Nel quinto e ultimo
appuntamento scaligero del ciclo
Beethoven-Schőnberg un cambiamento di programma
deciso all'ultimo momento e dovuto ad uno
sciopero del Coro, ha visto il noto Concerto
n.5 "Imperatore" con il grande Maurizio
Pollini al pianoforte sostituire la celebre
NonaSinfonia. Il programma ufficiale
ascoltato il 21 c.m. prevedeva anche la
Kammersymphonie in mi magg. op.9
di
Schőnberg. In apertura, sempre del musicista di
Bonn, è stata eseguita anche l'Ouverture n.3
"Leonore". Il lavoro di Schœnberg, per
quindici strumenti solisti, data 1906 ed è un
brano di straordinario interesse per quel che
concerne le modalità espressive e di ricerca
stilistica. L'approccio cameristico e le
timbriche allargate dei numerosi strumenti ad
arco e a fiato che entrano in gioco, rendono la
dialettica sonora tra il solista e il tutto
orchestrale avvincente sotto ogni profilo.
L'ottima direzione di Barenboim e l'eccellenti
qualità dei solisti hanno resa questa
interpretazione particolarmente espressiva e di
alto livello. Il concerto "Imperatore"
eseguito nella seconda parte ha trovato un
ottimo Pollini specie nel movimento centrale e
in quello finale. Un'ovazione finale del
numeroso pubblico, come spesso accade con
Pollini, ha reso la presenza del pianista
milanese unica.
23 dicembre
Cesare Guzzardella
Andràs Schiff alle Serate Musicali
Siamo abituati alla costante
presenza in Sala Verdi, nel Conservatorio
milanese, del pianista ungherese Andràs Schiff.
Ieri per Serate Musicali ha ancora una
volta rimarcato la sua sorprendente musicalità
con l'esecuzione delle stranote Variazioni
Goldberg, monumento bachiano di architettura
musicale e di equilibrio formale. La celebre
composizione data 1741 ed è un esempio grandioso
di polifonia vocale. Le linee melodiche
principali della composizione, prendendo spunto
dalla semplice Aria iniziale, ritornano
continuamente in tutte le trenta varianti del
brano per circa settantacinque minuti di musica.
Schiff in una non lontana intervista rimarcava
l'essenziale riferimento della voce più bassa,
quella sostenuta dalla mano sinistra, e
raccomandava l'ascoltatore di concentrarsi
soprattutto su questa. Il pianista ieri ha
sostenuto un'eccellente interpretazione
complessiva evidenziando con chiarezza
espositiva e luminosità le voci in un contesto
di moderati contrasti timbrici. Alcune
variazioni sono state sostenute con una maggiore
intensità espressiva.
Da notare che
Schiff in questo brano non usa mai i pedali
(eccezione per la sordina nella variazione n.26)
e utilizza il pianoforte in modo quasi
clavicembalistico anche se le sonorità
dell'ottimo Steinway hanno evidenziato un colore
che solo la timbrica del pianoforte puo' mettere
in rilievo. Profondamente
sentiti i lunghi applausi tributati al termine e
una sorpresa finale con un lungo bis ancora
all'insegna delle variazioni: l'ultimo movimento
della Sonata N.30 Op.109 di L.v.Beethoven.
20 dicembre
Cesare Guzzardella
L’Orchestra
Filarmonica di Belgrado al Coccia di Novara
Una prestigiosa compagine
orchestrale europea, l’Orchestra Filarmonica di
Belgrado, ha concluso ieri sera 15 dicembre, al
Teatro Coccia, il novarese Autunno musicale G.
Cantelli 2011. A guidare la formazione serba il
quarantenne maltese Charles Olivieri Munroe,non
molto noto in Italia, ma con una ormai lunga
attività
direttoriale nell’Europa centrale (è attuale
direttore principale della North Czech
Philarmonia di Teplice). L’interessante
programma della serata proponeva un’ampia
escursione attraverso il tardo romanticismo
sinfonico europeo nel suo versante
mortuario-demonico, dalla wagneriana
Ouverture da’L’Olamdese volante’ alla
popolarissima Danza macabra di Saint
Saens, all’altrettanto celebre Mephistowalz
di Liszt: a questo ‘tema’ si può associare
in fondo anche un altro pezzo della serata,
anch’esso lisztiano, Les Preludes, il cui
titolo fa riferimento alla prefazione all’opera,
di mano dello stesso Liszt, in cui si definisce
la vita “una serie di preludi alla canzone
sconosciuta, la cui prima nota è la morte”.
Incastonato in questa serie di brani, a
conclusione del primo tempo. il clou
della serata, il Concerto n.1 in mi bem.
maggiore per pianoforte e orchestra di
Liszt, e a chiudere il concerto, infine, sempre
di Liszt., la Rapsodia ungherese n.6. A
eseguire l’impegnativo concerto lisztiano una
solista già nota al pubblico novarese , la
ventinovenne Mariangela Vacatello, virgulto
della sempre fertile scuola napoletana di V.
Vitale e ottimo secondo premio Busoni nel 2005.
La Vacatello ha mostrato anche in questa
occasione le sue doti migliori: un suono potente
ed esatto e un dominio tecnico della tastiera
che non è mai virtuosismo fine a se stesso, ma
esplorazione attenta delle potenzialità
timbrico-espressive della partitura,
calibratissima in particolare nel primo tempo,
ove la sapienza del fraseggio della giovane
pianista ha inciso con efficacia il maestoso
tema iniziale, per poi librarsi con suadente
abbandono nel lirico volo del secondo tema
.Splendido il Presto finale, per scelta
dei tempi e limpidezza nella tornitura del
suono. Un’interpretazione da applausi, che la
sala non ha lesinato e ha ribadito dopo il bel
bis, un travolgente Studio per le cinque dita
di Debussy. Senza infamia e senza lode la
direzione di Olivieri Munroe: l’Orchestra
belgradese è ottima formazione, con una buona
sezione fiati e archi smaglianti nelle zone
‘scure’ del reparto (violoncelli e bassi), forse
poco brillante nei primi violini, ma è stata
diretta, specie nell’Olandese volante, con tempi
un po’ fiacchi. Tra le composizioni in programma
ci ha convinto più di tutte Les Preludes, in cui
direttore e orchestra hanno trovato il giusto
stacco dei tempi e la necessaria ‘energia’ di
suono. Saremo forse troppo ‘seriosi’ ma non
abbiamo gradito il bis dell’orchestra, il tango
Jalousie, suonato con Olivieri Munroe che
mimava sul podio i movimenti di un ballerino:
roba, francamente, da teatrino di provincia… E’
così che viene considerato il Coccia di Novara
negli ambienti musicali? Temiamo di sì…
16 dicembre
Bruno Busca
Un duo di grande qualità per la
Società dei Concerti
Non capita spesso di ascoltare
la celebre Sonata "A Kreutzer" op.47 di
L.v.Beethoven interpretata con evidente
intensità espressiva e chiarezza espositiva. Il
duo violino-pianoforte di Pavel Berman e Vardan
Mamikonian ha
stupito
il numeroso pubblico intervenuto in Sala Verdi
impaginando un programma di brani di S.Prokof'ev
e di Beethoven. Del grande russo abbiamo
ascoltato i rari brani 5 Melodie op.35 bis
e Sonata n.1 op.80. Quindi dopo
l'intervallo la Kreutzer. Tecnicamente
impeccabili i due strumentisti hanno il raro
pregio di una complementarietà interpretativa di
alto livello. Il timbro delicato
sostenuto
con un eccellente vibrato del violinista è stato
sottolineato dal tocco preciso, asciutto e
luminoso dell'ottimo pianista. Il quarantenne
Berman, figlio del leggendario Lazar, ha
iniziato la sua carriera violinistica arrivando
secondo al "Paganini" di Genova all'età di
diciassette anni e da oltre venti è da
annoverarsi tra i migliori violinisti della sua
generazione. L'armeno Marmiconian è una preziosa
scoperta non essendo assolutamente noto qui in
Italia. Prokof'ev è stato eseguito con
espressività e grande equilibrio dialettico. La
Kreutzer, specie nell'incantevole Andantecon variazioni, dove risulta evidenziata
la parte pianistica, e nel Finale è stata
sostenuta sottolineando con perizia musicale
ogni dettaglio compositivo. Splendidi i due bis
proposti al termine: l'arcinota Liebesleid
di Fritz Kreisler e un raro ma profondo brano
dello svizzero Ernst Block hanno concluso una
serata che bisogna ricordare per molto tempo.
15 dicembre
Cesare Guzzardella
Il
Don Giovanni mozartiano alla
Scala
Il meritato successo che il
Don Giovanni mozartiano sta ottenendo in
questi giorni al Teatro alla Scala è dovuto
principalmente alla valida direzione orchestrale
di Daniel Barenboim e all'ottimo cast vocale che
affronta la maggior
parte
delle repliche in programma. La non sempre
raffinata messinscena di Robert Carsen -
la regia trova invece un'ottima fattura aspressa
dalle valide capacità attoriali di molti
protagonisti presenti in scena- per quel che
concerne le scelte scenografiche di Michael
Levine a volte scialbe, eccessivamente minimali
e disordinate, non impoverisce la complessiva
resa artistica di un lavoro comunque di ottimo
livello. Valida la scelta del grande specchio in
movimento che rende scena tutto il teatro, meno
l'eccessiva ripetizione degli elementi grafici -
quinte e sipari- che ricalcano il teatro. Il
cast vocale ha trovato nella elegante e
chiarissima voce di Peter Mattei, Don
Giovanni (foto Archivio Scala) e in quella
penetrante di Anna Netrebko, Donna Anna,
i migliori interpreti. Valide anche le altre
voci con Barbara Frittoli, una sensuale Donna
Elvira, non sempre limpida nella timbrica,
Giuseppe Filianoti un Don Ottavio
timbricamente omogeneo con dei picchi espressivi
nelle più note arie. Bravissimi l'incisivo
Kwangchul Youn, il Commendatore e Bryan
Terfel, Leporello. Bravi Anna Prohaska e
Stefan Koćan rispettivamente Zerlina e
Masetto. Bravissimo Barenboim nel
sottolineare la vocalità dei cantanti con una
direzione garbata ma nello stesso tempo varia e
incisiva. Splendida nei momenti timbricamente
drammatici. Nella terza rappresentazione di ieri
lunghissimi applausi al termine in una sala al
completo. Prossime repliche per 16-20-23-28
dicembre e 4-8-12 e 14 gennaio. Da non perdere.
14 dicembre
Cesare Guzzardella
Il Quartetto di Tokio
alle Serate Musicali
Ritorna spesso il
Quartetto di Tokio alle Serate Musicali
milanesi. Tra le maggiori formazioni
cameristiche mondiali, il celebre Quartetto ha
ieri impaginato un programma classico con brani
di Haydn
e
Mozart. Del primo i Quartetti op. 76 n. 2 e 3
e del secondo il Quartetto in fa maggiore
K590. Si rimane stupiti ascoltando la
perfezione formale ed espressiva dalla
formazione d'archi. Il timbro misurato ed
omogeneo dei quattro strumenti ad arco, tali da
immaginare un unico strumento, è anche di una
qualità tale da rendere queste interpretazioni
di raro ascolto in codesta fattura. Ricordiamo i
nomi dei quattro interpreti: Martin Beaver al
violino, Kikuei Ikeda al secondo violino,
Kazuhide Isomura alla viola e Clive Greensmith
al violoncello. Grande successo in una Sala
Verdi purtroppo non al completo.
13 dicembre
Cesare Guzzardella
Prossimamentel'Orchestra
Filarmonica di Belgrado
per i Concerti della Società
del Quartetto
di Vercelli
Una delle più importanti
orchestre europee, in grande formazione, e un
programma che ben si abbina all’atmosfera delle
feste natalizie per l’assoluta
bellezza
e popolarità delle musiche, caratterizzano il
concerto con l’Orchestra Filarmonica di
Belgrado, il prossimo 18 dicembre al Teatro
Civico. Al centro del programma la Rapsodia in
Blue di George Gershwin eseguita da Illya Zuyko,
giovanissimo secondo premio al Concorso
Internazionale di pianoforte Gian Battista
Viotti 2011. In omaggio a Franz Liszt due
Rapsodie ungheresi trascritte per orchestra, la
N. 2, in assoluto una delle musiche più amate di
Liszt, e la N. 6 “Carnevale di Pest”. Ad aprire
il concerto l’Ouverture da L’Olandese volante di
Wagner cui seguirà la Danse Macabre di
Saint-SaÎns. Chiude la serata il celeberrimo
Bolero di Ravel, una sorta di manifesto
straordinario della musica del ‘900. Il concerto
di Natale 2011, realizzato con il contributo
della Fondazione Banca Popolare di Novara per il
Territorio, presenta a Vercelli per la prima
volta l’Orchestra Filarmonica di Belgrado
diretta da Mladen Tarbuk. La storica compagine
sinfonica, fondata nel 1923, Ë stata diretta da
grandi Maestri quali Karl Bˆhm, Lorin Maazel e
Zubin Mehta. Nel 2010 ha suonato al prestigioso
Ravello Festival.
I biglietti sono già disponibili in prevendita
presso la Societ‡ del Quartetto (biglietti €18,
€15, €13, €10). Per prenotazioni telefoniche:
0161 255575.
11 dicembre
dalla redazione
Julia Fischer in
duo alleSerate Musicali
Un
programma variegato quello ascoltato ieri in
Conservatorio per le Serate Musicali. La
nota violinista tedesca, di Monaco, Julia
Fischer insieme alla pianista ucraina Milana
Chernyavska hanno impaginato un programma
interessante alternando brani di Mozart,
Schubert, Debussy e Saint-Saëns.
L'ottimo equilibrio formale e l'elegante timbro
del violino
della F
Ischer
sono emersi nella Sonata in si bem. Magg.
KV454 di Mozart, eseguita in modo
impeccabile e sinergicamente dalle strumentiste.
Non capita spesso di ascoltare Schubert nel
Rondeau brillante in si min. D 895. E' un
brano diverso dallo Schubert solito più tenue e
delicato al quale siamo abituati, dove
l'influenza di certo virtuosismo alla Paganini e
di certi richiami al folclore dell'est europeo
vengono messi in luce. Valida l'interpretazione
del duo. Ci è piaciuta meno ma non poco, la rara
Sonata n.3 in sol minore di Debussy,
lavoro del 1916-17 particolarmente "moderno" per
le sonorità espresse e invece abbiamo
molto apprezzato
l'esecuzione della Sonata n.1
in re min. Op.75 di Camille Saint-Saëns,
brano del 1885 dove l'equilibrio tra i due
strumenti e le costruzioni armoniche sono di
altissimo livello compositivo. Ottima
l'interpretazione complessivafornita
dal duo con un punto in più per la violinista e
un giudizio positivo per la pianista di indubbia
elevata preparazione tecnico-virtuosistica.
Grande successo in una sala non completa. Un bis
con Melodie di Cajkovskij.
2
dicembre
Cesare
Guzzardella
L’Orchestra Filarmonica di Torino al
Coccia di Novara
Confessiamo subito che ci ha un po’ deluso
l’Orchestra Filarmonica di Torino ascoltata ieri
sera 30 novembre, al Coccia di Novara, per
l’Autunno musicale G. Cantelli, sotto la guida
di Christian
Benda, cinquantenne direttore nato in Brasile,
ma discendente di quel Jiri A. Benda, padre, nel
XVIII sec., della prestigiosa tradizione
sinfonica e operistica ceca. Il programma
prevedeva tre pezzi: l’Ouverture dal
Don Giovanni di Mozart, il Concerto n. 2
per pianoforte e orchestra in La magg. di F.
Liszt con Paolo Restani alla tastiera e, dopo
l’intervallo, la Sinfonia n. 1 in Do magg.
di Beethoven. L’impressione generale, che ci
è sembrata largamente condivisa dal numeroso
pubblico presente, è stata quella di una
direzione diligente, da parte di Benda, ma
piuttosto anonima, senza personalità e senza
energia: gli archi ci sono apparsi di suono
fragile, senza nerbo, e per quanto riguarda la
sezione fiati, ci ha lasciato perplessi la
curiosa disposizione degli ottoni, con il corno
a destra dei legni e i tromboni sul lato
opposto, il che ha prodotto una non felice
dispersione dell’energia di suono del registro
grave dei fiati. Ne è uscita un’Ouverture
mozartiana francamente scialba, con il magico re
minore dell’Andante, che di solito ti
gela il sangue, condotto senza sussulti e senza
emozioni. Un po’ meglio la sinfonia
beethoveniana, la cui lettura, da parte di
Benda, ci è parsa cercare un equilibrio fra
grazia viennese (specie nei primi due tempi) e
plastico vigore dei temi e del ritmo, preludio
al futuro “secondo stile” del genio di Bonn:
anche in questa esecuzione è però mancata
un’interpretazione capace di dare risalto con la
dovuta energia ai nuovi procedimenti strutturali
di questa partitura, specie nel formidabile
terzo tempo, quelli che trasformano il
tradizionale Minuetto in uno Scherzo
di concezione inedita. Due parole, infine
sul concerto lisztiano. Valida come sempre
l’esecuzione di uno dei più affidabili
interpreti di Liszt oggi in Italia, P. Restani,
dal suono nitido e cristallino, al servizio di
un fraseggio tecnicamente ineccepibile e capace
di delicate sfumature, come di impeti di intensa
energia, ma non sempre sostenuto adeguatamente
da un’orchestra talora un po’ in affanno. Due
bis, uno pianistico (uno studio di Rachmaninov)
e uno orchestrale (le musiche per balletto Le
creature di Prometeo di Beethoven), hanno
chiuso la serata di musica novarese.
1
dicembre Bruno Busca
NOVEMBRE
Andràs Schiff per la Società del
Quartetto
Andràs Schiff, pianista ungherese nato nel 1953,
è una figura d'interprete particolarmente legata
a Milano, città dove regolarmente, da molti
anni, tiene concerti di rilevante riuscita
estetica. Ieri in Conservatorio in una Sala
Verdi gremita, ha proposto un percorso musicale
stimolante e vario. Il tema delle "Variazioni" è
stato sviluppato attraverso grandi protagonisti
del Settecento e
dell'Ottocento
quali, in ordine di esecuzione, Mozart,
Mendelssohn, Haydn, Schumann e Beethoven. Brani
diversificati, alcuni di semplice costruzione
melodica e armonica quale le 12 Variazioni su
un Tema in si bem. maggiore KV500 di Mozart
o il più intenso Andante con variazioni in fa
maggiore Hob. XVII.6 di Haydn, altri più
impegnativi quali le Variations Sérieuses
op.54 di Mendelssohn o il raro Tema con
Variazioni "Geistervariationen" di Schumann,
per terminare, dopo l'intervallo, con le
corpose, più complesse e maggiormente rilevanti,
da un punto di vista compositivo, Variazioni
su un valzer di Diabelli di L.v.Beethoven.
E' indubbiamente un eccellente pianista Schiff.
Ieri sera ha mostrato ancora una volta le sue
doti di grande cesellatore e minuzioso
costruttore di forma musicale. Il suo Mozart o
Haydn, di grande perfezione ed equilibrio è in
linea con le sue modalità stilistiche. Ci è
piaciuto molto anche Mendelssohnn, meno
l'asciutto e visionario Schumann. Ma forse il
lavoro migliore ascoltato è stato quello più
importante delle Variazioni Diabelli
beethoveniane. La coerenza costruttiva operata
da Schiff con i poderosi contrasti dei tempi
nella durata complessiva di 53 minuti del brano,
seppure molto differenti dalle celebri
interpretazioni di un Brendel, un Pollini, un
Richter o un Giles, ci hanno rivelato una
interessantissima esecuzione che ricorderemo per
molto tempo. Due i bis concessi: il tema delle
Goldberg di Bach e uno splendido Brahms. Grande
successo di pubblico. Ricordiamo il prossimo
concerto per il Quartetto del 13 dicembre con il
Duo Kavakos-Pace che eseguiranno alcune Sonate
per violino e pianoforte di Beethoven.
30
novembre
Cesare Guzzardella
Oleg Caetani all’Auditorium dirige la
Sinfonica Verdi
Torna tutti gli anni all’Auditorium Oleg Caetani
per dirigere l’Orchestra Sinfonica Verdi.In
passato abbiamo ascoltato eccellenti
interpretazioni delle grandiose sinfonie di
Sostakovic. I compositori russi
sono
quelli che maggiormente impegnano questo ottimo
direttore d’orchestra allievo in passato di
Franco Ferrara e ispirato, nella sua concezione
musicale, da Nadia Boulanger. Ieri pomeriggio
l’ultima replica domenicale prevedeva due
importanti lavori sinfonici: la Sesta
Sinfonia “Pastorale” op.68 di L.v.Beethoven
e il corposo lavoro sinfonico Manfred op.58
di P.I.Čajkovskij.
Due composizioni musicalmente molto diverse ma
legate da un filo conduttore simile: la
natura per la sinfonia beethoveniana e il
dramma di un uomo, Manfred, nella Sinfonia in
quattro quadri del russo. Il contrasto
musicale tra i due lavori è stato intenso: la
leggerezza di gran parte del lavoro di
Beethoven, la più orecchiabile delle suo
sinfonie, reso molto bene dall’Orchestra Verdi
attraverso timbriche ricche di luminosità, e la
forza contrastante dei lunghi movimenti del
lavoro del russo, eseguiti con efficace tensione
timbrica da un’orchestra che risulta molto
preparata ai rapidi cambiamenti di registro
musicale. Decisamente valida ed espressiva la
direzione di Caetani in questo lavoro dove
l’esercizio virtuosistico, in tutte le
differenti componenti timbriche, restituisce un
effetto poetico-sonoro di grande tensione
emotiva. Al termine lunghissimi applausi del
pubblico. Prossimo appuntamento sinfonico per
giovedì 1 dicembre, con repliche il 2 e 4
dicembre, con musiche di Stravinskij e
Čajkovskij diretta
da Zhang Xiang.
28
novembre Cesare Guzzardella
La XIV Stagione del Viotti Festival a Vercelli
Il
concerto ascoltato ieri sera, 26 novembre,
presso il Teatro Civico di Vercelli, nell’ambito
della XIV Stagione del Viotti Festival,
proponeva un impaginato giustamente definito
“eterogeneo” nelle note del programma di sala:
eterogeneo sia per stile e linguaggio musicale,
sia per qualità e profondità estetica dei brani
eseguiti. Al vertice una delle opere più
affascinanti del Novecento russo-sovietico: la
Kammersinfonie
op.110 A di D. Schostakovic, trascrizione per
orchestra, ad opera di R. Barschaj (ma approvata
dall’autore) dello stupendo Quartetto n. 8 in do
min. op.110 del 1960: finalmente un po’ di
Novecento vero anche nel Piemonte orientale!
Intorno a questo abbagliante sole musicale
ruotavano pianeti e pianetini di composizioni
anche molto note, ma scelte con l’evidente
intento di compiacere il gusto di un pubblico
appassionato e generoso, che nell’ascolto
musicale cerca soprattutto (o soltanto?)
un’esperienza acusticamente gradevole e/o
tecnicamente avvincente. Si cominciava con il
Divertimento n. 1 per archi op.20 di Leo Weiner,
presentato con un po’ di esagerazione nel
programma come “il maggiore compositore
ungherese del XX sec. dopo Bartok e Kodàly” (e
dove li mettiamo un Ligeti o un Kurtag, nati
solo per caso cittadini romeni, ma magiari a
tutti gli effetti per origine e formazione?): si
tratta di un brano ispirato al folklore
ungherese, richiamato come puro repertorio di
temi elaborati secondo una tecnica espressiva
ancora rigorosamente tonale, lontana anni luce
dalla ricerca bartokiana verso soluzioni
linguistiche rivoluzionarie. Il resto
dell’impaginato proponeva due brani di Liszt,
l’Angelus S 378, e la Rapsodia ungherese S 244/2
, entrambi trascrizione per orchestra da
originari pezzi pianistici, due di Ciajkovskij,
la Melodie da Souvenir d’un lieu cher per
violino e orchestra op. 42 n.3 e il
Valse-Scherzo per violino e orchestra op.34 e un
famoso brano di Saint Saens, l’ Introduction et
Rondo capriccioso per violino e orchestra op.
28. Il tutto era affidato all’esecuzione di un
complesso austriaco fondato circa vent’anni fa,
l’orchestra d’archi da camera Arpeggione
Kammerorchester, sotto la direzione del macedone
R. Bokor, noto al pubblico degli intenditori
anche come apprezzato violinista. Nella parte
del violino solista si presentava per la prima
volta al pubblico vercellese la ventottenne
violinista di origine russa Maria Azova, che ci
è piaciuta molto per la sua cavata intensa e ben
intonata, dal suono morbido e vibrato, sostenuto
da una tecnica sicura: veramente bella, sottoil
suo archetto, la Melodie ciajkovskijana, in cui
l’interpretazione della Azova ha saputo
sintetizzare al meglio la limpida melodiosità
alla Mendelssohn e l’effuso lirismo proprio del
grande russo, che sono i due elementi
compositivi di base del brano. Ma validissima
anche l’esecuzione del pezzo di Saint Saens, in
cui la Azova ha superato con disinvolta agilità
le impervie difficoltà tecniche della partitura.
Ottima è anche l’impressione lasciataci
dall’Arpeggione e dalla direzione di Bokor, che
non usa la bacchetta, ma guida gli orchestrali
con gestualità ampia ed eloquente, ottenendone
un suono molto bello, pieno, ricco di tutte le
sfumature degli archi, dalla coloritura timbrica
così viva da non far rimpiangere l’assenza dei
fiati. Bellissima in particolare
l’interpretazione del pezzo che da solo valeva
la serata, la sinfonia di Sciostakovic-Barschaj,
di cui l’Arpeggione e Bokor hanno restituito al
meglio il clima espressionistico di cupa
angoscia che la pervade: ricorderemo a lungo con
qualche brivido il sinistro valzer del terzo
tempo (Allegretto), con la sua danza macabra
allucinata sulle note che compongono il
crittogramma del nome del compositore.A lla fine
dopo il bis reclamato a gran voce dal pubblico,
un Valzer di Ciajkovskji, grandi e prolungati
applausi per tutti i protagonisti di questa
bella serata di musica vercellese.
27
novembre
Bruno Busca
Simone Pedroni a Novara
Un
numeroso pubblico ha gremito ieri sera, 25
novembre, l’auditorium del conservatorio G.
Cantelli di Novara, per ascoltare il pianista
Simone Pedroni, tornato nella sua città di
origine, su invito del locale Kiwanis club
Monterosa, per un concerto il cui incasso sarà
devoluto ad attività di beneficienza
a
favore dell’infanzia bisognosa. Pedroni,
attualmente pianista “in residence” presso
l’orchestra “Verdi” di Milano, ha presentato un
programma che proponeva (senza intervallo) due
pezzi di Chopin, il Notturno op. 48 n.2 e
la splendida Barcarola op.60, un’ampia
antologia dal primo libro dei Preludi di
Debussy e infine quattro pezzi da musiche da
film di Nino Rota, cui il giovane solista
novarese ha dedicato assidui studi, stimandolo,
come ha dichiarato lui stesso in un appassionato
discorso di presentazione al pubblico, una delle
personalità più interessanti del ‘900 musicale
italiano. Ovviamente il clou
dell’impaginato era rappresentato dalle
composizioni di Debussy, interpretate benissimo
da Pedroni, che nella fedeltà assoluta alla
partitura, ha saputo scavare, con un tocco
sempre finissimo e ricco di sfumature, nelle
idee melodiche contenute nelle indefinite
armonie e nell’affascinante tessuto timbrico
della scrittura debussyana. Un’esecuzione,
quella di Pedroni, che non concede nulla
all’”effetto” , ma esplora con intelligenza e
profondità le più intime nervature del testo
musicale, rendendone al meglio l’incanto
poetico: splendida, per raffinatezza timbrica e
colore, la Cattedrale sommersa
nell’interpretazione di Pedroni. Valido per
scelte agogiche e interiorità del suono anche il
suo Chopin, mentre non siamo riusciti a cogliere
particolari motivi di interesse musicologico nei
brani di Rota, al di là della loro indubbia
piacevolezza melodica, in particolare Il
padrino e Amarcord. Applausi a scena
aperta, dopo i due bis, da Chopin e Liszt.
27
novembre
Bruno Busca
Prossimamente a Vercelli le Sonate di Beethoven
con il pianista Fabio Grasso
Venerdì 2 dicembre, al Museo Borgogna, ore 21,
per la Stagione di concerti della Società del
Quartetto, è in programma il concerto del
pianista Fabio Grasso. L'artista vercellese
giunge al termine
di
un lungo percorso iniziato nel 2007 e che lo ha
visto attraversare con straordinaria maestria
tutto l’arco delle 32 Sonate beethoveniane.
Questa particolare, ultima serata propone le
Variazioni Diabelli (op. 120) e un capolavoro
assoluto come la Sonata op. 106
“Hammer-klavier”. Se l'op. 120 segna la nascita
della tecnica di variazione moderna, riferimento
obbligato per Schumann, Brahms e successivi
continuatori e innovatori della tradizione fino
al 900, la Sonata op. 106 è la più ampia e
complessa di tutte le Sonate di Beethoven, nata
negli anni 1817-18 e pubblicata nel settembre
del 1819. La genesi dell'op. 106 s'intreccia con
i primi due movimenti della Nona Sinfonia, con
parte della Messa solenne e con il progetto di
una Cantata in onore dell'Arciduca Rodolfo
d'Asburgo (cui la Sonata è dedicata): la Grande
Sonata in si bemolle è il corrispettivo
pianistico di queste monumentali concezioni
sinfonico-corali.
27
novembre la redazione
Al via la XIVesima
edizione del Viotti Festival
Sabato 26 novembre alle 21:00 il
Teatro Civico di Vercelli aprirà ufficialmente
la XIVesima edizione del Viotti Festival con gli
Arpeggione kammerorchester diretta dal maestro
Robert Bokor. Una novità per il pubblico
vercellese che avrà modo di apprezzare per la
prima volta l’eccellente ensemble austriaca
dalla storia ventennale. L’orchestra ha tra i
suoi obiettivi quello di proporre un programma
musicale ad altissimo livello, passando con
disinvoltura dal repertorio classico al
contemporaneo con la stessa accuratezza ed
attenzione al dettaglio. Un gruppo di professori
provenienti da tutto il mondo che suonano sotto
la direzione artistica del violista Irakli
Gogibedaschwili
e
che con lui celebrano 20 anni di grandi successi
internazionali. Dalla sua fondazione questa
orchestra ha tenuto più di 600 concerti in tutti
il mondo: Europa, Stati Uniti, America Centrale,
Sud America, Brasile, Russia e Israele. Sul
podio del Civico Rober Bokor guiderà gli
Arpeggione e Maria Azova, violino solista della
serata, in un programma che non potrà
lasciare indifferenti gli amanti della musica
classica. Il primo tempo vedrà protagonisti due
autori del novecento, Leo Weiner e Dmitrij
Shostakovic, mentre in secondo tempo sarà
incentrato su un repertorio più classico e di
facile ascolto con opere di Franz Liszt, Camille
Saint-Saens e Pyotr Ilyich Tchaikovsky.
I biglietti per sabato 26 novembre 2011 si
potranno acquistare direttamente al box office
del Teatro Civico di Vercelli venerdì 25
novembre dalle 17:00 fino alle 20:00, oppure
sabato 26 novembre, un’ora prima del concerto. I
prezzi partono da 10,00 euro fino a 22,00 euro.
I possessori della Pyou Card, i CRAL e gli Over
65 hanno diritto al biglietto ridotto. Per
maggiori info contattare l’Associazione Camerata
Ducale allo 011 755791 o inviando una mail a
info@viottifestival.it
Il prossimo appuntamento in cartellone al Civico
di Vercelli è per giovedì 1 dicembre 2011 alle
ore 21:00 con il recital pianistico del virtuoso
francese François-Joel Thiollier. Il concerto
fuori abbonamento è organizzato
dall’Associazione Camerata Ducale e dal Rotary
Club di Vercelli con il sostegno del Comune di
Vercelli, l’Istituzione Vercelli e i suoi Eventi
in collaborazione con l’Associazione benefica
Donne di Porta Torino. I proventi del concerto
saranno devoluti in beneficenza alle famiglie
vercellesi meno fortunate con l’augurio di un
Natale più sereno. I biglietti potranno essere
acquistati al box office del Teatro Civico nelle
seguenti date: 21/22/23/24/25 e 30 novembre 2011
dalle 17:00 alle 20:00 e giovedì 1 dicembre
un’ora prima dallo spettacolo.
Gli abbonati al Viotti Festival hanno diritto
all’ingresso ridotto.
25 novembre
la redazione
Dudamel e la Sinfonica Simón
Bolívar per il Progetto
Arca onlus
Ieri sera al Teatro alla Scala
abbiamo assistito ad uno spettacolo musicale di
raffinato interesse a favore della Fondazione
ProgettoArca onlus, un'associazione
benefica nata nel 1994
per
offrire una risposta concreta a chi vive un
grave stato di indigenza ed emarginazione. La
scelta artistica non poteva essere meglio in
quanto a sostenere il Progetto Arca abbiamo
trovato la Sinfónica Simón Bolívar de
Venezuela e il suo direttore Gustavo
Dudamel.
L'orchestra
è nata infatti in Venezuela per opera del
musicista ed ex ministro della cultura José
Antonio Abreu come punta di diamante di una
capillare organizzazione musicale che dal 1975
interessa centinaia di migliaia di bambini e
ragazzi, la maggior parte dei quali vive sotto
la soglia di poverta. Il programma ascoltato
ieri prevedeva la Sinfonia n.3
"Eroica" di L.v.Beethoven, la Suite n.2
"Daphnis et Chloé" di M. Ravel e la suite
dal balletto "L'Oiseau de Feu" di
I.Stravinskij, lavori di grande impatto
coloristico e timbrico. È sorprendente vedere e
sentire giovani orchestrali, tutti al di sotto
dei trent'anni, interpretare fondamentali
partiture di grandi musicisti ad un livello
molto alto. La direzione di Dudamel e
l'esecuzione dell'orchestra ci hanno stupito
soprattutto nei brani di Ravel e Stravinskij per
la qualità timbrica e lo spessore dinamico del
suono, preciso e chiaro in ogni dettaglio. Di
elevato livello ogni sezione dell'orchestra con
una ancor più esemplare sezione di fiati. Il
successo di pubblico e l'ovazione resa al
termine del programma ufficiale ha portato ad un
primo bis con un'energica Ouverture da
La forza del destino di Verdi e dopo un
improvviso spegnimento di luci e gli orchestrali
e il direttore improvvisamente colorati con una
blusa venezuelana ancora due bis sud-americani
all'insegna del ritmo e del divertimento
musicale. Strepitoso successo. Chi volesse
aitare la Fondazione ProgettoArca
onlus puo' sostenerla attraverso il c/c
postale 35682202 o telefonando allo 02-67076867
di via Lazzaretto 19 Milano. Sito web:
www.progettoarca.org
22 novembre
Cesare Guzzardella
Michele Campanella alla Scala
E' considerato uno dei massimi
interpreti della musica di Liszt. Michele
Campanella è venuto di recente più volte a
Milano per farci ascoltare le preziose sonorità
del musicista ungherese. Classe 1947 e allievo
del napoletano Vicenzo
Vitale,
ha nella sua carriera interpretato tutto Liszt,
i classici e anche alcuni autori a lui più
congeniali quali Busoni e Mussorskij, sempre in
esecuzioni molto ricercate e molto studiate. Il
suo interesse per il timbro è dimostrato anche
dal bisogno di portarsi in giro il suo amato
Gran Coda Yamaha, realizzato appositamente
per ottenere particolari sonorità specie nei
toni medio- bassi. Ieri sera, alla Scala davanti
ad un numeroso pubblico, ha sostituito
all'ultimo momento Yuja Wang, giovane ed
affermata pianista cinese proponendo la terza
raccolta da Année de pèlerinage, di rara
esecuzione, e la più nota Sonata in si
minore. Sette sono i brani che formano
l'ultima serie di Année e sono
rappresentativi di un Liszt diverso da quello
più estroverso e virtuosistico che il grande
pubblico conosce. I colori cupi e ricchi di
contrasti, le sonorità aspre nei toni bassi, il
linguaggio crudo e spesso espressionista, sono
presenti in almeno cinque dei brani della
raccolta. L'avvincente interpretazione di
Campanella ha convinto il pubblico presente
nella Sala del Piermarini anche nella conosciuta
Sonata in si minore, eseguita con grande
equilibrio formale. Due i bis concessi dal
pianista: un impeccabile Momento musicale
di Schubert e ancora Liszt con la Rapsodia
ungherese n.15.
21 novembre 2011
Cesare Guzzardella
La Verdi e Roberto Cominati all'
Auditorium
Molto bello il concerto ascoltato
ieri nella replica domenicale dell'Auditorium.
La Sinfonica Verdi diretta da Zhang Xian
interpretava
prima Beethoven con il Concerto per
pianoforte n.2 Op. 19 e quindi Cajkovskij
con la Sinfonia n.6 Op. 74 "Patetica". Il
primo brano in programma ha visto un ottimo
solista al pianoforte quale Roberto Cominati.
L'ottima direzione della Xian del concerto ha
trovato un valore aggiunto nella delicata ed
equilibrata interpretazione di Cominati. Una
esecuzione all'insegna del classicismo con
ottime timbriche nella lunga cadenza dell'Allegro
con brio iniziale. Valido anche il Debussy
proposto da Cominati come bis. Ottima anche
l'interpretazione della celebre Sinfonia
"Patetica". Sala stracolma di pubblico e
interminabili applausi al termine. Prossimo
concerto il 24-25-27 novembre con il direttore
Oleg Caetani e ancora Beethoven (Sinfonia
Pastorale) e Cajkovskij (Manfred).
21 novembre C.G.
Barenboim dirige la
Filarmonica scaligera
Per uno sciopero indetto dalle
RSA CGIL, CISL, UIL e FIALS del Coro del Teatro
alla Scala, il primo dei tre concerti diretti da
Daniel Barenboim per la Stagione Sinfonica,
mercoledì 16 novembre, non ha avuto luogo. La
prima si è invece
avuta
ieri sera e l'Orchestra Filarmonica scaligera e
il suo direttore Daniel Barenboim si sono
cimentati nella Serenata in do min. K 388
di Mozart e in due lavori di Giuseppe Verdi: il
Quartetto d'archi in mi minore, nella
versione per grande orchestra d'archi, e i
Quattro pezzi sacri. Il divertimento
mozartiano è un brano per ottetto di fiati che
prevede l'uso raddoppiato dell'oboe, del
fagotto, del corno e del clarinetto. Valida
l'interpretazione ascoltata dei solisti
scaligeri. Il Quartetto di Verdi, nella
bellissima trascrizione per grande orchestra
d'archi ha trovato un'ottima direzione in
Barenboim. Il direttore è riuscito a rendere con
efficacia ogni timbrica mediante equilibrate ed
espressive dinamiche sonore. Brani di grande
effetto coloristico, i Quattro pezzi sacri, con
la parte corale preparata dal bravissimo Bruno
Casoni, sono stati interpretati con energica
direzione orchestrale ed avvincente equilibrio
nei settori vocali. Nelle note finali anche il
soprano Adriana Damato ha dato un valido
contributo all'ottima interpretazione.
Particolarmente espressiva la resa coloristica.
Domani sera, sabato 19 novembre si terrà la
replica alle ore 20.00. Da non perdere.
18 novembre
Cesare Guzzardella
Prossimammente il Quartetto
Lyskamm a Vercelli
Domenica 27 novembre al Museo Borgogna (ore 21),
per la stagione concertistica della Societ‡ del
Quartetto e nell’ambito della rassegna “l’Arte
si fa sentire” è in programma il concerto del
Quartetto Lyskamm. Il quartetto d’archi italo
tedesco che, la sera successiva debutterà al
Lingotto-musica di Torino, propone in programma
il Quartetto in Sol maggiore D887 di Franz
Schubert. Il Quartetto Lyskamm è stato fondato
durante l'estate del 2008 sotto la guida di
Roberto
Tarenzi. E’ composto da due musicisti italiani,
una italotedesca e una tedesca, di età compresa
tra i 23 ed i 29 anni. Nel 2009 è entrato a far
parte della classe dell'Artemis Quartett presso
l'Università delle Arti di Berlino, città dove
attualmente risiede. Su invito del Premio Paolo
Borciani, il quartetto ha preso parte alla
masterclass dello stesso Artemis Quartett al
Festival Internazionale del Quartetto di Reggio
Emilia. Dal 2010, il quartetto segue le
masterclass organizzate dalla European Chamber
Music Academy (Ecma) presso la scuola di musica
di Fiesole (Accademia Europea del Quartetto) e
l’Università delle Arti di Vienna; in queste
occasioni, ha incontrato docenti quali Johannes
Meissl, Hatto Beyerle, Claus Christian Schuster,
Christophe Giovaninetti, Christoph Richter,
Antonello Farulli e Andrea Nannoni. Ha
partecipato inoltre alla masterclass del
Quartetto Fine Arts presso la Fondazione
Stradivari di Cremona (2008). Il Quartetto ha
ricevuto il primo premio al concorso
internazionale di musica da camera Guido Papini
- Città di Camaiore (2009) e al concorso
internazionale di musica da camera Luigi Nono di
Venaria Reale (2008). Ha inoltre ottenuto il
terzo premio ed il premio per la migliore
esecuzione del Quartetto op. 41 n. 2 di Schumann
al concorso internazionale di musica da camera
Città di Pinerolo (2009), e il premio per la
migliore esecuzione di un brano del novecento al
concorso internazionale di musica da camera
Carlo Mosso di Alessandria (2008). Nel 2010 è
stato finalista al premio internazionale di
musica da camera Vittorio Gui. Il quartetto ha
collaborato con la violista Simone Jandl
nell’esecuzione di quintetti di Beethoven e
Brahms.Lo scorso anno ha tenuto concerti per la
Societ‡ Filarmonica di Trento, gli Amici della
Musica di Padova, gli Amici del Quartetto di
Reggio Emilia e l'Associazione Amici di
Campolofeno all'Isola d'Elba; inoltre, ha
inaugurato la rassegna Brera Musica a cura della
Società del Quartetto di Milano e tenuto un
ciclo di concerti presso la Società del
Quartetto di Vercelli. Tra gli impegni più
recenti, i concerti presso il chiostro della
Basilica di Santa Croce a Firenze, Villa Ciani a
Lugano, il Festival Ad Occhi Chiusi di
Pitigliano e Villa Cagnola a Gazzada Schianno. I
biglietti sono già disponibili in prevendita
presso la Società del Quartetto. Prezzi da 11 a
5 euro. Per informazioni e prenotazioni: tel.
0161 255575.
18 novembre
la redazione
Una serata speciale per le
Serate
Musicali
Due i pianisti ospitati ieri sera
da Serate Musicali: il polacco Marcin
Koziak e l'italiana Leonora Armellini. Entrambi
giovani e con una predilezione per la musica di
Chopin. Il concerto è stato organizzato anche in
occasione della Festa
Nazionale
dell'Indipendenzadella Repubblica di
Polonia in collaborazione con il Consolato
Generale di Polonia. I due bravissimi
concertisti hanno ottenuto prestigiosi
riconoscimenti al “Concorso Internazionale
F.Chopin "di Varsavia del 2010: Koziak è
arrivato in semifinale e la Armellini ha
ottenuto il premio speciale "Janina Nawrocka"
per la “musicalità e bellezza di suono”.
