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DICEMBRE 2016
Successo alla Scala
per l'edizione originale di Madama Butterfly
È proprio vero che le opere
vanno viste e ascoltate in teatro. Dopo la Prima del 7 dicembre vista in Tv, rivedendo
l'opera pucciniana Madama Butterfly alla
Scala venerdì sera con
l'ottima messinscena di Alvis
Hermanis - tradizionale ma efficace- ti rendi
conto che la
visione televisiva ha grossi
limiti. Ad esempio i primi piani che mostrano i particolari
di trucco dell'ottima Butterfly, il
soprano Maria José Siri, risultano eccessivi
mentre dalla giusta distanza in teatro la resa è
nettamente migliore. Ma è tutta l'atmosfera
musicale-scenografica che manca in televisione.
La direzione splendida di Chailly, un vero
specialista in Puccini, ha esaltato sia le voci
soliste che la rilevante parte del Coro ottimamente
curato da Bruno Casoni. Il cast vocale (foto di Brescia-Amisano dall'Archivio del Teatro alla Scala)
con
la principale protagonista e con Annalisa Stroppa,
Suzuki, Bryan Hymel,
F.B. Pinkerton,
Carlos Alvares, Sharpless, Carlo Bosi,
Goro, Nicole Brandolino, Kate Pinkerton
e tutti gli altri , ci è apparso decisamente
valido. Eccellente attorialmente Annalisa
Stroppa e ottima anche la Siri. Le delicate scene,
spesso in contemporanea su due o anche tre livelli volumetrici, hanno
esaltato il soggetto orientale del lavoro
pucciniano rendendo sinergica la parte musicale
con la valida regia di Hermanis. La musica, la
vera protagonista di
Butterfly, come detto, è
stata esaltata dalla direzione di Chailly, forse
il massimo direttore vivente delle opere di Puccini.Questi ha saputo
penetrare in modo viscerale il "sinfonismo" del
genio pucciniano creando omogeneità tra la
parte orchestrale e quella vocale. Certamente un
ottimo lavoro che fa iniziare molto bene l'anno
operistico scaligero 2016-17. Il teatro al
completo ha apprezzato questa edizione originale
della Butterfly datata 17 febbraio 1904,
tributando, al termine, fragorosi applausi a tutti
i protagonisti e soprattutto alla voce di Maria
José Siri splendida in questa sesta
rappresentazione. Prossime repliche previste per
i giorni 3 e 8 gennaio 2017. Da non perdere.
26 dicembre 2016 Cesare
Guzzardella
Pavel Berman alla
Società dei Concerti
Nell'ultimo concerto di
quest'anno della Società dei Concerti
abbiamo avuto l'opportunità di ascoltare il
violinista Pavel Berman in un brano solistico di
grande notorietà quale il Concerto in re min.
op.47 per violino e orchestra di J.Sibelius.
Questo lavoro è stato anticipato da un altro
lavoro di Sibelius quale
la Karelia Suite
op.11 e ha preceduto il brano finale di P.
I. Čajkovskij,
la
Sinfonia n.4 in fa min. op.36. La
Sinfonieorchester Wuppertal è stata diretta
ottimamente da Jonathan Stockhammer. La cifra
qualitativa della compagine orchestrale è emersa
subito con la Karelia Suite, nota
soprattutto per il movimento
finale. In questo lavoro si rivela interamente
lo spirito musicale del compositore finlandese,
intriso di influenze folcloristiche esaltate da
un sapiente uso dei colori orchestrali. Anche
nel più noto concerto solistico le riconoscibili
timbriche del compositore, dalle tonalità calde
e scultoree per forza espressiva, sono apparse
immediate ed esaltate dalle abilità
dell'eccellente Berman, artista completo con
tecnica perfetta anche nei dettagli più ardui.
Resa complessiva eccellente. Avvincente anche il
bis solistico bachiano. Dopo l'intervallo ci è
apparsa di qualità l'esecuzione della Quarta
Sinfonia del compositore russo. Grande
successo di pubblico. Ricordiamo il prossimo
concerto di mercoledì 11 gennaio 2017 per la
serie Smeraldo con il violinista ILYA GRINGOLTS
ed il pianista PETER LAUL. Verranno eseguite
composizioni di A. Dvořàk,
L. van Beethoven e R. Strauss. Da non perdere
22 dicembre Cesare
Guzzardella
Un trio
d'eccezione per le
Variazioni Goldberg
Siamo rimasti stupiti per la
qualità interpretativa espressa dal trio d'archi
formato da Frank Peter Zimmermann al violino,
Antoine Tamestit alla viola e Christian
Poltera
al violoncello. Ieri sera alle Serate
Musicali un solo brano in programma, ma di
quale natura! Stiamo parlando delle bachiane
Variazioni Goldberg BWV 988 nella felice
trascrizione per trio d'archi del 1985 di
Dimitri Stitkovetskij. L'Aria e le 30 variazioni
composte da Bach in tarda età - aveva circa 55
anni- siamo abituati a sentirle al clavicembalo
o spesso nel moderno pianoforte. Sappiamo che le
architettoniche
polifonie
del genio di Eisenach si adattano ad ogni
strumento - l'Arte della fuga insegna!- ma
indubbiamente questa trascrizione per trio
d'archi ci è apparsa di incredibile qualità e
non ha nulla meno rispetto all'originale per
strumenti a tastiera. Anzi risulta potenziata.
Le mani di questi tre splendidi strumentisti
attraverso una timbrica "antica" e un
virtuosismo giocato su raffinatezze coloristiche
dettagliate,
nitide
e in equilibrio tra loro, hanno portato ad
un'interpretazione memorabile. Nei circa 75
minuti del brano è emersa tutta la cifra
stilistica e creativa di Bach riservandoci
ancora una volta l'assoluto musicale e il
perfetto incontro tra istinto creativo e
razionalità. Unica pecca della serata, la Sala
Verdi non affollata e con numerosi posti liberi,
ma noi ci riteniamo fortunati per avere
assistito ad un simile concerto. Da ricordare a
lungo.
20 dicembre 2016
Cesare
Guzzardella
Porgy
and Bess e
Rhapsody in Blue
dirette da John Axelrod all'Auditorium di Milano
Un successo sorprendente
quello ottenuto in questi giorni dall'Orchestra
Sinfonica Giuseppe Verdi diretta dal texano John
Axelrod. Il programma accattivante ascoltato
nella replica domenicale prevedeva un tutto
Gershwin con due lavori particolarmente noti
quali
la Rhapsody in Blue per pianoforte
ed Orchestra e la versione orchestrale di
Porgy and Bess. Nel primo lavoro il
pianista
Giuseppe Albanese ha dato sfoggio di tutte le
sue qualità virtuosistiche restituendoci una
valida esecuzione mediata dalla splendida
orchestrazione di Axelrod. Il direttore
statunitense ha da anni mostrato di possedere
affinità con la musica americana di Gershwin, di
Bernstein e di tutti quei musicisti di
provenienza
oltre oceano. La sua direzione
energica, piena di ritmo molto legata a stilemi
jazzistici, ha trovato ottimo riscontro nella
duttile orchestra milanese. Nella celebre Rhapsody il virtuosismo del pianista calabrese è
emerso con luminosa esternazione nei numerosi
interventi solistici e la sicurezza di questo
valido interprete
ha trovato un adeguato sostegno timbrico con la
sinergica orchestra. Valido il bis concesso da
Albanese con The Man I Love. Il clou
del pomeriggio domenicale è avvenuto
successivamente con la splendida interpretazione
della versione concertistica operata da
R.R.Bennett dell'opera geshwiniana Porgy and
Bess. Due splendide voci quali quelle del
soprano Adina Aaron e del baritono Michael
Redding hanno trovato completamento con la
inaspettata voce tenorile di Axelrod.
La
potenza vocale e la bellezza timbrica del
soprano è emersa subito con le note di
Summertime e ascoltando questa celebre
melodia il ricordo è andato alla recente
esecuzione scaligera dell'opera completa in
forma semiscenica avvenuta nelle scorse
settimane. Di qualità anche il baritono Redding
bravo anche attorialmente. La parte solistica di
Axelrod ci ha rivelato un' ottima voce tenorile
in un ruolo divertente e adeguato alla splendida
direzione orchestrale. Ottimo anche il Coro de
LaVerdi curato dalla bravissima Erina Gambarini.
Fragorosi gli applausi al termine e bis con
ancora il tenore Axelrod in un Auditorium al
completo. Da ricordare.
19 dicembre 2016 Cesare
Guzzardella
Il
Così fan tutte
al Teatro Coccia di Novara
Dalle moderne architetture
del restaurato Faraggiana siamo tornati, ieri
sera venerdì 16 dicembre, tra i marmi e gli
stucchi ottocenteschi del Teatro Coccia per
assistere alla prima novarese, con replica
domenica 18, del Così fan tutte.
Nell’occasione, il gioiello
mozartiano-dapontiano era una coproduzione tra
la
fondazione
Teatro Coccia e lo Spoleto festival dei due
mondi, che esordì appunto a Spoleto nell’estate
del 2015 sotto la prestigiosa direzione di James
Conlon alla guida dell’Orchestra Cherubini, per
la regia di Giorgio Ferrara e le scene di Dante
Ferretti e Francesca Lo Schiavo.
Nell’allestimento novarese sono ovviamente
rimaste le stesse la scena e la regia, sempre
quella l’orchestra, ma sono cambiati la
bacchetta, passata a Carla Delfrate e,
interamente, il cast dei cantanti. Dobbiamo
riconoscere con franchezza che da un “prodotto”
di un’officina della levatura del Festival dei
Due mondi ci saremmo aspettati qualcosina di
più. E’ ormai dato acquisito della musicologia
da qualche decennio almeno, che il “Così fan
tutte” è, al di là dell’apparenza di una
geometrica semplicità, opera misteriosa e
problematica, in cui il ‘messaggio’
illuministico esplicitamente dichiarato nel
finale, il trionfo dell’amore regolato dalla
ragione, nasconde, specie tra le pieghe della
musica mozartiana, ben più inquietanti ombre
circa la condizione umana. La regia e
l’interpretazione di questo “Così fan tutte” ci
paiono invece ignorare completamente tale
problematicità e portare in primo piano proprio
la rigorosa geometria che regola i rapporti tra
i personaggi e il corso della vicenda,
eliminando ogni zona d’ombra e di ‘non detto’.
Tutto si risolve in una piacevole commedia, con
il suo bravo lieto fine, in una sorta di scherzo
un po’ invadente di quel cinico burlone di Don
Alfonso. A questa impostazione tutto lo
spettacolo risponde con coerenza rigorosa (e
questo è comunque un merito): a cominciare
ovviamente dalla regia, che guida sapientemente
i movimenti dei personaggi sulla scena e le luci
secondo geometrie perfette, piacevoli a vedersi.
A proposito di movimenti, non abbiamo capito
bene la scelta da parte di Ferrara di schierare
il coro, in due occasioni, in platea davanti
alla prima fila, a contatto diretto col
pubblico: chi scrive, che sedeva nelle prime
file, ha avuto la ventura di vederglisi parare
dinanzi un voluminoso soprano che gli ha
oscurato il palcoscenico per alcuni minuti…
Piacevole a vedersi, ma piuttosto generica e
scontata la scenografia: belli i costumi, bello
senz’altro il fondale fisso con la visione di un
porto (ricordiamo che la storia si svolge a
Napoli), mentre i due lati della scena sono
rappresentati da alte pareti con ampie aperture
che di volta in volta diventano finestre chiuse
o quadri, a seconda che la scena si svolga in un
interno o in un esterno: tutto ben curato,
certo, tutto gradevole all’occhio, certo, ma da
questa messinscena non ci pare vengano
particolari suggerimenti sul significato di
quanto avviene sul palcoscenico. Fra i cantanti
ci sono piaciuti molto, sia per le qualità
musicali, sia per quelle interpretative Carlo
Lepore, gran bella voce di basso ed eccellente
don Alfonso e Lavinia Bini, maliziosa e
simpatica Despina, dal bel timbro sopranile da
opera buffa. Un giudizio più che positivo e’
dovuto alla Dorabella di Lucia Cirillo, soprano
con estensione vocale e timbro mezzosopranile,
dal bel canto fluido, con ottimi legati, centri
sicuri e buoni acuti, il tutto unito a ottime
doti di attrice. Altrettanto bene se l’è cavata
il baritono tedesco Thomas Tatzl nella parte di
Guglielmo, mentre avremmo qualche riserva sulla
pur applauditissima Arianna Vendittelli,
giovanissimo soprano nel ruolo di Fiordiligi:
dopo un inizio un po’ incerto ha sicuramente
preso coraggio, migliorando la sua prestazione
ed esibendosi in qualche buon numero (ben
cantata l’aria “Come scoglio immoto resta” nel
secondo atto), ma ha centri un po’ fragili e
troppe volte forza gli acuti: sta studiando con
la grande Mariella Devia, sicuramente
migliorerà. Neanche il tenore turco-austriaco
Ilker Arcayurek (Ferrando) ci ha convinto
troppo: non ha un bel timbro vocale e anche la
proiezione di voce non è un granché. Ci è parso
anche talvolta un po’ impacciato
nell’interpretazione scenica della parte. Sicura
e precisa la direzione della Delfrate, che ha
fatto suonare bene l’ottima Cherubini,
valorizzando dinamiche e timbri della partitura,
accompagnando con efficacia i cantanti. E
finalmente un bel coro (quello del Teatro
municipale di Piacenza, diretto dal maestro
Corrado Casati) al Coccia!! Alla fine dei due
atti il teatro stracolmo è esploso in un
lunghissimo applauso, richiamando più volte
cantanti, direttore, regista e scenografi sul
palcoscenico. Un gran successo!
17 dicembre 2016 Bruno Busca
La Mitteleuropa
Orchestra al Faraggiana di Novara
Ieri sera, mercoledì 14
dicembre, al Faraggiana, si è conclusa la fase
autunnale della stagione sinfonica del novarese
Festival Cantelli (ci sarà una ripresa ad
Aprile, che vedrà, tra l’altro, il pianista
novarese Simone Pedroni nelle vesti di direttore
dell’orchestra milanese “G. Verdi”).
L’Associazione “Amici della musica”, meritoria
promotrice da quasi quarant’anni del Festival
Cantelli, aveva programmato per l’occasione un
impaginato che definiremmo “a contrasto”: nel
primo tempo della serata la musica tutta melodia
di evidente origine belcantistico-italiana e
acrobazie stellari sulle quattro corde del
Concerto per
violino
e orchestra in Re maggiore n.1 op.6 di
Paganini (il suo concerto in assoluto più
celebre ed eseguito); dopo l’intervallo il mondo
sonoro fatto di sottile ricerca strutturale e
armonico-timbrica della Renana, s’intende
la Sinfonia n.3 op.97 in Mi bem. Maggiore
di R. Schumann. A intrepretare i due gloriosi
monumenti musicali era chiamata dal Friuli
Venezia Giulia la Mitteleuropa Orchestra, sotto
la guida di Giovanni Pacor, che ne è dallo
scorso anno il direttore musicale. L’arduo
compito del solista per il concerto paganiniano
spettava a Giovanni Angeleri, che forse non gode
in Italia di tutta la fama che gli spetterebbe,
anche in considerazione del fatto di essere uno
dei tre soli italiani che in cinquantanove anni
(!) si sono aggiudicati il primo premio al
Concorso violinistico Paganini di Genova. E’
evidente che per una partitura come il concerto
in questione l’interpretazione coincide senza
residui con l’abilità tecnica e Angeleri ne ha
da vendere: abbiamo ancora negli occhi il
movimento di rapidità più che umana, “lisztiana”
oseremmo dire, delle sue dita nel primo tempo
del concerto, a sgranare trascendentali
cromatismi in prossimità del ponticello, o a
produrre armonici artificiali ai limiti
dell’immaginabile, per non parlare delle
restanti diavolerie tecniche del violino, messe
in campo da Paganini in questa partitura.
Sottolineeremmo piuttosto la bella qualità della
cavata di Angeleri, dal suono brillante ed
energico, da apprezzare sia nei sovracuti, sia
nel vibrato, ricco, ma con classica misura nel
cantabile centrale. Trascinato dalla sua
straordinaria energia, Angeleri ha “pizzicato”
fuor di luogo in due occasioni una corda del suo
strumento e la perfetta acustica del Faraggiana
lo ha denunciato impietosa, ma davvero nessun
ascoltatore oserebbe dar peso a simili
‘incidenti’, frutto non di imperizia, ma di
generosità, che il pubblico ha ricambiato con un
lunghissimo applauso dopo il bis , un Capriccio
di Paganini. Le qualità della Mitteleuropa
Orchestra e del suo direttore hanno avuto la
loro piena verifica solo con la Renana, essendo
il ruolo dell’orchestra nel concerto di Paganini
ridotto a poco più che introduzione e
accompagnamento, svolti comunque con precisione
e ottima sintonia col solista. Pacor è direttore
dal gesto ampio e preciso, efficace nel
valorizzare i colori e la timbrica della
partitura e nel rendere trasparenti le diverse
linee strumentali. Ne è risultata una Renana dai
colori smaglianti, con i fiati animati da un
vigore sonoro bello all’ascolto. Pacor, ci pare,
nella scelta dei tempi ha privilegiato di
Schumann l’anima di Florestano, quella
passionale e impetuosa, dando tempi molto
rapidi: anche il Feierlich del quarto movimento
aveva poco della lentezza sospesa del corale,
come siamo abituati ad ascoltarlo. E’ stata in
ogni caso una bella esecuzione, che ci ha
consentito di conoscere un’orchestra ben
preparata, formata da strumentisti
prevalentemente giovani, ma già
professionalmente maturi, che meritano i più
calorosi complimenti, giustamente tributati da
un pubblico che una simile serata di musica
avrebbe meritato più numeroso.
15 dicembre 2016 Bruno Busca
Dal 14 dicembre "IL
MONDO DELLA CHITARRA” a Novara
Il 14 dicembre alle ore 21 il
concerto del chitarrista Andrea De Vitis
proporrà musiche di Castelnuovo-Tedesco, Tansman,
De Biasi.Torna infatti , rinnovato ma al tempo
stesso fedele ai propri ideali, il festival
chitarristico “IL MONDO DELLA CHITARRA”, che
accanto alle masterclass affidate a docenti
d’eccezione,
propone concerti di alta qualità, come sempre
proposti ad ingresso libero per tutti gli
appassionati. Queste, a tal proposito, le
dichiarazioni del Direttore del “Cantelli”, il
Prof. Renato Meucci: “Il “mondo della chitarra”
giunge alla sua 12esima edizione presentandosi
quale appuntamento di sicuro interesse tra le
varie iniziative dedicate all’Italia a questo
strumento musicale ad un tempo popolare e colto,
simbolo di modernità e di gioventù”.Quest’anno,
come sottolinea Guido Fichtner, ex docente del “Cantelli”
e organizzatore e coordinatore della rassegna,
“il programma è particolarmente attento ai
giovani: avremo tre chitarristi italiani,
straordinari talenti, che stanno letteralmente
sbancando i Concorsi internazionale di tutto il
mondo. Andrea De Vitis, vincitore del primo
premio al 2016 Guitar Master Wroklav in Polonia;
Giulia Ballaré vincitrice dell’ “International
Wettbewerb Forum Guitar” 2016 di Vienna; Davide
Giovanni Tomasi, vincitore tre giorni fa del
Tokio International Competition.
Prossimamente al
Teatro Civico di Vercelli il pianista Filippo
Gamba per un tutto Beethoven
Il primo concerto della
sezione cameristica 2016-2017 che avrà luogo
sabato 17 dicembre 2016 alle ore 21.00 presso il
TEATRO CIVICO di Vercelli ospiterà come
protagonista il pianista FILIPPO GAMBA. In
programma la seconda parte dell’integrale delle
Sonate per pianoforte di Beethoven. Da non
perdere.
dalla redazione 12 dicembre
2016
Un tutto
Beethoven per LaVerdi
con Roberto Cominati e le prime parti
dell'orchestra
Il programma proposto dalla
Sinfonica Verdi in Auditorium e dal
direttore Zhang Xian in questi giorni è stato
particolarmente interessante: un tutto Beethoven
che vedeva al centro il Triplo Concerto per
violino, violoncello e
pianoforte
circondato dalle due celebri Romanze per
violino e orchestra, le op.40 e 50
e in coda la Quarta Sinfonia. Interpreti
delle valide esecuzioni, oltre la Xian e
l'Orchestra, il violinista Nicolai Freieherr von
Delligshausen per le Romanze, il violino di Luca
Santaniello, il violoncello di Shirai Grigolato
e il pianoforte di Roberto Cominati per il
Triplo concerto op.56. Esecuzione molto
"italiana" nelle timbriche per le romanze: molto
bravo nel colore Freieherr von Delligshausen,
primo violino de "LaVerdi", specie nella
notissima
Romanza
in sol maggiore op.40. Il Triplo Concerto,
di esecuzione non frequente, è un lavoro tipico
del Beethoven più "eroico", come la più eseguita
Kreutzer o il Concerto "Imperatore".
Particolarmente riuscita la resa concertata del
Trio con il violino di Santaniello e il
violoncello di Grigolato
- entrambi prime parti della Sinfonica Verdi -in
perfetta intesa con il delicato e lirico
Cominati al pianoforte. Valida la resa
coloristica anche de "LaVerdi" e naturalmente di
qualità la direzione della Xian. Positiva sotto
ogni profilo l'esecuzione della Quarta Sinfonia
beethoveniana. Domani alle ore 16.00 ultima
replica. Da non perdere.
10 dicembre2016 Cesare
Guzzardella
Francesco Granata
vincitore del Premio 2016 del Conservatorio "G.Verdi"
Conosco musicalmente
Francesco da quando, non ancora undicenne, ha
messo le mani sul pianoforte in un'aula
scolastica. Le doti tipiche del "bambino
prodigio" sono emerse subito. L'ho ascoltato in
concerto alcuni anni dopo in
Mozart
e Beethoven e da allora i continui progressi si
sono succeduti rapidamente. Adesso, a 18 anni
compiuti il mese scorso, con un diploma di
Conservatorio ottenuto a 17 anni con il massimo
dei voti e la lode, Granata ha vinto il
Premio 2016 del Conservatorio milanese quale
migliore studente nel suo strumento. Merita
pienamente questo premio e probabilmente
darà lui una soddisfazione maggiore dei numerosi
Concorsi minori, ma comunque importanti, vinti
in questi anni. Ieri sera in Sala Puccini, la
sala piccola del Conservatorio milanese ,
davanti a qualche centinaio di spettatori ha
eseguito in occasione della vittoria, un
programma particolarmente variegato che spaziava
dal primo Settecento di Domenico Scarlatti al
primo Novecento di Claude Debussy passando per
Beethoven e per Brahms. Dopo la breve
presentazione della direttrice del Conservatorio
Cristina Frosini è iniziato il concerto con un
programma degno di pianisti affermati e in età.
Suona molto bene Francesco e in molti brani
stupisce. La Sonata in si minore K 27 di
Scarlatti ha evidenziato la sua dolcezza di
tocco assistita da una sicura presa nella
tastiera.
Il
Beethoven della Sonata n.31 in la bem.
maggiore op.110, la penultima delle sonate
del grande tedesco, ci è piaciuta molto anche se
il brano è in genere affrontato da pianisti
"maturi" essendo il lavoro tra i più difficili e
di grande spessore per ogni interprete. Il suo
Beethoven dal tocco delicato e tondo ha dato una
dolcezza al lavoro forse troppo eccessiva e i
contrasti tipici del Beethoven più maturo sono
emersi parzialmente. Abbiamo trovato un netto
cambiamento in termini di sicurezza e
disinvoltura dalle virtuosistiche Variazioni
su un tema di Paganini op.35 (libro secondo)
di Johannes Brahms in poi. Come spesso accade ai
giovani pianisti, la resa estetica,
avvicinandosi al Novecento, è migliore mentre la
lettura interpretativa dei classici,
apparentemente più facili tecnicamente, diventa
più ardua. La maggior parte delle difficili
variazioni ci sono apparse eseguite con alto
livello tecnico-espressivo e la sicurezza
esecutiva è stata premiata da un controllo della
tastiera perfetto ed equilibrato che ha portato
al termine a fragorosi applausi da parte del
numeroso pubblico. La seconda parte del concerto
è iniziata con una Ballata di Chopin, la
n.1 in sol minore op.23, brano
che Granata esegue da molti anni. L'esperienza
consolidata di Francesco in questo brano è
apparsa immediatamente. Splendida l'esecuzione
con un andamento meditato e coloristicamente
molto bello che ci ha fatto dimenticare la
giovane età dell'interprete. Anche i due lavori
che hanno concluso il programma ufficiale sono
risultati di elevata qualità: La cathédrale
engloutie e Feux d'artifice dai
Preludi di Claude Debussy. Il compositore
francese è congeniale a Francesco. La bellezza
delle timbriche e l'equilibrio delle parti ci ha
ancora sorpreso e anche in questo caso il
pubblico ha dimostrato lunghi apprezzamenti. Una
sorpresa il bis concesso con un intenso e dolce
brano di Ennio Morricone che ci ha rimandato ad
un'infinità di immagini cinematografiche. Da
ricordare a lungo e da seguire con attenzione.
5 dicembre 2016 Cesare
Guzzardella
Maria João Pires al
Teatro alla Scala
Una delle massimi interpreti
classiche è ancora una volta arrivata al Teatro
alla Scala in occasione del 225° anniversario
della morte di Mozart. L'impaginato classico
prevedeva nella prima parte del concerto due
celebri sonate del salisburghese, la Sonata
n.12 in fa maggiore K.332 e la Sonata
n.13 in si bem. maggiore K. 333. Dopo
l'intervallo l'altrettanto nota Sonata n.21
in si bem. maggiore D 960 di Schubert, un
capolavoro della letteratura pianistica
che
conclude il ciclo sonatistico schubertiano.
Avevamo ascoltato quest'anno la Pires in
Conservatorio dove oltre a uno Schubert per
pianoforte a quattro mani -D 947 e D 940 con la
bravissima pianista armena Lilit Grigoryan-
aveva eseguito il Beethoven della sconvolgente
Sonata op.111. Rimaniamo della stessa
opinione: la Pires
è una pianista di altissimo livello,
traduce Mozart con rilevante profondità
espressiva, lo edulcora da ogni componente
settecentesca e porta il genio di Mozart verso
l'Ottocento beethoveniano con un classicismo
profondo e ricco di dolci contrasti. Il suo
fraseggiare scorrevole, spesso rapido non toglie
nulla a l'elemento riflessivo e di pensiero
autentico. In tutte e due le sonate, quasi un
"unicum discorsivo" ha trovato un suo equilibrio
coerente senza eccedere laddove altri
altrettanto grandi interpreti trovano soluzioni
di maggior contrasto. Splendido anche il suo
Schubert sempre all'insegna dell'espressività
mediata da un dosaggio dinamico raffinato e
meditato. Di particolare intensità il secondo
movimento, un Andante sostenuto
essenziale, con pause riflessive sconvolgenti.
Più nella norma gli ultimi due movimenti. Il
pubblico attento e rispettoso e anche con molti
giovani, ha dimostrato di apprezzare la Pires
esprimendo al termine fragorosi applausi.
Stupendo per equilibrio e nitore il breve bis
con una Bagatella di Beethoven, l'op.126
n.5. Da ricordare a lungo.
4 dicembre 2016 Cesare
Guzzardella
Un concerto a Novara nello
spazio teatrale del Faraggiana
Nel nuovo e moderno spazio
teatrale del Faraggiana, finalmente riaperto a
Novara dopo anni di lavori di restauro, abbiamo
assistito, ieri sera 30 novembre, al secondo
concerto sinfonico della nuova stagione (la
XXXVI)) del Festival Cantelli, organizzato dalla
gloriosa associazione Amici della musica
Vittorio Cocito, di cui ricorre quest’anno il
settantesimo anniversario della fondazione.
Oltre al prestigio della benemerita
associazione, ci ha attirato anche il programma
della serata, impaginato su brani di rara
esecuzione e di raffinata bellezza: la Petite
Symphonie per soli fiati di Ch. Gounod, le Otto
miniature strumentali di Stravinsky e il Piccolo
Concerto per Muriel Couvreux per pianoforte e
orchestra da camera di L. Dallapiccola (e
finalmente un po’ di ‘900 musicale a Novara, è
il caso di dire…). Precedeva i pezzi elencati,
aprendo il concerto, una trascrizione per fiati
e contrabbasso dell’Andante con moto
dell’Italiana di Mendelssohn, opera del
direttore d’orchestra della serata, Pieralberto
Cattaneo, che accompagna alla direzione
orchestrale anche una varia attività di
compositore, docente, musicologo. Alla sua
bacchetta erano affidati i giovani strumentisti
dell’Orchestra ISSM “Donizetti” (in sostanza, il
Conservatorio) di Bergamo, che da qualche anno
si viene esibendo su diversi palcoscenici
italiani, offrendo a giovani studenti di
Conservatorio la possibilità di una preziosa
esperienza al di fuori dei tradizionali percorsi
di studio .E dall’operoso vivaio bergamasco
proveniva anche il giovanissimo pianista, Marco
Cuoghi, solista nel concerto di Dallapiccola.
Siamo felici di dichiarare che questa di Bergamo
è una delle migliori orchestre di quelle da noi
ascoltate, tra quelle giovanili dei vari
Conservatori italiani. La valida direzione di
Cattaneo l’ha resa un organismo compatto e ben
coordinato nelle dinamiche e nella timbrica,
capace di cavarsela ottimamente anche nei
momenti ‘tecnicamente’ più complessi, come gli
accenni a sviluppi canonici nelle “Miniature”
stravinskyane o la densità strutturale del
concerto di Dallapiccola, senz’altro il pezzo
più impegnativo della serata. Perdoniamo più che
volentieri a questi bravissimi strumentisti
qualche piccolo incidente: qualche entrata non
proprio precisa di flauti e oboi nella
trascrizione da Mendelssohn o la fragorosa
caduta, in piena esecuzione, di un piatto
sospeso…La preparazione, l’impegno, la serietà
di questi giovani aprono il cuore di chi ama
quest’arte meravigliosa alla speranza che essa
abbia ancora un futuro di qualità anche nel
nostro Paese. Il momento migliore della serata è
stato a nostro avviso senza dubbio il Piccolo
concerto di Dallapiccola. Le sue caratteristiche
essenziali sono la suggestiva limpidezza degli
impasti strumentali e il delicato dialogo, entro
un sistema ancora diatonico, tra orchestra e
solista. Qui tutti hanno dato il meglio, sotto
la sapiente direzione di Cattaneo: archi e fiati
precisi negli attacchi, vigorosi e puliti nel
suono, con un ottimo Cuoghi alla tastiera:
giovane già in possesso di buona tecnica,
esibita negli incroci e nei salti di ottava
frequenti nella partitura, ha un tocco
piacevole, trasparente e brillante, di notevole
vigore. Una promessa? Crediamo di sì:
lasciamogli il tempo per maturare. Per quanto
riguarda gli altri titoli dell’impaginato,
abbiamo apprezzato la gaia solarità di Gounod,
mentre ci è parso un po’ spento e talora troppo
lento nella scelta dei tempi il gioiellino di
Stravinsky. La trascrizione da Mendelssohn, che
concentra la partitura soprattutto su oboe e
fagotto, è un ‘esperimento’ senz’altro
interessante, ma la soppressione degli archi
impoverisce troppo la delicata tessitura
timbrica dell’originale. Dopo il bis ( la
ripetizione dell’ultimo tempo del Piccolo
concerto di Dallapiccola), i giovani della
“Donizetti” e il loro direttore hanno riscosso
la meritata dose di applausi di un pubblico
abbastanza numeroso, grato per la bella serata
di musica.
1 dicembre 2016 Bruno Busca
Prossimamente a Vercelli un
concerto a favore della ricerca contro il cancro
Sabato 10 dicembre 2016 al
Teatro Civico di Vercelli alle ore h 21.00 si
terrà un concerto a favore della ricerca contro
il cancro dal titolo "Due generazioni, mille
rinascite" con Guido e Giulia Maria Rimonda. Il
programma prevede: J.
Mazas - Duetto n.7 in re
maggiore - n.12 in fa maggiore op.38 ; I. Pleyel
- Duetto n.2 in sol maggiore op.8 G.B ; Viotti -
Duetto n. 1 op. 35; C. De Beriot - Duetto n.1
op.113. Poiché arricchisce la vita, la bellezza
non è mai inutile. Ma quando, come nel caso del
concerto previsto al Teatro Civico di Vercelli
per sabato 10 dicembre (ore 21), riesce a darsi
anche un obiettivo nobile e concreto, capace di
entrare nella vita di ogni persona, la sua
funzione diventa ancor più necessaria. Non sarà
dunque solo un piacere, ma anche un gesto di
grande civiltà e sensibilità, assistere a Due
generazioni, mille rinascite, la serata che
vedrà protagonisti - ed è davvero un evento
molto raro nella storia della musica - padre e
figlia: lui è Guido Rimonda, stella del
violinismo contemporaneo nonché solista
residente del Viotti Festival, lei è la
quattordicenne Giulia Maria, figlia d'arte dal
talento limpidissimo e dalla già chiara,
esuberante personalità.
1 dicembre 2016 dalla redazione
NOVEMBRE 2016
Il
Quartetto di Cremona
ha terminato l'integrale dei quartetti
di Mozart
Ieri sera per la "Società
del Quartetto" il Quartetto di Cremona ha
concluso l'integrale dei quartetti mozartiani.
L'esecuzione in ordine cronologico dei 23
quartetti
del grande salisburghese, tra le più
significative di questi ultimi decenni, ha messo
in luce le qualità incredibili del genio di
Mozart. Ieri è stata la volta del Quartetto
Hoffmeister e dei tre Quartetti
prussiani rispettivamente i K.499, K575,
K589, K 590. Composti tra il 1786 e il 1790,
rappresentano gli ultimi tangibili segni del
Mozart più maturo. Come detto recentemente
constatiamo l'estremo equilibrio dei quattro
solisti che senza un momento di cedimento
riescono a trovare un' interpretazione sempre di
altissimo livello. L' eccellenti esecuzioni sono
opera di Cristiano Gualco e Paolo Andreoli ai
violini, di Simone Gramaglia alla viola e di
Giovanni Scaglione al violoncello. L'efficace
equilibrio dinamico del gruppo, la chiarezza
delle esposizioni melodico-armoniche dei quattro
archi, hanno ancora una volta strappato lunghi
applausi al termine in Sala Verdi tanto da
rendere rilevante il bis concesso al con l'Ave
verum corpus di Mozart in un'ottima
trascrizione per quartetto d'archi. Integrale da
ricordare a lungo
30 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
Il violoncellista
Maximilian Hornung diretto da Jader Bignamini
all'Auditorium di Milano
La presenza dell'ottimo
violoncellista tedesco Maximilian Hornung per
il Concerto per cello e orchestra di Dvořàk
ha reso di grande qualità il concerto ascoltato
domenica pomeriggio in replica. Il programma
prevedeva oltre al celebre brano solistico anche
una selezione dalle Danze slave ( op. 46 n.
1, 3,
5,
7- op. 72 n. 2 e 7) sempre di Antonin Dvořàk
e la nota La Moldava di
Bedřich
Smetana. L'Orchestra Sinfonica
Verdi diretta da Bignamini ha dimostrato ancora
una volta di possedere potenziali molto elevati
e le esecuzioni nelle mani di Bignamini hanno
raggiunto traguardi di alto livello. Il valore
aggiunto della parte solistica di Hornung nell'Op.104
in si minore si è dimostrato notevole. Il
violoncellista possiede tutte le qualità che un
interprete che abbraccia questo strumento deve
avere: sicurezza, tocco preciso con intonazione
perfetta ed espressiva restituzione virtuosistica
dopo completa interiorizzazione del materiale
sonoro. Il lavoro del musicista ceco, tra i
maggiori e più belli del
genere - insieme a quello di Schumann- ha
trovato coerente equilibrio nelle mani di
Hornung e in quelle con bacchetta di Bignamini.
Le difficili difficoltà tecniche in molti
frangent i
sono state ampliamente superate dalle qualità di
questo solista. Interpretazione quindi di grande
spessore. Valido il bis solistico con un Bach
dalle Suite per violoncello solo. Ottime
le esecuzioni della nota La Moldava e delle
Danze slave. Successo di pubblico in una sala
stracolma.
28 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
Ultime recite per
Le Nozze di Figaro
scaligere
Il nuovo allestimento
scaligero delle mozartiane "Le Nozze di Figaro
", a trentacinque anni dalla storica e gloriosa
messinscena di Giorgio Strehler, sta per
giungere al termine. Domenica 27 novembre ultima
replica di un lavoro
all'insegna
della tradizione. Nella nona rappresentazione
vista ieri sera abbiamo trovato un buon secondo
cast vocale nelle voci principali di Simon
Keenlyside, Conte d'Almaviva e di Julia
Kleiter -in sostituzione della Damrau
indisposta-, la Contessa d' Almaviva.
(foto Archivio della Scala) Di qualità Golda
Schultz in Susanna, Markus Werba in
Figaro, Anna Maria Chiuri in Marcellina.
Segnaliamo l'ottima interpretazione di
Marianne Crebassa in Cherubino, una voce
chiara, corposa e ricca di dettagli già presente
nelle altre rappresentazioni. Ben equilibrata la
pacata direzione dell'austriaco Franz
Welser-Möst, ottimo il coro di Casoni.
Accettabile la regia di Frederic Wake-Walker con
trovate discutibili nella presenza dell'anziano
sonnacchiso suggeritore e di mimi vestiti di
nero con movenze da sfilata di moda. Minimali le
scene e tradizionali i costumi settecenteschi di
Antony McDonald. Valide le luci di Fabiana
Piccioli.
25 novembre C.G.
La violinista Janine
Jansen per il "Quartetto"
Era già venuta in
Conservatorio nel 2008 e nel 2010 per la
Società del Quartetto la bella violinista
olandese Janine Jansen. La ricordiamo anche per
una splendida Partita n.2 con relativa
Ciaccona di Bach nel 2008. Insieme al pianista
Alexander Gavrylyuk ieri sera la Jansen ha
tenuto un concerto di grande
rilevanza
musicale. Il programma non facile, dove la
componente novecentesca era dominante, prevedeva
brani di Brahms, Poulenc, Szymanowski e Prokof'ev.
La terza Sonata (1888) di Brahms, l' Op. 108
in re minore, ha introdotto il concerto.
L'ottimo impatto sonoro iniziale della sonata
più celebre del grande ungherese ha sottolineato
subito la rilevante valenza cameristica del duo
dove anche il pianoforte, tecnicamente
ineccepibile, con timbriche calibrate, pedale
giusto e grande rispetto d'insieme, ha svolto
ottimamente la sua parte. Il violino Stradivari
della Jansen ci è sembrato con timbriche ricche
ma non particolarmente voluminoso. Il
virtuosismo è emerso da un'interprete che ha
penetrato intensamente Brahms con esternazioni
di tocco e di timbro di altissimo livello. Il
riconoscimento dei dettagli è avvenuto in modo
chiaro grazie all'equilibrio d'insieme
perfettamente calibrato, cosa non facile nella
musica dell'ultimo romanticismo. Il secondo
brano in programma, la Sonata per violino e
pianoforte op.119 di Francis Poulenc ha
ancora di più accentuato lo spessore
interpretativo della Jansen.
L'esuberante
impatto timbrico iniziale è stato sostenuto in
modo grintoso dai due strumentisti e i momenti
di più pacata resa espressiva, tutta francese,
hanno portato ad un'esecuzione splendida, forse
la migliore dell'avvincente concerto. Dopo il
brano datato 1942-43 del francese, siamo tornati
indietro al 1915, con un lavoro in tre parti del
polacco Karol Szymanowski. Mytes, tre poemi
Op.30, ispirato dall'antica
Grecia, era stato composto dal musicista
-eccellente pianista- per un celebre virtuoso
violinista, Pawel Kochanski, e questo si rivela
sin da subito per le difficoltà tecniche che i
tre brani comportano. Bravissima la Jansen nel
superare ogni dettaglio tecnico con grande
facilità, anche incredibili successioni di
sopracuti e di armonici ottenuti toccando appena
le corde. Ottima l'interpretazione. L'ultimo
brano in programma, la nota Sonata in re
maggiore op.94a di Sergej Prokof'ev , ha
concluso in bellezza l'impaginato ufficiale.
