40 in sol minore K 550.
dalla redazione 27-01-2020
Prossimamente al
Conservatorio “G.
Cantelli "
di Novara
Sabato 1° febbraio 2020 ore
17 ad ingresso libero ci sarà un appuntamento
dedicato a musiche da camera di Beethoven (nel
250° della nascita) e del poco noto Ferdinand
Ries (1784-1838) che di Ludwig fu allievo. In
programma il Trio op. 11 di Beethoven e il Grand
trio pure le pianoforte, clarinette et
violoncelle op. 28 di Ries. Sandro
Tognatti,clarinetto, Gaetano Nasillo,
violoncello e Alessandro Marangoni, pianoforte.
27 gennaio 2020 dalla redazione
I talenti
dell'Accademia
Stauffer di Cremona per Serate Musicali
Un interessante programma
tutto mozartiano ha visto ieri la Nuova
Orchestra "Ferruccio Busoni" diretta da Massimo
Belli alle prese con tutti i Concerti per
Violino e Orchestra. La giornata, divisa in
due appuntamenti, il primo nel tardo pomeriggio
e il secondo serale, ha trovato sei validi
giovani
violinist i,
tutti provenienti dall'Accademia Stauffer di
Cremona, alle prese con i cinque Concerti
K.207, K.211, K.216, K.218 e K.219, oltre a
due Rondò e un Adagio. I brani, eseguiti alla
presenza nel pubblico di Salvatore Accardo -tra
i fondatori dell'Accademia cremonese -, hanno
messo in risalto le ottime doti dei sei solisti
che ricordiamo essere: Giada Visentin, Ulisse
Mazzon, Giuseppe Gibboni, Sara Zeneli, Dario
Samarate e Sofia Manvati. Ho potuto assistere
solamente al concerto serale, con gli ultimi tre
citati solisti e devo dire di essere stato
appagato dalle eccellenti sonorità ascoltate.
L'ottima direzione di Belli e l'esemplare resa
espressiva della compagine
del
Friuli Venezia Giulia ,
hanno
messo in rilievo le specificità dei giovani
violinisti, tutti aventi un'età compresa tra i
venti e ventiquattro anni. Le timbriche- molto
italiane nell' ottimo vibrato, nella precisione
tecnica e con eccellenti intonazioni per Zeneli,
Samarani e Manvati - i solisti ascoltati- hanno
messo in rilievo lo splendore di una scuola
violinista d'eccellenza, che pone l'Italia nel
settore degli strumenti ad arco tra le nazioni
migliori al mondo.
Meritatissimo
il successo ottenuto nei due concerti di Mozart,
quello in Sol maggiore n.3 eseguito da
una decisa Sara Zeneli, e quello in La
maggiore n.5 eseguito ottimamente dalla
bravissima
Sofia
Manvati. Questi erano i concerti più popolari
del genio di Salisburgo ma sono risultati validi
anche i due Rondò- K.373 e K.279- e l'Adagio
K.261 nelle mani di Dario Samarani. Al
termine della serata applausi e fotografie con
tutti i protagonisti insieme al Maestro
Salvatore Accardo. Una splendida iniziativa per
Serate Musicali che va ricordata.
27 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
IL TRIO METAMORFOSI A
VERCELLI PER IL VIOTTI FESTIVAL
Il 2020 è, come sanno fin
troppo bene gli amanti della musica (senza
aggettivi) un ‘anno beethoveniano’, ricorrendo
il duecentocinquantesimo anniversario della
nascita del geniale compositore. Vercelli
partecipa da par suo alle celebrazioni di questo
anniversario con il suo Viotti Festival n° 22,
che ha già visto nei mesi passati una serata
dedicata ai quartetti, cui purtroppo non abbiamo
potuto assistere e un’altra che proponeva una
bella scelta di sonate pianistiche. Ieri sera,
sabato 25 gennaio, è stato proposto un concerto
dedicato a un altro genere cameristico nel quale
Beethoven ha lasciato capolavori che hanno
segnato per sempre la storia della musica: il
trio per archi e pianoforte. Il programma,
introdotto dalle “Quattordici Variazioni in Mi
bemolle maggiore
sopra
un tema originale op. 44”, proseguiva con il
Trio in do minore op.1 n.3 e trovava la sua
trionfale conclusione nel Trio cosiddetto
“dell’Arciduca” in Si bemolle maggiore op.97.
Dunque il Beethoven della giovinezza (anche se
la data di composizione delle Variazioni è
incertissima) e il Beethoven della piena
maturità. A eseguire questo programma, prima
tappa di un’esecuzione integrale dei trii per
archi beethoveniani, una delle migliori
formazioni italiane del momento, il Trio
Metamorfosi, formato da Mauro Loguercio al
violino, Francesco Pepicelli al violoncello,
Angelo Pepicelli al pianoforte. L’identità
interpretativa del Trio Metamorfosi consiste
nella particolare forza espressiva che riesce ad
infondere nelle proprie esecuzioni, frutto di
una saldissima compattezza strumentale e di una
intensità emotiva che permea tutti i livelli
dell’esecuzione, dal controllo delle dinamiche,
alla cura delle soluzioni timbriche. Soprattutto
particolare, e accattivante è il suono di questa
formazione, di nitida trasparenza e di elegante
leggerezza, che sa raggiungere vertici di
incantevole dolcezza nelle zone di più
espressivo abbandono melodico della partitura.