Ottime le interpretazioni dei brani ascoltati
ieri sera. Il ventiduenneKoziak ha rilevato un'alta perfezione
tecnica ma soprattutto una timbrica molto
polacca nell'eseguire cinque tra i più noti
brani di Chopin. Tra quelli meglio interpretati
segnaliamo gli Scherzi op.54 e op. 31
e il Notturno op.15 n.2. La diciannovenne
Armellini ha mostrato una sicurezza
interpretativa fuori dal comune con una
splendida cantabilità specie nelle 4
Mazurche Op.33 e nell'incisiva Sonata in
si min. Op.58. Grandissimo il successo di
pubblico e un ottimo bis per l'Armellini con uno
Studio del grande polacco.
15 novembre 2011Cesare Guzzardella
Madama Butterfly
alTeatro Coccia di
Novara
All’insegna di Puccini
l’inaugurazione della stagione lirica del Teatro
Coccia di Novara, cui abbiamo assistito oggi,
domenica 13 novembre ( ma la prima assoluta ha
avuto luogo venerdì 11): la Madama Butterfly,
coproduzionedelle Fondazioni Coccia e Donizetti di
Bergamo. Sul podio il giovane Maestro giapponese
Hirofumi Yoshida, già presente in Italia nelle
ultime stagioni (a Napoli e a Palermo) , alla
guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana,
accompagnata dal
Coro
Donizetti di Bergamo e dal Balletto di Milano.
Diremo subito che questa Butterfly novarese ci è
parsa dignitosa, sia sotto il profilo musicale,
sia sotto quello scenografico e registico,
affidatoa Massimo Pezzutti. Yoshida ha diretto
bene,con una efficace concertazione evalorizzando con l’opportuno impasto
timbrico il suggestivo tessuto armonico e
melodico della partitura del grande Lucchese.
Quel che più conta, ha guidato validamente i
cantanti in scena, anche se talvolta le loro
voci ci sono giunte poco chiare, coperte dal
suono orchestrale, ma non sappiamo francamente
dire quanto questo dipenda dall’acusticadel teatro novarese…Apprezzabile la prova
di Raffaella Angeletti, una Butterfly
scenicamente attendibile, specie nei due atti
conclusivi, nel progressivo alternarsi di cieca
illusione e atroce sospetto, sino al suicidio
finale, ben recitato. Vocalmente è soprano di
voce morbida ben chiaroscurata sui registri
centrali, non sempre impeccabile su quelli
estremi. Degli altri interpreti ci sono piaciuti
in particolare lo Sharpless di Marzio Giossi,
pienamente all’altezza del ruolo di ‘antagonista
morale’ di Pinkerton, dalla pastosa voce
baritonale, e la Suzuki di Annunziata Vestri,
che con il suo registro di mezzosoprano di
particolare vigore ha dato spessore alla parte
della ‘servetta’. Non ci ha invece detto molto
il Pinkerton del giovane tenore basco
dall’impossibile nome di Andeka Gorrotxategi:
scenicamente impacciato (francamente irritante
il sorriso eternamente stampato sul suo viso per
tutto il primo atto) e vocalmente piuttosto
insignificante: la romanza “Addio fiorito
asil” del terz’atto, il numero più ad
effetto della sua parte, è suonata sulla sua
bocca alquanto sbiadita e priva in gran parte
del suo struggente coloresentimentale. Valida la proposta
registica di Pezzutti, che sceglie, delle
quattro versioni della Butterfly, secondo noi
giustamente, l’ultima, quella parigina del 1906,
e propone un allestimento essenziale,
conservando i riferimenti esotici della
tradizione, ma senza esagerare in
‘giapponeserie’ e con un suggestivo gioco di
colori e luci, da delicata stampa giapponese, ma
anche intelligentemente adatto ad accompagnare
le iridescenze cromatiche della ‘tavolozza’
pucciniana. Buon successo di pubblico, con il
Coccia tutto esaurito.
14 novembre
Bruno Busca
Roberto Cappello a Vercelli
Non è stato semplicemente un
concerto, quello offerto dalla vercellese
Società del Quartetto ieri sera, sabato 12
novembre, presso il locale Teatro Civico, ma un
ghiotto, gioioso ‘banchetto dello spirito’,
apparecchiato agli appassionati con due
‘ingredienti’ della più raffinata cucina
musicale: il programma, impaginato su un solo
pezzo, la trascrizione lisztiana per pianoforte
solo del sublime ciclo liederistico
Schwanengesang di F. Schubert, e il solista,
Roberto Cappello, figura oggi aristocraticamente
appartata dai clamori della cronaca musicale, ma
di assoluta grandezza
nel
panorama del pianismo contemporaneo, non solo
italiano ( tra i pochissimi Italiani,
ricordiamolo, ad aver vinto il primo premio
Busoni negli ultimi trentacinque anni…).Il brano eseguito appartiene a quelloche personalmente riteniamo il vertice
delle numerose e famose parafrasi e trascrizioni
di Liszt: nello Schubert rivisitato dal grande
ungherese la malinconica vena elegiaca di
schietto sapore romantico-viennesesi sposa magnificamente con il sontuoso e
sottile cromatismo tardo romantico, che nei
registri acuti sembra dissolversi in
un’atmosfera di incantevole dolcezza, mentre
nelle ottave più basse della tastiera manda
oscuri presagi di morte, fin dallo straordinario
attacco del primo brano, Die Stadt-La Ville.
Cappello ha interpretato in modo memorabile il
complesso tessuto armonico e melodico di questo
capolavoro: il suo è un suono che non ha mai
nulla di gratuito, che si stacca dalla tastiera,
nitido ed esatto, come scavato dalle profondità
più remote della partitura. L’ascoltatore
avverte che l’esecuzione non è frutto soltanto
delle stratosferiche capacità tecniche del
Maestro, ma scaturisce dal movimento interiore
del pensiero che si fa musica, coinvolgendo il
pubblico in un’intensa esperienza emozionale e
intellettuale, che ha avuto il suo momento
culminante nel branocentrale della nota Serenata: la
cullante e trepida elegia della linea melodica è
stata eseguitacon un fraseggio delicatissimo, dal suono
limpido e appena sfumato, sostenuto da un uso
raffinato del pedale e da un tocco dicristallina trasparenza. Trascinato
dall’emozione il pubblico non ha potuto
trattenere gli applausi,scrosciati davvero dal cuore, che hanno
costretto il Maestro, piacevolmente sorpreso, ad
interrompere l’esecuzione per alcuni minuti ( è
la prima volta, confessiamo volentieri, che ci
capita di assistere ad un episodio simile). Alla
fine del concerto i numerosi presenti hanno
tributato a Cappello un autentico trionfo: un
quarto d’ora buono di applausi e ovazioni,
interrotti da tre bis lisztiani, fra cui la
Trascrizione dell’Ave Maria di Schubert, di
sobria e intima dolcezza, ha ancora una volta
mostrato le eccelse qualità esecutive di un
grande Maestro. Serata indimenticabile.
13 novembre
Bruno Busca
Trombe squillanti per
I pomeriggi Musicali al Dal Verme
Ieri pomeriggio grande successo
per la replica del concerto tenuto
dall'orchestra de “I
Pomeriggi Musicali” guidati per l'occasione
dal direttore Carlo De Martini. Il programma,
tutto settecentesco, prevedeva brani di Haydn,
Vivaldi e Mozart. La prima parte tutta haydniana
ha visto sul palco il noto trombettista Gabriele
Cassone che con una tromba
d'epoca
a
"chiavi" ha interpretato il
celebre
Concerto per tromba e orchestra hob.VII 1 di
J.Haydn. Questo è stato anticipato dalla breve
ma efficace
Marcia
per la Reale Società dei Musicisti composta
da Haydn qualche anno prima del brano
trombettistico ed eseguita come introduzione al
concerto ed in perfetta unità stilistica con il
medesimo. Nella seconda parte il breve ma
intenso
Concerto per due trombe, archi ebasso
continuo di A.Vivaldi ha messo in risalto
oltre che la tromba
naturale
di Cassone anche quella sempre
naturale
di Luciano Marconcini. Ottima l’esecuzione. Due
i bis proposti da Cassone tra cui delle
virtuosistiche Variazioni sul tema del
Carnevale
di
Venezia per la più moderna tromba o meglio
cornetta a
pistoni.
Ultimo brano proposto dalla compagine
orchestrale la
Sinfonia
n.20 K.133, opera giovanile di W.A.Mozart,
diretta impeccabilmente da De Martini ed
eseguita con rigore stilistico dall'orchestra de
I Pomeriggi. Lunghi applausi al termine.
Prossimo concerto il 17 e 19 novembre con il
pianista Ilya Kim e la direzione di Vittorio
Parisi. Verranno eseguite musiche di Liszt,
Weber e Brahms.
13 novembreCesare Guzzardella
Il pianista Bronfman per il
Quartetto
in Conservatorio
Yefim Bronfman è un pianista nato
nel 1958 a Tashkent in Russia. Ha studiato negli
Stati Uniti con grandi interpreti quali Rudolf
Serkin e Leon Fleisher. Lo spessore musicale
ereditato dalla migliore scuola pianistica russa
e statunitense
l'abbiamo
riscontrato nel bellissimo concerto tenuto ieri
in Conservatorio per la
Società
del Quartetto. Il programma, particolarmente
impegnativo, prevedeva la
Terza
Sonata op.5 di J.Brahms, tra brani da
Études
d'exècution trascendante di F. Liszt e la
Sonata
n.8 op.54 di S.Prokof'ev. Se si volesse
stabilire un ordine di preferenza dei brani
ascoltati, Brahms andrebbe segnato al primo
posto. La resa interpretativa di Bronfman
dell'amburghese è stata avvincente sotto ogni
profilo. Il suono pesato con giuste pause e
dinamiche diversificate, ha sottolineato il
mondo brahmsiano con espressività che da molto
tempo, per questo autore, non si ascoltava.
Efficace anche Liszt specie in
Mazeppa
e in
Chasse-neige. La difficile sonata di
Prokofe'ev, resa celebre da grandissimi quali
Gilels o Richter, ha trovato un ottimo
interprete in Bronfman. Maggiori contrasti
ritmici e percussivi avrebbero forse giovato ad
una esecuzione che ha avuto nella fluidità e
nella morbidezza una sua connotazione. Di
altissimo livello i due bis proposti con uno
Studio di Chopin impeccabile e un equilibrato e
pregnante brano di Paganini-Liszt. Grandissimo
successo. Da ricordare. Prossimo concerto per il
Quartetto
giovedì, 29 novembre con Andràs Schiff che
eseguirà “variazioni” di grandi autori classici.
9 novembreCesare Guzzardella
Aldo Ceccato
dirige la Sinfonica e il Coro Verdi nel
Requiem
di G.Verdi
Era tra quelli imperdibili il
concerto tenuto dalla “Sinfonica Verdi”
all'Auditorium milanese. Domenica pomeriggio la
grande sala, stracolma di pubblico, ha accolto
con grandi applausi il bravissimo direttore Aldo
Ceccato per terminare con una vera e propria
ovazione. In programma la celebre
Messa da
Requiem di Giuseppe Verdi, un brano che
prevede
l'utilizzo di una grande orchestra, uno
sterminato coro e quattro voci soliste. Verdi
scrisse questo capolavoro per commemorare la
scomparsa di Alessandro Manzoni avvenuta nel
maggio del 1873. L'esecuzione ebbe luogo
esattamente l'anno successivo e nel medesimo
giorno, il 23 maggio, presso la chiesa di San
Marco a Milano. Pochi giorni dopo la Messa venne
replicata per ben tre volte al Teatro alla Scala
e anche in questa sede il successo fu clamoroso.
Nell'esecuzione della lunga partitura, ieri
pomeriggio il Maestro Ceccato ha deciso
un'intervallo -all'epoca lo aveva previsto anche
Verdi-dopo il
Dies
irae. Eccellente l'interpretazione
ascoltata. I tempi molto equilibrati, gli
efficaci sbalzi dinamici nelle suadenti
timbriche, l'ottimo coro preparato da Erina
Gambarini e un cast vocale di grande levatura,
oltre ai bravissimi orchestrali, hanno portato
al grande successo. Ricordiamo le luminose voci
soliste: Francesca Scaini,
soprano,
Giovanna Lanza,
mezzosoprano, Tomas Cerny,
tenore,
ed infine Martin Gurbal voce di
basso.
Da ricordare. Prossimo concerto per la Stagione
sinfonica l'8-11-12 novembre con la Xian che
dirige musiche di Rossini, Rossini-Britten e
Beethoven (Settima
sinfonia). Da non perdere.
7 novembreCesare Guzzardella
Raymonda
di Glazunov-Petipa alla Scala
Al Teatro alla Scala ultima
replica del balletto
Raymonda
su musiche di Aleksandr Glazunov e le
coreografie di Marius Petipa. La direzione
orchestrale per l'occasione è affidata a Michail
Jurowski. Il lavoro in tre atti ebbe la prima
rappresentazione
nel 1898 a San Pietroburgo.
Raymonda(foto
Archivio Scala) è ambientato in epoca
cavalleresca ed è in uno stile classico tipico
dei balletti russi del periodo. Ieri sera
l'ottima direzione musicale di Jurowski ha
evidenziato l'impeccabile maestria di
Glazunov nel fondere la musica antica dei
troubadours francesi, di immediata presa
emotiva, insieme alle più complessetimbriche e armonie di stampo wagneriano.
Alcuni facili motivi di più leggera fattura in
stile
valzer viennese erano perfettamente
amalgamati con il resto in una scrittura
compositiva di elevato spessore musicale. Il
bellissimo balletto ha trovato le scenografie di
Allegri-Lambin-Ivanove i costumi di Ivan Vsevoloźskijin perfetta simbiosi con la musica. Di
grande eleganza il corpo di ballo scaligero e di
alto livello i ballerini interpreti della decima
rappresentazione: Petra Conti in
Raymonda,
Antonino Sutera nel cavaliere
Jean deBrienne
e tutti gli altri. Bravissima la Filarmonica e i
suoi solisti. Sala del Piermarini al completo
per una rappresentazione tra le migliori della
Stagione. Lunghi e fragorosi applausi al
termine.
5 marzoC.G.
La
Russian
Academic Synphony Orchestra ed Elisso
Virsaladze in Conservatorio
Ieri sera le
Serate
Musicali hanno portato in Conservatorio una
prestigiosa formazione orchestrale di Voronezh :
la
Russian Academic Symphony Orchestra diretta
dal direttore principale Vladimir Verbitsky.
Questa sera l'Orchestra
farà
un bis con un altro programma e un'altra grande
solista: Natalia Gutman.
Il
programma della serata ascoltata ieri prevedeva
l'esecuzione di brani di Glinka, Schumann e
Čajkovskij. L'energico brano introduttivo, l'Ouverture
"Ruslan e Ludmilla" del primo maestro russo
ha evidenziato lo spessore direttoriale di
Verbitsky giocato sul virtuosismo degli
orchestrali in una esecuzione di immediato
impatto sonoro. Nel celebre concerto
schumanniano la protagonista georgiana Elisso
Virsaladze, annuale ospite delle Serate
Musicali, ha ancora una volta mostrato il suo
splendido tocco pianistico che trova in Schumann
il suo ideale compositore. Impeccabile il colore
delle timbriche evidenziate nei nitidi piani
sonori e di profonda valenza espressiva la
componente melodica. Valida ma non altrettanto
eccellente la parte orchestrale. Nella seconda
parte della serata abbiamo ascoltato una
energica interpretazione della
Sinfonia
n.4 di P.I.Čajkovskij. Grande successo di
pubblico e due bis. Questa sera la Gutman.
Da non perdere.
4 novembreCesare Guzzardella
Concerto Straordinario
per la Fondazione Don Carlo
Gnocchi alla Scala
E' stato una splendida serata
musicale quella di ieri sera al Teatro alla
Scala. Il concerto sinfonico, a sostegno della
Fondazione Don Carlo Gnocchi, vedeva due
protagonisti della scena mondiale: il giovane
direttore israeliano Omar Meir Wellber e il
pianista polacco Emanuel Ax. In programma una
struggente rarità di Puccini,
Crisantemi, il noto
Concerto
n.5
"Imperatore" di L.v.Beethoven e la
Sinfonia
n.4 in fa minore op. 36 di P.I.Čajkovskij.
Crisantemi è un
quartetto
d'archi, poi ampliato per orchestra d'archi,
scritto da Giacomo Puccini in una notte nel 1890
per commemorare l'improvvisa morte di Amedeo di
Savoia figlio di Vittorio Emanuele II. E' uno
struggente capolavoro che evidenzia cupe e
laceranti timbriche rese ottimamente dalla
sezione degli archi della Filarmonica scaligera
e dal trentenne direttore Wellber. Cambiamento
di tono con il brano successivo beethoveniano.
Il
Concerto "Imperatore" è caratterizzato da
una grande estroversione nel primo e terzo
movimento mentre l'Adagio
un poco mosso centrale è una geniale
riflessione melodica ricca di contemplazione e
soave sentimento. Emanuel Ax ha centrato
l'obiettivo dell'equilibrata e classica
interpretazione. Il pianista, tra i migliori
interpreti "classici"della sua generazione, ha sostenuto il
ruolo primario del concerto elargendo
sonorità
chiare e delicate nelle parti più melodiche e
sicurezza timbrico-armonica in quelle più
solenni. Ottima la direzione di Wellber e la
resa orchestrale. Eccellente il bis pianistico
di Ax con un luminoso valzer di Chopin. Dopo
l'intervallo la Filarmonica della Scala nella
sua veste allargata ha affrontato la Sinfonia di
Čajkovskij. La direzione di Wellber ha trovato
espressività migliore nelle parti più estroverse
e spesso fragorose del noto lavoro del russo.
Nei momenti più introversi e meno ridondanti,
come nel
pizzicatoostinato
dello Scherzo, la resa timbrica non ci è apparsa
altrettanto adeguata. Meritati applausi a
conclusione. Ricordiamo che chi volesse
sostenere le attività della Onlus Fondazione Don
Carlo Gnocchi può telefonare al numero
02-49308902 o utilizzare il C.c.p. n.737205
intestato a Fondazione Don Gnocchi Piazzale
Morandi n.6 -20121 Milano. Si può anche
consultare il sito
www.dongnocchi.it
1 novembre
Cesare Guzzardella
OTTOBRE
La donna del lago
alla Scala
Era da quasi vent’anni che la
poco rappresentata
La donna
del lago di Gioachino Rossini mancava dalla
Scala. L'opera seria a lieto fine del
compositore pesarese, su libretto di Leone
Andrea Tottola, ha avuto la prima nel 1819 al
San Carlo
di
Napoli in un momento di incredibile periodo
creativo nel quale Rossini nell'arco di quattro
annicomponeva per il teatro napoletano ben
sette opere del genere serio. Nel lontano 1992
Muti dirigeva nel teatro scaligero sette
rappresentazioni de
La donna
del lago per
la regia di Werner Herzog. Ieri sera alla prima
replica abbiamo assistito alla messinscena
diretta da Roberto Abbado, con la regia di Lluís
Pasqual, le scene di Ezio Frigerio
(foto
Archivio Scala) e i costumi di Franca
Squarciapino. Il meritato successo riscontrato
nella sala del Piermarini, per l'occasione al
completo, lo si deve soprattutto all'ottimo cast
vocale con almeno tre voci di elevato spessore
espressivo e tecnico: Juan Diego Flóres nel
ruolo di
re Giacomo V-Uberto, Joyce Didonato in
Elena
e Daniela Barcellona, coltralto
en
travesti, in
Malcon.
Bravi ancheBálint Szabo in
Duglas
D'Angus, Michael Spyres in
Rodrigo,
José Maria Lo Monaco e gli altri. Non siamo
rimasti entusiasti delle scene, sostanzialmente
un'unica scena - rappresentante l'interno di un
grande palazzo ottocentesco con vistosi
lampadari - che di volta in volta apriva
parzialmente la zona centrale per mostrare in
lontananza un esterno paesaggistico.
L'ambientazione, troppo cupa e priva di
dinamicità, aveva solo un ruolo di contorno per
gli ottimi cantanti. Grazie
alle
voci soliste e all'ottimo coro preparato da
Bruno Casoni e grazie alla valida ma non
entusiasmante direzione di Roberto Abbado, il
risultato complessivo ci è sembrato di ottimo
livello. Ovazioni per i tre maggiori interpreti.
Le prossime rappresentazioni saranno il
2-5-15-18 novembre.
Da non perdere.
30 ottobreCesare Guzzardella
IL
PRIMO PREMIODEL 62° CONCORSO INTERNAZIONALE DI
PIANOFORTE G. B. VIOTTI 2011 A
ALEXEY
LEBEDEV
Il
primo premio del 62° Concorso Internazionale
Gian Battista Viotti di Pianoforte di Vercelli è
stato assegnato a Alexey Lebedev (Russia), 31
anni. Sabato 29 ottobre 2011, al Teatro Civico
di Vercelli si è conclusa la sessantaduesima
edizione del Concorso Pianistico Viotti con la
finale con orchestra a cui partecipavano tre
candidati risultati da una selezione di tre
prove per 55 pianisti provenienti da 20 nazioni.Nel
teatro vercellese gremito di pubblico i tre
finalisti, Alexey Lebedev (foto), Artem
Yasynskyy (Ucraina-foto), Illya Zuyko
(Ucraina-foto) hanno
dato
vita ad una finale entusiasmante, caratterizzata
da uno straordinario valore artistico
considerando anche il
tour de
force a cui i concorrenti sono sottoposti
per circa dieci giorni. Hanno proposto, con la
partecipazione dell'Orchestra Sinfonica Carlo
Coccia, diretta da Alessandro Ferrari, tre
capolavori del grande repertorio sinfonico.
Artem Yasinskyy ha eseguito il Concerto per
pianoforte e orchestra in Si bemolle minore, Op.
23 di Čajkovskij, Alexey Lebedev il Concerto per
pianoforte e orchestra N. 2 in Do minore, Op. 18
di Sergej Rachmaninov, Illya Zuykoil Concerto per pianoforte e orchestra
N.1 in Mi bemolle minore di Franz Liszt. Al
termine del concerto finale, la giuria del
Concorso Viotti 2011, presieduta da Gabriel
Tacchinò
(Francia) e composta da Konstantin Bogino
(Russia), Pietro
Borgonovo
(Italia), Ruggero Laganà (Italia), Richard
Trythall (USA), Mi Kyung Kim (Corea del Sud) e
Roberto Cominati (Italia) ha deciso di
assegnare, all'unanimità, il primo premio di
16000 euro e scritture per concerti solistici e
con orchestra a Alexey Lebedev.Il secondo premio
del valore di 5000 euro è stato assegnato a
Illya Zuyko, 16 anni, che ha anche ottenuto il
premio del pubblico. Il terzo premio del valore
di 3000 euro è stato attribuito a Artem
Yasynskyy, 23 anni. Il premio Soroptimist Club
di 500 euro, per la pianista donna meritevole di
incoraggiamento è stato assegnato alla
semifinalista georgiana Ketevan Sharumashvili.
La Finale è stata ripresa dalle telecamere del
giornale online Vercelli Oggi in diretta
internet ed è possibile rivederla sul sito
www.vercellioggi.it
oppure
www.concorsoviotti.it.
Alexey Lebedev suonerà in questi giorni
all’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato
il 2 novembre, a Roma il 4 novembre, e a
dicembre in tre concerti con l’Orchestra
Filarmonica di Belgrado. Altre importanti
scritture sono previste nel 2012.Alexey Lebedev,
nato in Russia nel 1980, ha studiato presso il
Conservatorio Statale di San Pietroburgo e
attualmente si sta perfezionando presso la
Hochschule für Musik und Theater di Hannover. Ha
vinto il primo premio in vari concorsi
internazionali in Italia, Spagna, Germania,
Francia ed ha ottenuto borse di studio in
Germania. E' stato premiato con il secondo
premio al Busoni di Bolzano (2009) e al Maria
Canals di Barcellona (2011). Si è esibito in
importanti festival in Europa.
30ottobredalla redazione
Fazil Say per la
Societá
dei Concerti
Torna puntualmente in
Conservatorio il pianista turco Fazil Say.
Scoperto alcuni anni or sono dalla
Società
dei Concerti il pianista-compositore Say
ottiene sempre un meritato successo di pubblico.
Ieri sera in una Sala Verdi
colma,
ha tenuto un valido concerto iniziando con un
fuori programma dedicato alla popolazione del
suo Paese colpita proprio in questi giorni da un
violento sisma. Il brano, una sua composizione
intolata
Terra nera, ha rivelato le qualità
compositive di Fazil e la sua cifra stilistica
forgiata dal folclore turco, da linee melodiche
di stampo occidentale e da influenze jazz. Dopo
questa introduzione l'eclettico interprete è
passato al programma ufficiale che prevedeva
musiche di Bach, Beethoven, Stravinskij e del
compositore tedesco Bernd Alois Zimmermann. Say
ci ha regalato un ottimo Bach con la celebre
Ciaccona
dalla
Partita in re minore nella rielaborazione di
Busoni. Il marcato
contrastotra le diverse linee polifoniche del
brano è emerso nella rilevante lettura. Con il
brano successivo, la
Sonataop. 111
di Beethoven, il suo estroso e creativo
approccio pianistico ci ha relativamente
entusiasmato. Certamente abbiamo trovato momenti
di pregnante lirismo ed avvincente espressività
ma complessivamente il Beethoven ascoltato esce
un po’ troppo dalle linee interpretative oramai
storicizzate. Dopo l'intervallo Fazil ha
eseguito i tre brani pianistici dal balletto
Petruska
di Igor Stravinskij. Il carattere quasi
improvvisatorio della sua esecuzione con una
marcata sottolineatura
della
difficile ritmica stravinskiana ci ha rivelato
un lavoro quasi ricostruito del notissimo brano,
con tuttavia momenti di eccitante bellezza. Il
concerto terminava con una selezione di brani da
Enchiridion, un lavoro in quindici movimenti
di Zimmerman, compositore tedesco nato nel 1918
e morto nel 1970 che utilizza modalità
compositive che spaziano dalla seconda scuola di
Vienna a certo jazz. Interessante l'esecuzione.
Due i bis proposti: un brano da
Quadri di
una Esposizione di Musorskij e una
interessante composizione di Say. Successo di
pubblico.
27-10Cesare Guzzardella
Evgeny Bushkov dirige la Verdi
all'Auditorium
Ieri pomeriggio abbiamo ascoltato
l'ultima replica del concerto della Sinfonica
Verdi diretta per l'occasione dal russo
Evgeny Bushkov, ottimo direttore con ovvia
predilizione per i compositori russi. Il
programma prevedeva l'esecuzione di
brani
di Čajkovskij e Šostakovič e precisamente, del
primo, il
Capriccio
italiano e le
Suite
da Lo
Schiaccianoci e del secondo, il
Concerto
per pianoforte, tromba e archi n.1 op. 35.
Ottima l'interpretazione di Buskhov, con
timbriche
chiare ed incisive tipiche della migliore scuola
russa e di spessore la resa coloristica della
Verdi specie nella sezione dei fiati. Il
Capriccio italiano, composizione del 1880 del
primo grande russo, è una ideale coniugazione
della melodicità tipica italiana con i colori e
l'anima russa e la Verdi con il bravissimo
direttore -anche eccellente violinista - hanno colto
nel segno nell'espressività coloristica. Nel
noto ma non molto eseguito concerto del secondo
russo ottima è statala resa pianistica di Boris Petrushansky,
interprete di deciso impatto sonoro e
impeccabili le linee melodiche del bravissimo
trombettista Alessandro Caruana. Due i bis
concessi da Petrushanky,
Tango
di Stravinskij e un brano di Prokof'ev. Prossimo
appuntamento all'Auditorium per questa sera alle
ore 20.30 con un concerto per il Centenario del
Liceo Classico Berchet e con i giovanissimi
pianisti Luca Buratto e Luca Zilianti.
24 ottobreCesare guzzardella
La XIV stagione concertistica
del Viotti Festival a Vercelli
Siè aperta ufficialmente ieri 22 ottobre a
Vercelli,tra gli splendidi affreschi gaudenziani
della chiesa di S. Cristoforo, la XIV stagione
concertistica del Viotti Festival, il cui
programma, presentato al pubblicodal Direttore Artistico, la pianista
Cristina Canziani e dal giovane, bravissimo
musicologo Andrea Malnati,promette quest’anno agli appassionati
della musica “forte” momenti di vera gioia (i
nostri lettori potranno prenderne visione sulle
pagine precedenti delgiornale).La serata inaugurale era
naturalmente affidata all’orchestra “stabile”
del festival vercellese, la Camerata ducale,
che,
con il suo Direttore e violino solista Guido
Rimonda, è ormai una realtà riconosciuta ben
fuori dai confini piemontesi: grande il successo
ottenuto con la sua tournée estiva in Giappone,
mentre si annuncia l’inizio di una promettente
attività di registrazioni discografiche. Il
programma, piuttosto nutrito, presentava una
serie di brani per violino e orchestra
del’7-‘800, noti e meno noti: l’Ouverture
dall’opera L’anima del filosofo di Haydn, il
Rondeau dalla mozartiana Serenata in
re maggiore Haffner KV 250 , il Rondò
elegant op.9 per violino e orchestra di
Henri Wieniawski erano per così dire il
“contorno” del programma, il cui “piatto forte”
era rappresentato da quattro brani nei quali il
limpido fraseggio melodico del violino
“italiano” si unisce al più impegnativo
virtuosismo: due di Viotti, la celeberrima
Meditazione in preghiera el’ inedito Tema con variazioni per
violino e orchestra, una chicca datata 1781,
che consiste in una serie di acrobatiche
variazioni sul tema della Marsigliese,
circa dieci anni prima che la ‘inventasse’
Rouget de Lisle…! A seguire due brani di
Paganini, Le streghe op. 8 e il Tema e
variazioni ‘per la Granduchessa di Parma’.
Ancora una volta l’assoluto protagonista
dell’impaginato, il violino di Rimonda, ha dato
prova delle sue indiscutibili qualità esecutive,
capaci di interpretare al meglio l’espressività
preromantica di Haydn, come l’avvolgente melodia
della Meditazione di Viotti, con un suono
caldo e intenso, sorretto da una cavata sempre
limpida ed esatta. Ma, com’è ovvio, Rimonda ha
strappato al pubblico i più entusiastici
applausi con i numeri di più arduo virtuosismo,
che hanno messo alla prova le sue ottime
capacità tecniche, dal Rondeau di Mozart
alle pagine dei due italiani, ricche di doppie
corde, di vertiginosi pizzicati e di vere
acrobazie sul cantino. Nulla ha invece potuto, a
nostro avviso, il pur bravissimo Rimonda, per
riscattare dalla più assoluta mediocrità il
tedioso Rondò di Wieniawski, privo di una
qualsivoglia idea musicale degna di tal nome.
Con il bis della Meditazione di Viotti,
nume tutelare del Festival, tra gli scroscianti
applausi del gran pubblico presente (tutto
esaurito), si è concluso questo primo,
interessante appuntamento con la nuova stagione
concertistica vercellese.
23 ottobre
Bruno Busca
Il pianista Romanovsky e la
Filarmonica di Stoccarda in Conservatorio
Ieri sera per la stagione de
La
Società dei Concerti è tornata in
Conservatorio la Stuttgarter Philarmoniker
guidata dal
direttore
stabile
Gabriel Feltz. Il programma prevedeva musiche di
Sergej Rachmaninov e precisamente il noto
Concerto
n.3 in re minore e la poco frequentata
Sinfonia
n.1 in re minore. Al pianoforte nel primo
branol'affermato pianista ucraino Alexander
Romanovsky ha dato sfoggio di esemplare
virtuosismo. Il ventisettenneinterprete ha all'attivo la vittoria di
numerosi concorsi internazionali tra cui il
prestigioso “F.Busoni” ottenuto all'età di
diciassette anni. L'interpretazione fornita da
Romanovsky, ben sottolineata dalla valida
orchestra tedesca, ha evidenziato una esemplare
sicurezza esecutiva forgiata da un virtuosismo
trascendentale non fine a se stesso ma ben
relazionato con le timbriche tipiche del grande
Maestro russo. Anche i passaggi più arditi sono
stati messi in risalto con ottima espressività.
Eccellente il bis proposto con un preludio
ancora di Rachmaninov. Valide la direzione e
l'esecuzione orchestrale nella Sinfonia. Grande
successo in una Sala Verdi stracolma. Prossimo
appuntamento per mercoledì 26 ottobre con il
pianista turco Fazil Say.
Da non perdere.
20OttobreCesare Guzzardella
Uno splendido Stravinskji per
il duo Lonquich-Barbuti alle
Serate
Musicali
E' rincominciata ieri sera in
Conservatorio la nuova stagione concertistica
delle
Serate Musicali. Il pianista Alexander
Lonquich in duo con Cristina Barbuti, ottima
pianista, hanno interpretato musiche di Debussy,
Schubert e Stravinskij.
Entusiasmante
è stata l'esecuzione della celebre
Sagra
della primavera nella versione per
pianoforte a quattro mani. Questa versione era
stata trascritta dal compositore russoper accompagnare i ballerini nella
preparazione coreografica di Djaghilev. La
partitura, pur mancando dei fondamentali colori
orchestrali che solo la grande orchestra
sinfonica può garantire, è comunque di un
interesse straordinario per quanto concerne la
componente ritmica. I due eccellenti pianisti,
in coppia anche nella vita, sono stati brillanti
e sinergici nel definire ogni dettagli tecnico,
dinamico e soprattutto espressivo del complesso
lavoro ancora oggi considerato il capostipite
della musica moderna novecentesca. In apertura
abbiamo ascoltato, sempre a quattro mani, un
ottimo Debussy con
Six
Epigraphes Antiquese un notevole Schubert con il
Divertimento all’ungherese in sol min. D.818
. Grande successo di pubblico e un bis di Erik
Satie. Da ricordare. Prossimo concerto delle
Serate mercoledì 19 ottobre al Dal Verme con i
Sei Brandeburghesi di Bach eseguiti
dall’Orchestra di Padova e del Veneto. Da non
perdere.
18 ottobreCesare Guzzardella
A
Vercelli il 62° Concorso Internazionale di
pianoforte "GIAN BATTISTA VIOTTI 2011"
89 pianisti provenienti da 20 nazioni mondiali
daranno vita, a partire dal 20 ottobre 2011, al
Teatro Civico di Vercelli, alla 62esima edizione
del Concorso Internazionale di Musica Gian
Battista Viotti. Il Viotti può vantare uno dei
percorsi musicali e artistici più prestigiosi.
Musicisti che più tardi hanno avuto una
straordinaria carriera si sono cimentati a
Vercelli, da AlexanderJenner aClaudio Abbado a Daniel Bremboim a Angela
Hewitt, solo per citarne alcuni.
Dal 2006 il Concorso
ha assunto cadenza biennale, alternando, di anno
in anno, le sezioni di Canto e di Pianoforte.
L’ultima vincitrice del Concorso pianistico
(2007) è stata la croata Martina Filjak, artista
che sta ottenendo oggi grande successo
internazionale. L’ultima edizione nel 2009 ha
visto l’assegnazione del secondo premio a Stefan
Ciric. Le nazioni rappresentate a questa
edizione del Concorso sono Giappone, Russia,
Italia, Ucraina, Germania, Corea del Sud,
Olanda, Cina, Austria, USA, Polonia, Georgia,
Estonia, Spagna, Nuova Zelanda, Romania, India,
Bielorussia, Lituania, Kazakhstan. Il più
giovane candidato è il russo Ilya Zuyko di 16
anni. Alcuni dei partecipanti sono stati
selezionati tra i vincitori di concorsi
pianistici internazionali iscritti alla
Federazione Mondiale dei Concorsi di Musica.
Per informazioni e
biglietti: Società del Quartetto tel.
0161.255.575 – 0161.252.667,
segreteria@concorsoviotti.it. Per maggiori
informazioni:
www.concorsoviotti.it.
18 ottobre
dalla redazione
Der Rosenkavalier
alla Scala
Continuano le repliche al Teatro
alla Scala dell'opera di Richard Strauss
Der Rosenkavalier.
La messinscena sia per la regia che per le scene
e i costumi è quella di Herbert Wernicke,
l'artista tedesco prematuramente scomparso nel
2002 a Basilea dopo una breve malattia. La
replica di ieri sera ci è sembrata
particolarmente valida per quanto concerne la
direzione
musicale di Philippe Jordan, giovane ed
affermato direttore svizzero, e ben interpretata
dal cast vocale che vedeva Peter Rose nel ruolo
del
BaroneOchs,
Anne Schwanewilms nella
Marescialla
(foto Archivio Scala), Joyce Didonato in
Octavian,Jane Harchibald in
Sophie
e Hans-Joachim Ketelsen in
Faninal.
Ottima la resa attoriale. Per quanto
concerne la scelta d'ambientazione non ci è
piaciuta la scenografia del primo atto mentre
particolarmente riuscita anche se molto
tradizionale, quella del secondo. Buono l'ultimo
atto. L'opera di Strauss su testi di
Hofmannsthal, il librettista prediletto del
compositore, trovò immediato successo sino dalla
prima rappresentazione di Dresda del gennaio
1911. L'atmosfera musicale legata anche al
valzer viennese pur nella complessa e non facile
modalità stilistica di Richard Strauss, è di
immediata presa al grande pubblico. Il lavoro è
un rilevante esempio di teatralità all'interno
del quale la musica è fondamentale struttura
portante. Grande successo di pubblico in un
teatro al completo. Prossime repliche il 13- 17
e 20 ottobre.
Da non perdere.
11ottobreCesare Guzzardella
Aldo Ceccato interpreta
Antonín
Dvořák
all’Auditorium
Aldo Ceccato è tornato sul podio
dell’Orchestra Sinfonica Verdi per un nuovo
ciclo di concerti sinfonici che hanno come
protagonista il compositore ceco
AntonínDvořák.
Nella replica di ieri pomeriggio abbiamo
ascoltato la
Serenata
in mi magg.Op.22, la
Serenata
in re min. op. 44 e la celebre
Sinfonia
n.9 op.95 “Dal
nuovo mondo”. La lettura di Dvořák
espressa da Ceccato ha esaltato le qualità di
questo grande compositore purtroppo ancora poco
eseguito in Italia. La popolarità della Sinfonia
“Dal nuovo mondo” eseguita in questo primo
concerto sinfonico ha introdotto un
artista contemporaneo di Brahms che merita una
maggior attenzione specie per il corposo
repertorio sinfonico. Ceccato, in passato
direttore dell’Orchestra Filarmonica di Brno,
eseguirà molti lavori di Dvořák
come le Sinfonie n.7 e n.8, i concerti per
violino e per pianoforte e altri che meritano
una più frequente esecuzione. Particolarmente
felice l’esecuzione ascoltata della Serenata
Op.22 interpretata con delicatezza e luminosità.
Eccellenti l’equilibrio timbrico e la chiarezza
espositiva della Sinfonia “Dal nuovo mondo”. La
Sinfonica Verdi attraverso la mediazione di un
grande ed esigente direttore ha esaltato le
ottime qualità di tutti i giovani strumentisti.
Grandissimo successo di pubblico. Prossimo
concerto della stagione sinfonica per giovedì 20
ottobre (repliche venerdì e domenica) con
musiche di Caikovskij e Sostakovic. Aalla
direzione della Verdi ci sarà Evgeny Bushkov.
10ottobreCesare Guzzardella
Un compleanno speciale per
Paul Badura-Skoda in Conservatorio
Ieri sera in Conservatorio si è
inaugurata la nuova stagione concertistica de "La
Societàdei
Concerti" con un grande del pianoforte quale
Paul Badura-Skoda. Il pianista viennese ha
compiuto proprio ieri in Sala Verdi 84 anni,
portati benissimo, suonando i suoi amati
classici: Mozart, Beethoven e Schubert. Una
targa speciale gli è stata offerta al termine
della bellissima serata da Antonio Mormone,
presidente della storica società concertistica.
Si rimane ancora stupiti dalla formidabile
chiarezza espositiva ascoltata nel repertorio
classico proposto e precisamente la
Fantasia
in do min. K475 di Mozart, la
Sonata in
do
min. Op.111 e
la
Sonata in
si bem. Magg. D.960 di Schubert. Tre brani
notissimi interpretati con lucida luminositàe rigore espressivo specie quando le
sonorità risultavano più rarefatte e l'elemento
riflessivo è maggiormente presente. Bellissimo
soprattutto Schubert con un
Andante
sostenuto di rara bellezza e uno
Scherzo
e un
Allegro finale particolarmente equilibrati
nelle dinamiche. Lunghissimi applausi, un
ringraziamento da parte del celebre pianista e
unottimo
bis con un
Improvviso di Schubert.
Da ricordare.
7 ottobre
Cesare Guzzardella
La musica di HelmutLachenmann per il
Festival di Milano Musica
Siamo arrivati al ventesimo anno
del
Festival Milano Musica, l'importante
rassegna milanese dedicata alla musica
contemporanea diretta da Luciana Pestalozza e
patrocinata dal Teatro alla Scala. Quest'anno i
Percorsi
di musica d'oggi, dieci concerti sinfonici e
cameristici, sono dedicati al compositore
tedesco Helmut Lachenmann (Stoccarda,1935
-foto). In ben sei concerti infatti sono
presenti sue composizioni e ieri sera, nel
concerto di apertura
tenuto
per l'occasione al Teatro alla Scala, è stato
eseguito un suo recente lavoro orchestrale
denominato
Schreiben
(2003-2005). L'orchestra scaligera era diretta
da Roberto Abbado. Il bellissimo brano
Requies
(1984-85) di Luciano Berio ha introdotto la
serata mentre la
Sinfonian.4 in re
min.op.120 di Schumann ha concluso il
concerto guadagnandosi al termine, fragorosi
applausi in una sala al completo. Decisamente
valida la direzione di Roberto Abbado, direttore
che ha il merito di esprimersi con sicurezza ed
espressività in ognirepertorio, da quello lirico ai classici
sinfonici, ma con una predilezione per quello
novecentesco e contemporaneo.
Il brano iniziale di Berioera un canto espresso polifonicamente
dalle timbriche orchestrali secondo modalità
tipiche della musica corale. Berio, che amava
profondamente la vocalità, specie femminile, è
stato un
maestro nel tradurre con ardite timbriche
strumentali le voci umane.Abbado ha colto in toto la delicatezza e
la trasparenza compositiva del bellissimo lavoro
interpretandolo con profondità espressiva e
restituendo il linguaggio inconfondibile del
Maestro ligure in modo impeccabile. Con il
suggestivo lavoro di Lachenmann, eseguito al
termine della prima parte della serata,il contrasto con la delicata musica di
Berio è emerso in modo prepotente. Lachenmann,
conosciuto al pubblico di musica contemporanea e
poco noto a quello più numeroso della classica
ha studiato per alcuni anni anche con il nostro
Luigi Nono. Non è facile la sua musica. La sua
ricerca è legata alla musica concreta, al mondo
degli effetti e dei rumori. In molti suoi
lavori, come anche in
Schreiben,l'effetto rumoroso, ottenuto usando gli
strumenti in modo inconsueto, costituisce la
base di partenza e di arrivo dei suoi lavori. La
sua musica parte da Cage per arrivare allo
strutturalismo o a modalità costruttive definite
razionalmente in ogni dettaglio.