Valida l'interpretazione anche se, a mio avviso,
una certa visione ancora tardo romantica, ha
sovrastato il più geometrico e preciso
neo-classicismo che il lavoro del 1943-44 del
grande russo comporta. Di altissimo rilievo i
due bis concessi con un brano di De Falla, “Nana”
dalle "Sette canzoni popolare spagnole", e
uno di Ravel, "Pezzo in forma di Habanera"
eseguiti in modo mirabile. Fragorosi applausi al
termine in una Sala Verdi con posti liberi ma
piena di giovani venuti per la bravissima e
bellissima Jansen. Da ricordare a lungo.
23 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
Milano
Musica
termina al Teatro alla Scala
La ressegna di musica
Milano Musica, quest'anno dedicata al
compositore francese Gèrard Grisey è terminata
con il concerto di ieri sera al Teatro alla
Scala davanti ad un numeroso pubblico di
appassionati. Il successo della
venticinquennale
manifestazione musicale, quest'anno senza la
storica fondatrice Luciana Pestalozza, - la
serata era dedicata a lei e a Claudio Abbado- è
risultato comunque ottimo, con sale
particolarmente gremite e luoghi inusuali come
il Planetario, l'HangarBicocca, ecc. stracolmi
di ascoltatori. Ieri un programma articolato
prevedeva tre lavori di compositori francesi: da
L'Icone paradoxale di Grisey, a Les
Offrandes oubliées di Olivier Messiaen, al
noto Daphnis et Chloé (Suite 1 e 2) di
Maurice Ravel. La non facile musica di Grisey ha
trovato sul palcoscenico due ottime voci
soliste: quelle del soprano Anu Komsi e del
mezzo-soprano Ursula Hesse von den Steinen . Le
linee melodiche vocali sono in questo brano
supporto essenziale per lo sviluppo armonico e
timbrico del medesimo. La rilevante componente
percussiva e i contrasti delle sezioni
orchestrali creano un livello di timbriche ad
alto impatto sonoro e particolarmente
suggestivo. Accurata la direzione di Stefan
Asbury. Cambio di registro nel secondo brano in
programma con il lavoro
giovanile di Messiaen datato 1930. Questa
meditazione sinfonica per orchestra è
risultata particolarmente caratterizzante della
sua poetica. L'introduzione più "tradizionale",
lo sviluppo contrastato ed il finale etereo e
contemplativo tipico del Messiaen più
conosciuto, hanno avuto riscontri nella
bellissima interpretazione della Filarmonica
della Scala e nell'avvincente direzione di
Asbury. Rilevante il brano conclusivo di Ravel,
datato 1911 e 1913 e anticipatore di molte
sonorità moderne e contemporanee. Fragorosi
applausi al termine.
22 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
Timbri di sassofoni tra le
stelle del Planetario milanese
Perfettamente in sintonia
"Intonare la luce", titolo della rassegna di
musica contemporanea dedicata a Gérard Grisey,
con il concerto del Vagues Saxophone Quartet
tenuto al Civico Planetario Ulrico Hoepli
ieri alle 19.00 (in replica alle 21.30). Il
concerto prevedeva un' integrazione scientifica
di Fabio
Peri
dal titolo Luce: una scoperta, un viaggio,
una scienza. Osservando il cielo stellato
nel buio della bella costruzione dell'architetto
Piero Portaluppi, abbiamo ascoltato quattro
brani: Anubis et Nout (1990), due pezzi
per sax basso o baritono del francese Grisey,
Xas (1987) per quartetto di sassofoni del
greco Iannis Xenakis, Kic (2015-16 in
prima esecuzione assoluta) per quartetto di sax
dell'italiano Gabriele Cosmi ed infine
Mysterious Morning II (1996-2000), ancora
per quartetto di sax ,del giapponese Fuminori
Tanada. I brani particolarmente diversi tra loro
hanno come punto in comune la ricerca timbrica
giocata sulle infinite possibilità sonore dei
sassofoni. In una gamma di estensioni amplissima
abbiamo ascoltato i suoni acuti del sax soprano
di Andrea Mocci, quelli meno alti del sax tenore
di Mattia
Quirico,
per arrivare a suoni di media altezza del
contralto di Francesco Ronzio sino a quelli più
bassi del baritono di Salvatore Castellano.
Tutti eccellenti gli strumentisti e tutti con
una grande visione d'insieme. Decisamente più
adeguati all'ambientazione scenica del cielo
stellato gli ultimi tre brani, l'architettonico
lavoro di Xenakis e i "cosmici" impasti sonori
di Cosmi e Tanada. Nel complesso una serata
particolarmente riuscita dove le suggestioni
sonore dei brani sono state mediate dalle
luminose e stellari parole di Fabio Peri.
Successo di pubblico in un planetario stracolmo
di appassionati.
20 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
Porgy and Bess al Teatro
alla Scala
George Gershwin stesso definì
Porgy and Bess una "folk-opera" per via
dell' immensa quantità di melodie -prima fra
tutte Summertime- che nel corso dei
quattro atti vengono cantate con quello stile
popolare ricco di spirituals, gospel, blues,
worksong, che rendono questo capolavoro musicale
celebre in tutto il
mondo.
La prima esecuzione dell'opera nel 1935 a
Broadway ebbe anche giudizi negativi da parte di
quei critici che trovavano nel lavoro elementi
leggeri tipici dell'operetta d'intrattenimento.
È invece proprio nelle splendide melodie che
abbiamo ascoltato interpretate da un cast vocale
eccellente, e dagli splendidi intrecci
orchestrali, esaltati ieri sera da un'
eccellente orchestra scaligera diretta benissimo
da Alan Gilbert, che troviamo l'autentico
capolavoro. Dal punto di vista del "folclore"
troviamo una corrispondenza con l'ancor più
celebre francese Carmen. Anche nel lavoro
di Bizet le melodie presenti sono "popolari",
derivano dalla "canzone" e danno lustro
all'opera più rappresentata al mondo. In ambito
statunitense un lavoro assimilabile per
contenuti ed ambientazione popolare è West
side story di Leonard Bernstein. La
rappresentazione semi-scenica di Porgy and Bess
di questi giorni - ieri nella quarta
rappresentazione il Teatro alla Scala era al
completo- è dovuta allo strano impedimento
voluto della Fondazione Gershwin per una
messinscena completa.
Comunque
la resa semi-scenica con costumi, coro scaligero
sul palcoscenico, immagini video che
completavano la scena, effetti di luce ecc., è
stata esaustiva per una resa eccellente che
rimane tra le cose migliori della Stagione
scaligera 2015-2016. Premesso che è la globalità
delle parti in gioco che ha reso valido lo
spettacolo, se dobbiamo separare le parti
diciamo che in ordine di eccellenza troviamo a
parità la componente corale di Bruno Casoni e il
cast vocale ( foto dell'Archivio Teatro alla
Scala) Dei solisti ricordiamo il basso Morris
Robinson, un robusto ed incisivo Porgy,
il soprano Kristin Lewis, una bravissima Bess,
anche attorialmente (anche come ballerina!), con
ottima voce nei registri medio bassi ma a volte
raschiante nei toni alti, il tenore Chauncey
Packer, un perfetto "leggero" Sporting Life,
il soprano Mary Elizabeth Williams, una
Serena piena di swing perfetta per il suo
ruolo, il baritono Lester Linch, un Crown
con voce determinata e imperativa quale il ruolo
comporta, il soprano Angel Blue, una splendida e
delicata Clare, mirabile in Summertime;
ottime nelle loro parti il contralto Tichina
Vaughn e il mezzo-soprano Donovan Singletary e
bravi gli altri. Avvincente l'orchestrazione di
Alan Gilbert e valide le immagini-video di
Kaufmann-Grün che spesso rendono più completa la
semi-scena. Tra gli strumentisti segnaliamo la
mirabile prestazione al banjo di Davide Laura.
Ricordiamo le prossime repliche per il 20- 22 e
23 novembre. Da ricordare a lungo.
19 novembre 2016 Cesare Guzzardella
Gabriele Carcano per
la
Società del Quartetto
Il variegato programma
presentato dal pianista torinese Gabriele
Carcano ancora una volta ha alternato brani
classici, romantici ed impressionistici. Il
Beethoven
della Sonata in Mi minore op.90 ha
iniziato il concerto seguito dal Brahms delle
Sedici variazioni su un tema di Schumann op.9
e dallo Scherzo op.4 .Nella seconda
parte del concerto quattro Sonate di
Scarlatti ( K 1-197-278-492) hanno introdotto
Claude Debussy con Estampes, Masques e la
nota L'isle Joyeuse. Dal punto di vista
tecnico Carcano è un pianista molto valido
proveniente da una scuola musicale classica
seria e preziosa, quella dei Lucchesini,
Ciccolini,
Angelich
e Bucquet. Ha vinto anche importanti Concorsi
Internazionali. Abbiamo riscontrato in tutti i
brani un corretto uso dei pedali per definire
dinamiche asciutte e ben calibrate e una valida
ed equilibrata resa delle sequenze sonore .
Maggiore la pregnanza espressiva e maggiore la
sicurezza esplicativa nella seconda parte della
serata con un avvincente Debussy. Bene Scarlatti
specie nei movimenti più rapidi. Applausi al
termine e validi i due bis con un F. Chopin -Mazurca
in mi minore op. 41 n. 2 - e un E. Satie con
Gymnopedie n. 1. Da riascoltare ancora.
16 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
Steven Isserlis alle
Serate Musicali
del Conservatorio milanese
Il violoncellista inglese
Steven Isserlis torna puntualmente alle
Serate Musicali di Hans Fazzari. Ieri sera
in duo con la pianista canadese Connie Shih ha
impaginato
un programma variegato che prevedeva musiche di
Debussy, Fauré, Bridge e Beethoven. Certamente
il brano più noto è stato quello del grande
tedesco con la Sonata n.3 in la maggiore
per violoncello e pianoforte. Gli altri tre
lavori hanno tra loro in comune quello di essere
stati composti nel medesimo periodo, tra il 1913
e il 1917 e questo è indubbiamente un fattore
che fa rendere le tre Sonate per cello e piano,
tutte in re minore, simili in molti aspetti. Il
tardo romanticismo evidenziato dai forti
contrasti delle dinamiche e dall'allargamento
degli intervalli melodici si riscontra in tutti
e tre gli incisivi brani. Le eccellenti
interpretazioni
ascoltate
giocano sia sulle sorprendenti qualità
virtuosistiche di Isserlis che sulla mirabile
intesa con la giovanissima pianista che
musicalmente ha scelte stilistiche in accordo
con quella del celebre cellista. La suddivisione
delle parti strumentali e/o la sovrapposizione
delle medesime è riuscita in modo efficace. Il
risultato complessivo è stato di elevata
espressività. Molto interessante la rara sonata
dell'inglese Frank Bridge (1879-1941), musicista
che pur avendo vissuto quasi tutta la prima metà
del '900, ha avuto un solido legame con il mondo
tardo-romantico. Bellissima l'esecuzione della
Sonata di Beethoven, anche nella rilevante parte
pianistica, quella di una strumentista che ci
piacerebbe ascoltare - tanto è brava - in un
concerto solistico . Bis di grande qualità con
il celebre Cigno di Saint-Saens. Da
ricordare.
15 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
Il violinista
Giuliano Carmignola e la Camerata Ducale a
Vercelli
Il XIX Festival Viotti ha
preso ufficialmente il via ieri sera, Sabato 12
novembre, al Teatro Civico di Vercelli, con un
programma tutto mozartiano: due concerti per
violino e orchestra, il n.3 in Sol maggiore KV
216 e il n.4 in Re maggiore KV 218, prima parte
dell’integrale dei concerti per violino proposta
per questa stagione dal Festival. A seguire,
una
delle prime sinfonie mozartiane di autentico
valore, la KV 201 in La maggiore. Come sempre da
diciannove anni l’orchestra era la Camerata
Ducale, diretta dal suo fondatore, il violinista
Guido Rimonda. Solista nei due concerti un altro
violinista di grande notorietà, Giuliano
Carmignola, già in passato ospite qui a
Vercelli. Come acutamente ricordava il
musicologo prof. Pugliaro, che ha introdotto la
serata, il suono del trevigiano Carmignola ha la
luminosità e l’incisività del violinismo barocco
“veneto”, diciamo vivaldiano, che alle nostre
orecchie raggiunge i suoi vertici espressivi
nella scioltezza del fraseggio sui registri
acuti, meravigliosamente fluidi nel legato e
nell’ornamentazione, com’è subito apparso
nell’idea melodica che, nel primo tempo del KV
216, segue l’esposizione solistica del tema
principale. A queste qualità aggiungiamo un bel
controllo delle dinamiche, coadiuvato da una
sempre ottima Camerata e una rigorosa, asciutta
esattezza di suono, diremmo ‘filologica’, che in
alcuni momenti rischia però di ‘prosciugare? un
po’ troppo il timbro delle quattro corde di
Carmignola . E’ forse questo il motivo per il
quale il Mozart ascoltato ieri sera a Vercelli
non sempre ci ha appagato appieno: il suono
‘barocco’ e asciutto di Carmignola, chiamato a
dar voce ai momenti di più effusa liricità delle
partiture, come il meraviglioso Andante
cantabile del KV 218, non è risultato, a nostro
modesto avviso, del tutto all’altezza. Ne è
risultato nel complesso un Mozart
scrupolosamente ‘esatto’ sotto il profilo
dell’intonazione, con pieno risalto del dialogo
solista-orchestra, ‘tecnicamente’ solidissimo,
ma mancante di quel quid di dolcezza e
profondità di suono, che senza raggiungere i
vertici assoluti dei capolavori della maturità,
già affiorano in questi concerti per violino. Di
ottima qualità l’esecuzione della sinfonia KV
201 da parte della Camerata, con la direzione di
Rimonda che a nostro avviso ha saputo
equilibrare al meglio la duplice componente
stilistica di questo gioiello del sinfonismo
mozartiano, sospeso tra stile “haydniano” e
stile “galante”, con quei momenti di grazia
rococò di cui la Camerata ducale è maestra.
Grandi applausi dopo il bis (la ripetizione di
un tempo della sinfonia), da parte della folla
che gremiva. come d’abitudine, la platea del
Civico.
13 novembre 2016 Bruno Busca
Il pianista Rudolf
Buchbinder per la Società
dei Concerti
Torna annualmente il pianista
viennese Rudolf Buchbinder in Conservatorio per
la Società dei Concerti. Ieri sera il
programma era ancora una volta variegato ed
interessante con
una
distribuzione cronologica dell'impaginato: da
Bach a Schubert per terminare con Schumann. La
classicità di questo raffinato interprete dal
timbro "viennese" preciso, controllato e ricco
di sfumature, si è rivelata sin dalla Suite
inglese n.3 in sol minore BWV 808 del
compositore di Eisenach. Ottimo il suo Schubert
con i quattro Impromptus D935 e ancor più
di qualità gli Studi Sinfonici op.13 di
Robert Schumann nella versione comprendente i
cinque Studi postumi. In queste brevi geniali
variazioni sul tema dell'Andante iniziale,
Buchbinder
ha
mostrato un'eccellente capacità di sintesi
discorsiva dovuta anche alla sua collaudata
esperienza d'interprete. Ha alternato momenti di
rubuste restituzioni armoniche ad altri di
pacate e profonde timbriche in cui le parti
melodiche si sono rivelate con luminosa
espressività. Splendida la resa complessiva.
Lunghi gli applausi a conclusione del programma
ufficiale con due mirabili bis: l' Improvviso
op.90 n.2 ancora di Schubert e la celebre
Giga dalla Partita n.1 del sommo Bach. Da
ricordare a lungo.
10 novembre Cesare Guzzardella
ll
Quartetto di Cremona
per la "Società del Quartetto" continua
il suo "tutto Mozart"
Il concerto ascoltato ieri
sera per la "Società del Quartetto" ha ritrovato
il Quartetto di Cremona interprete dei quartetti
mozartiani. Questa integrale si annovera tra le
più
significative
di questi ultimi decenni e l'esecuzione in
ordine cronologico vuole mettere in luce le
qualità incredibili del genio di Mozart. Ieri è
stata la volta degli ultimi tre Quartetti
dedicati ad Haydn e precisamente il K 458 "La
caccia", il K 464 e il K 465 "Le
dissonanze". Ancora una volta constatiamo
l'estremo equilibrio dei quattro solisti che
senza un momento di cedimento riescono a trovare
un' interpretazione
sempre di altissimo livello. L'eccellenti
esecuzioni sono opera di Cristiano Gualco e
Paolo Andreoli ai violini, di Simone Gramaglia
alla viola e di Giovanni Scaglione al
violoncello. L'efficace equilibrio dinamico del
gruppo, la chiarezza delle esposizioni
melodico-armoniche dei quattro archi hanno
strappato lunghi applausi al termine in Sala
Verdi. Il prossimo appuntamento per l'integrale
dei 23 Quartetti è prevista per il 29 novembre
alle ore 20.30 con gli ultimi quattro. Da non
perdere.
9 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
L'Orchestra Antonio
Vivaldi diretta da Passerini in
Conservatorio
Torna spesso il direttore
Lorenzo Passerini con la sua orchestra giovanile
"Antonio Vivaldi". Ieri sera per un brano
contemporaneo di Piergiorgio Ratti "Post
Scriptum" per tromba e orchestra e per tre
noti lavori di Franck, Liszt e Beethoven. Il
brano di recente
componimento
di Ratti ha trovato solista alla tromba Alex
Elia. È un lavoro tonale decisamente
"tradizionale" nella stile che soprattutto in
alcuni frangenti appare come una pacata e
armoniosa "colonna sonora" dal carattere
descrittivo. Ben scritto e ottimamente
interpretato dal solista e dall'orchestra ha
spunti interessanti e qualche momento di ricerca
più attuale nella parte orchestrale dominata
dagli archi. Sul palcoscenico per i lunghi
applausi anche l'autore. I due brani successivi,
per pianoforte ed orchestra hanno visto due
ottimi pianisti: il primo, Enrico Pompili, per
le Variazioni Sinfoniche di Caesar Franck,
il secondo, Scipione Sangiovanni per
Totentanz di Franz Liszt. Pompili coadiuvato
da questa versatile orchestra giovanile, ha
mostrato qualità di tocco e chiarezza espressiva
in una ottima perfezione formale. Valida
l'interpretazione. Buono il bis solistico con
uno Studio di Chopin. Punto di rilievo
della serata è stata l'interpretazione del
pianista pugliese Sangiovanni nel brano
virtuosistico lisztiano. Coadiuvato da una
direzione incisiva di Passerini,
l'eccellente
virtuoso ha decisamente dominato la tastiera con
una chiarezza ed una marcata presenza
stilistica. Superando con sorprendente facilità
ogni dettaglio della difficilissima esecuzione,
Sangiovanni ha ancora una volta dimostrato di
possedere enormi risorse tecnico-espressive e di
avere un idea complessiva equilibrata nella
struggente resa di questo straordinario e
suggestivo lavoro. Eccellente l'esecuzione e
ottimo il bis solistico concesso con un mirabile
Händel alla Sangiovanni. Il concerto è
poi terminato con una valida e ricca di
contrasti esecuzione della Quinta Sinfonia
di Beethoven. Da ricordare.
8 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
Musica contemporanea
all'Auditorium San Fedele
Il concerto di musica
contemporanea di venerdì 4 novembre nella valida
cornice dell'Auditorium San Fedele di Milano
prevedeva brani di tre compositori quali Murail,
Hervé e Grisey. I brani, interpretati molto bene
dalla formazione cameristica francese
Ensemble Orchestral Contemporain per la
direzione di Andrea Pestalozza,
appartengono
allo spettralismo, genere musicale sorto
in Francia agli inizi degli anni '70. I quattro
lavori ascoltati, due di Murail, sono stati
composti in un periodo compreso tra il 1978 con
Treize couleurs du soleil couchant di
Murail e il 2006 con Seven Lakes Drive
ancora di Murail. In mezzo troviamo Intérieur
rouge del più giovane Jean-Luc Hervé- brano
del 1993- e Jour, contre jour del 1979 di
Grisey, il musicista cui è dedicato il Festival.
Formazioni con cinque o sei strumenti
eventualmente integrati con suoni o effetti
elettronici per i tre brani di Murail e di Hervé
e ben 13 musicisti per Grisey. Certamente al
primo ascolto non si chiarisce la complessità
musicale dei lavori che soprattutto nello
spettralismo gioca molto sulle timbriche degli
strumenti spesso trattati come fonti di "rumori"
inseriti in un complesso di suoni, anche
elettronici, in cui il ruolo delle dinamiche
risulta essere rilevante. La riduzione
strumentale a pochi strumenti non fa diminuire
certamente l'energia ritmica o la rarefazione
degli eventi sonori che con coerenza danno
significato
alle singole composizioni. Stabilire una
graduatoria di apprezzamento dei quattro brani è
pressoché impossibile anche se a nostro avviso
questi lavori, seppur molto differenti tra loro,
vanno ascoltati e spesso anche osservati, con
orecchie ed occhi aperti ad ogni stimolo
acustico, in un contesto d'intenti in cui ruolo
importante ha l'immaginazione. Ci è sembrato di
ottima rilevanza il brano per cinque strumenti -
pianoforte, violino, flauto, clarinetto e
violoncello- del francese J.L. Hervé. Questo
allievo di Grisey al termine dell'esecuzione è
salito sul palcoscenico. Di grande impatto
sonoro il lavoro più recente di Murail, Seven
Lakes Drive, con un fondamentale ruolo del
corno francese - bravissimo Didier Muhleisen- e
con una valida realizzazione di riusciti impasti
timbrici. Il lavoro gestualmente più
significativo, Jour, contre-jour, ha
concluso la serata. Il contrasto tra la
spettralità inarmonica della parte elettronica
si è intrecciata con i suoni più armonici dei 13
strumentisti in una pacata dialettica discorsiva
che dalle ombre iniziali, anche nella
realizzazione visiva, ha trovato uno sviluppo
nella luminosità degli strumenti, per arrivare
al termine - nell'oscurità della notte -all'azzeramento
delle sonorità. Ottime la resa strumentale e la
precisa direzione di Pestalozza. Applausi
intensi a conclusione da parte dei numerosi
appassionati che riempivano il San Fedele.
5 novembre 2016 Cesare
Guzzardella
OTTOBRE 2016
La musica
contemporanea di Milano
Musica in Auditorium
Il Festival di musica
contemporanea organizzato da Milano Musica
dedicato al compositore francese Gérard
Grisey ha visto sabato sera in Auditorium oltre
al brano del
1998
dello stesso Grisey Quatres chants pour
franchir le seuil per soprano e 15
strumentisti, un lavoro di Tristan Murail del
2001, Le Lac per ensemble di 19 strumenti
e un brano del 2004 di Hugues Dufourt,
L'origine du monde per pianoforte ed ensemble
strumentale. Emilio Pomarico ha ottimamente
diretto l'Ensemble da camere de laVerdi e
la mdi ensemble, formazione quest'ultima
specializzata in musica contemporanea e per
l'occasione uniti in un gruppo cameristico di
ampie dimensioni. I tre interessanti lavori
composti in un periodo compreso tra il 1998 e il
2004, presentano caratteristiche diverse ma con
punti comuni accentuati. I tre compositori
francesi sono infatti accomunati
dall'appartenenza all'Itinéraire , un
gruppo di lavoro comune nato a Parigi nei primi
anni '70 che
trova legami nel rapporto tra le timbriche
musicali ed la natura in tutte le sue
declinazioni sia concrete che d'immagine.
Entrambi legati alla spettralità, segnano con
modalità e stili diversi situazioni di complesse
ma efficaci rese musicali. I primi due lavori
strumentali hanno trovato un momento di maggiore
lirismo con il brano di Grisey e la bella voce
da soprano di Donatienne Michel-Dansac
determinante nei Quatres chants ed
intensa in queste meditazioni sulla morte.
Bravissimo anche il pianista Luca Ieracitano nel
tagliente ed espressivo lavoro di Dufourt.
Esecuzioni efficaci per i validissimi
strumentisti delle due ensemble. Successo di
pubblico e fragorosi applausi. Da ricordare
31 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Juana Zayas alle
Serate Musicali
del Conservatorio
È tornata alle Serate
Musicali Juana Zayas, pianista cubana
naturalizzata statunitense scoperta da Hans
Fazzari, storico organizzatore della nota
società concertistica, alla fine degli anni '90.
L'impaginato della pianista, come sempre
tradizionale e variegato, ha
compreso
musiche di Bach-Busoni, Chopin, Liszt,
Paganini-Liszt , Rachmaninov e Balakirev.
Riteniamo la Zayas un'eccellente pianista. In
molti brani tra quelli ascoltati ha raggiunto
vette interpretative di raro ascolto:
soprattutto nella seconda parte della serata con
i brani più virtuosistici di Liszt-Paganini, di
Rachmaninov e di Balakirev. Si sente che il suo
approccio pianistico nasce sia da una profonda
sensibilità artistica che da uno studio accurato
e minuzioso di ogni frangente musicale. Le sue
interpretazioni hanno una restituzione dal
carattere non improvvisatorio ma esteticamente
sono curate ed attente sia ai particolari che
all'equilibrio complessivo. Dopo il brano
introduttivo, un buon Bach-Busoni dal Corale
"Ich ruf zu Dir, Herr" BWV 639, la Zayas ha
offerto al purtroppo non numeroso pubblico
intervenuto, uno Chopin di qualità sia nel
Notturno in do minore op.48 n.1 che nella
celebre Sonata in si bem. Minore op.35,
quella della Marcia funebre.
La
resa nella Sonata fin troppo analitica ma
minuziosa è lontana dalle esecuzioni dei più
noti interpreti storici, ma di eccellente
equilibrio formale, anche nell'avanguardistico
ed enigmatico ultimo frangente eseguito con
sorprendente chiarezza dei dettagli, cosa che
raramente accade. La seconda parte del concerto,
a mio avviso di ancor più alta qualità,
prevedeva oltre che tre brevi Studi postumi di
Chopin anche due Studi da Concerto di
Liszt e i più celebri Studi n.4 in mi minore
"l'Arpeggio" e n.3 in sol diesis minore
"La Campanella" e a conclusione un Etude
Tableau, l' op.39 n.5 e Islamey
di Balakirev. I due Studi di Paganini-Liszt di
mirabile fattura interpretativa sono da
definirsi memorabili per qualità estetica, con
sonorità timbriche e fluidità discorsiva di
eccelso livello. Splendido anche l'Etude di
Rachmaninov ed eccellente la nota Fantasia
orientale di Balakirev, esempio di alto
virtuosismo che conserva tutti i sapori del
folclore russo. Tre i bis concessi da una
generosa autentica artista e tra questi un
Rachmaninov e uno Scarlatti doc. Da ricordare.
29 ottobre Cesare Guzzardella
Prossimamente il
violinista Giuliano Carmignola a Vercelli
Sabato
12 novembre 2016 alle ore 21.00 presso il TEATRO
CIVICO di Vercelli ci sara il primo concerto
della stagione 2016-2017 . Protagonisti saranno
il violinista Giuliano Carmignola e Guido
Rimonda con l'Orchestra Camerata Ducale. Il
programma è interamente dedicato a W.A. Mozart
prevede: il Concerto n. 3 in sol maggiore per
violino e orchestra, K 216; il Concerto n. 4 in
re maggiore per violino e orchestra, K 218 e la
Sinfonia in la maggiore, K 201. Il concerto fa
parte della diciannovesima edizione del
Viotti Festival. L'introduzione musicologica
è a cura di Giorgio Pugliaro. Da non perdere.
28 ottobre dalla redazione
Fazil Say ritorna a
Milano per la Società
dei Concerti
Era atteso
da molti appassionati Fazil Say il pianista
turco noto soprattutto a Milano dove
si è esibito parecchie volte per la Società
dei Concerti. Ieri sera è finalmente tornato
dopo alcuni anni di assenza per un tutto Mozart
con quattro celebri Sonate, la K.330, K.331,
K.332, K.333, e l'altrettanto nota
Fantasia in do minore K.475. È
certamente
un fuoriclasse Say . Sorprende per la sua
musicalità giocata su una creatività stilistica
tipica degli interpreti-compositori. E' infatti
noto anche per le sue composizioni pianistiche e
orchestrali e per la sua passione jazzistica che
lo porta ad inventare interessanti
improvvisazioni. Il suo Mozart ci è piaciuto
molto perchè diverso dalla tradizionale
interpretazione classica,
pregevole solo nelle mani di pianisti
eccellenti. Il suo stile è ricco di quell'
inventiva fatta di contrasti dinamici, accenti e
momenti di grande poesia interiore come quella
di alcuni Adagi o Andanti centrali. La sua
curiosa gestualità vuole accompagnare le note.
Specie il braccio sinistro sembra volere toccare
la musica. Tutto questo è funzionale
all'interpretazione ed è frutto di una profonda
interiorizzazione del materiale sonoro. Non sono
mancati momenti di incertezza e qualche lieve
errore, ma gli elementi positivi con frangenti
di alta poesia ci fanno dimenticare le
incertezze. Celebre il bis concesso con la sua
versione jazz dell' Alla turca
mozartiano. Entusiasmo da parte del
numerosissimo pubblico presente in Sala Verdi.
Da ricordare.
27 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Teatrali Antheil e
Donatoni diretti da Sandro Gorli in
Conservatorio
Come sottolineato dal
Direttore del Conservatorio milanese Alessandro
Melchiorre nel libretto di presentazione, i
punti di forza di questa importante istituzione
musicale sono i docenti e gli studenti. A questi
si aggiungono gli studenti dell'Accademia di
Belle Arti di Milano preparati per l'occasione
dalla regista Sonia Grandis. Infatti, insieme
hanno messo in piedi -domenica e lunedì - uno
spettacolo eccellente con la messinscena di due
lavori del Novecento musicale: Ballet
Mécanique di George Antheil - con proiezione
di un film di Fernand Léger - e Alfred,
Alfred di Franco Donatoni. Fondamentali
co-protagonisti delle due serate organizzate da
Milano Musica e Serate Musicali,
il direttore- compositore
Sandro Gorli e le Ensemble del
Conservatorio di Milano e del Conservatoire de
Paris. Non è certo la prima volta che Sala
Verdi,di solito frequentata per la musica cameristica e
per quella sinfonica, viene trasformata in teatro,
ma questa volta l'opera comica Alfred,
Alfred, agganciata alla scenografia di
Ballet Mécanique, ha raggiunto un traguardo
particolarmente importante. Attori, cantanti,
comparse, strumentisti, direttore d'orchestra
unitamente agli apparati visivi, luminosi ed
elettronici ed alla riuscita scenografia, hanno
contribuito attivamente alla realizzazione di
quest'ora di spettacolo, un'ora breve ma ricca
di sostanza. A cominciare dalle bellissime
musiche. Ballet Mécanique su filmati del
celebre pittore Léger è un lavoro del 1924 che
utilizza ben quattro pianoforti e otto
percussionisti. Possiede musica eloquente,
meccanica, rumorosa, a volte assordante e
anticipatrice della musica concreta degli anni
'50 ed è anche in piena epoca Futurista. Il
ritmo musicale segna il passo del breve filmato
di Léger, ricco di movimenti e di immagini
astratte.
Un
altro breve filmato a colori ci mostra un
Donatoni con camicia rossa e bretelle alle prese
con le ricette degli spaghetti alla carbonara.
Il Maestro racconta l'esperienza all'ospedale
Alfred di Melbourne dove venne ricoverato per i
suoi seri problemi diabetici. Ballet
Mécanique trova con questo filmato e con una
serie di suoni di sirena una riuscita unione con
il più scenografico Alfred, Alfred.
Questo lavoro del 1995 ci rivela tutta
l'intelligenza compositiva del geniale autore.
La scenografia vuole rappresentare l'interno
dell'ospedale di Melbourne. Da quel luogo
l'occasione per scrivere questa brevissima- poco
più di trenta minuti- opera buffa con
cambiamenti di scena continui e grande
dinamicità visiva e musicale. Una decina di
interventi solistici vocali di infermieri,
dottori e ospiti dell'ospedale segnano il passo
della narrazione che nel divertimento della
trama ci mostra la complessità del linguaggio
musicale di Donatoni. Numerosi anche gli
interventi solistici di strumenti quali il
flauto, la tromba o il corno francese a
sottolineare le voci dei bravissimi interpreti.
Vi è inoltre un finale inaspettato con un grosso
pentolone pieno di spaghetti che il Maestro
Gorli-Donatoni offre a tutti gli ospiti del
palcoscenico. Applausi fragorosi al termine per
quello che sembra essere una grande festa.
26 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Benjamin Grosvenor e
la Filarmonica della Scala
Per i Concerti Sinfonici
della Filarmonica della Scala ieri sera, nella
seconda replica, abbiamo ascoltato un programma
che prevedeva brani di Johannes Brahms e di
Franz Liszt diretti da Riccardo Chailly. Il
direttore milanese è da moltissimi anni tra i
migliori interpreti del grande amburghese. Ieri
ha interpretato l'Ouverture Tragica in re
minore
op.81 ad introduzione della serata e la
Sinfonia n.2 in re maggiore op.73 dopo
l'intervallo. Le esecuzioni di alto livello
hanno riconfermato le notevoli qualità della
Filarmonica scaligera sotto la bacchetta di
Chailly. Nel mezzo dei due noti brani brahmsiani
c'era un lavoro di Liszt
di non frequente esecuzione quale il Concerto
n.1 in mi bem. maggiore per pianoforte e
orchestra. Strutturato in un unico movimento
suddiviso in più parti, il concerto rivela
ancora una volta le qualità virtuosistiche
del
celebre musicista-pianista ungherese. La
preponderante timbrica orchestrale ha trovato
nel solismo del ventiquattrenne pianista inglese
Benjamin Grosvenor un degno interprete che con
un tocco fresco, disinvolto ed equilibrato,
anche nei frangenti di più difficile esecuzione,
ha dato prova di essere in armonia con il
celebre compositore. Come detto in occasione del
bellissimo concerto solistico tenuto in
Conservatorio nel mese di maggio, "siamo
rimasti stupefatti della precisa costruzione
geometrico-architettonica offerta dal virtuoso.
I dettagli sono chiari e non perde una nota il
pianista, dimostrando uno studio minuzioso dei
particolari" . Validi gli equilibri con
l'orchestra nella direzione di Chailly con
scelte dinamiche equilibrate. Applausi fragorosi
e due bis pianistici tra cui lo Studio op.72
n.11 di Moszkowski. Da ricordare.
23 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Kolja Blacher con la
Sinfonica Verdi in Auditorium
Ieri sera il violinista e
direttore d'orchestra Kolja Blacher ha
interpretato il celebre Concerto per violino
e orchestra Op.77 di J. Brahms anche nel
ruolo di direttore della
Sinfonica
Verdi. Noto internazionalmente per le sue
qualità virtuosistiche, Blacher è stato diretto
in passato dai Berliner Philharmoniker e da
Claudio Abbado. Le qualità musicali di questo
virtuoso che suona uno Stradivari Tritton
del 1730 le abbiamo verificate nella sua
splendida interpretazione del celebre concerto.
La sicurezza interpretativa definita da un suono
tagliente, preciso, robusto e ben articolato
unit a
ad elevato spessore espressivo, si è inserita
perfettamente con le timbriche della Sinfonica
Verdi da lui diretta con nascosta maestria.
L'esecuzione, di sostenuta andatura complessiva,
ha trovato in un ritmico Allegro giocoso
finale un punto di forza.
Il
concerto era stato anticipato da un' energica
Ouverture dalle Nozze mozartiane ed è
terminato con le timbriche degli archi della
bellissima Serenata per archi op.48 di
Čaikovskij diretta
e interpretata da Blacher dalla posizione di
primo violino. L'esecuzione della Serenata,
dettagliata e ricca di sfumature,
ha visto dinamiche
leggere
ricche di flebili ma
efficaci contrasti.
Domenica alle 16.00 ultima replica da non
perdere. Un concerto da
ricordare.
22 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
La musica di Schubert
incanta il Conservatorio milanese
L'inaugurazione della
stagione musicale della Società del Quartetto
ha ottenuto grande
successo
di pubblico, come evidenziato dal presidente
della storica società Antonio Magnocavallo ad
introduzione del concerto. Un programma
cameristico dedicato a Schubert così intenso non
lo si ascoltava da anni. Il noto Quartetto di
Cremona e importanti altri solisti quali Gloria
Campaner al pianoforte, Enrico Bronzi al
violoncello e Riccardo Donati al contrabbasso,
hanno eseguito i tre brani cameristici forse più
celebri di Franz Schubert quali il Quartetto
in re minore "La morte e la fanciulla", il
Quintetto per due violoncelli D 956 e il
Quintetto in la maggiore "La trota". Le
qualità espressive del Quartetto di Cremona
hanno oramai raggiunto
livelli
molto alti e probabilmente la nota formazione è
la migliore tra quelle italiane e fra le
migliori al mondo. La perfezione formale giocata
tra l'equilibrio perfetto delle parti solistiche
e la visione d'insieme di ogni brano risulta
evidente all'ascolto. Il valore aggiunto degli
altri solisti nei due quintetti ha portato ancor
più a splendide esecuzioni. Bravissima Gloria
Campaner nella parte pianistica della
celeberrima "La trota": il tocco fluido, preciso
e leggero era in perfetta sintonia con gli archi
in un rispetto reciproco autentico. Quasi tre
ore di intensa musica per un pubblico molto
attento, partecipe e rispettoso. Da ricordare a
lungo.
19 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Louis Lortie per
Serate Musicali
Il pianista canadese Louis
Lortie è tornato in Sala Verdi per un concerto
interamente chopiniano. Due opere tra le più
conosciute del polacco sono state eseguite
dall'ottimo pianista: i 24 Preludi op.28
e i 12 Studi op.25. Questi lavori in
genere sono considerati un
banco
di prova essenziale per ogni pianista che voglia
cimentarsi con i colori di Chopin, colori che
trovano da decenni una letteratura ricca di
eccellenti interpreti. La scelta di una raccolta
consolidata di numerosi bravi da eseguire nella
classica successione è tra la più ardua e
coraggiosa. Lortie, pianista affermato
internazionalmente ed esperto riconosciuto
nel repertorio francese, ha trovato una valida
simbiosi con il grande polacco. Ci è piaciuto
soprattutto nei 24 Preludi e molto in alcuni di
essi eseguiti con profonda espressività
melodico-timbrica. In alcuni frangenti, specie
in alcuni Studi abbiamo trovato la resa
stilistica del pianista forse troppo incisiva e
mancante di quella leggerezza discorsiva che si
riscontra nell'interpretazione dei pianisti-
soprattutto polacchi o russi ma anche un Pollini
rientra nella ristretta cerchia- rimasti nella
storia. Comunque più che valida la resa
complessiva per un pianista che troviamo
maggiormente interessante in programmi più
variegati e diversificati. Ottimi i due bis
chopiniani proposti con due celebri Studi
dall'op.10.
18 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Musica spagnola
all'Auditorium di Milano
Un direttore spagnolo, José
Antonio Montaño, ha ottimamente diretto la
Sinfonica Verdi in un programma interamente
spagnolo con compositori quali Manuel de Falla e
Isaac
Albéniz.
La prima parte del concerto, ascoltato in
replica ieri pomeriggio, prevedeva Noches en
los jardines de España e quindi El
sombrero de tres picos (Suite I e II) di De
Falla. Dopo l'intervallo le Cinque
impressioni da Iberia di Albéniz. Il primo
lavoro datato 1909-16 ha visto come solista un
eccellente pianista quale il cubano, di origine
spagnola, Jorge Luis Prats. Questi ha rivelato
nelle Noches, brano in tre parti,
identità ottimale per le timbriche di De Falla.
Il suo tocco netto, preciso e tagliente ha ben
reso i colori forti del musicista di Cadice.
Interpretazione quindi di rilievo e tre
superlativi bis pianistici. Le qualità
direttoriali di Montaño si sono ancor più
evidenziate nei successivi lavori orchestrali
datati rispettivamente 1919-21 e per Albéniz
1905-09, evidenziati da un'orchestra duttile
quale quella de LaVerdi, capace di generare
timbriche eleganti di alto livello estetico.
Successo di pubblico evidente.
17 ottobre 2016 C.G.
Maisky e Rustioni al
Dal Verme con i Pomeriggi
Musicali
È iniziata la Stagione de
I Pomeriggi Musicali con un interprete di
fama quale il violoncellista russo Mischa Maisky.
Il programma ascoltato nella replica pomeridiana
di
ieri
prevedeva il Concerto per violoncello e
orchestra di A. Dvořák
e la Sinfonia n.5 di Sibelius. Alla testa
de "I Pomeriggi Musicali" il giovane ed
affermato direttore milanese Daniele Rustioni.