In generale, è un suono che offre di Beethoven
una misura classica, ‘apollinea’, anche nei
momenti di più tesa Stimmung romantica. Queste
qualità emergono fin da subito
nell’interpretazione del primo brano
dell’impaginato, quelle Variazioni op. 44, che
non rappresentano certo uno dei numeri migliori
del catalogo beethoveniano, per il tema
stranamente elementare e piuttosto rigido e la
convenzionalità di alcune variazioni, accanto ad
altre, peraltro, decisamente più libere e
fantasiose. Ebbene, anche di quest’opera
decisamente ‘minore’ il Trio Metamorfosi ha dato
una lettura coinvolgente, ad esempio donando
slancio fantastico alla VI variazione, e
zampillante freschezza sonora al dialogo quasi
operistico tra gli strumenti in variazioni come
l’VIII o l’XI, con acuti morbidi e delicati e
sottile finezza nelle numerose figurazioni
ornamentali, caratteristiche di quest’op.44. E’
un suono, tuttavia, quello del Trio Metamorfosi,
che sa anche addentrarsi nelle pieghe meno
luminose della partitura: perfette, a nostro
avviso, le battute d’apertura del Trio op. 1
n.3, che giungevano all’ascoltatore come avvolte
da un sottile velo di mistero. Nell’insieme,
l’interpretazione di questo primo autentico
gioiello creato da Beethoven nel genere del trio
per archi, ci è sembrata più concentrata sulla
nitida resa delle architetture sonore della
composizione, più che sull’esaltazione dei
momenti di più concitato dinamismo: con
splendida chiarezza risaltano in questa
esecuzione i complessi passaggi modulanti,
‘rivoluzionari’ per l’epoca, dello sviluppo del
primo tempo o le possibilità dialogiche e
combinatorie offerte dalle Variazioni
dell’Andante cantabile, splendidamente suonato.
Nel finale, pur nell’energica perentorietà del
tocco, si stemperava la sfrenata tensione
agogica del Prestissimo in una sintesi di
superiore equilibrio formale, assicurata dalla
olimpica fluidità dell’accompagnamento
pianistico che prepara il più sereno e cantabile
secondo tema. Ovviamente il clou della serata
era rappresentato dal Trio dell’Arciduca. Quale
‘lettura’ ce ne offre il Trio Metamorfosi?
Risponderemmo che l’Arciduca ascoltato ieri sera
a Vercelli ha incantato il pubblico per la
raffinatezza dei dettagli e il lirismo, sempre
classicamente misurato, mai ostentato: questo
taglio interpretativo è già preannunciato dalla
intima, teneramente esitante cantabilità con la
quale il pianoforte di un eccellente Angelo
Pepicelli ha introdotto il primo tema. E tocca
ovviamente il suo culmine nel celestiale tema
principale dell’Andante cantabile. Le
indicazioni di partitura aggiungono: “ma però
(sic!) con moto”. E’ una sottigliezza che non
sfugge alla lettura del Metamorfosi: quella
cantabilità suadente e dolcissima del movimento
viene appena increspata ora da agitate terzine
di accordi (terza variazione), ora da energici
accordi ribattuti (la coda). Ammirevole la
coesione con cui Loguercio e i fratelli
Pepicelli rendono la voluminosa massa sonora,
talora di ispirazione ‘sinfonica’ che
contraddistingue questo sublime capolavoro.
Applausi entusiastici e strameritati alla fine
del concerto, ripagati da un bis di un pezzo
piuttosto raro: un tempo di un trio giovanile di
Leonard Bernstein, un simpaticissimo ‘esercizio’
di ironici pizzicati degli archi. Un concerto di
quelli che non si dimenticano facilmente.
26 gennaio 2020 Bruno Busca
Federico Gad Crema
e Gabriele Carcano: due
pianisti in meno di 24
ore.
Beethoven, per la ricorrenza
dei 250 anni dalla nascita, sta spopolando nelle
sale da concerto milanesi. Ieri sera, in
occasione di una serata dedicata alla giovane
Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Milano,
ho ascoltato un ottimo concerto diretto da
Roberto Abbado dedicato in parte a Beethoven e
in parte a Brahms. Oggi invece, a Villa Necchi
Campiglio, ho assistito ad un ottimo Beethoven
con quattro sonate eseguite da Gabriele Carcano.
In Conservatorio prima
l'Ouverture
Egmont op.84 e poi il Concerto n.3 in
do minore op.37 hanno ben valorizzato il
grande genio tedesco, grazie ad una limpida e
penetrante direzione di Roberto Abbado, che ha
valorizzato le qualità degli orchestrali, alcuni
giovanissimi. Un Beethoven robusto ed energico
per l'Egmont e più delicato ma decisamente
valido quello del concerto. Ad impreziosire il
celebre Concerto n.3 op.37 si è esibito
al pianoforte il ventenne Federico Gad Crema,
pianista che ha ottenuto recentemente successi
in importanti concorsi internazionali per via
delle sue evidenti qualità. Nel Terzo di
Beethoven ha mostrato sicurezza, tensione
emotiva e anche delicata discorsività. Ottima la
sua interpretazione complessiva con un Rondò.
Allegro finale di splendida e leggera
scorrevolezza ben delineata dalle chiare
timbriche nei diversi
piani
sonori. Eccellente la sinergia con la direzione
di Abbado, visibilmente soddisfatto al termine.
Profondo e ricco di significato il bis concesso
da Crema con un brano di Federico Mompou, dalle
Canćiones
y Danzas,
la n.6.
Dopo l'intervallo di spessore la Sinfonia n.1
in do minore op.68 di J. Brahms. Qui Abbado,
considerando l'età giovane della
compagine orchestrale, ha fatto miracoli,
producendo un'interpretazione degna delle
orchestre di grande esperienza. Bravissimi tutti
gli orchestrali e applausi interminabili dal
numerosissimo pubblico che riempiva Sala Verdi.
Ancora Beethoven oggi a Villa Necchi Campiglio
per i concerti organizzati dalla Società del
Quartetto. Dopo il bel Beethoven di Lucchesini
dello scorso sabato, oggi
abbiamo
trovato al pianoforte Fazioli il più giovane
interprete torinese Gabriele Carcano. Le
Sonate n.3, 28, 12 e 23 hanno rivelato una
notevole vicinanza di Carcano allo spirito
beethoveniano. Ottimo l'equilibrio dinamico nei
quattro brani scelti, con adeguata scelta dei
tempi. L'interpretazione ascoltata, in alcuni
frangenti con caratteristiche improvvisatorie,
ha rivelato una decisa disponibilità di Carcano
a proporsi come musicista di formazione molto
classica che vuole trovare una propria linea
interpretativa. Ricca di energia e piena di
contrasti la celebre Sonata in fa minore
op.57 "Appassionata", probabilmente la più
interessante delle quattro. Successo di
pubblico. Prossimo appuntamento per l'integrale
delle sonate di Beethoven previsto per l'8
febbraio alle ore 17.00 con il pianista Pietro
De Maria. Da non perdere.