Schreiben alterna lunghe sequenze concrete
ed effettistiche a momenti di tagliente e corale
incisività strumentale. Bravissimi gli
orchestrali scaligeri nell'interpretazione del
lavoro. Al termine lunghi applausi anche al
compositore presente in sala. L'ultima sinfonia
di Schumann, la Quarta, è un lavoro di grande
maturità. Abbado ha centrato il segno donandoci
una pregnante interpretazione, con una cifra
stilistica mitteleuropea molto germanica. Uno
splendido Schumann. Il prossimo concerto della
rassegna si terrà mercoledi 5 ottobre
all'Auditorium San Fedele e verranno eseguiti
due brani di Lachemmann,
Pression e
Triofluido
e
musiche di Stroppa, Platz, Stier e Mundry.
Da non perdere.
3
ottobreCesare Guzzardella
CONVEGNO E CONCORSO
INTERNAZIONALE DI CHITARRA CLASSICA “MICHELE
PITTALUGA” – CITTÁ DI ALESSANDRIA EDIZIONE 2011
Sabato 1 ottobre ’11 si è tenuto presso
l’Auditorium “Michele Pittaluga” (foto ) del
Conservatorio “A. Vivaldi” di Alessandria la 16a
edizione del Convegno Internazionale di
Chitarra. Anche quest’anno vi sono stati
contributi da parte di musicologi e docenti di
Conservatori riguardanti il mondo della chitarra
classica (e non solo); tra gli altri è
intervenuto il Mo Ugo Orlandi,
mandolinista, docente presso il Conservatorio
“G. Verdi” di Milano, con un’interessante
relazione sulla figura di Carlo Munier,
compositore mandolinista e chitarrista (Napoli1859 – Firenze 1911), autore di unmetodo per mandolino e per chitarra.Orlandi ha sottolineato la straordinaria
vicinanza tra il mondo della chitarra e quello
del mandolino, di come essi abbiano “combattuto”
la stessa battaglia per il riconoscimento
statale del diploma di strumento; ha poi sfatato
il luogo comune che offre un'immagine delmandolino come strumento partenopeo,
confermando invece un'origine policentrica,
diffusa anche e soprattutto nel nord Italia.L'intervento si è valso digradevolissime esecuzioni di branimusicali composti da Munier per
mandolino solo, chitarra sola,duetti di mandolini e un quintetto
finale, con la partecipazione del Quintetto
Munier (Ugo Orlandi, Raffaele La Ragione,
mandolino; Camilla Finardi,
mandolino/mandola; Andrea Bazzoni,
mandola/mandoloncello; Luisa Conter, chitarra).
Altro intervento è
stato quello della liutaia Silvia Zanchi,docente di Verniciatura a gommalacca a
tampone presso la Civica Scuola di Liuteria di
Milano, che ha raccontato la sua esperienzacomeliutaiadedita alla costruzione ed al restauro di
strumenti musicali a pizzico.
Il maestro Piero
Bonaguri, docente di chitarra presso il
Conservatorio di Bologna, ha invece illustrato e
eseguito alla chitarra alcune composizioni di
autori contemporanei, pubblicate nei 4 volumi
della “Antologia di studi e pezzi introduttivi
alla musica contemporanea”dalla casa editrice Ut Orpheus 2011. Tra
i brani suonati citiamo “Lontano” di Roberto
Tagliamacco,con un carattere vagamente“new age”; “Quasi modo” di Paolo
Ugoletti, con reminiscenze dal canto
gregoriano. Sempre pubblicato dalla casa editriceUt Orpheus è il libro sulla vita del
grande chitarrista Alirio Diaz (1923, Carora,
Venezuela), scritta dal musicologo e chitarrista
Stefano Picciano, seguito da un breve ma intenso
intervento del figlio di Alirio Diaz,
Senio
Diaz.
Una serie di
concerti ha concluso i lavori delconvegno:la talentuosa Alberta Khouri, la più
giovane concorrente del concorso (16 anni)ha eseguito “Variazioni su un tema di
Sor” di M. Llobet e “Introduzione e capriccio”
di G. Regondi; Paolo Pegoraro, con un bellissimo
suono e dimostrando una grandemaestrìa ha eseguito la “Sonata III” di
M. Ponce e“Fantasia Sevillana” di J. Turina; il duo
(coniugi) Michael Newman e Laura Oltman
docenti presso il
Mannes College The New School for Music di
New York , hanno suonatopregevoli trascrizioni per due chitarre
di I. Albeniz; infine lo spagnoloFrancisco Sanchez Bernier(già vincitoredell’edizione del concorso Pittaluga nel
1996) ha eseguito seguendo un percorso
cronologico che va dalle “Variazioni su un tema
di Mozart” op 9 di F. Sor, al “Tiento” di M.
Ohana finoad una splendida “Saudade” nr 3 di R.
Dyens.
Sono seguite le
consuete premiazioni: ricordiamo in particolare
la chitarra d'oro per la composizionedata a Ennio Morricone (non intervenuto
al Convegno), per la didattica a Carlo Carfagna;
premio speciale “Una vita per la chitarra” a
Konrad Ragossnig (non intervenuto al Convegno);
miglior CD a Paolo Pegoraro (“Fararecords”
2010).
Alla sera si è svolta presso il Duomo di
Alessandria l'attesafinale della 44° edizione del concorso di
chitarra “Michele Pittaluga”.Due dei tre finalisti hanno suonato il
“dionisiaco” (citando le parole di Biraghi che
presentava la serata) concerto Elegiaco nr. 3
per chitarra e orchestra del compositore
contemporaneo cubano Leo Brouwer, diviso in tre
movimenti: Tranquillo, Interlude,
Finale-Toccata;
la seconda finalista ha invece
eseguito il concerto op. 30 di Mauro Giuliani,
compositore pugliese di inizio ‘800, diviso
ancora in tre movimenti, Maestoso,
Andantino-Siciliano, Polonaise.
La giuria, formata daNorbert Kraft,Thomas Müller-Pering, Shin Ichi Fukuda,
Michael Newman,Laura Oltman, Massimo Felici e Micaela
Pittaluga, ha dato il
primo
premio (13.000 euro più varie tournee
di concerti e un
CD da registrare con laNaxos) al chitarrista messicano
Cecilio Perera (foto in alto), che ha
eseguito il concerto elegiaco di Brouwer, con un
suono molto robusto e deciso, e soprattutto con
musicalità e una buona sintonia con l'orchestra;
il secondo premio è invece andato allachitarrista coreana
Park
Kyuhee (foto) che quest'anno si è
cimentata conil concerto di Mauro Giuliani op. 30,
eseguito curando particolarmente il fraseggio,
l’agogica e l’aspetto ritmico. Forse il suono
era a tratti un po’ debole. Infine il terzo
premio è stato attribuito al chitarrista
venezuelano
Jonathan
Bolivar
(foto), che ha suonato ancora il concerto
elegiaco, con una performance effettivamente
meno convincente dal punto di vista della
“sinergia” con l’orchestra.
3 ottobre 2011
Alberto Cipriani
SETTEMBRE
Il ritorno di Ulisse in patria
alla Scala
Continuano le repliche al Teatro alla Scala
dell’opera di Claudio Monteverdi
Il
ritorno di Ulisse in patria. Non è facile
l’ascolto di quest’opera monteverdiana, composta
dal cremonese nel 1640 per un teatro di Venezia.
Pochi sono gli episodi strumentali, rare le
arie, mentre l’intreccio contenutistico si
sviluppa su una continua successione di
recitazione
intonata.
La musicalità e la teatralità del lavoro di
Monteverdi nasce dalla lettura del testodi Giacomo Badoaro espresso da una
nutrita presenza di personaggi, ben quindici,
che si alternano sul palcoscenico nel corso dei
tre atti. Il prologo e i tre atti sono stati in
questa rappresentazione, anche per ragioni di
tempo, raggruppati e suddivisi in due parti.
Avvincente la resa complessiva
siaper la qualità dei cantanti presenti
sulla scena, sia per la regia di Robert Wilson –
anche scenografo e autore delle determinanti
luci- sia per l’eccellente direzione musicale di
Rinaldo Alessandrini. Quello che colpisce
maggiormente è la resa artistica ottenuta dovuta
a unità estetiche di tutte le componenti
teatrali. Wilson ha splendidamente interpretato
il testo trovando una perfetta sintesi tra le
essenziali e geometriche scene, la componente
luminosa e la direzione degli attori, perché
oltre che di cantanti, di ottimi attori
trattasi. Anche l’intonata scelta dei costumi di
Jacques Reynaud ha contribuito alla
realizzazione ed al successo di questa
messinscena. Tra i cantanti, tutti all’altezza,
citiamo almeno l’Ulisse
di Furio Zanasi,
Penelope
con Sara Mingardo,
Melanto
con Monica Bacelli (foto Archivio Scala),
Minerva
con Anna Maria Panzarella,
Telemaco
con Leonardo Cortellazzi, e tutti gli altri.
Ottima la direzione di Alessandrini alla guida
anche del gruppo Concerto Italiano, interpreti
di raffinate sonorità che utilizzano strumenti
originali. Avvincente la parte corale preparata
da Casoni. Da ricordare e da non perdere.
Prossime repliche il 28 e il 30 settembre.
27
settembreCesare Guzzardella
Un brano di Antonioni e musiche
di
Čajkovskij all’Auditorium
Nell’ultima replica domenicale di ieri
pomeriggio abbiamo ascoltato dalla Sinfonica
Verdi un brano del 2006 di Francesco Antonioni
(foto) denominato
“Giga per
orchestra” e quindi musica di Pёtr Il'ič
Čajkovskij con Simone Pedroni solista al
pianoforte nel celebre
Concerto
per pianoforte e orchestra n. 1 in Si bemolle
maggiore op. 23 e la
Sinfonia
n. 4 in Fa minore op. 36, il tutto per la
direzione di Zhan Xian. Scritto e ben
orchestrato, il lavoro di
Antonioni,
rivisitato nel 2009, ha come supporto una grande
orchestra che ieri ha esaltato con competenza e
ricchezza espressiva i numerosi contrasti
timbrici della Giga. La scrittura, chiara ed
essenziale, mostra al primo ascolto una cifra
coloristica di ottimo livello per una ricchezza
d’invenzione accattivante in tutto il brano
dalla durata di circa dieci minuti.
Applausial termine. Il concerto di
Čajkovskij, forse il brano
pianistico-orchestrale più popolare del genere,
ha visto il deciso e incisivo tocco del novarese
Simone Pedroni, pianista noto e vincitore nel
1992 del Concorso internazionale Van Cliburn.
Energica la direzione di Zhan Xian e di qualità
la parte pianistica seppure con qualche
sbavatura e pedale a volte eccessivo. Ottimi i
bis pianistici eseguiti da Pedroni con una
Consolazione di Liszt e un'impeccabile
Mazurca di Chopin. Valida l’interpretazione
della Verdi e di Zhan Xian della Sinfonia n.4
eseguita dopo l’intervallo. Lunghissimi applausi
al termine. Il prossimo concerto della serie è
previsto per giovedì 29 settembre con repliche
il 30 e il 2 ottobre: verranno eseguiti la
Sinfonia
n.3 di Pёtr Il'ič Čajkovskij e
Lieder
aus Des knaben wunderhorn di Gustav Mahler.
Alla direzione della Sinfonica Verdi ancora
Zhan Xian.
26settembreCesareGuzzardella
Alla Scala una serata
straordinaria per i bambini di Haiti
La Fondazione Francesca Rava è
nata nel 2000 per opera di Mariavittoria Rava e
da allora organizza attività di aiuto ai bambini
bisognosi nel mondo. Da alcuni anni il Teatro
alla Scala ospita la Filarmonica scaligera
e grandi
interpreti per concerti a sostegno
dell’importante Fondazione umanitaria. Ieri sera
in unteatro al completodue interpreti di prestigio
quali
il direttorevenezuelano Diego Matheuz ed il
violinista taiwanese-australiano Ray Chen,
insieme alla prestigiosa Filarmonica scaligera,
hanno tenuto un concerto sinfonico
eseguendo prima il celebre
Concerto
per violino in re magg. Op. 35 di Cajkovskij
e quindi due coloratissimi brani orchestrali
rispettivamente di Ravel e di Stravinskij,
Daphnis
et Chloé Suite n.2 e
L’oiseau
de feu. Il virtuoso Chen, vincitore di
recente dei prestigiosi Concorsi internazionali
Queen Elisabeth e Yehudi Menhuin, ha
interpretato magistralmente il notissimo
concerto, forse il più popolare brano
violinistico-orchestrale della storia, mostrando
sicurezza stilistica, perfetta intonazione anche
nei difficili sopracuti e soprattutto spessore
interpretativo. Valido il Capriccio paganiniano
eseguito come bis. La maestria direttoriale del
bravissimo Matheuz, direttore che ha ereditato
da Abbado una certa gestualità, si è evidenziata
anche nel virtuosismo orchestrale raveliano
della Suite n.2
Daphnis
et Chloé e nella più celebre Suite dal
balletto
L’oiseau de feu del grande russo.
Grandissimo il successo tributato al termine con
interminabili applausi. Ricordiamo che tutti
quelli che vogliono aiutare la Fondazione
Francesca Rava, fondazione Onlus con donazioni
deducibili, possono telefonare al numero
02-54122917 o fare un versamento su bollettino
postale c.c.p. 17775230.
23settembreCesareGuzzardella
Al via in Auditorium la Stagione
della
Verdi
E’ iniziata la nuovaStagionedell’Orchestra
Sinfonica Verdi in Auditorium con un
concerto diretto dal direttore musicale Zhang
Xiang. Ieri pomeriggio in replica
sono
stati eseguiti brani di L.v.Beethoven e di H.
Berlioz. Del tedesco il
Concerto
per pianoforte e orch. Op.73 “Imperatore” e
del francese la
Sinfonia
fantastica op.14. Due brani molto
importanti:
il primo è l’ultimo e il
più
celebre concerto pianistico di Beethoven,
interpretato a Lipsia per la prima volta nel
1811; il secondo lavoro in programma è il brano
più noto ed eseguito di Berlioz. La sinfonia è
sottotitolata anche
Episodio
della vita di un’artista ed ebbe la sua
prima a Parigi nel 1830.
Valide
le interpretazioni della
Verdi
per entrambi i capolavori e di buon livello
l’interpretazione del pianista Lars Vogt (nella
foto) nel brano beethoveniano.
Il
prossimo appuntamento della Sinfonica Verdi è
per giovedì 22 settembre con repliche il 23 e il
25. Il programma, particolarmente interessante,
annovera come brano introduttivo un lavoro
orchestrale di Francesco Antonioni
denominato
Giga per
orchestra e due lavori di Caikovskij: il
Concerto
n.1 op.23 – al pianoforte il novarese Simone
Pedroni- e
la
Sinfonia n.4 op. 36. L'orchestra è diretta
da Zhang Xiang. Da non perdere.
19
settembreCesareGuzzardella
Ottimi pianisti per Liszt al MiTo
Si è conclusa al Teatro Filodrammatici per il
MiTo, la rassegna pianistica dedicata a Liszt.
Nelle ultime tre serate del
12-13
e 14 settembre si sono succeduti tre giovani e
affermati virtuosi quali Roberto Cominati,
Roberto Giordano
e
Alberto Nosè. I programmi interamente lisztiani
hanno evidenziato ogni peculiarità dell’arte
pianistica del celebre compositore e virtuoso
magiaro. Tra i numerosi brani eseguiti
segnaliamo almeno la splendida esecuzione della
nota trascrizione dall’Ouverture
dal Tannhauser di Wagner, interpretata con
coerenza e valenza espressiva da Cominati,
l’altrettanto celebre parafrasi da concerto del
verdiano
Rigoletto, ottimamente eseguito da Giordano
e
un
Mephisto Walzerinterpretato
con luminoso e preciso virtuosismo dal
bravissimo Nosè. Ma il programma dei tre ottimi
interprete durava complessivamente oltre quattro
ore e se si sommano le altrettanto valide
interpretazioni degli altri pianisti intervenuti
alla rassegna non possiamo che esprimere
congratulazioni a tutti gli interpreti e agli
organizzatori di questa riuscita rassegna.
Grandissimo il successo ottenuto in un teatro
sempre al completo.
15settembreCesare Guzzardella
Lang Lang al Teatro alla Scala
Al Teatro alla Scala si è
concluso il ciclo dedicato all’interprete
cinese
Lang Lang con un
recital
pianistico che
prevedeva
brani di Bach, Schubert e Chopin. Dopo le pagine
cameristiche, quelle orchestrali e quelle
eseguite in
duo con il celebre jazzista Herbie
Hancock, ora Lang Lang ha scelto di presentarsi
davanti al folto pubblico scaligero solo,
davanti allo Steinway, con un programma classico
introdotto dalla
Partita
n.1 insi bem.
Maggioredi
J.S.Bach, per arrivare alla celebre ultima
Sonata in
si bem. Magg. D 960 di F. Schubert e per
terminare, dopo l’intervallo, con i
Dodici
Studi Op.25 di F. Chopin.
Il
talento non discutibile del cinese, divide da
alcuni anni i critici musicali. Il suo modo di
presentarsi come celebre
star
internazionale con una gestualità forse
eccessiva – ma ultimamente i suoi gesti
risultano più misurati- ha forse condizionato il
giudizio di molti. La sicurezza interpretativa
mostrata nel concerto dello scorso lunedì, la
sua capacità di pesare le timbriche con
raffinato gusto e incisività controllata, ci
hanno rilevatouno splendido Bach, un meditato e
riflessivo Schubert ed uno Chopin con alcuni
Studi al top per chiarezza ed eleganza
espressiva e
con altri forse lontani dalla genuinità polacca
ma indubbiamente di elevato valore musicale.
Grande successo e come bis due brevi e luminosi
Canti
di Liszt.
14settembreCesare Guzzardella
Giovani pianisti per MiTo
SettembreMusica
All’interno della rassegna
musicale di MiTo SettembreMusica trova
una valida collocazione il ciclo pianistico
dedicato a Liszt nel quale giovani pianisti,
alcuni particolarmenteaffermatied altri meno, dedicano al grande
compositore
ungherese
gran parte del loro programma. Poco più di
un’ora di musica che a Milano viene eseguita al
Teatro Filodrammatici, luogo particolarmente
idoneo per le esecuzioni cameristiche e con una
ottima acustica per il timbro pianistico. Il
ciclo era iniziato il 5settembre
con l’affermato interprete Gianluca Cascioli ed
è continuato con altri due pianisti non di fama
ma particolarmente bravi: André Gallo e Chiara
Opalio. Il ventunenne di Cosenza ha introdotto
il concerto del 6 settembre con le note del
celebre ciclo pianistico dei Quadri di
un’esposizione di Modest Musorgskijper continuare con il Liszt deiStudi di esecuzione trascendentale
da Paganini all’interno dei quali svetta la
celebre La campanella. E’ molto bravo
Gallo. Ha una tecnica di alto livello espressa
con sicurezza e con mature qualità espressive.
La diciannovenne veneta Chiara Opalio ha
interpretato nel concerto del giorno successivo
prima Liszt con brani noti quali La morte di
Isotta da Wagner, i Sonetti del Petrarca
n.104-123, Widmung da Schumann e il
celebre Lieberstraum n.3. Quindi è
approdata a Schubert con la Soirées de Vienne
n.6 e la Sonata in la minore D 784.
Ottima l’impostazione pianistica della Opalio
con evidente splendida musicalità che va solo
potenziata con una linea interpretativa più
personale. Grandissimo successo in entrambi i
concerti.
7settembre Cesare Guzzardella
LUGLIO
Festival Masterclass
LEALTRENOTE 2011
Dopo il grande successo di
pubblico e critica ottenuto dalla scorsa
edizione, l’Associazione Musicale LeAltreNote
è lieta di presentare la prossima edizione
dell’omonimo Festival Masterclass di
musica da camera che si svolgerà a Bormio e in
Alta Valtellina dal 27 agosto al 10 settembre,
un’ampia e qualificata proposta di spettacoli e
iniziative in grado di coinvolgere l’intero
territorio provinciale e non solo. Percorso di
studio e formazione per tutti coloro che
intendono approfondire la conoscenza di uno
strumento, i corsi della Masterclass sono
tenuti dai componenti del Trio Albatros (Stefano
Parrino, flauto, Francesco Parrino, violino,
Alessandro Marangoni, pianoforte) e da
Alessandra
Garosi
(musica da camera) ai quali si aggiungono
quest’anno il clarinettista spagnolo Iñigo
Alonso e i finlandesi Jouko Mansnerus (viola) e
Samuli Peltonen (violoncello). La partecipazione
di questi artisti ha destato l’interesse delle
ambasciate di Spagna e Finlandia che hanno
concesso il loro patrocinio dando così a tutta
la manifestazione un indiscusso richiamo di
respiro internazionale. Arricchito nel programma
e negli ospiti, il Festival prevede un
articolato calendario di quindici concerti
gratuiti che faranno risuonare chiese, strade e
antichi palazzi in un coinvolgente rapporto con
il pubblico. L’anteprima del Festival sarà con
il Trio Albatros Ensemble sabato 27 agosto alle
15h in Valmasino; l’ appuntamento è realizzato
grazie alla stretta collaborazione con
l’Associazione Kima in occasione dell’imminente
terza edizione della gara sportiva “Trofeo
Kima”. Il tema del Festival LeAltreNote 2011
sarà incentrato sul rapporto tra cultura
popolare e musica d’arte e si caratterizzerà per
l’originale connubio di fruibilità e assoluta
originalità con gemme di raro ascolto in un
clima di riscoperta e condivisa passione
musicale. Particolare attenzione sarà inoltre
dedicata alla musica di Nino Rota in
celebrazione del centenario della nascita del
grande compositore.
Oltre al Trio Albatros Ensemble
si esibiranno gli artisti del Duo Alterno
(foto), considerato uno dei più significativi
punti di riferimento nel repertorio vocale
pianistico dal Novecento storico ai
contemporanei (Tiziana Scandaletti, soprano e
Riccardo Piacentini, pianoforte) e il solista di
corno delle Alpi Carlo Torlontano. I programmi
che presentano sono inusuali e di grande i
patto. Mentre il Duo Alterno proporrà una serie
di testi dialettali messi in musica da grandi
compositori italiani del primo Novecento
(concerti del 27 agosto a Grosio e 28 agosto a
Bormio), Carlo Torlontano, in collaborazione con
i docenti della masterclass, nel corso delle due
serate del 31 agosto (Trepalle) e del primo
settembre (Bormio), introdurrà il pubblico a
composizioni che esplorano lepotenzialità espressive del
corno delle Alpi, tra le quali un brano
raramente eseguito di Leopold Mozart. Nei giorni
del Festival sarà inoltre allestita la mostra
fotografica “Essenza” con foto originali di
Norman Douglas Pensa negli spazi della Banca
Popolare di Sondrio a Bormio, in via Roma.
Speaker delle serate di evento sarà anche
quest’anno Silvio Mevio. Tutta la programmazione
e maggiori informazioni si possono trovare sul
sito
www.lealtrenote.org
11 luglio dalla
redazione
L'italiana in
Algeri al Teatro alla Scala
Ha inaugurato la Stagione
scaligera nel 1973 l'opera rossiniana su
libretto di Angelo Anelli in scena in questi
giorni nella sala del Piermarini. La riuscita
messinscena de L'italiana in Algeri per
la regia, le scene e i costumi di Jean-Pierre
Ponnelle
da allora è approdata alla Scala in cinque
stagioni d'opera, l'ultima nel 2003 al Teatro
degli Arcimboldi, sede temporanea dell'attività
scaligera in attesa della ristrutturazione del
teatro milanese. La collaudata messinscena per
la regia ripresa da
Lorenza Cantini, è stata ottimamente allestita
dalle maestranze più giovani del teatro
nell'ambito del ProgettoAccademia.
L'orchestra dell'Accademia del Teatro alla Scala
per l'occasione era diretta da Antonello
Allemandi e il Coro preparato da Alfonso Caiani.
Valida sotto ogni profilo la resa artistica,
specie nella parte vocale con un ottimo e
omogeneo cast di voci è un coro all'altezza. La
rispettosa direzione di Allemandi ha avuto il
merito di aver lasciato ben in rilievo le voci
soliste ed il coro anche se le parti strumentali
meritavano più incisività e maggior dinamicità
timbrica. Michele Pertusi ha mostrato eccellenza
timbrica e chiarezza espressiva nel suo ruolo di
Mustafà; calda, espressiva e particolarmente
intonata la voce di Anita Rachvelishvili (foto
Archivio Scala , un'ottima Isabella;
timbro squillante e all'altezza del ruolo di
Lindoro sostenuto, quello di Lawrence
Brownlee, rilevante tecnicamente ma con una
fisicità che non s'imponeva nella scena insieme
ad un Pertusi e all'altro bravissimo e robusto
Vincenzo Taormina, un Taddeo divertente
con voce incisiva e intonata e con una
disinvoltura teatrale cabarettistica. Bravi
anche Linda Jung, Elvira, Filippo
Polinelli, Haly e Valeria Tornatore in
Zulma. Alla terza rappresentazione grande
successo di pubblico per uno spettacolo che
merita il tutto esaurito. Prossime repliche il
7-9-11-13-14 luglio Da non perdere.
6 luglio
Cesare Guzzardella
Attila
alla Scala dopo vent'anni
Continuano le repliche alla Scala
dell'opera di Verdi Attila. La nuova
produzione scaligera in coproduzione con San
Francisco
Opera vede la regia di Gabriele Lavia, una
complessiva tradizionale scenografia di
Alessandro Camera con i costumi di Andrea
Viotti. Nella replica di ieri sera, quarta
rappresentazione, il cast comprendeva Orlin
Anastassov nel ruolo di Attila (foto
archivio Scala), Marco Vratogna in
Ezio, Elena Pankratova in Odabella,
Fabio Sartori in Foresto, Gianluca Floris
in Uldino e Ernesto Panariello in
Leone. Un buon cast con una punta nella voce
di Sartori che si è espressa con qualità specie
nella bellissima romanza del terzo atto “Che
non avrebbe il misero“. Non particolarmente
rilevanti i cambiamenti di scena voluti da
Lavia-Camera nella rappresentazione con una
scelta di proiezione nello schermo del terzo
atto di poca efficacia scenica in un contesto
complessivo molto tradizionale. La valida
direzione orchestrale era di Nicola Luisotti e
l'eccellente parte corale curata da Bruno
Casoni. Successo di pubblico. Prossime repliche
il 4-6-8-12-15 luglio. Contemporaneamente nelle
date 5-7-9-11-13-14 continuano le repliche de
L'italiana in Algeri per la regia di
Jean-Pierre Ponnelle.
3 luglio
C.G
GIUGNO
L’ Orchestra Sinfonica di
Savona a Vercelli
Impaginato su composizioni
‘minori’, ma proprio per questo accattivante per
il musicofilo, il programma proposto dalla
vercellese Società del Quartetto ieri sera 24
giugno al Teatro Civico: due composizioni
sinfoniche, l’Ouverture in do
maggiore
“im italienischen Stile” D591 di Schubert e
la Sinfonia in do maggiore n.1 op.21 di
Beethoven, a incorniciare tre ‘chicche’ per
soprano e orchestra di Mozart. Si tratta
dell’aria Vado, ma dove? K583, composta
nel 1789, insieme con la ‘gemella’ K582, in
sostituzione di un’aria per un’opera buffa di
Martin y Soler; dell’aria K528 Bella mia
fiamma (1787), tipica ‘aria da concerto’
scritta da Mozart per la grande e capricciosa
cantante Josepha Duschek e il cui testo è
attinto all’opera Cerere placata di
Jommelli; infine la nota aria di Donna Elvira
Mi tradì quell’alma ingrata dal finale
dell’Atto II del Don Giovanni.
L’orchestra impegnata per l’occasione era una
formazione anch’essa ‘minore’, nel panorama
delle compagini strumentali italiane, ma di
collaudata professionalità, l’ Orchestra
Sinfonica di Savona, nata nel 1992 e che nel
2002 ha avuto il privilegio della presidenza
onoraria di C. M. Giulini; sul podio il maestro
milanese Pietro Borgonovo, dal 2003 legato a
Vercelli in qualità di Direttore artistico del
Concorso G.B. Viotti. Ma la vera attrazione del
cartellone era la giovane soprano nigeriana Omo
Bello, dal curioso curriculum professionale:
biologa genetista, la Bello ha coltivato la
propria vocazione al bel canto in Francia,
coronandola con il primo premio assoluto al
concorso internazionale Pavarotti dello scorso
anno a Vercelli. Nei brani ascoltati Omo Bello
ci è piaciuta molto: la sua è una voce di
trasparente dolcezza e di delicata morbidezza
melodica, a proprio agio in pagine tenere e
cantabili come quelle proposte, che mettono alla
prova non tanto il bagaglio virtuosistico della
cantante (pochi i vocalizzi), quanto la sua
espressività sul registro di un pathos leggero e
sfumato, tipicamente settecentesco, con accenti
di più risentita passionalità nell’aria dal Don
Giovanni. Ottima anche la qualità esecutiva
delle composizioni sinfoniche, dirette con mano
sicura da Borgonovo, molto bravo a nostro
parere, soprattutto nella ‘Prima’ di Beethoven,
di cui ha proposto una lettura intesa a
sottolinearne, più che la continuità con la
tradizione viennese, gli aspetti di novità e
rottura nel plastico, quasi ruvido vigore dei
temi e dei procedimenti strutturali dell’Allegro
iniziale così come nell’empito trascinante
di un Minuetto, suonato come un tipico
Scherzo beethoveniano. Decisamente
apprezzabile anche l’Ouverture schubertiana,
resa dalla bacchetta di Borgonuovo in tutta la
limpida cantabilità ‘italiana’ della sua
architettura melodica e armonica, imperniata
sulla ‘solare’ tonalità del Do maggiore. Una
serata di buona musica, salutata con il meritato
tributo di applausi del numeroso pubblico.
27 giugno
Bruno Busca
Appuntamento alla Società
del Quartetto di Vercelli
Il
secondo appuntamento di giugno per la Stagione
della Società del Quartetto di Vercelli è con la
musica sinfonica al Teatro Civico. Venerdì 24
giugno, alle ore 21, il Maestro Pietro
Borgonovo dirige l’Orchestra Sinfonica di
Savona in un concerto di grande fascino che
propone la Prima Sinfonia in do maggiore op. 21
di Ludwig van Beethoven, l’Ouverture in Stile
Italiano D591 di Franz Schubert e, con la
partecipazione del soprano nigeriano Omo Bello,
un programma mozartiano con le arie da concerto
“Vado, ma dove?” K583, “Bella mia fiamma,
addio!” K528, e d’opera “In quali eccessi... Mi
tradì quell’alma ingrata” dal Don Giovanni. I
biglietti sono già disponibili in prevendita
presso la Società del Quartetto.
Prenotazioni telefoniche: 0161
255 575
19 giugno
dalla redazione
Roméo et
Juliette
alla Scala
Mancava da oltre
settantantacinque anni Roméo et Juliette
al Teatro alla Scala, l'opera che il francese
Charles Gounod terminò di comporre nel 1867 su
libretto di Jules Barbier e Michel Carré. Questo
dramma lirico in cinque atti, nella
messinscena
scaligera prodotta dal Festival di Salisburgo,
ha trovato, nella quarta rappresentazione di
ieri sera, due voci di primo livello come quelle
di Nino Machaidze nel ruolo di Juliette e di
Vittorio Grigolo in Roméo (foto dall'Archivio
Scala). Entrambi molto bravi ma con un punto a
favore per il tenore che con un timbro
particolarmente chiaro ed espressivo ha mostrato
anche potenza adeguata in ogni parte dell'opera.
L'ottima direzione del francese Yannick
Nézet-Séguin si è accostata con rilevante unità
al bellissimo coro preparato da Bruno Casoni. Le
tradizionali scene di M.Yeargan e i costumi di
C.Zuber hanno sostenuto la complessivamente
valida regia di Bartlett Sher. Bello ma monotono
l'unico luogo scenografico, considerando i
cinque atti dell'opera: un unico spazio aperto
circondato da facciate neoclassiche. Poco
efficace la regia solo nella scena finale
relativa alla morte dei due celebri amanti.
Valide le altre voci del cast vocale con un
eccellente AlexanderVinogradov in Frère
Laurent e i bravissimi Russel Braun in
Mercutio, Cora Burggraff in Stéphano,
Frank Ferrari, le Comte Capulet, Juan
Francisco Gatell in Tybalt e gli altri.
Le prossime repliche saranno il 16-21 e 23
giugno.
14 giugno Cesare
Guzzardella
Conclusa la tredicesima
stagione concertistica del Viotti Festival a
Vercelli
Sabato 4 giugno, nella consueta
sede del Teatro civico si è conclusa la
tredicesima stagione concertistica del Viotti
Festival, con un programma di notevole interesse
‘musicologico’, legato a quella che possiamo
definire la linea di ricerca caratterizzante la
Camerata ducale, la formazione
orchestrale creata e diretta da Guido Rimonda,
cui è affidato questo importante appuntamento
musicale della cittadina piemontese L’impaginato
presentava infatti per l’occasione quattro
composizioni,
di ascolto alquanto raro, per violino e
orchestra di autori italiani del secondo
‘700-primo’800 e precisamente L’Arte
dell’arco di G. Tartini (una serie di
variazioni su un tema di Corelli), la
Meditazione in preghiera di G. B. Viotti, il
Concerto in do maggiore BI 507 (1796) del
semisconosciuto Alessandro Rolla (1757-1841),
uno dei maestri di Paganini e dal 1802 al 1832
primo violino e direttore alla Scala milanese e
infine, di Paganini, il Concerto in mi
minore, n. 6 di catalogo, ma in realtà il
primo in ordine cronologico di composizione dei
nove scritti dal grande genovese, opera
giovanile databile intorno al 1815: si tratta di
una vera chicca filologica, essendone andata
perduta per più di un secolo e mezzo la
partitura, fortunosamente ritrovata nel 1972
presso un antiquario londinese. Potremmo
individuare il ‘filo conduttore’ del programma
nella progressiva evoluzione dello stile
violinistico italiano, dal ’galante’
settecentesco-rococò ancora dominante nelle
variazioni tartiniane, al delinearsi di
atmosfere più drammatiche e di uno sviluppo
tematico più elaborato, che da un melodismo
limpidamente italiano e settecentesco si carica
di colori ormai ‘romantici’. Esemplare a tal
riguardo il confronto fra la Meditazione
di Viotti, ancora impregnata di effusa,
dolcissima cantabilità e il Largo
centrale del Concerto di Rolla (vera
scoperta della serata), dal marcato carattere
cupo e patetico, o l’Adagio del
Concerto di Paganini, di un intimismo quasi
chopiniano. E’ evidente che un programma
siffatto concede il ruolo di protagonista
pressoché esclusivo al solista, per l’occasione
un. Rimonda davvero in splendida forma, anche
nella veste di direttore. Crediamo che
attualmente in Italia Rimonda sia uno degli
interpreti migliori della scuola violinistica
italiana sette-ottocentesca: la sua cavata
sempre pulita, energica e calda, dal bel
vibrato, sa dare voce tanto all’abbandonato
lirismo, quanto alle incipienti inquietudini
romantiche di queste pagine; la sua eccellente
tecnica gli consente un perfetto dominio anche
dei momenti di più ardimentoso virtuosismo, come
quelli presenti nei due tempi estremi del
Concerto di Paganini. Un caloroso applauso
del folto pubblico ha salutato la Camerata e il
suo Direttore, nonché Cristina Canziani, sua
consorte e preziosa collaboratrice e sodale
della bellissima “avventura” della Camerata
Ducale, cui siamo certi arrida un futuro di
grandi soddisfazioni anche fuori del Piemonte.
Attendiamo con
impazienza l’apertura della prossima stagione,
in cui si annunciano protagonisti del calibro di
Shlomo Mintz, Louis Lortie, Uto Ughi, Andrea
Bacchetti…Ne daremo prossimamente più
dettagliato ragguaglio.
8 giugno Bruno
Busca
Andrea Bacchetti alle Serate Musicale
E' sempre alla ricerca di novità
il pianista Andrea Bacchetti, noto in Italia
come valente interprete di J.S.Bach. Ieri sera
per Serate Musicali ha impaginato un
programma soprattutto dedicato al Settecento
italiano con Galuppi, Marcello, Paisiello,
Scarlatti, inframezzati dallo spagnolo Antonio
Soler, allievo di D. Scarlatti ed autore di
numerose Sonate in stile scarlattiano. Ma c'era
anche una novità di un compositore padovano,
Guido Alberto Fano. Vissuto tra il 1875 e
il1961, direttore di importanti Conservatori e
insegnante di pianoforte al Conservatorio Verdi
di Milano, Fano fu attivo come compositore e nel
concerto di ieri, alla presenza di un suo nipote
che ha introdotto il musicista, è stato eseguito
in prima esecuzione milanese Rimembranze,
cinque brevi e melodici brani dal sapore
debussyniano ma con una verve tipicamente
italiana. Una estroversa Tarantella
rossiniana concludeva il programma ufficiale.
Bacchetti ha il dono della
chiarezza
espositiva, scava in profondità con una timbrica
luminosa mediata da una accurata ricerca di
perfezione estetica. I tempi dei vari brani
eseguiti senza soluzione di continuità, come se
fossero una unica suite, dimostrano il bisogno
di riflessione dell'artista e il suo distacco
emotivo dalla presenza del pubblico. Dopo una
meditata ed elegante Sonata in si bemolle
maggiore di Baldassarre Galuppi, abbiamo
ascoltato un interessantissimo Benedetto
Marcello in prima esecuzione milanese da una
edizione critica dei manoscritti curata da
Bacchetti (con M.Marcarini). A seguire due
Minuetti di Paesiello. Le cinque Sonate
di Soler che sono state scelte ricordano molto
Scarlatti e la selezione di altre cinque Sonate,
questa volta del grandissimo Domenico, ci ha
rivelato
la tendenza stilistica di scuola
napoletana e mediterranea del Settecento legata
agli strumenti a tastiera e nobilitata dalla
timbrica del più moderno pianoforte. Mentre le
semplici ma melodicalmente efficaci
Rimembranze di Fano hanno rappresentato un
altro elemento di novità nella scelta del
programma, la nota Tarantelle pur sang,
da Peccati di vecchiaia di Rossini, ha
vivacizzato il clima musicale. Geniale il
Rossini cameristico. Due i bis offerti dal
bravissimo Bacchetti con un raro Notturno di
Louis Diémer, un allievo di C.Franck, e a
conclusione una superiore Toccata di J.S.
Bach: del tedesco Bacchetti è un grande Maestro
d'interpretazione. Grande successo.
7 giugno
Cesare Guzzardella
All'Auditorium si è concluso
il ciclo dedicato a Rota
Si è concluso con i
ringraziamente del direttore d'orchestra
Giuseppe Grazioli, promotore ed interprete della
bellissima rassegna musicale su Nino Rota, e con
l'esecuzione delle musiche più celebri del
compositore milanese scritte per il film Il
Padrino, il decimo ed ultimo concerto a lui
dedicato. La grandissima affluenza di pubblico
intervenuta ai concerti dell'Auditorium
nell'inconsueto orario della domenica mattina
sono la prova del grande interesse dei milanesi
per la musica considerando poi che alle ore
sedici di domenica c'è sempre il pienone per il
concerto pomeridiano.
Un
impaginato indovinato quello scelto per l'ultimo
concerto rotiano: insieme alle splendide musiche
composte all'inizio degli anni '70 per Il
Padrino ed interpretate a conclusione, è
stata eseguita l'ouverture La Fiera di Bari,
brano del 1963 che rivela la grande passione di
Rota per la musica d'oltre oceano di Gershwin,
Bernstein e per il jazz; la Ballata per corno
e orchestra “Castel del Monte“, lavoro del
1974, ha evidenziato le ottime qualità del
cornista della Verdi Giuseppe Amatulli e il
bisogno di Rota di comporre per strumenti
solisti mostrando il suo incredibile interesse
per le timbriche di ogni strumento. Le
Variazionisopra un tema giovanile
eseguite successivamente sono un brano
strumentale del 1953 che mostrano le capacità
del musicista di variare un semplice e genuino
tema iniziale secondo una forma, quella delle
variazioni, utilizzata in passato dai più grandi
Maestri come Haydn, Mozart, Beethoven, Brahms
ecc. Splendidi i colori orchestrali nelle
varianti al tema, con riferimenti che vanno dal
Neoclassicismo di Prokof'ev ai colori di Ravel.
Bravissimi alla direzione Grazioli e la
Sinfonica Verdi. Grande successo di pubblico in
quest’ultima mattinata veramente speciale.
5 Giugno Cesare Guzzardella
Il Requiem tedesco
all'Auditorium
Ieri sera in Auditorium prima
replica del monumentale Requiem Tedesco op.45
per soli, coro e orchestra di Johannes
Brahms.
Questo lavoro venne eseguito nella sua versione
definitiva nel 1869. Suddiviso in nove parti,
alcune delle quali unite in un grande movimento,
il lavoro di Brahms vede l'utilizzo di un grande
coro che in tutta la composizione primeggia per
musicalità ed incisività. Il celebre Requiem del
grande amburghese nato nel 1833, prevede anche
l'utilizzo di due voci soliste, un soprano e un
baritono. Particolarmente efficace
l'interpretazione ascoltata ieri dall'Orchestra
Sinfonica e del Coro Verdi nella direzione di
Zhang Xian e sostenuti applausi al termine anche
alla bravissima Erina Gambarini, Maestro del
Coro. Ottime le voci soliste con Sibylla Rubens,
soprano e David Wilson Johnson, baritono. Sala
affollata e strepitosi applausi al termine.
Domenica alle ore 16,00 ultima replica. Giovedí
9, venerdì 10 e domenica 12 giugno, verranno
eseguite musiche degli statunitensi Gershwin,
Coplan, Shaw e Bernstein. Al clarinetto Martin
Fröst.
4 giugno
Cesare Guzzardella
MAGGIO
Angelika Kirchschlager alla
Scala
E'
tra le più valide interpreti presenti sulle
scene mondiali il mezzosoprano austriaco
Angelika Kirchschlager. Ieri sera ha tenuto un
recital alla Scala accompagnata dall'ottimo
pianista Helmut Deutsch. Il programma, molto
interessante, prevedeva brani di Schubert,
Mahler, Brahms e Liszt. La Kirchschlager, nota
per le interpretazioni liriche di R.Strauss e
Mozart, ha mostrato di eccellere nella forma del
Lied esprimendo una timbrica
qualitativamente elegante, robusta e di grande
espressività. Splendida la selezione da Schubert
con sette canti molto noti; particolarmente
intensi i brani di Mahler e tra questi quelli
dalla raccolta Des Knaben Wunderhorn.