La casualità vuole che il poco eseguito concerto
del musicista ceco abbia trovato a Milano questa
settimana due importanti interpreti, il primo,
di cui abbiamo già scritto, Lynn Harrell, e in
contemporanea Maisky, avendo eseguito il
medesimo concerto giovedì scorso.
L'interpretazione del cellista russo è risultata
di ottima qualità. Maisky ha un equilibrio
complessivo perfetto, sostenuto in ogni
dettaglio da evidente espressività, e rispetto
il più anziano Harrell,
più
sicurezza e determinazione. Di maggior rilievo
estetico in Harrell la leggerezza discorsiva nei
frangenti più melodici della romantica
composizione. Valida la direzione di Rustioni
anche se l'esuberanza del giovane direttore, con
una resa volumetrica troppo accentuata, ha
alcune volte coperto il nitore espressivo di
Maisky. Fragorosi gli applausi al termine e due
strepitosi bis solistici di Maisky con due
movimenti da una Suite di Bach. Buona
l'esecuzione della più celebre tra le sinfonie
di Sibelius con estremizzazioni gestuali di
Rustioni che andrebbero forse contenute.
Successo di pubblico in un Teatro Dal Verme
traboccante di appassionati.
16 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
La Camerata Ducale al
XIX Viotti Festival di Vercelli
Ieri sera, sabato 15 Ottobre,
a Vercelli, tra gli affreschi di Gaudenzio
Ferrari lussureggianti di colori e figure,
splendido ornamento della Chiesa di S.
Cristoforo, la Camerata ducale ha presentato il
programma del XIX ViottiFestival, che da
Novembre prossimo sino alla fine di Giugno 2017
offrirà agli appassionati appuntamenti musicali
di alta qualità, con cadenza mensile sino a
Dicembre e grosso modo quindicinale da Gennaio
in poi. A giudicare dalla folla straripante che
si stipava nel tempio, anche quest’anno lo
strameritato successo di pubblico pare
assicurato. Non è certo questa la sede per un
particolareggiato
resoconto
di quanto illustrato da Cristina Canziani,
l’impareggiabile Direttore artistico della
Camerata, ma vorremmo idealmente rispondere alla
sua frase conclusiva dello scritto di
presentazione della stagione (Questo è quanto e
scusate se è poco), che quanto fatto dalla
Camerata in questi anni e quanto annunciato per
il futuro è “cosa di cielo in terra venuta a
miracol mostrare”! Ci limitiamo qui a segnalare
l’intelligente scelta di ampliare lo spazio per
le serate dedicate alla musica cameristica,
conferendo maggiore varietà al programma e
riempiendo il vuoto abissale creatosi in questo
settore nel Piemonte orientale con la misteriosa
scomparsa tra i “Chi l’ha visto?” della novarese
Associazione “Amici della Musica”, per decenni
promotrice di una buona stagione di musica da
camera, il Festival Cantelli, da un paio d’anni
sparito senza dare notizia di sé…Naturalmente la
serata non è stata solo di…parole, per quanto
belle e importanti, ma anche di fatti, cioè di
musica. L’impaginato, necessariamente breve, a
incorniciare i vari interventi, prevedeva due
composizioni mozartiane: la prima, quella che
forse è la più universalmente famosa del
Salisburghese, l’Eine kleine Nachtmusik,
serenata per archi in Sol magg. K525, la
seconda, un concerto per pianoforte non tra i
più eseguiti, il n.11 K413 in Fa magg Questo
programma monograficamente mozartiano si spiega
forse anche come un’allusione ad uno dei ‘clou’
della stagione, l’integrale dei concerti per
violino e orchestra del Sommo. L’esecuzione
della celeberrima Serenata è stata affidata ad
un organico ridotto della Camerata, adottando
così una soluzione di compromesso tra le
indicazioni della partitura, che vuole un
organico cameristico (quartetto d’archi
rinforzato da un contrabbasso) e la prassi
vulgata che preferisce un’orchestra allargata.
La direzione di Guido Rimonda, come sempre
precisa e limpida nel fraseggio e nella
chiarezza costruttiva, con un tocco di sapiente
grazia rococò, ha esaltato quella alata
leggerezza, che M. Mila riconosceva come la
cifra inconfondibile di questo gioiellino, di
cui si stenta a credere sia contemporaneo delle
sulfuree note del Don Giovanni. Purtroppo
l’acustica della chiesa, poco propizia alla
musica strumentale, alonava di un’eco un po’
deformante il suono degli archi. Protagonista
della seconda parte della serata, col K413, un
virgulto della splendida scuola napoletana,
Mario Coppola. Se dovessimo riassumere in una
parola la qualità del suono e dello stile
interpretativo di Coppola diremmo senza dubbio
‘dolcezza’. Le sue dita arrivano sulla tastiera
avendo già completamente scaricato la tensione
del braccio e le sfiorano con una leggerezza
aerea di tocco, donando a ogni singola nota e al
fraseggio una trasparenza che sfida
vittoriosamente i limiti acustici del luogo. Di
una composizione che appartiene al più puro
“stile galante”, Coppola sa però valorizzare
ogni possibile variazione timbrica e agogica,
permettendo anche all’ascoltatore inesperto di
percepire qualche passaggio d’ombra nel modo
minore, nella pur serena e placida fluidità
della tonica di Fa magg., come avviene nella
sezione dello sviluppo del primo tempo.
Un’ottima esecuzione per un pezzo che, proprio
per il suo stile privo di “profondità”,
rischierebbe, affidato ad altri interpreti, la
banalità. Grande successo di pubblico, omaggiato
di due bis, di cui uno da Scarlatti. Un’altra
bella serata di musica, di cui siamo ancora una
volta grati alla Camerata ducale e ai suoi
insostituibili collaboratori.
16 ottobre 2016 Bruno Busca
Due serate per la
Società dei Concerti
È iniziata la stagione
musicale della Società dei Concerti con
due serate di alto livello quali quelle
ascoltate ieri sera e mercoledì scorso. In
entrambi i concerti la Durtmunder
Philharmoniker
è stata ottimamente diretta da Gabriel Feltz.
Due i solisti di fama nelle rispettive serate:
la violinista italiana Anna Tifu e il
violoncellista statunitense Lynn Harrell. La
giovane solista ha eseguito il Concerto per
violino e orchestra n.1 in la min. op.77 di
Šostakovič
inaugurando la serie Smeraldo della
società
concertistica, mentre per la serie di concerti
Rubino, il virtuoso internazionale Harrel l
ha eseguito il Concerto n.2 per violoncello e
orchestra in la minore op.104 di A. Dvořák.
A conclusione dei rispettivi concerti solistici
sono state eseguite la Sinfonia n.5 op.64
di Cajkovskij e la Sinfonia n.7 op.70 di
Dvořák. Ci
ha stupito la sicurezza discorsiva della
violinista italiana che ha riempito la tavolozza
del registro medio-basso del suo eccellente
violino con timbriche intense e suono incisivo
perfettamente intonato. Le sue alte qualità
interpretative, che la pongono tra le massime
interpreti della sua generazione, sono emerse
con evidenza nella lunga ed incisiva cadenza del
movimento centrale.
Harrell nel romantico
concerto del musicista ceco ha trovato una
dolcezza espressiva
garbata nei momenti di più alto respiro
melodico. In entrambi i lavori l'orchestra
sinfonica si è dimostrata all'altezza dei
solisti. Ottima la direzione di Feltz anche
nelle rispettive sinfonie. Un bis concesso da
entrambi i solisti con uno splendido brano di
Enescu per la Tifo e un delicato Bach da una
celebre suite per Harrell. Entusiastico successo
in entrambi i concerti. Prossimo concerto il 26
ottobre per la serie Smeraldo con un atteso
ritorno del pianista turco Fazil Say per un
tutto Mozart. Da non perdere.
14 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Dmitry Masleev alle
Serate Musicali
Lo scorso anno il pianista
russo Dmitry Masleev é risultato vincitore
dell'importante Concorso Internazionale
Caikovskij di Mosca. Ieri sera, per la prima
volta davanti al pubblico milanese, ha eseguito
un programma particolarmente variegato passando
dai più
classici
Scarlatti e Beethoven ai virtuosistici Prokof'ev,
Medtner, Rachmaninov e Liszt. Ci ha stupito
particolarmente il suo virtuosismo. Ci sembra
che le qualità di Masleev migliorino man mano
che aumenta l'intreccio armonico-melodico con le
relative difficoltà tecniche. Le quattro sonate
proposte di Domenico Scarlatti - L 27- 466- 1
-141-, tra le più eseguite dai maggiori
pianisti, sono state interpretate con luminosità
e dettagliata espressività. Di buon livello il
Beethoven della Sonata n.26 in mi bemolle "Les
Adieux": una esecuzione complessiva
dignitosa anche se ancora priva di pregnante
spessore interpretativo. Salto di qualità invece
con i primi russi:
ben
calibrata la Sonata n.2 in re minore di
Prokof'ev ed efficace la Sonata "Reminiscenza"
di Medtner. Ulteriore miglioramenti con
alcuni Studi ( op.33 n.6 e op.39 n.4
e 9) e il Fragments postumo di
Rachmaninov. Il momento migliore del concerto è
stato a nostro avviso quello relativo alla
celebre danza macabra "Totentanz" di
Franz Liszt. Le difficoltà funamboliche di
questo incredibile lavoro sono state superate
con estrema facilità dal ventottenne russo e la
resa espressiva è stata superlativa. Due i bis
concessi con un intenso Bach e un'altro brano
virtuosistico novecentesco. Applausi intensi del
pubblico. Da riascoltare con grande interesse.
11 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Inaugurata al Teatro
alla Scala la rassegna di musica contemporanea
Milano Musica
Quest'anno la più importante
rassegna di musica contemporanea, Milano
Musica, prevede le esecuzioni di
composizioni del musicista francese Gérard
Grisey. Il Festival ha
come
titolo Intonare la luce e questa
titolazione ben si addice al genere musicale di
Grisey, uno dei principali esponenti dello
spettralismo. Nell'arco dei 20 concerti
milanesi, molti includeranno lavori del
musicista scomparso nel 1998. Ieri sera
l'inaugurazione al Teatro alla Scala ha visto
l'eccellente pianista Tamara Stefanovich
impegnata in brani di Stockhausen e di Messiaen,
quest'ultimo uno dei maestri di Grisey a Parigi
dal 1968 al 71. La Stefanovich ha alternato
alcuni Klavierstuke (i numeri XI-V-X) del
compositore tedesco a brani pianistici tratti da
importanti lavori del francese quali
Catalogue d'Oiseaux, Vingt Regards sur
l'enfant Jesus e Ètudes de rythme.
L'approccio pianistico di alta qualità della
Stefanovich, una delle massime interpreti di
questo repertorio, ha permesso una restituzione
avvincente. Specie in Messiaen la pianista ha
evidenziato tutte le qualità di ricerca
coloristica del grande musicista. Grande
successo al termine con fragorosi applausi e un
breve bis gestuale, senza musica, dell'ungherese
Kurtag. Da ricordare.
10 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
La pianista
australiana Primavera Shima inaugura la Stagione
della Società dei Concerti
Il Concerto Straordinario
inaugurale della Stagione 2016-2017 della
Società dei Concerti ha avuto come
protagonista la pianista australiana Primavera
Shima. Interprete poco conosciuta in Italia si è
rivelata una sorpresa per il numeroso pubblico
milanese
intervenuto.
L'impaginato prevedeva prima il romanticismo di
Schumann con i Fantasiestüke op.12 e poi
il primo Novecento di Ravel con La Valse
nella versione pianistica del 1920 e di
Stravinskij con L'uccello di fuoco
(1909-10) nella riuscita trascrizione
dell'italiano Guido Agosti. Ottimo l'inizio del
concerto con uno Schumann particolarmente
analitico definito da timbriche riflessive e
classiche nei rapporti volumetrici. La chiarezza
espositiva ha rivelato un'interprete elegante
nello stile e precisa nella tecnica.
Particolarmente significativa
l'esecuzione dei due lavori novecenteschi sia
nella celebre La Valse che soprattutto nella
bella trascrizione di Agosti. La Shima si è
rivelata una pianista profonda e coerente nella
scelta stilistica, chiara timbricamente anche
nei frangenti di grande esuberanza espressiva.
Ottimi i due bis concessi con un equilibrato e
pregnante Widmung di Schumann-Liszt e un
roccambolesco Suggestioni diaboliche di
Prokof'ev. Intensi e meritati gli applausi.
Mercoledì prossimo primo concerto stagionale per
la serie Smeraldo con la bravissima violinista
Anna Tifu diretta da Gabriel Feltz alla testa
della Dortmunder Philharmoniker. Da non perdere.
8 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
L’Aida ha inaugurato
la Stagione operistica del Coccia di Novara
L’Aida ha inaugurato ieri
sera, 7 ottobre, la stagione operistica del
Coccia di Novara, con due repliche (fatto
inusuale da queste parti), domenica 9 e martedì
11. Il capolavoro verdiano è un nuovo
allestimento prodotto interamente dal teatro
novarese, con un bell’atto di coraggio, visti i
tempi di magra…Certo, si è risparmiato dove si è
potuto,
soprattutto
sull’orchestra, nell’occasione quella del
conservatorio Cantelli di Novara, formata da
professori e neodiplomati, e sul coro, ormai di
casa sul palcoscenico del Coccia, quello della
chiesa di S. Gregorio Magno di Trecate, cui per
l’occasione si è aggiunto un ‘Coro del Ticino’,
che confessiamo a noi sinora ignoto. Un’aria un
po’ meno “locale” si respirava coi cantanti,
soprattutto i tre cui spettano i ruoli
protagonistici nell’Aida: il tenore Walter
Fraccaro (ovviamente Radames), il soprano
colombiano Alexandra Zabala (Aida) e il
mezzosoprano serbo Sanja Anastasia (Amneris). A
garantire dignitosa qualità all’esecuzione era
poi la bacchetta di Matteo Beltrami, da
quest’anno direttore musicale del Coccia, oltre
alle firme della regia (Paolo Gavazzeni e Piero
Maranghi) e della scenografia, affidata alla
brava Leila Fteita, forte dell’esperienza di una
precedente “Aida” con Ronconi. E in effetti la
scenografia ci è sembrata uno dei punti di forza
di questo allestimento novarese. Molto sobria,
senza alcuna concessione a pesanti e solitamente
ridicoli addobbi in stile pseudoegizio,
‘inscatola’ i movimenti dei personaggi,
illuminati dai raffinati e suggestivi giochi di
luce di
Angelo Linzalata, in una fredda
architettura verticalizzata da un’alta
scalinata, su cui agiscono re e sacerdoti, a
suggerire l’idea di un potere politico-religioso
opprimente, alla cui logica spietata è possibile
sottrarsi solo con la morte per Aida e Radames,
che, uniti dal loro amore proibito, agiscono
invece ai piedi della minacciosa scalea. Amneris,
che è personaggio contraddittorio, donna di
potere, ma anche innamorata perdutamente di un
uomo che sa non potrà mai essere suo, appare ora
gelida principessa, ieraticamente immobile in
cima alla scalinata, ora ai piedi di essa,
scompostamente agitata dalla passione. Carica di
suggestione e priva di banalità la scenografia
della notte lunare dell’atto terzo, sfondo
misterioso e inquietante su cui esplode il
dramma. Per quanto riguarda l’esecuzione
propriamente musicale, ci pare che all’Aida
vista ieri a Novara si adatti perfettamente il
giudizio espresso nelle note di regia che
introducono il programma di sala: il vero
protagonista di Aida non è, come avevamo in
verità sempre creduto, l’eroina eponima con la
sua delicata vocalità, ma Amneris, con la sua
vocalità mezzosopranile intorbidata e impennata
all’acuto da un’incontrollabile e frustrata
passione. Davvero eccellente la prestazione di
Sanja Anastasia, ottima attrice di
coinvolgente
espressività, cantante dotata di vocalità capace
di splendidi acuti e di rapidi salti d’ottava,
potente nell’emissione su tutti i registri: da
ricordare l’intensa melodia nel duetto con Radames dell’a.IV (Morire! Ah tu dei vivere…).
Anastasia è stata dunque il vertice del cast di
cantanti ascoltati ieri al Coccia. Metteremmo un
gradino, e anche più, al di sotto la Zabala, di
bella voce morbida, con buon legato e fraseggio
delicato, ma fragile proiezione e di personalità
scenica un po’ scialba, comunque non del tutto
adatta al ruolo; lo stesso dicasi per Fraccaro,
che ha voce di buona ampiezza e brillante negli
acuti, ma non ha un gran bel timbro, è piuttosto
fragile nel registro medio e di limitata
espressività interpretativa: una delle più belle
scene del nostro teatro musicale, il duetto
finale dei due amorosi, con addio alla vita, è
scivolato via piuttosto insipido. Hanno sbrigato
decorosamente la loro parte gli altri
interpreti,
tra i quali ricordiamo il baritono
Elia Fabbian (Amonasro), il basso Antonio Di
Matteo (un buon Ramfis) e il basso G. Luca
Lentini (il faraone). Infine, la buca ha dato
nel complesso buona prova di sé: Beltrami è
direttore d’opera ormai d’esperienza, capace di
reggere con mestiere l’organico affidatogli. Si
sa che ama tempi rapidi, magari talvolta anche
troppo, ma sa dare buona fluidità al fraseggio.
L’orchestra del Cantelli non ci è affatto
dispiaciuta: ha dato prova di buona cantabilità,
specie negli archi, anche se il suono non è
ancora brillante come si vorrebbe e risulta
spesso privo di quelle delicate sfumature
dinamiche e timbriche, decisive, ad esempio per
il finale, dove l’eterea musica di arpe e
armonici dei violini perdeva molta della sua
suggestione. Le note meno positive riguardano il
coro, non sempre adeguatamente intonato e a
tempo. Comunque gli applausi alla fine delle
quasi tre ore di spettacolo, con un solo, breve
intervallo tra II e III atto, sono piovuti
scroscianti e lunghissimi, da parte di un
pubblico che, come sempre per l’opera (il genere
di spettacolo più “gettonato” a Novara) ha
riempito fino al tutto esaurito il Coccia.
8 ottobre 2016 Bruno Busca
Inizia a Milano il
25° Festival di MILANO
MUSICA
Il 25° Festival di Milano
Musica, realizzato in collaborazione con il
Teatro alla Scala, incentra la programmazione
sul tema ‘Gérard Grisey: intonare la luce’. In
un percorso attraverso i capolavori del Maestro
francese – e fino a
nuovi brani in prima assoluta
commissionati
a giovani compositori affermati a livello
internazionale – viene presentato un pensiero
musicale che sovverte radicalmente i paradigmi
dell’avanguardia musicale e ritrova riferimenti
forti nella natura, ovvero nella materia sonora.
Il programma
esplora i sottili riferimenti al mito presenti
nell’opera di Grisey e li annoda alla metafora
luminosa che ispira l’immaginario acustico di
molti suoi brani – dal giro del sole al segnale
di una stella, fino ad antiche regole di
geometria proiettiva – in una mappa che esprime
il sogno di questo autore: intercettare la
pulsazione profonda che anima e accomuna le
forme della natura e le forme dell’arte.Il
pensiero di Grisey (1946-1998) si sviluppa in
seno allo spettralismo, movimento nato in
Francia negli anni Settanta, che egli stesso
contribuisce a fondare, dopo gli studi con
Messiaen e Dutilleux, i seminari a Darmstadt con
Ligeti, Stockhausen e Xenakis e gli studi di
acustica ed elettroacustica. Contro la tendenza
all’astrattismo formalistico dell’avanguardia
strutturalista, lo spettralismo si orienta sui
modi della manifestazione fisica del suono e
sullo studio delle soglie percettive, dimensioni
rese accessibili dalle nuove tecnologie. In
Grisey, in particolare, tale prospettiva si
coniuga alla tensione utopica a superare il
dualismo spirito-materia. E il Festival intende
cogliere precisamente questa attitudine.
20 concerti e
spettacoli, 5 incontri, 8 prime esecuzioni
assolute, 2 prime esecuzioni in Italia, di cui 5
commissioni di Milano Musica.
I concerti sono
registrati e trasmessi in diretta o in differita
da RAI Radio3.
7 ottobre dalla redazione
Prossimamente la 19a
edizione del Viotti Festival
a Vercelli
La diciannovesima edizione
del Viotti Festival prenderà il via sabato 15
ottobre, alle ore 21, nella Chiesa di S.
Cristoforo con un concerto ad ingresso libero.
Protagonisti dell’evento Guido Rimonda, la
Camerata Ducale e il pianista Mario Coppola.
Durante la serata il Direttore Artistico
Cristina Canziani e il musicologo Attilio
Piovano presenteranno il cartellone con una
breve panoramica sulla nuova stagione. Una
grande festa in musica che darà a tutti i
partecipanti l’opportunità di sottoscrivere, a
fine serata, l’abbonamento alla stagione
concertistica 2016/2017, con sede al Teatro
Civico. Il carnet dà diritto a 16 straordinari
concerti, oltre la prelazione al posto per il
Concerto di Capodanno. P e r a v e r e maggiori
informazioni sulla nuova stagione e relativa
campagna abbonamenti consultare il sito
www.viottifestival.it, oppure contattare lo
staff del festival telefonicamente o via e-mail
(011 75.57.91 | HYPERLINK "mailto:biglietteria@viottifestival.it.
7 ottobre dalla redazione
Elisso Virsaladze
alle Serate Musicali
Torna annualmente in
Conservatorio per Serate Musicali la
pianista georgiana Elisso Virsaladze. Stiamo
parlando di un'interprete di alto livello che
trova in Schumann, nei romantici in genere e nei
compositori russi i privilegiati riferimenti.
Ieri sera il variegato e
ben
strutturato programma prevedeva musiche di Bach,
Schubert, Schumann, Liszt, Gounod.
L'introduzione con l'Ouverture in re
maggiore- da una cantata di Bach nella
trascrizione di Saint-Saens- , ci ha subito
rivelato l'abilità tecnico-discorsiva della
pianista che gioca su una padronanza completa
della materia sonora. La Virsaladze, come pochi
altri pianisti di alto livello - un nome per
tutti Horowitz-, avendo in memoria ogni
dettaglio del brano che si accinge ad eseguire,
è sempre alla ricerca di ogni elemento nuovo per
l'interpretazione e spesso raggiunge vertici di
avvincente qualità estetica, poche volte con
risulto affrettato. Questo è dovuto al bisogno
dell'interprete di novità espressive
lontane
da una superficiale restituzione mnemonica e
tecnica. Nel concerto abbiamo trovato di grande
spessore estetico i 6 Momenti musicali op. 94
di Schubert, il Valse-Caprice op.6 di
Schubert-Liszt, il noto Widmung di
Schumann-Liszt e almeno la Berceuse op.57
di Chopin. Ottimi gli altri brani ricordando
almeno il celebre Valse dal Faust di
Gounod nella trascrizione lisztiana. Due i bis
concessi con un brano di Mozart ed un valzer di
Chopin splendidi. Successo di pubblico. Da
ricordare.
4 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
Lilya Zilberstein
all'Auditorium di Milano
Protagonista indiscussa della
serata musicale di ieri sera in Auditorium è
stata la pianista moscovita Lilya Zilberstein.
Vincitrice del Concorso Internazionale
pianistico di Bolzano
"F.Busoni" nel 1987, la
Zilberstein ha suonato nelle più prestigiose
sale da concerto internazionali spesso diretta
dai massimi direttori d'orchestra. Ieri il
programma della Sinfonica Verdi prevedeva un
tutto Rachmaninov diretto dall'ottimo Stanislav
Kochanovsky, ancora un russo,questa volta di San
Pietroburgo, che spesso dirige l'orchestra
milanese. Celebre il brano che ha introdotto la
serata: il Concerto in re minore per
pianoforte e orchestra n.3 op.30 è
certamente tra i più eseguiti dai massimi
pianisti ed è noto per la melodicità del primo
movimento, Allegro ma non tanto, che con
poche delicate note esprime il primo tema. In
realtà tutto il Rach3 è pervaso da sviluppi
melodico-armonici di difficoltà trascendentali
che solo pianisti coraggiosi e di livelli
possono esprimere in modo decoroso. La
Zilberstein rientra nella categoria delle
interpreti di alto livello, specie nel
repertorio di Rachmaninov. Ha eseguito il
concerto, ottimamente diretto da Kochanovsky,
con una fluidità sorprendente estremamente
efficace che dimostra oltre che perfetta
padronanza tecnico-musicale anche un'eccellente
espressività con dinamiche accurate e timbriche
efficaci. Fragorosi gli applausi al termine del
noto lavoro. Valida l'esecuzione del secondo
brano orchestrale, la poco eseguita Sinfonia
n.1 op.13, brano giovanile di Rachmaninov
anticipatore del suo virtuosismo orchestrale
otre che pianistico, ancora nella tonalità di Re
minore. Bravissima l'Orchestra Sinfonica Verdi.
Da ricordare. Ultima replica per domani alle ore
16.00 Da non perdere.
1 ottobre 2016 Cesare
Guzzardella
SETTEMBRE 2016
The turn of the screw
di Britten alla Scala
Il compositore inglese
Benjamin Britten è stato trascurato un po'
troppo in Italia. Rappresenta invece uno dei più
straordinari compositori teatrali del '900.
L'eccellente messinscena scaligera di questi
giorni ci rivela un geniale artista che
meriterebbe maggior
attenzione. Inventore di un linguaggio musicale
molto personale e riconoscibile anche da poche
note, Britten conosce in modo profondo il teatro
e musicalmente incontra diversi
periodi
storici: dalla musica antica, al Settecento sino
al neoclassicismo e alla dodecafonia. La sua
opera più celebre, Il giro di vite, su
libretto di Myfanwy Piper dal noto racconto di
Henry James, ci rivela un musicista che inventa
musica partendo da un'analisi attenta di una
vicenda poi raccontata in modo esemplare. Sembra
che le sonorità, spesso tenebrose in
quest'opera, appartengano al testo ed alla
recitazione. L'ottima compagnia di canto, la
valida regia, la riuscita scenografia,
unitamente alla dettagliata e precisa direzione
di Christoph Echenbach e alla incisiva resa del
raffinato gruppo cameristico scaligero, sono
alla base del successo di quest'opera. Caloroso
l'apprezzamento dell'attento pubblico in teatro.
Unico
neo la presenza di numerosi posti liberi che
testimoniano la mancanza in Italia di solide ed
evolute basi musicali da parte di un pubblico
legato soprattutto alla tradizione dei Verdi,
dei Puccini e dei Mozart. Ricordiamo l'ottimo
cast vocale ( foto Archivio Teatro alla Scala)
rappresentato dall'eccellente Miah Persson,
l'Istitutrice, dall'ottimo Ian Bostridge,
Prologo e Quint, dell'altrettanto valida
Jennifer Johnston, Mrs. Grose, dai
bravissimi e molto presenti Louise Moseley,
Flora e Sebastian Exall, Miles ed in
fine dalla bravissima Allison Cook in Miss
Jessel. Ci sono piaciute molto le
realizzazioni scenografiche geometriche e
settoriali, di Steffen Aarfing- autore anche
della parte video e dei costumi- e tutto il coro
di ragazzi diretto da David Swinson. Un plauso
alla riuscita regia di Kasper Holten che ha
trovato interpreti validi anche attorialmente.
Prossime repliche per il 28 -30 settembre e il
13-17 ottobre.
21 settembre 2016 Cesare
Guzzardella
ll direttore
venezuelano Diego Matheuz al
Teatro alla Scala
Con il titolo "Danzando
dentro un ranch" è stato impaginato per MiTo
un programma
particolare
accostando L.v. Beethoven all'argentino Alberto
Ginastera. Del tedesco due noti lavori quali la
Fantasia corale op.80 e la Sinfonia
n.7 op.92 sono stati inframezzati dai
quattro brani orchestrali che compongono la
Suite da balletto "Estancia". I ritmici e
fragorosi brani di Ginastera datano 1942 e sono
un esempio di musica folcloristica che trova
riferimento anche in Stravinskij. Ci sono
piaciute le esecuzioni beethoveniane e bravi
sono stati sia gli orchestrali che i coristi
dell'Orchestra del Teatro Regio di Torino nonchè
la pianista Venessa Benelli Mosell nel
fondamentale ruolo solistico dell'op.80. Ancor
meglio l'interpretazione dei quattro brani del
compositore argentino. In questi luminosi e
dinamici lavori sono emerse le migliori qualità
del direttore venezuelano e le sue affinità col
mondo sonoro sud-americano. Fragorosi applausi
al termine in un teatro scaligero al completo.
Come bis riproposta l'appassionante Danza
final- Malambo da "Estancia".
18 settembre 2016 Cesare
Guzzardella
Pietro De Maria e le
Fughe di Bach e Laganà
Un programma inconsueto ed
intelligente quello proposto dal pianista Pietro
De Maria per il concerto MiTo tenuto nella Sala
Puccini del Conservatorio milanese. Il titolo
dato al
concerto
"La Pop arte della fuga" sottolineava la
presenza del genio di Eisenach J.S.Bach con
l'ausilio -nella seconda parte del programma-
del compositore-clavicembalista Ruggero Laganà.
Dopo una valida selezione di brani - 10 Preludi
e fughe dal noto Clavicembalo ben temperato
, capolavoro nella didattica studiato da
ogni pianista classico, sono stati eseguiti
alcuni brani di Laganà che trovano nella fuga
bachiana la principale risorsa compositiva.
Celebri melodie come Mon river,
Solo
me ne vo' per la città,
Gracias à la vida, Valzer di Musetta, A taste of
honey, sono state variate secondo i principi
costruttivi del grande Bach ma con la creatività
del bravissimo Laganà. Questi è inaspettatamente
intervenuto sul palcoscenico per un delicato e
pregnante suo brano a quattro mani con De Maria:
un bis dedicato al figlio di pochi mesi, una
Ninna nanna di Brahms variata secondo i
principi della fuga di Bach-Laganà molto
toccante. Splendido concerto e fragorosi
applausi in una sala al completo.
17 settembre 2016 Cesare
Guzzardella
Gabriela Montero per
Mito al
Conservatorio milanese
Un programma speciale quello
della pianista venezuelana Gabriela Montero.
Ieri sera in Sala Verdi l'abbiamo ascoltata
prima in Schubert e Schumann e poi in
estemporanee
improvvisazioni
su temi scelti dal pubblico. I quattro
Improvvisi op.90 sono stati ben eseguiti,
con articolate dinamiche che hanno messo in
risalto una facilità esecutiva dovuta alla
grande musicalità ed all'esperienza di questa
brava e simpatica artista. Il carattere
improvvisatorio della pianista è emerso
soprattutto nel celebre Carnaval op.9 di
Schumann, raccolta di brevi schizzi musicali con
rapidi cambiamenti di tempo e dinamiche. La
sintesi discorsiva, a volte eccessiva, ha reso
ancor più estemporanei questi piccoli
capolavori. L'unicum complessivo
dell'op.9, senza eguali nella storia
della
musica romantica, ha comunque trovato un valido
equilibrio d'insieme. Da questa "estemporaneità"
alle improvvisazioni della seconda parte della
serata il salto è stato breve. Improvvisando
prima su un tema barocco in modo creativo e
bachiano, e poi su melodie proposte dal pubblico
come Yesterday, Inno alla
gioia, Jingle bells, ecc., la pianista ha
mostrato la sua dote più appariscente, quella
improvvisatoria, tipica di molti jazzisti.
Partendo dalla celebre melodia natalizia è
arrivata, dopo rilevanti sequenze armoniche allo
stile jazz strappando al termine fragorosi
applausi. Pregnante il bis dedicato alla sua
terra venezuelana: un aria molto triste seguita
da splendide improvvisate varianti per un
ritorno al sofferente motivo iniziale. Fragorosi
applausi
14 settembre 2016 Cesare
Guzzardella
Un duo di qualità per
MiTo al Dal Verme
Certamente un duo cameristico
di qualità quello ascoltato ieri pomeriggio
nella Sala piccola del Teatro dal Verme per Mito
Settembre Musica. Il violinista ucraino Valeriy
Sokolov
ed il pianista russo Evgeniy Izotov sono ben
conosciuti dal pubblico milanese interessato
alla musica classica. Da alcuni anni sono ospiti
delle più prestigiose società concertistiche.
Ieri hanno rinnovato il meritato successo
riempiendo completamente la capiente Sala
Piccola del Teatro dal Verme con un impaginato
di qualità che prevedeva brani di Schubert,
Beethoven e Brahms. Del primo viennese abbiamo
ascoltato la nota Sonatina n.2 in la minore D
385, del grande tedesco
la
celebre Sonata in fa maggiore op.24
"Primavera" e dell'ungherese l'altrettanto
importante Sonata n.1 in sol maggiore op.78.
Emerge dalla loro valida esecuzione un'unità
stilistica mediata da una cifra esecutiva molto
classica dove l'equilibrio delle parti
pianistiche e violinistiche è perfettamente
calibrato. Bravissimi sia il pianista, chiaro e
preciso nell'espressività, che il violinista,
delicato e incisivo al punto giusto. La
sicurezza dei due interpreti nel definire i
dettagli musicali fa intravedere una consolidata
esperienza in duo. Una maggiore qualità
improvvisatoria, specie in alcuni frangenti,
avrebbe forse reso le interpretazioni più
genuine. Splendido e di alto livello espressivo
il bis proposto con il celebre e virtuosostico
Introduzione e Rondo' capriccioso di
Camille Saint-Saëns. Fragorosi gli applausi al
termine.
12 settembre 2016 Cesare
Guzzardella
Bruno Canino ed
Enrico Pieranunzi per MiTo
Settembre Musica
Di particolare interesse il
concerto ascoltato ieri sera nella Sala Verdi
del Conservatorio milanese per la decima
rassegna di Mito Settembre Musica. Un duo
inconsueto quale quello formato dal pianista
classico Bruno Canino e dal pianista jazz Enrico
Pieranunzi ha
trovato
unione in un programma estremamente intelligente
che prevedeva musiche di Milhaud, di Brubeck, di
due Bach -il sommo Johann Sebastian e il figlio
Wilhelm Friedemann-, di due Scarlatti-
Alessandro e il figlio Domenico- , di Gershwin e
dello stesso Pieranunzi. Ricordiamo che, come
raccontato da Pieranunzi nel corso della serata,
David Brubeck è stato anche allievo di Darius
Milhaud e lo stesso Pieranunzi si sente "figlio
in quanto jazzista" del celebre autore della
Rapsody in Blue, del grande musicista
americano che ha unito la tradizione classica
europea al jazz. Una scelta di programma dettata
dal tema del festival musicale che quest'anno ha
come titolo "Padri e figli". Il brano
iniziale, il noto Scaramouche del
musicista francese, ci ha rivelato subito oltre
alle eccelse e sicure qualità di Canino anche
quelle di Pieranunzi
come
musicista classico. Con un raffinato Brubeck,
quello dei tre brani tratti da Point on jazz
( Prelude, Blues, Waltz) abbiamo capito come
lo spessore di certa musica jazz sia
estremamente alto e non inferiore alle migliori
composizioni classiche. Le abilità
improvvisatorie di Pieranunzi sono emerse nei
brani dedicati ai Bach e agli Scarlatti, nei
quali, insieme alla precisa e dettagliata
esecuzione di Canino, Pieranunzi
ha trovato soluzioni estremamente
raffinate nell'unire con abilità e creatività i
singoli movimenti proposti dal pianista napoletano.
Con Gershwin (I got Rhythm Variations) e
nelle Variazioni su un tema di Gershwin
di Pieranunzi, il pianista romano - classe 1949-
ha trovato pane per i suoi denti mediante
eccellenti interpretazioni. Fragorosi gli
applausi al termini per una serata di grande e
originale qualità musicale. Da ricordare.
8 settembre 2016 Cesare
Guzzardella
Un concerto alla
Scala per un'importante raccolta a favore dai
bambini di Haiti
Un'importante
serata di raccolta fondi a favore della
Fondazione Francesca Rava
– NPH Italia Onlus
si terrà il prossimo 2 ottobre al Teatro
alla Scala di Milano. Sul palco il
maestro Christoph Echenbach dirigerà l’Orchestra
dell’Accademia del Teatro in un ricco programma
che propone capisaldi della letteratura musicale
come l'Egmont e la Sinfonia n.1 di Ludwig van
Beethoven e la Sinfonia n. 2 di Johannes Brahms.
Grazie al prezioso sostegno di Intesa Sanpaolo e
Rolex, e al contributo di Pirelli, l’intero
ricavato della serata sarà destinato all'urgente
progetto Chirurgia Pediatrica all’Ospedale Saint
Damien di Haiti, che permetterà di salvare
subito tanti bambini e formare nuovi chirurghi
pediatrici haitiani. La serata ha il Patrocinio
del Comune di Milano.
Donazioni minime biglietti
a partire da 20
€. Per informazioni e
donazioni Fondazione Francesca Rava
– N.P.H Italia
Onlus 02 54122917
www.nph-italia.org,
eventi@nph-italia.org,
www.nph-italia.org
6 settembre 2016 dalla
redazione
Milano parte con
MiTo Settembre Musica 2016
Ieri sera il Teatro alla Scala ha ufficialmente
dato il via alla 10ma rassegna musicale MiTo
Settembre Musica. Alla presenza di un
numerosissimo pubblico di appassionati e di
alcune autorità locali, la London Symphony
Orchestra diretta da Gianandrea Noseda ha
eseguito brani di Claude Debussy e di Sergej
Rachmaninov. Il corposo programma orchestrale
prevedeva i tre noti schizzi sinfonici de La
mer preceduti da cinque Préludes dal
Secondo libro (1905) del compositore
francese nella trascrizione orchestrale di Nikos
Christodoulou (1959). Certamente questa
selezione dai Dodici Preludi e precisamente i
n.ri 3-6-7-9-12 ha rappresentato un
elemento di novità e di particolare interesse.
La musica pianistica di Debussy - e le due serie
di Preludi ne rappresentano il massimo esempio-
rimanda mentalmente ad una tavolozza di colori
che con gli strumenti di una grande orchestra
può apparire anche di più immediata varietà
coloristica. La splendida trascrizione di
Christodoulou ha trovato adeguata risposta nella
corretta e fantasiosa ricerca delle timbriche,
ricerca che nell'intenzione del musicista greco
fosse rispettosa il più possibile della versione
originale. Il risultato estetico ascoltato ci è
apparso di raffinata e convincente resa. Ben in
risalto i colori della LSO e dettagliata e
precisa la direzione di Noseda. Applausi
fragorosi anche al noto La mer. La
seconda parte della serate prevedeva la
Sinfonia in mi minore n.2 op.27 di
Rachmaninov, lavoro del 1908 in quattro
movimenti che alterna romantiche melodie della
tradizione ottocentesca russa a elementi
musicali decisamente moderni nei frangenti più
virtuosistici. Soprattutto questi rendono la
sinfonia particolarmente significante. Splendida
la direzione di Noseda e la resa musicale della
London Symphony Orchestra. Fragorosi gli
applausi tributati e due brevi bis con due
celebri Cajkovskij e Brahms. Da ricordare.
4 settembre 2016 Cesare Guzzardella
LUGLIO 2016
Yulianna Avdeeva
all'UniCredit Pavilion con
un'orchestra giovanile polacca
È una manifestazione dedicata alle orchestre
giovanili quella organizzata all'UniCredit
Pavilion, il nuovo spazio polifunzionale
milanese di piazza Gae Aulenti. Il programma di
luglio
prevede concerti con orchestre giovanili
provenienti da tutta Europa insieme a solisti e
direttori conosciuti quali Yulianna Avdeeva,
Julia Hagen, Fabrizio Bosso, Tomasz Tokarczyk,
Simon Perčič,
Mark Armstrong e Michele Gamba. Ieri sera
davanti un numerosissimo pubblico presente
all'interno dello spazio- auditorio del Pavilion
ma anche di fronte ad un numeroso pubblico
all'aperto di fronte ad un grande schermo,
abbiamo ascoltato la Polska
Orkiestra Sinfonia Juventus, compagine
orchestrale polacca diretta da T. Tokarczyk con
una solista
d'eccezione quale la pianista russa Y. Avdeeva.