25 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Sergej Krylov direttore e
violinista
Il violinista moscovita
Sergej Krylov è approdato al Dal Verme per il
Concerto per violino e orchestra n.1 in sol
minore di Max Bruch, il più noto concerto
del
compositore tedesco,
caratterizzato
da un felice impatto melodico romantico. Per
l'occasione Krylov si è anche cimentato alla
direzione dell'Orchestra de I Pomeriggi Musicali
anche con altri due celebri brani quali la
Sinfonia n.1 "Classica" di S.Prokof'ev e la
Sinfonia n.3 "Eroica" di Beethoven. Ieri
mattina ho ascoltato la prova generale del
concerto alla presenza di un numeroso pubblico,
moltissimi con l'abbonamento del mattino. Il
Concerto di Bruch, opera del 1866, ha trovato
un'esecuzione completa e definitiva. Krylov ha
ancora una volta rivelato le sue eccellenti
qualità virtuosistiche. Le splendide timbriche,
leggere e nello stesso tempo incisive e ricche
di colori, hanno esaltato la bellezza di questo
capolavoro,
importante anche per la robusta componente
strumentale ben delineata dai bravissimi
orchestrali de I Pomeriggi. Di qualità la
neoclassica Sinfonia n.1 del russo
eseguita integralmente e più che valida la resa
stilistica - alla prova dei primi due movimenti
tra i quattro che la compongono- della celebre
Eroica beethoveniana, esternata con pacata
risoluzione temporale. Sabato alle ore 17.00 la
replica del concerto avvenuto ufficialmente
ieri sera. Da non perdere.
24 gennaio C.G.
Rudolf Buchbinder
per La Società dei Concerti
È da moltissimi anni che il
pianista austriaco Rudolf Buchbinder torna
puntualmente in Sala Verdi per le serate
organizzate dalla Società dei Concerti.
Buchbinder è diventato un riferimento sicuro per
tutti
gli amanti della scuola classica pianistica che
ha in Beethoven e in Schubert i compositori
preferenziali. L'omaggio che il grande
interprete ha fatto ieri sera al genio di Bonn,
in occasione dei 250 anni dalla nascita, si è
tradotto in ben cinque sonate. Precisamente la
Sonata in do minore op.10 n.1, la
Sonata in la bem. maggiore op.26, la
Sonata in fa maggiore op.54, la Sonata in
re minore op.31 n.2 "Tempesta" e la
Sonata in mi bem. maggiore op.31 n.3. Il
viennese ha quindi un rapporto privilegiato con
Beethoven avendo eseguito tutte e trentadue le
sonate parecchie volte in questi decenni di
carriera. Le interpreta con infinita
disinvoltura. Queste evidenti complete
interiorizzazioni delle timbriche beethoveniane
hanno trovato ieri sera una restituzione in
alcuni frangenti esemplare, in altri,
soprattutto nelle prime sonate, frettolosa.
Chiariamo: il livello interpretativo di
Buchbinder rimane sempre molto
alto
per quanto concerne la bellezza delle sonorità,
il tocco magico, leggero ed elegante.
Fortunatamente il livello complessivo delle esecuzioni
è andato via via migliorando nel corso della
serata con la seconda parte del concerto che
comprendeva le ultime due Sonate, l'Op.31 n.2
"Tempesta"
e l'Op. 31 n.3, di ritrovata assoluta
bellezza. Alcuni movimenti erano di una
discorsività e di una leggerezza timbrica
ineguagliabile, ricchi di naturalezza e bellezza
coloristica. Qui ci siamo ricordati cosa siano
le grandi interpretazioni. Da manuale il bis
concesso con il movimento finale della Sonata
op.10 n.2. Fragorosi applausi in una Sala
Verdi del Conservatorio colma di fedeli
appassionati e, fortunatamente, con molti
giovani. Da ricordare.
23 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Prossimamente
a Vercelli Beethove n
riletto dal TRIO METAMORPHOSI
IL Trio Metamorphosi formato
da Mauro Loguercio al violino, Francesco
Pepicelli al violoncello e Angelo Pepicelli al
pianoforte eseguiranno alcuni Trii
di L.v Beethoven tra cui il noto "L'Arciduca".
Il
concerto avverrà il 25 gennaio alle ore 21.00
press o
il Teatro Civico di Vercelli. Sicuramente, una
rassegna come il Viotti Festival di
Vercelli deve rispondere alle attese e alle
esigenze del pubblico, tanto più quando si
tratta di spettatori fedeli e affezionati come
quelli dell'attuale XXII edizione. Ma deve
anche, ed è altrettanto importante, portare
l'ascoltatore sempre un po' più in là, più
avanti di quanto si sarebbe aspettato,
attingendo all'inesauribile incanto del
repertorio classico. È proprio questo il compito
dei numerosi cicli monografici presenti nel
cartellone del Festival. E siccome nel 2020 si
celebra il 250esimo anno dalla nascita di Ludwig
van Beethoven, come non pensare a un modo per
onorare degnamente questa ricorrenza, facendo
allo stesso tempo un regalo al pubblico
vercellese? Beethoven
come tanti altri: lo garantiscono sia il
programma, interamente dedicato ai Trii, esempi
perfetti dell'arte beethoveniana e ricchi di
squarci di suprema bellezza, sia gli interpreti,
ossia il Trio Metamorphosi, tra le formazioni
cameristiche di spicco nel panorama
internazionale e già più volte acclamati al
Viotti Festival.