Nella seconda parte del concerto i sette brani
di Brahms hanno preceduto cinque Lieder
di Liszt interpretati con una chiarezza musicale
sorprendente. Anche il bravissimo Deutsch ha
sottolineato con espressività la voce della
Kirchschlager attraverso una parte pianistica di
grande rigore tecnico-espressivo. Grandissimo
successo e ben tre bis.
31 maggio
Cesare Guzzardella
La Mahler Chamber Orchestra,
Daniel Harding e Isabelle Faust alla Scala per
Progetto Itaca
Il Concerto Straordinario di ieri
sera al Teatro alla Scala era riservato a
Progetto Itaca, la nota Onlus
costituita da un gruppo di volontari che si
propone di attivare iniziative e progetti a
favore delle persone affette da disturbi della
Salute
Mentale
e al sostegno delle famiglie. Attraverso i
numerosi Club Itaca presenti
in Italia, l'associazione interviene con aiuti
concreti, combatte l'isolamento delle persone
disturbate e da speranza alle famiglie.
L'attività di questa Onlus è promossa anche
dalla Regione Lombardia. Il concerto, alla
presenza di numerosi sostenitori, ha visto sul
palco scaligero la Mahler Chamber Orchestra
guidata dal suo direttore principale Daniel
Harding. Protagonista insieme a pochi altri di
una fiorente nuova scuola direttoriale, Harding
ha avuto tra i suoi maestri anche Claudio Abbado
- fondatore dell'orchestra nel 1997 - essendo
stato per alcuni anni suo assistente alla
direzione dei mitici Berliner. Il programma
tutto brahmsiano prevedeva il Concerto per
violino e orchestra in re magg. Op.77 e la
Sinfonia n.2 in re magg. Op.73. Questi
due lavori vicini nel tempo - vennero composti
tra il 1877 e il 1879- sono rappresentativi
dell'età matura del compositore deceduto nel
1887 ed entrambi sono caratterizzati da una
complessa architettura costruttiva nella quale
la melodicità dei temi
si
incrocia con un tessuto armonico particolarmente
ricco. Il modo di melodiare ed intersecare piani
sonori lo troviamo con evidenza nel concerto
violinistico interpretato per l'occasione
dall'eccellente Isabelle Faust. Violinista
tedesca, la Faust vinse nel 1993 il celebre
Concorso Paganini e da allora è molto richiesta
dai maggiori direttori e dalle migliori
orchestre del mondo. Il tocco grintoso, la forza
espressiva e l'intonazione perfetta hanno
caratterizzato la bellissima interpretazione
effettuata in modo dettagliato con l'energica
direzione di Harding. Strepitoso il successo
tributato al termine. Dopo l'intervallo la
Mahler e Harding hanno proposto un’ottima
esecuzione della Seconda Sinfonia di J.Brahms
specie nei momenti di grande contrasto sonoro e
di maggiore incisività costruttiva. I momenti
meno incisivi avrebbero meritato una maggiore
luminosità. Molto belli comunque i colori
orchestrali specie nella sezione dei fiati.
Grandissimo successo e come bis la ripetizione
dell'ultimo movimento.
Chi volesse
sostenere Progetto Itaca può indicare nella
dichiarazione dei redditi per il 5x1000 il
codice 97249300159 oppure per dei lasciti
telefonare al numero 02-62695235.
30 maggio
Cesare Guzzardella
La pianista Mizuka Kano a
Vercelli
Al loro secondo appuntamento
stagionale, ieri 27 maggio, i Concerti della
Società del Quartetto di Vercelli, nella
suggestiva cornice della Galleria Borgogna,
hanno offerto agli appassionati la possibilità
di conoscere Mizuka Kano, una giovane pianista
giapponese, non ancora nota in Italia al grande
pubblico, ma vincitrice di due prestigiosi
concorsi, quali
il Viotti di Vercelli nel 2004 e lo Schumannn di
Zwickau nel 2008. La Kano ha presentato un
programma piuttosto impegnativo, che, partendo
dalla Partita in Si bem. maggiore BWV 825
di J. S. Bach, approdava alla Davidsbundler-
tanze Op. 6 di R. Schumann, disegnando un
percorso che si snodava attraverso composizioni
“minori” quali le Variazioni su un tema di
Schumann op. 9 di J. Brahms, le parafrasi
listziane dagli Standchen von Shakespeare
e Du bist die Ruh di F. Schubert e
Widmung di Schumann.La Kano ha sfoggiato una
tecnica di prim’ordine, che le permette di
superare con una disinvoltura da consumata
pianista anche le più impervie difficoltà della
partitura: da ricordare la sua interpretazione
della variazione 13 di Brahms, con quel
defatigante moto perpetuo di terze e di seste
che era tra i ‘passaggi’ più difficili della
serata. Il suono della Kano è un suono sempre
nitido, campito limpidamente a disegnare con
nettezza di contorni il fraseggio e
l’architettura del pezzo, come è apparso nella
sicura interpretazione della partita bachiana, e
unito ad un’energia vigorosa che si esalta nelle
sezioni più impetuose della
Davidsbundlertanze schumanniana, eseguita
con precisione e piena aderenza alla dinamica
del testo, pienamente convincente nella resa
delle diramazioni contrappuntistiche e delle
continue fluttuazioni del tessuto armonico.
Forse la Kano può ancora migliorare
nell’affinamento espressivo del suono, che ha
dato talvolta l’impressione di non riuscire a
penetrare a fondo certi momenti di intensa
interiorità, come , per fare due soli esempi, la
sedicesima e ultima variazione di Brahms, col
suo singhiozzante e angoscioso Fa diesis
maggiore o lo Schumann più ripiegato e
malinconico di Widmung. Si tratta di
rilievi che ovviamente nulla tolgono ad una
pianista di grande bravura e solida
professionalità, di cui sentiremo certo parlare
in futuro. Gli applausi scroscianti e prolungati
del pubblico, attento e competente, hanno chiuso
degnamente questa bella serata di musica nella
sempre ospitale ed elegante Vercelli.
28 maggio
Bruno Busca
Prossimamente la Camerata
Ducale a Vercelli
Sabato 4 giugno alle ore 21.00 al
Teatro Civico di Vercelli ultimo appuntamento in
cartellone per il XIII Viotti Festival che
chiude una ricchissima stagione concertistica
con Guido Rimonda impegnato al violino e alla
direzione dell’Orchestra Camerata Ducale in un
programma dedicato ai grandi compositori
italiani del Settecento. Durante la serata
verranno eseguiti il Concerto in do maggiore
per violino e orchestra BI 507 di Alessandro
Rolla e il Concerto in mi minore per
violino e orchestra di Nicolò Paganini.Per
ulteriori informazioni: Da lunedì a venerdì
orario ufficio Comune di Vercelli: 0161 596277 –
0161 596369 Associazione Camerata Ducale: 011
755791 www.viottifestival.it
www.camerataducale.it
28 maggio
dalla redazione
Daniel Harding alla Scala per
Progetto Itaca
Domenica 29 maggio si terrà al
Teatro alla Scala un concerto straordinario
della Mahler Chamber Orchestra diretta da
Daniel
Harding a favore di Progetto Itaca. Club
Itaca è un centro per lo sviluppo dell’autonomia
socio lavorativa di persone con una storia di
disagio psichico.
Nasce
nel 2005 per volontà di Progetto Itaca onlus
e realizza, perla prima volta in Italia, il
modello di integrazione sociale “Clubhouse”,
elaborato da ICCD – International Center for
Clubhouse Developement -, organismo che coordina
più di 300 centri in tutto il mondo, di cui più
di 70 in Europa. La visione di ICCD, condivisa
dal Consiglio di Progetto Itaca, è che le
persone affette da disagio psichico hanno il
diritto di integrarsi nella società, di
realizzarsi nel lavoro, di avere amici, di
essere felici. Il programma del concerto prevede
musica di J.Brahms e ospite importante è la
violinista Isabel Faust che eseguirà il Concerto
per violino op.77; seguirà quindi la Sinfonia
n.2 op.73. Per informazioni telefonare al numero
02-62695235 o collegarsi al sito
www.progettoitaca.org
26 maggio dalla redazione
Lang Lang ed Herbie Hancock
alla Scala
Un vero spettacolo quello visto
ed ascoltato ieri alla Scala: due musicisti
internazionali quali i pianisti Lang Lang ed
Herbie Hancock si sono esibiti in solitaria, in
coppia ed insieme all'Orchestra dell'Accademia
del Teatro alla Scala diretta dal bravissimo
John Axelrod. Il programma in sintonia con il
mondo classico di Lang Lang e quello jazz di
Hancock, ha trovato un mediatore ottimale in
Axelrod, direttore statunitense in passato
allievo di
Bernstein
che ha ereditato dal grande Lenny la gioia di
far musica e in particolare sintonia con il
repertorio di Gershwin o di Bernstein stesso. Il
primo brano orchestrale in programma, la
Cuban Overture di George Gershwin ha messo
in risalto la freschezza della giovanile
orchestra scaligera e l'eccellente direzione di
Axelrod che ha trovato risalto soprattutto nella
componente ritmica del lavoro: un brano
straordinario, con un equilibrio tecnico
sorprendente nella definizione dei piani sonori.
L'ingresso in teatro dei due pianisti in un
brano a quattro mani ha creato entusiasmo fra il
numeroso pubblico intervenuto, mentre i timbri
leggeri di Ma mère l'Oye di Maurice Ravel
hanno immediatamente portato ad una concentrata
attenzione il pubblico
in
sala. Profonda, meditata e con colori orientali
l'interpretazione ascoltata con un Lang Lang che
impostava i tempi di esecuzioni privilegiando
l'aspetto meditativo del brano. Cambio di
registro timbrico con la trascrizione a quattro
mani della Rapsodia ungherese n.2
eseguita molto bene dalla coppia privilegiando
l'accentuazione degli attacchi nella definizione
delle sonorità folcloriche di cui il brano è
intriso. Ritorno all'orchestra con una dinamica
Danza ungherese n.5 di J. Brahms piena di
energia e ritorno in teatro di Lang Lang che in
solitaria ha fornito preziose interpretazioni di
Liszt e di Schumann-Liszt con due brani assai
noti tra cui un Sigmund di straordinaria
nitidezza e perfetto equilibrio. Due brani di
improvvisazione jazz sono stati quindi eseguiti
da Herbie Hancock, il primo particolarmente
ritmico nei registri più gravi del pianoforte
Fazioli, il secondo dal sapore debussyano di
grande delicatezza. Lunghi applausi anche per
Hancock. L'ultimo brano in programma, la celebre
Rhasody in Blue di Gershwin nella
versione per due pianoforti ed orchestra,
rappresenta la giusta conclusione del programma
ufficiale in quanto è esemplare nell'unire gli
elementi jazzistici cari ad Hancock e quelli
classici più consoni alla formazione di Lang
Lang. L'accurata ed analitica interpretazione,
con qualche cadenza solistica improvvisata, è
stata messa in rilievo dall'eccellente
interpretazione della giovane orchestra e
dal direttore Axelrod che ancora una volta, dopo
l'oramai lontano ma splendido Candid scaligero
di alcuni anni fa, ha mostrato di trovarsi
perfettamente a proprio agio alla Scala.
Interminabili applausi e tre bis. Il primo da
dimenticare con una proposta di improvvisazione
sulla celebre Campanella di Liszt nella
quale Hancock non ha saputo ben orientarsi.Ma il
pastrocchio voluto da Lang Lang non ha certo
inficiato la splendida serata conclusasi con un
classico e riuscito brano jazz di Hancock e un
divertente bis orchestrale della danza ungherese
già ascoltata, questa volta con ritmo di mani
del pubblico ed entrate improvvisate dei due
pianisti. Strepitoso successo, interminabili
applausi, e fiori per i protagonisti distribuiti
da questi alle bravissime orchestrali. Da
ricordare.
24 maggio
Cesare Guzzardella
Musiche di Nino Rota
all'Auditorium milanese
E' particolarmente interessante
il ciclo di musiche del compositore milanese
Nino Rota presentate dal direttore Giuseppe
Grazioli alla guida della Sinfonica Verdi.
Ieri mattina per il nono e penultimo incontro e
davanti ad un numeroso pubblico, abbiamo avuto
un'ampia panoramica delle variegate qualità
musicali di questo autore, celebre per le
musiche filmiche ma di indubbia importanza anche
per il più vasto repertorio della musica
"colta". L'attività rotiana legata ai grandi
registi
come Fellini, Zeffirelli, Coppola, ecc.,la
conosciamo bene e l'ultimo brano presentato al
termine della mattinata con la Suite
sinfonica dal Romeo e Giulietta di
Zeffirelli, ci ha ancora una volta ricordato
l'alta cifra melodica, tutta italiana, del
compositore ma anche la sua maestria nell'uso
delle timbriche orchestrali. Esemplare la
direzione di Grazioli in questo gran finale. Il
primo brano "cameristico" presentato ci ha
rivelato il Rota legato agli insegnamenti di
Alfredo Casella e alla tradizione "antica"
italiana. La Sonata per orchestra da camera,
lavoro del 1937 in tre movimenti, prevede un
esiguo numero di strumentisti nel definire un
brano elegante, ricco di melodie ben orchestrate
e di solare trasparenza. Il Rota musicalmente
onnivoro e grande conoscitore di musica
l'abbiamo ritrovato negli altri due brani
presentati. Nel 1958-59 Rota ha completato il
Concerto per corno e orchestra K412 di
W.A.Mozart aggiungendo in stile mozartiano il
suo Andante sostenuto centrale e ieri
mattina abbiamo avuto la fortuna di poterlo
ascoltare in prima esecuzione. Protagonista il
bravissimo cornista della Verdi Sandro
Ceccarelli che ha con rigore interpretato il
concerto. Ottimo l'equilibrio complessivo dei
movimenti anche nell'imitazione stilistica di
quello centrale. Il brano Fantasia sopra 12
note del Don Giovanni per pianoforte ed
orchestra è legato a Mozart per il fatto che le
12 note dell'intera gamma cromatica enunciate
inizialmente appartengono al Don Giovanni. Dopo
questa enunciazione in stile dodecafonico, Rota
costruisce un lavoro interessante, complesso e
ricco di contrastanti sonorità che ricorda un
certo neoclassicismo alla Poulenc. Al pianoforte
il validissimo pianista Simone Pedroni ha con
grande rigore sostenuto la non facile parte
solistica. Lunghi applausi al termine. Ultimo
appuntamento con le musiche di Nino Rota per
domenica 5 giugno ore 11.00 in Auditorium.
23 maggio
Cesare Guzzardella
Presentata alla Regione
Lombardia la Stagione “Incontri Musicali” della
Fondazione La
Società dei Concerti
Si è svolto il 18 maggio 2011
alle ore 12 presso la Sala del Gonfalone della
Regione Lombardia e alla presenza del Presidente
Roberto Formigoni, l’incontro stampa di
presentazione della stagione concertistica
“Incontri Musicali” organizzati dalla
Fondazione La Società dei Concerti. Come ha
sottolineato il Presidente Formigoni
(foto sotto) si tratta di una
iniziativa di grande rilevanza poiché Regione
Lombardia collabora con Fondazione La Società
dei Concerti ad una
stagione
concertistica unica nel suo genere,
dedicataesclusivamente ai giovani talenti. Da
Ottobre 2011 i tradizionali concerti del lunedì
sera, con protagonisti le giovani leve del
concertismo, si svolgeranno presso il bellissimo
AuditoriumGaber del Grattacielo
Pirelli .
Regione Lombardia e il Presidente Formigoni
hanno sposato l’iniziativa concedendo uno spazio
prestigioso, confortevole, acusticamente
adeguato e con
le giuste caratteristiche
ricettive e logistiche . Il Presidente di
Regione Lombardia Roberto Formigoni, il
Presidente della Fondazione La Società dei
Concerti Antonio Mormone (foto) e il Direttore
Artistico Enrica Ciccarelli, partendo dalla
convinzione che la Musica sia espressione alta
della Cultura, linguaggio universale che può
favorire l’abbattimento di ogni barriera, anche
generazionale, hanno presentato al pubblico e
alla stampa i trenta concerti gratuiti che
includono un mini-festival Liszt nel
bicentenario della nascita e un concerto di
gala. Tale serata inaugurale (3 ottobre) vedrà
infatti la partecipazione straordinaria delleggendario pianista Paul Badura
Skoda, che suonerà due sonate di Beethoven in
duo con il violinista Edoardo Zosi e la
violoncellista Tilly Cernitori, ormai già
affacciati con successo alla carriera
concertistica. E’ un ideale passaggio di
testimone tra un grande artista con più di
sessanta anni di carriera e due giovani grandi
talenti italiani. A latere degli “Incontri
Musicali” merita un breve accenno anche la
stagione concertistica presso la Sala Verdi delConservatorio che come ogni anno
si divide in due serie Smeraldo e Rubino. Un
totale di 30 concerti (15 per serie) con alcuni
tra i più importanti artisti internazionali e
ben dodici grandi orchestre sinfoniche e due
orchestre da camera. Come ha sottolineato il
Direttore artistico Enrica Ciccarelli, l’offerta
è ampia e articolata. Tra i solisti vi è il
ritorno del grandissimo pianista Radu Lupu, la
fedele presenza di Grigory Sokolov, divenuto a
ragione personaggio di culto per gli
appassionati dell’interpretazione pianistica, e
poi tanti interpreti amati,virtuosi, estrosi e sensibili.
Molte conferme e alcune novità. Rudolf
Buchbinder che intraprende nuovamente
l’esecuzione del ciclo completo delle sonate di
Beethoven: durante la stagione 2011/2012 le
prime due tappe. Paul Badura-Skoda con cui
verranno spente, proprio nel giorno del
compleanno, le 84 candeline. Tra i violinisti il
debutto
dell’affascinante Simone Lamsma,
le conferme di Zosi e Berman. Su tutti quel
grand seigneur che è Salvatore Accardo,
autentica leggenda del violinismo mondiale. Una
menzione particolare agli artisti Italiani e ai
giovani che portano un vento di freschezza al
cartellone della Società dei Concerti. Tanti
acclamati concertisti di oggi sono stati tenuti
a battesimo nel corso degli anni dal nostro
pubblico: anche per la stagione 2011/2012 vi
sono debutti che diverranno presenze costanti
delle società di concerti internazionali.
23 maggio
dalla redazione
Peter-Lukas Graf per il
“Festivalfiati” di Novara
Il “Festivalfiati” è una
manifestazione musicale che si svolge ogni anno,
dal 2003, a Novara e che è venuta guadagnandosi,
col tempo, fama e prestigio nazionali, grazie
alla presenza di celebri solisti di legni e
ottoni italiani e
stranieri,
i cui concerti sono gratuitamente aperti al
pubblico. Accanto all’attività concertistica,
Festivalfiati prevede anche un intenso programma
di master classes e attività seminariali
tenute da prestigiosi maestri e naturalmente
rivolte ad un pubblico più ristretto di studenti
del Conservatorio G. Cantelli di Novara, l’ente
promotore del Festival (ma ad alcuni seminari
possono iscriversi anche studenti esterni). Fra
gli ospiti di caratura internazionale presenti
quest’anno, uno dei “grandi vecchi” della scena
musicale europea, un flautista fra i più grandi
della generazione successiva a quella dei
Gazzelloni e dei Rampal, lo zurighese
Peter-Lukas Graf, che a ottantadue anni suonati,
dopo una gloriosa carriera di interprete e
direttore d’orchestra, è ancora dedito ad una
intensa attività didattica (fra i suoi attuali
impegni c’è il corso di flauto presso
l’Accademia Perosi di Tortona e Biella). Ieri
sera 21 maggio, davanti ad un folto pubblico
assiepato nel salone dell’Auditorium del
Cantelli, il Maestro ha offerto un concerto,
articolato su cinque composizioni per flauto
solo. Il cuore del programma era formato da tre
brani novecenteschi: Piéce di J. Ibert ,
pezzo di inconfondibile “spirito francese “,
nella sua linearità e nel pieno rispetto
dell’ordine formale, reso piacevole dal vivo
senso del colore, sorretto da un impianto
diatonico, appena incrinato da cenni di
cromatismo; gli Acht Stucke (Otto pezzi),
opera di P. Hindemith, risalente al 1927, in cui
appare già superata la politonalità radicale dei
suoi primi lavori, a vantaggio di una nuova
armonia diatonica, in un’ atmosfera molto
suggestiva di arcana musica ideale, come sospesa
fuori del tempo ; a chiudere la parte moderna
del programma Mei, uno splendido brano di
Kazuo Fukushima (1930), uno dei migliori
esponenti della cd. neoavanguardia
postweberniana, nella sua versione nipponica. Si
tratta di una sorta di lamento funebre, composto
nel 1962, che ha il suo motivo di fascino
nell’abbandono al timbro e al ritmo puri, senza
rinunciare tuttavia a momenti di grande
sensibilità, con l’alternarsi di malinconica
elegia e straziante dolore, prorompente iu un
grido lancinante di orrore di fronte al buio del
nulla, in cui si spegne infine il suono. . Di
queste tre composizioni Graf ha offerto
un’interpretazione superba, eccellente nella
resa timbrica come nella dinamica, con un
bellissimo suono, duttile e vigoroso,
sapientemente sfumato in brani come quelli di
Ibert e di Fukushima. Graf ci ha convinto meno
nelle altre due prove che incorniciavano la
‘sezione’ novecentesca, rispettivamente la
Sonata in la min. di C. Ph. E. Bach e la
Sonata in sol maggiore di J. S. Bach,
trascrizione ad opera dello stesso Graf delle
due sonate Bwv 1005 e 1006. Qui abbiamo sentito
un Graf un po’ in difficoltà nella tenuta delle
note sul registro forte, in lieve affanno
laddove la partitura si faceva più densa
armonicamente, o la dinamica più complessa
(francamente da dimenticare la Gavotte
dalla sonata di Bach padre). Si tratta però di
episodi, più che comprensibili data la veneranda
età dell’interprete, che nulla tolgono alla
commovente bravura e forza espressiva di un
grande Maestro, che tanto ha donato e ancora (si
spera!) donerà agli appassionati della grande
musica in tutto il mondo. Uno scroscio
interminabile di applausi ha salutato Graf alla
fine del bel concerto, siglato da un magnifico
bis, l’assolo per flauto dell’Aprés Midi d’un
Faune di Debussy.
22 maggio
Bruno Busca
Roberto Giordano al Coccia
di Novara
La Stagione concertistica da
camera 2011 promossa dalla benemerita
associazione novarese Amici dela musica si è
conclusa ieri sera, 20 maggio, presso il Teatro
Coccia, con un concerto pianistico dedicato
interamente a Liszt, quasi a riscattare una
stagione stranamente avara di omaggi ad un
compositore di cui ricorre quest’anno il
bicentenario.
Protagonista
della serata il trentenne pianista Roberto
Giordano, ormai solidamente affermatosi a
livello nazionale, dopo studi prestigiosi alla
“Cortot” di Parigi e a Imola con Rattalino,
coronati da alcuni primi premi in concorsi
internazionali di chiara fama, tra i quali il
“Regina Elisabetta” di Bruxelles. Il programma
eseguito da Giordano prevedeva la Sonata in
Si minore, seguita da tre parafrasi:
Parafrasi sul Rigoletto di Verdi, Der Muller und
der Bach (dalla schubertiana Schone
Mullerin) , Réminiscences de don Juan de
Mozart. Il questa serata lisztiana Giordano
si è confermato una volta di più interprete
votato al repertorio del grande pianismo
romantico, al quale si accosta unendo una
solidissima tecnica pianistica a una raffinata
eleganza di fraseggio, sostenuta da una
lussureggiante ricchezza della tavolozza
timbrica della tastiera. Eccellente
l’interpretazione del pezzo esteticamente più
significativo dell’impaginato, la monumentale
sonata in Si minore: con un tocco sempre limpido
e vigoroso il giovane solista di Tropea ha dato
pieno risalto alla varietà cromatica della
partitura, con particolare abilità nel rendere
il jeu perlé di trilli e ricami di note
sui registri acuti. Ma il Liszt di Giordano non
è solo ricchezza di colori, ma anche nitida
impalcatura architettonica, pur lontana ormai
dalla ferrea logica della classica forma-sonata:
da segnalare il rigore “bachiano” con cui il
pianista ha reso la sezione “fugata” della
sonata, uno dei momenti in assoluto più alti
dell’intera composizione. Nelle tre parafrasi
Giordano ha potuto sfoggiare al meglio le sue
doti di virtuoso, al limite del trascendentale
nelle Réminiscences su temi del Don Giovanni.
Dopo il bis, ancora una Parafrasi di
Liszt su un tema dalla Schone Mullerin di
Schubert, il concerto si è chiuso tra gli
applausi del non numeroso pubblico in sala.
21 maggio
Bruno Busca
Jewels
al Teatro alla Scala
E' in tre parti Jewels, il
valido e consolidato lavoro coreografico di
George Balanchine e precisamente Emeralds
su musiche di Gabriel Fauré, Rubies su
musiche di Igor Stravinskij. e Diamonds
su quelle di P.I. Čajkovskij. Presentato per la
prima volta nel 1967, Jewels non ha narrazione
ma è una coreografia costruita sulle musiche dei
tre grandi compositori. Emeralds e Diamonds
seguono stilemi più classici mentre Rubies,
composizione neoclassica di Stravinskij è
un
balletto più moderno, che mostra un Balanchine
più fantasioso e proiettato nel futuro. I
notevoli costumi di Karinska e le preziose
scenografie di Peter Harvey hanno reso
l'intenzione di Balanchine di voler
rappresentare le tre pietre preziose attraverso
passi di danza eleganti e pieni di coerenti
simmetrie. Nella rappresentazione di ieri sera,
in Emeralds si sono avvicendati quattro solisti
quali Mariafrancesca Garritano, Marco Agostino
(in sostituzione di A.Sutera indisposto), Petra
Conti e Mick Zeni ed insieme ad un sinergico
corpo di ballo hanno interpretato con equilibrio
le dolci, eleganti e leggere timbriche del
francese Fauré tratte da Pelléas e Melisande
e Shylock. Ottima la direzione musicale
di Coleman. Con Rubies, balletto tratto dal
bellissimo Capriccio per pianoforte ed
orchestra di Stravinskij, ci troviamo di
fronte ad una ballerina
solista,
nella fattispecie l'elegante Marta Romagnia e ad
una coppia solistica ieri rappresentata dal
bravissimo Leonid Sarafanov (foto dall'Archivio
Scala) e dall'altrettanto brava Alessandra
Vassallo in sinergia con il versatile corpo di
ballo. La strepitosa fantasia compositiva di
Stravinskij nell'elaborare ritmicamente il
Capriccio - al pianoforte un eccellente Roberto
Cominati - e dalle asimmetriche timbriche
orchestrali, sembra aver ispirato Balanchine nel
generare movenze di danza spettacolari, ricche
di simmetrie ed asimmetrie in perfetta sintonia
come la musica di provenienza. Un balletto
strepitoso diretto con rigore musicale da David
Coleman. Con Diamonds, costruito sulle musiche
di Čajkovskij tratte dalla Sinfonia n.3
(precisamente gli ultimi quattro movimenti),
torniamo ad un concezione classica del balletto:
una coppia di solisti, ieri lo statuario
Gabriele Corrado e la bravissima Alina Somova,
si oppongono o si integrano nel grande corpo di
ballo. L'interpretazione musicale troppo inglese
e poco russa di Coleman non ci è apparsa
sinergica con la parte coreografica alcune volte
non in perfetta sintonia. Bravissimi comunque i
due solisti. Successo di pubblico. Prossime
repliche il 21, 22, 24, 25, 26 maggio. Nel
prossimo cast: Polina Semionova e
Guillaume Côté in Diamonds ( 24, 25, 26)
21 maggio
Cesare Guzzardella
Ilary Hahn e Valentina Lisitsa
alle Serate
Musicali
Variegato il concerto ascoltato
ieri sera in Conservatorio per le Serate
Musicali. Due ottime interpreti quali Ilary Hahn
e Valentina Lisitsa hanno impaginato un
interessante programma che vedeva in alternanza
autori noti quali Tartini, Beethoven e Bach ad
altri di raro ascolto come Charles Ives o
sconosciuti ai più come George Antheil. Ma
partiamo dal brano eseguito in solitaria dalla
statunitense Hahn a metà concerto e precisamente
dalla Partita n.1 in si minore per
violino.
La splendida interpretazione ascoltata ha
evidenziato più che negli altri brani le
avvincenti qualità di questa violinista:
perfezione tecnica, precisione in tutti i
registri del violino, anche nelle zone più
impervie dei sovracuti con eccellente
intonazione e soprattutto grande spessore
musicale anche nei più incisivi double,
sorta di variazioni sui movimenti.
Tra
i brani eseguiti in duo quello meno
entusiasmante, sebbene di valido livello, è
quello di L.v.Beethoven, la celebre Sonata
n.5 "Primavera": esecuzione fin troppo
equilibrata e formalmente corretta ma priva di
incisività. Questo brano era stato anticipato da
una ottima lettura delle Variazioni su un
tema di Corelli di G.Tartini nella
trascrizione di Kreisler, brano che ha avviato
il concerto. Di rilevante qualità i due rari
brani più recenti, entrambi di compositori
statunitensi: la Sonata per violino e piano
n.4 di C. Ives (1874-1954) e
l'interessantissima Sonata per violino e
pianoforte di G. Antheil (1900-1959),
eclettico personaggio che oltre ad essere
musicista, fu saggista, inventore ed
appassionato di medicina. La già contrastata
sonata di Ives, ottimamente eseguita è stata
surclassata dall'incredibile brano di Antheil,
lavoro in più parti dove troviamo timbriche e
ritmiche influenzate dal neoclassico di
Stravinskij, dalle esperienze di E. Varèse,
dalla musica della macchina, come quelle dei
nostri futuristi, a da modalità che anticipano
certo minimalismo con ripetizione quasi
ossessiva dalle ardite strutture. Nel brano le
timbriche e gli effetti non sono disgiunti da
una attenta ricerca sulle potenzialità sonore
del violino e del pianoforte con trovate al
limite della genialità. Eccellente l'esecuzione
ascoltata in una sinergia musicale nella quale
anche la bravissima Lisitsa ha mostrato il suo
alto spessore musicale. Grande successo di
pubblico e tre bis: Chopin, Kreisler e Gluck
17 Maggio
Cesare Guzzardella
Musica di Menotti
all'Auditorium con F.M. Colombo e Luca
Santaniello
Viene purtroppo eseguito poco
Gian Carlo Menotti, il compositore divenuto
celebre per aver inventato e organizzato per
quasi cinquant'anni il Festival dei Due Mondi
di Spoleto. Autore di opere liriche, alcune
ancora in scena come Il Console,
La medium o Il telefono, Menotti è
anche stato un prolifico autore di musica
sinfonica e tra i lavori in repertorio, anche se
di rara esecuzione, troviamo il Concerto per
violino e orchestra in la minore e la Suite
Sebastian dall'omonimo balletto. Questi
brani sono stati eseguiti in replica ieri
pomeriggio all'Auditorium in una sala colma di
pubblico. Il direttore d'orchestra Francesco
Maria Colombo
per
l'occasione ha impaginato un programma che oltre
a questi due lavori accostava le più note
Ouverture sinfoniche di Rossini, quelle
dalla Gazza ladra, La scala di seta e il
Gugliemo Tell. Colombo ha in passato avuto un
rapporto privilegiato con il Maestro Menotti
(1911-2007- foto) essendo stato chiamato a
dirigere nel 2001 e nel 2002 concerti e sue
opere a Spoleto. Il Concerto per violino è stato
interpretato ottimamente dalla Sinfonica Verdi e
dal violino solista Luca Santaniello che ha
espresso intense sonorità definite da un timbro
pastoso di grande ricchezza espressiva. Il
concerto di Menotti non è certo di facile
esecuzione ed è caratterizzato da influssi che
vanno dalla
liricità
di Alban Berg al neoclassicismo di Prokof'ev o
di Stravinskij. L'eccellente costruzione formale
e l'interessantissima parte solistica sarebbe
sufficiente per giustificare una maggior
diffusione di questo lavoro. Bravissimo
Santaniello - da molti anni primo violino della
Verdi- anche nel bis da lui concesso con una sua
trascrizione per violino, arpa ed archi di un
aria da Cavalleria Rusticana. Valida anche
l'interpretazione della suite Sebastian. I
momenti di grande lirismo tutto italiano dei
movimenti Barcarolle e Sebastian's
Dance si alternano ad altri più ritmici ed
incisivi dal sapore americano alla Barber o
Bernstein come Street Fight o di radice
stravinskiana come la Dance of the Wounded
Courtesan. Direzione trasparente e luminosa
quella di Colombo. Di particolare rilevanza
anche l'esecuzione delle Sinfonie dalle grandi
opere rossiniane con un finale di grande effetto
con la celebre cavalcata dal Guglielmo
Tell. Colombo tende a rilevare in maniera chiara
e precisa i diversi pieni sonori evidenziando
ogni sezione strumentale con equilibrio
sinergico. Ottima la Sinfonica Verdi. Lunghi e
fragorosi applausi del pubblicoal termine.
16 Maggio
Cesare Guzzardella
Il Quartetto Avos al
Coccia di Novara
Ieri sera al Coccia si è
presentato al pubblico novarese il quartetto
Avos (pianoforte e archi), una formazione assai
recente, nata nel 2009 a Roma, nell’ambito
dell’Accademia di S. Cecilia, e già impostasi
all’attenzione della critica e del pubblico,
vincendo due dei più importanti concorsi
cameristici italiani, il Gui di Firenze e il
Trio di Trieste. Interessante il
programma
proposto: di Beethoven il Quartetto con
pianoforte WoO36,n.1 in Mi bem. maggiore,
una composizione adolescenziale del genio di
Bonn (1785) chiaramente influenzata dallo stile
mozartiano, con riconoscibili reminiscenze della
sonata per violino K379, evidenti ingenuità
(come il terzo tempo, un Tema con variazioni
francamente banalotto), ma non priva di alcuni
bei passaggi, soprattutto il tempo lento
centrale, di morbida cantabilità; il
Quartetto con pianoforteop. 2 n. 2 in fa
minore di F. Mendelssohn-Bartholdy (1822),
composizione anche questa assai precoce
(l’autore aveva 13 anni!), in cui, pur con tutti
i limiti di un’opera di un fanciullo, già si
esprime a tratti il radioso romanticismo della
sua ispirazione; infine, nel secondo tempo,
l’ampio e splendido Quartetto con pianoforte
op. 26 n. 2 in La maggiore di J. Brahms. Per
la complessità della scrittura, l’autonomia
conferita alle singole parti strumentali
nell’intreccio delle voci, di respiro
‘sinfonico’, la vastità della concezione
architettonica e la particolare stratificazione
timbrica, era ovviamente quest’ultimo pezzo a
costituire il vero biglietto di presentazione
della giovane formazione romana. L’esecuzione
del Quartetto Avos ci è parsa semplicemente
perfetta: di rado abbiamo ascoltato
un’interpretazione così bella di quello che è il
centro emozionale del quartetto brahmsiano, cioè
il secondo movimento Poco Adagio: la
ricchezza di sfumature del pianoforte di Mario
Montore, la calda e morbida cavata della
bravissima e graziosa Mirei Yamada (violino), il
tocco energico e pulito del violoncello di Luca
Magariello, il colore pastoso e ramato, da viola
romantica, di Diana Bonatesta, hanno reso al
meglio il clima tenero e rarefatto di questo
incantevole brano musicale, di atmosfera
schumanniana: da ricordare il passaggio affidato
al contrasto tra gli arpeggi al registro basso
del pianoforte e la linea degli archi. Ma l’Avos
ci è piaciuto non solo sul versante “espressivo”
dell’interpretazione, ma anche per la limpida
aderenza all’organizzazione del materiale
tematico, la cui architettura ha ricevuto pieno
risalto dalla lucida distinzione delle linee
strumentali e delle arcate melodiche, efficaci
nella resa delle strutture contrappuntistiche
dell’insieme. Un’ultima osservazione: qualche
severo critico trovò, ai tempi, ‘piatti’ e
scialbi’ i temi del quartetto: ammesso che ciò
sia vero, l’esecuzione dell’Avos, col suo suono
caldo, vivo, avvolgente, ce lo ha fatto
dimenticare. Dopo il singolare bis, una
trasposizione di temi della Traviata,
composta dallo stesso Avos, il pubblico,
conquistato dall’interpretazione, ha applaudito
a lungo con vero entusiasmo. Una serata da
ricordare.
14 maggio
Bruno Busca
Prossimamente il pianista
Mizuka Kano a Vercelli
Venerdì 27 maggio, per la
Stagione musicale della Società del Quartetto di
Vercelli è in programma al Museo Borgogna, ore
21, il concerto con la pianista giapponese
Mizuka Kano. In programma musiche di Bach,
Brahms, Schubert e Schumann.
Già vincitrice del Concorso
Internazionale di pianoforte Gian Battista
Viotti di Vercelli nel 2005, Mizuka Kano nel
2008 ha ottenuto un altro prestigioso
riconoscimento con il primo premio assoluto al
Concorso pianistico Robert Schumann di Zwichau.
E’ uno degli eventi più importanti e
riconosciuti in Europa tanto che i vincitori
spesso prendono un deciso slancio per la
difficile carriera di concertista. Biglietti:
intero euro 11, ridotto abbonati euro 8, ridotto
over65 euro 9, giovani euro 5. Per prenotazioni
e informazioni: Società del Quartetto, tel.
0161-255575.
16 maggio
la redazione
L'Orchestra Sinfonica di
Wuppertal e Alexandar Madzar in Conservatorio
per la Società
dei concerti
La Fondazione Società dei
Concerti è una delle poche organizzazioni
concertistiche che ha il merito di portare in
Italia grandi formazioni orchestrali unitamente
a concertisti di fama. Nel concerto ascoltato
ieri sera la Sinfonieorchester Wuppertal,
orchestra di primo livello tedesca, era diretta
dal suo direttore stabile Toshiuki Kamioka, noto
anche come pianista. Il programma impegnativo
prevedeva l'esecuzione di due capolavori del
romanticismo tedesco quali il Concerto n.2 in
si bem.magg. Op 33 di J. Brahms e la
Sinfonia in domagg. "La grande" D944
di F. Schubert. Nel
primo brano il pianista Alexandar Mdzar,
premiato (3°posto) nel 1996 al celebre Concorso
Internazionale Leeds, ha reso efficacemente
questa non facile partitura intrisa di
virtuosismo armonico e di grandi contrasti,
spesso di difficile resa dinamica.
Inusitatamente in quattro movimenti, il secondo
concerto pianistico ha trovato realizzazione
intorno al 1880 a molti anni dal primo lavoro di
questo genere. L'opera precedente passó alla
storia anche per il grande fiasco ottenuto alle
prime esecuzioni e per l'impossibilità di
trovare pianisti adeguati alla difficile
esecuzione. Adesso sia il primo che il più
eseguito secondo, sono concerti considerati tra
i lavori migliori del compositore. L'ottima
sinergia tra l'orchestra ed il solista
nell'energica mediazione direttoriale, ha
permesso una rilevante interpretazione specie, a
nostro avviso, nei movimenti finali: l'Andante
e l'Allegretto grazioso. Nel bis
scarlattiano Madzar, chiamato sul palco più
volte, ha rivelato la sua notevole sensibiltà e
le sue non indifferenti qualitá espressive per i
lavori più intimistici. La validità della
compagine orchestrale e del suo direttore è
stata riconfermata nella sinfonia "La grande" di
Schubert, uno dei lavori più maturi e profondi
del grande viennese. Un pubblico entusiasta in
una Sala Verdi quasi al completo ha tributato al
termine lunghi applausi agli interpreti.
12 maggio
Cesare Guzzardella
Due splendidi pianisti per un
pubblico esiguo: Paolo Restani e Sofya Gulyak
Milano è la città d'Italia che
offre il maggior numero di spettacoli nel
settore della musica classica. Gli artisti
presenti ogni anno alla Scala, nelle sale Verdi
e Puccini del Conservatorio, in Auditorium, al
Dal Verme e in spazi minori ma non meno
rilevanti quali la Palazzina Liberty o il
Filodrammatici, sono tra i più affermati al
mondo. Alcune realtà piuttosto recenti come
quella dell'Auditorium di l.go Mahler, con
alcune centinaia di migliaia di spettatori annui
presenti ai concerti
serali
o alla domenica mattina e pomeriggio, spesso con
il tutto esaurito, segnalano il notevole
interesse dei milanesi per la musica. Purtroppo
non è la stessa cosa per le aree più periferiche
dove la mancanza di spazi d'ascolto non
favorisce la fruizione musicale. Il bellissimo
Teatro degli Arcimboldi ha abbandonato quasi
completamente la musica classica ma è molto
frequentato per i balletti o
per
altre manifestazioni artistiche. Capita però non
di rado, di ascoltare splendidi interpreti in
sale semi vuote con meno di cento spettatori.
Accade quando mancano gli abbonati e in orari
inconsueti, orari che andrebbero coltivati con
un più rigoroso impatto pubblicitario. E'
successo in questi giorni in due realtà per
posizione ed importanza opposte: all'Auditorium
di l.go Mahler, realtà consolidata e vincente, e
al piccolo, poco conosciuto ma elegante
SpazioTeatro 89, localizzato in una zona
periferica milanese di alta densità abitativa
tra Forze Armate e Baggio con, a mio avviso,
ottime potenzialità di fruizione musicale. I due
artisti in questione sono pianisti di alto
livello quali l'italiano Paolo Restani,
ascoltato sabato nel tardo pomeriggio in
Auditorium, e la russa Sofya Gulyac, pianista
vincitrice nel 2009 del prestigioso Concorso
Internazionale di Leeds, rassegna vinta in
passato da Peraya e Lupu. Settanta, ottanta, i
fortunati spettatori presenti in entrambi i
concerti. Il numero adeguato sarebbe stato di
almeno mille per la qualità artistica fornita
anche se lo SpazioTeatro89 ha una capienza di
poche centinaia di posti. Brani virtuosistici in
entrambi i programmi con Rachmaninov, Liszt e
Brahms per il quarantaquatrenne Restani e
Schubert-Liszt, Schubert e Liszt per la
trentenne Gulyak. Restani di recente ha inciso
l'opera pianistica di Brahms per la Decca e nel
bellissimo concerto di sabato, ultimo della
valida rassegna Sabato da Camera!,
segnaliamo almeno l'esecuzione di un'avvincente
Rapsodia Spagnola di Liszt e delle
Variazioni brahmsiane su temi di Schumann e
Paganini interpretate con equilibrio formale e
rilevante espressività. La Gulyak, pianista di
forza che per grinta virtuosistica ricorda un
Richter o un Sokolov, ci ha stupito in un
programma azzeccato per equilibrio ed interesse:
dopo alcuni lieder di Schubert rivisti da Liszt
e tra questi una toccante Serenata - vi
ricordate quella stratosferica di Horowitz?… non
siamo così lontani !- ha donato due mirabili
interpretazioni della Wanderer di
Schubert e della Sonata in si minore di
Liszt inframezzate da un Wagner-Liszt con
Amore e morte di Isotta. Un concerto al
quale pochissimi hanno avuto il privilegio di
esserci ma che rimarrà a lungo nella nostra
memoria.