Il programma con l'eccellente solista prevedeva
il celebre Concerto per pianoforte e
orchestra n.1 in Mi minore op.11 di Frydyric
Chopin anticipato dalla nota
Ouverture
rossiniana dal Barbiere di Siviglia e
al termine la Settima Sinfonia di
L.v. Beethoven. Ottime
le esecuzioni ascoltate nell'interpretazione
della giovanile orchestra ed eccellente il
concerto di Chopin con una solista che ha
mostrato tutte le qualità che deve avere la
vincitrice 2010 del celebre "Concorso
Internazionale F. Chopin". Lunghi applausi e un
bis di Chopin per l'Avdeeva. Prossimo concerto
al Pavilion per il 7 luglio con la Nova
Filharmonija diretta da Simon Perčič
per la celebre Sinfonia n.1 in Re
maggiore "Titano" di Gustav Mahler. Tutti i
concerti sono ad ingresso libero sino ad
esaurimento dei posti disponibili.
2 luglio 2016 Cesare Guzzardella
GIUGNO 2016
Simon
Boccanegra al Teatro alla Scala
Meritato successo per l'opera verdiana Simon
Boccanegra al Teatro alla Scala (foto Archivio
Scala). L'allestimento per la regia di Federico
Tiezzi con scene di Pier Paolo
Bisleri
riprese da Lorenza Cantini e luci di Marco
Filibeck è quello del 2010. L'elemento di novità
è stato rappresentato dalla direzione musicale
del Maestro Myung-Whun Chung che è tornato sul
podio scaligero dopo un periodo di assenza non
indifferente. Il direttore coreano ha
un'affermata esperienza in questo lavoro
avendolo diretto più volte e la sua
interpretazione ci è apparsa di ottima qualità
in tutte le componenti musicali che unitamente
alla complessa vicenda richiedono una conoscenza
approfondita per una resa d'insieme di spessore.
Tutti i protagonisti, dalle voci soliste, al
coro preparato come sempre in modo eccellente da
Casoni, ci sono apparsi in sinergia con la
direzione musicale e con l'ottima regia di
Tiezzi e il risultato finale lo riteniamo
migliore delle rappresentazioni degli anni
scorsi. Tra i protagonisti vocali ieri sera
l'inossidabile Leo Nucci ha mostrato di meritare
pienamente
i
fragorosi applausi tributati al termine dal
numeroso pubblico presente alla quarta
rappresentazione. Non dimentichiamo gli altri
interpreti con ottime rese coloristiche per
Carmer GiannatTasio, Amelia, Dmitry
Belosselskiy, Jacopo Fiesco, Massimo
Cavalletti, Paolo Albiani, Giorgio
Berrugi, Gabriele Adorno, Ernesto
Panariello, Pietro e gli altri. Lunghi
applausi al termine e molto voluminosi per
Myung-Whun Chung. Prossime repliche per l'1, il
5 e l'8 luglio. Nelle ultime due ascolteremo
Placido Domingo e Krassimira Stoyanova al posto
di Nucci e Giannattasio. da non perdere.
29 giugno 2016 Cesare Guzzardella
Stefan Milenkovich
con la Sinfonica Verdi in Auditorium
Molti ricorderanno il violinista serbo Stefan
Milenkovich -enfant prodige alla fine degli
anni '80- esibirsi in una serie di concerti in
Italia e anche davanti alle telecamere
televisive. Sono passati circa trent'anni da
allora e adesso Stefan, all'età di 39 anni, è
considerato un eccellente violinista che suona
nelle sale da concerto di tutto il mondo. A
Milano mancava da molti anni e ieri sera lo
abbiamo ascoltato con la Sinfonica Verdi diretto
da Aziz Shokhakimov per il celebre Concerto
per violino e orchestra in mi minore op.64
di F.
Mendelssohn.
Questo brano in tre movimenti ebbe la prima
esecuzione a Lipsia nel 1845 ed è tra i più
ricchi d'inventiva nel repertorio dei concerti
per violino per via anche dell'evidente
freschezza virtuosistica. A completare la serata
un altro importante lavoro del tedesco con
Sogno di una notte di mezza estate op.21 e 61.
Di qualità l'interpretazione ascolta sia sul
versante solistico che su quello orchestrale. La
raffinata espressività dell'interprete è emersa
in modo evidente anche se il violino ci è
apparso mancante di voluminosità. La precisa
cavata di Milenkovich ha comunque sfruttato al
meglio le potenzialità del suo strumento ben
coadiuvato dalle sapienti qualità del direttore
Shokhakimov e la restituzione orchestrale è
stata valida in ogni settore. Le qualità
virtuosistiche del serbo sono emerse ancor più
negli efficaci bis concessi con due movimenti di
Bach dalla Partita n.2, Allemande, dalla Partita n.6,Prelude e
nella bellissima rielaborazione del Preludio
operata dal celebre
violinista-compositore belga Eugene Ysaye. In questi
tre brani Milenkovich, abituato anche a scherzare
con il pubblico nella presentazione dei lavori,
è risultato molto chiaro ed incisivo. Fragorosi
applausi al termine. Evidenziamo anche l'ottima
esecuzione del Sogno di una mezza estate
eseguita nella seconda parte che ha trovato
anche come validi interpreti le voci soliste dei
soprani Nina Almark e Mariachiara Cavinato ed il
coro di Erina Gambarini.
25 giugno 2016 Cesare Guzzardella
A Vercelli
prossimamente sesto e ultimo appuntamento per la
rassegna Ducale.Lab
Il sesto e ultimo
appuntamento della rassegna DUCALE.LAB avrà
luogo giovedì 30 giugno 2016 alle ore 18.00
presso il MUSEO LEONE di Vercelli (Via Verdi
30)ed avrà come protagonista il soprano ARIANNA
STORNELLO accompagnata al pianoforte da CRISTINA
LAGANA’. In programma musiche di V. Bellini, R.
Schubert, R. Schumann, J. Brahms, G. Fauré, C.
Debussy, R. Strauss, A. Mahler, A. Schoenberg,
O. Respighi, F. P. Tosti
25 giugno la redazione
Maurizio Pollini al
Teatro alla Scala
L'atteso concerto di Maurizio Pollini alla Scala
è stato percepito ancora una volta come evento
da non perdere dal numerosissimo pubblico
intervenuto. La standing ovation finale e
i relativi bis sono oramai quello che ci
attendiamo da questo mito vivente del pianismo
internazionale. I fragorosi applausi conclusivi
nella splendida serata di lunedì sono
stati
pienamente meritati da un interprete che ci
rende orgogliosi di essere, come lui, milanesi.
Classico il programma proposto, con Chopin nella
prima parte della serata e Debussy nella
seconda. Il Preludio in do diesis min. op. 45,
le Trois Mazurkas op. 59, i Deux
Nocturnes op. 62, le Trois Mazurkas op.
63 e lo Scherzo in si min. op. 20
sono in ordine d'esecuzione i brani proposti di
Chopin mentre l'intero Secondo Libro dei
Préludes di Debussy ha concluso il programma
ufficiale. I tre bis concessi prevedevano ancora
Debussy con il noto preludio la Cathedrale
engloutie e del genio polacco lo Scherzo
n.3 op.39 e la Berceuse op.57. La
completa interiorizzazione della poetica
chopiniana ha portato Pollini (foto Archivio
Scala) ad eseguire i brani proposti con alto
profilo estetico anche se abbiamo trovato, dopo
un avvio in rodaggio, un netto miglioramento in
corso d'opera con un'esecuzione di maggiore
valenza nei Notturni e nello Scherzo n.1 op.20.
Ma il miglior Chopin, a nostro avviso, è stato
quello ascoltato nei due bis, sia lo Scherzo
n.3 che la celebre Berceuse eseguita
con eccelsa chiarezza coloristica ed una
profondità espressiva inarrivabile.
Entusiasmante il Debussy proposto compreso il
bis del francese. In questa seconda serie di
preludi Pollini non ha ancora un'esecuzione
ufficiale discografica, pur eseguendo spesso nei
concerti questi capolavori di timbrica.
L'equilibrio perfetto dei piani dinamici e la
bellezza coloristica hanno reso le esecuzioni di
grande valenza estetica, ricordandoci ancora una
volta che il Maestro è ancora uno dei migliori
pianisti viventi. Da ricordare a lungo.
22 giugno 2016 Cesare Guzzardella
Prossimamente a
Vercelli due concerti per la rassegna DUCALE.LAB.
Ricordiamo il quarto e il
quinto concerto della rassegna DUCALE.LAB che
avranno luogo venerdì 24 giugno alle ore 18.00 e
sabato 25 giugno 2016 alle ore 11.00 presso il
MUSEO LEONE di Vercelli (Via Verdi 30).
Protagonista del 24 giugno 2016 la pianista SARA
DE NUCCIO eseguirà musiche di L.V. Beethoven, C.
Debussy, F. Liszt mentre il 25 giugno il tenore
KIM HYUK SOO e il baritono LEE HO JOUN ,
accompagnati dal pianista HYE JIN PARK
eseguiranno musiche di G. Donizetti, G. Verdi,
G. Puccini, R. Leoncavallo, A. Ponchielli. I
concerti fanno parte della diciottesima edizione
del Viotti Festival.
22 giugno dalla redazione
Meritato
successo per Der Rosenkavalier al Teatro alla
Scala
Il meritato successo per Der
Rosenkavalier in scena in questi giorni al
Teatro alla Scala, lo si deve ad una
molteplicità di fattori che nella complessità
dell'opera straussiana,
nell'ambientazione
e nelle intenzioni dal sapore mozartiano,
concorrono in egual misura alla sua
realizzazione. La Scala aveva ospitato Il
cavaliere della rosa (foto dell'Archivio
Teatro alla Scala) l'ultima volta con sette
rappresentazioni nel 2011 e prima, sempre con
sette rappresentazioni, nel 2003 nella sede
momentanea degli Arcimboldi. Questa messinscena
è nata a Salisburgo lo scorso anno ed è stata
trasferita quest'anno nella nostra città. Il
virtuosismo musicale di Richard Strauss con
centralità nel raffinato valzer viennese,
ha trovato
in
Zubin Mehta un degno interprete che con notevole
sintesi ed estroversa energia ha messo ben in
risalto i colori orchestrali e le sostenute voci
dell'ottimo cast vocale. Dovendo fare una
graduatoria delle numerose voci -tutte valide-
salite sul palcoscenico mettiamo in vetta quelle
di Krassimira Stoyanova, una raffinata
Fedmarschallin e di Günther Groissböck, il
riluttante e spilorcio Barone Ochs. A
seguire Christiane Karg la gentile Sophie,
e Sophie Koch la doppia Octavlan. Non
dimentichiamo almeno Adrian Eröd , Faninal,
Kresimir Spicer, Valzacchi, Janina
Baechle, Annina, Silvana Dussmann,
Jungfer Marianne, e gli altri. A rendere
rilevante questa commedia in tre atti su
libretto di Hugo von
Hofmannsthal
- prima esecuzione a Dresda nel 1911- è
certamente la regia di Harry Kupfer, ben
articolata nel mettere in rilievo la divertente
farsa e la commedia amorosa. Luminose, raffinate
ma nel terzo atto anche caotiche e contrastate,
le scene da Hans Schavernochper. Fondamentali le
luci di Jürgen Hoffmann, i video di Thomas
Reimer e i costumi di Yan Tax. Non dimentichiamo
assolutamente l'eccellente coro preparato da
Bruno Casoni. Le ultime repliche saranno il
17-21-24-29 giugno e il 2 luglio. Da non
perdere.
15 giugno 2016 Cesare Guzzardella
Riccardo Chailly e
Radu Lupu al Teatro alla
Scala
Un programma interamente dedicato a Schumann
ha accolto ieri sera per l'ultima replica
l'Orchestra Filarmonica della Scala e il
direttore Riccardo Chailly. Valore aggiunto di
grande qualità il pianista rumeno Radu Lupu per
il più noto tra i brani ascoltati: il
Concerto
in
la min. per pianoforte ed orchestra op.54.
Il concerto era centrale tra due lavori
ottimamente revisionati da Gustav Mahler quali
l'Ouverture dal Manfred e la
Sinfonia n.2 in do magg. Op.61. Ma è
certamente nel concerto pianistico che le attese
erano maggiori da parte del numeroso pubblico
presente in sala. Il taglio interpretativo dato
dal direttore milanese al programma ha trovato
modalità accentuate nel concerto dove la
mediazione interpretativa del grande pianista ha
suggerito un'esecuzione intimista e molto dolce.
I tempi dilatati del concerto hanno messo in
risalto i colori pianistici in un rapporto
dialettico nel quale la parte pianistica è
apparsa dominante nelle intenzioni. La bellezza
di questa interpretazione, certamente diversa da
molte più estroverse esecuzioni che conosciamo (Argerich,
Pollini, ecc.), è probabilmente legata alla
profonda visione di Lupu sulla musica di
Schumann giocata su un intimismo esasperato ma
intensamente espressivo. L'impatto timbrico del
concerto non è stato di grande effetto, come
spesso avviene all'ascolto dell'op.54 ma
l'assimilazione estetica avviene gradualmente
attraverso un ascolto più riflessivo. Nessun bis
pianistico al termine. Più nella tradizione
l'esecuzione dell'Ouverture da Manfred e la
Sinfonia n.2. Validi tutti i settori orchestrali
e di grande rilevanza il bellissimo Adagio
espressivo dell'op 61 reso con maestria da
Chailly e dai bravissimi musicisti della
Filarmonica. Successo di pubblico.
12 giugno 2016 Cesare Guzzardella
Cristiano Burato per
Serate Musicali
in Conservatorio
Ieri sera in Sala Verdi per Serate Musicali
abbiamo ascoltato un concerto del pianista
quarantottenne Cristiano Burato. Programma
variegato, intelligente, con Liszt e Chopin
come
protagonisti. Burato ha vinto molti premi
internazionali ma ci teniamo a ricordarlo
vincitore del Concorso Internazionale "Dino
Ciani" del 1996: la giuria era presieduta da
Riccardo Muti. La prima parte del concerto
prevedeva Liszt con le note sei Consolations,
lavoro tra i più romantici del grande
pianista-compositore ungherese dove risultano
molto evidenti le influenze di Chopin e di
Schumann. La resa stilistica molto
interiorizzata di Burato, con colori a tinte
scure si è ancor più accentuata negli altri due
brani lisztiani proposti: Funérailles e
Vallée d'Obermann. Il preziosismo
virtuosistico nell'ampia tavolozza coloristica
dei lavori lisztiani è stato ben reso dal
pianista mantovano con un'interpretazione
meditata ed attenta che ha trovato le giuste
dinamiche per affermare timbriche
particolarmente espressive. Nella seconda parte
della serata valida l'esecuzione della Sonata
n.2 op. 35 in si bemolle minore di
Chopin. Anche in questo caso il pianista ha
privilegiato
un'esecuzione
lontana da ogni sorta di brillantezza
coloristica ma orientata all'interiorizzazione
del materiale musicale. Incredibilmente chiaro e
ricco di sintesi il movimento conclusivo. A
conclusione del bellissimo concerto, Burato ha
sostituito la prevista Sonata n.3 chopiniana con
quattro brani che ci hanno permesso di
ascoltarlo da differenti angolazioni musicali.
Lo Studio n.1 op.25 di Chopin, il
magnifico ultimo movimento della Sonata
"Appassionata" di Beethoven, un brano da "Carnaval"
di Schumann denominato "Chopin", una
perfetta e strepitosa nelle dinamiche Sonata
di Scarlatti e un classico Studio di
Scriabin. Applausi fragorosi. Da ricordare a
lungo.
7 giugno 2016 Cesare Guzzardella
Prossimamente il
pianista Davide Cava al Museo Leone di Vercelli
Venerdì 10 giugno 2016 alle
ore 18.00 presso il MUSEO LEONE di Vercelli (Via
Verdi 30) si terrà un concerto che avrà come
protagonista il pianista Davide Cava, vincitore
del bando Ducale.Lab del Conservatorio di
Torino.
In programma musiche di W.A. Mozart, F. Chopin,
F. Liszt. Il concerto fa parte della
diciottesima edizione del Viotti Festival.
7 giugno dalla redazione
L'heure espagnole
e
L'enfant et les sortilèges
di Ravel al Teatro alla Scala
È un gioiellino d'intelligenza lo spettacolo
allestito al Teatro alla Scala in questi
giorni. L'heure espagnole e L'enfant
et les sortilèges di Maurice Ravel per la
regia e i costume
di
Laurent Pelly ha giustamente riscontrato un
meritato successo. I due brevi ma esaustivi
lavori sono completamente diversi nell'impianto
scenico: tradizionale e con scena fissa di
Caroline Ginet e Florence Evrarde il primo,
moderno e con originali costanti e rapidi
cambiamenti di scena fatti da Barbara de Limburg
il secondo. Due rappresentazioni differenti
anche musicalmente. Due "Ravel": il primo più
"tradizionale e impressionistico" e il secondo
più "astratto e surreale" che ci revelano la
complessa valenza artistica di questo geniale
compositore francese. La resa scenografica e
registica si è intelligentemente adeguata al
fattore musicale ben sottolineata dal bravissimo
direttore Marc Minkovski. Ottime le voci in
entrambe le rappresentazioni con capacità
attoriali rilevanti per tutti i cantanti
protagonisti tra cui ricordiamo almeno per il
divertente
L'heure
espagnole (foto a cura del Teatro alla
Scala) Stéphanie D'Oustrac in Concepción,
Yann Beuron in Gonzalve, Jean-Paul
Fouchécourt in Torquemada, Jean-Luc
Ballestra in Ramiro e Vincent Le Texier
in Don Inigo Gomez e per il prospettico e
volumetrico L'enfant et les sortilèges
ricordiamo almeno l'eccellente Marianne Crebassa
nel ruolo di L'enfant. Bravissimi tutti
gli altri a partire dai numerosi bambini e
ragazzi presenti in scena. Ottimo il Coro
preparato da Casoni. Da ricordare a lungo.
Prossime repliche il 3 e il 6 giugno.
1 giugno 2016 Cesare
Guzzardella
MAGGIO
2016
Francesco Libetta in
Conservatorio per Serate Musicali
È da molti anni che non si vedeva il
pianista pugliese Francesco Libetta in Sala
Verdi e con il concerto di ieri sera,
organizzato da Serate Musicali, abbiamo
ritrovato un interprete di eccellente qualità.
Certamente abbiamo assistito ad uno dei migliori
concerti tra quelli
ascoltati
in queste straordinarie stagioni concertistiche.
Due i fattori rilevanti: la splendida scelta
dell'impaginato con alcune rarità di grande
rilevanza musicale, quindi la bravura
dell'interprete che attraverso una chiarezza
timbrica determinata anche da un attento studio
analitico di ogni sequenza musicale, ha
espresso, in molti frangenti, vette
interpretative ineguagliabili. Il primo brano in
programma, di G. F. Händel la Suite in si bem.
magg. HWV 440, ha introdotto il concerto. La
capacità esemplare di sintesi in questo lavoro
ha trovato momenti di fascino discorsivo dove
Libetta cercava un suono interiore e nascosto.
Il grande virtuosismo è iniziato con alcuni rari
Studi di C. Czerny da Die Kunst der
Fingerfertigkeit op. 740: i numeri 18, 4,
21, 13, 33, 45, 50. Alcuni di essi di enorme
rilevanza estetica e non solo didattica sono
stati eseguiti con un'incredibile facilità atta
a mettere in risalto la bellezza
delle
sequenze e non il tecnicismo preparatorio. Con
L. v. Beethoven e la Sonata n. 27 in mi
minore op. 90 siamo arrivati al classicismo
di qualità. La bellissima sonata del genio
tedesco ha trovato nei colori tenui e chiari di
Libetta un ottimo interprete. Con la seconda
parte della serata incentrata su Liszt, abbiamo
ritrovato il Libetta migliore, il virtuoso che
approfondisce con esecuzioni che probabilmente
non hanno un equivalente interprete italiano.
Del grande pianista-compositore ungherese
abbiamo ascoltato la Rapsodia ungherese n. 6
in re bemolle maggiore; da "Années de
Pélerinage": Premiére Année, Suisse -n. 4 Au
bord d'une source; Premiere Valse oubliée
e da "Soirées italiennes" di
Mercadante-Liszt Serenata del marinaio.
Quindi un Liszt-Verdi con il Miserere dal
Trovatore e un Liszt-Wagner da "Lohengrin"
con Festa e Canto nuziale, Sogno di Elsa e
Ammonizione di Lohengrin a Elsa. La
complessità tecnica della musica lisztiana con
sovrabbondanza di armonie e melodie sovrapposte
nei piani sonori è stata resa di apparente
facilità da Libetta che ha sottolineato con
maestria la componente melodica. Quattro i bis
concessi: due di Chopin , un Valzer e un
celebre Studio -in una versione per sola
mano sinistra- , uno straordinario Studio-valzer(op.52 n.6)
di Saint-Saens e un ultimo bis dalla Ninna
nanna di Brahms. Naturalmente da ricordare.
31 maggio 2016 Cesare Guzzardella
Davide Cabassi per la
Società del Quartetto
Il pianista milanese Davide Cabassi ha concluso
i concerti del "Quartetto" dedicati al
pianoforte con un impaginato molto interessante
che prevedeva prima Schumann e poi Castiglioni e
Musorgskij. Le celebri Kinderszenen op.15
hanno introdotto la serata
seguite
dall'altrettanto noto Carnaval op.9.
Siamo rimasti sorpresi del valido livello
esecutivo complessivo dell'ancor giovane
interprete. Le brevi sequenze che formano i due
geniali lavori giovanili di Schumann sono state
assemblate con coerenza e sapiente coesione da
Cabassi. La scelta rapida di alcuni andamenti in
alternanza a quella riflessiva di altri hanno
trovato un giusto contrasto. Una cifra
stilistica con una maggiore attenzione per la
trasparenza delle timbriche e maggiori accenti
in alcuni frangenti avrebbero reso queste ottime
esecuzioni eccellenti. Nella seconda parte della
serata intelligente l'idea di unire in un unico
percorso il raro brano del compositore milanese
Niccolò Castiglioni (1932-1996), Dulce
refrigerium, con i celebri Quadri di
un'esposizione di Musorgskij.
Splendidi
i colori delle brevi sequenze che compongono il
riuscito lavoro del milanese e valida sotto ogni
profilo la scelta stilistica dei Quadri
del russo, giocata su timbriche lontane dalla
tradizione interpretativa russa e più vicina
alla melodicità italiana. L'equilibrio
complessivo della "passeggiata" ha retto
pienamente e il numeroso pubblico presente in
Sala Verdi ha dimostrato di apprezzare
tributando al termine calorosi applausi per le
avvincenti interpretazioni. Efficaci i bis con
una eccellente Sonata di Soler e un
classico americano anni '40 quale Over the
Rainbow di Harold Arlen . Da ricordare.
25 maggio 2016 Cesare Guzzardella
Julian Jia
prossimamente a Vercelli
Domenica 29 maggio 2016, alle
ore 21.00 presso il Teatro Civico di Vercelli si
terrà il concerto dell’orchestra Camerata Ducale
con il pianista Julian
Jia. Da non perdere
24 maggio dalla redazione
Un doppio concerto alle Serate
Musicali
Una serata particolarmente varia ed interessante
quella di ieri sera in Sala Verdi. La giovane e
bravissima Orchestra Antonio Vivaldi diretta da
Lorenzo Passerini ha impaginato un programma che
prevedeva nella prima parte brani contemporanei
e nella
seconda
due celebri lavori di George Gershwin quali il
Concerto per pianoforte e orchestra in fa
maggiore e la Rapsodia in Blue. Al
pianoforte l'ottimo Roberto Cappello. Il primo
breve brano, circa tre minuti di durata, era una
composizione del giovane Piergiorgio Ratti
(1991), un lavoro scritto per Quattro
tromboni e orchestra denominato Trissirt.
È giocato su una effettistica timbrica dei
solisti che in sinergia con l'orchestra crea
sonorità aspre e di non facile rilievo al primo
ascolto. Nettamente migliore la gradevolezza al
primo ascolto del lavoro di Silvia Colasanti
(1975). La compositrice è particolarmente
affermata nel mondo della musica contemporanea e
con il brano Preludio, Presto e Lamento per
viola e archi ha di nuovo
confermato le sue qualità definite da sonorità
accessibili ad un vasto pubblico. Il lavoro
rimanda al Settecento e trova un intreccio di
armonie chiare e ricche di espressività.
Il riferimento a correnti musicali neo-tonali -
spesso viene in mente il russo Snittke per un
certo approccio compositivo- rende di sicura
piacevolezza il lavoro. Applausi ai due
compositori saliti, al termine dei rispettivi
brani, in palcoscenico. Cambio di registro con
l'eccellente pianista Cappello che ha dato prova
di alta competenza e passione per il musicista
statunitense con due esecuzioni esemplari per
sicurezza e attenzione ai particolari. Il senso
della ritmica tipiche della musica jazz è emersa
all'ascolto dei celebri lavori. Ottime le
sinergia con l'Orchestra Vivaldi che ha espresso
sonorità appropriate e in molti frangenti di
eccelsa espressività, grazie anche alla valida
direzione di Passerini. Due i bis concessi: il
finale della Rapsodia ascoltata in precedenza e
un brano pianistico di Cappello eseguito con
grande virtuosismo mediante sonoritá chiare ed
appassionate tratte dal Rosenkavalier di
R.Strauss.
24 maggio 2016 Cesare Guzzardella
Mutter, Bronfman,
Harrell al Teatro alla Scala
Un trio di eccellente qualità quello ascoltato
ieri sera al Teatro alla Scala. Nomi di storico
rilievo quelli della violinista Anne-Sophie
Mutter, del pianista Yefim Bronfman e del
violoncellista Lynn Harrell che non hanno certo
bisogno di presentazione. Il programma
prevedeva
due capolavori quali il Trio in si bemolle
maggiore op.97 "l'Arciduca" di L.v.
Beethoven composto nel 1811e il Trio in la
minore op.50 di P.I.
Čaikovskij,
ultimato nel 1881.Quello che è emerso in
entrambi i celebri capolavori è l'alto spessore
interpretativo complessivo della nota formazione
cameristica: i tre musicisti in sinergia si sono
scambiati i ruoli melodico-armonici con perfetta
padronanza dei loro strumenti stando molto
attenti a non sovrastare i compagni nelle
volumetrie dei suoni ma ascoltandosi
reciprocamente per ottenere una timbrica
omogenea. Certo, il ruolo della parte
pianistica, specie in Beethoven è preponderante
ma i colori tenui e nello stesso tempo incisivi
del pianoforte di Bronfman non hanno mai
sovrastato le avvincenti melodie dei due
compagni che insieme al collega hanno proposto
due interpretazioni all'insegna della
più
sincera classicità. Il più pacato trio
beethoveniano ha trovato in contrapposizione il
più contrastato trio di
Čaikovskij
giocato su una discorsività romantica con
momenti di "sinfonismo cameristico" nel quale a
volte il pianoforte, con timbriche molto
pregnanti, sostituisce un'intera orchestra. Ma
esemplari sono i momenti di grande lirismo come
nel noto Andante con moto finale che
conclude nel lungo silenzio le ultime note
dell'op.50 del russo. Questo in genere avviene
anche nell'altro celebre finale di
Čaikovskij-
l'Adagio lamentoso della Sinfonia n.6
"Patetica". Scroscianti gli applausi al termine
dal numeroso pubblico intervenuto. Eccellente il
bis concesso con un movimento da
Šostakovic.
Da ricordare a lungo.
23 maggio 2016 Cesare Guzzardella
Scipione
Sangiovanni per Piano City alle Gallerie
d'Italia
Nel panorama dei numerosi concerti effettuati a
Milano in occasione di Piano City, rassegna
pianistica arrivata al quinto anno di
espletamento, un incontro particolarmente
interessante è stato quello con il pianista
pugliese Scipione Sangiovanni. Avevamo più
volte
ascoltato il virtuoso nella nostra città e ieri
abbiamo avuto la conferma di trovarci di fronte
ad un pianista con la P maiuscola.
Sangiovanni non è solo un interprete ma un
musicista a 360 gradi il cui ruolo è quello di
ricercare nuove modalità esecutive attraverso un
approccio creativo dove il suo essere
musicista-compositore rientra nelle sue
strategie musicali. Il programma ascoltato
infatti prevedeva Le Quattro Stagioni di
A. Vivaldi e quelle di Piazzolla nella
trascrizione del pianista. Quelle dell'italiano
rivisitate da Sangiovanni, 12 movimenti eseguiti
senza soluzione di continuità, sono apparse di
grande spessore esecutivo e compositivo.
Sangiovanni ha ricreato, utilizzando anche
artifizi personali, il clima descrittivo
dell'originale vivaldiano per archi, restituendo
un lavoro esemplare che andrebbe
eseguito
spesso anche da altri pianisti. Il suo naturale
virtuosismo trova un legame diretto con la
voglia di comporre trasformando, come avviene
spesso in certa musica jazz, di cui Sangiovanni
è certamente amante. Nelle rare ed ottime
Stagioni di Piazzolla è emersa ancor più la
sua verve di improvvisatore, pur essendo i
lavori scritti sul pentagramma sino all'ultima
nota. Molto validi e pregnanti le timbriche
ritmiche dei quattro lavori del grande
argentino. Nel bis concesso eseguito dopo gli
interminabili applausi del numeroso pubblico
intervenuto nelle Gallerie d'Italia, Sangiovanni
ha trovato modo di esprimersi ancora con un
celebre brano di Piazzolla rivisitato in modo
originale con modifiche personali certamente
avvincenti. È Sangiovanni un pianista che
dovrebbe avere più spazio nei più importanti
circuiti italiani ed europei. Da ricordare.
23 maggio 2016 Cesare Guzzardella
Pietro De Maria a
Vercelli
Siamo andati con ancor più
piacere del solito a Vercelli, ieri sera sabato
21 maggio, per l’ormai irrinunciabile
appuntamento con il ViottiFestival: ad attirarci
al Teatro Civico era il concerto solistico di
uno dei migliori pianisti italiani fra i nati
negli anni ’60, Pietro De Maria, già noto al
pubblico vercellese per precedenti esibizioni e
tornato dopo qualche
anno
di assenza con un programma ricco di proposte:
una prima parte tutta impaginata sul “suo”
Chopin, con tre Mazurche (la n.4 op.67, la n. 2
op.24 e la n. 3 op.63), la Ballata n.1 op.23, il
Notturno op.27 n.2 e infine lo Scherzo op.31
n.2. A seguire, dopo la pausa dell’intervallo ,
la “Sonate écossaise” di Mendelssohn e la
trionfale conclusione con la Wandererfantasie di
Schubert. Dedicare metà di una scaletta
chopiniana alle mazurche non è tra le
consuetudini delle sale da concerto: genere
considerato da sempre ’minore’ e ‘popolare’,
espressione di un gusto salottiero in cui stenta
a penetrare la luce del grande Chopin, il ‘vero’
Chopin. In realtà proprio questa scelta
vagamente eccentrica mette in luce
l’intelligenza e la serietà interpretativa
proprie di De Maria. Come spiegato dallo stesso
Maestro in una breve ed efficace presentazione
al pubblico, la mazurka chopiniana, almeno nelle
sue espressioni più mature e avanzate, è uno dei
laboratori più interessanti della ricerca
musicale del compositore polacco, che sfrutta le
proprietà armoniche e melodiche della musica
folkloristica della sua terra d’origine, per
rinnovare il linguaggio musicale della
tradizione occidentale, anticipando un po’
(osiamo aggiungere noi) quel che faranno nel’900
un Bartok o uno Janacek. Procedimenti come il
quarto grado alterato o l’uso di scale modali o
zingaresche -specie nell’op.24- o di cromatismi
inconsueti, fanno di queste mazurche qualcosa di
straordinariamente nuovo, che il fraseggio di De
Maria illumina con la chiarezza trasparente del
suo suono. Ed eccoci giunti al motivo di maggior
fascino delle interpretazioni del pianista
veneziano, considerazione che non vale solo per
Chopin, ma riguarda in generale la sua
personalità di pianista : il suono di una
pulizia cristallina, che anche nelle fioriture
più ardue, nelle scale più veloci, nei
glissandi, sbalza come pietra preziosa la
singola nota. Uno stile interpretativo, quello
di De Maria, totalmente estraneo a qualunque
sdilinquimento romanticheggiante, anche in un
genere come quello del notturno, uno stile che
fa un uso sorprendentemente parco di rubati o
legati. Dunque un pianista ‘freddo’ ,
‘razionale’, privo di emozioni? Tutt’altro: ma
l’emozione che le esecuzioni di De Maria
comunicano al pubblico scaturisce non dagli
effetti ‘esteriori’ della scrittura musicale,
bensì dal piano più profondo della struttura
timbrico- architettonica del pezzo, da cui il
tocco sempre sicuro e preciso del pianista evoca
un mondo sonoro di intensa energia comunicativa,
che non può non coinvolgere l’ascoltatore. A
questo risultato contribuisce il raffinato
controllo delle dinamiche, che ha toccato i suoi
vertici nello Scherzo chopiniano e nella superba
Wanderer, una delle migliori ascoltata negli
ultimi tempi, specie nel secondo tempo, reso al
meglio nei chiaroscuri melanconici del tema del
lied e nella varietà timbrica e dinamica delle
variazioni. Ma nel rigore severo del suo
pianismo, De Maria sa essere assai vario e
duttile nel calibrare la qualità del suono:
solare nella “Ecossaise” mendelssohniana, di
settecentesca leggerezza in una Sonata di
Scarlatti, di sottile velatura elegiaca in un
Intermezzo di Brahms. Questi ultimi due pezzi
sono stati proposti in un generoso bis, concluso
all’insegna del virtuosismo puro della “
Campanella” di Liszt. Travolgenti gli applausi
del folto pubblico, strameritati da uno dei
migliori pianisti italiani d’oggi.
22 maggio 2016 Bruno Busca
Aleksandar Madzar per la
Società dei Concerti
Nel concerto del pianista
serbo Aleksandar Madzar organizzato dalla
Società dei Concerti sono state eseguite
musiche di Berg con la sua Sonata op.1,
di Schubert con la Sonata n.22 in la magg. D
959 e dopo il breve intervallo, di Chopin
con le Tre Mazurche op.59 e la Sonata
n.3 in si min. op.58. È un pianista di primo
livello Madzar.
L'avevamo
ascoltato l'ultima volta a Milano in un
programma interamente dedicato a Bach e ci aveva
stupito per le qualità coloristiche. La sua
compostezza gestuale si riflette pienamente nel
suo approccio pianistico discreto, riflessivo e
profondo per restituzione sonora. Non è un
pianista d'effetto che tende alla
spettacolarizzazione dell'evento ma un
interprete al quale bisogna andare incontro, per
cogliere le raffinatezze interne al suo perfetto
equilibrio formale. Il suono asciutto ed il
corretto uso del pedale sono stati presenti sin
dal primo brano nel variegato ed intelligente
programma proposto. La profondità della breve ed
intensa Sonata di Alban Berg , composta dal
viennese nel primo decennio del Novecento, ha
anticipato le meraviglie della penultima Sonata
di Schubert, un altro viennese che raramente
è accostato al primo. In questo caso la
splendida esecuzione di Madzar ha trovato
andature mediamente più lente rispetto ad altre
esecuzioni importanti, andature che hanno messo
in risalto ogni dettaglio nascosto attraverso
pregnanti, delicati e raffinati contrasti
coloristici. La chiarezza espositiva delle
ultime battute del movimento finale della
celebre Sonata D 959 è straordinaria in qualit��
estetica. La seconda parte del concerto,
dedicato interamente a Chopin ha messo in
risalto ancora la personale modalità pianistica
del serbo che lontano da esecuzioni più
"polacche" dei grandi del passato trova comunque
motivo di grande interesse per l'equilibrio
formale e la cifra stilistica complessiva.
Valide le Tre Mazurche dell'Op.59, ed eccellente
per coerenza l'esecuzione della nota Terza
Sonata dove l'approccio "razionale" e
costruttivo ben articolato e con dinamiche
perfettamente in equilibrio nelle parti, ha
parzialmente sacrificato una tendenza "improvvisatoria"
specifica di molte celebri interpretazioni. Di
altissimo livello i bis proposti con l'Aria
dalle Goldberg di Bach e un breve ed intenso
Beethoven. Applausi fragorosi da un pubblico
molto attento. Da ricordare a lungo.
19 maggio 2016 Cesare
Guzzardella
Pietro De Maria
prossimamente a Vercelli
Ultimo imperdibile
appuntamento della sezione cameristica di questo
XVIII Viotti Festival, il concerto di sabato 21
maggio (Teatro Civico di Vercelli, ore 21,
concerto in abbonamento) rappresenta un vero e
proprio inno a quella magia profonda e
impalpabile che soltanto il pianoforte sa
creare. Quando, naturalmente, alla tastiera si
presenti un grande interprete... Ed è senz'altro
questo il caso: protagonista del concerto sarà
infatti il veneziano Pietro De Maria, tra i più
sensibili e versatili solisti del panorama
contemporaneo. Una presenza d'eccezione che
consente al Viotti Festival di chiudere in
grande stile questa prima sezione annuale
dedicata alla musica da camera: un “esperimento”
che ha incontrato uno straordinario consenso da
parte del pubblico e che sicuramente continuerà
ad essere un punto fermo delle prossime
edizioni. Verranno eseguiti brani di Chopin,
Mendelssohn e Schubert (Wanderer Fantasia)
19 maggio dalla redazione
La fanciulla
del West al Teatro alla
Scala
Dopo 21 anni, dal lontano 1995, è tornata al
Teatro alla Scala "La fanciulla del West", opera
di Puccini in tre atti che in quell'anno ebbe
come concertatore e direttore Giuseppe Sinopoli.
Oggi troviamo alla direzione musicale Riccardo
Chailly e alla regia Robert Carsen, gli
autentici protagonisti di questa riuscita
messinscena. Ieri sera, nella quarta
rappresentazione,
abbiamo ascoltato nel ruolo di Minnie il
soprano Barbara Haveman, l' olandese che ha
sostituito l'indisposta Eva Maria Westbroek. Gli
altri due protagonisti vocali erano Roberto
Aronica, Dick Johnson-Ramerrez e Claudio
Sgura Jack Rance. Il cast vocale
complessivamente valido ha trovato nel tenore
Aronica la voce migliore ma anche la Haveman,
partita un po' sottotono ha evidenziato via via
decisi miglioramenti con una presenza vocale
decisamente di spessore dal bellissimo Secondo
atto. Ottimo Sgura. Bravi gli altri numerosi
cantanti dei quali ricordiamo almeno Carlo Bosi,
Nick, Gabriele Sagona, Ashby,
Alessandra Visentin, Wowkle. Eccellente
la parte corale di Casoni. Il grintoso Chailly
ha rivelato un' intensa resa direttoriale in
sinergia con la regia e la scenografia del
canadese Robert Carsen ( per le scene con Luis
Carvalho). In un contesto scenico tradizionale,
abbiamo trovato ottimi elementi
di
novità in cui sequenze cinematografiche ricche
di effetti erano perfettamente integrate nelle
scene dei tre atti. Di grande impatto la prima
scena con le celebri rocce della Monument Valley
in Arizona; particolare, nella seconda scena,
l'interno della dimora di Minnie con
quell'effetto prospettico che rende più intimo
il rapporto dei protagonisti; spettacolare la
"doppia scena" del terzo atto prima con la
proiezione dei cantanti sulla sfondo d'alberi e
poi con le enormi luci della scritta "LYRIC
-Now Playing -The Girl of the Golden
West" davanti alla quale una risoluta Minnie
risolve il finale salvando Ramerrez
dall'impiccagione. Ma l'indiscutibile vincitore
di questa Fanciulla è Puccini che con le sue
innovative musiche ricche di armonie sinfoniche,
ha trovato modo di evolvere radicalmente la
musica del Novecento italiano. Da ricordare a
lungo. Prossime repliche il 18-21-25-28 maggio.
14 maggio 2016 Cesare Guzzardella
Benjamin Grosvenor
per la Società dei Concerti
Ieri sera il pianista
londinese Benjamin Grosvenor ha tenuto un
recital per la Società dei Concerti
in Conservatorio davanti ad un numeroso pubblico
anche se lievemente ridotto dalla pioggia
milanese. Era la prima volta che questo
ventitreenne pianista britannico veniva per un
concerto a Milano. Il programma variegato
prevedeva musiche di Mendelssohn,
Chopin,
Ravel e Liszt. Brani virtuosistici che
richiedono una tecnica di
elevato livello come quella ampliamente
dimostrata dal giovane interprete. Siamo rimasti
stupefatti della precisa costruzione
geometrico-architettonica offerta dal virtuoso.