21- 01- 2020 dalla redazione
Il duo
Kavakos -
Pace alle
Serate Musicali
Ieri in Conservatorio ho
assistito ancora ad un concerto dedicato
interamente a Beethoven, per i 250 anni dalla
nascita. Questa volta un eccellente duo per
violino e pianoforte, quello formato da
Leonidas
Kavakos e da Enrico Pace, ha eseguito ben
quattro sonate: la Sonata n.2 op.12 n.2,
la N.3 op.12 n.3, la N.6 op.30 n. 1
e la N. 7 op.30 n.2. Quattro lavori
scelti tra i dieci del grande musicista,
dedicati ai due strumenti. Conosciamo bene le
qualità di Kavakos, celebrità internazionale di
primo livello, qualità tali da non avere
probabilmente bisogno d'ulteriore critica. Mi
soffermerei maggiormente sulle abilità del
pianista riminese Enrico Pace, da anni sulla
breccia musicale, con moltissimi concerti in
attivo in duo e pochi da solista. Pace, oltre ad
essere, a mio avviso, l'accompagnatore ideale
per Kavakos, presenta qualità d'interprete tali
da meritare una valutazione individuale. È bene
ricordare che soprattutto nelle sonate per
violino e pianoforte di Beethoven , la parte
pianistica risulta fondamentale e spesso
primeggia. È in primo piano per via anche delle
corpose variazioni presenti in alcuni movimenti,
variazioni sostenute dal pianoforte. Pace
ha
il dono del perfetto dosaggio del suono,
prodotto in una gamma numerosa di timbriche,
sottili e molto chiare, pur mantenendo volumi
sonori complessivamente di discreta forza.
Questa qualità, presente allo stesso livello
nello splendido violino del greco, determina un
rapporto ideale e
sinergico nella coppia. Entrambi controllano le
timbriche perfettamente, senza mai eccedere,
ascoltandosi reciprocamente con profondo
rispetto nella reciproca esternazione musicale,
senza quindi mai prevaricare. Ad una perfezione
tecnica di primissimo livello per entrambi, si
aggiunge un
profondo
senso espressivo, calato nelle Sonate
beethoveniane in modo mirabile. Le quattro
sonate sono state eseguite tutte con pari
livello interpretativo, esaltando ogni dettaglio
con espressività molto interiorizzata. Solo
l'ascoltatore più attento ha potuto cogliere
alcune raffinatezze esternate dalla coppia con
infinita discrezione. Il numerosissimo pubblico
presente in Sala Verdi, al termine del concerto
ha esternato l'entusiasmo elargendo fragorosi e
lunghi applausi. Due i bis concessi: prima un
brano popolare ucraino variato da Beethoven -
op.107 n.7, e poi l'estroverso e voluminoso
Scherzo di Brahms dalla Sonata FAE.
Concerto memorabile per qualità. Da ricordare
sempre.
21 gennaio 2020 Cesare Guzzardella
ANDREA LUCCHESINI
per la Società
del Quartetto nella Beethoven-Mania
Sono passati 250 anni dalla
nascita di L.v.Beethoven. Per l'importante
anniversario molte iniziative si stanno
svolgendo a Milano. Tra queste è di rilevante
importanza quella organizzata dalla Società del
Quartetto
nella splendida cornice di Villa Necchi
Campiglio, dove da alcuni anni, è stata
allestita nell'ex spazio-tennis
una funzionale struttura in vetro all'interno
della quale vengono organizzati i concerti. Ieri
pomeriggio è iniziata la rassegna denominata
"BeethovenMania", dedicata alle trentadue sonate
del genio tedesco. Quest'anno la novità è
rappresentata anche dalla nuova valida
disposizione del palcoscenico voluta dal
direttore artistico M.tro Paolo Arcà: il
pianoforte è stato sistemato nel centro del
grande salone, circondato nei quattro lati da
più file di sedie, dando una maggiore e vicina
visuale a tutti gli appassionati. Il pianista
Andrea Lucchesini ha iniziato la serie di sonate
con ben cinque lavori tra i più noti: le
Sonate n.1-27-14-17 e 30. Indubbiamente di
qualità le interpretazioni di tutti i brani con
una maggiore esternazione nelle Sonate più
importanti come la celebre Sonata n.14 op.27
n.2 "Al chiaro di luna" eseguita
splendidamente da Lucchesini con profonda
espressività nei contrastati tre movimenti.
Dalle
centellinate note dell'Adagio sostenuto
iniziale, espresse con pregnante riflessività,
sino al compatto ed energico Presto agitato
nel finale, interpretato con energia nel
dinamico equilibrio. Decisamente di spessore
anche la Sonata denominata La tempesta,
la n.17 op.31 n.2 con un
discorsivo Allegretto conclusivo
interpretato con delicata leggerezza. Ottime
tutte le altre sonate e fragorosi applausi dal
numeroso pubblico che ha occupato tutti i posti
disponibili. Valido il bis concesso con una
breve Bagatella beethveniana. Da
ricordare.
20 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
VIJAY IYER inaugura
al Teatro Parenti la rassegna musicale "Pianisti
di altri mondi"
Il pianista-compositore VIJAY
IYER ha inaugurato la rassegna mattutina
"PIANISTI DI ALTRI MONDI", iniziativa musicale
promossa dalla Società del Quartetto,
pensata e diretta da Gianni Morelenbaum
Gualberto. Sede degli otto incontri previsti è
il Teatro Franco Parenti di Milano.
Questa
mattina alle ore 11.00 una numerosa presenza di
pubblico ha accolto il compositore-interprete
statunitense, di origine indiana, per un
impaginato complessivo di cinque brani dove
l'elemento improvvisatorio era peculiare. Stiamo
parlando di un musicista particolarmente noto
agli esperti del settore, in un genere musicale
che ha nel jazz la più appariscente
appartenenza, ma che incontra in uno stile
personale la musica "colta" europea e anche
quella orientale. È proprio questo mix
inter-culturale che rende interessante e
probabilmente "unico" il linguaggio musicale di
Vijay Iyer. I quattro lavori proposti -più un
quinto eseguito come bis - hanno rivelato un
interprete estemporaneo - abile anche come
pianista- che fa ricerca di timbriche semplici
e/o complesse, tenendo ben presente le sonorità
dello strumento. L'eccellente pianoforte Fazioli
utilizzato e l'ottima acustica riscontrata -
perlomeno dalle primissime file dove ero seduto-
sono sembrati ideali per lo stile
pianistico-compositivo di Vijay Iyer. Il suono
non amplificato- cosa inconsueta per il genere,
ha certamente favorito l'ottima prestazione. Le
sue improvvisazioni sono giocate su un
eccellente uso delle dinamiche, mai eccessive
nei volumi e sovente delicate
ed
interiori. Nel primo lavoro, l'influenza dello
stile jazz "storicizzato" dei grandi - da Monk a
Jarret, da Cecil Taylor a Corea, e anche altri.