9 settembre
Cesare Guzzardella
Marlena Maciejkowicz a
Vercelli
In quella “officina culturale”
minore, ma assai operosa, che è Vercelli,
abbiamo assistito oggi, domenica 8 maggio, ad
un’iniziativa intelligente per avvicinare il
pubblico a quel tesoro inestimabile di piacere e
cultura, ma troppo spesso considerato
inaccessibile ai più, che è la musica cosiddetta
“classica”. Nella sala centrale del Museo
Borgogna,
abbellita
dai capolavori pittorici del Cinquecento
piemontese, nell’ambito della Stagione dei
concerti della Società del Quartetto, si è
svolto il terzo e conclusivo appuntamento del
ciclo “L’Arte si fa sentire”, dal titolo: “Franz
Liszt, i colori del virtuosismo”. Il programma
proponeva quattro fra le più celebri
composizioni lisztiane per pianoforte: i due
Sonetti del Petrarca dagli Années de
pèlerinage, deuxième année, il Mefisto
Valzer n.1, e infine la Sonata in Si
Minore. La particolarità del concerto
consisteva nel fatto che la figura di Liszt e i
singoli brani sono stati introdotti dal noto
attore teatrale e cinematografico vercellese
Roberto Sbaratto, che, in modo semplice e
accattivante, ma pertinente, ha fornito agli
ascoltatori anche “profani” le informazioni
essenziali per apprezzare la musica del grande
compositore ungherese nel suo significato
storico-culturale, con l’ausilio di brani,
accortamente scelti, da scritti dello stesso
Liszt e di contemporanei.
Al pianoforte sedeva Marlena Maciejkowicz,
trentaquattrenne pianista polacca, ma da anni
residente nel nostro Paese. Vincitrice di alcuni
importanti concorsi europei, fra cui l’austriaco
“J. Brahms” nel 2003, non ha ancora conquistato
da noi la notorietà delle grandi sale da
concerto, ma nella sua esibizione vercellese ha
mostrato indubbie qualità interpretative, messe
alla prova dalle ardue partiture lisztiane,
soprattutto la Sonata in si min. Il dominio
virtuosistico della tastiera, di solida scuola
slava, si accompagna ad un suono energico, di
vigorosa potenza, sostenuto da un uso efficace
del pedale, ma capace anche di un tocco
delicato, duttile nella resa dei timbri e nitido
nella distinzione dei piani sonori della
composizione. Ne è scaturita una linea
interpretativa che ha dato voce all’ispirazione
più appassionatamente romantica dell’opera di
Liszt, unita ad una lucida individuazione della
struttura armoniche del testo,nella loro novità
gravida di sviluppi futuri. La nostra
preferenza, tra i brani oggi ascoltati, va
all’esecuzione del Mefisto Valzer, di cui la
Maciejkowicz ha reso al meglio i colori di
sulfureo demonismo, con la dinamica infuocata
del ritmo e i timbri acidi e taglienti. Gli
applausi prolungati del numeroso pubblico
presente hanno concluso questo bel pomeriggio di
musica a Vercelli.
8 maggio
Bruno Busca
Gloria Campaner per la Società dei Concerti
Per la presentazione della
Stagione Concertistica 2011-12, annata che si
preannuncia di alto livello (tra i grandi
interpreti Lupu, Skoda, ecc.), la Società dei
Concerti ha invitato la giovane e affermata
pianista veneta Gloria Campaner. L'artista
venticinquenne
ha recentemente conquistato il podio con una
medaglia d'argento al Concorso Internazionale
Paderewsky di Los Angeles e ha già tenuto
parecchi concerti negli Stati Uniti. Ieri sera
davanti un numeroso pubblico ha interpretato con
ottima resa stilistica due autori romantici
quali Schumann e Rachmaninov: del primo abbiamo
ascoltato la Grande Humoresque op.20 e
del secondo i Momenti Musicali op.16.
L'approccio riflessivo della Campaner per
entrambi gli autori nulla ha tolto alla valida
ed emotiva resa romantica. Sia nell'Humoresque
che nei Momenti musicali la pianista ha definito
una timbrica ricca di sfumature, individuando
con rigore i differenti piani sonori e centrando
il bersaglio della coerenza interpretativa. Ogni
difficoltà tecnica, specie in Rachmaninov dove
certe arditezze sono prerogativa per pochi, è
stata superata con maestria aprendo la strada
alla pura riflessione ed espressione musicale.
Abbiamo riscontrato una più efficace resa
complessiva nel russo con sequenze di qualità
non comune. Nel panorama delle migliori
concertiste italiane (Vacatello e pochissime
altre...) la Campaner merita certamente una alta
posizione. Splendidi i due bis con una energica
e "strappaapplausi" Toccata di Prokof'ev.
7 maggio
Cesare Guzzardella
Il duo Mezzena-Giavazzi al
Coccia di Novara
Al suo secondo concerto per
l’attuale stagione novarese di musica da camera,
il duo Franco Mezzena (violino) e Stefano
Giavazzi (pianoforte), ha presentato ieri sera 6
maggio al Teatro Coccia un intenso programma,
monograficamente
costruito, come quello precedente del 22
febbraio, sulle sonate per violino e pianoforte
di L. van Beethoven : sommando le esecuzioni dei
due concerti, gli appassionati novaresi hanno
potuto ascoltare quest’anno sette delle dieci
sonate beethoveniane, una ‘quasi integrale’ che
ci auguriamo possa essere completata la prossima
stagione. Nel primo tempo del concerto di ieri
sera sono state eseguite le Sonate op. 30 n.
3 e op. 96 (entrambe nella tonalità
di Sol maggiore), mentre dopo
l’intervallo al pubblico è stato proposto uno
dei capolavori assoluti di questa forma
cameristica, l’immortale Kreutzer op. 47 in
La maggiore. Si tratta di un programma
scelto con intelligenza, che presenta tre “volti
” diversi” dell’inesauribile mondo compositivo e
spirituale del genio beethoveniano: la gioiosa e
spensierata vitalità (l’op. 30), la pacata e
profonda sapienza, frutto di una ormai raggiunta
maturità (l’op.96, l’ultima delle dieci sonate
composte dal Maestro di Bonn per questi due
strumenti) e infine l’impetuosa tensione
romantica, con guizzi inquietanti di demoniaca
passione (la Kreutzer). Ancora una volta di
Giavazzi e Mezzena ci è piaciuta la chiarezza di
un fraseggio sempre preciso, quasi didattico,
nel presentare all’ascoltatore la dinamica e
l’architettura delle forme musicali, grazie ad
un suono, per entrambi gli strumenti, di
levigata pulizia, anche nella lettura di pagine
di arduo virtuosismo, come la vorticosa
tarantella del finale della Kreutzer. Laddove,
come in particolare avviene con quest’ultima, la
dialettica fra il violino e il pianoforte si fa
concertante, fitta e serrata, le due linee
strumentali s’intrecciano in una limpidezza di
disegno melodico e armonico davvero esemplari.,
per esattezza ‘tecnica’ del suono e intesa
collaudata nel dialogo fra due interpreti ormai
più che affiatati. Sul piano della resa
espressiva il duo Mezzena –Giavazzi ci è
sembrato del tutto a proprio agio nelle pagine
di più delicata ispirazione, come il tempo di
Minuetto dell’op.30, la cui grazia velata
affidata al violino è stata interpretata al
meglio da Mezzena, o l’estatica melodia che apre
al pianoforte l’Adagio dell’op.96. Avremmo
invece desiderato un guizzo di più sanguigna
energia in certi passaggi di pulsante vitalità,
soprattutto nell’op. 30, nell’Allegro iniziale e
nella ‘danza degli orsi’ del Finale, dove ci è
parsa un po’ troppo esangue la carica
‘haydniana’ che percorre la pagina e, in
generale, il ritmo di esuberante rusticità
dell’intera composizione. Gradevole e ben
eseguito il bis, le sei Danze tedesche,
fresca e aggraziata composizione giovanile del
Maestro di Bonn, salutato con prolungati
applausi dal pubblico,visibilmente soddisfatto .
della serata di musica, per quanto disturbata,
per tutto il primo tempo, dal rumore di un
comizio politico svoltosi nei pressi del teatro
(ma il Coccia non dispone di mezzi di isolamento
acustico? Mah!).
7 maggio
Bruno Busca
Prossimamente Richard Galliano
al Viotti Festival
Giunto alle battute finali, il
cartellone della tredicesima edizione del
Viotti Festival propone ancora un artista di
fama internazionale del calibro di Richard
Galliano che sabato 14 maggio alle
ore 21:00 calcherà la scena del Teatro
Civico di Vercelli con il concerto da
Da Bach a Piazzolla. Il musicista
di origine italiana sarà affiancato dall’Orchestra
Camerata Ducale, diretta come consuetudine
dal maestro Guido Rimonda, e coinvolgerà
gli spettatori in sala in un itinerario musicale
dal Barocco al Novecento, nel quale il
denominatore comune sarà l’affascinate timbro
della sua fisarmonica e del bandonéon. Un
connubio particolare quello tra orchestra
classica e uno strumento della tradizione
popolare che gli organizzatori del festival da
tempo volevano proporre a Vercelli e che da
subito ha riscosso un notevole interesse da
parte del pubblico che si è mosso immediatamente
per prenotare i biglietti per la serata del 14
maggio. Ma non solo, perché lo spettacolo è
caratterizzato anche da alcuni aspetti veramente
unici, sia per lo strumento protagonista che
raramente trova un ruolo solistico nelle sale
concerto, nonostante lo sdoganamento attuato
prima da Astor Piazzolla e successivamente
proprio da Richard Galliano, sia per il
programma musicale che culmina in una
particolarissima versione del Concerto in do
minore per oboe, violino, archi e basso
continuo di Johann Sebastian Bach elaborata
dallo stesso Galliano, sostituendo il violino e
l’oboe con la fisarmonica, dimostrando nel
contempo la complessità interpretativa di questo
straordinario strumento e come la musica del
grande compositore barocco sia realmente
universale e perfettamente eseguibile dagli
strumenti di ogni epoca.I biglietti per
l’appuntamento di sabato 14 maggio 2011 si
possono prenotare telefonando al Comune di
Vercelli ai numeri 0161 596369 – 0161 596277,
oppure contattando direttamente l'Associazione
Camerata Ducale allo 011 755791 o inviando una
mail a
orchestra@camerataducale.it.
Altra possibilità è recarsi direttamente al box
office del Teatro Civico di Vercelli venerdì 13
maggio dalle 17:00 fino alle 20:00, oppure
sabato 14 maggio, un’ora prima del concerto. I
prezzi partono da 8,00 euro fino a 22,00 euro. I
possessori della Pyou Card, i CRAL e gli Over 65
hanno diritto al biglietto ridotto.
Lang Lang e Bychkov alla Scala
Ieri sera alla Scala è tornato
Lang Lang. ll pianista cinese questa volta ha
interpretato Chopin eseguendo il suo più celebre
concerto per pianoforte ed orchestra, il n.1
in mi minore op.11. Il programma prevedeva
anche la
monumentale e tragica Sesta Sinfonia di
Gustav Mahler. La Filarmonica scaligera diretta
da Semyon Bychkov ha fornito una ottima
prestazione. Lang Lang , star internazionale, lo
conosciamo bene: la critica si divide nel
sostenere o meno le qualità di questo interprete
che dotato di tecnica travolgente, spesso
spettacolarizza le sue prestazioni attraverso la
sua particolare mimica facciale che sembra
controllare il pubblico con i suoi movimenti
oculari. Il suo Chopin è di qualità. Non è uno
Chopin polacco ma indubbiamente personale e di
alta valenza estetica. I tempi complessivi lenti
del concerto, permeati da un tocco delicato e da
una dolcezza riflessiva orientale, hanno
rivelato trasparente profondità in tutta
l'estesa gamma dinamica. La parte orchestrale,
più incisiva, ha comunque rispettato il bisogno
del solista di esprimersi con timbriche sottili,
sonorità al limite della comprensione acustica
per la loro bassa voluminosità. Splendido il
Larghetto centrale e folclorico ed
espressivo il Rondò finale. Pubblico
entusiasta e travolgente il bis concesso con uno
Studio del polacco. Cambio di registro e di
volume acustico con la tragica Sesta Sinfonia di
Gustav Mahler. Bychkov ha colto senza enfasi ma
con rigore espressivo l'essenza del monumentale
lavoro del viennese. Una esecuzione di alto
livello per una Filarmonica in grande forma.
Grandissimo successo di pubblico. Prossimo
appuntamento per il Ciclo Lang Lang per il 23
maggio: il cinesa duetta con la star del jazz
Herbie Hancock in un programma dedicato a
Gershwin. Da non perdere.
5 maggio
Cesare Guzzardella
Roberto Sbaratto per la
Stagione dei concerti di Vercelli
Per i concerti della Società del
Quartetto, al Museo Borgogna, domenica 8 maggio,
alle ore 17, nell’ambito del progetto promosso
dal Museo Borgogna “l’Arte si fa sentire”, è in
programma lo spettacolo teatral-musicale “Franz
Liszt, i colori del virtuosismo” con Roberto
Sbaratto, voce recitante, e Marlena
Maciejkowicz, pianoforte, che, dopo Chopin e
Schumann lo scorso anno, chiudono un ideale
trittico sui grandi autori romantici. Ora è la
volta del compositore ungherese nei duecento
anni dalla nascita (1811- 2011).
Maciejkowicz-Sbaratto propongono la collaudata
formula del concerto con lettura teatrale:
un’occasione per conoscere davvero, in un’ora e
mezza di spettacolo, una delle vicende più
significative nella storia della musica. Il
programma musicale della serata comprende due
Sonetti del Petrarca (104 e 123), Mefisto –
Valzer n.1 e la Sonata in si minore. La
manifestazione è in collaborazione con Vercelli
e i suoi eventi e con il Museo Borgogna.Roberto
Sbaratto, vercellese, è una figura di spicco del
panorama teatrale italiano. Biglietti: intero
euro11,
ridotto abbonati euro 8,
ridotto over65 euro 9,
giovani euro 5.
Per prenotazioni e informazioni: Società del
Quartetto, tel. 0161-255575.
5 maggio dalla
redazione
Giovanni Sollima alle
Serate musicali
E' un musicista particolarmente
singolare il palermitano Giovanni Sollima:
violoncellista-interprete, compositore,
arrangiatore. Il programma presentato ieri sera
in Conservatorio davanti ad un folto pubblico,
mediamente più giovane del consueto, era
diversificato ed interessante: Bach con la
Suite n.4 in mi bemolle maggiore
preannunciava le ottime
qualitá
interpretative di Sollima; i tre brani -
Romanella,Ciaccona,Tarantella-
di Giulio De Ruvo (XVII sec.), i due Capricci
di Guseppe Dall'Abaco (XVIII sec.) e il
Caprice de Chaconne di Francesco Corbetta
(1615-1681) hanno rivelato la passione del
cellista per la musica antica e la sua voglia di
ricerca di elementi del folclore che partono da
lontano. Ma è con le sue composizioni e i
personali arrangiamenti che Sollima ha mostrato
il suo lato creativo e la sua
inconfondibile cifra stilistica. Concerto
Rotondo (1998) è un lavoro in quattro
parti dove il cellista "cerca parentele con
vocalità e tecniche strumentali arcaiche e non
occidentali". La particolare accordatura
dello strumento utilizzato in modo inconsueto e
speciale per una ricerca di sonorità totali e la
sua intensità espressiva hanno prodotto un ottmo
e convincente risultato, molto apprezzato dal
pubblico presente in Sala Verdi. La sua voglia
di libertà espressiva, assistita da una certa
gestualità che in alcuni lavori arriva alla
performance mimica, è molto marcata e si
ritrova in alcune personali
composizioni-arrangiamenti come Raining Blood
da un brano del gruppo di rock metal Slayer, in
Angel di Jimi Hendrix- e con le
performance del celebre chitarrista rock e nelle
modalità espressive Sollima ha una somiglianza-
e nei suoi Natural Songbook ispirati da
Satie, Scott Joplin e altri autori ma
trasformati secondo modalità di sintesi
espressiva. Grande successo, con molti
giovanissimi in sala venuti ad ascoltare un
musicista che sa essere trasversale ai
generi...e questo è un pregio. Due i bis
concessi.
3 maggio
Cesare Guzzardella
Isabelle Faust
al Viotti Festival di Vercelli
Il cartellone, come sempre
stimolante, del Viotti Festival di Vercelli ha
proposto ieri sera 30 Aprile all’ascolto degli
appassionati un programma dedicato al violino,
che ha avuto come protagonista una solista forse
ancora non nota da noi in Italia come
meriterebbe: la quarantenne tedesca (ma ormai da
tempo trasferitasi in Francia) Isabelle Faust,
vincitrice del prestigioso Concorso Paganini nel
1993. Il clou della serata è stato
preceduto da due pezzi sinfonici, eseguiti dalla
Camerata ducale, come sempre affidata alla
sapiente direzione di Guido Rimonda. Anzitutto
Le
variazioni sui capricci di Paganini,
composizione inedita (2010), e dunque in prima
assoluta, del compianto Giorgio Ferrari,
violinista, compositore e direttore per molti
anni del Conservatorio di Torino, scomparso lo
scorso anno e che aveva scritto questo suo
estremo lavoro proprio per la Camerata ducale:
si tratta in verità di una gradevole
esercitazione accademica, consistente nella
citazione/rielaborazione di noti temi
paganiniani, confezionata con mestiere,
rispettosa del principio della tonalità, forse
lontana reminiscenza della Paganiniana
del neoclassico Casella. A seguire, un ‘fuori
programma’: la Sinfonia, G 503 in re maggiore
di Boccherini, la prima delle sei sinfonie op.12
del 1771, in quattro movimenti, tra cui svettano
i due centrali, l’Andantino dalla
suadente pennellata melodica e con raffinate
transizioni nel fraseggio e il Minué amoroso,
contenente un bellissimo Trio col suo
colloquio intimo e dolce tra flauto e archi
bassi.La Faust ha eseguito due perle
della letteratura violinistica di tutti i tempi,
due dei cinque concerti “salisburghesi” di
Mozart del 1775, il K 216 in Sol maggiore
e il K 219 in La maggiore. Non esitiamo a
confessare che l’interpretazione della giovane
solista d’oltralpe ci ha conquistato: il suo è
un suono di dolcissima , delicata trasparenza,
perfettamente intonato, sempre distillato con
nitida pulizia. Soprattutto, ed è la virtù somma
della Faust, dal suo strumento, uno Stradivari
del 1704, noto come “La bella addormentata”, si
effonde, grazie ad un tocco di angelica
leggerezza, un fraseggio di purissima
melodiosità, per il quale tutte le quattro corde
dello strumento sembrano suonare “in cantino”,
davvero straordinario nel ritmo e nel “respiro”
della frase musicale, nella variazione
dell’intensità del suono, e che in particolare
nei movimenti lenti dei due concerti ha rapito
il pubblico. Aggiungete la completa sicurezza
tecnica con la quale la Faust affronta da grande
virtuosa le parti più impervie dei due concerti
(il Rondeau finale del K216, lo sviluppo
del primo tempo e il terzo tempo del K219) e
avrete il ‘ritratto’ di una interprete di
prim’ordine, che ha saputo dare adeguata voce
all’ideale estetico di perfezione formale e
piacevolezza espressiva, propria del Mozart di
questa fase della sua produzione, frutto
prodigioso dell’ innesto dello stile galante
francese sull’architettura del concerto per
violino italiano del ‘700. Semplicemente
perfetta, poi, l’intesa con un’orchestra, la
Camerata Ducale, indiscutibilmente oggi uno
degli organici più collaudati in Italia per la
musica settecentesca: non a caso allieva di
Cristoph Poppen, fondatore e primo violino del
Cherubini Quartet, la Faust ha nel sangue
l’inclinazione al taglio “cameristico”
dell’esecuzione, in cui la voce solista cerca
spontaneamente il dialogo con il tutto
orchestrale, fondendosi nell’intreccio delle
varie linee strumentali. A tal riguardo si può
forse muovere alla Faust l’unico rilievo
critico: talvolta il suo suono ci è sembrato
perdere vigore, un po’ troppo debole proprio nel
dialogo con il “tutto” dell’orchestra, tanto da
esserne sopraffatto sino a scomparire. E’ quanto
accaduto in particolare nel bis , un tempo del
Divertimento per archi in Fa maggiore K138
di Mozart, in cui il primo violino di G.
Rimonda (come sempre bravissimo nel guidare i
colleghi), “si sentiva” di più di quello
solistico. Ma si tratta; sia chiaro; di
un’osservazione che nulla toglie alla nostra
gratitudine alla bravissima e graziosa Isabelle,
per il dono di sublime poesia che ci ha offerto
in questa indimenticabile serata.
1 maggio
Bruno Busca
Quartett":la nuova opera di Luca Francesconi alla
Scala
E' piaciuta al pubblico scaligero
la nuova opera in un unico atto di Luca
Francesconi. "Quartett" è ispirata
dall'omonima pièce teatrale di Heiner Müller ed
è liberamente tratta da Le relazioni pericolose
di Choderlos de Laclos. La messinscena del
regista Alex Ollè-La Fura dels Baus è
indubbiamente valida ed è dettata da una
ricercata modernità
che
unisce sapientemente più ambiti espressivi in
eccellenti sinergie
creando un'ambientazione che calza bene le non
facili ma incisive timbriche di Francesconi.
Centro della rappresentazione è una camera-scatola
posta nella parte centrale della scena,
circondata in tutti i lati da uno schermo nel
quale vengono proiettate immagini che completano
in modo anche spettacolare la scena. I due
cantanti protagonisti della pièce, nella seconda
rappresentazione del 28 aprile, Alliso Cook, la
Marquise de Merteuil e Robins Adams, il
Viconte de Valmont, hanno mostrato ottime
qualità vocali e attoriali e hanno definito il
testo in inglese di Francesconi con rilevante
teatralità. La parte musicale è sostenuta da due
formazioni orchestrali, una nella buca e una
seconda nascosta insieme al coro. La direzione
musicale per la prima volta in un'opera è al
femminile: la finlandese Susanna Mälkki ha
dimostrato qualità interpretative di primo
livello. La direzione musicale è stata
ottimamente completata dal secondo direttore
J.M. Lavoie. Le scene (foto dall’archivio Scala)
di Alfons Flores, i vedeo di Frac Aleu, i
costumi di Lluc Castells e le luci di Marco
Filibeck, in splendida sinergia, hanno concorso
a rendere l'opera di Francesconi un'imperdibile
novità. Il complesso e variegato linguaggio del
cinquantenne musicista milanese riassume in modo
completo le esperienze musicali del Secondo
Novecento: musica concreta ed elettronica
insieme a modalità compositive che devono molto
alle frequentazioni di Francesconi con Berio,
Stockhausen e Boulez. Da non perdere. Prossime
repliche il 30 aprile e il 3-5-7-maggio
30 aprile
Cesare Guzzardella
Il duo Bianchi - Demicheli al
Coccia di Novara
Decisamente modesto sotto il
profilo della qualità musicale dei brani
proposti, ma curioso dal punto di vista
squisitamente storico, il programma proposto
ieri sera al Teatro Coccia di Novara dal duo
Marcello Bianchi (violino/viola) e Daniela
Demicheli (pianoforte), nell’ambito della
Stagione concertistica da camera. Il concerto è
iniziato con un’opera minore di R. Schumann, le
tre Romanze op. 94 per violino e
pianoforte, trascrizione da un originale per
oboe
e pianoforte (1849), tra cui la seconda spicca
come un vero gioiellino di fresca semplicità,
sgorgata dalle più pure vene di un intimo
romanticismo, come suggerisce il titolo
Einfach, innig (semplice, intimo). Accanto a
quello di Schumann, l’altro nome noto al grande
pubblico, tra quelli proposti nella serata, è
quello di Alexander Glazunov, di cui è stata
eseguita una Elegia per viola e pianoforte
(1892), caratterizzata da una forma melodica
cara a questo autore russo, di morbida e
avvolgente malinconia, giocata su una ripetuta
cellula motivica, affidata prevalentemente alle
quattro corde. Gli altri brani ascoltati
appartengono al genere delle pure curiosità
filologico-musicali, opere di autori “minori”
poco frequentati dagli interpreti: in primo
luogo don Lorenzo Perosi, la cui fama, notevole
nella prima metà del secolo scorso, come autore
di musica sacra, è oggi forse un po’ appannata.
Si deve proprio al duo Bianchi-De Micheli la
‘scoperta’ della produzione ‘profana’
cameristica perosiana, incisa integralmente per
Bongiovanni, tra cui i due pezzi in programma
ieri sera, la Piccola sonata per violino e
pianoforte e il brevissimo Pezzo in do
minore per viola e pianoforte. Si tratta di
composizioni di limitato valore musicale, di
solido impianto tonale, su cui si sviluppa un
melodismo di pretto sapore ottocentesco, con
qualche ammiccamento alla tradizione barocca:
francamente, non sapremmo riconoscere quelle
“aperture alle influenze dell’esperienza storica
contemporanea” che il programma di sala gli
attribuisce. Un po’ più aggiornato ai propri
tempi ci è sembrato il Dramma artistico per
violino e pianoforte del praticamente
sconosciuto Carlo Rossaro ( non ne fa neppure
cenno il programma di sala, che,
incredibilmente, rinuncia a presentarlo).: si
tratta di un compositore piemontese del XIX
secolo (1828-1878), che all’epoca godette di
effimera fama per melodie di genere mitologico o
ispirate a soggetti letterari. Questo suo Dramma
( il titolo è dovuto al forte contrasto fra le
linee tematico-melodiche affidate ai due
strumenti) si caratterizza per un accentuato
eclettismo stilistico: a un incipit pianistico
di sapore vagamente listziano fa seguito uno
svolgimento, affidato prevalentemente al
violino, in cui, accanto a reminiscenze
brahmsiane, affiorano armonie di gusto tardo
romantico francese (C. Franck). A conclusione
del concerto il Gran Tango per viola e
pianoforte di A. Piazzolla, composto nel
1982 nella versione originale per violoncello e
pf. con dedica a M. Rostropovich, che ne fu
anche il primo interprete nel ’90: brano di
piacevole ascolto, di raffinata elaborazione
ritmica e armonica, con passaggi di alto
virtuosismo, soprattutto per il pianoforte,
sintetizza le tradizioni del tango e della
milonga, con suggestive dissonanze di gusto
quasi espressionistico. Il giudizio sulle
qualità esecutive dei due interpreti va
ovviamente rimandato a un programma di più
corposo spessore, ma fin d’ora ci sentiamo di
apprezzare la cavata precisa di Bianchi, dal
suono (specie per il violino) forse un po’
troppo “chiuso”, con poco vibrato, ma rigoroso,
nitido nei sopracuti. Diligente l’esecuzione
della Demicheli, talvolta penalizzata da
un’acustica del Coccia non impeccabile. Buono il
bis, il celeberrimo Liebesleid di Fritz
Kreisler, salutato dai cordiali applausi del non
numeroso pubblico presente in sala.
29 aprile
Bruno Busca
Isabelle Faust
al Teatro Civico di Vercelli
Da sempre il violino è uno degli
strumenti protagonisti del Viotti Festival, per
questo motivo gli organizzatori della rassegna
concertistica vercellese invitano, ogni anno, i
migliori interpreti di questo affascinante
strumento. Nella stagione in corso, dopo
l’esibizioni di Salvatore Accardo e Uto Ughi,
sabato 30 aprile alle ore 21:00 calcherà la
scena del Teatro Civico l’irruente ed eclettica
Isabelle Faust. Per il pubblico di Vercelli
Isabelle Faust eseguirà con il suo Stradivari
“Bella Addormentata” del 1704 i Concerti
per violino e orchestra KV 216 e KV 219 composti
da Mozart nel 1775. Un programma decisamente
impegnativo per la Faust ma anche per
l’Orchestra Camerata Ducale che proporrà anche
in prima assoluta l’opera Variazioni sui
ventiquattro capricci di Niccolò Paganini
per orchestra d’archi del compositore Giorgio
Ferrari. Per ulteriori informazioni da lunedì a
venerdì orario ufficio Comune di Vercelli: 0161
596277 – 0161 596369 Associazione Camerata
Ducale: 011 755791
www.viottifestival.it
www.camerataducale.it
28 aprile lLa Redazione
Olaf John Laneri al Coccia di
Novara
In sostituzione del previsto
concerto del pianista Riccardo Schwartz,
indisposto, la Stagione concertistica da Camera
di Novara ha offerto ieri sera, 19 aprile, al
Coccia, un recital di Olaf John Laneri.
Quarantenne di origine svedese, ma nato a
Catania, premio Busoni nel 1998, Laneri ha
eseguito un programma che proponeva nella prima
parte del concerto due celeberrime composizioni
pianistiche beethoveniane, le Sonate op.31
n.2 in re minore La tempesta e in
do
minore op.111, e nella seconda parte quattro
pezzi di Chopin: le due Ballateop.23e op.47 , la berceuse op.57
e infine l’Andante spianato e Grande
polacca brillante op.22. Un impaginato, ci
pare, studiato con intento quasi didattico, ad
illuminare la tendenza del grande pianismo
primo-ottocentesco a indagare e sviluppare al
massimo le possibilità armoniche e timbriche
della tastiera, al di là della classica
forma-sonata del secolo precedente. Notevoli le
qualità di Laneri: ci è piaciuto molto il suo
tocco, sempre di assoluta trasparenza, tanto nei
passaggi di più acrobatico virtuosismo tecnico,
quanto nei pezzi di più sottile e sfumata
sonorità, come la berceuse chopiniana.
All’esattezza tecnica del gran virtuoso, si
accompagna poi una convincente capacità di
penetrare in modo non banale nelle sfumature e
nei dettagli della composizione: davvero
eccellente, sotto questo profilo, l’esecuzione
della Tempesta, di cui Laneri ha reso al
meglio il pathos tragico, con una dinamica
perfetta nel sapiente fluttuare dei ritmi del
primo tempo e nel moto perpetuo del Finale, e
nelle scelte timbriche,con la bellissima coloritura ramata, da
corni, del secondo tema dell’Adagio centrale. Di
alto livello anche l’esecuzione dell’op.111,
dove il momento più intenso ci è parsa la
sezione conclusiva della meravigliosa
Arietta, di cui l’interprete ha espresso con
rara profondità l’emozionante contrasto tra i
cupi accordi della quarta variazione e il
celestiale flusso di terzine delle zone acute
della tastiera nel finale. Di Chopin, sempre
esatto e senza enfasi, abbiamo apprezzato in
particolare la berceuse, eseguita con un
fraseggio di prodigiosa delicatezza, ai limiti
del sussurro,appena velato di un tocco di dolce
malinconia. Due bis, uno splendido Notturnodi Grieg e un Valzer di
Chopin, hanno concluso tra scroscianti applausi
uno dei migliori concerti della stagione
novarese.
20 aprileBruno Busca
Il lettone Shimkus alle
Serate Musicali
E’ tornato in Conservatorio per
le Serate Musicali il pianista lettone
Vestard Shimkus per un concerto particolarmente
vario
che prevedeva musiche di Beethoven, Liszt,
Ravel, Gershwin, e a conclusione Shimkus stesso
con un brano da Piazzola. E’ infatti anche
compositore il ventisettenne pianista e possiede
una tecnica trascendentale che gli consente di
eseguire brani di sorprendente difficoltà
esecutiva come l’Après une lecture de Dante
di F. Liszt o alcuni dei cinque brani che
compongono Miroirs di M.Ravel come il
celebre Alabrado de grazioso. Con una
valida interpretazione della Sonata in do
maggiore Op.2 n.3 di L.v.Beethoven il
lettone ha iniziato il concerto in Sala Verdi
alla presenza di un pubblico purtroppo esiguo.
Diciamo chiaramente che Shimkus ha una cifra
interpretativa di ottimo livello anche se non
sempre entusiasma per raffinatezza di tocco. Le
sue eccellenti qualità improvvisatorie sono note
essendo anche un attimo jazzista e la brillante
esecuzione della Rapsodia in Blue di G.
Gershwin, brano intriso di ritmica jazz,ne è la più evidentedimostrazione. Il suo essere compositore
lo abbiamo particolarmente apprezzato ascoltando
la suite di brani da lui composta nel 2005 dal
titolo Heartbeats of AstorPiazzola
nella quale partendo dalle celebri melodie del
grande argentino, riesce a costruire un lavoro
dal carattere rapsodico di immediato impatto
costruttivo-musicale che evidenzia le sue
qualità di rielaboratore. Particolarmente
contrastante ma ben eseguito il bis proposto con
il celebre Notturno postumo di F. Chopin.
19 aprile 2011Cesare Guzzardella
Una Turandot alla Scala che
piace a metà
Turandot, l’incompiuta e ultima
opera di Giacomo Puccini, è in scena in questi
giorni alla Scala e nelle prime rappresentazioni
vede alla direzione dell’orchestra scaligera il
russo Valery Gergiev. Trattasi di una nuova
produzione del Teatro alla Scalaper la regia, le scene e i costumi di
Giorgio Barberio Corsetti. Le scene e i costumi
( foto Archivio Scala) portano la firma anche di
Cristian Taraborrelli. La seconda
rappresentazione di ieri sera ci ha convinto
solo a metà. La direzione orchestrale nel
complesso è apparsa convincente per forza ed
unità espressiva anche se il taglio musicale di
Gergiev è segnato da una cultura musicale molto
russa e talvolta Puccini ha assunto colorazioni
orchestrali che ricordavano più
Prokof’ev,
soprattutto nei numerosi momenti scenici ricchi
di personaggi e laddove i volumi orchestrali e
corali riempiono di sonorità la sala del
Piermarini. I momenti più pacati, nelle poche e
celebri arie, dove l’intervento dei solisti
risultano determinanti, non sono stati
entusiasmanti. Buona la regia, ma le scene e i
costumi, d’impianto tradizionale, cercavano la
modernità con alcune proiezioni di bassa qualità
visiva che volevano ingrandire e sovrapporre
alcuni protagonisti in parti sceniche. Nell’era
dell’immagine, i capolavori visivi degli spot
pubblicitari, per quanto riguarda
l’effettistica, sono davanti anni luce da quello
che abbiamo trovato sulla scena. A parte le
proiezioni luminose, valida è stata la
scenografia nei frangenti dove la coralità dei
solisti, dei saltimbanco o dei mimi e delle
comparse riempivano la scena. Non valido e
noioso invece scenograficamente il primo quadro
dell’Atto secondo, dove Ping, Pong e Pang
lamentano la decadenza della Cina. I colori
rosso-azzurri troppo evidenti in una scena quasi
minimalista, ripetuta dalla proiezione, non ci è
piaciuta. Il cast vocale di buon livello ci è
apparso disomogeneo: Maija Kovalevska nel
delicato e discreto ruolo di Liù è stata
la voce timbricamente più valida e adatta al
ruolo. Ottimo il finale pucciniano, prima
dell’entrata della discutibile musica di Alfano,
con un espressivo e delicato Tu che di gel
sei cinta. Bravo anche Marco Spotti nel
ruolo di Timur.
I due principali protagonisti della seconda
rappresentazione non hanno convinto pienamente:
Stuart Neill, il Principe ignoto-Calaf,
ha espresso un Nessun dorma di media
espressività e Lise Lindstrom, la Principessa
Turandot, pur intonando bene, ha una
timbrica poco rotonda, lontana dalla bellezza
che una voce pucciniana deve avere. Bravissimi
il Coro di Voci Bianche dirette da
Casoni e
tutti i saltimbanchi e mimi presenti in scena.
Applausi del pubblicoma non ricchi di entusiasmo. Prossime
repliche il 13-15-16-19- 20-22- aprile e
6-8-11-13-maggio.
13aprileCesare
Guzzardella.
La rassegna dedicata a
Nino Rota all'Auditorium milanese
Siamo arrivati all’ottavo
concertodedicato al compositore milanese Nino
Rota. Ieri mattina l'Auditorium milanese era
colmo di pubblicoed il programma offriva quattro lavori
del noto musicista: Roma, suite
dall’omonimo film (1972),Tre
canzoni dal Giornalino di Gian Burrasca
(1964), il Concerto per fagotto e orchestra
(1974-77) ela Sinfonia n.3 (1957). Ancora una
volta i brani sono stati introdotti dal
bravissimo direttore Giuseppe Grazioli. Il
programma vario, eterogeneo e ben distribuito,
ci ha rivelato il Rota più celebre, quello
legato al cinema e agli sceneggiati televisivi
con il popolare successo della Pappa col
pomodoro, entrato nella storia della Rai, e
il compositore più impegnato,capacedi assimilare gli stili compositividel primo Novecento, restituendoli con
linguaggio personale e riconoscibile.Il Concertoper fagotto e
orchestra è stato ottimamente interpretato
dal fagottista Alarico Lenti e ci ha mostrato
l’abilità di Rota di penetrare le timbriche
dello strumento solista attraverso un autentico
modo di melodiare. La Sinfonia n.3
composta di getto in un periodo nel quale Rota
terminava un’incredibile quantità di lavori
cinematografici, ci rivela la capacità di
sintesi del musicista che in questo interessante
lavoro ha
estrapolato dallo stile neoclassico alla
Prokof’evmolte idee. Ottima ed accurata la
direzione di Graziolie un plauso al Coro di voci bianche
dellaVerdi diretto da Maria Teresa Tramontin per
le piacevoli ed intelligenti canzoni di Gian
Burrasca. Grande successo.
11aprile Cesare Guzzardella
La Traviata
al Teatro Coccia di Novara
Lastagione lirica del Teatro Coccia di
Novara si è conclusa oggi, domenica 10 aprile,
con La Traviata, in un allestimento
prodotto dalla FondazioneCoccia, che affidava la direzione
dell’Orchestra Filarmonica Italiana al giovane(1980)viareggino Valerio Galli, formatosi
soprattutto nell’ambiente del Festival Puccini e
con sette anni di esperienza in ambito
operistico, accompagnato dal Coro del Teatro
Coccia e dal Balletto di Milano. Dalle note di
regia di Paolo
Bosisio
ricaviamo queste osservazioni: “. Oltre che
storia di sentimenti, di emozioni, di mondanità,
Traviata mi sembra un dramma sociale, prima
ancorache umano…. I personaggi del dramma,
prima forse che individui, sono ingranaggi di un
meccanismo sociale consolidato all’interno del
quale non c’è spazio per l’amore, per la
compassione, per la salvezza” In tale
prospettiva protagonista del dramma non è più
Violetta , vittima e soprattutto donna che ama
generosamente, ma Germont padre, che “incarna
quell’urgenza di rispettabilità che è la spinta
di ogni suo agire: non l’amore per la propria
figlia, non la compassione per Violetta, ma la
necessità tutta borghese di difendere la sua
reputazione”, mentre Violetta altro non sarebbe
che una professionista cinica, cui capita di
incapricciarsi irrazionalmente di quell’ingenuo
giovanotto “inesperto della vita” che è Alfredo.
Di qui la decisione di posticipare
l’ambientazione della vicenda dal Settecento del
libretto alla Belle Epoque della trionfale
affermazione della borghesia e l’avvertimento
allo spettatore a non aspettarsi “lacrime,
abbracci, struggimenti, commozioni transitorie e
“lieto” fine con decesso risolutivo di tutti i
problemi in campo (fatti salvi quelle della
defunta),”ma una morte in totale solitudine, “senza
che alcuno le porga il conforto di un contatto
autentico, di un sentimento profondo di
solidarietà, capace di travalicare anche le
barriere imposte dalla società”. Tutto questo ci
pare molto interessante, ma del tutto privo di
qualsiasi rapporto con la musica di Verdi, oltre
che con il libretto di Piave: Non ci riesce
proprio di vedere in Violetta una “cinica
professionista”, già a partire dall’etereo,
trepidante motivo iniziale dell’Ouverture,
motto musicale della fragilità e della
malattia, il vero” tema” di Violetta. Per questo
la regia di Bosisio ci sembra enunciun astratto percorso interpretativo
difficile da sostenere, e che infatti né la
direzione di Galli, né tantomeno i cantanti
sostengono in alcun modo. Nel complesso si è
trattato di una Traviata dignitosa, sorretta da
interpreti in generale all’altezza del compito.
Elena Rossi, Violetta, è una soprano talvolta un
po’ ingolfata sulle note basse, ma di buona
energia vocale e presenza scenica: è venuta
crescendo nel corso dei tre atti, da una non
memorabile cabaletta Sempre libera degg’io
della fine del primo atto al duetto
bipartito degli amorosi del finale, decisamente
di buon livello. Buona la performance di Sergej
Romanovskji, giovanetenore di scuola russa, fisicamente molto
adatto al ruolo di Alfredo, dalla bella voce
caldae pulita in tutta la gamma
dell’estensione e morbida nei legati. Non si
scopre certo oggi la professionalità del
baritono Gianfranco Montresor, a suo agio nel
collaudato ruolo di Germont padre. Dignitose le
parti minori e come sempre di solida
professionalità la Filarmonica italiana,
condotta con gesto sicuro, magari un tantino
enfatico, dalla bacchetta di Galli.Tutto
esaurito e meritati applausi alla fine.
10aprileBruno Busca
Shlomo Mintz alle
Serate Musicali
E' tra i più affermati violinisti
al mondo l'israeliano Sholomo Mintz ed è ospite
da molti anni di
Serate
Musicali. Ieri sera
in duo con l'eccellente pianista Petr Jiríkovský
ha interpretato Beethoven con tre
Sonate
per
violino e pianoforte
- l'op.12
n.3,
l'op.24
"Primavera"
e
l'op.30 n.2
- ma ha concluso il concerto con due
entusiasmanti bis di Sarasate.
Il Beethoven ascoltato nell'interpretazione di
Mintz e Jiríkovský è molto classico:
l'equilibrio delle parti strumentali, in ottima
sinergia, e il controllo del flusso sonoro è
nello stile esecutivo più vicino al classicismo
viennese mozartiano. L'ottimo equilibrio
strumentale è emerso attraverso il bellissimo
vibrato di Mintz ed il timbro luminoso e
calibrato del pianoforte che nelle Sonate ha un
ruolo altrettanto rilevante. Più incisiva ed
estemporanea l'op. 30 n.2, composizione che in
alcuni frangenti ricorda la celebre
Kreutzer.
Cambio di registro e stile nei due straordinari
bis proposti: Capriccio basco e la ancor
più nota Zingaresca di Sarasate. Qui il
violino di Mintz diviene il protagonista
assoluto con effetti virtuosistici di
straordinaria qualità espressiva che solo pochi
grandi sono in grado di evidenziare. Grande
successo. Da ricordare.