I dettagli sono chiari e non perde una nota il
pianista, dimostrando uno studio minuzioso dei
particolari. Il raro Mendelssohn ascoltato con
due Preludi e Fughe dall'op. 35 ci ha rivelato subito la cifra
stilistica dell'interprete ma è soprattutto con
Ravel e Liszt che Grosvenor ci ha stupito.
Tralasciamo la Sonata n. 2 op. 35 di
Chopin - quella della Marcia Funebre- eseguita
con indubbia maestria ma lontana sia dall'alta
creatività -Sokolov insegna- ma anche dalle
migliori interpretazioni rese celebri dai
grandi. In Ravel prima con Le Tombeau de
Couperin, in Liszt
poi
con due lavori quali Venezia e Napoli
il pianista ha trovato la sua dimensione
espressiva con timbriche splendide, equilibrio
delle parti perfetto e momenti di grande
maestria virtuosistica. Come spesso accade nei
pianisti di nuova generazione, l' attitudine
alla musica di tardo Ottocento o ancor più del
Novecento è decisamente più marcata, mentre
raramente si trova una vicinanza con il primo
romanticismo. Il punto di forza di questo
eccellente pianista va ricercato nella bellezza
delle sonorità scrupolosamente evidenziate
osservando la tastiera e messe insieme in un
gioco di equilibri geometrici ricchi di
simmetriche dinamiche. Molto bello il bis
concesso con F. Mompou e il suo La fuente y
la campana. Da ricordare e riascoltare.
12 maggio 2016 Cesare
Guzzardella
Andrea Bacchetti alle
Serate Musicali
Ieri sera, in Sala Verdi, il
pianista genovese Andrea Bacchetti ha impaginato
in modo intelligente il programma pianistico, un
impaginato che prevedeva prima Bach e poi, con
una brevissima sosta di pochi secondi, Mozart.
Bacchetti ha alternato 3 Suite francesi
(n.5-2-1)
e 2 Suite inglesi (n.5-2) terminando con
il celebre Concerto Italiano BWV 971, in
continuità, come fosse un unico brano e senza
ritornelli. Il risultato complessivo si è
rivelato eccellente. In questo geniale
compositore, il genovese è uno dei massimi
interpreti italiani, probabilmente il migliore.
La chiarezza espressiva della componente
melodica, l'equilibrio delle parti, i validi
contrasti dinamici e la sicurezza con cui esegue
brani perfettamente interiorizzati hanno portato
ed un'esecuzione di alto livello estetico.
Valutazione diversa per Mozart. Bacchetti ha
iniziato in modo eccellente proponendo prima la
celebre Fantasia in re minore K397 e poi
il Rondò in re maggiore K485. Specie
nella Fantasia la chiarezza espressiva di
ogni componente musicale, i dettagli precisi e
la bella sonorità timbrica hanno rivelato un
Mozart di rilevante profondità espressiva. La
Sonata in si bem. magg.K333 eseguita a
conclusione l'abbiamo trovata un po'
squilibrata. La scelta di un'esecuzione con
andature più lente di quelle utilizzate dai
grandi interpreti del passato ha reso eccessive
la ripetizione delle parti. Era forse meglio non
ripetere i ritornelli per una resa adeguata alle
andature. Valide le qualità timbriche. La
splendida sintesi discorsiva della prima parte
del concerto ha trovato contrasto con
l'eccessiva dilatazione della nota Sonata
mozartiana. Positivo il bis proposto con un
Improvviso (n.2 D 935) di Schubert. Da
ricordare.
10 maggio 2016 Cesare
Guzzardella
La Camerata Ducale al
Teatro Civico di Vercelli
Di notevole interesse, come
sempre, il programma del concerto offerto ieri
sera, 7 maggio, dalla Camerata Ducale diretta da
Guido Rimonda al Civico di Vercelli, programma
quasi interamente cambiato rispetto a quello
previsto originariamente. Incorniciato dai due
grandi
nomi
del classicismo viennese, F.J. Haydn e Mozart,
campeggiava al centro uno dei pochissimi
compositori italiani che, in un pieno ‘800 nel
nostro Paese dominato in modo pressoché
esclusivo dalla musica operistica, osò
avventurarsi sul terreno della musica
strumentale: Giovanni Bottesini, “il Paganini
del contrabbasso”, nonché uno dei più grandi
direttori d’orchestra del tempo (a lui l’amico
Verdi affidò la prima dell’Aida). E, come
sempre, l’intelligente scelta della Camerata,
accanto a opere di universale celebrità, come la
Sinfonia in Do maggiore K551 n.41 Juppiter di
Mozart, proponeva due pagine di rara esecuzione
nelle nostre sale da concerto, eppure meritevoli
di essere conosciute, vuoi per il loro valore
estetico, vuoi per il loro significato
storico-musicale .Il brano d’apertura era una
sinfonia giovanile di Haydn, composta nel 1764
(non nel 1754, come erroneamente riportato dal
programma di sala), la Sinfonia n. 21 in La
maggiore, detta “Brukinthal”. Si tratta di una
composizione ancora acerba, di un Haydn che va
mettendo a punto il suo stile e il nuovo stampo
formale del sinfonismo classico viennese, pur
conservando ancora legami con la precedente
tradizione, come l’Adagio posto come movimento
iniziale, secondo l’usanza della barocca ‘sonata
da chiesa’. Con una bellissima metafora,
presentando questa sinfonia al pubblico, il
Maestro Rimonda l’ha definita “un sorriso” di
Haydn. In effetti il tono dominante della
composizione è una leggerezza talora ammiccante
d’ironia, in cui del “gioioso e rustico” che
secondo Charpentier è proprio della tonalità di
La
maggiore, resta il primo ed evapora il secondo,
che in Haydn comparirà più tardi. Di questa
levità deliziosa, che si richiama certo allo
stile c.d. ‘galante’, ma elaborato con
originalità dal genio musicale haydniano,
l’espressione più soave è proprio l’Adagio
iniziale, eseguito benissimo dalla Camerata, con
perfetto stacco dei tempi e precisa scelta delle
dinamiche. Ma il giudizio si estende
naturalmente a tutta l’esecuzione del pezzo, ove
ci è parsa particolarmente raffinata la
dialettica archi-fiati (assenti i clarinetti,
ancora di raro impiego nell’organico orchestrale
del tempo), in cui l’impasto oboi-fagotto-corni
francesi, sotto la sapiente bacchetta di Rimonda
si armonizzava con delicatezza col velluto degli
archi. Una sola domanda: l’organico in partitura
prevede anche l’impiego del clavicembalo; perché
escluderlo? L’impaginato della serata collocava
al centro, prima dell’intervallo, un pezzo che,
ai tempi, rese celebre il nostro Bottesini, ma
che oggi non viene quasi più eseguito: il Gran
Duo Concertante per violino, contrabbasso e
orchestra in la minore. In realtà questo Gran
duo fu scritto da Bottesini nel 1880 per due
contrabbassi: la parte del violino si deve ad
una trascrizione dell’allora celebre violinista
Camillo Sivori, nella quale gli interventi di
Bottesini furono minimi, perciò, a essere
giusti, l’opera andrebbe attribuita alla coppia
Bottesini-Sivori. Ma tant’è. Si tratta di un
componimento di carattere rapsodico, in cui
l’intera scena è occupata dai due solisti, con
limitati interventi dell’orchestra, più che
altro spettatrice degli scintillanti virtuosismi
del duo Intendiamoci, non è gran musica, ma
alcune melodie non sono prive di intensità e di
grazia. E’ una composizione in cui appare fin
troppo evidente l’influenza del trionfante
melodramma italiano, con i suoi cantabili, di
stampo soprattutto belliniano, le sue
colorature, i suoi vari numeri ad effetto:
insomma, un gran duetto tra un basso e un
soprano… I due solisti, entrambi giovani, erano
Edicson Ruiz, eccellente ‘prodotto’ del
venezuelano ‘sistema Abreu’, attualmente, oltre
che solista, ‘concertino’ ai Berliner, e la
tedesca Veronika Eberle, più che una promessa a
livello internazionale. I due giovani solisti
hanno incantato il pubblico con la loro
eccellenza tecnica, esaltata da pagine davvero
ardue per impegno esecutivo: Ruiz sa far cantare
come pochi il suo contrabbasso, ma è anche
capace di ottenerne gli effetti sonori più
straordinari, con passaggi di velocità
impressionante, salti di ottava, colpi d’arco e
quant’altro, il tutto eseguito con perfezione
assoluta. Da parte sua la Eberle esibisce
un’arcata dal suono vigoroso ed intenso, che si
amalgama ottimamente con il timbro scuro del
contrabbasso, ma è anche capace di inerpicarsi,
con rara limpidezza di suono, ai più siderali
sovracuti. La sua eccellenza tecnica le consente
di ricavare dal suo Stradivari “Dragonetti”
(1700) un suono suggestivamente chiaroscurato,
sempre caldo e avvolgente, che accende
nell’ascoltatore il desiderio di sentirla alle
prese con opere di ben altro spessore musicale
rispetto a questo Duo bottesiniano. Dopo
l’intervallo, il gran finale con la Juppiter.
Una Camerata arricchita rispetto al suo organico
consueto, ha reso al meglio quelli che sono i
due caratteri inconfondibili di questo
capolavoro assoluto della musica: la solenne
monumentalità e la complessità contrappuntistica
dell’architettura, animata da un mondo già
beethoveniano di contrasti espressivi. Per
interpretare al meglio una simile partitura, il
compito principale del direttore è quello di
guidare l’orchestra a ‘scavare’ all’interno del
singolo tema, seguendolo nelle sue variazioni
timbriche, agogiche e dinamiche e nella sua
evoluzione contrappuntistica. E’ esattamente ciò
che ha fatto Rimonda, restituendoci una Juppiter
in tutta la ricchezza straordinaria del suo
mondo musicale, dando, soprattutto nello
stupendo fugato del finale, la sua voce ad ogni
gruppo di strumenti, ad ogni riga della
partitura .Un lungo applauso del numeroso
pubblico ha salutato sia i due bravissimi
solisti, sia la conclusione del concerto, uno
dei più belli di questa stagione n. 18 del
Viottifestival.
8 maggio 2016 Bruno Busca
Il giovane violinista
Gennaro Cardaropoli all'Auditorium di Milano
Un
concerto tutto dedicato a
Čajkovskij quello
ascoltato ieri sera in Auditorium con
l'Orchestra Sinfonica Verdi diretta da Zhang
Xian. Prima il celebre Concerto n.1 in Re
maggiore op.35 per violino e orchestra e poi
la Sinfonia n.4 in Fa minore op.36.
Solista nel concerto un giovane virtuoso, classe
1997, quale Gennaro Cardaropoli. Salernitano, ha
già vinto diversi
concorsi internazionali dopo un diploma ottenuto
all'età di 15 anni. È
decisamente un violinista
di spessore e lo ha dimostrato rivelando una
sicurezza fuori dal comune nell'affrontare un
lavoro molto conosciuto e con difficoltà
tecniche rilevanti. La precisione di dettaglio,
l'ottima cavata e la perfetta intonazione sono
solo alcuni degli elementi che
caratterizzano l'efficace riuscita
interpretativa per una esecuzione ottima anche
nella componente orchestrale. Il concerto ha
riscosso un meritato successo in una sala al
completo. Le qualità eccellenti dell'interprete
sono emerse ancor più nel bellissimo bis
concesso con Nel cor più non mi sento di
Paganini. La chiarezza timbrica emersa nelle
virtuosistiche variazioni della nota melodia
hanno strappato gli applausi del pubblico
costringendo Gennaro all'uscita ripetuta sul
palcoscenico. Ben interpretata anche la Sinfonia
n.4 eseguita dopo l'intervallo da una energica
Xian che ancora una volta ha dimostrato di ben
coordinare gli ottimi strumentisti della
Sinfonica Verdi. Replica per domenica alle ore
16.00. Da non perdere.
7 maggio 2016 Cesare
Guzzardella
Olga Kern per la
Società dei Concerti
Doveva venire con il figlio
Vladislav, Olga Kern, pianista russa annualmente
ospite della Società dei Concerti,
accompagnati dalla Südwestdeutsches
Kammerorchester diretta
da
Timo Handschuh. Una febbre alta ha imposto al
più giovane pianista di non venire e la brava
Kern è stata costretta ad un rapido cambiamento
di programma. Dal concerto previsto, quello per
due pianoforti K365 di Mozart , siamo passati al
celebre Concerto per pianoforte e orchestra
in Re magg. Hob XVIII di Haydn, pagina
classica nota soprattutto per il folcloristico "Rondo'
all'ungherese" ma che trova nel "Un poco
Adagio" centrale un momento di autentica
valenza musicale. La Südwestdeutsches
Kammerorchester aveva anticipato il concerto
con l' Ouverture “Don Chisciotte alle nozze
di Gamace”di A. Salieri e, dopo l'esecuzione
della pianista, ha
concluso il concerto con la Sinfonia in re
magg. “Veneziana” ancora di Salieri e con la
Sinfonia in si bem. magg. KV 139 di
Mozart. Valide le esecuzioni
orchestrali
e la direzione di Handschuh. La protagonista
della serata ha invece interpretato il concerto
haydniano con grande equilibrio formale
eseguendo il movimento centrale con notevole
espressività. Ma è nei quattro bis solistici
offerti come bis che abbiamo trovato la Kern
virtuosistica che conosciamo. Prima con un
Preludio di Debussy il n.12 "Feux d'artifice"
, poi con uno Studio di Prokofev l'op.4
n.2, quindi una breve pausa romantica con il
celebre Traumerei di Schumann e per
finire il virtuosistico Volo del calabrone
di Korsakov-Rachmaninov .Fragorosi gli
applausi dal numeroso pubblico intervenuto.
5 maggio 2016 Ceaare
Guzzardella
Il
Quartetto Apollo Musagète
in Conservatorio
Per la prima volta ospite
della Società del Quartetto la formazione
d'archi "Quartetto Apollo Musagète" ha
tenuto un concerto ieri sera in Sala Verdi. Sono
quattro interpreti polacchi giovani e bravissimi
rispettivamente Pawel Zalejski e Bartosz Zachlod
ai violini,
Piotr
Szumiel alla viola e Piotr Skweres al
violoncello. Vincitori di concorsi
internazionali importanti come quello ARD di
Monaco di Baviera vinto nel 2008, i quattro
musicisti sono specializzati in musica
contemporanea ma ieri sera hanno impaginato un
programma "classico" dove tra il Quartetto in
re maggiore op.18 n.3 di Beethoven e il
Quartetto n.15 in sol maggiore D 887 di
Schubert hanno eseguito un raro ma splendido
quartetto giovanile di Anton Webern denominato
Langsamer Satz, dieci muniti di intensa
musica tonale dal carattere romantico, lontana
da quella che sarà la
ricerca compositiva del viennese ma di grande
impatto emotivo. Bravissimi questi quattro
interpreti, tutti di alto livello
tecnico-espressivo. Ci è piaciuta la sobrietà
della timbrica che si evidenzia con sonorità
raffinate ed intellettuali ricche di sottili e
profondi contrasti dinamici. Nei momenti di
grande coralità melodica i quattro archi hanno
espresso livelli estetici molto alti ma
complessivamente tutte e tre le interpretazioni
hanno portato a notevoli rilevanze espressive
con un punto di maggior rilevo in Webern e nel
noto e lungo quartetto di Schubert che ha
concluso la serata tra i fragorosi applausi del
pubblico e le ripetute uscite in palcoscenico.
Speriamo di risentirli presto, magari con ancora
con la prestigiosa Società del Quartetto. Da
ricordare.
4 maggio 2016 Cesare
Guzzardella
APRILE 2016
Lo
Spiegel Trio per la
Società dei Concerti
anticipa la Stagione
2016-17
Il Concerto Straordinario
organizzato dalla Società dei Concerti
per presentare la Stagione 2016-2017, ha
trovato mercoledì scorso sul palcoscenico di
Sala Verdi nel
Conservatorio
di Milano, un trio strumentale molto giovane
denominato Spiegel Trio formato da Zlata
Chochieva al pianoforte, Ermir Abeshi al violino
e Nikolay Shugaev al violoncello. La breve
presentazione illustrata dal Presidente Antonio
Mormone rivela una stagione ricca di novità dove
tra grandissimi nomi, molto conosciuti, troviamo
nuove proposte certamente di qualità. Abbiamo
quindi ascoltato due brani noti quali il Trio
in la minore di M.Ravel e il Trio in la
minore op.50 di P.I.Caikovskij. Ottime le
interpretazioni con un punto a favore al
melodico brano del grande russo dove è emersa
tutta la poetica romantica del compositore. Le
sinergie espresse dal valido trio con la
perfetta armonizzazione pianistica della
Chochieva,
l'intenso
vibrato di Abeshi e la precisione discorsiva del
cellista Shugaev, hanno trovato valido riscontro
tra la numerosissima platea intervenuta. Un trio
già noto in Europa che abbiamo avuto l'occasione
di ascoltare grazie all'eccellente
organizzazione della Società dei Concerti. Un
bis di qualità, anche ripetuto, con un brano di
Piazzolla, Decarisimo.
29 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
Fulvio
Luciani e Massimiliano Motterle al
M.A.C. di Milano
Continuano i concerti
cameristici al M.A.C., spazio gestito dalla
Sinfonica Verdi utilizzato sia per concerti che
per conferenze. Questa mattina il duo formato
dal violinista Fulvio Luciani e dal pianista
Massimiliano Motterle è tornato con un programma
diversificato che ha intervallato musica
contemporanea, con Glass e Messiaen, alla
classica di Beethoven . Il brano eseguito come
introduzione, la Sonata per violino e
pianoforte di Philip Glass è un recente
lavoro del compositore americano, data infatti
2008 e riassume, con un
linguaggio
tonale di non difficile fruizione, l'evoluzione
del compositore dal minimalismo storico a certo
post-minimalismo vicino al neoclassicismo più
recente. Le strutture armoniche hanno ancora
evidenti ripetitività
funzionali alla ricerca compositiva ma si
scorgono, nella profonda sonata ascoltata,
riferimenti a certi stilemi settecenteschi.
Bravissimi Luciani e Motterle a cogliere in modo
limpido e con una restituzione chiara - acustica
della sala permettendo - l'essenza della ricerca
di Glass, autore ormai entrato nel repertorio di
molti eccellenti interpreti di musica classica.
Il secondo brano, del 1941 di Olivier Messiaen ,
è un movimento tratto dal notissimo Quatuor
pour la fin du temps, e denominato
Louange à l'immortalité de Jesus. È
facilmente riconoscibile il
linguaggio
profondo di questo geniale compositore francese
che con apparenti semplici strutture armoniche e
molodiche esprime
intensamente sentimenti profondi legati, in
questo caso, alla sofferenza. L'ultimo brano, la
Sonata n.10 in sol maggiore op.96 di
Beethoven è tra i più celebri e tra i più
eseguiti lavori del genere cameristico. L'ottima
interpretazione dell'eccellente duo non è stato
aiutata dalla infelice sonorità della sala che
pur essendo di eleganza sobria e raffinata,
meritava all'origine uno studio acustico ad hoc
per l'uso musicale intenso. Eccellente il bis
concesso con l'Uccello profeta dalle note
Waldszenen op.82 di Robert Schumann. I
due bravi interpreti torneranno nel mese di
maggio per il sesto appuntamento cameristico.
24 aprile 2016 C.G.
La Camerata Ducale di
Guido Rimonda a Vercelli
E’ ormai divenuto uno dei
riti più piacevoli, per la mente e per l’animo,
nella zona risicola d’Italia, l’appuntamento,
grosso modo quindicinale, al Teatro Civico di
Vercelli, con la Camerata Ducale e il suo
fondatore, direttore e violino solista Guido
Rimonda, con il suono intenso e trasparente del
suo leggendario Stradivari “Le Noir”, con i
programmi, sempre pensati con intelligenza e
fine cultura musicale ed eseguiti con sapienza
tecnica ed espressiva, in una intesa ormai
perfetta stabilitasi tra orchestra e solista in
quasi vent’anni di
esperienza.
Ed è un rito che attira un pubblico numeroso,
vario per età e cultura musicale, ma sempre
attento, concentrato, emotivamente partecipe, la
cui fedele presenza attraverso gli anni è,
speriamo, di non poco aiuto a superare le
assurde difficoltà burocratico-economiche cui va
attualmente incontro questa formazione musicale,
che meriterebbe ogni sostegno da parte di chi
amministra la città e la regione, e contro cui
sta combattendo impavida quella impareggiabile
figura di Direttore Artistico che è Cristina
Canzani, compagna di lavoro e di vita di G.
Rimonda. Appunto ad una di queste rituali serate
abbiamo assistito ieri sera, 23 aprile, per
ascoltare un programma, ancora una volta, molto
stimolante sul piano storico-musicale, oltre,
naturalmente, che per la qualità delle
composizioni proposte. Un impaginato che metteva
a confronto, attraverso il ‘genere’ del concerto
per violino e orchestra nel tardo settecento,
due civiltà e linguaggi musicali diversi, pur
nella reciprocità delle influenze: quello del
classicismo viennese di Haydn (Concerto n.4 in
sol maggiore per violino e soli archi, Hob.VIIa:
4) e di Mozart (Concerto per violino n.3 in sol
maggiore KV 216) e quello della scuola italiana,
rappresentata per l’occasione da quel G. B.
Viotti, di cui oggi Rimonda è il più valente
esecutore e studioso non solo in Italia, ma
probabilmente a livello internazionale. Il
grande violinista vercellese era presente in
programma con una selezione di tre dei suoi
pezzi più noti: il primo tempo Allegretto del
Concerto n. 25 in la minore, la “Meditazione in
preghiera” e infine quel Tema e variazioni in Do
maggiore, che, composto nel 1781, presenta il
tema della ‘Marsigliese’ , di cui dunque sarebbe
il vero autore e di cui, con un autentico
plagio, Rouget de Lisle si sarebbe appropriato
undici anni dopo (il dibattito tra i musicologi
è aperto). Il Concerto n. 4 di Haydn è, in
realtà, uno dei tre soli con certezza
attribuibili al grande compositore di Rohrau: di
non frequente esecuzione nelle nostre sale, è
una deliziosa composizione in cui, pur
nell’impianto bitematico dell’Allegro-form
iniziale, sono ancora presenti tracce del
modello vivaldiano della ‘forma a ritornello’,
ma inserita nel contesto completamente nuovo di
un intenso dialogo solista-orchestra, in
particolare nell’Allegro finale. I momenti
migliori, che Rimonda rende magistralmente per
delicatezza di tocco e impareggiabile
trasparenza nel fraseggio, sono nell’Adagio
centrale, tutto giocato sul sottile trasformarsi
dei profili ritmici e su delicate variazioni di
colore affidate ai timbri degli archi e del
violino solista, e nel finale che impegna il
solista in continui staccati alla corda (i cd.
detaché, di cui fu maestro Viotti) e altri
‘balzati’, in un ritmo assai serrato nel dialogo
con l’orchestra. Bellissima l’esecuzione del KV
216 di Mozart, in cui la voce inconfondibile del
Le Noir incanta il pubblico in alcuni dei
passaggi più memorabili del concerto, tra cui ci
limitiamo a citare lo straordinario Adagio, di
cui l’esecuzione di Rimonda, che tocca una
limpidezza espressiva vicina all’estasi ,
ricorda il giudizio del musicologo Alfred
Einstein di una musica che “sembra venire dal
cielo”. Con l’Allegretto di Viotti si entra in
un altro mondo sonoro, di spumeggiante vivacità
ritmica, variata più che sviluppata secondo gli
schemi della forma-sonata austro-tedesca, ma con
una patina di nobiltà, che giustamente Rimonda
sottolineava nella presentazione del pezzo,
ricco di difficoltà tecniche, che la cavata
sempre sciolta e precisa del solista non faceva
neppure avvertire. I due ‘pezzi di baule’ di
Rimonda, la patetica e delicata ‘Meditazione in
preghiera’ e il Tema con variazioni hanno dato
ancora una volta prova della vasta gamma
espressiva di cui è capace Rimonda, che svaria
con la stessa intensità di penetrazione nello
spirito musicale della partitura dal più effuso
patetismo alla squillante fanfara. Pur stanchi
(il pomeriggio erano stati impegnati nella
registrazione del concerto per il terzo canale
radiofonico della Rai), Rimonda e la Camerata
hanno concesso un bis, un brano dalla colonna
sonora del film Schindler’s List, che, proprio
nell’esecuzione della Camerata Ducale, la
Deutsche Grammophon ha inserito in un recente CD
dedicato alla musica da film. Noi ci permettiamo
di applaudire a questo brano anche come omaggio
all’imminente Festa della Liberazione. Come
sempre, grandi applausi di un numeroso pubblico
per una appagante serata di musica.
24 aprile 2016 Bruno Busca
Enrico Dindo per il
Concerto n.1 Op.107 di Dmitrj
Šostakovič
al Dal Verme
Il concerto di ieri sera al
Dal Verme con l'Orchestra de I Pomeriggi
ha trovato anche nel ruolo di direttore il noto
violoncellista Enrico Dindo. Impegnato nel
Concerto n.1 in mi bem.maggiore op.107 per
violoncello e orchestra di Dmitrj
Šostakovič ,
ha diretto poi la Seconda Sinfonia op.36
di Beethoven. Come sempre accade in questa
rassegna
musicale,
la serata è iniziata con l'esecuzione di un
breve brano commissionato dall'Orchestra de I
Pomeriggi e dedicato ad un racconto tratto
da Le Città invisibili di Italo Calvino.
Clarice -De alio ordine, il brano di
Paolo Longo(1967) ci è apparso ben scritto, dal
carattere energico e dall'aspetto introduttivo.
La suggestione creata dai numerosi incisi,
staccati decisi che intervallano il lavoro,
rendono la breve ed intensa composizione adatta
a certo cinema di tensione. Applausi anche al
compositore salito sul palcoscenico. Il brano di
maggior rilievo è stato il concerto del
compositore russo. Tra le opere più eseguite
della sua copiosa produzione, l'Op.107 ha
trovato un Dindo in stato di grazia.
L'esecuzione, di altissimo livello espressivo,
era curata nei dettagli sia per quanto concerne
la parte solistica che in quella orchestrale. Le
dinamiche, nei giusti rapporti, hanno
sottolineato la varietà discorsiva del lavoro e
anche il coinvolgente Larghetto dove la
tensione melodica è più rilevante, è stato
definito in modo eccellente sia nella timbrica
del violoncello, perfetto anche nei difficili
sopracuti, che dai colori orchestrali. Un plauso
anche all'orchestra de I Pomeriggi. Meno
rilevante ma comunque di piacevole ascolto la
Sinfonia n.2 in re maggiore op.36 del
Maestro di Bonn, con alcuni frangenti di
importante tensione emotiva. Applausi fragorosi
al termine. Replica domani alle ore 17.00 . Da
non perdere.
22 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
Meritato successo
per La Cena delle beffe
alla Scala
Il testo teatrale di Sem
Benelli portato al successo nel 1909 venne
utilizzato da Umberto Giordano per la sua terza
opera, "La cena delle beffe", nel 1924,
riscuotendo consenso unanime al Teatro alla
Scala sotto la direzione di Arturo Toscanini.
Opera considerata minore è in realtà
un'eccellente prova musicale del verismo
italiano dal valore non minore di altri lavori
più celebrati e frequentati. Ieri sera abbiamo
assistito alla quarta rappresentazione scaligera
e siamo usciti soddisfatti per la messinscena di
Mario Martone,
coadiuvato
dalle ottime scenografie di Margherita Palli e
dai costumi di Ursula Patzak. Lo spostamento
temporale dalla Firenze dei Medici alla
Little Italy mafiosa newyorkese degli anni
'20 è stata un'ottima trovata di Martone e co.
che certamente avrà modo di trovare una giusta
esportazione estera. Quest'ultima produzione
scaligera, dai primi commenti, sembra essere
piaciuta molto e in effetti la qualità del
complessivo teatrale con l'ottima direzione
orchestrale di Carlo Rizzi ed il convincente
cast vocale, piace per la quasi trasposizione
cinematografica del lavoro. I rapidi cambiamenti
scenografici determinati dall'eccellente
macchina scenica scaligera, dove le tre
principali scene circolano in verticale in tempi
rapidissimi rivelando subito i quattro brevi
atti, mettono in risalto tutti i protagonisti:
da Giannetto Malespini, nella chiara voce
tenorile di Marco Berti a Ginevra nella
poco sensuale ma robusta voce del soprano
Kristin Lewis, dal baritono Nicola Alaimo,
perfetto e scenico Neri Chiaramantesi, al
soprano Jessica Nuccio , una bella e brava
Lisabetta reinventata nel finale a sorpresa
e d'effetto con l'abbondante carneficina di
tutti, a Leonardo Caimi ottimo Gabriello,
il fratello del "pazzo", a tutti gli altri. Meno
di due ore di spettacolo quasi cinematografico
sottolineati dalla vera protagonista che risulta
essere l'eccellente musica di Giordano con la
sua raffinatezza armonica ottimamente
interpretata dall'orchestra scaligera. Ultime
repliche previste per il 23 e il 28 aprile ed il
4 e 7 maggio . Da non perdere.
21 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
Musica contemporanea
a Vercelli
La Società del Quartetto di
Vercelli ha offerto ieri sera, 20 aprile, nella
sala della musica del Museo Borgogna
un’occasione d’ascolto più unica che rara in
questa zona d’Italia tra Sesia e Ticino: un
programma interamente dedicato alla musica
‘colta’ del secondo novecento e contemporanea,
affidato al grande percussionista Antonio
Caggiano e al chitarrista, non meno celebre
protagonista della Nuova Musica in Italia,
Sergio Sorrentino. Il pubblico ha avuto cosi la
possibilità di ascoltare i risultati della
ricerca di compositori del calibro di
Battistelli, Cage, Reich, Maderna, Alvin Curran
(il cui brano Convergent Sounds, in prima
esecuzione assoluta, per chitarra elettrica e
vibrafono è dedicato proprio
al
duo Caggiano-Sorrentino), Feldman, Didkovsky,
Glass. Come si può notare dall’elenco dei nomi
in programma, affiora una certa predilezione per
il minimalismo americano, coi suoi fondatori
storici, Feldman, Reich, Glass, e i suoi epigoni
(la tarda produzione di Curran), accompagnata da
una certa propensione per le esperienze più
aleatorie della musica postseriale.Il concerto
era infatti aperto da un ‘brano’ (la definizione
tradizionale va presa con una certa cautela) di
G. Battistelli, all’insegna dell’alea più
radicale, come testimonia l’assenza di spartito
o di qualsiasi indicazione esecutiva: “Il libro
celibe per un performer”, con ovvio riferimento
alla ‘Macchina celibe’ di Duchamp, con cui,
secondo Lyotard, ha veramente inizio l’arte
contemporanea. Dunque, una sorta di nuovo inizio
della musica. Questo’ libro’ di Battistelli si
presenta come un contenitore, da ‘sfogliare’, di
materiali vari: una sottile lastra metallica,
numerosi fogli di carta di diversa qualità e
spessore, corde e metallofoni di piccole
dimensioni. L’esecutore, nell’occasione Caggiano,
fa ‘suonare’ uno dopo l’altro queste fonti
sonore, passando dal semplice rumore del fruscio
della carta, oppure del soffio su di essa, fino
al tinnulo suono dei metallofoni: una sorta di
rito religioso di inaugurazione del concerto, la
trasformazione del rumore/suono nel suono più
propriamente musicale. Non tutte le composizioni
previste dall’impaginato lo sono ab origine per
il duo chitarra elettrica-vibrafono, esibitosi
ieri sera: alcune sono trascrizioni di partiture
concepite per orchestra o altri ensemble
strumentali. Tuttavia la nuova timbrica ottenuta
da questa coppia di strumenti ha spesso esaltato
alcune caratteristiche del pezzo, immergendolo
in un mondo sonoro inedito: è il caso di “Dream”
di Cage (originariamente concepito per
pianoforte e quartetto di viole), in cui il
nuovo impasto timbrico accentuava al massimo
l’affascinante atmosfera onirico-visionaria, con
le sue suggestioni orientaleggianti; o, ancora ,
è il caso della “Serenata per un satellite” di
B. Maderna, capolavoro della musica aleatoria
italiana, che prevede un’ampia scelta fra gli
strumenti per l’esecuzione, ma non cita la
chitarra elettrica e il vibrafono: ebbene, in
questa versione le suggestioni di infinito
dilatarsi dello spazio/tempo ispirate da questo
pezzo stupendo risultano valorizzate dagli echi
metallici del vibrafono e dal suono ricco di
sfumature della chitarra di Sorrentino. Chitarra
elettrica e vibrafono sono poi la coppia
strumentale ideale per rendere al meglio il
ritmo ipnotico della musica minimalistica, sia
nella variante ‘phasing’ di Steve Reich (“Piano
Phase”), sia in quella che si esprime in
rigorose iterazioni di cellule sonore, propria
della fase del minimalismo più ortodosso di
Philip Glass, di cui è stato eseguito, a
conclusione della serata uno dei brani più
celebri, “Music in similar motion”. Molto
interessante il pezzo inedito del concerto,
quel” Convergent sounds” di Curran, che dava
anche il titolo alla serata: è una partitura in
cui si riconoscono, stratificate in un assieme
sonoro di potente suggestione, le diverse
influenze musicali che il compositore, americano
di origine, ma italiano di adozione (vive a Roma
da quarant’anni) è venuto via via assimilando
nel corso della sua lunga carriera, dalla musica
di Giacinto Scelsi, cui lo legarono rapporti di
amicizia personale, al minimalismo, con qualche
vaga reminiscenza di free jazz: ed ecco un brano
diviso in due sezioni, la prima dal ritmo
rapsodico, errante, onirico, con l’iterazione di
cellule sonore dall’andamento contemplativo, e
una seconda ritmicamente incalzante, anch’essa
peraltro basata sul principio dell’iterazione di
frammenti sonori. Bravissimi i due escutori, non
solo per l’abilità ‘tecnica’ dell’esecuzione, ma
anche e soprattutto per la finezza e profondità
espressiva con cui hanno dato voce a musica che
andrebbe più spesso eseguita nelle nostre sale
da concerto. Veramente degno di lode il
Sorrentino esecutore solista di un pezzo di
Morton Feldman recentemente scoperto (e quindi
in seconda esecuzione europea ieri a Vercelli),”
The Possibility of a new work for Electric
Guitar”, di cui la chitarra di Sorrentino ha
saputo esaltare il ritmo lento, rarefatto in
lunghe frasi musicali, sospese sull’orlo del
silenzio. Sala piena, pubblico con molte facce
giovani ed entusiaste dopo una bellissima serata
di Nuova Musica, di cui siamo riconoscenti alla
coraggiosa Società del Quartetto. La nostra
speranza è che non resti un episodio isolato.
21 aprile 2016 Bruno Busca
Un quartetto
molto particolare in Conservatorio per
Serate Musicali.
Lunedì sera un concerto molto
frequentato e con un' insolita numerosa
componente giovanile ha accolto il
violoncellista siciliano Giovanni Sollima
accanto alla collega croata-tedesca Monika
Leskovare, a due pianisti quali il siciliano
Giuseppe Andaloro e il russo Ilya Rashkovskiy,
per un concerto decisamente inconsueto che
prevedeva la stravinskiana Sagra della
primavera nella trascrizione per due celli e
due pianoforti di Giuseppe
Andaloro,
quindi le Variazioni su un tema di Paganini
per due pianoforti di Lutoslawski , il noto
brano di Debussy Prelude à l' après midi d'un
faune, trascritto per due violoncelli da
Sollima ed infine la Valse di Ravel nella
trascrizione ancora di Andaloro per il quartetto
di strumentisti. Abbiamo trovato convincente la
trascrizione della celebre Sagra della
Primavera: la versione per due pianoforti e
due celli di Andaloro ha ricalcato la versione
orchestrale stravinskiana facendo emergere in
toto le graffianti timbriche dell'originale
sapientemente risaltate sia dai pianoforti che
dai violoncelli. Gli strumenti suonati con
timbriche molto percussive per mettere in
risalto ogni componente ritmica, ha avuto anche
un impatto scenografico grazie soprattutto alla
mimica di Sollima che a un certo punto corre
verso il pianoforte di Andaloro contribuendo a
completare le efficaci ritmiche. Il rapporto
sinergico tra i due tipi di strumenti ha
determinato un'interpretazione suggestiva che
necessita sicuramente di larga diffusione
giustificata della grande resa espressiva
ottenuta. Molto caratterizzante anche la
trascrizione per due violoncelli operata da
Sollima del celebre brano di Debussy. Qui la
cifra determinante è stata messo in risalto
dall'intreccio melodico dei due celli suonati
molto bene da entrambi. Di spessore le brevi
Variazioni di Lutoslawski che hanno fatto
emergenze la straordinaria tecnica del pianista
siciliano ben coadiuvato da quello russo,
entrambi immersi nell'energico lavoro del
compositore
polacco. Meno coinvolgente il brano di Maurice
Ravel che pur rivelando grande creatività
d'intenzione ci è apparso non completamente
definito nelle parti. Due i bis proposti con una
trascrizione a quattro di un noto brano del
gruppo progressivo anni '70 Gentle Giant,
formato allora da straordinari musicisti
rock-jazz , molti dei quali polistrumentisti. A
conclusione ancora una rivisitazione a quattro
dei più conosciuti Queen di Freddy Mercury e
company che ha evidenziato ancora una volta
l'efficacia di certa musica appartenente a quel
periodo aureo degli anni '70/'80, sottovalutata
da molto mondo "classico" . Allora la creatività
musicale si esprimeva ad alti livelli ed i
musicisti quasi sempre con seri studi classici,
trovavano nel mondo giovanile la vera
comprensione . La presenza in Sala Verdi di
molti giovani , venuti soprattutto ad ascoltare
le simpatiche e funzionali "bizzarrie" di
Sollima sono la testimonianza di come sia
necessario svecchiare il pubblico della classica
con operazioni efficaci, intelligenti e di
qualità come quelle di lunedì scorso. Fragorosi
gli applausi al termine.
20 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
Una settimana di
Musica Contemporanea a Milano
L' offerta di musica
contemporanea a Milano certamente non manca.
Segnaliamo solo alcuni dei concerti che si sono
svolti in questi ultimi 7 giorni a cominciare
della musica pianistica dedicata al compositore
milanese Niccolò Castiglioni, scomparso nel
1996, musicista al quale le ultime generazioni
di compositori devono molto. Domenica è infatti
terminata
la rassegna musicale a lui dedicata e
organizzata dal Divertimento Ensemble di
Sandro Gorli, con un concerto pianistico della
bravissima Maria Grazia Bellocchio che ha
eseguito presso la Sala Arte povera del Museo
del Novecento le sue ultime composizioni
pianistiche tra cui la Sonatina, Come
io passo l'estate, Dolce refrigerium,
Tre pezzi, e un breve ed originale
Valzer inedito. La musica di Castiglioni
eccelle per ricerca timbrica è qualità
costruttiva. Da alcuni anni sta trovando a
Milano una giusta valorizzazione. Bravissima la
Bellocchi o
nel penetrare in modo profondo la poetica del
musicista milanese. In settimana un brano di
Castiglioni è stato eseguito anche dall'ensemble
dei Sentieri Selvaggi. Sempre per il
repertorio di questi ultimi decenni, meritoria
la scelte dell'orchestra de I Pomeriggi
di iniziare il concerto settimanale del giovedì
al Dal Verme, in replica sabato pomeriggio, con
le musiche di un compositore, spesso giovane e
poco conosciuto.
Ieri,
nella replica di sabato, abbiamo trovato due
brani contemporanei: uno breve per il ciclo
dedicato ad Italo Calvino e al suo "Le città
invisibili" con Moriana di Carlo
Boccadoro in questo caso compositore
cinquantenne già affermato ed eseguito. Alla
direzione de I Pomeriggi , il compositore e
direttore scozzese James MacMillans oltre a
dirigere molto bene il brano di Boccadoro, ha
proposto una sua recente composizione in prima
esecuzione italiana e cioè il Concerto per
oboe ed orchestra. Oboista solista l'ottimo
Francesco Quaranta, primo oboe de l'
Orchestra de I Pomeriggi spesso interprete
solista. Il carattere "tranquillo" del lavoro di
Boccadoro, circa sei minuti musicali, è definito
da timbrica lievi e contrastate in modo intimo
dalle diverse sezioni orchestrali, con un ruolo
rilevante per il flauto. L' ottimo brano ha
trovato prosecuzione nell'articolato concerto
solistico di MacMillan, recente lavoro
strutturato in tre parti e con un ruolo di
prim'ordine per l'oboe di Francesco Quaranta. La
composizione, ricca d'invenzione e dal carattere
improvvisatorio, trova riferimenti sia in certo
minimalismo per la ripetizione,in certi
frangenti, di strutture ritmiche, sia in molti
autori della scuola inglese di stampo
neoclassico. La sovrapposizione di piani sonori
e di timbriche differenti generano una sorta di
complessità liberatoria espressa molto bene
dall'oboe di Quaranta spesso impegnato in una
sorta di moti continui. Ottima la resa
orchestrale . Ritorno alla tradizione con la
Prima Sinfonia di Beethoven.