- è risultato evidente, ma le qualità di Iyer
sono rintracciabili nelle variegate cifre
stilistiche presenti in ogni brano, con
riferimenti musicali diversificati. L'impronta
jazz del primo corposo lavoro, costruito su una
suggestiva iniziale ripetizione armonica di tre
accordi nei toni bassi, ha poi uno sviluppo
interessante nelle rapida successione di note
nella parte alta della tastiera. Di maggiore
intimità il brano successivo e di grande impatto
emotivo il terzo. Qui Iyer partendo da
suggestive riverberazione timbriche delle note
basse, crea lentamente uno sviluppio
effettistico che sfocerà in una serie di note a
grappolo, rapide ed articolate che ricorda molto
le ineguagliabili improvvisazioni di Cecil
Taylor degli anni '60 -'70.
In
questo lavoro, la gestualità risulta una
componente fondamentale per la comprensione
delle intenzioni. In un contesto molto free,
le sonorità sono state comunque molto
controllate e sono giunte poi a definire
atmosfere pacate e minimali, non disgiunte da
modi eleganti ed evocativi. Il quarto brano
presentato, in uno stile tra Satie e l'Oriente,
evoca situazione lontane, ricche di suggestive
emozioni. Anche nel bis concesso, una pacata
esternazione ha portato alla conclusione del
bellissimo mattino musicale. Fragorosi gli
applausi nella Sala grande del Teatro Parenti.
Da ricordare. Prossimo concerto previsto per il
9 febbraio alle ore 11.00 con la pianista
Vanessa Wagner per un programma di musica
contemporanea variegato, dove verranno eseguiti
brani di Nyman, Vasks, Otte, Meredith Monk,
Mondoog e Dessner. Da non perdere!
19 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Largo ai giovani al Cantelli
di Novara
Bello il concerto cameristico
offerto oggi pomeriggio, 18 gennaio, dal
Conservatorio G. Cantelli di Novara al suo
affezionato e sempre più numeroso pubblico.
Bello anzitutto e ovviamente per il programma
proposto, incardinato su una delle più belle
sonate per violino e pianoforte di Beethoven, l’
Op.30 n.2 in do minore, la settima delle dieci
composizioni del Sommo di Bonn per questo genere
cameristico, e sul Trio per pianoforte violino e
violoncello, Op. 1 n.3 in do minore anch’esso,
una delle opere giovanili con cui Beethoven si
presentò al pubblico di Vienna, e su cui è
celebre lo strano giudizio negativo di Haydn. Ma
bello, il concerto odierno al Cantelli, perché
suonato da giovani, ricchi di talento e di
entusiasmo, ottimamente preparati sul piano
tecnico, a dimostrazione che la musica c.d.
“classica”, non è polverosa anticaglia per
residuali cultori dalle malinconiche canizie, ma
suscita ancora interesse e passione nelle
generazioni più giovani, che infondono tutta la
freschezza delle loro energie nel custodire
questa, che è una delle più nobili eredità dello
spirito creatore dell’uomo. Infine bello perché
questi giovani sono allievi del Cantelli, un
conservatorio che sta da anni coltivando una
lodevole e intelligente didattica, che mira a
formare i suoi allievi, almeno i migliori, non
solo attraverso lo studio individuale, ma anche
con una pratica concertistica, soprattutto
cameristica, che porta molto presto questi
ragazzi a misurarsi con la sala da concerto e
con il pubblico, tappa fondamentale per il loro
processo di maturazione. A eseguire la
Sonata
Op.30 n.2 erano Eva Ghelardi, allieva di
Francesca Monego, componente fissa della
Camerata Ducale Junior (per ora: la formazione
“maggiore” l’aspetta) e spalla dell’orchestra
del Festival di Verbier. Al pianoforte una delle
promesse del Cantelli, Davide Rausi. Ottima
l’intesa tra i due strumentisti, in possesso di
una tecnica già solida, che ha loro consentito
di affrontare con precisione e tocco sicuro i
passaggi più impervi di questa non facile
partitura, come la serie di tremoli, arpeggi,
scale e ottave spezzate riservate al pianoforte
nel primo tempo o la capricciosa condotta
ritmica del violino che in generale domina
questo capolavoro beethoveniano, con un che di
sulfureo e demoniaco, che sembra far capolino
qua e là. Se c’è una riserva che ci sentiamo di
esprimere su questa esecuzione è una certa
piattezza nel gioco vario e nervoso delle
dinamiche, proprio di questa composizione e più
in generale un’energia e potenza di suono,
soprattutto da parte del pianoforte, che in
alcuni momenti importanti del pezzo ha lasciato
un po’ a desiderare: ad esempio la coda del
primo tempo ci è giunta alle orecchie spoglia di
quella potenza delle ottave al pianoforte e di
quella violenza da raffica di impetuoso vento
sonoro che dovrebbe uscire dalle corde del
violino. Molto ben riuscita, in compenso,
l’esecuzione dell’Adagio cantabile, soprattutto
nella delicatezza sfumata degli arpeggi staccati
di entrambi gli strumenti. Cambia il pezzo,
cambiano gli interpreti: il Trio
n.1 op.3 era affidato a Ludovica De Bernardo
(pianoforte), Stefano Raccagni (violino) e
Christiana Coppola (violoncello). Si è trattato
di un’ esecuzione decisamente ottima, salutata
meritatamente da un lungo applauso del folto
pubblico. La climax di questa interpretazione è
stata quel gioiello del giovane Beethoven che è
l’Andante cantabile con variazioni, in cui i tre
strumentisti hanno sfruttato con già matura
sapienza tutte le possibilità dialogiche offerte
da questa incantevole partitura, con un
controllo giudizioso delle dinamiche,
dell’agogica e soprattutto della timbrica. Un
plauso particolare va alla pianista De Bernardo,
per la fluidità del fraseggio e la pulizia del
disegno, unita a una intensità e potenza di
suono, davvero coinvolgenti. Niente bis, ma come
detto, tanti applausi, per un bel pomeriggio di
musica, ancora una volta offerto dal
Conservatorio Cantelli e dai suoi bravi allievi
e neo-diplomati.