5aprileCesare
Guzzardella
D'Orazio e Nuti per il “Sabato
da Camera” all'Auditorium
Il concerto pomeridiano di ieri
per il “Sabato da Camera” dell'Auditorium
ha visto un ottimo duo cameristico formato dal
violinista Francesco D'Orazio e dal pianista
Giampaolo Nuti in un programma diversificato che
prevedeva due sonate di Maurice Ravel, quella
postuma in un unico movimento Allegro e
quella più celebre in Sol maggiore, una
di
Ferruccio Busoni, la Prima Sonata per violino
e pianoforte in Do magg.Op.29 ed
infine un brano di Luciano Berio, Sequenza
VIII per violino solo. L'Allegro della
sonata postuma, lavoro degli anni '20, è stato
ritrovato ed è entrato in repertorio solo nel
1975. La cifra compositiva di questo unico
movimento rivela un Ravel coloristico molto
personale, mentre la più eseguita Sonata in
Sol maggiore riflette la passione del
musicista francese per certo jazz. Il brano
centrale denominato Blues con le sue
dissonanze, i glissandi e i pizzicati del
violino fa intravedere la musica di
Gershwin.
Ottima l'interpretazione del duo. Meno
entusiasmante ma comunque interessantel'Op.29 di Busoni, decisamente meno
frequentata della Seconda. Lo stile molto
brahmsiano e il sapiente sviluppo dei temi ci
mostrano un Busoni, storico virtuoso pianista,
di robusto spessore compositivo. Valida
l'interpretazione ascoltata. Il violinista
D'Orazio si è cimentato in solitaria nella nota
Sequenza VIII di Luciano Berio. Il
compositore ligure nelle sue sequenze ha
rivelato doti di grande conoscitore delle
timbriche strumentali ed il brano eseguito,
splendidamente interpretato da D'Orazio, ci
mostra raffinate sonorità del violino ottenute
con poche note ma con variazioni ricche di
effetti per un risultato affascinante. La
capacità di controllo tecnico e l'avvincente
resa timbrica sono la dimostrazione della
statura espressiva di un violinista versatile e
particolarmente richiesto nella musica
contemporanea. Successo e applausidavanti a circa cento spettatori per un
concerto che meritava l'Auditorium colmo. Uno
spensierato bis ben eseguito con una
Bagatella di Busoni molto viennese.
3aprileCesare Guzzardella
Audizioni alla Camerata Ducale
per il Viotti Festival di Vercelli
Come si svolge un’audizione in
un’orchestra? E quali strani personaggi orbitano
in un’organizzazione musicale? E’ quello che
vedranno, in chiave del tutto ironica, il
pubblico del Teatro Civico di Vercelli sabato 9
aprile alle ore 21.00 con lo spettacolo
Audizioni
alla Camerata Ducale. Uno show prodotto e
allestito dagli organizzatori del Viotti
Festival e ideato da Ranieri Paluselli –
percussionista del Teatro Regio di Torino oltre
che dei Catubam – che in quest’occasione sarà il
vero motore della serata, spalleggiato da un
improbabile presentatore/regista impersonato dal
coautore dello spettacolo, Mauro Ginestrone.
Un’ora di sketch esilaranti in cui i professori
dell’Orchestra Camerata Ducale, assieme al
direttore Guido Rimonda, cercheranno di
valutare, tra lo sconcerto e la meraviglia, una
serie di personaggi fuori dal comune
interpretati unicamente dallo stesso Paluselli.
I biglietti per lo spettacolo
Audizioni
alla Camerata Ducale si possono prenotare
telefonando al Comune di Vercelli ai numeri 0161
596369 – 0161 596277, oppure contattando
direttamente l'Associazione Camerata Ducale allo
011 755791 o inviando una mail a
orchestra@camerataducale.it. Il
prossimo appuntamento del Viotti Festival è con
la violinista tedesca
Isabelle
Faust, sabato 30 aprile alle ore 21:00 al
Teatro Civico di Vercelli. I biglietti si
potranno prenotare con le stesse modalità
elencate sopra, a partire da lunedì 11 aprile
2011.
3 aprile
la redazione
L'altro Casanova
al Teatro alla Scala
L'altro Casanova
è un balletto di nuova produzione
del Teatro alla Scala realizzato dal coreografo
Gianluca Schiavoni. In esso la novità
contenutistica, il Casanova femminile
nell'ottima interpretazione di Polina Semionova,
non trova
sempre
chiara definizione all'interno dello
svolgimento. Le sequenze del balletto, costruite
sulle musiche settecentesche di Vivaldi,
Albinoni, C.P. E. Bach, Boccherini o sul
Settecento rivisitato da G.Malipiero o in
maniera più moderna da Schnittke e da Eben,
trovano una maggior resa stilistica nella
coralità del corpo di ballo scaligero piuttosto
che nei singoli interventi anche se l'altro
protagonista della messinscena vista ieri sera,
Gabriele Corrado, Eros, dimostra di
essere una delle migliori presenze sceniche con
la sua evidente statuaria fisicità. Abbiamo
trovato sacrificata e non semprericonoscibile la brava ballerina russa
Semionova (foto M.Brescia, Amisano -Archivio
Scala) in un contesto dove il ruolo della
sessualità raccontata da caste ed incomplete
nudità non è particolarmente pregnante. Il
balletto, costruito sulle originali scene
settecentesche di Aurelio Colombo e i validi
costumi di Erika Carretta, ha il momento di
miglior resa artistica e di maggior modernità
nella lunga sequenza costruita sulla musica di
Alfred Schnittke, compositore russo deceduto da
non molti anni ed esperto nel trasformare il
linguaggio classico del Settecento in modi
espressivi altamente moderni e personali. La
metamorfosi del brano di Schinttke Kein
Sommernachtstraum deve avere particolarmente
ispirato il bravo Schiavoni, stimolandolo in una
ricerca che in non pochi frangenti ha notevole
coerenza espressiva. Un plauso all'ottima
direzione musicale di Fabio Bonizzoni. Grande
successo di pubblico. Sabato
2 aprile ancora nei ruoli principali l'artista
ospite Polina Semionova (Casanova) e Gabriele
Corrado (Eros). Cambio di cast invece il 5 e 9
aprile, quando a debuttare saranno i primi
ballerini Marta Romagna e Mick Zeni, mentre la
recita conclusiva del 14 aprile sarà affidata a
Sofia Rosolini e Eris Nezha .
1 aprile
Cesare
Guzzardella
MARZO
Freddy Kempf alle Serate
Musicali
Torna tutti gli anni, invitato da
Serate Musicali il pianista virtuoso
inglese Freddy Kempf. L'impaginato era un
omaggio a Liszt, per il bicentenario dalla
nascita,e alla musica operistica italiana
ottocentesca nei 150 anni dell'Unità d'Italia.
Il
concerto
è stato presentato da Luca Schieppati -pianista,
didatta e organizzatore musicale- che ha
spiegato la scelta del programma e il forte
legame del grande compositore-virtuoso ungherese
con la musica italiana di quel periodo.
Reminescenze e trascrizioni da Norma, Lucia di
Lammermoor, Trovatore, unitamente a brani di
Rossini e di Mozart, con un Don Giovanni molto
italiano, hanno permesso di ascoltare le note
melodie italiane ma anche l'incredibile
virtuosismo pianistico di F.Lizst nelle possenti
mani di Kempf. Il suo modo di affrontare Liszt,
giocato sulla forza e i voluminosi affetti
timbrici, rileva una coerente e rilevante
qualità espressiva. Ci sono piaciuti
particolarmente i brani della prima parte con
Reminescences de Norma, Sonetto 104 del
Petrarca, Reminescences de Lucia di
Lammermoor e i tre brani da Rossini - Cujus
animam, La Regatta Veneziana e la celebre
Danza- , resa di minor valenza per il
Miserere dal Trovatore e le Reminescences
del DonGiovanni. Grandissimo
successo di pubblico e due pacati bis con due
noti notturni di F.Chopin.
29 marzoCesare
Guzzardella
All'Auditorium continua la
rassegna dedicata a Nino Rota
Ancora una mattinata musicale
dedicata al compositore milanese Nino Rota,
quella di ieri all'Auditorium milanese. Questa
volta in programma tre lavori: l'Ouverture
dall'opera Il cappello di paglia di Firenze(1945),
il Concerto per violoncello e orchestra n.2
(1973) e La Strada, suite dal balletto
omonimo (1966). L'ottimo direttore Giuseppe
Grazioli, artefice di questa eccellente rassegna
dedicata ai cent'anni dalla nascita del noto
musicista, ha introdotto il
concerto
con un breve ed esaustivo intervento di
chiarimento sul programma. L'Ouverture
della più nota opera di Rota ci rivela le ottime
qualità orchestrali del musicista: attingendo da
Rossini, Offenbach e certo Prokof'ev ha
realizzato un’introduzione all'opera di grande
impatto musicale. Le straordinarie capacità
di
assimilare gli stili compositivi e restituirli
con un personale linguaggio sono molto evidenti
in questa brillante Ouverture ottimamente
interpretata dalla Verdi. Il Concerto
per violoncello n.2,
lavoro
tardo di Rota, è inspiegabilmente di rara
esecuzione pur avendo il solista un ruolo
particolarmente rilevante e di avvincente resa
musicale. Tutto il lavoro, nei classici tre
movimenti, è sostenuto da un eccellente
equilibrio formale tra orchestra e solista e i
riferimenti ai migliori compositori della prima
metà del Novecento quali Prokof'ev, Stravinskj e
i migliori italiani di quel periodo, non
nascondono la vena melodica italiana di Rota.
Bellissimo il lungo movimento centrale con un
modo di melodiare del solista, l’ottimo cellista
Mario Shirai Grigolato (foto) - primo
violoncello della Verdi- , fluido e di grande
spessore emotivo La Strada più che una suite, è un
ampio movimento sinfonico che prende spunto
dalle più note melodie scritte per i celebri
film non solo felliniani. Un unico movimento che
comprende e lega con grande unità stilistica le
celebri sequenze melodiche e ci rivela ancora
una volta il miglior Rota, grande orchestratore
e conoscitore delle timbriche strumentali. Un
plauso a tutti i solisti intervenuti nel brano e
naturalmente all'ottima Verdi e al direttore
Grazioli. Grande successo.
28marzoCesare Guzzardella
Fabrizio Von Arx e Julien
Quentin per le
Serate Musicali
Ieri sera al Dal Verme il duo
formato dal violinista napoletano
Fabrizio
Von Arx e dal pianista francese Julien Quentin
ha tenuto un concerto ottimamente impaginato per
le Serate Musicali. In programma musiche
di Grieg, Stravinskj, Szymanowskj e Ravel. La
più nota delle sonate per violino e pianoforte
di E. Grieg, la n.3 in do minore Op.45 ha
dato l’avvio alla serata. I due protagonisti, di
eccellente valenza musicale e sinergicamente
rilevanti, hanno espresso da subito
un’avvincente
interpretazione del noto brano di Grieg composto
nel 1886-87. La musicalità tardo romantica del
compositore-pianista norvegese intrisa di
melodie dal carattere popolare è stata
sottolineata dal duo con trasparenza timbricae progressiva musicalità. La Suite
Italienne, omaggio di Igor Stravinskj alla
musica italiana di G.Pergolesi ha fatto emergere
le caratteristiche melodiche tutte italiane del
napoletano Von Arx.
La
nota Suite tratta dal balletto Pulcinella (1922)
stravinskiano è dei primi anni ’30 in stile
neoclassico con riferimento alla musica
settecentesca. L’equilibrio formale dell’ottimo
duo con andamenti riflessivi nelle sette parti
che compongono la Suite ha ben sottolineato la
genialità del musicista russo che con questo
lavoro introduce uno stile musicale, quello
neoclassico, che avrà
seguito
in un grandissimo numero di compositori. I
Tre capricci di Paganini (1918) del polacco
Karol Szymanoswski (1882-1937), nato lo stesso
anno di Stravinskj (1982-1971)ma deceduto ben34 anni prima, sono di raro ascolto e
uniscono al virtuosismo paganiniano l’abilità
compositiva del polacco caratterizzata da un
linguaggio personale e genuino. Non si tratta di
trascrizioni ma di elaborazioni di tre noti
Capricci del genovese -tra questi il n.24,
quello con le variazioni, -in una forma di grande originalità. Il
concerto è terminato con la Sonata in sol
maggiore (1927) di Ravel. I referimenti a
Gershwin
– nella parte pianistica dell'Allegro
finale- ma soprattutto al jazz, il
secondo movimento è infatti Blues-Moderato,
sono stati con sapienza e nitore coloristico
interpretati
dal duo cameristico. Bravissimo il pianista
Quentin nel cogliere e definire ogni sfumatura
timbrica, bellissimi i glissandi di Von Arx. Il
duo ha concluso
il concerto donandoci anche un melodico bis.
Grande successo in una sala con molti posti
liberi. Da ricordare.
26marzoCesare Guzzardella
La Camerata Ducale e 150 anni
di melodie italiane al Teatro Civico di
Vercelli
Domenica, 27 marzo al Teatro
Civico di Vercelli si terrà un concerto di
melodie italiane per i 150 dell’unità
d’Italia con l’Orchestra Camerata Ducale
diretta da Guido Rimonda. Per assistervi
rivolgersi al
Comune di Vercelli ai numeri 0161 596277 - 0161
596369, oppure contattando direttamente
l'Associazione Camerata Ducale al numero 011
755791 o inviando una mail a
orchestra@camerataducale.it.
25marzola redazione
Fazil Say per la Società
dei Concerti
Torna ogni anno in Conservatorio
il pianista e compositore turco Fazil Say. Ieri
sera era in Sala Verdi insieme al Quartetto
d'Archi "Borusan", formazione cameristica nata
nel 2005 formata dalle prime parti dell'Orchestra
Borusan Instanbul Philharmonic. Il programma
prevedeva musiche di Mozart, Say ed Erkin. La
Sonata in la magg. K331 è
conosciuta
soprattutto per il celebre movimento finale
Alla turca. Say ha eseguitocon grande musicalità la sonata uscendo
dagli equilibri formali classiciquale siamo abituati, e restituendoci un
Mozart vigoroso, pieno di accenti e contrasti,
dimostrando una completa padronanza
timbrico-espressiva per una coerente personale
interpretazione. Il secondo brano in programma
era il Quartetto per archi op.29 “Divorzio”
dello stesso Say, in prima esecuzione a Milano.
Il lavoro, scritto molto bene, ci rivela un
compositore legato alla tradizione novecentesca,
al jazz e alla musica popolare turca con
modalità compositive che esprimono timbriche sia
occidentali che orientali. I movimenti laterali,
assai ritmati, Allegro assai e Finale-
presto, contrastano con l'Andante
centrale, movimento poetico dove il sottile
melodiare degli archi è completato da suggestivi
effetti coloristici in glissando. Tornato al
pianoforte Fazil Say ha eseguito una selezione
dalla composizione in 11 miniature di Ulvi Cemal
Erkin (1906-1972) denominata Duyuşlar
(Sensazioni). Il compositore turco Erkin, autore
anche dell'ultimo brano in programma il
Quintetto con pianoforte, è considerato uno
dei massimi autori del '900 turco. Sia nei
movimenti pianistici ascoltati che nel
successivo Quintetto, emergono le
caratteristiche peculiari della musica di Erkin,
con influenze che spaziano dal romanticismo
tedesco, al neoclassicismo e soprattutto a
Bartok oltre naturalmente al folclore locale.
Erkin, non conosciuto in Italia, meriterebbe
maggior approfondimenti. Ottima l'esecuzione
data dal Borusan con Say al pianoforte. Grande
successo in una sala quasi al completo e un
eccellente bis con una trascrizione per
quartetto d'archi e pianoforte di un concerto di
J.S.Bach. Da ricordare.
24marzoCesare Guzzardella
Il flauto magico
alla Scala
E' una valida edizione de Il
flauto magico quella che abbiamo visto ieri
sera alla Scala in seconda rappresentazione.
Tutti gli elementi artistici presenti, quali la
regia, le scene, i costumi, le proiezioni
luminose e filmiche, la direzione orchestrale e
il valido ed omogeneo cast vocale, hanno
concorso all'ottima riuscita della messinscena.
Il capolavoro di
Mozart
rappresentato per la prima volta a Vienna nel
settembre del 1791 - Wolfgang moriva a dicembre
- ebbe una rapida stesura effettuata con il
librettista-attore Emanuel Schikaneder e al suo
interno presenta splendide arie, importanti
recitativi e consistenti parti recitate che
richiedono elevate capacità attoriali dai
cantanti. Segnaliamo soprattutto le qualità
recitative di Alex Esposito (foto Archivio
Scala), un Papageno con anche voce chiara
ed incisiva.
L'idea
d'introdurre repentini accompagnamenti di
fortepiano - con brevi sequenzedibrani mozartiani - nel corso delle parti
recitate ci è sembrata di valido gusto ma non di
importante significato nella complessa
realizzazione. Ottima la regia di William
Kentridge, autore anche delle scene insieme a
Sabine Theunissen in un complesso unitario con i
costumi di Greta Goiris, le luci di Jennifer
Tipton e i particolari video di Chaterine
Meyburgh. La fusione di diversi elementi, alcuni
formalmente datati, con immagini classiche,
geometrie piane e prospettiche, ecc., riescono
nella loro unione a proporre una cifra
stilistica moderna ed innovativa perché
ottimamente inseriti nel contesto scenico. Il
movimento, l'ampiezza e la profondità scenica
vengono esaltati sia dal gradevole gioco di
luci, sia dalle immagini proiettate che si
formano durante lo svolgimento dell'opera, che
da pedane mobili concorrenti ad una ulteriore
dinamicità. Bravi tutti i cantanti, oltre al
citato Esposito segnaliamo almeno la colorata e
calda voce di Genia Kümeier, Pamina,
l'intonata e cristallina Albina Shagimuratova,
Regina della notte. Valida la direzione
di Roland Böer e ottimo il coro preparato da
Casoni. Prossime repliche il 24-26-30 marzo e
l'1 e 3 aprile. Da non perdere.
23 marzoCesare
Guzzardella
Roberto Cominati al Coccia di
Novara
Pianista della non folta schiera
dei solisti italiani vincitori del prestigioso
primo premio Busoni negli ultimi vent’anni
(1993), il quarantenne Roberto Cominati è
approdato ieri sera a Novara (Teatro Coccia) per
un concerto della locale stagione cameristica.
Parco, ma intenso, il programma proposto: una
prima parte occupata interamente dalle Davidsbundlertanze
schumanniane, una seconda parte
consacrata invece a Liszt: la Vallèe
d’Obermann dagli Années de pèlerinage,
Suisse, e due parafrasi wagneriane, dai
Meistersinger (Am stillen Herd) e dal
Tannhauser (Ouverture). Dobbiamo dire subito
che lo stile esecutivo di Cominati ci è piaciuto
molto: il suo Schumann è tra i migliori tra
quelli ascoltati negli ultimi anni a Novara. La
scelta interpretativa privilegia una lettura
rigorosa della partitura, sorretta da un
fraseggio sempre energico e trasparente, capace
di tornire il suono con una cesellatura di
grande raffinatezza, da cui ricevono limpida
luce la struttura architettonica e la tessitura
armonica del pezzo. La personalità del pianista
di gran classe emerge poi nella sapiente
dinamica dell’esecuzione, scandita da pause e
respiri capaci di far risuonare con efficacia la
profondità interiore di certi passaggi (pensiamo
soprattutto alla sezione Innig ) e nelle
scelte timbriche sempre convincenti e guidate da
quel gusto per il suono nitido e denso, che è la
cifra del pianismo di Cominati. La seconda parte
della serata ha poi permesso all’ascoltatore di
apprezzare il Cominati virtuoso, a suo agio,
grazie ad una tecnica pianistica di assoluta
valore, con le trascendentali difficoltà di
scrittura delle partiture lisztiane: ci è
piaciuto soprattutto, anche per il valore
estetico superiore del brano, l’Obermann, reso
al meglio dal pianista napoletano, senza alcuna
concessione ad un tardoromanticismo un po’
esteriore, che è tentazione spesso inevitabile
per chi si misura con le opere di Liszt, ma con
grande attenzione al dettaglio armonico e
timbrico. Agli ascoltatori attenti non è
sfuggita una lieve incertezza in uno dei
passaggi conclusivi della parafrasi dal
Tannhauser, che perdoniamo più che volentieri ad
un ottimo pianista, i cui meriti sono tanto
maggiori, in quanto ha dovuto sfidare non solo
le difficoltà di ardue partiture, ma anche
quelle causate da uno strumento non proprio
impeccabile, come il pianoforte fornito dal
Teatro Coccia. Davvero deprecabile la scarsità
del pubblico presente ad un concerto che avrebbe
meritato ben altra partecipazione.
23 marzo Bruno Busca
Khatia Buniatishvili alle
Serate Musicali
Ha una tecnica prodigiosa Khatia
Buniatishvili, la giovane e bella pianista
georgiana ascoltata ieri sera in Conservatorio
per
le Serate Musicali. Il programma, di particolare
interesse, prevedeva la
Sonata insi minore
di F.Liszt, la
Ballata
n.4 e gli
Scherzi
1-2-3 di F.Chopin e i
Tre
movimenti da Petrouchka di I. Stravinsky,
tutti brani particolarmente noti. La sicurezza
con la quale ha affrontato i passaggi più
impervi dei tre compositori non sono certo il
motivo sufficiente per provare entusiasmo per le
sue interpretazioni. Indubbiamente in alcuni
frangenti si rimane colpiti dal suo modo di
suonare, specie nei passaggi meno voluminosi e
di più tenue colore, come nella Ballata di
Chopin o in alcuni Scherzi. Più difficile è
ritrovare uno stile che ci ricordi Liszt, mentre
il suo, ricco di eccessivi contrasti, appare più
una continua lotta virtuosistica, vinta dalla
Buniatishvili, che un desiderio di ricercare
l'autentico mondo musicale lizstiano che
ritroviamo sempre in un Berman, un Bolete nel migliore Campanella, solo per
citare alcuni splendidi interpreti
dell'ungherese. Ci è piaciuto parecchio
Petrouchka, la versione pianistica di
Stravinsky, brano interpretato con coraggiosa e
impeccabile timbrica, molto orchestrale per i
contrasti esaltati. Una pianista comunque da
seguire, con importanti potenziali di qualità,
che deve trovare il giusto repertorio. Piatto il
bis chopiniano, con alcune note che hanno perso
l'accordatura. Ma la pianista ha picchiato duro
sulla tastiera!
22febbraioCesare Guzzardella
Meritato successo per Death
in Venice alla Scala
Si sono concluse con grande
successo di pubblico e critica le repliche di
Death in Venice, l'ultima opera di Benjamin
Britten
su libretto di Myfanwj Piper dal celebre
racconto di Thomas Mann. Ieri sera la
scrosciante pioggia milanese non ha impedito ad
un numerosissimo
pubblico di assistere alla sesta ed ultima
rappresentazione anche se alcuni posti in platea
erano liberi. Peccato, le repliche sono state
veramente poche! Protagonista assoluto del
lavoro che il grande compositore inglese
presentò nel 1973 è stato il tenore John
Graham-Hall ( foto Archivio Scala) nel ruolo
dello scrittore Gustav von Aschenbach.
Eccellenti le qualità vocali e attoriali di
questo interprete che ha dominato i numerosi
cambiamenti
di scena - 17 quelli previsti- mettendo in
risalto l'ottima regia di Deborah Warner.
L'eccellente risultatodi questa messinscena è dovuto oltre che
alla regia e al grande interprete, anche alle
valide scene, costumi, luci e coreografie
rispettivamente di Tom Pye, Chloe Obolensky,
Jean Kalman e Kim Branstrup. Non dimentichiamo
naturalmente le parti corali preparate dal nostro
insuperabile Bruno Casoni. Del cast, sul
palcoscenico, citiamo almeno Peter
Coleman-Wright nel ruolo dei personaggi
incontrati da Aschenbach e il giovani Alberto
Terribile in Tadzio, tra i bravissimi
allievi della Scuola di ballo scaligera. Ottima
la direzione musicale di Edward Gardner.
Morte aVenezia è senza dubbio uno
dei massimi esempi di grande unità artistica tra
recitazione ed espressione musicale e in questo
l'inglese Britten è stato uno dei più grandi
maestri. Da ricordare. Da questa sera e sino il
3 aprile alla Scala DieZauberflöte.
20 marzoCesare Guzzardella
Sofja Guljak al Coccia di
Novara
Nella sua nuova tournée italiana
la giovane pianista russa Sofja Guljak, nota fra
l’altro come prima donna vincitrice del Concorso
di Leeds nel 2009, si è esibita ieri sera, 16
marzo, al Teatro Coccia di Novara, presentando
un programma dedicato a Chopin e Liszt
(finalmente anche a Novara qualcuno ne ricorda
il bicentenario!). Nella prima parte del
concertola Guljak ha eseguito di Chopin i due
Notturni op.55 in fa e in mi bemolle maggiore,
la Polacca-Fantasia
op.61, lo Scherzo n.3 op.39 in do diesis
minore, l’Andante sostenuto e Grande Polacca
op.22. Dopo l’intervallo è stata la volta di
Liszt.con il Sonetto 104 del Petrarca
(dagli Années de pelérinage), lo
Studio trascendentale n.12 “Chasse-neige”,
le due Consolations n.2 e n.3, la
Campanella e infine la Rapsodia ungherese
n. 2 in do diesis minore.La Guljak è un tipico “prodotto”, di alta
qualità della grande e sempre viva scuola
pianistica russa: smagliante virtuosismo e
superba padronanza della tastiera (abbiamo colto
un leggero cedimento nella precisione del
fraseggio solo nel finale, sulla rapsodia
lisztiana), dita di ferro, che le permettono di
raggiungere un ottimo volume di suono anche
nelle parti tecnicamente più ardue, sensibilità
tipicamente “slava” per i colori, sono le doti
di questa solista che immediatamente colpiscono
l’ascoltatore.Noi abbiamo particolarmente apprezzato il
tocco della Guljak, di cristallina precisione
anche nei melismi e nei trilli, che consente di
delineare perfettamente il tessuto musicale e la
dinamica costruttiva del pezzo, grazie anche ad
un uso molto sapiente dei pedali. Nonostante la
giovane età, la Guljak ha già raggiunto una
buona maturità espressiva, che le consente di
misurarsi adeguatamente con un’ampia gamma di
registri ,dal più puro lirismo dei Notturni di
Chopin e delle Consolazioni di Liszt, all’impeto
dello Scherzo e della Rapsodia. Diremmo che la
parte migliore del concerto, sotto questo
profilo siano state le due Consolazioni
lisztiane, molto ben suonate, con capacità di
sondarne i dettagli più intimi, rivelandone la
squisita interiorità del tessuto musicale. Dopo
due bellissimi bis da Prokofiev e da Rachmaninov
(altri due autori molto amatidalla Guljak),il purtroppo scarso
pubblico ha salutato la brava pianista con un
lungo e affettuoso applauso.
17marzoBruno Busca
Uto Ughi e la Camerata
Ducale per le
Serate Musicali milanesi
Questa volta in Auditorium,
l'organizzazione concertistica Serate
Musicali ha ospitato il grande violinista
Uto Ughi
insieme
alla formazione orchestrale piemontese
Camerata Ducale. Rimandiamo i lettori alle
recensione del concerto vercellese uscita pochi
giorni or sono sul nostro giornale. Medesimo il
programma. Grandissimo successo ottenuto nello
splendido Auditorium milanese davanti ad un
pubblico numerosissimo. Ughi, in stato di
grazia, ha mostrato tutte le sue doti
virtuosistiche accompagnato dall'eccellente
formazione di Guido Rimonda rivelatesi tali
anche nella sublime ed intensa Sinfonia in re minore «La casa del diavolo»
op. 12 n. 4 di Boccherini, brano di raro ascolto che
dovrebbe entrare con frequenza nei repertori
concertistici italiani. Segnaliamo oltre il bis
di Bizet-Serasate l'Abanera dalla Carmen,
eseguito anche a Vercelli, anche Paganiniana,
una estrapolazione dai migliori capricci di
Paganini eseguiti da Ughi in solitaria con
impeccabile virtuosismo ed elevata cifra
espressiva. Da ricordare. Prossimo concerto per
le Serate in Conservatorio il 21 marzo con la
pianista georgianaKhatia Buniatishvili.
17 marzoCesare Guzzardella
Zukerman Chamber Players
in Conservatorio
Il noto violinista Pinchas
Zukerman ha fondato nel 2002 un gruppo
cameristico denominato
Zukerman
Chamber Players che sta effettuando numerosi
concerti in tutto il mondo. Ieri sera per le
Serate
Musicali,l'eccellente
formazione
cameristica ha impaginato
un programma vario con musiche di Mozart,
Schubert e Brahms. Dopo il breve ed estroverso
Duo per
violino e viola in sol magg. K423 del
salisburghese brillantemente eseguito dalla
violinista Jessica Linnebach e dal violista
Jethro Marks, abbiamo ascoltato il
Quintetto
in Do magg.D956
di Franz Schubert, opera tarda del viennese
caratterizzata dalla presenza di due
violoncelli, quello di Amanda Forsyth e di Sadao
Harada, uno di questi sostituisce la
tradizionale seconda viola. Il gruppo capeggiato
da Zukerman lo ha eseguito con espressività e
chiarezza in ogni dettaglio. Purtroppo questo
capolavoro viene spesso trascurato.
Il
quintetto, circa cinquanta minuti di splendida
musica, riassume tutte le peculiarità
stilistiche dell'opera del viennese con
ricchezze melodiche e timbriche di inestimabile
valore espressivo. La presenza dei due
violoncelli conferisce al lavoro timbriche
chiaro-scurali uniche nel genere. Dopo
l'intervallo il gruppo ha interpretato il noto
Quintetto
in fa min. Op.34 per archi e pianoforte.
Alla tastiera Angela Cheng. Opera centrale
(1862)di Brahms, il quintetto subì nel decennio
successivo alla prima stesura rimaneggiamenti
consistenti divenendo quindi un lavoro di
rilevante interesse e cifra stilistica
tipicamente brahmsiana. Ottima l'esecuzione.
Successo di pubblico.
15 marzoCesare Guzzardella
Daniel Barenboim interpreta
Schubert alla Scala
Passando tra la lirica e la
sinfonica torna spesso al suo amatissimo
pianoforte Daniel Barenboim. Ieri sera in un
Teatro alla Scala al completo ha tenuto un
concerto pianistico eseguendo brani di Franz
Schubert, il musicista viennese che da non molti
anni gode di una rinnovata rivalutazione per
quel che concerne la sua corposa produzione
pianistica. In questi
ultimi
giorni nelle sale milanesi abbiamo ascoltatomolta sua musica eseguita da pianisti di
primo livello: prima l'inglese Paul Lewis, poi
l'israeliano Saalem Abbud Ashkar, quindi
l'ungherese Andras Schiff e l'austriaco Rudolf
Buckbinder. Ieri un grande Barenboim, nato a
Buenos Aires nel 1942, ha reso omaggio al
viennese interpretando due tra le sue più note
sonate, la D894 "Fantasia" in Sol maggiore
e la D958 in Do minore. Composte
rispettivamentenel 1826 e nel
1828,
ultimo anno di vita del compositore, entrambe
fanno parte del periodo più fecondo dell'artista
morto all'età di trentun anni. Mirabile
l'interpretazione di Barenboim. La leggerezza di
tocco del suo Schubert non ha escluso incursioni
dinamiche ricche di contrasti. Il suo modo di
melodiare particolarmente riflessivo ha
individuato tenui sfumature nel delineare anche
le preziose variazioni armoniche che
caratterizzano la musica del geniale Schubert.
Tra le due sonate, splendidamente interpretate,
la prima ci è sembrata di maggior valenza
estetica e di maggior equilibrio complessivo.
Avvincente l'Allegro finale della Sonata
in do minore, movimento di non facile esecuzione
per il continuo cambiamento di armonie e di
timbriche. Uno Schubert doc per un musicista
completo quale Daniel Barenboim.Grandissimo successo di pubblico e un
intenso bis con l'Impromptus
n.2 D935. Da ricordare.
14 MarzoCesare Guzzardella
Il Rigoletto al Teatro Coccia
di Novara
La stagione lirica 2010/2011 del
Teatro Coccia di Novara ha proposto al suo
numeroso pubblico di fedeliaffezionati Venerdì 11 e oggi Domenica 13
marzo il
Rigoletto
verdiano, nella coproduzione della Fondazione
Coccia, della Fondazione Donizetti di Bergamo,
dell’Azienda Teatro del Giglio di Lucca e
dell’Ente Concerti M. De Carolis di Sassari. La
presente recensione si riferisce allo spettacolo
domenicale.La
scena di Ivan
Stefanutti(che firma regia,
scene e costumi) presenta come elemento
centrale: una fastosa cornicea rilievi barocchi che, ruotando, mostra
scorcidipossenti edifici,trasparente simbolo del potere incarnato
dal Duca di Mantova. L’azione vede l’incessante
movimento di satiretti-calibani, che starebbero
a rappresentare la sessualità incontrollata e la
lussuria che prosperano incontrollate dietro la
maschera del potere, A sottolineare questa linea
intepretativa, durante l’introduzione
orchestrale al secondo atto, dall’ingresso della
camera da letto del Duca, scivolano fanciulle
sfinite, usate ed abusate, che vengono
trascinate via, prive di sensi. Nelle Note di
regia accluse al libretto, Stefanutti parla
esplicitamente del
Rigoletto
come “di un mondo dove ragazze vengono rapite da
un organizzato Barbablù, che non uccide le sue
vittime, ma le rovina per sempre”: insomma, a
volerla mettere un po’ sul ridere, il
bunga bunga come vero volto del potere. Lasciamo
ogni commento acli eventuali lettori di queste
note…Quanto all’interpretazione musicale,
definiremmo di dignitosa routine la parte
orchestrale, diretta da un attento Giuseppe
Acquaviva alla guida dell’Orchestra Filarmonica
italiana e delCoro del Coccia,molto diligente anche nel dirigere i
cantanti. Questi ultimi sono stati il punto di
maggiore debolezza dell’intero allestimento. Ci
dissociamo nettamente dagli applausi calorosi
tributati a fine spettacolo dal folto pubblico
al baritono americano Robert Hyman
(foto), il peggior Rigoletto da noi mai
ascoltato: alla sua scarsa presenza scenica, va
aggiunta una voce senza personalità, monocorde,
dal fraseggio inesistente, inconsistente nei
registri acuti e poco limpido in quelli gravi.
Se proprio dovessimo salvare qualcosa della sua
interpretazione, indicheremmo il duetto con
Gilda nel finale del secondo atto. Chi abbia un
minimo di esperienza di teatro musicale, sa che
proprio con il Rigoletto Verdi inaugura l’arte
della ‘parola scenica’, cioè di una recitazione
chiara dei versi sopra la linea melodica, di
intensa energia espressiva, che richiede una
vocalità dinamica e di efficace limpidezza, cioè
il contrario esatto della vocalità del baritono
d’oltreoceano. Né più soddisfacente ci è parsa
la prestazione del tenore Valter Borin
nei panni del Duca, lontanissimo da
quell’immagine di torva libidine, che il regista
intendeva attribuirgli e vocalmente opaco, con
resa poco efficace nei registri alti, salvo
qualche acuto occasionalmente
azzeccato..Decisamente al di sotto della
sufficienza anche la mezzosoprano Letizia Del
Magro, una Maddalena di cui si faticava a
distinguere una parola, specie nei toni gravi
della gamma. Delle parti principali salviamo il
collaudato basso Luigi Roni (Sparafucile), dalla
bella voce, chiara e potente (finalmente!) e la
soprano Elena Rossi una Gilda abbastanza
convincente, con qualche riserva sui registri
alti, un po’ troppo gridati per i nostri gusti,
e qualche calo d’intonazione su quelli bassi:
l’aspettiamo per una verifica alla prossima
Traviata novarese. Insomma un Rigoletto non
precisamente memorabile!
14marzoBruno Busca
Uto Ughi e la Camerata Ducale
al Viotti di Vercelli
Decisamente nutrito il programma,
tutto settecentesco, tra ‘stile galante’ e primi
presentimenti romantici, proposto ieri sera, 12
marzo, al Teatro Civico di Vercelli dal XIII
Viotti Festival. Nella prima parte del concerto
la Sinfonia in re maggiore G 490 di L.
Boccherinie la Ciaccona in sol minore per
violino e basso continuo comunemente attribuita
a Tommaso Vitali (1663-1745), nella trascrizione
per accompagnamento orchestrale di O. Respighi
(1908)e infine il Concerto
in do maggiore Hob VIIa per violino di F. J.
Haydn. Dopo l’intervallo,una seconda parte all’insegna del
diavolo: la Sinfonia in re minore “La casa
del diavolo ”op. 12 n. 4 ancora di
Boccherini e il celeberrimo “Trillo del
diavolo” , ovvero la Sonata in si minore
per violino e basso continuo, di G. Tartini,
qui nella versione per orchestra (con un
pianoforte in organico) di R. Zandonai. Ad
eseguire il tutto la Camerata ducale di G.
Rimonda e il mattatore della serata, quell’Uto
Ughi che a Vercelli (ma non solo) è un vero e
proprio divo, capace di realizzare il miracolo
(in Italia!) di un teatro tutto esaurito per un
concerto di musica ‘classica’, o, come oggi
qualcuno preferisce chiamarla, ‘forte’. E ancora
una volta il Maestro ha incantato il suo
pubblico, affascinandolo con quella che è la sua
dote più riconosciuta: un suono caldo e intenso,
appassionato, che si libra dalle quattro corde
del suo meraviglioso Guarneri del Gesù del 1744
di suadente timbro, pastoso e profondo,
trascinando le emozioni dell’ascoltatore con le
rapide volate e i difficili ornamenti a doppie
corde dei tempi veloci del concerto di Haydn, o
con l’espressività patetica, tra sénsiblerie
galante e sentimentalismo preromantico del tempo
lento haydniano e della ciaccona di Vitali, o
ancora con i fremiti sulfurei e gli ardui
virtuosismi che lampeggiano nella partitura di
Tartini. Perdoniamo volentieri a Ughi qualche
difetto di intonazione nel fraseggio,
specialmentesulla prima corda, che al nostro orecchio
è sembrato di percepire in qualche passaggio dei
tempi esterni del concerto di Haydn, scotto
quasi inevitabile per interpreti di impetuosa
generosità come lui. Saremmo meno indulgenti,
però, con qualche sbavatura nei sincronismi
orchestra-solista, specie nella prima parte del
concerto, forse effetto di prove un po’
frettolose…Per quanto concerne la qualità dei
brani eseguiti, diremo francamente che gli
arrangiamenti orchestrali di Vitali e di Tartini
non ci hanno convinto per niente: ci sembrano
musicalmente insignificanti e non aggiungono
nulla, anzi, tradiscono lo spirito settecentesco
dell’originale, come certi brutti restauri
neogotici in uso nella Belle Epoque. Per qualità
estetica il pezzo migliore della serata, accanto
al concerto di Haydn è stata senz’altro la
Sinfonia in re minore op. 12 n.4 di Boccherini
(1771), eseguita ottimamente dalla Camerata
ducale, che su queste partiture ‘gioca in casa’:
ormai lontana per robustezza di tono dal
sinfonismo allaScarlatti o alla Sammartini, presente
invece nella sinfonia in re maggiore,ha il suo punto di forza nel terzo tempo,
una ciaccona che ‘rappresenta l’inferno’,
ispirandosi alle fosche atmosfere musicali del
Festin de pierre di Gluck. Dopo il bis,
la parafrasiper violino e orchestra dell’ Abanera
della Carmen, firmata da Sarasate, tra
gli scroscianti applausi del gran pubblico
presente, Uto Ughi e l’assessore comunale alla
cultura dott. Fossale hanno ancora una volta
denunciato con toni veementi il ‘pantano’
(testuale)cui l’ignoranza di chi governa e la
rassegnata indifferenza della società stanno
condannando la cultura e soprattutto la musica
oggi in Italia, invitando i cittadini ad una
qualche forma di resistenza e indicando in
Vercelli un nobile esempio in controtendenza,
per il continuo aumento delle risorse a sostegno
della vita culturale della città. Ci uniamo
volentieri al loro auspicio. Ricordiamo che
questo concerto sarà replicato a Milano il 16
p.v.
13marzoBrunoBusca
Murray Perahia per il
Quartetto
Torna tutti gli anni il celebre
pianista Murray Perahia in Conservatorio per la
Società delQuartetto. Ieri sera è
stato
applaudito
a lungo dal numeroso pubblico intervenuto per
ascoltarlo in un programma particolarmente
variegato che prevedeva musiche di Bach,
Beethoven, Brahms, Schumann e Chopin. E da
alcuni anni che Perahia inserisce come brano
iniziale nei suoi recital una composizione di
J.S.Bach e il bel concerto di ieri è iniziato
con la nota Suite francese in sol magg.BWV
816. Partcolarmente classica e luminosa
l'interpretazione ascoltata. A seguire abbiamo
ascoltato un ottimo Beethoven con la Sonata
in mi min.Op. 90, lavoro particolarmente
lirico del tedesco in soli due movimenti
composto nel 1814. Avvincente l'interprete nel
definire con equilibrio e nitidezza ogni
dettaglio musicale. Validi ancheBrahms e Schumann nei branisuccessivi: i Klavierstüke op.119
del primo e le celebri Kinderscenen op. 15
del secondo, entrambi
eseguiti
con gusto e preziosismo estetico. Il concerto è
stato completato da tre brani di Chopin - il
Preludio op. 28 n. 8, la Mazurka op. 30
n.4 e lo Scherzo op. 39- che ci sono
sembrati, soprattutto lo Scherzo, di minor
valenza estetica. Valido il bis, un
Improvviso di Schubert. Grande successo di
pubblico. Da ricordare.
9marzoCesare Guzzardella
Andras Schiff per le Serate
Musicali
Le Serate Musicali
ospitano il pianista ungherese Andras Schiff dal
1991. Nella Sala Verdi milanese, sempre al
completo, lo
abbiamo ascoltato in memorabili concerti; negli
ultimi anni ha eseguito tutte le sonate di
Beethoven e di Schubert. Ieri sera è tornato in
Conservatorio riproponendo il viennese e
precisamente con i brani:
Sei
Momenti
musicali
D780, Quattro improvvisi D899, Tre Klavierstücke
D946 e
Quattro
improvvisi D935. Entrando in sala e
sedendosi di fronte al Bosendorfer, uno dei
pianoforti a lui più congeniali per il
particolare colore dei registri medio-bassi,
Schiff ha impostoun'atmosfera di concentrata attenzione e
di meditata disposizione all'ascolto.
Indubbiamente un ottimo concerto quello
dell'ungherese che ci rivela, come sempre
abbiamo constatato, la sua prodigiosa memoria e
la sua completa interiorizzazione del materiale
sonoro. Il suo Schubert ha momenti di geniali
raffinatezze, specie in molti degli otti
Impromptus ascoltati, ma non in tutto risulta
entusiasmante. Alcune scelte di accenti e di
dinamicaappaiono arbitrarie o improvvisate,
specie
nei Tre
Klavierstücke D946. In
Schubert abbiamo sempre presenti le memorabili e
anche recenti interpretazioni di un Brendel e di
un Lupu con la loro costante ed intensa
espressiva, il colore viennese soprattutto del
primo, e la loro inimitabile cifra stilistica e
il confronto... è davvero difficile.
Splendido
il bis: una
melodiaungherese
di Schubert. Grandissimo successo.
8 marzoCesare Guzzardella
Arabella Steinbachercon la Verdiall’Auditorium
Uno splendido concerto quello
ascoltato ieri pomeriggio in ultima replica
all’Auditorium milanese. L’Orchestra Sinfonica
Verdi diretta da Zhang Xian, ha eseguito
musiche di Korsakov, Caikovskij e R.Strauss.