17 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
La pianista cinese Sa Chen alle
Serate Musicali
Da alcuni anni la pianista
cinese Sa Chen è presente ai concerti delle
Serate Musicali. Come già scritto nel bel
concerto del 2014 la Chen è dotata di una
tecnica sorprendente
derivante
da una scuola musicale, quella cinese, diffusa e
selettiva che ha portato alla ribalta in questi
ultimi anni una schiera ingente di ottimi
interpreti, alcuni tra i più noti e richiesti in
ogni parte del mondo come Lang Lang, Yundy Li e
Yuja Wang . Il programma presentato ieri sera in
Conservatorio prevedeva musiche di Chopin e di
Liszt. Del grande polacco una selezione di Otto
Mazurche. Dell'ungherese la celebre Sonata in si
minore. Ottimamente eseguite le Mazurche ma in
linea con le interpretazioni di buon livello di
numerosi interpreti present i
sulle scene mondiali. Mentre di grande rilievo
la chiarezza espositiva e l'equilibrio delle
parti nella nota sonata lisztiana. In questo
capolavoro ha mostrato
eccellenza
interpretativa trovando quella corretta energia
necessaria ad esprimersi con equilibrio ma anche
rilevando dettagli costruttivi che danno forza
al grande lavoro lisztiano. La Chen ha mostrato
eccellente personalizzazione delle sonorità
proposte e soprattutto una capacità riflessiva
di alto livello interpretativo mediata da
un'interiorizzazione completa del materiale
sonoro . Due i bis proposti con brani
di Debussy. Successo e fragorosi
applausi in una Sala Verdi purtroppo non al
completo.
16 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
Gregory Sokolov per la
Società dei Concerti
Ieri sera il pianista russo
Grigory Sokolov, tra i massimi interpreti
viventi, è tornato in Conservatorio per un
concerto di grande respiro creativo
interpretando Schumann e Chopin. Il romanticismo
dei due grandi compositori è tornato per mani di
un artista che
conosciamo
per le sue doti virtuosistiche eccelse e per la
sua perfezione e invenzione formale. Il
programma ufficiale prevedeva prima Schumann con
l'Arabeske op.18 e poi l'altrettanto
celebre Fantasia in do maggiore op.17.
Dopo l'intervallo i due Notturni op.32 di
Chopin hanno preceduto la nota Sonata n.2 in
si bem. minore op.35 , la più conosciuta
grazie al terzo movimento "Marcia funebre".
Come succede sempre nei concerti del grande
pianista il successo della serata è stato
suggellato dal gran finale: ben 6 bis, cinque
Momenti musicali (n.2-3-4-5-6) di
Schubert e una Mazurca (op.30 n.2) di
Chopin. Sokolov ha meritato pienamente gli
interminabili applausi tributati al termine dal
numerosissimo pubblico intervenuto. Come già
espresso nella recensione
per
il concerto del 2014, il suo Chopin , ma anche
Schumann, non rispondono ai dettami della scuola
pianistica classica, quella dei grandi del
passato . Gli alti valori espressi nelle
interpretazioni ascoltate non si discutono.
Tutto è nella sua immensa creatività artistica
che mediante modalità analitiche sottolinea ogni
sequenza musicale rendendo scultoreo, quasi da
toccarsi con le mani, sia il suo Schumann che il
suo Chopin in un risultano complessivo
impressionante. Il controllo delle dinamiche nei
diversi piani sonori, la qualità timbrica e lo
spessore espressivo sono di altissimo livello
intellettuale. Come nella Marcia funebre,
terzo movimento della sonata di Chopin,
incredibilmente dilatata, chiara e materica che
potrebbe anche non piacere ad alcuni,
soprattutto agli ascoltatori abituati alle
esecuzioni storicizzate, ma che dà un'idea
precisa della libertà d'invenzione del grande
interprete che non vuole ripetere quello altri
hanno già espresso. Nella spettacolare Sonata i
contrasti dinamici sono stati particolarmente
accentuati, ma la bellezza della melodia, sempre
in primo piano, è veramente di alto valore.
Lontana dalla tradizione romantica anche la
splendida Fantasia di Schumann che sempre in
modo dettagliato, sottolinea ogni particella
sonora in un contesto complessivo di idea
precisa. Un concerto per molti aspetti
memorabile.
14 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
Andras Schiff per la
Società del Quartetto
In pochi giorni Milano
attraverso diverse società concertistiche, tutte
importanti, ha visto e vedrà il succedersi di
grandi interpreti, soprattutto grandi pianisti:
la Argerich con Mischa
Maisky
, Schiff, Zimerman e domani, Sokolov. Nomi da
primato mondiale che pongono la nostra città al
centro delle proposte musicali in Europa e
probabilmente nel mondo. Dopo il bellissimo
concerto di Schiff per Serate Musicali,
ieri sera lo abbiamo ascoltato per la Società
del Quartetto , la storica organizzazione
concertistica che ha portato sabato scorso in
palcoscenico Zimerman. Un tutto Bach dalla
durata di oltre due ore e trenta effettive di
musica riservato alle Sei Partite BWV 815-830.
Capolavori indiscussi musicali-architettonici
che sono alla base delle strutture armoniche dei
grandi compositori post bachiani. Schiff ha in
Bach- è risaputo- il compositore di riferimento.
Certamente è uno dei massimi interpreti. Avendo
eseguito o inciso del Sommo praticamente tutto
ha una interiorizzazione totale di ogni
struttura musicale, tale da eseguire le
complesse composizioni sempre a memoria, con una
padronanza tecnico-espressiva prodigiosa. Ieri
sera, come spesso accade per il pianista
ungherese, due pianoforti
lo
attendevano, questa volta due Steinway:
uno più recente con timbriche più dolci e
vellutate; l'altro di qualche anno in più, con
timbriche piene e più secche. Ha alternato le
sei Partite passando da un pianoforte all'altro
e in una successione dettata anche dalle
caratteristiche dei singoli brani. Questa la successione
presentata: Partite n. 5-3-1-2 e dopo il
breve intervallo, Partite n.4-6. Le prime
dalla durata di circa 20 minuti ognuna, le
seconde di oltre 30 minuti. Le esecuzioni, tutte
di di altissimo livello, hanno raggiunto
l'eccellenza in molti dei circa 40 movimenti che
compongono il totale dei sei lavori. Il
numerosissimo pubblico di appassionati ha
resistito in maggioranza sino alla fine del
concerto, pochi, giustificati dalle tre ore
complessive di presenza in Sala Verdi, hanno
lasciato il concerto prima. Fragorosi gli
applausi e un breve bis con il Tema delle
celebri Goldberg. Da ricordare a lungo.
13 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
Prossimamente a
Vercelli Guido Rimonda e la Camerata Ducale
Tutto il piacere
dell'appuntamento “classico” nel concerto che il
cartellone del XVIII Viotti Festival mette in
programma sabato 23 aprile (Teatro Civico di
Vercelli, ore 21.00, concerto in abbonamento).
Protagonista della serata, insieme
all'inseparabile Orchestra Camerata Ducale, sarà
infatti, nella duplice veste di violino solista
e direttore, Guido Rimonda, ovvero il fondatore
e l'anima del Festival stesso. A lui si deve la
riscoperta e la valorizzazione di Viotti, della
cui musica è oggi ritenuto l'interprete per
eccellenza, e sempre a lui va attribuito il
merito di aver fatto della rassegna vercellese,
grazie a lunghi anni di ricerca e di impegno
instancabile, un punto di riferimento della
cultura piemontese. Un concerto imperdibile,
dunque, un vero galà che ha tutto il sapore del
ritorno a una casa calda e accogliente dopo un
lungo viaggio. Verranno eseguiti brani di Haydn,
Mozart e Viotti. Il prossimo appuntamento è
fissato per sabato 7 maggio al Teatro Civico con
il graditissimo ritorno della violinista
Veronika Eberle in duo con il contrabbassista
Edicson Ruiz. Info:
biglietteria@viottifestival.it
–
www.viottifestival.it
13 aprile dalla redazione
Krystian Zimerman per
la Società del Quartetto
Ieri sera Krystian Zimerman è
tornato in Sala Verdi per la Società del
Quartetto con un concerto che rimarrà
certamente nella storia dell'importante società
milanese. Lo
ricordiamo
ancora nel 2014 , impegnato nelle tre ultime
sonate bethoveniane ed ora è stata la volta
delle due ultime di Franz Schubert con la
Sonata in la maggiore D 959 e la Sonata
in si bemolle maggiore D 960. Due
capolavori, appartenenti al ciclo delle ultime
tre Sonate datate 1828, ultimo anno di vita del
grande viennese e anno d'intensa produzione
musicale. Una sala al completo ha seguito con
concentrazione e in gran silenzio le note del
pianista polacco che ricordiamo essere uno dei
massimi pianisti viventi. Il suo Chopin è già
nella storia dell'interpretazione, il suo
Beethoven esprime qualità di gran livello e il
suo Schubert
è
certamente di indubbio valore in quanto
formalmente perfetto, etereo e particolarmente
dolce. Zimerman ha una visione complessiva dove
si riconosce un preciso e unitario disegno
esecutivo, nel quale le timbriche - si
porta sempre appresso il suo pianoforte- hanno
un
ruolo
essenziale . Luminose le sue interpretazioni,
precisi i dettagli e uso di dinamiche raffinate
e non troppo contrastanti. L'esecuzione
ascoltata pone questo Schubert efficace ed unico
alla stregua di colleghi quali Lupu, Barenboim o
Brendel, per citare quelli più noti. Rimarrà nel
ricordo degli ascoltatori anche quell'ultimo
accordo della Sonata D 960 preso in modo
impreciso, con una nota errata. Ma Zimerman può
permetterselo. Fragorosi gli applausi al termine
e come bis tre Preludi del connazionale
Szymanowski. Da ricordare a lungo.
10 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
L’Accademia del
Ricercare a Vercelli
La gloriosa Società del
Quartetto di Vercelli ha inaugurato la stagione
2016 con un ciclo di quattro concerti dedicati
alla musica barocca e complessivamente
intitolato Antiqua Vercelli, in collaborazione
con uno dei più prestigiosi ensemble italiani di
musica antica, quell’Accademia del Ricercare,
fondata circa trent’anni or sono e diretta dal
torinese Pietro Busca, che fin da subito si
affermò nel nostro Paese per l’accuratezza
filologica
dell’esecuzione,
e l’intento di ricreare fedelmente i tipici
gruppi strumentali operanti presso le grandi e
piccole corti europee tra XV e XVII secolo, col
ricorso a strumenti d’epoca, oggi sepolti
dall’oblio, come il singolare cromorno, già
affascinante nel nome (è uno strumento a fiato),
oltre, naturalmente, che per la bravura dei
sedici membri del complesso orchestrale. Abbiamo
assistito ieri sera, venerdì 8 aprile, al
secondo di questi concerti, così bello da
destare nel nostro animo il rimpianto per
esserci fatto sfuggire il primo. A incantare il
pubblico, prima ancora che il concerto avesse
inizio, era la cornice scelta con la consueta
finezza di gusto estetico dalla Società del
Quartetto: non l’abituale Sala della musica di
Palazzo Borgogna, sfolgorante di capolavori
della pittura rinascimentale piemontese, ma la
suggestiva e decorativa Sala del Trono del
Palazzo arcivescovile, un’altra di quelle
bellezze sconosciute, che valgono un viaggio a
Vercelli. Il programma di sala era ‘a tema’:
l’influenza di Arcangelo Corelli sulla sonata
barocca tra fine ‘600 e inizio ‘700 (“La lezione
corelliana” era il titolo dell’impaginato).
Trattandosi dunque di una forma musicale che
vede impegnato un numero limitato di strumenti,
dell’Accademia del Ricercare erano presenti solo
Lorenzo Cavasanti (per i diversi tipi di flauto
richiesti dai vari brani), Vittoria Panato
(violino) e per il basso continuo Claudia
Ferrero al clavicembalo e Antonio Fantinuoli al
violoncello. Di Corelli sono state proposte tre
composizioni: una Ciaccona, la Sonata in Fa
magg. Op.5 n.4 e la celebre “Follia” (in
sostanza: una splendida passacaglia) nella
trascrizione di uno dei suoi più famosi seguaci,
il Geminiani. Intorno a Corelli ruotavano, come
pianeti intorno al sole, Telemann,( con due
sonate, la TWV 42 in Re min. e la
Corellisierende sonate in Si min.), J. M.
Leclair con una Ciaccona da Deuxiéme Récréation
op.8 e il per noi (è doveroso riconoscere la
propria ignoranza!)) sconosciuto Michele
Mascitti, che godette gran fama, pare, nella
Francia del primo ‘700 come violinista e
compositore, con ben nove volumi di sonate. La
qualità più pregevole della musica corelliana e
dei suoi imitatori, consiste, com’è noto, in un
nuovo equilibrio tra struttura polifonica (ancor
presente nei tempi veloci) e senso melodico, più
accentuato nei tempi lenti e illimpidito dal
ricorso sistematico alla moderna tonalità
imperniata sui chiari accordi di IV e V grado e
su cadenze perfette, il tutto reso sempre vario
da dissonanze disseminate qua e là( e ovviamente
risolte) e dalla sapiente combinazione di
progressioni e ritardi. Senza poter entrare nei
particolari di ogni singolo brano, diremmo in
generale che questa ‘formula’ funziona al meglio
nelle composizioni di Corelli e soprattutto
nella bellissima “Follia”, mentre negli altri
autori si avverte ogni tanto la fatica
dell’imitatore, compreso il pur grande Telemann,
di cui ci è peraltro piaciuto molto l’Adagio e
staccato della” Sonate corellisante”, originale
nel ritmo spezzato e singhiozzante. Di alta
qualità tecnica ed espressiva l’interpretazione
dei quattro orchestrali dell’Accademia del
Ricercare. La perfetta intonazione di tutti gli
strumenti, la smaltata brillantezza di suono dei
flauti unita alla calda morbidezza degli archi,
la rigorosa precisione tecnica della tastiera e
le scelte agogiche e dinamiche curate nei
singoli dettagli hanno fatto rivivere ai
numerosi ascoltatori vercellesi il mondo sonoro
di quella che fu la grande musica di uno dei
momenti più raffinati e affascinanti della
civiltà europea: il Barocco. Scroscianti e
prolungati gli applausi alla fine di una
bellissima serata di musica.
10 aprile 2016 Bruno Busca
Il violinista Marco
Rizzi diretto da Pavel Berman per
I Pomeriggi musicali
del Dal Verme
Il concerto di ieri sera al
Teatro dal Verme con l'orchestra de I
Pomeriggi ha visto protagonisti due
violinisti di fama, il primo, il russo Pavel
Berman, nel ruolo di direttore d'orchestra, il
secondo, l'italiano Marco Rizzi, solista nel
celebre Concerto per violino e
orchestra
in Re maggiore op.77 di J. Brahms.
Recentemente avevamo ascoltato Berman nel suo
ruolo principale di violinista e il fatto che si
dedichi con assiduità anche alla direzione
orchestrale lo aggiunge alla nutrita schiera di
solisti che da alcuni anni assolvono a questo
doppio ruolo. Il programma aveva come primo
brano un lavoro contemporaneo del veneziano
Giovanni Mancuso, compositore nato nel 1970, che
su commissione de I Pomeriggi ha composto Il
tappeto di Eudossia dal racconto di Italo
Calvino. Valida la costruzione complessiva del
breve brano che ha fatto emergere un pacato
equilibrio in una struttura musicale priva di
grandi contrasti timbrici e ben posizionata in
un contesto di tranquilla ambientazione sonora.
Il secondo lavoro proposto, il concerto
brahmsiano, ha trovato Rizzi determinato
nel produrre timbriche
robuste, precise e dettagliate. Un eccellente
Brahms quindi, ottimamente diretto da Berman e
reso importante dalla sicurezza del solista che
ha una visione musicale legata alle migliori
interpretazioni rimaste nella storia.
L'incisività della sua cavata e l'ottima
sinergia con la direzione e l'orchestra hanno
reso qualitativamente di alto livello
l'esecuzione. Applausi sentiti da un pubblico
che non riempiva la sala ed eccellente il bis
bachiano concesso da Rizzi. Berman come ultimo
lavoro ha presentato la bellissima Serenata
per archi in do maggiore op.48 di Caikovskij.
Un plauso all'orchestra d'archi de I Pomeriggi
per aver rivelato la sua eccellenza. Lunghi
applausi al termine. Domani alle ore 17.00 la
replica da non perdere.
8 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
Valeriy Sokolov e
Evgeny Izotov per la Società
dei Concerti
"Un concerto da ricordare a
lungo quello ascoltato ieri sera in
Conservatorio con il duo cameristico russo
formato dal violinista Valeriy Sokolov e dal
pianista Evgeny Izotov. I lunghi applausi
tributari al termine sono indubbiamente motivo
di soddisfazione anche per la Società dei
Concerti, l'organizzazione concertistica che ha
ingaggiato questa splendida coppia di
musicisti". Questo avevamo detto nel
concerto di Sala Verdi del 2013 e adesso, dopo
la splendida serata di ieri sera ,
confermiamo.
L'ottima impaginazione scelta ha messo in
risalto gli elementi coloristici evidenziati dal
voluminoso Stradivary utilizzato da Sokolov.
Composizioni del primo '900, composte tra il
1917 e il 1927, hanno messo in evidenza il
perfezionismo tecnico di questo eccellente
violinista coadiuvato dal rigore stilistico di
Izotov. Il duo ha introdotto la serata con la
Sonata in sol minore (1917) di Debussy, per
continuare con la Sonata in sol maggiore
(1923-27) di Ravel. Nella seconda parte una
rarità di Enescu, la Sonata n.3 in la min.
op.25 (1926) ha anticipato il gran finale
con la Carmen Fantasy op.25 (1883),
lavoro di fine '800 da Bizet, di P. de Sarasate.
L' esecuzione, di alto livello, ha ancora una
volta rivelato un violinista particolarmente
grintoso nell'approccio con lo strumento.
La
sicurezza di tocco, le timbriche piene e ricche
di sonorità, una tecnica trascendentale che
mostra nitidi e corposi sopracuti e brillanti
effetti timbrici, caratterizzano l'arte di
questo giovane ed affermato interprete . La
parte pianistica ha trovato in Izotov un
eccellente collaboratore, attento ad ogni
dettaglio di scrittura e perfettamente integrato
. Il lavoro di cesello del pianista, in sinergia
con Sokolov, è stato quindi di ottima fattura.
Nel brano di Enescu, lavoro che trova
riferimento sia nei compositori ascoltati in
precedenza che in certo Bartok per le
caratteristiche folcloristiche e per lo stile
ricco di difficoltà tecniche, sorprende l'intesa
tra i due strumenti in perfetto equilibrio. La
Fantasia sulla Carmen ha sottolineato
maggiormente il virtuosismo violinistico ed ha
strappano fragorosi applausi al termine. Due i
bis concessi con un brano di Fritz Kreisler,
La gitana, e di
Čajkovskij,
la nota Melodie op.42 n.3. Da ricordare a
lungo.
7
aprile 2016 Cesare Guzzardella
Enrico Dindo e Pietro
De Maria per Serate Musicali
Il violoncellista Enrico
Dindo ed il pianista Pietro De Maria hanno tenuto
un concerto per Serate Musicali
impaginando un programma che prevedeva musiche
di Beethoven,
Schumann
e Brahms. Del grande tedesco abbiamo ascoltato
prima le 7 Variazioni in mi bemolle sul tema
" Bei Mannern welche Liebe fuhlen" da "Il Flauto
magico" e poi la nota Sonata n.3 in la
maggiore op.69; di Schumann Adagio e
Allegro in la maggiore op.69 e di Brahms la
nota Sonata n.1 in mi minore op.38.
Certamente la qualità complessiva è stata di
ottimo livello con un maggiore equilibrio
complessivo della coppia in Beethoven e in
Schumann e con una prevalente componente
espressiva di Dindo in Brahms. Due i bis
concessi dai due valenti interpreti tra cui uno
splendido Cantabile di César Cui.
5 aprile 2016 C.G.
Gianluca Cascioli al
Teatro Civico di Vercelli
Di fronte alla perfezione è
difficile dire qualcosa: si resta in muta
ammirazione. A questo pensavamo ieri sera,
sabato 2 aprile, mentre sul palcoscenico del
Teatro Civico di Vercelli si spegneva l’ultima
nota del concerto solistico del pianista e
compositore Gianluca Cascioli, programmato
nell’ambito del Viotti festival. Ma, come
replicava Adorno a Wittgenstein, di ciò di cui
non possiamo parlare dobbiamo parlare. Già
qualche osservazione merita il programma,
impaginato con rara accortezza su una scelta di
composizioni
esclusivamente beethoveniane: il giovane
pianista torinese ha accompagnato il pubblico,
accorso numeroso come sempre da quasi ogni
angolo del Piemonte, lungo un percorso
tutt’altro che scontato, che partiva dalla non
notissima, ma splendida, Fantasia in sol minore
op.77, comprendeva le Sei Bagatelle op. 126, il
congedo di Beethoven dal ‘suo’ strumento, il
pianoforte, e culminava nella monumentale
Hammerklavier op.106. Un percorso che puntava
dunque con coerenza sul Beethoven più
‘rivoluzionario’, più sperimentale, alla ricerca
di una libertà assoluta da schemi e forme
convenzionali, quella ricerca culminata nel c.d.
terzo stile di cui sono altissima testimonianza
l’Hammerklavier e le Bagatelle, ma che
evidentemente il genio di Bonn già veniva
conducendo da anni, come testimonia la Fantasia
op.77, opera di carattere assolutamente
rapsodico, nel suo quasi anarchico vagabondare,
nello spirito di una wanderung di stampo ormai
romantico, nella più assoluta e sconcertante
libertà agogica e melodico-armonica, frantumata
da frequenti pause, sapientemente valorizzate
dall’interpretazione di Cascioli. Un Beethoven
geniale anticipatore di gran parte della musica
successiva, da Schubert (le Bagatelle) a Brahms
(l’op.106) e persino Chopin, con le
straordinarie, per l’inizio del XIX secolo,
armonie della mano sinistra ben oltre
l’intervallo di decima, che appunto il grande
polacco riprenderà anche dall’immenso Adagio
sostenuto dell’Hammerklavier. L’eccellenza
dell’interpretazione di Cascioli ha unito
finissima capacità di dare risalto al minimo
dettaglio strutturale (e qui si vede bene la
sensibilità del Cascioli compositore) e una
tensione espressiva che in ogni singola nota
scava nella profondità del suono, nei suoi
strati armonici, alla ricerca di un mondo sonoro
che si fa immediatamente mondo interiore
dell’ascoltatore: indimenticabile, a tal
riguardo, la quarta Bagatella, in si minore.
Cascioli ottiene questi risultati grazie ad una
pulizia e precisione di suono di impressionante
trasparenza, a rigorose scelte metronomiche e a
un uso del pedale di esattezza assoluta, che gli
permettono un fraseggio essenziale
nell’architettura, con ogni nota al suo posto e
nel suo giusto rilievo costruttivo (come
nell’esemplare esecuzione della grande fuga
finale dell’Hammerklavier) e un controllo
perfetto dei registri timbrici,
dell’orchestrazione della partitura, che tocca
l’apice nell’op.106, in particolare nel terzo
tempo, col suo svariare tra mondi sonori tra
loro lontani, dal più solenne corale al più
intimo notturno. Una caratteristica ulteriore
del pianismo del giovane maestro torinese, che
ci capita di ascoltare di rado in altri
interpreti, è il ricorso a pause di durata
talora leggermente superiore al consueto, che
contribuiscono a conferire un alone suggestivo e
penetrante al tessuto sonoro, quasi separandolo
in nuclei di energia musicale che emerge come
un’essenza misteriosa dall’abisso del silenzio.
Delizioso il bis, sempre da Beethoven, il
giovanile Rondò n.2 in Sol Maggiore op.51, ricco
di aggraziata e capricciosa fantasia.
Interminabili gli applausi per un concerto
davvero memorabile: si sono dovute spegnere le
luci sul palcoscenico, prima che il pubblico
lasciasse il teatro, nella speranza di ricevere
da Cascioli il dono di altra musica.
3 aprile 2016 Bruno Busca
Zhang Xian dirige
Schumann,Goldmark e Malipiero in Auditorium
E' tornata con l'Orchestra
Sinfonica Verdi Zhang Xian per un concerto che
prevedeva tre compositori quali Schumann,
Goldmark e Malipiero. Il tema della primavera
ben si addice
alla
scelta dell'impaginato e in effetti la
Sinfonia n.1 op.38 "La Primavera" di
Schumann, Im Fruhling op.36 di Goldmark e
la Sinfonia n.1 in quattro tempi come le
quattro stagioni di Malipiero hanno in loro
le tematiche stagionali che hanno reso unitario
questo bel concerto. La direzione della Xian è
sempre stata all'altezza con attacchi precisi e
svolgimenti efficaci anche nei dettagli e la
Sinfonica Verdi ha mostrato ancora una volta la
sua capacità di spaziare in ogni compositori
dando sempre eccellenti risultati
interpretativi. Siamo passati dal 1831 del primo
brano, al 1888 del secondo, al 1933 del terzo
lavoro e ci siamo accorti di come ci sia un filo
conduttore unico in composizioni scritte
nell'arco di quasi cento anni. La rara sinfonia
di Gian Francesco Malipiero è tipica di un
compositore che vuole recuperare gli stilemi del
passato creando un linguaggio piuttosto
neoclassico tipico del periodo storico in cui è
inserita ed è un lavoro importante per il
sinfonismo italiano che, non solo con Malipiero,
deve trovare una maggiore risposta in termine di
esecuzioni. Ottime tutte le interpretazioni.
Domani alle ore 16.00 la replica.
2 aprile 2016 Cesare
Guzzardella
MARZO 2016
Uto Ughi e Bruno
Canino alle Serate Musicali
Il
violinista Uto Ughi e il pianista Bruno Canino
giovedì scorso hanno tenuto un concerto per
Serate Musicali davanti ad una platea molto
numerosa. Ad un anno esatto dalla loro
ultima
venuta in Sala Verdi nel Conservatorio milanese,
la coppia di musicisti ha impaginato un
programma classico che prevedeva brani di
quattro compositori:
un poco frequentato brano di Tommaso Antonio
Vitali, la Ciaccona in sol minore, una
sonata di Beethoven, quella in do minore
op.30 n.2 , una sonata di Brahms , quella
n.3 in re minore op.108 e al
termine ,al posto della prevista Fantasia di
Wieniawski dal Faust di Gounod, la più celebre
Fantasia sulla Carmen di Bizet di Pablo
de Sarasate. L'ottimo vibrato del sonoro violino
di Ughi ha trovato equilibrio nelle timbriche
chiare e precise del pianoforte di Canino.
Abbiamo a volte riscontrato una certa
disomogeneità espressiva dovuta non tanto alla
cifra musicale del duo che rimane di alto
livello estetico con modi stilistici ed
interpretativi
entrati
nella storia, ma a certo carattere
"estemporaneo" del violino di Ughi che pur con
sentita espressività, specie nella celebre
sonata brahmsiana e nella virtuosistica fantasia
dalla Carmen, ha visto alcune incertezze
iniziali nelle belle variazioni di Vitali. Il
bravissimo Ughi dovrebbe sforzarsi di variare un
po' i programmi visto che la bellissima Fantasia
di Pablo De Sarasate l'aveva proposta come bis
nel marzo 2015, come anche il bis concesso con
la celebre Ridda dei folletti di
Bazzini. Molto bello anche il bis con una
Danza Espagnole di Granados. Siamo sempre
contenti di ascoltare due interpreti che da
quasi mezzo secolo fanno la storia
dell'interpretazione italiana. Da ricordare.
28 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Prossimamente a Vercelli
il pianista Gianluca Cascioli
Sabato 2 aprile 2016 al
Teatro Civico di Vercelli, ore 21.00, Gianluca
Cascioli terrà un concerto con il seguente
programma: musiche di L.v.Beethoven, Fantasia in
sol minore op.77, Sei bagatelle op.126, Sonata
n.29 op.106, Hammerklavier Info:
www.viottifestival.it
Associazione Camerata Ducale 011 75.57.91
dalla redazione
I
Due Foscari
alla Scala
Venerdì sera ultima replica
de I due Foscari al Teatro alla Scala.
Ieri abbiamo assistito alla penultima recita
trovando una rappresentazione di ottima qualità
complessiva: apprezzabile nelle diverse
angolazioni a partire dalla regia e dalle scene
di Alvis Hermanis.
Le
valide scene uniscono in modo egregio una
geometrica visuale prospettica rappresentante il
contesto veneziano che inquadra e ravviva la
classicità dei costumi d'epoca di Kristine
Jurjane . Il direttore Michele Mariotti ha ben
interpretato la musica verdiana attraverso
timbriche luminose e dettagliate che hanno anche
messo bene in risalto le voci dei protagonisti.
La fondamentale parte corale dell'opera
preparata da Bruno Casoni certamente emerge
dall'insieme ma anche i solisti ci sono piaciuti
rivelando una determinazione d'intenti ben
inserita nel contesto. Decisamente all'altezza
Luca Salsi sostituto di Domingo, che ha
ottimamente ereditato il ruolo di Francesco
Foscari. La prestazione
di Francesco Meli, Jacopo Foscari, ha
rivelato la sua chiara timbrica e il voluminoso
soprano Anna Pirozzi in Lucrezia Contarini
ci è apparso adeguato. La riuscita
messinscena complessiva rende consigliabile la
visione dell'ultima replica del 25 marzo.
23 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Un grande successo
per Andras Schiff alle
Serate Musicali
Ieri sera l' ungherese Andras
Schiff è tornato in Conservatorio per il terzo e
ultimo degli appuntamenti organizzati da
Serate Musicali, interprete dei suoi amati
classici Haydn,
Mozart,
Beethoven e Schubert. Di questi sommi musicisti
Schiff in tre serate ha seguito tutte le ultime
sonate. Ieri sera Sala Verdi in Conservatorio
era quasi al completo. Come per le sere di
dicembre e di gennaio anche ieri due pianoforti
attendevano Schiff: un Bösendorfer utilizzato
per la Sonata Sonata in re maggiore K 576
di Mozart e per la Sonata in si bem maggiore
D 960 di Schubert ; uno Steinway per la
Sonata n.62 in mi bem maggiore Hob 52 di
Haydn e per la Sonata n.32 Op.111
di Beethoven. Ottime le interpretazioni
ascoltate con un punto di valore in più in
Beethoven brano che ha concluso il programma
ufficiale della serata terminato con fragorosi
applausi. Nell'ultima Sonata beethoveniana
Schiff ha trovato una
forza espressiva di alto valore estetico. Bene
le altre. Un bis con l'Aria dalle Goldberg
di Bach .
22 Marzo 2016 C.G
Riccardo Chailly
dirige alla Scala Cherubini e Verdi
Il programma sinfonico
proposto in questi giorni al Teatro alla Scala
per la direzione di Riccardo Chailly alla testa
dell'Orchestra scaligera era particolarmente
operistico in quanto i musicisti protagonisti,
Luigi Cherubini e Giuseppe Verdi, hanno avuto un
trascorso compositivo legato quasi
esclusivamente all'opera lirica. Il primo,
divenuto noto in Francia
sin
dal 1788, l'anno in cui lasciò definitivamente
l'Italia per Parigi- era nato nel 1760- ha
scritto numerose opere alcune delle quali ebbero
un successo strepitoso e ci lascia una
produzione strumentale limitata ma molto
interessante come quella ascoltata nel concerto
di ieri sera in replica alla Scala, che
prevedeva l'Ouverture da Concerto in sol
maggiore e la Sinfonia in re maggiore,
entrambe del 1815 e uniche produzioni
sinfoniche. Il secondo, icona della musica
lirica italiana, ci ha regalato momenti
sinfonici nelle numerose ouverture delle singole
opere o nei balletti interni alle opere stesse
come i brani ascoltati nella seconda parte del
concerto scaligero: da I Vespri siciliani i
ballabili Le quattro Stagioni e la celebre
Sinfonia introduttiva alla medesima opera.
L'attenta e molto italiana direzione del
milanese Chailly ci ha rivelato la raffinata
musica strumentale del fiorentino Cherubini
dafinita da equilibri settecenteschi soprattutto
haydniani insieme ad abilità orchestrali tipici
della scuola francese: sia L'Ouverture da
concerto, che la Sinfonia in Re maggiore
meriterebbero maggiore diffusione . La più
energica musica verdiana ci mostra ancora una
volta le qualità orchestrali del genio di
Roncole di Busseto che spesso con una sintesi
musicale estrema ci riporta in modo geniale il
sapore operistico negli strumenti
dell'orchestra. Eccellente l'interpretazione di
Chailly e dei bravissimi scaligeri per un
programma che sembrava essere stato impaginato
dal collega Muti, il più noto direttore legato a
Cherubini. Successo di pubblico. Da ricordare.
21 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
"Le ultime sette
parole di Cristo sulla Croce" di Haydn in forma
di Oratorio per la Società
del Quartetto
Domani sera per la Società
del Quartetto l'Orchestre des Champs-Élysées e
il Collegium Vocale Gent per la direzione di
Philippe Herreweghe direttore eseguiranno di J.
Haydn Le ultime sette parole di Cristo sulla
Croce in forma di Oratorio per solisti, coro
e orchestra Hob.XX.4 (1796). Le ultime sette
parole di Cristo sulla Croce sono un antico rito
legato alla liturgia di Pasqua, diffuso in molti
paesi cristiani secondo modalità diverse. Uno
dei riti più suggestivi si svolgeva a Cadice, il
giorno del Venerdì Santo a mezzogiorno, quando
la Cattedrale veniva chiusa e totalmente
oscurata con delle grandi tende e il Vescovo
saliva sul pulpito per commentare ciascuna delle
sette parole pronunciate da Gesù prima di
spirare. Nel 1786 la Cattedrale di Cadice
commissionò a Haydn delle musiche per
accompagnare la funzione, sette Adagio per
orchestra da suonare alla fine di ciascuna
meditazione. Haydn considerava questo lavoro
come uno dei suoi migliori, tanto da preparare
in seguito varie versioni, l'ultima
delle quali fu una rielaborazione in forma di
oratorio, con l'aggiunta
di un testo di un canonico di Passau. Per l'occasione
torna al Quartetto un grande interprete della
musica vocale del periodo classico come Philippe
Herreweghe, che con i suoi gruppi vocali e
strumentali ha forgiato uno stile inimitabile e
un suono unico per eseguire i capolavori del
periodo classico. Da non perdere
21 marzo dalla redazione
Donato Renzetti e il
violinista Aylen Pritchin ai
Pomeriggi del Dal
Verme
Ieri
pomeriggio la replica del concerto sinfonico con
l'Orchestra "I Pomeriggi Musicali" ha
trovato sul podio Donato Renzetti con tre brani
e nel celebre Concerto in Re
maggiore
Op.35 di
Čajkovskij il
valente violinista russo Aylen Pritchin
ha riscontrato meritato successo.
Il concerto,
come sempre accade in questa ottima stagione
musicale de I Pomeriggi,
è stato
introdotto da un brano contemporaneo
commissionato dall'Orchestra, dalla durata di
circa 5 minuti e dedicato a Le Città
Invisibili di Italo Calvino. Questa volta
toccava alla compositrice romana Alessandra
Ravera per Smeraldina, la città della
conoscenza. La Ravera, classe 1977,
è stata anche allieva di Corghi e Fedele, e ha
introdotto l'esecuzione chiarendo l'ispirazione
della sua
breve
composizione dal breve racconto di Calvino,
evidenziando anche l'introduzione solistica del
corno inglese. Al primo ascolto il brano ci è
apparso efficace e di solida impalcatura
formale, con stilemi legati a modalità
compositive lontane dalla dodecafonia ma vicine
alla ricerca timbrica dei compositori più
giovani, in questo caso coerenti e accessibili.
Sentiti applausi dal numeroso pubblico presente.
Il clou del concerto è avvenuto con la
salita sul palcoscenico di Pritchin, giovane
violinista affermato in Europa ma purtroppo poco
conosciuto in Italia.
Ha
sostenuto, ben coadiuvato da Renzetti,
un'eccellente prova solistica nella nota Op.35
del grande russo , rivelando un tocco deciso e
un modo di melodiare espressivo e coinvolgente
specie nell'Andante centrale. Di qualità
i due bis solistici con brani di Ysaye e Bach.
La valida direzione del bravissimo Renzetti
l'abbiamo maggiormente gustata nella celebre
Sinfonia n.8 in Sol maggiore op.88 di A. Dvořák.
Incisivo il suo gesto e trasparente la resa
della compagine orchestrale. Fragorosi gli
applausi al termine di un bellissimo pomeriggio.
Da ricordare.
20 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Davide Cabassi a
Vercelli
Il pianista Davide Cabassi è
tornato ieri sera, 19 marzo, in quel Teatro
Civico di Vercelli ove, sedici anni or sono,
ottenne uno dei primi importanti riconoscimenti
della sua carriera, il premio al Concorso Viotti,
prima della definitiva consacrazione con un
prestigioso piazzamento al Van Cliburn del 2005.
E a Vercelli Cabassi è tornato per concludere
l’integrale dei cinque concerti per pianoforte e
orchestra di L. van Beethoven, clou
dell’odierna
stagione del Viotti
Festival. Accompagnato naturalmente dalla
Camerata Ducale guidata da G. Rimonda, Cabassi
era chiamato ad eseguire il Concerto n.2 in
Si bem. Maggiore op.19 (in realtà il primo
ad essere composto dal Grande di Bonn) e il più
popolare dei cinque, il conclusivo “Imperatore”,
in Sol maggiore op.73. Il Cabassi da noi
ascoltato ieri sera è un pianista dotato di tre
grandi qualità: una tecnica semplicemente
strepitosa, capace di affrontare i passaggi
armonici e agogici più ardui della partitura con
esattezza geometrica e luminosa trasparenza di
suono; la capacità di adattare fraseggio e tocco
ai diversi registri timbrico-dinamici della
partitura, con una varietà di colori, di
atmosfere, di volume di suono che avvincono
l’ascoltatore dall’inizio alla fine
dell’esecuzione; la scrupolosa precisione
esecutiva, spinta sino al minimo dettaglio, che
ha indotto il pianista milanese, a partire dallo
scorso anno, ad una pratica oggi poco diffusa,
quella di suonare con lo spartito sul leggio.
Nella sua bella lezione introduttiva, che ha
preceduto il concerto, il musicologo Attilio
Piovano ha parlato di “dita preziose” di Cabassi:
mai definizione è stata più calzante. Queste
virtù di Cabassi sono apparse evidenti già
dall’esordio, il concerto n.2, dall’equilibrio,
non facile da rendere nell’interpretazione, tra
residui di stile galante e nuova energia già di
inconfondibile sapore beethoveniano, con momenti
di alto virtuosismo (specie nel primo tempo). Il
fraseggio di Cabassi cesella con raffinata cura
delle sfumature la plastica frase preludiante
con cui il pianoforte s’introduce
nell’esposizione del primo tempo, il respiro
lirico del tema dell’Adagio, con scelta ottimale
dei tempi, infine il colore brillante del
ritornello del Rondò finale. Molto bella
l’interpretazione dell’Imperatore. In questo
concerto, com’è noto, il compito del pianoforte
non è tanto quello di ‘competere’ con
l’orchestra, ma semmai di collaborare con essa,
affermandosi come l’elemento principale
dell’immagine sonora, di magniloquente
grandiosità. E a questo punto un elogio è dovuto
anche alla Camerata e alla direzione di Rimonda,
che ha sempre tenuto saldamente in pugno un
dialogo perfettamente calibrato con il solista,
con sapiente stacco dei tempi e controllo delle
linee strumentali. Le “dita preziose” di Cabassi
hanno dato voce ad un Beethoven piuttosto che
‘marziale’, come si usa dire del primo tempo del
concerto, di virile fermezza, con il
meraviglioso momento di ripiegamento interiore
dell’Adagio un poco mosso centrale, ove la
cantabilità del tema affidato al pianoforte è
stata di una intimità e di una purezza da
incanto, seguita dal pubblico con un silenzio
quasi religioso (non si udiva un colpo di tosse,
un raschio di gola, un gorgogliar di nasi, un
accartocciarsi di confezioni di caramelle,
consueto e spiacevolissimo controcanto nelle
nostre sale da concerto…). Il festoso rondò
finale suggellava, nella gioia del fare e
ascoltare musica un concerto di alta qualità
esecutiva, salutato da lunghissimi applausi per
solista e orchestra. Cabassi ha concesso un bis:
una sonata di Padre Soler, una di quelle più
vicine al modello del sonatismo di Scarlatti,
che fu suo maestro e ricca di passaggi di
impegnativo virtuosismo. Serata degna di essere
ricordata a lungo.