18 gennaio 2020 Bruno Busca
Riccardo Chailly
dirige
Beethoven alla Scala
Continua la rassegna dedicata
a Beethoven con Riccardo Chailly sul podio della
Filarmonica della
Scala
alle prese con le Sinfonie. Questa volta dopo l'
Ouverture in fa minore op.84 Egmont, abbiamo
ascoltato la
Sinfonia n.8 in fa maggiore op.93 e la
celebre Sinfonia n.5 in do minore op.67. È
un Beethoven di spessore quello del direttore
milanese, che ha nei momenti più concitati e
drammatici un punto di forza. L'attacco della
bellissima Ouverture Egmont, composta dal
genio di Bonn nel 1811 e quello della Quinta-
capolavoro terminato nel 1807- testimoniano
l'energia propulsiva che Chailly sa infondere
agli splendidi filarmonici scaligeri. La
scultorea Egmont ha trovato simile resa nei più
energici tempi della cosiddetta "sinfonia del
destino", l'Allegro con brio iniziale
e l'Allegro finale, probabilmente il
movimento più entusiasmante nella resa
complessiva. Meno appariscente la minore
Sinfonia n.8, datata intorno al 1813. Questo
lavoro, tra i meno popolari ed eseguiti, vuole
rappresentare un momento di pausa cordiale ed
umoristica, in un contesto di capolavori che
hanno portato in eterno il grande genio tedesco.
Chailly
ha il grande merito di volersi confrontare con
coraggio con lavori entrati nella storia delle
interpretazioni. Non è facile aggiungere
qualcosa di più a quello che è stato prodotto
dai grandissimi. Attendiamo con passione e
grande curiosità le prossime interpretazioni per
una valutazione complessiva. Bravissimi gli
orchestrali scaligeri, con perfezione in tutte
le sezioni e con i legni e gli ottoni spesso in
primo piano. Applausi scroscianti da parte del
numerosissimo pubblico. Da ricordare.
18 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Alexander Kobrin
al Dal Verme per il
Quarto di Beethoven
Avevo ascoltato il moscovita
Alexander Kobrin il 9 dicembre 2004
all'Auditorium milanese nel Concerto n.3 di
Rachmaninov. Allora aveva 24 anni e mi piacque
molto per la sicurezza e la
scioltezza
nel superare ogni difficoltà di quel difficile
concerto. Da cinque- era il 1999- era riuscito a
vincere il prestigioso Concorso
Internazionale Busoni, bissando il successo
nel 2005 con l'altrettanto importante "Van
Cliburn". Ieri, dopo 15 anni l'ho
riascoltato al Dal Verme con l'Orchestra de "I
Pomeriggi Musicali" diretta da George Petrou nel
Quarto Concerto di Beethoven: un lavoro
altrettanto noto ed importante come il Rack 3.
Kobrin è il classico esempio di pianista russo
proveniente da una scuola musicale prestigiosa
che oltre a valorizzare la tecnica nella
virtuosistica, va più in profondità, nella
ricerca dell'interpretazione corretta e profonda
legata al compositore. Il bellissimo Concerto
in Sol maggiore op.58 è stato affrontato con
grande padronanza tecnica ed evidente
espressività da Kobrin. La sua immobilità del
volto, che ricorda
nella
gestualità complessiva Pletnev, ha trovato una
buona sinergia con l'Orchestra e con la
direzione di Petrou. I momenti migliori della
valida esecuzione li ho sentiti nella bellissima
cadenza dell'Allegro moderato e
nel profondo ed elegante Andante con moto,
movimento "transitorio" verso il ritmico
Rondò finale, di una bellezza sconvolgente.
L'Andante è definito inizialmente da
poche note che Kobrin ha riempito di pregnante
valore estetico, coadiuvato qui benissimo
dall'orchestra. Applausi fragorosi al termine e
molto valido il bis concesso con il Prelude
op.32 n.12 di S. Rachmaninov. Dopo
l'intervallo, di qualità l'esecuzione della
Sinfonia n.2 D 125 di Franz Schubert. Sabato
18 gennaio alle ore 17.00 si replica!! Da non
perdere.
17 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Guy Braunstein
per la Società dei Concerti
Non conoscevo il violinista
israeliano Guy Braunstein e devo ammettere che
sono rimasto molto soddisfatto delle sue
interpretazioni riferite ad un impaginato
articolato come quello composto dai
brani
ascoltati ieri sera in Sala Verdi. Al pianoforte,
l'israeliano Ohad Ben-Ari ha mostrato di essere
il compagno ideale del violinista per unità
d'intenti e risultati ottenuti. Brani articolati
e lunghi come quelli iniziali di Dvořak,
Beethoven e Chausson, hanno avuto come coda
pezzi più brevi di
Čaikovskij, Waxman-Bizet e numerosi brevi ma
significativi bis. La Rusalka Rhapsody
del compositore ceco Dvořak e il Poème
op.25
del parigino Chausso n,
entrambi vissuti nella seconda metà dell'800,
hanno rivelato modalità estemporanee tardo
romantiche dell'ottimo violinista che oltre
avere doti virtuosistiche sorprendenti, riesce
attraverso una discorsività fluida e precisa nei
dettagli, a raggiungere profondità espressive
evidenti. Notevole poi il più classico Beethoven
con la Sonata n.7 in do min. op.30 n.2
eseguita in perfetta sinergia con l'ottimo
pianista e ancor più
meritevole
d'attenzione per scelta stilistica di chiara
restituzioni e rimarchevole espressività. Il
programma ha avuto un maggior apprezzamento di
pubblico probabilmente negli ultimi brani
proposti, per l'alta melodicità presente, con
tre lavori di
Čaikovskij
dal Lago dei
cigni
e da
Evgeny Onegin trascritti benissimo da
Braunstein e con la conclusiva entusiasmante
Carmen fantasy nella rielaborazione di Fran
Waxman. Qui Braunstein ha dato sfoggio di alto
virtuosismo, mostrando ancor più le
qualità del suo violino, strumento dalle
timbriche dolci e nascoste, un Francesco Roggeri
del 1679. La sua perfetta intonazione, anche nei
più ardui sopracuti e la bellezza antica della
timbrica, lo pongono tra i migliori violinista
della sua generazione. Splendidi i bis con un
omaggio ad autori italiani e un finale
stratosferico di
Gershwin. Prima la rara Canzonetta di
D'Ambrosio, poi la celebre melodia napoletana
Torna a Surriento e per finire un brano
da Porgy end Bess nell'ineguagliabile
trascrizione di Jascha Heifetz. Pubblico
entusiasta e fragorosi applausi. Da ricordare.