Dopo il brano introduttivo del primo russo, il
Capriccio spagnolo,
eseguito
in modo eccellente, con energia e colore dalla
corposa
orchestra
e dal direttore musicale Zhang Xian, è salita
sul palco la giovane e affermata violinista
tedesca- la madre però è giapponese-
Arabella Steinbacher per interpretare uno dei
più celebri capolavori della letteratura
violinistica, il Concerto per violino e orch.
in re magg.Op. 35 di Caikovskij. La
popolarità del brano con le relative note
sequenze melodiche dei tre movimenti che lo
compongono,rivela con chiarezza anche l’alto
virtuosismo che il solista deve possedere per
rendere in modo naturale il lavoro. La bella e
bravissimaArabella S. ha dimostrato scioltezza e
disinvoltura nell’esprimere anche le più
difficili arditezze solistiche ma soprattutto ha
reso con elevata espressività il celebre
concerto. L’eccellente direzione della Xian e i
bellissimi colori della Verdi in ogni sezione
orchestrale hanno favorito il successo ottenuto
dalla Steinbacher in una sala al completo.
Interminabili gli applausi e
splendido
il bis violinistico concesso. Nella seconda
parte ottima l’interpretazione del noto poema
sinfonico di Richard Strauss, Così parlò
Zarathustra.
7marzoCesareGuzzardella
Prossimamente Uto Ughi a
Vercelli
Dopo la brillante esibizione di
Salvatore Accardo, che ha chiuso la sua
performance con un monito sulle gravi
conseguenze che i tagli alla cultura stanno
producendo sul settore della musica classica,
arriva al Viotti il 12Marzo al Teatro Civico di Vercelli Uto
Ughi, grande
artista che negli ultimi anni si è prodigato non
poco sulla rovente questione dei finanziamenti
inadeguati che stanno mettendo in ginocchio
molte realtà musicali. Un argomento affrontato
dallo
stesso
Ughi al termine del concerto che ha chiuso la
dodicesima edizione del Viotti Festival,
invitando personalmente gli spettatori a
sostenere iniziative musicali come quella
organizzata dall’Associazione Camerata Ducale e
il Comune di Vercelli, in modo che la musica di
qualità possa continuare a vivere. Un appello
che sembra aver toccato molte persone, visto
l’altissimo afflusso di pubblico eterogeneo che
gremisce ogni singolo spettacolo della stagione
in corso e che smentisce l’idea che le sale
concerto siano luoghi per pochi eletti. Il
programma selezionato per il quinto appuntamento
del Viotti Festival è un omaggio ai classici del
repertorio violinistico del Settecento. La
scaletta prevede nel primo tempo la Sinfonia
in re maggiore G 490 di Luigi Boccherini,
impostata sull’antica struttura tripartita
concepita da Alessandro Scarlatti per le pagine
strumentali introduttive delle proprie opere in
musica. Nonostante la giovane età, Boccherini
realizza una pagina sinfonica matura, ritenuta
da molti critici musicali un vero gioiello che
nulla ha da invidiare alle composizioni di Haydn
o Mozart. Seguono la Ciaccona in sol minore
per violino e orchestra di Tommaso Antonio
Vitali nella versione rivisitata da Ottorino
Respighi nel 1908 per l’esecuzione berlinese del
violinista Arrigo Serato e il Concerto in do
maggiore per violino e orchestra Hob VIIa: 1
di Franz Joseph Haydn. La seconda parte è
dedicata alla Sinfonia in re minore «La casa
del diavolo» op. 12 n. 4 G 506 di Boccherini
e alla Sonata in sol minore «Il trillo del
diavolo» di Giuseppe Tartini. Una partitura,
quest’ultima, famosa anche per la leggenda che
lega il grande violinista ad un sogno rivelatore
in cui gli apparve il diavolo intento ad
eseguire una musica di sovraumana bellezza”.
L’impressione e l’emozione suscitate da questa
melodia furono tali che Tartini si svegliò di
soprassalto, afferrò il suo violino e cercò di
riprodurre la musica udita in sogno. Per tutti
coloro che volessero prenotare i pochissimi
biglietti rimasti per il concerto del 12 marzo
possono telefonare fino alle ore 15:00 del
11/03/2011 presso il Comune di Vercelli ai
numeri 0161 596277 - 0161 596369, oppure
contattando direttamente l'Associazione Camerata
Ducale al numero 011 755791 o inviando una mail
a
orchestra@camerataducale.it.
6marzola redazione
Ultime repliche alla Scala per
Tosca
Ultime
repliche alla Scala per Tosca di Puccini il 6,
il 23 e il 25 marzo. Ieri sera l’ottava
rappresentazione ha avuto un adeguato successo
in una salaal completo, Ricordiamo la regia di Luc
Bondy, le scene di Richard Peduzzi, i costumi di
Milena Canonero, le luci di Michael Bauer e la
direzione musicale del giovane israeliano Omer
Meir Wellber. Il tenore Marco Berti,
Cavaradossi,
(foto Archivio Scala) sarà presente anche
nelle prossimerappresentazioni; il soprano Sondra
Radvanovsky, Tosca, in quella del 6 marzo
mentre Oksana Dyka tornerà il 23 e il 25; Zeljko
Licic, Scarpia, lo ritroviamo il 23 e il
25 marzo mentre il medesimo ruolo per il 6 marzo
è di Bryn Terfel. Questa sera alle ore 20.00
prima rappresentazione di Death in Venice per la
direzione di Edward Gardner e la regia di
Deborah Warnen.
5marzoC.G
Paul Lewis per la
Società dei Concerti
E' per la prima volta in
Conservatorio il trentottenne pianista inglese
Paul Lewis, interprete affermato
internazionalmente e noto anche
per le
sue integrali delle Sonate di Beethoven.
Attualmente sta portando in
giro
per l'Europa la musica di F.Schubert e ieri sera
per la Società dei Concerti ha tenuto un valido
concerto eseguendo brani del viennese: la
Sonata in
do magg. D840, i tre
Klavierstücke D946 e la
Sonata in
re magg. D850. E' un pianista di scuola
classica Lewis e il suo legame con grandi
interpreti come Alfred Brendel - tra i suoi
insegnanti -risulta evidente. Molto equilibrato,
preciso e ricco nelle dinamiche, il suo Schubert
andrebbe forse addolcito con un sapore più
viennese ma è comunque di alto livello e molto
godibile. La prima Sonata, rimasta incompiuta è
stata eseguita nei due movimenti completati
dall'autore omettendo il minuetto e il rondò
finale. Particolarmente interessante anche
l'interpretazione dei
Drei Klavierstücke, eseguiti con
determinazione e impeccabile rigore tecnico e
stilistico. A conclusione un bis ancora di
Schubert. Successo di pubblico.
3 marzoCesare Guzzardella
Il pianista
Saleem Abboud Ashkar per il
Quartetto
Per la prima volta nella Sala
Verdi del Conservatorio milanese, ieri sera
il
pianista israeliano Saleem Abboud Ashkar ha
tenuto ieri un concerto per la
Società
del Quartetto. Il programma vario e ben
distribuito,
prevedeva brani di Bach, Schubert e Brahms.Saleem Abboud Ashkar è nato a Nazareth
nel 1976 ed è un ottimo interprete. Non ha la
tecnicasorprendente di molti suoi colleghi
pianisti ma riesce ad esprimersi con intensità
emotiva di alto livello, specie nei momenti di
più pacata riflessione. La bellissima e poco
eseguita pagina musicale di F. Schubert, la
Sonata in
la min. D 784, ci è sembrata la cosa
migliore. Ottimo l'equilibrio formale
complessivo e bellissime le sonorità dove la
componente melodica è più in evidenza. Validi
anche gli altri brani: la
Suite
inglese n.2 in la minore di J.S.Bach dalle
sonorità quasi organistiche e le
Variazioni e fuga su un tema di Haendel
di J.Brahms con lievi imperfezioni ma ottimo
equilibrio strutturale.
Eccellente
il bis proposto: l'
Intermezzon.2
Op.116 di Brahms. Successo di pubblico in
una Sala non al completo. Prossimo appuntamento
del Quartetto per martedì 8 marzo con Murray
Perahia che interpreta Bach, Beethoven, Schumann
e Chopin. Da non perdere.
2 marzoCesare Guzzardella
Thomas Zehetmair alle
Serate musicali
Il violinista Thomas Zehetmair ha
tenuto un concerto con l'Orchestra di Padova e
del Veneto in Conservatorio. In programma due
note composizioni di J.Brahms: il Concerto
per violino e orch. Op.77 e la Sinfonia
n.4 op.98. Nella veste anche di direttore,
Zehetmair ha dato il meglio nel celebre
concerto,
unico
lavoro brahmsiano del genere e particolarmente
virtuosistico nella parte solistica. Raramente
troviamo un solista alla direzione di brani
romantici, anche perché, soprattutto in Brahms e
nel suo celebre concerto, la componente
orchestrale è particolarmente complessa: il
carattere sinfonico della parte orchestrale
merita una dedizione costante che il violinista
sempre impegnato con il suo strumento non può
sempre garantire. Alcuni squilibri sinergici nel
sovrapporre i piani sonori sono risultati
evidenti e soprattutto la sezione dei fiati,a volte, ha sovrastato l'eccellente
timbro del violino solista. Ottimo il violino di
Zehetmair. Il suo timbro incisivo e perfetto in
ogni registro sono la prova evidente delle sue
splendide qualità
solistiche.
Ricordiamo i numerosi riconoscimenti
internazionali, la sua eccellente
interpretazione dei 24 Capricci di Paganini in
un disco ECM ed il suo impegno nella musica
contemporanea dimostrato anche nella scelta del
bis con un breve e valido brano del tedesco
Heinz Hollinger. Nella seconda parte abbiamo
ascoltato un interpretazione valida ma non
entusiasmante della Quarta di Brahms.
Successo di pubblico.
1
marzoCesare Guzzardella
FEBBRAIO
Brani di
Maurilio Cacciatore
e di Nino Rota ai Pomeriggi del Dal Verme
Ottimo e diversificato il
programma ascoltato nella replica di ieri
pomeriggio al Teatro dal Verme per la Stagione
dei Pomeriggi musicali . In programma
nella prima parte due brani, Stesso Denso
(2010) di
Maurilio Cacciatore
e Concerto soirèe(1961) di Nino Rota, quindi dopo
l'intervallo, la Sinfonia n.2op.36
di L.v.Beethoven. Il primo brano per orchestra -
prima esecuzione assoluta-è una recente commissione dei
Pomeriggi e del suo direttore artistico Ivan
Fedele al trentenne compositore pugliese
Cacciatore (foto).
Circa 14
minuti per un lavoro particolarmente vario, nel
quale si riconoscono influssi di certo Varèse,
di certa musicaconcreta o di certo jazz liberatorio alla
San Ra. Rilevante il senso di “spazialità” del
brano, dove entrano in gioco in continuazione
sia gli strumenti solisti che le sezioni
orchestrali,. Le prime note del vibrafono e le
percussioni danno l'avvio ad un continuum sonoro
nel quale le variazionialle note introduttive generano una
crescente tensione.Le note, spesso ripetute in modo quasi
ossessivo, cambiano nella timbrica attraverso un
uso deglistrumenti aperto alla più completa
espressione acustica. Nei minuti finali
l'affiorare di effetti e rumori generano una
situazione acustica che ricorda le
esperienze del già citato Varèse. Rilevanti le
qualità espressive complessive del branoche continua una tradizione compositiva
dell'autore già intrapresa con altri brani dal
titolo simile quali Stesso obliquo o Stesso
fragile.Dopo una recente esecuzione milanese
degli Studi trascendentali di Liszt è tornato a
Milano il valido pianista Maurizio Baglini
(foto),
questa volta diretto da A.Manacorda. Il
bellissimo lavoro di Rota è una composizione in
cinque parti del 1961 nel quale il ruolo
centrale è affidato al pianoforte solista. Ci
rivela un musicista molto attento alla musica
del Novecento soprattutto al Neoclassicismo che
partendo da certo Satie attraversa soprattutto
il melodico Poulence, in certi frangenti del movimento
iniziale, anche Hindemith. Nella composizione
sono spesso presenti richiami melodici al Rota
più celebre,quello delle colonne sonore, ma
l'efficacia della scrittura complessiva,interpretata con precisione
dall'Orchestra dei Pomeriggi, e dall'ottimo
pianista Baglini, pone il musicista milanese,
anche per questo lavoro, tra i più rilevanti
artisti
del Novecento italiano. Milano finalmente nel
commemorare i cento anni dalla nascita del
compositore tanto amato da Fellini, sta
dedicando a lui numerosi concerti.
Avvincente il bis solistico di Baglini, lo
Studio Trascendentale n.10 di F.Liszt. Dopo
l'intervallo è stata eseguita la Sinfonia n.2
di L.v.Beethoven. Valida l'interpretazione di
Manacorda. Successo di pubblico.
27. febbraioCesare
Guzzardella
Sa Chen al Viotti Festival
di Vercelli
La quarta serata del vercellese
Viotti Festival 2011 ha permesso ai sempre più
numerosi appassionati della città piemontese di
fare la conoscenza con un astro in ascesa della
scena musicale internazionale, trasformata
anch’essa da quella globalizzazione che è il
fenomeno caratterizzante della nostra epoca:
parliamo della pianista cinese Sa Chen, nata nel
1979, con studi tutti nella madrepatria e
perfezionamento in Gran Bretagna e Germania,
attualmente in tournée in Italia. Ad
accompagnarla, come di consueto, la
Camerata
Ducale diretta da G. Rimonda, per l’occasione
‘rinforzata’ da elementi del Regio di Torino. A
mo’ di ‘aperitivo’ il programma prevedeva un
pezzo di non frequente ascolto nelle nostre
sale, di quelli che da anni rientrano nel
progetto musicale dell’orchestra torinese,
meritoriamente mirato all’esplorazione di
quell’interessante e semisconosciuto continente
che è il sette-ottocento strumentale italiano:
la Sinfonia ‘ a grande orchestra’ in Si bem.
maggiore op. 18 n. 1 di Muzio Clementi
(1787). Si tratta di una composizione che, con
sforzo generoso, tenta di adeguarsi allo stile
del sinfonismo viennese contemporaneo,
soprattutto haydniano, evidente in particolare
nel Rondò finale, una monferrina che
evoca alla lontana la vigorosa freschezza
popolare dei Landler di Haydn, ma che
mostra tutti i noti limiti della tecnica
compositiva del mecanicus (Mozart dixit)
Clementi, quali appaiono nella maggior parte
della suavasta opera pianistica: poca musica, temi
tagliati con l’accetta, scarsa inventiva
(insignificante lo sviluppo nella forma-sonata
del primo tempo), sonorità acide, totalmente
ignare dei suggestivi impasti timbrici
mozartiani tra legni e archi, per troppa povertà
di dialogo tra le linee strumentali. Il momento
clou della serata è arrivato naturalmente coi
due pezzi per orchestra e pianoforte, due
capolavori assoluti di ogni tempo: il mozartiano
Concerto n. 23 in La magg. KV 488 e, dopo
l’intervallo, il
Concerto
n. 4 in Sol Magg. op. 58 di
Beethoven. Sa Chen, ottimamente accompagnata
dalla Camerata Ducale, ha messo in mostra le sue
doti migliori: una tecnica smagliante, fatta di
trasparente pulizia di tocco, suono vigoroso e
morbido a un tempo, capace di adattarsi alle
esigenze espressive della partitura, eccellente
dinamismo nel fraseggio, con un paio di appena
percettibili momenti di stanchezza nel finale
rondò del concerto beethoveniano. Da
ascoltatori, ci è piaciuta di più nel Kv 488,
dove ci è parsa perfettamente a suo agio
nell’interpretare quella particolarissima
atmosfera timbrica di velata luminosità che
contraddistingue la tonalità mozartiana del La
maggiore, e che si fa inesprimibile canto di
dolore nel sublime Fa diesis minore della Siciliana
centrale. Sicura e potente, ma meno espressiva,
l’interpretazione del concerto beethoveniano, in
particolare nello straordinario tempo centrale,
dove il tocco della pur bravissima solista del
Sol levante, a nostro avviso, non sempre è
riuscito a librarsi all’altezza di
quell’inarrivabile bellezza intessuta di
mistero, che è nel tema ‘implorante’ affidato al
pianoforte, in contrasto colla corrusca cupezza
delle note martellate dall’orchestra.
Letteralmente sommersa dai lunghi applausi del
foltissimo pubblico, Sa Chen si è congedata da
Vercelli, lasciando di sé, ne siamo certi, un
ricordo che durerà a lungo.
27febbraioBruno Busca
Michele Campanella a Milano
per la VISES-Onlus
Viene raramente a Milano il
pianista napoletano Michele Campanella e la
ghiotta occasione per ascoltarlo la dobbiamo
alla Vises, Associazione volontari Iniziative
diSviluppo Economico e Sociale.
Questa ONLUS fondata a Roma nel 1987 ha operato
con successo in Italia, Africa e Centro America.
L'iniziativa più recente di Vises è in Marocco
dove nei pressi di Ouarzazate ha costruito un
Centro di formazione professionale per disabili.
Ma l'attività di aiuto di Vises alle popolazioni
più bisognose sono in crescita e se vogliamo
possiamo sostenerla. Con il progetto A.I.M.A.
Vises ha l’obiettivo di favorire l’occupazione
femminile attraverso la formazione professionale
e l’apprendimento di lavori artigianali. Ieri
sera in Sala Verdi, di fronte ad un numeroso
pubblico Campanella ha tenuto un concerto nel
quale oltre ad il suo amatissimo Liszt,tra l'altro di raro ascolto per la scelta
dei brani,ha interpretato i notissimi Quadri da
un'esposizione di Modest Musorgskji. Sette i
brani dell'ungherese, tra i meno
virtuosistici ma più vicini al pianismo moderno
che partendo dall'ultimo Liszt arriva a Debussy
e Ravel. SanctaDorothea,
Nuages Gris, En rêve, La lugubre
gondola, Bagatelle sans tonalité,
Ave Maria e, a conclusione, il breve ed
estroverso Carrousel de Madame Pelet-Narbonne,
sono brani composti tra il 1862 e il 1885,
nell'ultimo periodo della corposa attività
compositiva del grande virtuoso. La resa
interpretativa di Campanella, lisztiano doc, è
stata giocata su modalità sfumate e precise e
sonorità terse nell'esprimere con chiarezza i
toni a volte cupi e tristi dei brani. Dopo il
breve intervallo, le celebri note della
Promenade che introduce i Quadri di
Musorgskji hanno riempito di luce la grande
sala. L'interpretazione analitica e impeccabile
fornita da Campanella - proviene dalla scuola
pianistica di Vincenzo Vitale- è di quelle che
non si ascoltano spesso per equilibrio formale
ed espressivo. Un concerto da ricordare. Chi
volessi aiutare la Visas per donazioni è pregato
di contattare la sede milanese di via Larga 31 o
il numero telefonico 02-583761
26Febbraio Cesare
Guzzardella
Sa Chen alle Serate musicali
E' tornata alle Serate
musicali la pianista cinese Sa Chen.
Interprete affermata internazionalmente, la Chen
è dotata di una tecnica sorprendente derivante
da una scuola musicale, quella cinese, diffusa e
selettiva che ha portato alla ribalta in questi
ultimi anni una schiera ingente di ottimi
interpreti, alcuni tra i più noti e richiesti in
ogni parte del mondo come Lang Lang, Yundy Li e
Yuja Wang . Il programma presentato ieri
sera in Conservatorio, interessante e
diversificato, prevedeva musiche di Scarlatti,
Currier, Ravel e Liszt. Il perfezionismo della
Chen si è evidenziato da subito nelle sonate di
Domenico Scarlatti -L375, K466 e K13- . Di
grande rilievo la chiarezza espositiva e
l'equilibrio delle parti in tutte le sonate
eseguite e particolarmente riflessiva la più
nota K466. Il brano del compositore statunitense
Sebastian Currier, Scarlatti Cadenza e Brain
Storm, è una composizione del 1994-97 divisa
in due parti. I framenti scarlattiani della
prima parte vengono rielaborati dall'autore in
situazioni ritmiche molto contrastanti e nella
seconda parte un continuo ritmico si alterna ad
improvvisi sbalzi dinamici. Molto brava la Chen
a sottolineare con espressione ogni dettaglio
della riuscita composizione.Gaspard de laNuit di
Maurice Ravel, la celebre composizione i tre
parti -Ondine, Le gibet, Scarbo-
è il terzo autore affrontato dalla pianista.
Tecnicamente ineccepibile l'esecuzione
ascoltata. La seconda parte è stata
integralmente dedicata a F.Liszt con la rara
Ballata n.2 in siminore, il noto
studio da concerto Un sospiro e la
Rapsodia Ungherese n.12 in do diesis
minore. Avvincente l'interpretazione
complessiva ascoltata. Due i bis con Sigmund
di Schumann-Liszt e un brano cinese. Successo in
una Sala Verdi purtroppo con molti posti liberi.
Sabato la Chen suonerà al Teatro Civico di
Vercelli per interpretare due capolavori della
letteratura musicale: il Concerto K488 di Mozart
e il Concerto n.4 di Beethoven. Ad accompagnarla
la Camerata Ducale.
24febbraioCesareGuzzardella
Alessio Bidoli per la
Società dei Concerti
Il milanese violinista Alessio
Bidoli, classe 1986, si è esibito in un concerto
organizzato dalla Società dei Concerti
accompagnato dalla valida pianista Sterfania
Mormone. La storica organizzazione concertistica
ha nella sua programmazione una serie di
concerti denominati "Per amore" riservati
a giovani interpreti che stanno per compiere un
importante salto di qualità nella loro carriera
artistica. Bidoli è uno di questi. Di
qualità
ne ha molte, prima di tutto una capacità di
melodiare di alto spessore estetico. Lo ha
dimostrato nel bel programma proposto ieri sera
in una Sala Verdi stracolma di pubblico nel
quale si alternavano autori diversi da
Wieniavski a Beethoven, da Grieg a Ravel.
Premessa l'ottima sinergia tra i due interpreti,
rileviamo l'avvincente resa musicale in una
delle più note sonate di Beethoven, la Sonata
n.8 in sol magg. Op. 30 n.3. La classicità
della composizione è stata definita con
equilibrio formale impeccabile,specie nelle linee melodiche del solista,
e le sonorità morbide del violino sono state
espresse con timbriche molto "italiane". La
valenza musicale del violinista, anticipata
nella rara Polonaise op.21 del
virtuoso-compositore H.Wieniawski
è emersa
ancor più nei due brani eseguiti dopo
l'intervallo: la Sonata n.3 in do min.op.45
di E.Grieg e il celebre Tzigane di
M.Ravel. La perfetta intonazione di Bidoli in
ogni registro del violino e la sua capacità di
esprime con nitidezza e luminosità anche i più
impervi passaggi virtuosistici hanno reso
splendidamente i due lavori e, specie in
Tzigane, la valenza estetica è stata di alto
livello. Lunghi applausi e due i bis concessi:
un brano di Manuel Ponce nella trascrizione di
J.Heifetz, Estrellita, e un delicato ed
elegante brano di Elgar, la Capricieuse.
Da ricordare.
24 febbraio 2011Cesare
Guzzardella
Stefano Giovazzi e Franco
Mezzena al Coccia di Novara
Un bel programma ‘monografico’,
quello proposto ieri sera, 22 febbraio, al
Coccia di Novara, nel nuovo appuntamento con la
Stagione concertistica da camera 2011: quattro
sonate per violino e pianoforte di L. van
Beethoven, le op. 12 n.1 in re maggiore e n.
2 in la maggiore, la n. 23 il la min.
e la celeberrima Primavera
in fa maggioren. 24. Come si
vede, un impaginato che permette
all’ascoltatore, con scelta intelligente, di
seguire gli sviluppi stilistici, dagli esordi
ancora ‘mozartiani’ alla piena maturità
espressiva,di un genere compositivo cui Beethoven
non attribuì certo l’importanza di altri generi
cameristici come i quartetti o le sonate per
pianoforte solo, ma che annovera comunque pagine
tra le memorabili della storia della musica (si
pensi alla Kreutzer, o, appunto, alla
Primavera). A eseguire il programma il duo,
già noto al pubblico novarese, formato da Franco
Mezzena al violino e Stefano Giavazzi al
pianoforte, reduciproprio dalla registrazione integrale su
disco (per la Wide Classic) delle dieci sonate
beethoveniane. L’interpretazione di Giavazzi e
Mezzena ci è piaciuta, mostrandosi all’altezza
delle atmosfere espressive diversificateproposte dal programma: dalla brillante
graziaviennese dell’op 12, al raccoltolirismo dello stupendo Adagio dellaPrimavera, al selvaggio ritmo di
giga affiorante nello straordinario primo tempo
dell’op. 23, in cui la nota cupa che nella
maggior parte delle interpretazioni a noi note
domina la partitura, nella lettura di questo duo
ci è sembrata lampeggiare di qualche guizzo di
sulfurea ironia. La chiave interpretativa che ha
ispirato i due strumentisti è apparsa già
evidente dall’esecuzione dell’Allegro
vivace
dell’op. 12 n2, suonato con tranquillo distacco,
con misurato stacco dei tempi, che più che il
dinamismo della pagina, ne sottolinea il nitido
fraseggio, l’architettura, grazie al suono
cristallino della tastiera di Giavazzi e alla
cavata di Mezzena, timbricamente calda e
morbida, efficace nella ricerca della tornitura
del suono, calibratissimo sino al calligrafismo.
Un’interpretazione, quella ascoltata ieri,
comunque capace di aprirsi anche
all’espressività estatica e sognante dell’Adagio
dell’op. 24, resa con efficace intensità dai due
esecutori. Se un rilievo dobbiamo proprio
muovere a Mezzena e Giavazzi, riguarda alcuni
momenti di squilibrio tra i due strumenti, n cui
la tastiera soverchiava il suono delle quattro
corde, non sappiamo se a causa dell’acustica del
teatro o di ‘sbavature ‘ esecutive. Ancora
beethoveniano il bis, le 12
Variazioni su “Se vuol ballare” WoO41,
eseguite benissimo, con il giusto dosaggio di
dinamismo e ironia. Scroscianti gli applausi, di
un pubblico, purtroppo, piuttosto scarso.
23febbraioBruno Busca
Prossimamente la pianista Sa
Chen al Teatro Civico di Vercelli
Dopo la serata che ha visto sul
palco del Teatro Civico di Vercelli la
straordinaria performance di Salvatore Accardo,
sabato 26 febbraio alle ore 21.00, sempre al
Civico di Vercelli, arriva al XIII Viotti
Festival la pianista Sa Chen, indicata dal
leggendario artista e intellettuale cinese Fou
Ts'Ong il volto nuovo della Cina pianistica,
assieme a Lang Lang e Yundi Li. L’appuntamento
del 26 febbraio si aprirà con la Sa Chen,
accompagnata dall’Orchestra Camerata Ducale,
impegnata nel Concerto n. 23 in la maggiore
per pianoforte e orchestra KV 488 di
Wolfgang Amadeus Mozart. Una composizione
tipicamente settecentesca che venne eseguita in
prima assoluta dallo stesso Mozart in qualità di
direttore e solista nel marzo del 1786, con
l’intento di promuovere la sua immagine di
virtuoso-compositore. Seguirà il
Concerto
n. 4 il sol maggiore per pianoforte e
orchestra op. 58 di Ludwig van Beethoven,
considerata tra le composizioni più mature
dell’autore tedesco, che assume un respiro
autenticamente sinfonico per la perfetta
interazione tra solista ed orchestra.
Un programma che metterà in luce le qualità
tecniche ed interpretative della giovanissima
ospite e che farà rivivere sul proscenio del
Civico di Vercelli, il mito
del grande virtuoso di fine Settecento. Il
secondo tempo si animerà unicamente con il
l’Orchestra Camerata Ducale, diretta dal maestro
Guido Rimonda, nella Sinfonia ‘a grande
orchestra’ in si bemolle maggiore op. 18
n. 1 di Muzio Clementi. Un’opera riconosciuta e
stimata come la prova sinfonica più
significativa del compositore italiano.
Per tutti coloro che volessero prenotare i
biglietti per il concerto del 26 febbraio 2011,
possono telefonare da lunedì 14 a venerdì 25
febbraio presso il Comune di Vercelli ai
seguenti numeri: 0161 596369 – 0161 596277
oppure, contattando direttamente l’Associazione
Camerata Ducale al numero 011 755791 o inviando
una mail a
orchestra@camerataducale.it
23febbraioLaRedazione
Louis Lortie alle
Serate Musicali
Il pianista canadese Louis
Lortie, recente interprete di un avvincente
concerto scaligero dedicato a Chopin, ha voluto
rendere omaggio a F. Liszt nel bicentenario
dalla nascita eseguendo
Années de
pèlerinage, tre raccolte di brani che il
Maestro ungheresecompose tra il 1848 e il 1877. Circa due
ore e trenta minuti di
musica
separate da un intervallo non breve. L'impresa è
certamente riuscita e Lortie ha superato con
successo l'ardua prova restituendoci un Liszt
originale giocato su netti contrasti tra i
momenti di grande forza espressiva di alcuni
brani -Chapelle
de Guillaume Tell,
Lallée
d'Obermann,Après une
lecture de Dante: Fantasia quasi Sonata,
ecc.- e il nitore espressivo dei colorati e
quasi impressionisticialtri brani quali
Pastorale,
Au bord d'une source e il celebre
Les jeux
d'eaux à la Villa d'Este, per citarne
alcuni. Il suo modo interpretativo, in apparenza
poco classico e molto improvvisatorio, nasconde
in realtà una conoscenza profonda delle
dinamiche interpretative di Liszt consolidate da
una completa interiorizzazione del materiale
sonoro: interpreta completamente a memoria. I
migliori interventi si sono rivelati soprattutto
nei momenti di più pacata espressività ma
l'equilibrio complessivo e comunque di ottimo
livello e certe forzature emerse, quando il
volume timbrico raggiunge elevati gradi, sono
coerentemente funzionali alla sua valida cifra
stilistica ben sostenuta dall' ottimo pianoforte
Fazioli utilizzato. Al termine grandi applausi e
un breve bis: un brano veneziano di Liszt.
22febbraioCesare Guzzardella
John Axerold
in Auditorium per la Nona di Mahler
E' molto richiesto in tutto il
mondo il direttore statunitense John Axelrod.
Assistente in passato del grande Leonard
Bernstein, ha ereditato dal Maestro una passione
aperta ad ogni generemusicalecon
predilezione
per il repertorio novecentesco e contemporaneo.
Lo abbiamo iniziato a conoscere e ad apprezzare
ascoltandolo alla Scala nel Candide di Bernstein
e da allora il simpatico direttore torna spesso
a Milano, sovente per dirigere l'OrchestraSinfonica Verdi. Ieri infatti è tornato
in Auditorium con la Verdi per
interpretare uno dei lavori più rilevanti di
Gustav Mahler, la Sinfonia n.9 in re
maggiore(1909), ultima delle sinfonie
completate dal grande compositore e direttore
boemo (la decima rimase incompleta). Axerold ha
diretto ottimamente trovandosi perfettamente in
sintonia con un'orchestra, la Verdi, educata da
anni all'interpretazione di grandi partiture
quali quelle di Mahler e non solo.Piena di energia l'esecuzione ascoltata
nella replica domenicale con chiarezza ed
equilibrio nei piani sonori e dettaglio nei
particolari. Grande successo di pubblico in una
sala al completo. Ricordiamo il prossimo
concerto sinfonico previsto per il 24 febbraio
con repliche per il 25 e il 27: il direttore
Giuseppe Grazioli interpreterà Bernstein con
Wonderful Town in collaborazione con la Yale
Opera.
21 febbraioCesare Guzzardella
Roberto Prosseda alle
Serate musicali
Il pianista Roberto Prosseda ha
tenuto un concerto per le Serate musicali
al Dal Verme eseguendo Liszt in occasione del
bicentenario dalla nascita. Il programma
prevedeva sia brani originali del grande
virtuoso e
musicista
ungherese che trascrizioni da lieder di Schubert
e di Mendelssohn. Conosciamo le ottime qualità
mendelssohniane di Prosseda, avendo lui vinto
numerosi premi discograficiinterpretando il tedesco. Conoscevamo
meno la cifra stilistica del pianista sul più
complesso e difficile Liszt, musicista che
richiede oltre alla capacità di rendere chiara e
trasparente la componente melodica delle sue
mirabili composizioni, anche abilità tecniche
non comuni per quel che concerne le armonie e la
sovrapposizione dei complessi piani sonori.
Prosseda ha ben evidenziato l’elemento lirico
soprattutto nelle trascrizioni da Schubert e
Mendelssohn ma abbiamo rilevato a volte mancanza
di chiarezza, scorrevolezza quando gli elementi
armonici diventano più complessi e voluminosi.
Tra i brani eseguiti “Angiolin dal biondo
Crin”,“Le campane di Roma”,Liebenstraum n.3, e la Fantasia
quasi Sonata aprés une lecture de Dante; da
Schubert la nota Ave Maria e Gretchen
am Spinnrade. Da Mendelssohn trascrizioni dasette Lieder,Wasserfahart Jagers Abschied e la
Parafrasi da concerto sulla marcia nuziale e
la ronda degli Elfi, quest’ultima eseguita
con notevole espressività. Caloroso successo in
una sala purtroppo con numerosi posti liberi.
Ricordiamo il prossimo concerto delle Serate
musicalidi lunedì 21 febbraio in Conservatorio
con inizio alle ore 20.00:L. Lortie interpreta tutto Liszt.
19 febbraioCesare Guzzardella
Francesco Piemontesi per il
"Quartetto"
E' svizzero, di Locarno, il
ventisettenne pianista Francesco Piemontesi. Ha
tenuto ieri sera un bellissimo
recital
per la
Società
del Quartetto in Conservatorio impaginando
un programma dove si alternavano i
classici
Haydn e Beethoven al raro Janáček della
Sonata
1.X.1905 e Schumann con la celebre
Kreisleriana op.16 e la
Toccata
op.7. E' molto preparato Piemontesi.
Proviene da una scuola pianistica che ha
riferimenti in Brendel, Uchida e Weissenberg,
artisti che ha seguito e che gli hanno dato
preziosi consigli. La classicità stilistica ha
calzato perfettamente nell'Adagio
con variazioni Hob. XVII.6 di Haydn e nella
Sonata in la mag. Op.101 di Beethoven, brani
eseguiti in modo impeccabile, con una chiarezza
espositiva ed un equilibrio formale di alto
livello. Valide anche le altre interpretazioni:
i colori impressionistici della Sonata di
Janáček, lavoro in due movimenti (Presentimento
e Morte),
- il terzo è stato distrutto dall'autore perché
scontento- sono emersi da una lettura calibrata
razionalmente in modo da evidenziare i notevoli
contrasti timbrici e dinamici. Ottimo
l'equilibrio complessivo della
Kreisleriana schumanniana: l'interpretazione
analitica ha privilegiato la componente
costruttiva classica piuttosto che
l'immediatezza improvvisatoria che più si addice
al romanticismo di Schumann. Molto bella la
Toccata. Due i bis proposti e tra questi
un'eccellente esecuzione del finale dall'Uccello
di fuoco di Stravinsky. Grande successo di
pubblico. Da ricordare.
16FebbraioCesare Guzzardella
Accardo e la Camerata
ducale alle
Serate
musicali milanesi
Salvatore Accardo e la
Camerata ducale hanno tenuto un concerto
nella Sala Verdi del Conservatorio milanese per
le Serate
musicali. Il programma, identico a quello
vercellese di sabato scorso (vedi
recensione
sotto), prevedeva le due
Romanze op.40 e op.50 di L.v.Beethoven e il
Concerto
per viol. e orch. op.22 di G.B.Viotti.
Mentre riconfermiamo la validità interpretativa
del bellissimo concerto di Viotti specie nel
movimento finale, evidenziamo la delusione per
la cifra musicale delle romanze beethoveniane
per quel che concerne la parte solistica.
Problemi d'intonazione iniziale, poca
voluminosità complessiva nel definire le
sequenze melodiche, ecc. Tecnicamente
ineccepibile il bis con il
Capriccio
n. 24 paganiniano. La splendida luminosità
timbrica della Camerata ducale di Rimonda è
stata riconfermata nella nota
Sinfonia op.29 mozartiana
che ha
visto Accardo alla direzione e che ha concluso
con successo e applausi ripetuti la serata.
Prossimi appuntamenti venerdì 18 febbraio al Dal
Verme con l'ottimo Prosseda in Liszt e lunedì 21
in Conservatorio con il pianista canadese L.
Lortie per un lungo programma lisztiano nel
bicentenario dalla nascita.(inizio alle ore
20.00). Da non perdere!
15 febbraioCesare Guzzardella
Salvatore Accardo e la
Camerata ducale a Vercelli
Le due Romanze per violino e
orchestra op.40 n.1 in Sol maggiore e op. 50 n.
2 in Fa maggiore di Beethoven; il
Concerto n. 22 in La minore per violino e
orchestra di G. B. Viotti; infine la
Sinfonia n. 29 in La maggiore KV 201 di
Mozart: questo l’interessante programma proposto
dalla nuova serata del
XIII
Viotti Festival di Vercelli, al Civico ieri sera
12 febbraio. Come si nota facilmente, si tratta
di una serie di opere, al di là della
cronologia, ancora largamente legate ad una
modalità espressiva di inconfondibile grazia e
naturalezza‘settecentesche’, pur con gli inevitabili
fermenti preromantici che lievitano nelle pieghe
della partitura. Si tratta insomma di uno stile
musicale in cui da anni sa esprimersi al meglio
quella che ormai possiamo chiamare l’Orchestra
di Vercelli (anche se torinese di provenienza),
perché ha legato inscindibilmente il suo nome
alla vita musicale della bella cittadina
piemontese: la Camerata ducale, fondata e
diretta da Guido Rimonda con l’intento
originario di riscoprire e valorizzare l’opera
del grande violinista vercellese G. B. Viotti,
ma da anni impegnata anche in un repertorio
sette-ottocentesco di respiro europeo,
soprattutto sull’asse Bonn-Salisburgo-Vienna.
D’eccezione il solista chiamato sul podio a
eseguire le due romanze e il concerto di Viotti,
quel S. Accardo cui sorride il destino di non
dimostrare neppure l’ombra dei suoi
settant’anni, riuscendo a suonare le quattro
corde con una freschezza e agilità di
diteggiatura a dir poco straordinarie.
Riconosciamolo: non è facile oggi ascoltare
“doppie corde” o “sopracuti” della precisione e
chiarezza di suono, di cui è capace Accardo. Al
nostro orecchio ieri sera il Maestro ha
raggiunto gli esiti più alti nel concerto di
Viotti, ponendo la sua stupenda cavata, dal
suono sempre potente, terso ed esatto, al
servizio sapiente di quelle che sono le
caratteristiche stilistiche salienti del Viotti
‘maturo’ del periodo londinese: un’alternanza di
limpida e struggente musicalità da Romanza (nel
tempo lento) e impeto ‘eroico’ di impronta
cherubiniana(soprattutto nel finale), in una
scrittura in cui l’elemento virtuosistico è
sempre ricondotto alla necessità espressiva dei
valori interiori dell’opera.Ci è sembrata invece un po’ povera di
risonanze espressive l’interpretazione delle due
romanze beethoveniane, la cui vena melodica è
sgorgata dal violino di Accardo, soprattutto
nella prima, senza quella intensità interiore
del suono che è delle grandissime
interpretazioni di questi brani. Il Maestro ci
ha invece strappato applausi di stupita
ammirazione nel bis, suonando con bravura senza
pari uno dei pezzi più celebri e ardui di quello
che probabilmente è l’ autore nel quale oggi
Accardo non teme rivali: Paganini, con l’ultimo
dei 24 capricci, il tema con variazioni
in La min. Nella seconda parte del
concerto Accardo ha assunto il ruolo di
Direttore (senza bacchetta), guidando la
Camerata nell’esecuzione della sinfonia di
Mozart, di cui ha proposto una valida
interpretazione, in particolarenell’aggraziato tempo lento e
nell’incalzante finale, vera esplosione di
gioiosa serenità. Il lunghissimo applauso del
gran pubblico presente in sala ha salutato la
fine di questa bella serata di musica, sotto la
maestosa mole della cattedrale di S. Andrea.
13 febbraio Bruno
Busca
Sentieri Selvaggi
per “Koinè 2011” al Dal Verme
Il secondo concerto della
Stagione di musica contemporanea ideata da Ivan
Fedele "Koiné 2011", ha visto sul
palcoscenico del Dal Verme l'ensemble
Sentieri
selvaggi (foto), formazione nata per
la diffusione e la realizzazione di musica
contemporanea. Tra gli ideatori, Filippo Del
Corno e Carlo Boccadoro, entrambi ottimi
compositori - il secondo anche pianista e
direttore d'orchestra-, sono sempre alla ricerca
di nuovi brani e di nuovi musicisti che possano
arricchire il repertorio già molto vasto. Nella
serata di ieri sera, alla presenza di un
pubblico selezionato ed appassionato - tra i
presenti anche Riccardo Chailly, Giacomo Manzoni
e molti altri compositori o musicisti in genere-
abbiamo ascoltato sette brani di artisti
40-50enni quali i citati Del Corno e Boccadoro,
Montalbetti, Antonioni, Verrando, Dell'Ongaro.
Fa eccezione la composizione eseguita per
seconda, Arpège di Franco Donatoni
(1927-2000) compianto musicista veronese e
maestro di moltissimi artisti. Tra i brani
proposti, tutti interessanti, rilevanti per
qualità
compositiva
ed espressiva Dogma#6 di Filippo Dal
Corno, quello di Montalbetti denominato
Brightness, Ad libitum di Michele
Dall'Ongaro e Zingiber di Carlo
Boccadoro. Dogma#6 è per sei strumenti -
violino, cello, flauto, clarinetto basso,
pianoforte e vibrafono-, gioca sulla ripetizione
di sequenze ritmiche, sovrapposizioni di
timbriche e variazione di tempo in modo rapido e
tagliente, ma trova anche un certo respiro
melodico nella sezione centrale.
L'influenza
di certo minimalismo alla Reich o alla Riley
risulta evidente . La qualità
dell'interpretazione ha dato spessore estetico
al brano. Il brano di Montalbetti, una
commissione di Sentieri selvaggi, ha sonorità
più tenui e pone l'elemento armonico al centro.