20 marzo 2016 Bruno Busca
Martha Argerich e
Mischa Maisky
per Serate Musicali
Il concerto tenuto ieri sera
dalla pianista Martha Argerich e dal
violoncellista Mischa Maisky
al Teatro dal Verme di Milano per Serate
Musicali rappresenta certamente uno
degli
avvenimenti musicali più significativi di
quest'anno. La capiente sala del Dal Verme era
al completo per questo duo che da circa
quarant'anni offre le migliori qualità musicali
al pubblico di appassionati. La Argerich è
rimasta una delle pochissime interpreti sulla
scena mondiale che riempie
completamente le sale da concerto italiane. Il
programma classico presentato ieri prevedeva
brani arcinoti: la Sonata in la minore D 821
"Arpeggione" di Schubert, la Sonata in sol
minore op.5 n.2 di Beethoven e, dopo
l'intervallo, la Sonata per violino e
pianoforte in la minore di Franck nella
identica trascrizione per violoncello
e pianoforte di Delsart. La qualità delle
interpretazioni non si discute. Il suono morbido
ma nello stesso tempo deciso di Maisky
ha trovato nella Argerich la pianista ideale
dove leggerezza, sicurezza, creatività e stile
consolidato apportano sinergie infinite per una
resa profondamente espressiva. Specie nella
sonata beethoveniana, dove il pianoforte ha un
ruolo da protagonista, abbiamo risentito ancora
una volta le raffinatezze di una pianista che
rimane probabilmente la n.1 al mondo. Due i bis
concessi con un energico
Šostakovič e un
delicatissimo melodico Brahms. Ovazioni per un
concerto da non dimenticare.
19 marzo 2016 Cesare Guzzardella
La pianista
Arghamanyan per la Società
dei Concerti
Il concerto di
mercoledì scorso per La Società dei Concerti
vedeva la Stuttgarter Philharmoniker diretta
da Stefan Blunier per tre brani , due di questi
di raro ascolto. Il primo del compositore russo
R.
Ščedrin,
denominato Beethoven Heiligenstädter
Testament,
è dedicato al grande
tedesco e riflette nella cifra stilistica tutta
la complessità e drammaticità del grande
dedicatario attraverso una musica ottimamente
costruita ed esprimente altrettanta
drammaticità. Valida l'incisiva direzione di
Blunier e la resa orchestrale. Il secondo brano
ascoltato è certamente noto agli addetti ai
lavori ma meno al pubblico della classica. Si
tratta del Concerto per pianoforte ed
orchestra n.4 in re minore Op.70 di Anton
Rubinstein, compositore e pianista russo del
secondo '800 molto conosciuto ed eseguito dai
suoi contemporanei. Nel ruolo solistico abbiamo
trovato la pianista Nareh Arghamanyan. Il
concerto risente gli influssi della scuola
pianistica di Chopin e di Liszt , quest'ultimo
grande ammiratore di Rubinstein, e per
l'interpretazione ha bisogno di un grande
virtuoso. La Arghamanyan ha certamente superato
la prova dimostrando qualità tecniche di primo
livello attraverso una resa, specie nel
movimento finale, formalmente ineccepibile e di
qualità. Ottima la coesione con la componente
orchestrale. Tre i bis solistici proposti tra i
quali una ottima trascrizione per pianoforte del
celebre brano chitarristico di Terraga ,
Recuerdas de la Alhambra, e la nota fantasia
di Horowitz da Bizet, Carmen Fantasy.Nella
seconda parte della serata valida
l'interpretazione della Seconda
Sinfonia di L.v. Beethoven.
18 marzo C.G.
Vladimir Askenazy in
Trio al Dal Verme per Serate
Musicali
Risentire il noto pianista
Vladimir Askenazy fa sempre piacere. Anche se
non fa più concerti singolarmente ma da alcuni
anni si dedica soprattutto alla direzione
orchestrale,
spesso
suona in duo o in trio con il figlio Dimitri
valente clarinettista. Ieri sera al Dal Verme
Vladimir al pianoforte, Dimitri Askenazy al
clarinetto e Ada Meinich alla viola si sono
alternati in un programma vario
ed interessante che prevedeva brani di rara
esecuzione. Dopo le note Tre romanze op.94
per clarinetto e pianoforte di R. Schumann,
abbiamo ascoltato due brani di autori certamente
poco conosciuti quali Rebecca Clarke (1886-1979)
con un interessante brano per clarinetto e viola
quale Prelude, Allegro and Pastorale e di
Niels Wilhelm Gade (1817-1890) con
Fantasistykker op. 43 per clarinetto
e
pianoforte per terminare con la poco eseguita ma
importante Sonata per viola e pianoforte op.
147 di
Šostakovič. La
parte pianistica di Askenazy senior
è stata sostenuta in modo
eccellente mettendo in sinergia le timbriche dei
bravissimi altri solisti. Ottimo il clarinetto
di Dimitri che sorprende per luminosa
espressività ed eccellente la violista per
raffinatezza anche nelle sonorità più sottili e
quasi impercettibili come quelle della difficile
ma sorprendente Sonata di
Šostakovič. Bis in trio
con un brano di un
compositore
svizzero.
Successo di pubblico per un'unica
data da
ricordare.
Ricordiamo il concerto straordinario di
Serate Musicali della grande pianista
Argerich con il violoncello di Maisky: Teatro
Dal Verme venerdì 18 marzo alle ore
21.00. Da non perdere!
16 marzo
2016
Cesare Guzzardella
Alessandro Trebeschi
e Costanza Principe sostituiscono Louis Lortie
alle Serate Musicali
Un'
indisposizione del pianista canadesa Louis
Lortie ha permesso a due giovani promesse del
pianismo italiano di esibirsi in Sala Verdi per
Serate Musicali. Alessandro Trebeschi e
Costanza Principe si sono alternati in un
programma vario ed interessante. Il pianista ci
ha proposto musiche di Liszt, Mendelssohn, Ravel
e Debussy mentre la Principe brani di Schubert e
Schumann. Bravi entrambi con Trabucchi che ha
mostrato sensibilità
di tocco ed equilibrio soprattutto in Ravel
eseguendo Jeux d'eau e in Debussy con
Reflets dans l 'eau e L'isle jeyeuse.
La Principe, che si è concessa maggiore spazio
con un "concerto nel concerto" dalla durata di
oltre sessanta minuti, ha rivelato grinta e
sicurezza non disgiunta da raffinata sensibilità
sia nei Drei Klavierstücke D946 di
Schubert che nella Toccata op.7 e nella
Sonata n. 1 in fa maggiore op.11 di
Schumann. Entrambi i pianisti hanno concesso un
bis. Bravissimo anche Trabucchi col suo bis in
Ciaikovskij dalle Stagioni-Giugno.
Calorosi applausi da parte di un pubblico poco
numeroso ma di qualità.
15 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Il pianista Paolo
Bordoni allo SpazioTeatro 89
Non poteva concludersi meglio
la stagione di concerti cameristici nel piccolo
ed accogliente SpazioTeatro 89. Il
pianista bergamasco Paolo Bordoni è stato
accolto dal numeroso pubblico nell'elegante sala
di via Fratelli Zoia 89 a Milano, per un
concerto incentrato su Beethoven e su Schubert,
musicista quest'ultimo da sempre molto
apprezzato
ed
eseguito dal pianista. Ricordiamo che Bordoni,
docente nei Conservatori musicali per decenni, è
un pianista relativamente conosciuto dal
pubblico che segue la musica classica ma
certamente tra i più rinomati interpreti di
Schubert, con eccellenti incisioni discografiche
e le interpretazioni ascoltate in questa unica
occasione hanno reso esplicite le sue qualità.
L'impaginazione del pomeriggio musicale
prevedeva di Beethoven il Rondò in do
maggiore, 7 Variazioni su God save the
king e la nota Sonata op.53 "Aurora",
quindi di Schubert i rari 12 Valzer op.18
e la celebre "Wanderer Fantasie". A
questi si è aggiunto il noto Valse-Caprice
n.6 trascritto da Liszt . Valido il
Beethoven ascoltato, non sostenuto dallo stato
di salute del pianoforte che meritava una
migliore accordatura, ma comunque è nell'ottimo
Schubert che abbiamo riscontrato il meglio. Di
valore i brevi ed eleganti 12 Valzer.
Valida la Wanderer e semplicemente
splendida l'interpretazione del Valse-Caprice
n.6 di Schubert-Liszt espressa con una
capacità di esternazioni delle timbriche di
altissimo livello. Bordoni al termine ci ha
donato un altro capolavoro interpretativo con un
bis di raro equilibrio e di autentica profonda
espressività : Clair de lune da la
Suite Bergamasque di Claude Debussy. Un
finale stratosferico per una domenica da
ricordare a lungo.
14 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Due serate per due
diversi violinisti al Dal Verme e in Auditorium
Il concerto di venerdì sera
al Teatro Dal Verme per I Pomeriggi Musicali
ha rivelato un interessante interprete e
direttore quale Stefano Montanari. La sua
presenza scenica si fa notare sia per le sue
sembianze dark che per le sue evidenti
gestualità in controtendenza con le consuetudini
tradizionali della maggior parte degli
interpreti. Ma quello che a noi è
interessato è
stata la qualità del Concerto per Violino e
Orchestra n.3 in Sol maggiore K 216 di
Mozart e della celebre Settima Sinfonia in La
maggiore di Beethoven. Non dimentichiamo
anche il brano introduttivo di musica
contemporanea commissionato da I Pomeriggi
al musicista iraniano Mhedi Khayami: La
città infelice, Raissa. Il breve lavoro
dalla durata di meno di 7 minuti, diretto
minuziosamente da Montanari, ha evidenziato le
notevoli capacità musicali di un autore che con
pochi elementi melodici ma con timbriche sottili
e raffinate ha descritto l'infelicità della
città Raissa tratta dal breve racconto di Italo Calvino.
Notevoli applausi all'interpretazione e al
musicista salito sul palcoscenico. Il seguente
brano mozartiano
con il celebre concerto ha
trovato nel violinista-direttore Montanari un
creativo. Traspare da questa ottima esecuzione
l'esperienza da solista e di direttore di
Montanari nei repertori di musica antica.
Interessanti gli evidenti piccoli cambiamenti
della scrittura originaria ed efficace il suo
modo di dirigere nell'intento di evidenziare la
componente più autentica della musica mozartiana
allontanandola dalla visione classico-romantica
ottocentesca. Di valore quindi l'interpretazione
espressa. Valida in molti frangenti, anche la
nota sinfonia beethoveniana potenziata negli
elementi ritmici e negli accenti, ma non
uniforme nell'insieme dei movimenti. Il secondo
concerto, quello
ascoltato ieri sera in
Auditorium con la Sinfonica Verdi, era diretto
da Tito Ceccherini e ha visto la presenza sul
palcoscenico di un altro virtuoso violinista
quale Domenico Nordio. Più tradizionale nella
presenza del virtuoso precedente, Nordio ha
avuto l'intelligenza di proporre due autentiche
rarità del repertorio violinistico con due
musicisti purtroppo sempre troppo poco proposti
quali Ferruccio Busoni e Gian Francesco
Malipiero. I due concerti violinistici erano incastonati
tra due lavori orchestrali di un altro grande
strumentista italiano quale Ottorin o
Respighi, certamente tra gli italiani il più
eseguito. Il Concerto per Violino e Orchestra
in Re maggiore Op.35a di Busoni è opera di
fine Ottocento ( 1896-97) e risente l'influsso
di Beethoven e Brahms nell'orchestrazione e
nello stile di scrittura per violino sebbene nel
lavoro si colga già il nuovo secolo. I tre
movimenti sono
collegati tra loro in modo
unitario come in un lungo poema sinfonico dove
la parte violinistica, sostenuta in modo
impeccabile da Nordio, è l'elemento preminente.
Le timbriche del virtuoso sono apparse minuziose
nei dettagli e la resa complessiva di genuina
classicità. Anche nel Concerto per Violino e
Orchestra n.1 di Malipiero la resa
complessiva della Sinfonica Verdi e di Nordio è
stata ottima. Il primo breve concerto di
Malipiero composto nel 1932 riscopre la
classicità e recupera la tradizione antica, come
avviene spesso tra i musicisti della generazione
nata negli anni '80 (Respighi, Malipiero,
Casella, ecc.) . L'ottima discorsività della
parte violinistica e l'efficace integrazione con
le sonorità orchestrali sono già un buon motivo
per mantenere questa rarità compositiva nei
programmi da concerto. Un bis esclusivo,
probabilmente in prima esecuzione italiana, per
il solo violino di Nordio con un raffinato brano
del compositore-pianista turco Fazil Say
intitolato Cleopatra. Le celebri
Fontane di Roma (1916) e Pini di Roma
(1924) del bolognese Respighi hanno trovato
nell'introduzione e nel finale della splendida
serata motivo di soddisfazione per il direttore
Ceccherini e per la Sinfonica Verdi. Specie
per i più eseguiti Pini, l'esecuzione ci
è apparsa di eccellente qualità con visione
complessiva del lavoro formalmente ineccepibile
e unitaria. Le sonorità di ogni sezione
orchestrale erano di indiscutibile valenza
estetica ed elegante il
gesto direttoriale, efficace anche nel definire
ogni tenue dettaglio. Lunghi e fragorosi gli
applausi al termine. Oggi alle 17.00 replica al
Dal Verme per Montanari e domani alle ore 16.00
replica in Auditorium per Nordio. Concerti da
non perdere.
12 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Il pianista Perahia
per la Società del Quartetto
E' tornato ieri sera in
Conservatorio per la Società del Quartetto
il pianista newyorkese Murray Perahia. Il
suo primo concerto per la storica società
avvenne quasi cinquantanni fa nel 1968. Da
allora Perahia è salito sul palcoscenico di Sala
Verdi almeno un dozzina di volte e con maggiore
frequenza in questi ultimi anni. Il classicismo
di questo eccellente
interprete
si è esternato nell'esecuzione di brani di
Mozart, di Brahms e di Beethoven. La sua
minuziosa ricerca di perfezione timbrica e i
perfetti equilibri dinamici sono emersi già dal
Rondò in la minore K 511 e quindi nella
Sonata in la minore K
330 del salisburghese. All'insegna della
luminosità e della perfezione di dettaglio
questa prima parte del concerto ha trovato nella
sonata mozartiana andamenti piuttosto accelerati
ma ben equilibrati. La prima parte della serata
è stata completata anche da cinque brani molto
noti di Brahms, una Ballata, tre
Intermezzi e un Capriccio dalle opere
118, 119 e 116. Andature corrette nell'esecuzioni
di questi capolavori romantici di fine '800. La
seconda parte del concerto prevedeva l'Op.
106 "Hammerklavier " di Beethoven,
certamente tra le più celebri e complesse sonate
del Maestro di Bonn.
L'interpretazione
di Perahia ci è apparsa quella migliore tra i
brani proposti. La rapidità espositiva del
lavoro ha messo in rilievo l'aspetto più
virtuosistico della celebre sonata. Siamo
rimasti stupiti della chiarezza dei dettagli
nell'Allegro introduttivo e nello
Scherzo, che dimostra l'attitudine alla
perfezione. L'Adagio sostenuto centrale,
sebbene eseguito molto bene, meritava forse una
maggiore riflessione interpretativa, mentre la
poderosa fuga a tre voci dell'Allegro
risoluto nel finale ha ritrovato un pianismo
grintoso e determinato. Nessun bis. Un concerto
di alto livello nella tradizione classica
terminato con fragorosi applausi dal numeroso
pubblico intervenuto.
9 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Freddy Kempf per le
Serate Musicali
Ieri sera il trentottenne
pianista londinese Freddy Kempf ha presentato un
programma che era incentrato su brani di
Beethoven e di Chopin. E' da molti anni che
Kempf viene alle Serate Musicali e
dobbiamo dire che oltre ad una tecnica
virtuosistica di alto livello abbiamo ritrovato
un pianista ancora più personale in Chopin . La
chiarezza discorsiva
della
Sonata in Re maggiore n.15 Op. 28 "Pastorale"
del musicista tedesco che ha introdotto la
serata risponde maggiormente a modalità
interpretative entrate nella storia. Kempf tende
ha velocizzare alcuni movimenti e ha espresso
con ottima chiarezza equilibrati contrasti
dinamici. Partendo da due Polacche di Chopin le
opere 40 n.2 e 44, il pianista è entrato
maggiormente nelle sue migliori qualità
estetiche . Specie la Polonaise in Si minore
op. 44 ha visto un'interpretazione molto
personale, accentuata nell'andatura e con una
sintesi discorsiva decisamente accattivante. Il
suo Chopin, come anche nella successiva
Sonata in Si minore n.3 op.58, esce dallo
stile dei grandi interpreti del passato e trova
una nuova interessante ed
efficace
rappresentazione. Il taglio melodico-armonico
dato da Kempf con forza effettistica e ricchezza
di energia riesce ad essere convincente ed è
sorretto da un equilibrio corretto. Chopin di
Kempf è certamente una novità interpretativa di
questi ultimi anni che rivela grande creatività.
Come detto in passato, Kempf eredita dal grande
Horowitz il bisogno di dominare la tastiera
cercando una timbrica giocata sull’effetto e sui
contrasti dinamici sovente molto accentuati, ma
quello che più conta con modalità personali. Di
grande effetto il brano proposto al termine del
programma ufficiale con un Stars and Stripes
forever di Sousa/Horowitz funambolico. Un
bis ancora di Chopin intimo con un ottimo Studio
.Grande successo. Da ricordare.
8 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Il duo Dego-Leonardi
al Viotti Festival di Vercelli
Il nuovo appuntamento con il
vercellese Viotti Festival, ieri sera sabato 5
marzo al Teatro Civico, proponeva un recital di
un duo violino-pianoforte che si è venuto
affermando in questi ultimi tempi come uno dei
più agguerriti in Italia: quello formato dalle
due giovani e bravissime Francesca Dego
(violino) e Francesca Leonardi (pianoforte). Il
programma di
sala
presentava due capolavori assoluti della
letteratura per questa formazione, entrambi
“ultimi numeri” di una serie: l’ultima sonata
delle dieci beethoveniane per violino e
pianoforte, l’op.96 in SOL maggiore e l’ultima
delle tre sonate di Brahms per i due strumenti,
l’op.108 in re minore. Chiudevano la serata i
Tre Capricci di Paganini op.40 per violino e
pianoforte di K. Szymanowsky. I punti di forza
del duo Dego-Leonardi sono due. Anzitutto la
bravura tecnica e interpretativa con cui
ciascuna di loro suona il proprio strumento: la
cavata della Dego ottiene dal suo Guarneri, già
appartenuto a Ruggero Ricci e prima di lui allo
stesso Paganini e noto come il “Cannone”, un
suono luminoso, denso di plastica energia,
perfettamente intonato, con acuti e sovracuti di
straordinaria limpidezza e il sovrano dominio di
ogni difficoltà esecutiva, come è apparso
evidente nel Poco Allegretto finale della sonata
di Beethoven, un complesso Rondò con variazioni,
ricco di ardui tecnicismi. Non è certo da meno,
per perizia interpretativa ed esecutiva, la
Leonardi, capace di dare al suo strumento una
funzione che non si esaurisce nel ‘semplice’
accompagnamento delle quattro corde, ma
conferisce alla tastiera un potente rilievo in
un costante dialogo ‘paritario’ col violino:
bellissimo il fluttuante tappeto sonoro creato
nell’esposizione del primo tema dell’Allegro
iniziale della sonata brahmsiana, con l’energico
ritmo sincopato e un po’ sghembo tra tempi
binari e ternari, in contrasto con l’elegante
regolarità della linea melodica del violino.
L’altra virtù che distingue Dego e Leonardi è
appunto la perfetta integrazione dialogica,
l’intesa che sembra sorgere spontanea dalla loro
esecuzione, maturata in lunghi anni di
collaborazione. Più ancora che nella sonata di
Brahms, tale qualità ha dato il meglio di sé
nell’op.96 di Beethoven, nella quale le due
interpreti hanno realizzato al meglio il
risultato raggiunto dalla scrittura matura del
Maestro di Bonn, cioè il perfetto amalgama
dell’insieme strumentale come un organismo
completo, in cui il dialogo tra i due strumenti
è valorizzato al massimo. Ne è scaturita una
eccellente esecuzione della sonata, con la sua
ariosa serenità che può rievocare certi
indimenticabili momenti idillici della sinfonia
Pastorale. Nell’interpretazione del capolavoro
di Brahms gli ascoltatori hanno potuto ammirare
la cura raffinata del dettaglio, armonico e
timbrico, nel trattare il complesso materiale
tematico e melodico, specie nei due tempi
estremi: di coinvolgente bellezza, l’ascensione
verso i registri sovracuti del violino nella
sezione finale dello sviluppo del quarto tempo,
scandita dai delicati accordi sincopati del
pianoforte, ha fatto vibrare nei nostri animi
quel sentimento che si può esprimere solo con il
verbo di Dante:” trasumanar”. Non ha aggiunto
molto all’ottimo livello esecutivo del concerto
il pezzo di Szymanowsky, che cambia
completamente la timbrica del capolavoro di
Paganini, con esiti non sempre convincenti. I
due bis concessi alla fine della serata, una
brevissima Bagatella di Busoni (“ I moretti”) e
il Cantabile per violino e pianoforte op.17 di
Paganini, hanno congedato un pubblico numeroso
ed entusiasta.
6 marzo 2016 Bruno Busca
Louis Lortie e Orazio
Sciortino su palcoscenico del Dal Verme per
I Pomeriggi musicali
Un concerto di grande
interesse quello ascoltato ieri sera al Teatro
dal Verme per I Pomeriggi Musicali. Il
pianista canadese Louis Lortie, da tempo
affermato interprete, in qualità anche di
direttore ha eseguito musiche di Mozart,
Sciortino e Schubert. Il Concerto per
pianoforte e orchestra n.22 in Mi bemolle
maggiore K 482 del
salisburghese lo ha visto
al pianoforte e alla direzione per una resa
stilistica e interpretativa all'insegna della
classicità. Il brano, tra i più eseguiti del
repertorio concertistico mozartiano, è stato
affrontato con rigore tecnico e in valida
sinergia con l'orchestra de I Pomeriggi.
Nella parte centrale della serata è salito sul
palcoscenico Orazio Sciortino, giovane ed
affermato compositore per un suo lavoro ispirato
al breve racconto Fedora da "Le città
invisibili" di Calvino, scritto per l'orchestra
de I Pomeriggi e denominato Notturno a
Fedora. La direzione orchestrale di
Sciortino stesso ha ancora trovato Lortie al
pianoforte.
L'intenso Notturno, dalla
durata di circa otto minuti, é un breve concerto
per pianoforte e orchestra dove le sonorità
pianistiche sono al centro di un brano nel quale
l'orchestra gioca un ruolo essenziale di
sottolineatura e completamento delle raffinate
sonorità pianistiche. Sciortino, intervenendo
alla presentazione della sua nuova composizione,
ha precisato che il brano è una sua prima
esperienza per pianoforte e orchestra, pur
avendo già composto un nutrito numero di lavori,
molti dei quali eseguiti in questi anni a
Milano. Il suggestivo lavoro, ancora una volta
ci pone di fronte ad un musicista serio e di
elevata statura compositiva. Lortie da direttore
ha terminato la serata con una valida
interpretazione della Sinfonia n.4 in Do
minore D 417 "Tragica" di F. Schubert.
Sentiti applausi al termine. Replica prevista
per domani, sabato alle ore 17.00. Da non
perdere.
4 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Chen Guang per la
Società dei Concerti
È tornato in Conservatorio il
pianista cinese Chen Guang per un concerto
sinfonico diretto da Jan Willem De Vriend alla
testa della Sinfonieorchester Wuppertal.
Scoperto alcuni anni or sono dalla Società
dei Concerti, Guang ha presentato in Sala
Verdi il Concerto n.3 in Do maggiore op.26
di S. Prokof'ev dimostrando ancora una volta
- ricordiamo il
concerto
solistico tenuto nel 2014 dove aveva eseguito
del russo la Sonata n.7 - di avere affinità con
il repertorio di primo '900. Ha ventidue anni
oggi Guang e in fatto di tecnica ed equilibrio
formale è certamente sorprendente. Le sonorità
percussive di questo importante concerto, come
quelle delle celebri sonate, sono emerse
unitamente ad una qualità stilistica ricca di
chiarezza espressiva e di rigore
formale. Si scorge sotto la molteplicità delle
note uno studio accurato che con apparente
facilità risolve i virtuosismi del grande
compositore russo che ricordiamo essere stato
anche un talentuoso virtuoso della tastiera.
Ottima l'orchestrazione della valida compagine
tedesca che ha trovato qualità ed equilibrio in
ogni settore, come valide la direzione di De
Vriend e le interpretazioni sia del brano
introduttivo di Mendelssohn - Meeresstille
und glückliche Fahrt. Ouverture in re magg.
op.27 - che della più nota Sinfonia in si
magg. op.38 di Schumann. Due i bis solistici
di Guang: un buon Schubert con il Momento
musicale n.3 e un ottimo Scarlatti con una
nota energica Sonata. Lunghi e fragorosi
gli applausi al termine. Prossimo appuntamento
per il 30 marzo con il duo clarinetto e
pianoforte formato da Raphael Sévère e Theo
Fouchenneret.
3 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Il Quartetto di
Cremona per Mozart
Ieri in Conservatorio è
continuata l'integrale dei 23 quartetti
mozartiani con l'eccellente Quartetto di
Cremona. La Società del Quartetto ha
giustamente messo in rilievo questi
capolavori
mozartiani proponendo un integrale in ordine
cronologico. Ieri è stata la volta dei sei
quartetti che il salisburghese ha composto
intorno all'età di 17 anni a Vienna, dimostrando
in alcuni frangenti uno spessore
creativo-musicale di altissimo livello. Si
tratta dei Sei Quartetti Viennesi del
1773 e precisamente i K 168-169-170-171-
172-173. Ricordiamo ancora che le eccellenti
interpretazioni ascoltate sono opera di
Cristiano Gualco e Paolo Andreoli, violini,
di Simone Gramaglia, viola, e Giovanni
Scaglione, violoncello. L'efficace
equilibrio dinamico del gruppo, la chiarezza
delle esposizioni melodico-armoniche dei quattro
archi hanno determinato in Sala Verdi una
esecuzione di elevato prestigio musicale. Il
prossimo appuntamento per l'integrale dei 23
Quartetti mozartiani è prevista per il 17 maggio
con i quartetti dedicati ad Haydn dove
ascolteremo brani del Mozart più maturo. Da non
perdere.
2 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
FEBBRAIO 2016
Kavakos e Pace per
Serate Musicali
É un duo cameristico
consolidato e di rara qualità quello formato dal
violinista greco Leonidas Kavakos e dal pianista
riminese Enrico Pace. Nella splendida serata di
ieri in
Sala
Verdi hanno eseguito brani di Debussy,
Szymanowski e R. Strauss. La Sonata n.3 in
Sol minore del francese ha introdotto il
concerto e ha subito evidenziato lo spessore
interpretativo del duo giocato su un'intesa
eccellente dove il pianista Pace ha un ruolo
fondamentale nel sostenere la componente più
melodica del violino di Kavakos. L'ottimo
equilibrio dinamico di Pace, definito da
timbriche precise, secche e luminose, favorite
anche da un uso ottimale del pedale di
risonanza, ha messo in rilievo le raffinatezze
del violinista greco, ancor più nel
virtuosistico brano del polacco Szymanowski,
Mythes op.30. Il brano in tre movimenti è
del 1915 e
presenta
novità timbriche giocate sull'impiego degli
armonici e dei sopracuti generalmente difficili
da eseguire. Non per il solista greco che con
mirabile chiarezza espressiva ha superato ogni
difficoltà tecnica. Eccellente l'interpretazione
del duo anche nelle esecuzioni dei successivi
brani di Strauss: il Valzer da Der
Rosenkavalier op. 59 e la Sonata in Mi
bem. maggiore op.18 . Qui il colore morbido
di Kavakos ha trovato sostegno nelle determinate
timbriche di Pace. Grande il successo in una
Sala Verdi con numeroso pubblico e tre i bis
concessi tra cui di De Falla, Danse du
meunier, e di Sarasate, Romanza andaluza.
Da ricordare a lungo.
1 marzo 2016 Cesare
Guzzardella
Beatrice Rana e
Benedetto Lupo ai Pomeriggi
Musicali
Un concerto di qualità quello
ascoltato ieri pomeriggio in replica, con due
ottimi solisti al pianoforte quali Beatrice Rana
e Benedetto Lupo. L'Orchestra de "I Pomeriggi"
era diretta da Corrado Rovaris in un programma
vario e ben costruito nel quale il francese
F.Poulenc e W.A.Mozart sono stati anticipati da
un recente brano commissionato da I Pomeriggi
al
compositore
Alberto Cara. Abbiamo trovato estremamente
piacevole e immediato nella comprensione
ritmico-armonica il brano Ottavia, città
sospesa sull'abisso, un lavoro di poco più
di cinque minuti ben orchestrato dove si sentono
influssi di una tradizione del Novecento
americano (Gershwin , Bernstein, ecc.) con
presenza di strutture ritmiche dal sapore anche
jazzistico. Il brano, ispirato ad un breve
racconto di Calvino, è ricco di contenuti
musicali lontani nella scrittura dalla Seconda
Scuola di Vienna e più vicini alla Neo-tonalità.
Dopo l'esecuzione
applausi
anche al compositore salito sul palcoscenico. Il
clou del concerto era rappresentato da
uno dei più felici e conosciuti brani di Francis
Poulenc, il Concerto per due pianoforti e
orchestra in re minore . Brano dal sapore
neoclassico, deve molto a Mozart per equilibrio
costruttivo, e presenta elegantemente, nello
stile francese tipico di questo geniale
compositore, una quantità di eccellenti idee
melodico-armoniche che rendono le sequenze
musicali estremamente varie. Ottima la divisione
delle parti pianistiche e significativo il
tessuto orchestrale dal carattere molto
sinfonico e unitario. Bravissimi i due solisti
con Lupo impegnato nella prima parte pianistica
e la Rana che lo
segue
in modo eccellente . La seconda parte del
concerto ha avuto come protagonista Mozart con
il Concerto per due pianoforti e orchestra
n.10 K. 365 e la celebre Sinfonia n.40
K.550 . Di grande equilibrio formale
l'interpretazione dei due solisti coadiuvati
dalla valida direzione di Rovaris e splendido il
bis solistico concesso con il noto L'embarquement
pour Cythère per due pianoforti di Poulenc.
A conclusione dello splendido pomeriggio, ottima
l'interpretazione della Sinfonia n.40
eseguita con energica espressività.
Prossimo appuntamento con il pianista canadese
Louis Lortie nella veste anche di direttore per
un concerto di Mozart ( K482), la
Sinfonia "Tragica" di Schubert e come
introduzione, "Fedora" di Orazio
Sciortino. Da non perdere.
28 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Emilio Aversano alle
Serate Musicali
Sono andato venerdì scorso ad
ascoltare Emilio Aversano, noto per le sue
"maratone" pianistiche, alle Serate Musicali.
Devo dire, in tutta sincerità, che non mi è
piaciuto per nulla. E dirò anche che alla fine
della prima parte del concerto, dopo un Mozart (Fantasia
K 397) a mio parere melenso e troppo lento,
un Beethoven (Sonata op.31 n.2) che non
riuscivo a riconoscere come Beethoven e uno
Schubert con un Improvviso ( op.90 n.3)che
ho trovato terribilmente insipido, tra gli
applausi di un pubblico che evidentemente
apprezzava comunque il concerto, sono andato via
alquanto irritato. Ho letto gli articoli dei
giornali in rete che hanno parlato di lui in
questi ultimi anni e tutti i recensori si
soffermano forse troppo sulla quantità di musica
che l'interprete sforna e poco sulla qualità
estetica espressa. La quantità non è
necessariamente proporzionale alla qualità. Uno
dei più grandi e geniali virtuosi del
pianoforte, Arturo Benedetti Michelangeli,
centellinava i nuovi brani da proporre perché
aveva capito che prima di ogni altra cosa , per
esprimere vera arte musicale, - e
l'interpretazione pianistica è arte con la A
maiuscola - bisogna essere certi di dire
qualcosa di originale, con modalità nuove e con
profondità di pensiero. Altrimenti è mestiere, è
ripetizione di quello che altri hanno già fatto.
Da ascoltatore appassionato suggerisco al
Maestro Aversano di concentrarsi su poche cose
per valorizzarle. Auguri.
28 febbraio 2016 C.G.
Steven Isserlis per
Serate Musicali
Il violoncello dell'inglese
Steven Isserlis ha accolto un pubblico numeroso
in Sala Verdi con un programma che prevedeva
soprattutto musiche di J.S.Bach. Tre Suite
per
violoncello
solo, la n.3 in do maggiore, la
n.2 in re minore e la n.6 in re maggiore,
sono state intervallate da due brevi brani di
György Kurtag e precisamente Suovenir de
Balatonboglár e Árnyak. Eseguiti
senza soluzioni di continuità con le Suite
bachiane n.2 e 6, i lavori di Kurtag sono un
omaggio di Isserlis al compositore ungherese per
i 90 anni dalla nascita. È certamente un ottimo
violoncellista Isserlis. Ha eseguito i
capolavori del sommo Bach a memoria con fluidità
estrema a dimostrazione della completa
interiorizzazione di ogni elemento
melodico-timbrico e con una personalizzazione
accentuata in
ogni
movimento. Una velocizzazione dell'andatura
nella Suite n.3 ha trovato contrapposizione in
una maggiore riflessione nella Suite n.2
interpretata con pathos quasi romantico. Di
valore tutte le esecuzioni. Lunghi applausi e
salita in palcoscenico di Hans Fazzari, pianista
e storico organizzatore di Serate Musicali,
per un bis per pianoforte e violoncello
ottimamente eseguito con un noto lied
di Schubert trascritto per cello e dal titolo
Litanie. Fragorosi applausi.
23 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Bahrami alle
domeniche de "I Pomeriggi"
Le domeniche de " I
Pomeriggi", sette matinée musicali al
Teatro dal Verme sono state inaugurate da un
pianista celebre quale l'iraniano Ramin Bahrami,
interprete specializzato in Bach, che ha voluto
inaugurare la lodevole Stagione domenicale
progettata da Maurizio
Salerno
con brani del grande sassone. Dirigendo
l'Orchestra d'archi de I Pomeriggi e
interpretando al pianoforte celebri pagine, a
cominciare dalla celebre Aria sulla quarta
corda trascritta per pianoforte ed archi,
Bahrami ha entusiasmato il numerosissimo
pubblico intervenuto per ascoltarlo. Non
dimentichiamo la dedica iniziale di Bahrami a
due letterati recentemente scomparsi, Umberto
Eco e Piero Buscaroli, quest'ultimo attento
studioso della musica di Bach. Dopo l'Aria
dalla Suite n.3 in Re maggiore, sono stati
eseguiti due celebri concerti per pianoforte ed
archi quali quello in La maggiore BWV 1055
e quello in Re minore BWV 1052,
inframmezzati
dai Contrapunctus I-V e XI trascritti per
archi da L'Arte della fuga. Questo
capolavoro teorico-musicale conclusivo di Bach,
si avvale
di
una molteplicità di trascrizioni per
diversificate formazioni strumentali. Bahrami ha
eseguito in altre occasioni e anche inciso una
lodevole versione pianistica. Le indiscusse
qualità delle interpretazioni di Bahrami si
fondano su una capacità di personalizzare la
musica bachiana attraverso caratteristiche di
leggerezza e sintesi discorsiva molto
"pianistica", completamente diverse dalle
modalità interpretative del grande artista di
riferimento, Glenn Gould, spesso elogiato
dall'iraniano. Di altrettanto valore estetico le
interpretazioni di Bahrami: profondità di
pensiero e perfezione discorsiva si fondono per
un'esecuzione fluida, ricca di dinamiche sottili
e certamente di valore. Intenso il bis
pianistico con la nota Aria dalle
Variazioni Goldberg. Fragorosi gli applausi
al termine. Il 6 marzo alle ore 11.00 l'Ottetto
di fiati de I Pomeriggi interpreterà due
Serenate di Mozart.
21 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Il violino di Edoardo
Zosi per la Società
dei Concerti
Da
alcuni anni torna in Sala Verdi per le serate
organizzate dalla Società dei Concerti la
SudwestDeutsche Philharmonie. Ieri sera la
compagine tedesca era insieme al giovane
violinista
italiano Edoardo Zosi per uno tra i più celebri
concerti per violino e orchestra, quello di
F.Mendelssohn in Mi Min op.64.
L'Orchestra diretta da Evan Christ ha mostrato
ottima cifra stilistica con un brano d'effetto
introduttivo quale il Poema sinfonico n.3 Les
Preludes di Franz Liszt.
Questo lovoro è ricco d'energia e le
sezioni orchestrali danno sfoggio di virtuosismo
attraverso timbriche ridondanti ma certamente
ben costruite dal grande compositore ungherese.
Dopo il poema sinfonico introduttivo la più
pacata ma comunque energica espressività di
Mendelssohn, con il suo celeberrimo concerto
violinistico, è stata evidenziata dalla timbrica
solare e molto italiana del violini di Zosi. È
stato molto bravo il solista a condurre il
concerto
con una modalità strumentale nella quale la
componente melodica risulta funzionale
alla struttura armonica del brano in un rapporto
dialettico tra i più coinvolgenti nella storia
della concertistica per violino. Il concerto,
tra i più eseguiti, è ricco di espressività
romantica nelle molteplici sequenze melodiche e
trova nell'ultimo movimento tutta la genialità
brillante estemporanea di Mendelssohn. Zosi ha
centrato il segno con la sua perfetta
intonazione e la sua valida proposta
interpretativa che evidenzia anche il suo
costante studio per raggiungere una perfezione
formale di rara fattura. Ottima
l'interpretazione anche nelle sezioni
orchestrali. Valido il bis solistico di Bach
concesso da Zosi. Dopo l'intervallo la bravura
dell'orchestra e del suo giovane direttore è
emersa con un'ottima lettura della
Sinfonia n.5 in
Mi
min. op.64
di Čaikovskij.
19 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Il duo Dego-Leonardi
prossimamente al Teatro Civico di Vercelli
Sabato 5 marzo 2016, alle ore
21.00 presso il Teatro Civico di Vercelli si
terrà un
concerto della
violinista
Francesca Dego e
della
pianista Francesca Leonardi.
Il concerto fa parte della diciottesima edizione
del Viotti Festival e permette di
rispondere nel modo
migliore
a una domanda che molti spettatori e
appassionati si saranno posti: come risponde
l'Italia alla marea di solisti d'eccezionale
bravura provenienti da un po' tutto il mondo?
Bene, la violinista Francesca Dego e la pianista
Francesca Leonardi offrono una risposta
chiarissima: possiamo davvero essere orgogliosi
del nostro Paese. Giovani, brillanti, affermate
a livello internazionale, dotate di cristallina,
impeccabile musicalità e di un'incantevole
presenza scenica, Dego e Leonardi rappresentano
oggi una delle punte di diamante del concertismo
contemporaneo, e sul palco del Teatro Civico lo
dimostreranno grazie anche a un programma di
rara intensità e di profonda, straordinaria
bellezza dove verranno eseguite anche la Sonata
per violino e pianoforte in re minore Op. 108 di
Brahms e i 3 Capricci di Paganini Op. 40 di K.