16 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Raffaele Pe e La Lira
di Orfeo per la Società
del Quartetto
Un concerto di straordinario
interesse quello ascoltato ieri sera in
Conservatorio per la rassegna organizzata dalla
Società del Quartetto. Il gruppo
cameristico barocco "La Lira di Orfeo", nato da
un'idea del fondatore, il controtenore Raffaele
Pe, ha presentato un programma variegato con
molti
brani
incentrati sulla figura di Giulio Cesare.
Sinfonie ed Arie dall'opera Giulio Cesare in
Egitto di G.F Händel sono state
implementate da altre Sinfonie ed Arie di
compositori meno noti ma importanti quali
Giacomelli, Pollarolo, Bianchi e Piccinni.
L'alternanza tra brani solo Strumentali- diverse
Sinfonie- , e Arie vocali, ha diversificato una
serata dedicata interamente alla musica barocca
di fine Seicento e Settecento. La presenza del
protagonista maschile nella splendida voce di
Raffaele Pe, ha visto sul palcoscenico nel noto
brano händeliano Son nato a lagrimar
anche la profonda voce del mezzosoprano
Raffaella Lupinacci. Un duetto di rilevante
qualità ripetuto poi al termine del concerto.
L'ensemble barocco La Lira di Orfeo,
per
la prima volta ospite della Società del
Quartetto, è capeggiato dal violino concertatore
Luca Giardini. Nel corso della serata il gruppo
strumentale ha espresso con maestria e raffinata
eleganza timbrica uno stile orientato al
recupero delle sonorità "antiche", utilizzando
anche strumenti d'epoca. Di G.F Händel oltre al
brano già citato, sono stati eseguiti Va
tacito e nascosto e All'ampo dell'armi.
Tra i numerosi brani, oltre alle Sinfonie di
Geminiano Giacomelli, G.F. Händel e Francesco
Bianchi, eseguite con pregnante espressività,
segnaliamo le arie Il Cor che sdegnato di
Giacomelli, Sdegnoso turbine di
Carlo
Francesco Pollarolo, Spargi ormai di dolce
oblio di Piccinni e Saprò d'ogn'alma
audace di Bianchi. Di qualità espressiva la
voce di Raffaele Pe giocata sulla grande
naturalezza dei momenti più pacati e la potenza
d'emissione nei frangenti più concitati.
Bellissimo il duetto händeliano dove anche la
voce del mezzo-soprano Lupinacci ha rivelato
qualità espressive rilevanti con chiare
emissioni vocali e ottima presenza attoriale. Di
eccellente qualità il secondo bis con la celebre
aria di Händel Lascia ch'io pianga da
Rinaldo. Da ricordare a lungo.
15 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Juana Zayas
alle Serate Musicali
del Conservatorio milanese
Ho ascoltato molte volte la
pianista cubana, naturalizzata statunitense,
Juana Zayas, sempre rimanendo soddisfatto per le
sue interpretazioni. Mai l'avevo sentita in un
programma tutto francese imperniato su due
grandi musicisti vissuti a cavallo tra due
secoli - '800 e '900- quali Maurice Ravel e
Claude
Debussy. Un'impaginato ottimamente costruito,
con un'ampia serie di brani che hanno rivelato
le attitudini della Zayas ad un repertorio dove
gli elementi coloristici ed il peso del suono
risultano determinanti. Partendo da Ravel con la
deliziosa Sonatine,
attraversando il trasparente Jeux d'eau
dedicato a Gabriel Fauré, l'interprete ha
concluso la prima parte della serata con
Gaspard de la nuit nei tre celebri
Ondine, Le Gibet e Sgarbo.
L'approccio pianistico della Zayas ha rivelato,
già dalle prime note, una chiarezza timbrica
evidente, che nasce da uno studio accurato e
profondo dei particolari, contestualizzati in
un'unità formale precisa e ben definita. Spesso
risultano rilevanti incursioni virtuosustiche -
con colori nella parte alta della tastiera
strabilianti per
nitore-
rese con semplicità discorsiva tipica del
pianismo di alta qualità. Anche nel Debussy
della seconda parte del concerto la
settantanovenne pianista - portati
splendidamente - ha
mostrato
un eccellente equilibrio dinamico-coloristico.
Iniziando con la prima serie di Images,
poi con cinque brani del primo libro di
Préludes ( n.3-5-7-8-9) seguiti da Feux
d'artifice, ultimo della seconda serie di
Preludi. La nota
L'isle Joyeuse, eseguita ancora con
trasparente espressività, ha concluso il
programma ufficiale. Quattro i bis concessi,
sempre di Debussy, con Sarabande e
Toccata da Pour le piano, lo Studio
n.1 denominato Etude 1 pour le cinq doigts
d'apres Momsieur Czerny e per finire La
soirée dans Grenade da Estampes.
Peccato la presenza di un pubblico poco numeroso
in una Sala Verdi che meritava imvece di essere
al completo. Da ricordare a lungo!
14 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Il balletto Sylvia
al Teatro alla Scala
È un balletto di grande
qualità Sylvia. Ha nella splendida musica ,
composta da Lèo Delibes per la prima parigina
del 14 giugno1876,
l'ossatura portante.