Un'armonia costruita su sovrapposizione delle
timbriche del sestetto strumentale in modo da
generare atmosfere particolarmente delicate. Il
brano, dal sapore sperimentale, ricorda anche
certe esperienze del rock progressivo anni '70 (
King Krimson, ecc.). Ad libitum di
Michele Dell'Ongaro è una versione recente più
rielaborata di uno precedente scritto per
l'ensemble. Particolarmente riuscito nelle
timbriche, il brano costruisce il flusso
musicale partendo dagli interventi dei solisti
che hanno la possibilità di esprimersi
individualmente in modo libero- coinvolgente
nella parte centrale l'intervento del
bravissimo violinista Piercarlo Sacco- per poi
ridefinire il complessivo sonoro. Il lavoro di
Boccadoro Zingiber è particolarmente
interessante per la capacità di evocare
atmosfere ambientali con i relativi rumori
presenti, nella fattispecie i campanacci e le
mucche in una paesaggio montano. Nella
definizione del tutto strumentalel'elemento ritmico è la principale fonte
d'ispirazione. Un divertimento musicale che ci
rivela un musicista completo ispirato da
infiniti generi musicali. Il noto Arpège
(1986) di Donatoni, tra i massimi compositori
del Secondo Novecento, è un brano che oltre ad
evidenziare le avvincenti qualità del Maestro,
ha rivelato le ottime abilità dell'ensemble
formata dalla flautista Paola Fre, dal
violinista Piercarlo Sacco, dalla violoncellista
Aya Shimura, dal clarinettista Mirco Ghirardini,
dal vibrafonista e percussionista Andrea
Dulbecco e dal pianista Andrea Rebaudengo.
Ottima la direzione di Boccadoro e valide le
immagine e le luci di Andrew Quinn. A
conclusione un
bis particolarmente coinvolgente e divertente
con un brano dello statunitense Michael
Daugherty(1954). Lunghi e calorosi applausi.
Prossimo appuntamento mercoledì 16 febbraio al
San Fedele con ancora i Sentieri Selvaggi alle
prese con Stockhausen, Boulez, Andriessen e
Reich.
12 febbraioCesare Guzzardella
Conclusa alla Scala L'histoire de Manon
di
Massenet-
Kenneth MacMillan
Si è conclusa con la decima
rappresentazione e un grandissimosuccesso di pubblico la messinscena
scaligera del
balletto L'histoire de Manon.
Le
splendide coreografie (foto a sinistra archivio
Scala) che lo scozzese Kenneth MacMillan ha
ideato nei primi anni’ 70erano alla Scalaper la quinta volta dal 1994.
Interessante rilevare come la maggiore
“classicità” dei primi due atti siano in
contrasto con
la maggiore “modernità” del breve,ultimo atto. Le bellissime musiche di
Massenet, arrangiate e riorchestrate da Leighton
Lucas, per volere dello stesso MacMillan,
provengono da numeroseopere del francese come Cenerentola, Le
Cid, Thais, Griselidis, Don Quichotte, Arianne
ecc. ma nondaManon.Perfettasintonia della coreografia conlescene e i costumi settecenteschi di
Nicholas Georgiadis evalida, sotto ogni aspetto,la direzione musicale di David Coleman.
L’ultima rappresentazione ha visto lo statuario
Roberto Bolle, Des Grieux, protagonista
insieme ad una stupenda Olesia Novikova, una
Manon piena di grazia e leggerezza che
insieme al nostro Bolle ha strappato applausi
nei numerosi interventi a due. Bravissimi anche
Mik Zeni, Lescaut,
Matteo Buongiorno, Monsieur G.M.,
Emanuela Montanari, l’amante di Lescaut,
Roberta Nebulone, Madame, e gli altri.
Avvincente tutto il Corpo di Ballo scaligero.
Ricordiamo che il prossimo balletto scaligero,
L’ultimo casanova,
è
previsto per il 27 marzo con repliche fino al 14
aprile. E’ una nuova produzione scaligera per le
coreografie di Gianluca Schiavoni. Da non
perdere
12febbraioCesareGuzzardella
Alexei Volodin alle Serate
Musicali
La scuola pianistica russa è
forse la migliore al mondo e ogni anno un
notevole numero d'interpreti di elevata qualità
salgono sui più prestigiosi palcoscenici. Il
pietroburghese Alexei Volodin, classe 1977, é
risultato vincitore di un importante concorso
internazionale quale il GézaAnda
di Zurigo ed ha studiato con Elisso Virsaladze,
l'eccellente pianista georgiana recentemente
ascoltata in Sala Verdi. Volodin è
certamente un ottimo pianista. Ieri sera in una
Sala Verdi non al completo, ha impaginato un
programma disomogeneo: nella prima parte due
classici quali Haydn e Beethoven e nella seconda
Chopin. Scelta non facile per il diverso
approccio stilistico dovuto ai compositori
scelti. Di J.Haydn abbiamo ascoltato una delle
Sonate più note, quella in mi bem.
Maggiore Hob.XVI/49 e di Beethoven la non
frequente op.31 n.3. Eccellente
l'approccio stilistico di Volodin in Haydn,
ottimo in Beethoven. Fluido, preciso nelle
sonorità e minuzioso nel ricreare minimi eraffinati contrasti, Volodin ha centrato
il bersaglio nella classicità hydniana
proponendo un equilibrio formale ed espressivo
stupefacente. Diverso il risultato in Chopin. In
programma i non facili 24 Preludi op.28,
brani che se eseguiti unitariamente hanno
bisogno di un equilibrio complessivo di non
facile attuazione. Ci sono piaciuti alcuni
preludi, quelli più tenui e con meno contrasti.
I piani sonori
dei preludi più contrastati e voluminosi
sono sovente risultati sovrapposti in modo poco
chiaro. Ottimi invece i tre bis concessi e tra
questi uno Studio e un poetico
Notturno postumo del grande polacco. Lunghi
applausi.
8 febbraio.
Cesare
Guzzardella
Il Don Pasquale al Coccia
di Novara
In scena oggi, domenica 6
febbraio, al Coccia di Novara il Don Pasquale
di
Donizetti, uno dei capolavori più popolari
dell’opera buffa italiana, in un nuovo
allestimento del Bergamo Musica Festival
coprodotto dalla Fondazione Donizetti di Bergamo
e FondazioneTeatro Coccia di Novara, in buca
l’Orchestra e Coro del Bergamo Opera festival
diretti per l’occasione da Stefano Montanari, da
quattro anni .apprezzato protagonista della
Stagione d’0pera del capoluogo orobico.Com’è
noto, il compito che attende gli interpreti
(direttore e cantanti) del Don Pasquale è
rendere in modo adeguato l’estrema varietà di
toni e
registri
drammaturgico-musicali che ne caratterizza
libretto e partitura, in cui sorriso malizioso e
schietta risata, propri del dramma buffo
classico,si alternano, con singolare scioltezza, a
lirismo e malinconia, esprimendosi in una musica
particolare, fatta di passaggi subitanei dalla
più fresca gaiezza salottiera,quasi da operetta, alla melodia più
struggente.Data questa premessa, due sono le pietre
di paragone per valutare la qualità di un Don
Pasquale: la duttilità dell’accompagnamento
orchestrale e la capacità del tenore di
adattarsi al ruolo particolare del tenore buffo
donizettiano, chiamato a far vibrare, nella
grana magari un po’ grossa della farsa, anche
più sottili corde romantiche, dalla sofferenza
all’estasi. Diremmo che il Don Pasquale
ascoltato a Novara sia stato pienamente
soddisfacente dalprimo punto di vista: Montanari ha
diretto molto bene, accompagnando i cantanti con
gesto sicuro ed efficace e dando voce con bella
scioltezza ai vari registri della partitura. Da
segnalare in particolare due momenti da
antologia: il commento orchestrale alla scena
della stipulazione del matrimonio (atto II) ,quando tutti i personaggi si tramutano in
‘buffi’ e il loro canto diviene ‘parlante’,
mentre la melodia si trasferisce all’orchestra,
nonché, nel terzo atto, il patetico motivo
dell’orchestra (Larghetto) che segna, dopo un
ultimo scontro con Norina e la scena dello
schiaffo, la disfatta e il crollo di Don
Pasquale..Non del tutto soddisfacente, invece,
l’interpretazione del tenore milanese Roberto
Iuliano nella parte di Ernesto: la sua ci è
parsa voce tecnicamente bene impostata, morbida
e calda, ma non molto espressiva. Buono il
livello interpretativo del restante cast:
pienamente all’altezza: Christian Senn,
eccellente dottor Malatesta, Eugenio Leggiadri
Galliani, buon basso comico nel ruolo di don
Pasquale e una scintillante Linda Campanella,
soprano brillante molto a suo agio nella parte
di Norina. Intelligente la regia , firmata da
Francesco Bellotto, efficace nel sottolineare
l’incalzante movimento di coro e cantanti e
nella scenografia, che nel suo progressivo
spogliarsi accompagna il precipitare di Don
Pasquale nella rovina. Il Coccia, come sempre
affollatissimo per la stagione lirica, ha
salutato gli interpreti con un applauso di
cinque minuti.
6febbraioBruno Busca
Il duo Tchakerian-Prosseda
all'Auditorium milanese
Per la Stagione cameristicadell'Auditorium milanese ieri nel tardo
pomeriggio abbiamo ascoltato la violinista
italiana, di origine armena, Sonig Tchakerian ed
il pianista Roberto
Prosseda in un programma
tutto
beethoveniano che prevedeva tre sonate per
violino e pianoforte: la poco frequentata
op.23 e le note op.24 “Primavera” e
op.47 “Kreutzer”. Valide le
interpretazioni fornite: la chiarezza espositiva
dei temi per entrambi gli interpreti e l'ottima
intesa tra i due non sempre è stata
completata da una ricchezza di contrasti che i
capolavori beethoveniani meritavano.
Meglio i
movimenti centrali, con un pianoforte dalle
timbriche trasparenti e precise e una solista in
ottima sinergia. Non sempre adeguati i movimenti
più contrastati, specie nella Kreutzer,
con alcune sbavature del pianoforte. Splendidi i
due bis concessi con il Capriccio n.5 di
Paganini nella trascrizione per duo di Schumann
e un preludio da una Partita di Bach
nella trascrizione con pianoforte di
F.Mendelssohn. ( prima assoluta milanese). In
questi due pezzi, altamente virtuosistici, la
Tchakerian - terzo
premio
al Concorso Paganini del 1980-, accompagnata
ottimamente da Prosseda, ha mostrato le sue
indiscusse e rilevanti qualità d'interprete.
Grande successo di pubblico.
6 febbraioCesare Guzzardella
Gidon Kremer e la Kremerata
baltica omaggiano Glenn Gould alle Serate
Musicali
Il violinista lettone Gidon
Kremer fondava nel 1997 un gruppo cameristico
particolarmente valido dal punto di vista
interpretativo e molto interessante per la
ricerca di un repertorio che accosta sempre la
musica del passato con il contemporaneo. La
Kremerata Baltica è formata da giovani
strumentisti che esprimono una qualità musicale
di altissimo livello attraverso sonorità ricche
di grande luminosità e
attualmente
sono tra le formazioni più richieste al mondo.
Nel bellissimo concerto di ieri sera organizzato
da Serate Musicali abbiamo avuto
l’opportunità di ascoltare una serie di brani
ordinati in una lunga suite cameristica
denominata “L’arte della strumentazione”. E’ un
omaggio di Kremer e della sua formazione ad uno
dei più grandi interpreti della musica di J.S.
Bach: Glenn Gould.Kremer ha chiesto ad alcuni compositori,
soprattutto baltici, di trascrivere per
formazione d’archi alcuni tra i più noti brani
del grande Maestro sassone, brani spesso
presenti nel repertorio del pianista canadese.
Silvestrov, Pelecis, Raskatov, Vine, Poleva,
Kancevi, Desyatnicov, Tickmayer, Serksnyte e
Kissine si sono cimentati in questa impresa ed
il risultato trovato è sorprendente. Riascoltare
Bachattraverso una nuova ricerca
timbrico-espressiva ed alcune volte con
variazioni o invenzioni perfettamente inserite
nel tessuto polifonico, ha valorizzato e non
certo sminuito il genio del tedesco. Dopo
l’incisiva introduzione violinistica di Kremer
nel “frammento” di Silvestrov, la celebre
Ariadalle “Variazioni Goldberg” nella
trascrizione di G.Pelecis ha rivelato le
eccellenti sonorità della compagine orchestrale,
una formazione d’archi completata da una
tastiera e da un vibrafono. I numerosi brani che
si sono succeduti in un continuo musicale ci ha
riservato preludi e fughe dal Clavicembalo
ben temperato, uno splendido Largo
dal Concerto per in fa minore Bwv 1056
rivisitato da C.Vine, una Sarabanda dalla
Partita n.6 nel riadattamento di
Desyatnicov, alcune tra le più note delle
"Goldberg" intelligentemente intervallate da
brevi brani di Arnold Schonberg – musicista
molto amato da Gould- nella selezione di
S.K.Tickmayer . A conclusione, di nuovo l’Aria
delle "Goldberg" questa volta nella
trascrizione di V.Kissine. I brani sono stati
preceduti nella prima parte della serata da due
lavori altrettanto validi e ottimamente
interpretati: l’Andante con moto,
Ouverture dall’opera Capriccio di Richard
Strauss,e unbrano del 2004 del compositore georgiano
Giya Kancheli denominato Twilight
(Crepuscolo), un lavoro di ottima fattura, dalle
timbriche trasparenti e riflessive che rimandano
a paesaggi crepuscolari. Grande successo di
pubblico e un bis di A.Piazzolla.
5febbraioCesareGuzzardella
Accardo al Viotti Festival
di Vercelli
Sabato 12 febbraio alle ore 21.00
presso il Teatro Civico di Vercelli torna al
Viotti Festival
Salvatore Accardo in una serata che lo vedrà
in doppia veste di violino solista e direttore
dell’Orchestra
Camerata Ducale. Una presenza ormai consueta
per il festival vercellese ma che quest’anno
assume una connotazione diversa, visto che il
concerto presentato al Teatro Civico verrà
riproposto il 14 febbraio alle prestigiose
Serate Musicali di Milano – ore 21.00,
Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano – e il 15
febbraio alla XXXIIesima Stagione Concertistica
di Tortona – ore 21.15, Teatro Civico di Tortona
–. Una breve tournée che intensifica il rapporto
tra questo fuoriclasse della musica classica e
l’Orchestra Camerata Ducale. Ma non solo, perché
sarà un’occasione importante per far conoscere
ad un maggior numero di persone una delle più
belle pagine scritte dall’autore piemontese
Giovanni Battista Viotti. Oltre a Viotti, il
programma prevede composizioni di Ludwig van
Beethoven e Wolfgang Amadeus Mozart.
Prevendita biglietti
Associazione Camerata Ducale
tel.; 011 755791
orchestra@camerataducale.it
4 febbraio dalla redazione
GENNAIO
Martha Argerich e Géza
Hosszu-Legocky alle Serate Musicali
E da alcuni anni che la celebre
pianista argentina Martha Argerich preferisce
portare sulla scenasuoi colleghi, spesso giovani e poco
conosciuti,che suonare in solitaria. L’annuale sua
frequentazione del pubblico milanese alle
Serate Musicali di Hans Fazzari non può che
farci piacere, ma se una volta suonasse da sola
in recital saremo ancora più contenti.
L’indubbio valore interpretativo della grande
Argerich
l’abbiamo comunque ritrovato nel bel concerto di
ieri sera in Conservatorio in
una Sala
Verdi stracolma di pubblico. In platea abbiamo
notato un maggior numero di giovani appassionatie alcuni bambini. Insieme all’Argerich
anche il venticinquenne violinista svizzero Géza
Hosszu-Legocky, un talento ai più sconosciuto
che ha all’attivo anche incisioni
discografiche molto premiate, alcune effettuate
insieme alla celebre collega.
Il programma, di straordinario interesse,
prevedeva tre noti capolavori per violino e
pianoforte: la Sonata n.1 in la min.op.105 di Schumann, la Sonata inla maggiore di Franck e dopo
l’intervallo la n.9 in la maggioreop.47 “Kreutzer” di Beethoven.Combinazione vuole che i primi due brani
siano stati eseguiti nel concerto di martedì
scorso dall’ottimo duo cameristico Dego-Leonardi
(vedi recensione) ed è molto interessante
constatare come le differenti interpretazioni,
entrambe valide, riaffermino in maniera evidente
l’importante ruolo dell’interprete
nell’espressione artistica musicale. Dalla più
classica, tecnicamente più precisa e corretta,
esecuzione del giovanissimo duo ascoltato
martedì, siamo passati ad una interpretazione
più trascinante, piena di impeto e di maggiori
contrasti, quella nella quale la travolgente
Argerich ha trascinato il suo giovane collega.
E’ un ottimo interprete Géza Hosszu-Legocky, a
volte imprecisoma coloristicamente valido, con un
vibrato eccellentesostenuto da una tagliente energia - Géza
ha la passione della musica zigana, che pratica
con il proprio complesso denominato “The 5
DeVils” - che ben si addice alle esecuzioni
romantiche in programma. La compagnia della
scultorea Argerich, sempre allaricerca di una maggior sintesi espressiva
evidenziata da una maggior valorizzazione degli
accenti, non può che giovargli. Alcune volte
però l’esuberanza musicale della grandissima ha
sovrastato il più giovane. Bellissimi tutti i
brani con una “Kreutzer” più rispettosa dei
canoni classici ma sempre molto vitale. Validi i
due bis: le Danze rumene di Bartok e il
notissimo Liebesleid di Fritz Kreisler.
Da ricordare
30gennaioCesareGuzzardella
Cristiano Burato al Coccia
di Novara
La seconda serata della Stagione
concertistica da cameraal Coccia di Novara, ha proposto ieri, 27
gennaio, un recital del quarantatreenne pianista
Cristiano Burato, premio Ciani 1996, tra gli
esponenti più rappresentativi della “penultima
generazione” dei nostri solisti della tastiera,
alla sua “prima” nella città piemontese.
Sontuoso il programma, dall’impaginato
intelligente, che ha permesso all’ascoltatore di
seguire l’evoluzione della sonata per pianoforte
attraverso la sua parabola sette-ottocentesca,
dalla limpida
architettura
classica, ma già incrinata dai fremiti di una
sensibilità preromantica, della bellissima Sonata
in la min. KV 310 di Mozart, al tempestoso
titanismo sturmer della beethoveniana Appassionata,
dalla malinconica grazia viennese della
sonata inLa Magg. D120 di Schubert,
alla
Fantasia sonata D’aprés une lecture du Dante di F.
Liszt (omaggio al bicentenario della nascita del
sommo pianista e compositore ungherese), ove la
violenza fantastica che investe la materia
sonora la porta ai limiti estremi delle sue
possibilità tecnico-espressive. Si tratta, come
si vede, di un repertorio molto vario dal punto
di vista sia espressivo-stilistico, sia tecnico,
che richiede un esecutore non solo
agguerritissimo sul piano, appunto, della
tecnica pianistica, ma anche duttile in quella
capacità di penetrare il mondo spirituale
profondo dell’autore, senza la quale non si può
dare vera interpretazione. Burato si è mostrato
in possesso di entrambe le qualità: dominio
assoluto della tastiera, che fa sembrare facili
anche i passaggi più ‘impossibili’ del pezzo
lisztiano, un bel suono potente, chiaro ed
esatto, che riesce a rendere limpidi anche i
trilli più estenuanti (sempre in Liszt, ma anche
l’Appassionata
non scherza…), con dei bei ‘rubati’ da
chopiniano di gran classe qual è lui, il tutto
unito a una notevole sensibilità espressiva, che
a nostro avviso ha dato i risultati migliori
nell’Andante
cantabile
centrale della sonata mozartiana e nella sonata
schubertiana, forse il momento migliore della
serata, resa magnificamente in quel tenue velo
elegiaco che avvolge il suono del maestro
viennese. Ci ha convinto meno l’interpretazione
dell’Appassionata, che ci è parsa privilegiare
gli aspetti più “teatrali” (che indubbiamente ci
sono) della partitura, a scapito di quelli di
maggiore interiorità , in particolare nel tempo
centrale, dove molto della misteriosa tenerezza
delle variazioni sul tema-corale iniziale va
perduto nell’interpretazione di Burato.
Splendido il primo bis, il Notturno
op. postuma in do diesis min. di
Chopin, di trascinante virtuosismo il secondo,
la trascrizione pianistica dalla Danza del
fuoco
dall’Amor
brujodi De
Falla. Torrenziali e meritati gli applausi del
numeroso pubblico presente in sala.
28gennaioBruno Busca
Il duo Dego-Leonardi per la
Società del Quartetto
Per la prima volta ai concerti
del
Quartetto abbiamo ascoltato ieri sera in
Conservatorio il duo strumentale formato dalla
violinista Francesca Dego e dalla pianista
Francesca Leonardi. Lecchese e milanese,
rispettivamente classe 1989 e 1984, le giovani
artiste si sono formate musicalmente al
Conservatorio
milanese
frequentando master class con importanti
interpreti. Impegnativo il programma presentato:
di Schumann la
Sonata in la min. Op.105, di Mozart la
Sonata in
si b.
maggiore K454, di C.Franck la
Sonata in
la maggiore e per finire il celebre
Tzigane
di M.Ravel. Ottime le sinergie del duo con un
affiatamento dovuto sia alle singole qualità
interpretative che ai sei anni di esperienza
comune. Il suono della Dego si è rivelato
luminoso, intensamente lirico
e
particolarmente maturo nella difficile e
splendida sonata di Franck, capolavoro della
letteratura romantica francese. Lo spessore
virtuosistico della violinista e la sua
sicurezza tecnico-espressiva sono emersi ancor
più in Tzigane, brano di Ravel nei quali i
colori, le arditezze tecniche e i contrasti
dinamici risultano evidenti. Perfette le
intonazioni, senza minime sbavature anche nei
difficili sopracuti. Ottima
la resa
pianistica della Leonardi, dalla tecnica precisa
e sicura con momenti eccellenti nella resa
stilistica alternati ad altri nei quali era
eccessivo l'uso del pedale di risonanza.
Sonorità più asciutte migliorerebbero la
prestazione. Due i bis concessi: uno
Scherzo
da una sonata di J.Brahms e una trascrizione di
N. Milstein del celebre
Nottorno
in do
diesis min.
postumo di Chopin di raro ascolto in questa
versione ed eseguito ottimamente. Da ricordare.
26 gennaioCesare Guzzardella
Elisso Virsaladze alle
Serate Musicali
Nel panorama mondiale dei
migliori pianisti sono pochi quelli che riescono
a rendere di alto valore espressivo le musiche
di Robert Schumann: Elisso Virsaladze è
indubbiamente tra le migliori interpreti
viventi.
La pianista georgiana allieva della migliore
scuola russa e grande didatta come il celebre
suo maestro Heinrich Neuhaus, ha impaginato un
programma nel quale il grande romantico spiccava
per quantità e qualità dei brani scelti. Gli
8 Fantasiestücke op.12, i 3 Fantasiestüke
op.111 e Carnaval op.9 sono stati
eseguiti insieme ad una Ballata di Chopin, la
n.2 in fa maggiore op.38 e al virtuosistico
Studio n.1 in sol minore di Paganini
nella rivisitazione di Liszt. Bellissimo tutto
Schumann con un Carnaval da ricordare a lungo
per perfezione stilistico-espressiva.
La sicurezza
di tocco e la chiarezza espressiva hanno
evidenziato al meglio la sua capacità di
riflessione espressa anche con splendidifraseggi ed eccellenti rapporti tra i
molteplicipiani sonori.
Tre i bis concessi con uno Schubert e due Chopin
di eccellente qualità. Grandissimo successo.
25gennaioCesare Guzzardella
Successo alla Scala nelle
repliche di
Pagliacci-Cavalleria
E' tornato entusiasmo al Teatro
alla Scala alle repliche di Pagliacci e
di Cavalleriarusticana dopo le
rilevanti polemiche della prima messinscena.
Nella terza rappresentazione di ieri sera
(doveva essere la
quarta)
si è riscontrato un esplicito apprezzamento del
pubblico al termina di Cavalleria rusticana con
lunghi applausi per tutti i protagonisti.
Accoglienza più tiepida ma comunque positiva
invece in Pagliacci, l'opera di Leoncavallo
andata in scena all'inizio della serata. La
messinscena di Mario Martone, ottimo regista
cinematograficocon un certo numero di regie liriche alle
spalle,è sembrata debole nel contesto delle
buone scenografie di Sergio Tramonti in
Pagliacci (foto Archivio Scala) e più che
adeguata in Cavalleria.
Il tutto all'insegna di scelte registiche e
scenografiche tradizionali che nelle opere
veriste trovano una certa giustificazione.
Il cast
vocale dell'ultima replica si è rivelatonettamente disomogeneo: particolarmente
debole quello per i Pagliacci e valido e
unitario per Cavalleria. L'energica, poco
mediterranea e molto nordica, direzione musicale
di Daniel Harding ha espresso valenza
interpretativa in Cavalleria centrando
l'essenza del capolavoro di Pietro Mascagni,
opera nella quale la componente musicale con la
sua ricchezza melodica ha un ruolo essenziale
nella determinazione della semplice ma efficace
vicenda. Ricordiamo l’ottimo cast vocale di ieri
sera nella replica di Cavalleria rusticana:
bravissimi Marianne Cornetti, Santuzza, e
Yonghoon Lee, Turiddu; bravi Claudio
Sgura, Alfio, Giuseppina Piunti, Lola,
e Elena Zilio,Lucia. Un plauso in
entrambi le opere al Coro preparato da
Bruno
Casoni e a tutti gli acrobati di Pagliacci.
Prossime repliche il 25-28 gennaio e l’1-3-5
febbraio.
23 gennaioCesare Guzzardella
Il St. Lawrence String
Quartet al Coccia di Novara
Decisamente allettante per gli
amanti della musica il programma proposto dalla
serata inaugurale della Stagione concertistica
da camera 2011 al Coccia di Novara, ieri 18
gennaio: tregioielli della letteratura per quartetto
d’archi; in ordine di esecuzioneil Quartetto in do maggiore op.54/2
di Haydn e il Quartetto in do maggiore
op.36 di B. Britten nella prima parte del
concerto; il
Quartetto
n.12 in mi bemolle maggioreop.127
dopo l’intervallo. La compagine chiamata a
eseguire questo impegnativo
impaginato
è un quartetto affermato nel continente
nordamericano, ma non molto noto in Italia, dove
ci risulta, dalle informazioni contenute nel
programma di sala, solo una fugace apparizione
ad un Festival di Spoleto di qualche anno fa: si
tratta del St. Lawrence String Quartet,
formazione canadese-americana, nata nel 1989 a
Toronto e ‘plasmata’ dagli studi con fior di
insegnanti, come i quartettisti di Tokio e
quelli dello Julliard. Ci sentiamo di esprimere
un giudizio pienamente positivo sulle qualità
esecutive del St. Lawrence, con qualche riserva
sugli archi gravi, in particolare il violoncello
di Christopher Costanza, preciso nelle entrate e
pulito nella lettura dello spartito, ma dal
volume di suono un po’ secco ed esangue, quale è
emerso dalle cadenze della splendida Ciaccona
finale del monumentale quartetto di Britten e
dal tessuto timbrico d’insieme del pezzo
beethoveniano, le cui dense trame
contrappuntistiche, tipiche dell’”ultimo stile”
del Maestro di Bonn, sollecitano una sonorità
voluminosa e ben scandita dell’insieme
strumentale. Il punto di forza di questa
formazione è sicuramente nei due violini di
Geoff Nuttall (primo violino) e Scott St.John,
dalla cavata intensa, timbricamente “calda” e
sempre nitida e trasparente, capace di esaltarsi
tanto nelleardue fioriture e nella tensione emotiva
dell’Adagio del brano di Haydn (il tempo
più bello della composizione), quanto nell’ampio
flusso melodico delle variazioni del secondo
tempo e nel vivace ritmo da danza popolare del
finale del quartetto beethoveniano. Al di là
degli accenni critici sopra formulati, il St.
Lawrence, lo ripetiamo, ècomunque compagine di tutto rispetto,
apprezzabile soprattutto nella nitida esattezza
delle strutture armoniche e nella tensione
espressiva delgli sviluppi melodici, qualità che
ha dato il meglio di sé nell’esecuzione del
pezzo di Haydn, davvero memorabile. L’attento e
numeroso pubblico ha accolto con un
meritatissimo, prolungato applauso la fine del
concerto, dopo un bel bis, il tempo lento del
Quartetto op.20 n.6 di Haydn.
19gennaioBruno Busca
Boris Berezowsky alla Scala
per la Società dei Concerti
Doveva esserci Kissin ieri sera
al Teatro alla Scala,ma è stato bloccato a Madrid per una
difficile influenza. La Società dei Concerti
è riuscita nell'arduo compito di trovare una
degna sostituzione che compensasse, e non solo
parzialmente, la delusione iniziale di non poter
ascoltare una star del pianoforte
quale
il quarantenne Evgenij.La scelta di un altro quarantenne russo
quale Boris Berezowsky ci è sembrata riuscita.
Soprattutto nella lunga parte dedicata alle
musiche di Liszt in occasione del bicentenario
della sua nascita. Berezowsky, alla ribalta
internazionale dopo la vittoria nel 1990 del
Concorso Tchaikovsky
di Mosca, è un solido pianista dall’indiscusso
virtuosismo che trova migliori qualità
espressive dove la componente armonica e le
strutture musicalidiventano più complesse. In Liszt
certamente ha dato prova di elevato spessore
artistico mettendo in risalto con facilità ogni
arditezza interpretativa: precisa la resa
stilistica, trasparente la restituzione
dei piani sonori ed elevata l'escursione
dinamica.L’impaginato prevedeva dell’ungherese una
selezione con sette brani dai virtuosistici
Études d'exécution trascendante¸
da Années de pèlerinage “Venezia e Napoli”
e, eseguito come ultimo brano, il noto
Mephisto Waltz n.I. Completava il concerto
una selezione di brani di Chopin: la
Polonaise-fantasiaop. 61, lo Scherzo n.3, 5
Studi dall’op10 e 3 Valzer. La lettura di
Chopin è stata meno coinvolgente specie nella
Polacca op.61. Laddove le sonorità del
grande romantico sono espresse da linee
melodiche più semplici e meno articolate, la
lettura risulta
meno entusiasmante. Validi invece i tre
Valzer eseguiti con eleganza stilistica.
Mirabili i 4 bis concessie tra questiun Valzer di Tchaikovsky,
un bellissimo Asturias di Albeniz,un brano poco conosciuto di Aram
Kaciaturian. Grandissimo successo di pubblico.
18gennaioCesareGuzzardella
Radovan Vlatkovic’
al XIII Festival Viotti di
Vercelli
Il secondo concerto del XIII
Festival Viotti, sabato 15 gennaio al Civico di
Vercelli, presentava due motivi di notevole
interesse per i musicofili: in primo luogo la
ricchezza dell’impaginato, con la proposta, tra
l’altro,di due compositori del settecento
italiano di non frequente ascolto nelle nostre
sale da concerto: A.
Sacchini,
con l’Ouverture da Oedipe à Colone
(1786), e A. Rolla (1757-1841), esponente della
‘minore’, ma vivace scuola sinfonica milanese
del secondo settecento, con l’Ouverture in re
maggiore e la Sinfonia in re maggiore BI
533. Laseconda attrattiva del
programma era costituita dalla presenza di
quello che si può considerare oggi uno dei più
autorevoli solisti di corno in Europa, il croato
Radovan Vlatkovic’, molto noto anche in Italia
per la sua intensa attività concertistica (è dal
2007 artista in residence dell’orchestra Verdi
di Milano): a lui erano affidati il
Concertino in Fa maggiore per corno e archi
(1955) del compositore novecentesco Lars-Erik
Larsson e il
Concerto
in Mi bemolle maggiore per corno e orchestra KV
417 di
Mozart. Per quanto riguarda il primo
‘tema’ della serata, un sincero elogio va ancora
una volta tributato alla
Camerata
Ducale e al suo direttore e violino primo e
solista,G. Rimonda, animatore impareggiabile, con
Cristina Canzani, del Festival vercellese; al
nostro orecchio hanno reso al meglio le qualità
essenziali di quel settecento italiano,
ingiustamente trascurato, ma cui pure tanto
deve, ad esempio, il genio di Mozart: l’esatta
limpidezza del disegno melodico, rimarcata dalla
‘solare’ tonalità in Re magg. cara a Rolla, e la
soave galanteria del ‘tono’ musicale,
sottolineate entrambe dalla precisa scansione
ritmica e dalla pulizia di suono dell’orchestra,
in cui, per l’occasione, avevano un ruolo di
gran lunga preponderante gli ottimi archi.
Mattatore della serata è stato però,
inevitabilmente, il possente ‘doppio corno’
(cioè con un quarto cilindro, che permette di
potenziare i registri acuti dello strumento) di
Vlatkovic’. Il croato è davvero padrone assoluto
di tutte le risorse tecniche del corno francese,
dominandone l’estensione del suono e le ricche
potenzialità timbriche, che, nel concerto
mozartiano, svariano dal malinconico cantabile
del secondo tempo al festoso richiamo di caccia
del Rondò finale. Convincente anche
l’interpretazione del brano dello svedese
Larsson, di impronta stilistica alquanto
eclettica, con influenze tardo-romantiche (da
Grieg a Sibelius) e dell’Hindemith più lontano
dalle tensioni avanguardistiche: interessante in
particolare il primo tempo,
Allegro
moderato, dall’atmosfera sospesa e
misteriosa, evocata dal continuo avvicendarsi di
modo maggiore e minore e da qualche raro
episodio di politonalità. Davvero un concerto
ben pensato e ben eseguito, salutato dagli
strameritati applausi del folto pubblico, dopo
il bis (la ripetizione del terzo tempo del
concerto di Mozart).
16 gennaioBruno Busca
La prima edizione del Rome
Chamber Music Festival con il duo pianistico
di LauraRuzza e Isabella Colonna
Sabato 29 Gennaio, alle ore
18.30, presso la St. Andrew’s Church di Roma
(Via Venti Settembre 7), il Duo Pianistico Laura
Ruzza-Isabella Colonna apre la prima edizione
del Rome Chamber Music Festival, festival di
Musica da Camera con pianoforte organizzato
dagli Amici della Musica di Roma, Associazione
musicale operante sotto la Presidenza Onoraria
di Ennio Morricone.
Ben 4 appuntamenti dedicati alla
musica
cameristica con pianoforte. Da segnalare, in
alcuni concerti, la partecipazione straordinaria
di musicisti di fama internazionale quali Lya De
Barberiis e Fausto Di Cesarein qualità di ospiti d’onore. Sarà il Duo
Pianistico Laura Ruzza-Isabella Colonna ad
inaugurare, sabato 29 Gennaio, alle ore 18.30,
presso la St. Andrew’s Church di Roma (Via Venti
Settembre 7 – M Barberini), la prima edizione
del Rome Chamber Music Festival organizzato
dagli Amici della Musica di Roma, Associazione
musicale operante sotto la Presidenza Onoraria
di Ennio Morricone. Il cartellone,
realizzato sotto la Direzione Artistica della
dott.ssa Laura Ruzza, contempla ben 4
appuntamenti con la musica cameristica con
pianoforte. Caratteristica principale del
Festival è l’atmosfere salottiera in cui si
svolgeranno tutti i concerti; il pubblico potrà
così interagire con i musicisti e scoprire da
vicino i segreti della Grande Musica. Per il
Concerto Inaugurale del 29 Gennaio il Laura
Ruzza ed Isabella Colonna eseguiranno alcune
delle più belle opere per pianoforte a 4 mani
dei celebri compositori W. A. Mozart e L. V.
Beethoven. E non sarà da meno il secondo
appuntamento previsto per sabato 26 febbraio con
la pianista Laura Ruzza ed il violinista
Alessandro Miele che presenteranno un intenso
programma dedicato anch’esso alla produzione
cameristica diW. A. Mozart e L. V. Beethoven proponendo
anche l’ascolto di celebri brani di J. Strauss.
Di sapore completamente diverso la serata di
sabato 26 marzointeramente affidata alla pianista Laura
Ruzza, che renderà omaggio ad J. Haydn
attraverso l’interpretazione di alcune delle più
belle Sonate e Variazioni. Il Rome Chamber
Musica Festival si chiuderà sabato 16 aprile con
il concerto straordinario del Trio composto da
Laura Ruzza al pianoforte, Alessandro Miele al
Violino e Luca Andreetti al violoncello. Ogni
appuntamento in cartellone sarà poi allietato
dalla presenza di grandi ospiti d’onore tra cui
i Soci Onorari dell’Associazione. Ogni concerto
sarà preceduto da una breve Guida all’Ascolto
tenuta dalla dott.ssa Laura Ruzza (musicologa,
docente di conservatorio e critico musicale).
16gennaiodalla redazione
Boris Berewzoski sostituisce
Evgenij Kissin indisposto alla Scala
Per
una seria influenza ll pianista Evgenij Kissin è
bloccato a Madrid
e non
potrà essere presente a Milano per il suo
recital previsto al Teatro alla Scala Lunedì 17
gennaio. La Fondazione La Società dei
Concerti ha pertanto provveduto alla
sostituzione invitando il pianista russo Boris
Berewzoski in un programma che prevede
soprattutto Liszt ma anche Chopin
15 gennaio
dalla redazione
Il Corno di Radovan Vlatković a
Vercelli
Sabato 15 gennaio 2011 alle ore
21.00 presso il Teatro Civico
di Vercelli, Radovan Vlatković/corno
solitsta e l’Orchestra Camerata Ducale
diretta da Guido Rimonda/primo violino
terranno un concerto.
Associazione Camerata
755791
orchestra@camerataducale.it Comune di
Vercelli
0161
596369-0161
596277 Vendita
diretta e ritiro biglietti presso la cassa del
Teatro Civico di Vercelli
14 gennaio
la redazione
Alberto Nosè alla Bocconi per
il ciclo Schumann
E' ripreso all'università Bocconi
di Milano il ciclo di concerti pianistici ad
ingresso libero dedicati a Robert
Schumann.
Ieri sera abbiamo ascoltato un valido interprete
quale Alberto Nosè. Vincitore di numerosi
concorsi internazionali, il trentenne pianista
ha impaginato un programma con brani noti e meno
noti. Dopo le rare Marsch op.76 n.1 e
2 ed il breve ed intenso Kanon für Alexis,
Nosè ha ottimamente interpretato la più celebre
Humoreske op.20. Nella seconda parte
ancora brani poco frequentati quali
Albumblätterop.124 e Gesänge der
Frühe op.133. Pianista particolarmente
riflessivo e tecnicamente completo, Nosè ha
rivelato eccellenti qualità specie nei momenti
di maggior distensione armonica. La fluidità del
suo tocco, la sicurezza interpretativa e la
coerenza complessiva sulle scelte espressive
lo pongono tra i migliori interpreti della sua
generazione. Eccellente il bis concesso al
termine con una mazurca di Chopin dal sapore di
notturno. Prossima interprete, tra due giovedì,
la giovane ed affermata Alice Baccalini.
14 gennaioCesare Guzzardella
Kavakos e Pace alle Serate
Musicali
Una scelta difficile e
impegnativa quella proposta ieri sera in
Conservatorio dai due valenti strumentisti
Leonidas Kavakos ed Enrico Pace. Il noto
violinista greco e il pianista riminese hanno
proposto brani
poco
noti al grande pubblico ma di efficace valenza
estetica.
La
Sonata per violino e pianoforte n.1 op. 80,
lavoro maturo (1946) di S.Prokof'ev, ha
introdotto il concerto e il rigore
interpretativo dell'eccellente pianista Pace,
chiaro e luminoso in ogni frangente, è stato
sostenuto dal melodioso e intonato Kavakos. Il
brano del grande russo alterna una timbrica
percussivamente bartokiana a sonorità morbide
tipiche del migliore Prokof'ev: i riferimenti ad
alcuni suoi concerti solistici, soprattutto
quelli per violino, risultano evidenti. La
seconda composizione presentata si è rivelata in
piena sintonia con il lavoro precedente. La
giovane russa Lera Auerbach, classe 1973, con
studi alla Juilliard di New York, è
particolarmente affermata all'estero ed è
autrice feconda anche in campo letterario. I
suoi 24 Preludi per violino e pianoforte op.
46 sono un'opera recente e il nostro duo ha
estrapolato dieci brani in modo da farli
sembrare una suite particolarmente
interessante dove gli influssi del grande russo,
di Schnittke e di altri connazionali risultano
rilevanti. Valida l'interpretazione fornita. La
seconda parte del concerto è iniziata con una
rarità dell'austriaco, naturalizzato
statunitense, E.W. Korngold, musicista noto per
le sue eccellenti colonne sonore ma anche autore
fecondo nel settore cameristico e sinfonico. La
sua elegante Suite “Much Ado About
Nothing” op.11 ha reso il clima del concerto
meno impegnativo e più disteso. Ultimo brano
proposto la rara Fantasia in do maggiore D
934 di F.Schubert.Bravo Kavakos ma ancora di più Enrico
Pace. Un bis di Ravel, per un concerto
particolarmente interessante. Grande successo di
pubblico.
11 gennaioCesare Guzzardella
All’Auditorium le musiche di
Nino Rota dirette da Giuseppe Grazioli
E' un musicista ancora da
scoprire Nino Rota. Compositore nato a Milano
nel 1911, celebre per i film di Fellini ma
sconosciuto ai più nel repertorio più impegnato,
Rota ha una produzione vasta che merita maggior
attenzione. Nel centenario dalla nascita è
meritoria l'iniziativa della Sinfonica Verdi e
del direttore
Giuseppe
Grazioli che da alcune domeniche e per dieci
concerti propongono
l'esecuzione di brani noti, quelli legati ai
film felliniani, e meno noti : concerti,
sinfonie, brani cameristici, ecc. Questa mattina
in Auditorium di fronte ad un numeroso pubblico,
abbiamo ascoltato la più celebre delle sue
composizioni, la Suite da Amarcord
insieme al raro Concerto per pianoforte e
orchestrain Mi" Piccolo mondo antico"
e quindi, in prima assoluta per Milano, il
Concerto festivoper orchestra.I
brani sono stati ottimamente presentati e poi
diretti da Grazioli. Dopo Amarcord, tanto
celebre quanto ricco di significati sonori e
visivi, l'ascolto del concerto per pianoforte,
nella valida interpretazione del pianista
novarese Simone Pedroni, ci ha immerso in un
clima romantico che trova riferimenti in
Caikovskij, Rachmaninov e, nell'Allegro
finale in Prokof'ev.Le difficoltà tecniche della parte
pianistica, superate brillantemente da Pedroni,
e l'incisività del tessuto armonico sono la
prova di come il valente Rota andasse oltre il
genuino mondo della melodia filmica e fosse
immerso nello spirito musicale dei suoi tempi.
Lontano dalle avanguardie musicali del
dopo-guerra, legato alla tonalità del tardo
romanticismo e del neo-classicismo, Rota ha
prodotto brani poco considerati dalla critica di
allora che invece godono di indubbia vitalità,
ottima orchestrazione e di una genuina
personalità sempre riconoscibile nel suo modo di
melodiare molto italiano. L'ultima composizione
in programma, il Concerto festivo (1958-62) è
una sorpresa per qualità timbrica della
strumentazione. L'influsso di certo Bartok nel
tagliente movimento iniziale e nel finalee la bellezza dei temi nell'Aria,
nella Cabaletta nell'Elegia
centrali, rendono questo concerto
particolarmente interessante. Eccellentela direzione di Grazioli e bravissima la
Sinfonica Verdi. Grande successo di pubblico.
Prossimo appuntamento con le musiche di Rota per
domenica 16 gennaio alle ore 11,00 ancora in
Auditorium.