La messinscena classica di
Manuel Legris - da
quella
originaria di Louis Mérante- risulta essere
perfetta e adattata ad ogni dettaglio musicale
con situazioni di soli e di
gruppo che si specchiano con le parti sonore, in
un insieme unitario di grande classe e di
sublime espressività. Valido l'inserimento
coreutico di Legris nel Prologo iniziale, in
genere solo musicale, con la presenza scenica di
Diana ed Endimione. Protagonista del balletto in
tre atti- visto ieri in replica- è Martina
Arduino,
Sylvia.(Foto Brescia e
Amisano,Archivio Scala) L'eccellente
prima ballerina è un esempio massimo di
leggerezza, elasticità e presenza costante. Ma
tutto il corpo di ballo del Teatro alla Scala ha
mostrato qualità di primo livello: da Claudio
Coviello , Aminta, Christian Fagetti,
Orione, Nicola De Freo,
Eros, Maria Celeste Losa, Diana,
Gabriele Corrado, Endimione e gli altri
Fauni, Contadini, Pastori e Cacciatori.
La precisa ed espressiva direzione di Kevin
Rhodes con la splendida Orchestra del Teatro
alla Scala ha reso ancor più di qualità
il
tutto, esaltando musicalmente le riuscite scene
e i colorati costumi di Luisa Spinelli, costumi
ben illuminati dalle luci di Jacques
Giovanangeli. Sylvia è uno splendido balletto
che dopo essere stato per molto tempo trascurato
è arrivato da Vienna finalmente alla Scala. Sta
ottenendo un successo meritatissimo come
dimostrato dal pienone di ieri sera all'ottava
replica e dagli interminabili applausi finali,
con continue uscite dei protagonisti, direttore
compreso. Da non perdere le ultime due repliche
previste per il 14 gennaio, pomeriggio e sera.
12 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Gianandrea Noseda
e La Filarmonica della Scala
Un concerto di grande qualità
quello ascoltato ieri sera al Teatro alla Scala.
Sul podio il direttore Gianandrea Noseda ha
esternato un gesto essenziale, preciso ed
incisivo per tre lavori importanti di
Fauré,
Stravinskij e Saint-Saëns. La leggerezza e
l'eleganza francese è emersa in Pallèas et
Mélisande suite op.80 di Gabriel Fauré.
L'essenzialità delle tenui timbriche delle
quattro parti che compongono la breve suite
da concerto ha trovato dolci espressività
tra le mani dei filarmonici, elargenti sensibili
contrasti dinamici. Altrettanto valida e
perfetta nell'accostamento col lavoro del
francese è Le baiser de la fée - Il bacio
della fata-, il balletto che Igor Stravinskij
compose negli anni '20 partendo dalle musiche di
Čaikovskij. In questo divertimento
tratto
dal balletto, lo stile neoclassico tipico del
russo ha trasformato le note dell'altro grande
russo, trovando momenti di gentile e raffinata
discorsività, con un punto d'arrivo
nell'esemplare Pa de deux finale. Cambio
di registro nella seconda parte della serata con
un brano di grande esternazione e suggestione
quale la Sinfonia n.3 in do minore op.78 "con
Organo" di Camille Saint-Saëns. Composta nel
1886, questa Sinfonia del prodigio francese
rappresenta insieme alla Sinfonia in re
di Cèsar Franck, composta negli stessi anni, uno
dei lavori più importanti della fine dell'800.
L'esemplarità della costruzione orchestrale è
stata delineata con grande rigore espressivo da
Noseda che, con un lavoro dettagliato,
perfettamente dosato e particolarmente fluido,
ha messo in risalto le splendide qualità dei
Filarmonici della Scala, in ogni sezione
orchestrale. Splendidi tutti gli orchestrali e
rilevanti anche i fiati, sia legni che ottoni e
la ridotta ma fondamentale parte del valente
organista. Un concerto splendido per un grande
direttore. Da ricordare a lungo.
10 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
Stefan Milenkovich
diretto da Yves
Abel per Henri Vieuxtemps
L'interessante programma
ascoltato questa mattina al Dal Verme in una
prova generale eseguita in modo completo e senza
interruzioni, prevedeva brani di Ravel,
Vieuxtemps, Fauré e Schubert.
L'esecuzione
ci ha permesso di confermare l'ottima
espressività dell'Orchestra de I Pomeriggi
quando è guidata da validi direttori quali
Yves Abel. Un valore aggiunto è stato quello del
violinista serbo Stefan Milenkovic nel
Concerto per violino e orchestra n.5 in la
minore op.37 "Grétry" di Vieuxtemps.
Nei brani orchestrali, abbiamo trovato un
livello interpretativo di qualità. Le
Tombeaux de Couperin di M. Ravel testimonia
una raffinata orchestrazione del francese ben
resa da Abel e dagli orchestrali in ogni
sezione. Anche la breve e celebre Pavane in
re Maggiore op.50 di G. Fauré ha trovato una
corretta interpretazione con risalto degli
strumenti a fiato in questo lavoro
particolarmente rilevanti. L'ultimo brano solo
orchestrale, la giovanile Sinfonia n.3 in re
magg. D 200, di F. Schubert ci ha trasmesso
circa 25 minuti di leggera ma raffinata
discorsività nei quattro movimenti che la
compongono. Momento di grande novità, anche per
la scarsità di esecuzioni che trascurano questo
breve capolavoro di Henri Vieuxtemps,
è
stato il Concerto per volino e orchestra n.5
in la minore op.37 "Gréty". Le qualità
interpretative di Milenkovick sono note. Il suo
prezioso violino Guadagnini ha un timbro dolce e
delicato ma anche deciso e particolarmente
voluminoso. L'esecuzione ascoltata- impeccabile-
era sorretta da una parte orchestrale in
perfetta sinergia con la parte violionistica. Le
qualità interpretative del violinista serbo sono
emerse anche nella splendida Cadenza
dell'Allegro ma non troppo , scritta
dallo stesso Vieuxtemps, cadenza migliore e più
completa di un'altra scritta dallo stesso
compositore per il medesimo concerto. Applausi
sinceri e fragorosi da parte del numeroso
pubblico intervenuto. Questa sera alle 20.30 ci
sarà l'esecuzione ufficiale con replica sabato
alle ore 17.00. Da non perdere.
9 gennaio 2020 Cesare
Guzzardella
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