Szymanovsky. Da non perdere!
http://www.viottifestival.it/
19 febbraio
2016 dalla redazione
Dopo molti anni la
Pires in Conservatorio per il "Quartetto"
E' tornata in Conservatorio
dopo anni la pianista portoghese Maria Josao
Pires. Era venuta di recente al Teatro alla
Scala per eseguire il
Quarto concerto di Beethoven, ma da
solista era da molto tempo che non
l'ascoltavamo. Ieri sera nel concerto
organizzato dalla Società del Quartetto è
arrivata in Sala Verdi con una sua ottima
allieva quale la
trentenne
armena Lilit Grigoryan. Hanno suonato a quattro
mani Schubert e da soliste Beethoven. Il
programma di particolare interesse accostava i
due grandi compositori con una preminenza
beethoveniana: del grande tedesco di Bonn, la
pianista armena ha eseguito la Sonata n.28 in
la maggiore op.101 mentre la Pires, nella
seconda parte della
serata, la Sonata in do minore op.111,
ultima delle 32 sonate. Schubert a quattro mani
ha trovato una distribuzione laterale rispetto
l'impaginato con il breve Allegro in la
minore D 947 eseguito all'inizio a la più
nota Fantasia in fa minore D 940 eseguita
al termine. Valide tutte
le interpretazioni considerando che i
capolavori proposti sono tra le ultime
composizioni di entrambi
i musicisti. La Grigoryan ha rivelato una
tecniche perfetta, un'ottima tenuta complessiva
e formalmente di gran livello. Si nota però
l'ancora giovane età nell'esprimere stati
d'animo che nel Beethoven dell'op 101 richiedono
una forza espressiva decisamente più matura.
Comunque ottima la sua restituzione.
L'interprete portoghese con la sua op.111
ha alzato di molto il livello della serata
fornendo un' esecuzione di assoluta eccellenza
per quel che concerne la penetrazione del contenuto
musicale più profondo. La sua interpretazione ci
è apparsa scultorea dal punto di vista del segno
musicale netto, preciso e formalmente
ineccepibile. Dimenticando piccole incertezze
che
nelle grandi interpretazioni, come quella
ascoltata dalla portoghese, non vanno neanche
considerate, è emersa nella restituzione
musicale una tipologia di pensiero in perfetta
sintonia con quello che doveva essere l'universo
beethoveniano. L'impatto delle prime note con
quegli accordi granitici e robusti e il finale
etereo e conclusivo rimarranno nel ricordo di
tutti gli appassionati. Notevole anche Schubert,
soprattutto con una sorprendente Fantasia
ricca di spessore espressivo dove la Pires, al
contrario che nell'Allegro D 947,
occupava il ruolo di
conduttore nella parte destra della tastiera.
Bis contemporaneo con un Omaggio a Schubert
di G. Kurtag. Applausi fragorosi in una Sala
Verdi quasi al completo. Un concerto che
soprattutto per la prestazione della Pires, ma
anche per le "quattro mani" della Fantasia, si
può definire memorabile.
17 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
La Kremerata di
Kremer e la pianista Julianna Avdeeva per
Serate Musicali
È sempre un motivo di
soddisfazione poter ascoltare la Kremerata
Baltica e il suo fondatore e leader Gidon
Kremer. Ieri in una Sala Verdi colma di pubblico
l'eccellente formazione baltica ha iniziato il
concerto con un brano di Robert Schumann nella
felice trascrizione di Fr.Hermann, Bilder aus
Osten op.46. La Kremerata, per l'occasione
senza
direttore
e senza leader, ha rivelato ancora una volta
tutte le qualità di splendida formazione
cameristica. Il secondo brano in programma
prevedeva un raro concerto di un altro grande
romantico quale F.Mendellsohn: il Concerto
per violino e orchestra in re minore.
L'opera venne alla luce solo nel 1952 quando fu
proposta da Yehudi Menuhin dopo avere ricevuto
il manoscritto da un membro della famiglia
Mendelssohn. La parte solistica, riservata al
violino di Gidon Kremer, è di rilevanza
fondamentale e il grande virtuoso di Riga ha
trovato il registro musicale corretto per una
lettura all'insegna della raffinatezza
espressiva. Suoni morbidi con dinamiche ben
differenziate erano ben inserite nel contesto
orchestrale. Per il bis solistico, con soffuso
accompagnamento di pizzicati, Kremer ha proposto
un lavoro poetico di un compositore giapponese
eseguito con un violino Niccolò Amati del 1669
per l'occasione fornito dal Museo del violino
di Cremona e portato a Milano da un suo
rappresentante. Questi ha inizialmente
introdotto la serata mostrando al pubblico un
breve filmato sul museo di Cremona e sulla nuova
splendida Sala da concerto e informando sulla
iniziata collaborazione tra il Museo di
Cremona
e Serate Musicali. Splendida l'esecuzione
del bis con l'ccellente timbrica di questo
antico strumento ad arco. La seconda parte della
serata ha avuto come protagonista insieme alla
Kremerata anche l'eccellente pianista polacca
Julianna Avdeeva per il Quintetto per
pianoforte archi e timpani di M. Weinberg,
nella versione per pianoforte, timpani ed
orchestra d'archi di Kremer e Pushkarev. Il lavoro
del musicista polacco, vissuto in Russia e amico
di
Šostakovič, risente molto l'influenza stilistica
del celebre compositore sovietico ma ha anche
una sua forte
connotazione compositiva
giocata su timbriche taglienti, chiare ed
espressive dell'orchestra e del pianoforte.
Splendida l'interpretazione dall'Avdeeva,
pianista che al termine della riuscita serata,
ha concesso un bis con un celeberrimo Valzer
postumo di Chopin eseguito con intensa
espressività. Serata da ricordare.
16 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Il vercellese
Viotti Festival
con Maria Perrotta
Il vercellese Viotti
Festival, con il concerto di ieri sera 13
febbraio al Teatro civico, ha toccato una tappa
importante del suo progetto che prevede
l’esecuzione integrale dei cinque concerti per
pianoforte e orchestra di L. van Beethoven.
Inaugurato a gennaio dal terzo concerto,
interpretato da F. Gamba, ieri sera il programma
affidava il primo in DO op.15 e il quarto in SOL
opera 58 alle mani della giovane pianista Maria
Perrotta, cosentina d’origine, ma residente da
tempo a Parigi, naturalmente accompagnata dalla
Camerata Ducale diretta da G. Rimonda. Il
recital è stato preceduto da un’ampia ed
eccellente
introduzione del noto musicologo Attilio Piovano
che, coniugando con rara sapienza chiarezza
divulgativa e rigore analitico, ha illustrato al
folto pubblico storia e caratteristiche musicali
dei due brani in programma. Senza troppi giri di
parole, diciamo subito che, per noi, quella di
ieri sera a Vercelli è stata un’ora e mezza di
splendida musica, in cui tutti gli interpreti
hanno dato il meglio di sé. Conoscevamo il
valore della Perrotta da un’incisione bachiana
(Le variazioni Goldberg), che ne mettono in luce
la virtù di un suono cristallino, che ha la
leggerezza di un volo di farfalla e la nettezza
di un diamante inciso con rara perfezione.
Sapevamo che successivamente la pianista aveva
inciso le tre ultime sonate beethoveniane, che
però non siamo ancora riusciti ad ascoltare e ci
domandavamo come quel suono, così adatto
all’interpretazione bachiana, si sarebbe
trasformato per dare voce alla varietà infinita
di atmosfere e piani timbrico-dinamici, alla
possente energia, che contraddistinguono il
mondo musicale di Beethoven, specie in due
concerti così diversi, come quelli eseguiti ieri
sera. Ebbene: la Perrotta ha dimostrato in
questa occasione una matura duttilità di suono e
un controllo perfetto dei colori e dei tempi,
emersi già chiaramente nell’esecuzione del
Concerto n.1, dove il tocco perlato della
solista ha reso con la giusta energia i passaggi
più brillanti ed estroversi, d’impronta
‘guerresca’, e con un colore suggestivamente
morbido quelli più intimistici, a cominciare
dall’intensissimo tema iniziale del secondo
tempo, ove la ricca ornamentazione di trilli e
gruppetti che lo annunzia non è stata sfruttata,
come troppe volte ci capita di ascoltare, per
una pura esibizione di virtuosismo, ma era
intrisa di quella dolcezza nuova che Beethoven
introduce tra i vocaboli di un linguaggio ancora
mozartiano. Eccellente anche l’interpretazione
del Concerto n.4, in cui il banco di prova è il
misterioso tempo centrale. Il modo in cui la
Perrotta ha letto questa pagina fa giustizia
della solita interpretazione che crede di
riconoscere in tale movimento la rievocazione
del mito di Orfeo, richiamata anche da Piovano
nella sua introduzione. Al suono sommesso della
dolente melodia con cui il pianoforte risponde
al cupo e minaccioso “forte e sempre staccato”
degli archi dell’orchestra, la Perrotta fa
seguire il crescendo del lungo trillo, con
accompagnamento di sestine, suonato con un’
energia di rivolta, che poco ha a che vedere con
Orfeo e molto, invece, con il titanismo
romantico, che è a nostro modesto avviso la
migliore chiave interpretativa del passo. E’ poi
nel rondò finale del concerto che la solista ha
potuto esibire al meglio la sua tecnica
smagliante, sgranando con limpido fraseggio i
più ardui passaggi, dal vorticoso flusso di
quartine di semicrome del secondo couplet sino
alla tempesta di arpeggi della ripresa del
primo, capace però di placarsi soavemente nel
passaggio che porta alla coda. Una
interpretazione esemplare di due grandi pagine
pianistiche, ottenuta anche grazie
all’eccellente prestazione della Camerata
Ducale, diretta da un Rimonda in gran forma,
semplicemente perfetto nello stacco dei tempi e
nella resa dei valori timbrici e armonici di
queste complesse partiture. Un lunghissimo
applauso ha meritatamente salutato orchestra,
direttore e solista, al termine di un concerto
che sarà giustamente trasmesso prossimamente
dalla RAI, sul canale di Radio tre.
14 febbraio 2016 Bruno Busca
Un libro di Paolo
Viola ed un concerto con Campanella, Laganà e
Windsor in Conservatorio
Un evento inconsueto, la
pubblicazione di un libro di Paolo Viola
dall'originale titolo "L'ascoltatore
impertinente", è stata l'occasione per
passare un gradevole tardo
pomeriggio
il giorno 9 u.s. nella Sala Puccini del
Conservatorio milanese, in compagnia di valenti
musicisti quale Michele Campanella, Ruggero
Laganà e il soprano Lorna Windsor. Ho usato il
termine "inconsueto" perché Paolo Viola non è un
musicologo professionista ma in realtà un
ingegnere. Da sempre amante della migliore
musica e attento ascoltatore di musica classica
e contemporanea, - è sempre presente nelle sale
concertistiche milanesi- Viola da alcuni anni è
titolare della rubrica musicale della rivista
settimanale ArcipelagoMilano. Invito
tutti a leggerla sia per gli intelligenti
articoli di Viola, sia per le sezioni culturali
presenti che riguardano, oltre la musica,
architettura, arte, teatro e politica. Scrivono
sul giornale, diretto da Luca Beltrami
Gadola,
professionisti, docenti universitari e in genere
ottimi rappresentanti della cultura milanese.
Viola e la curatrice Maria Matarrese Righetti
hanno estrapolato dalla rivista i migliori
articoli usciti dal 2009 al 2015 regalandoci
questo volume che invito tutti ad acquistare. È
un ascoltatore molto attento Viola, non ha i
condizionamenti dei giornalisti musicali
"professionisti" che devono stare attenti forse
in modo eccessivo a quello che scrivono, e ha
contenuti da vero "esperto". Hanno parlato
bene
tutti gli intervenuti sul palco, come il noto
giornalista e conduttore della serata Antonio
Lubrano, l'editore Gadola, la curatrice Maria
Matarrese Righetti, il pianista e saggista
musicale Michele Campanella. Nell'ultima parte
dell'incontro, prima del breve ed intenso
concerto, è salito sul palcoscenico l'Ing.Viola,
con poche e chiare parole in risposta alle
domande di Lubrano. Una Sala Puccini stracolma
di pubblico ha ascoltato con attenzione anche la
parte concertistica: prima Michele Campanella
con due intense
Sonate di Domenico Scarlatti, la
K 270 e la K 515,
eseguite
splendidamente con luminosa leggerezza e nitore
timbrico - fragorosi applausi al Maestro -. e
quindi Ruggero Laganà con Quattro fughe dal suo
"The Pop Art of the Fugue" (2013-2014)
dove il musicista/pianista e clavicembalista ha
mostrato tutta l'abilità bachiana nel difficile
ed interessante genere della fuga, partendo da
un semplice tema di Schubert o di un cantautore
moderno. Accompagnando il
bravissimo soprano
Windsor, sono stati poi eseguiti un lieder di
Schubert, "Drei
Gsänge"
uno di R.Strauss, " Wie sollten wir geheim
sie halten " e uno struggente brano di Fabio
Vacchi - presente in sala- del 1995 dal titolo
Mignon - Über die Sehnsucht su testi di
di Goethe. Qui Lorna Windsor è stata eccellente,
con un'interpretazione di alto valore estetico.
Applausi agli interpreti. Splendida serata.
13 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
La Bohème al Coccia
di Novara
Chiude i battenti con la
Bohème la stagione lirica del Coccia di Novara:
ieri sera, 12 febbraio la prima, domani domenica
14 la replica. Si tratta di un allestimento
coprodotto
dal Ravenna Festival, con i teatri di
Ravenna, Piacenza, Vilnius (!) e, ovviamente ,
il Coccia. L’aspetto sicuramente di maggior
interesse di questo allestimento del capolavoro pucciniano è rappresentato dalla messa in scena
e dalla regia di Cristina Mazzavillani Muti,
consorte del celebre direttore d’orchestra e da
anni direttrice del Ravenna Festival, coadiuvata
dal suo ottimo staff, di cui sono meritevoli di
segnalazione almeno il light designer Vincent
Longuemare, vero mago dell’illuminotecnica, e il
visual designer David Loom. Com’è tipico dello
stile registico della Muti, l’impianto
scenografico, anche per questo allestimento, è
consistito in suggestive e raffinate proiezioni
su fondali neutri, in questa occasione ispirate
all’opera del pittore simbolista Odilon Redon,
continuamente cangianti, come in un
caleidoscopio di colori e di immagini. Questa
dominante componente simbolistica è coerente con
le note di regia che la Muti fornisce nel
programma di sala, che propongono di vedere
nella Bohème di Puccini “le atmosfere tipiche
del Simbolismo…che ci trascinano direttamente in
quelle cupe e claustrofobiche
dell’espressionismo, presaghe dell’orrore e del
disfacimento che di lì a poco sarebbe seguito”.
In effetti i movimenti dei
cantanti,
accompagnati con grande finezza da quelli delle
luci, vedono un crescente incupirsi
dell’atmosfera: dalla fresca leggerezza tutta
giovanile dei primi due quadri, al fosco clima
di tragedia che si disegna alla fine, dove gli
ultimi frizzi dei quattro amici si spengono per
sempre, raggelati dalla morte di Mimì, che
avviene ( e questa ci sembra francamente una
scelta un po’ Kitsch) su una lastra tombale ( o
tavolo da obitorio ?). Per il resto, sobrietà
assoluta: l’attrezzeria di scena si riduce a un
tavolo e poche sedie. L’orchestra è la giovanile
Cherubini di Ravenna, creatura di Muti, affidata
alla bacchetta di Nicola Paszkowski,
accompagnata dal coro del Teatro Municipale di
Piacenza, diretto da C. Casati e dal novarese
Coro Langhi di voci bianche. Tutto dunque
all’insegna della giovinezza, anche gli
interpreti sul palcoscenico, poco più che
ragazzi ai loro esordi nella difficile carriera
di cantante d’opera e cui vanno tutta la nostra
simpatia e il nostro incoraggiamento, per il
loro impegno e il loro sforzo di dare il meglio
di sé. Che dirne? Ci asteniamo da ogni giudizio
su Benedetta Torre/Mimì, che è voluta andare in
scena nonostante le sue precarie condizioni di
salute (attacco influenzale), che ne hanno
ovviamente compromesso la prestazione: ne
ammiriamo comunque la determinazione e lo
stoicismo. Fra tutti gli altri interpreti ci
sono piaciuti Matteo Falcier/Rodolfo, voce
tenorile robusta e ben impostata, di timbro
caldo e appassionato, anche se non sempre
preciso sulle note, e, soprattutto, Maria
Mudryak, una buona Musetta, dalla voce sopranile
dotata di un bel colore brunito, di bel
fraseggio, efficace negli acuti come nei
registri più bassi: potrebbe uscirne in futuro
un più che
discreto soprano drammatico. Degli
altri (Matias Tosi/Marcello, Daniel Giulianini/Schaunard,
Luca Dall’Amico/Colline) si può dire che abbiano
sbrigato decorosamente le rispettive parti,
senza infamia e senza lode. Nel complesso valide
la prestazione della Cherubini e la direzione di
Paszkowski, che ci è parsa particolarmente
efficace nelle scene finali, per la particolare
cura del dettaglio timbrico, all’insegna di un
suono di spoglia malinconia che ben assecondava
la regia; abbiamo però avuto l’impressione che
talvolta coprisse un po’ le voci con l’
orchestra e in alcuni momenti lasciasse correre
per conto suo qualche interprete. Questa
edizione della Bohème è piaciuta molto al
pubblico, accorso come sempre numeroso dalla
città e dalla provincia e che ha tributato a
tutti, cantanti, direttore, regista un caloroso
e prolungato applauso.
13 febbraio 2016 Bruno Busca
Maurizio Zanini al
Dal Verme con I Pomeriggi
Musicali
Ieri sera il concerto
interpretato al pianoforte e diretto da Maurizio
Zanini ha avuto un doppio motivo d'interesse: la
scelta dei brani proposti incentrati sui
compositori francesi vissuti a cavallo tra la
fine Ottocento e primo Novecento quali Debussy,
Fauré e Ravel e la
presentazione con valenza didattico-pedagogica del primo brano di Claude
Debussy: Children's corner. Non
dimentichiamo l'esecuzione del brano
contemporaneo, alla presenza della compositrice
Chiara Lemut che lo ha anche introdotto, dal
titolo Sofronia. Questo lavoro,
commissionato dai Pomeriggi, ci è apparso
di valida fattura con elementi musicali
d'intensa suggestione. È un lavoro a tinte
scure, ben scritto che mette in risalto in modo
dialettico ogni sezione orchestrale e fa
emergere espressiva sostanza musicale.
Complimenti alla giovane musicista.
Tornando a Debussy, l'eccellente pianista-direttore ha
eseguito al pianoforte le sei parti che
compongono l'originale lavoro dedicato alla
figlia, alternando l'esecuzione di ogni singola
parte con la versione orchestrale trascritta in
modo mirabile dal francese André Caplet
(1878-1925) . Il risultato è stato
didatticamente eccellente, anche se si è
parzialmente persa l'unità stilistica dei brani.
Ho trovato l'esecuzione pianistica di Zanini di
primo livello , con movimenti eseguiti in modo
pacato e analitico, mettendo in risalto ogni
dettaglio timbrico con una prevalenza di
pregnante visione razionale piuttosto che di
sintesi espressiva. La versione orchestrale,
ottimamente diretta da Zanini ed eseguita bene
dall'Orchestra - un plauso all'ottimo oboe di
Francesco Quaranta- , era in linea con
l'interpretazione pianistica e ha messo in
risalto tutta la ricchezza timbrica della
tavolozza coloristica del grande compositore
francese. Spendido il bis solistico di Zanini
con il celebre Claire de lune di Debussy.
Nella seconda parte due lavori orchestrali con
il raro Masque et Bergamasque di Gabriel
Fauré ed il più eseguito Le tombeau de
Couperin di Maurice Ravel, entrambi
ottimamente interpretati. Fragorosi gli applausi
da un pubblico ridotto per le feste di
carnevale. Domenica alle 17.00 la replica. Da
non perdere!
12 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Meritato successo
alla Scala per Il Trionfo del
Tempo e del Disinganno
di Händel
Continuano le repliche
scaligere de "Il Trionfo del Tempo e del
Disinganno", Oratorio in due parti di George
Friedrich Händel su libretto di Benedetto
Pamphilij. Il lavoro, più
opera che oratorio, è
del 1707, scritto da un Händel poco più che
ventenne ma con uno spessore compositivo
sorprendente per profondità espressiva e
complessità formale. L'allestimento di questi
giorni al Teatro alla Scala riprende, con
qualche piccola variante, la produzione
realizzata a Zurigo da Jürgen Flimm nel 2007 per
la regia anche di Gudrun Hartmann. La sesta
rappresentazione, vista ieri sera in un teatro
quasi al completo, lascia pienamente soddisfatto
chi scrive e anche il numeroso pubblico rimasto
in teatro. È incredibile che una piccola parte
di spettatori abbia però lasciato il teatro al
finire della prima perdendo un capolavoro.
L'allestimento con le scene di Eric Wonder e i
costumi di Florence Von Gerkan è decisamente
valido e l'ambientazione negli anni '30-'40 del
secolo scorso avviene in un elegante ristorante
decó francese dalla profonda
prospettiva che accoglie oltre i quattro
protagonisti una schiera di avventori in secondo
piano ma ricchi di significato. La Bellezza,
il Piacere, il Disinganno e il
Tempo hanno trovato rispettivamente le
ottime voci di Martina Jankovà, Lucia Cirillo,
Sara Mingardo e Leonardo Cortellazzi, bravi
vocalmente e anche attorialmente. Tutti
promossi, con punti maggiori per la Mingardo e
in molti frangenti per la Jankovà. Pieni voti e
lode invece alla strepitosa orchestrazione di
Diego Fasolis che ha
diretto una compagine
barocca con strumenti d'epoca eccellente formata
da molti orchestrali scaligeri e alcuni "Barocchisti"
della Radiotelevisione Svizzera. Le sonorità
sono state raffinate e altamente espressive.
Ricordiamo all'organo e al clavicembalo il
Maestro Gianluca Capuano. Quando per la
realizzazione di un capolavoro tutte le
componenti di una rappresentazione -
allestimento, direzione, voci, ecc. - sono di
qualità i risultati emergono e la scelta del
Teatro alla Scala di allestire ogni anno almeno
un'opera barocca ha trovato una prima risposta
di eccellente riuscita. Ultime repliche per il
12 e 13 febbraio. Assolutamente da non perdere.
11 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Angela Hewitt per
Serate Musicali
Torna con una certa frequenza
la pianista canadese Angela Hewitt. Ieri in Sala
Verdi è venuta per Serate Musicali è ci
ha offerto nell'impaginato una carellate di
undici Sonate di Domenico Scarlatti intervallate
e seguite da Bach con una Partita, la
n.2 in do minore è un Beethoven finale con
la nota Sonata n.26 op.81a "Les Adieux".
Conosciamo bene il
suo
Bach del quale ha inciso per pianoforte tutte le
principali opere. E' il musicista al quale deve
la vittoria nel lontano 1985 del Concorso
Toronto Bach Piano Competition, dedicato al
Sommo tedesco. Conoscevamo parzialmente il suo
Beethoven, ma mai l'avevamo ascoltata in
Scarlatti, musicista napoletano contemporaneo di
Bach -stessa data di nascita -immortalato da
storiche interpretazione dei più grandi pianisti
quali Horowitz, Giles, Michelangeli, ecc., ecc.
Certo la concorrenza è spietata e fare paragoni
non è il caso. Comunque lo Scarlatti della
Hewitt è più che dignitoso e si ascolta
piacevolmente. La pianista ha una scuola di
minuziosa precisione e valida compostezza
formale . Le timbriche,
mai eccessive sono chiare e attente ai dettagli.
Ieri dalla sconfinata produzione cembalistica di
Sonate, circa 550, ha scelto le Op. K
9-159-87-24-377-96-513-82-109-141-481,
alcune note e altre meno, specie quelle nei
movimenti più riflessivi. Si rimane forse un po'
perplessi per la mancanza di contrasti nelle
esposizioni dei brani: alcuni solo bene
interpretati, altri con maggiore pathos. Ci è
piaciuto maggiormente il suo "storico" Bach
della Partita e nel contrastante Beethoven
abbiamo trovato momenti di alto spessore
interpretativo in un'unità formale-espressiva
non entusiasmante. Valido il bis con ancora una
Sonata scarlattina tra le più celebri. Successo
di pubblico.
9 febbraio 2016 Cesare Guzzardella
Orazio Sciortino
pianista a Villa Necchi-Campiglio di Milano
È un musicista completo il
pianista-compositore siracusano Orazio Sciortino.
Ha composto di recente anche un'opera - La
paura - eseguita al Teatro Coccia di Novara.
Ieri nella veste di pianista ha interpretato
brani di Respighi, Bach, Malipiero e Debussy nei
giardini
di Villa Necchi-Campiglio. Il programma è
risultato particolarmente curato e studiato per
mettere in risalto compositori del primo '900 -
Debussy, Respighi e Malipiero - in relazione con
il sommo Bach e la sua celebre Ciaccona
nella rivisitazione di un altro maestro italiano
vissuto a cavallo tra Otto-Novecento quale
Ferruccio Busoni. Ascoltando l'ancor giovane
pianista si sente la sua formazione da
compositore: le sue interpretazioni rivelano una
profondità che è tipica di chi vuole ricreare la
musica. Il brano iniziale del bolognese Respighi,
Antiche danze e arie per liuto, sono una
trascrizione pianistica di musica presa dal '500
e rielaborata in chiave più moderna. Il periodo
lontano di provenienza di queste autentiche
danze antiche è proseguito con la celebre
Ciaccona dalla Partita n.2 in re minore
di Bach, reinventata da Busoni ed inserita
nell'impaginato in una naturale evoluzione
cronologica.
La
seconda parte del programma ha visto prima i
rari ma efficaci Preludi autunnali di
Gian Francesco Malipiero, composizione in
quattro parti, e al termine il noto Pour le
piano di Claude Debussy. Anche in questi
lavori il riferimento al passato risulta
evidente con un Malipiero in sintonia con le
timbriche dal sapore antico di Debussy.
Sciortino, concentrato e meditativo nello
svolgimento dei lavori, ha ben sintetizzato gli
elementi melodici e armonici dei brani rivelando
profondità di pensiero ed espressività,
concedendo al termine un bis con ancora il
Debussy de "L'Isle joyeuse". Grande
successo con la presenza di un numerosissimo
pubblico. Fragorosi e meritati gli applausi.
6 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Silvia Chiesa e
Maurizio Baglini al Festiva Viotti di Vercelli
Secondo l’intelligente
formula che caratterizza questa stagione del
vercellese Festival Viotti, che concede ampio
spazio alle serate di musica da camera, ieri
sera Venerdì 5 febbraio si è tenuto al Teatro
Civico un concerto del duo Silvia Chiesa e
Maurizio Baglini, monograficamente impaginato su
un’ampia antologia della produzione per
violoncello e pianoforte di S. Rachmaninov. La
coppia, ormai collaudata da una lunga esperienza
di collaborazione, ha presentato una vasta
scelta di un cd che contiene l’intera produzione
del
grande
compositore russo per questo genere cameristico
e che presto verrà messo in vendita dalla Decca,
suddividendo il programma in due sezioni,
separate dall’intervallo: nella prima sono stati
eseguiti brevi brani, alcuni dei quali poco
noti, ispirati ad una vena di lirico intimismo,
in cui a prevalere è decisamente la voce calda e
vellutata del violoncello: dai Due pezzi op. 2
al Prelude op. 23 n. 10 in Sol bem. Maggiore, da
Vocalise op.34 n. 14 in mi bem. minore a Le
Christ renait (una sorta di Via crucis,
ispirata, su scala ridotta e con ben altro
organico, all’esempio dell’omonimo capolavoro di
Liszt), dall’Andante con sordino, opera
pressoché dimenticata e riscoperta da Chiesa e
Baglini proprio in occasione dell’incisione del
cd, fino alla romanza In the silence of the
secret night, versione per violoncello di uno
dei gioielli del Rachmaninov “liederistico”,
perché originariamente (1890) concepita per voce
e pianoforte sul testo di una bellissima lirica
del poeta russo tardo-romantico A. Fet (ci
perdonino i due bravissimi interpreti, ma noi
preferiamo la versione originale). Dopo
l’intervallo, il capolavoro di Rachmaninov per
violoncello e pianoforte e una delle sue opere
in assoluto più belle, la vasta Sonata op.19 in
Sol min., una partitura di alto impegno
esecutivo, per la densità ‘concertante’ della
scrittura riservata ad entrambi gli strumenti,
in particolare al pianoforte, cui toccano
soluzioni accordali e ritmiche a dir poco
impervie. Solisti del calibro di Silvia Chiesa e
di Maurizio Baglini non hanno certo bisogno di
essere presentati: tecnica agguerrita, fraseggio
limpido e raffinato, cura scrupolosa del
dettaglio, controllo finissimo dei piani sonori
e delle dinamiche, sono qualità che rifulgono
tanto sulle quattro corde del Grancino 1697
della Chiesa, quanto sulla tastiera del Fazioli
di Baglini. Ma quale ‘lettura’ di Rachmaninov
hanno offerto al folto pubblico accorso ieri a
Vercelli? Chiesa e Baglini hanno evitato (e ne
siamo loro grati) ogni possibile sdilinquimento
romantico-sentimentale-strappalacrime, da
colonna sonora Kitsch di filmone hollywoodiano
(come osservò una volta Bortolotto) cui la
musica di Rachmaninov troppe volte si è prestata
e si presta. Il lirismo del compositore russo è
stato riportato ad una misura di più intenso
scavo e ricerca di un suono molto particolare,
in cui le indubbie influenze di Chopin e di
Liszt, ma anche di Schumann (vedi l’Allegro
scherzando della Sonata), vengono rifuse in una
sonorità densa, vellutata, avvolgente, vibrante
di sfumature cariche di un’allusività suggestiva
che risente indubbiamente del clima culturale
del tempo, dominato dal Simbolismo e che , se
mai, fa di Rachmaninov un compagno di strada,
magari meno audacemente innovativo, di uno
Skrjabin, piuttosto che un attardato epigono dei
Romantici. A questa interpretazione offre
ovviamente un apporto determinante il
violoncello della Chiesa, semplicemente
straordinario nel portare in primo piano quel
dettaglio, quella vibrazione, quegli armonici,
che ti spalancano innanzi un intero mondo sonoro
fatto di dolce malinconia e di sottile mistero.
Ma non possiamo dimenticare, naturalmente, la
bravura di Baglini nell’accompagnare la solista,
nei brani più ‘intimistici’ della prima parte
del concerto, con una delicatezza di tocco, che
tornisce i temi e le strutture armoniche con
adamantina trasparenza, o coglie perfettamente
la qualità giusta del suono, come nella serie di
secchi e cupi accordi del Christ Renait.
Ovviamente il vertice della serata è stato
raggiunto con la sonata op. 19, la cui
esecuzione ascoltata ieri sera a Vercelli è
davvero da antologia. Senza entrare nei
dettagli, segnaliamo quello che per noi è stato
uno dei momenti espressivamente più intensi
dell’esecuzione, il meraviglioso Andante, ove i
due interpreti hanno dato vita ad uno
straordinario duetto, fatto di un inseguirsi
dapprima sereno e via via più intenso, con
combinazioni ritmiche irregolari e modulazioni
incessanti, arpeggi, dialoghi tra terzine del
violoncello e ottave del pianoforte, per
spegnersi su opalescenti semicrome al
pianoforte: il tutto eseguito con una perfezione
e ricchezza di tocco e di arcate davvero di
classe sublime. Richiamati più volte dal
torrenziale applauso di un pubblico entusiasta,
Chiesa e Baglini hanno concesso tre bis:
Schumann (per pianoforte solo), Britten e di un
minore francese di inizio ‘900 di cui
confessiamo che ci è sfuggito il nome.
Bellissima serata di musica, di cui siamo ancora
una volta debitori alla Camerata ducale e ai
suoi due animatori G. Rimonda e C. Canzani, che
con vero eroismo (quello dell’intelligenza e
delle idee) si stanno battendo contro le
durissime difficoltà che ogni giorno in questo
Paese congiurano per ostacolare chiunque voglia
proporre qualcosa capace di sconfiggere
l’avvilente mediocrità che ci soffoca.
6 febbraio 2016 Bruno Busca
Maurizio Baglini e la
Nona Sinfonia di Beethoven in Auditorium
Concerto Straordinario
quello di ieri sera in Auditorium con un ottimo
pianista quale Maurizio Baglini e il Coro della
"Verdi" diretto da Erina Gambarini per un titolo
celebre, la
Sinfonia
n.9 in re minore op.125 di Beethoven, nella
trascrizione pianistica di Franz Liszt. La nota
sinfonia del grande tedesco, articolato affresco
sonoro potenziato dalla presenza di quattro voci
soliste e dal grande Coro, conserva la sua
elevata cifra musicale anche in questa felice
trascrizione lisztiana. La possibilità del suo
ascolto anche senza la presenza dell'ampia
compagine orchestrale, ha trovato nelle mani di
Baglini, nel coro e nella qualità delle voci
soliste, gli attori di questa eccellente serata
che ha portato ad un meritato
successo
con fragorosi applausi da parte del numeroso
pubblico intervenuto. Tutte di spessore le voci
soliste con il soprano Cinzia Forte, il
mezzosoprano Beatrice Mezzanotte, il tenore
Carlo Allemano e il basso Ugo Gagliardi
determinanti nell'ultima parte della sinfonia.
Il non facile adattamento pianistico del
compositore ungherese ha messo in guardia
l'intelligenza musicale di Baglini che doveva
rendere "sinfoniche" le profondità melodico-armoniche di un capolavoro tra i più
eseguiti, naturalmente nella versione
orchestrale. Nei limiti del
possibile,
ha centrato il bersaglio riuscendo grazie alla
sua tecnica trascendentale, al misurato tocco
delicato ed incisivo nei giusti momenti, e al
corretto uso del pedale di risonanza, ad
ottenere una eccellente ed esaustiva
interpretazione. Con l'ingresso delle voci e del
coro nell'ultimo movimento il clima "sinfonico"
è risultato accentuato e la resa complessiva
ancor più rilevante. Un'esperienza davvero unica
che meritava almeno una replica. Bravissimo Baglini anche nei due bis concessi con un
Preludio da un Corale di Bach nella
trascrizione di Busoni e un soffuso e pregnante
Domenico Scarlatti di una celebre Sonata. Da
ricordare a lungo.
5 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
Lilya Zilberstein e
Dan Ettinger in Conservatorio
Ieri sera in Sala Verdi per
un concerto della Società dei Concerti
abbiamo avuto l'occasione di trovare una valente
pianista quale Lilya Zilberstein in un brano per
pianoforte ed orchestra di rara esecuzione quale
la Burlesque in re minore di Richard
Strauss. La
Stuttgarter
Philharmoniker era diretta dal giovane e
determinato direttore Dan Ettinger e il brano
del compositore tedesco è stato anticipato e
seguito da due lavori sinfonici di W. A. Mozart
quali la Sinfonia in sol min. KV 183 e la
celebre Sinfonia in sol min. KV 550.
Interessante e valida la cifra stilistica del
direttore Ettinger che ha diretto i brani
mozartiani con energia evidenziando con
modernità i movimenti sinfonici e fornendo un
valido spessore estetico. L'ingresso
dell'eccellente pianista ha mutato il clima
musicale in Sala Verdi anche perché la partitura
straussiana è di tale complessità e valore da
fondere gli stilemi della musica classica
mozartiana a quelli del migliore tardo
romanticismo. La Burlesque composta nel
1890, è un brano virtuosistico sia
pianisticamente che orchestralmente che ci
rivela l'essenza compositiva del grande
compositore tedesco vissuto a cavallo tra Otto e
Novecento in un momento nel
quale il
virtuosismo
orchestrale di un eccellente e celebre direttore
d'orchestra quale era Strauss si unisce al
virtuosismo strumentale di stampo lisztiano
molto in voga all'epoca . La Zilberstein,
vincitrice tra l'altro di un Concorso Busoni,
è tre le massime virtuose del repertorio
romantico e tardo-romantico, e ieri ha mostrato
la sua superlativa maestria tecnico-espressiva
con un'interpretazione di grande qualità
estetica. La sicurezza e la pacatezza
ģestuale che ha
rivelato nel superare ogni difficile dettaglio
del concerto ha trovato nell'ottima direzione di
Ettinger e nelle trasparenti ed incisive
timbriche orchestrali un valido appoggio. Grande
successo e ottimo il bis solistico concesso con
un breve ed intenso brano di Godowsky, Alt
Wien e bis
anche per l'orchestra con l'Ouverture dalle
Nozze di Figaro.
Da ricordare.
4
febbraio 2016 Cesare Guzzardella
Per la diciottesima
edizione del Viotti Festival prossimamente a
Vercelli
Sabato 13 febbraio alle ore
21.00 presso il Teatro Civico di Vercelli si
terrà un concerto della Camerata Ducale per il
secondo appuntamento del Progetto Beethoven. Al
pianoforte solista la pianista Maria Perrotta
con l'Orchestra eseguirà il Concerto n.1 op. 15
di L.V. Beethoven. Da non perdere.
4 febbraio dalla redazione
Il pianista Roberto
Cappello alle Serate
Musicali del Conservatorio
milanese
Torna tutti gli anni in Sala
Verdi il pianista pugliese Roberto Cappello.
L'ultima volta lo avevamo ascoltato
con l'Orchestra del Conservatorio di Parma
mentre ieri sera ha tenuto
per
Serate Musicali un concerto solistico
impaginando un programma molto interessante in
due parti distinte che prevedevano prima
Čaikovskij e poi
Gershwin. Del russo abbiamo ascoltato Le
Stagioni, 12 pezzi caratteristici che
rivelano il carattere sia intimista che
estroverso del grande compositore. Cappello ha
fornito un'interpretazione di ottimo livello
porgendo attenzione ad ogni dettaglio e
rivelando profondità
espressiva specie nei momenti di più intensa
emotività come nel sublime "Juin". A
completamento della prima parte del programma
ufficiale Cappello ha inserito una virtuosistica
trascrizione pianistica del celebre Valzer
dei fiori noto soprattutto nella versione
orchestrale. Qui le difficoltà di scrittura sono
state affrontate con sicurezza e la resa
pianistica ha avuto una sembianza
quasi
orchestrale. Cambio di programma dopo
l'intervallo con due lavori molto conosciuti e
poco frequentati nella versione senza orchestra:
Un Americano a Parigi e la Rapsodia in
blu. Cappello ama molto la musica del grande
compositore americano e
certamente anche il jazz, anche se il suo
approccio pianistico classico mira ad una
perfezione tipica della musica "colta". Il suo
approfondimento della sostanza musicale nei due
lavori si è rivelato di genuina profondità
specie nella celebre Rapsodia in blu eseguita
con trasparenza, solidità d'impianto e minuziosa
precisione. Molto belli i due bis concessi tra
cui ancora Gershwin con The man i love.
Da ricordare.
2 febbraio 2016 C.G.
Oleg Caetani e
Luca Santaniello per il Concerto Gregoriano di
Respighi in Auditorium
È tornato Oleg Caetani alla
direzione della Sinfonica Verdi per un concerto
che ha trovato nel raro brano di Ottorino
Respighi il punto di massima rilevanza del
programma sia per la presenza al violino solista
di una conoscenza del pubblico della "Verdi"
quale il violinista
Luca
Santaniello, storica spalla dell'orchestra, sia
per la presenza dell'ottimo direttore Caetani in
un brano italiano di rarissimo ascolto ma di
pregnante valenza estetica qual'è il Concerto
Gregoriano, composto dal musicista bolognese
nel 1921 e appartenente a quello stile
anti-romantico e di recupero degli stilemi
antichi che rende importante la Scuola
italiana di primo Novecento di cui Respighi
è tra i massimi esponenti. La fattura del
concerto, circa trenta minuti di musica quasi in
continuità - i due Andanti riferiti ai
due primi movimenti formano un'unica
sequenza musicale- è estremamente raffinata e il
sistema dei modi antichi privilegia la
componente vocale del tessuto orchestrale
all'interno del quale il violino
dell'ottimo Santaniello riesce a melodiare con
eleganza. Il suo violino, impeccabile anche se
non molto voluminoso, emerge nelle bellissime
lunghe
cadenze solitarie rivelando il valore di questo
virtuoso. Convince la direzione di Caetani e la
resa della Sinfonica Verdi è, soprattutto in
Respighi, di alto livello. Bellissimo il bis di
Piazzolla concesso da Santaniello. Ricordiamo
anche le valide interpretazioni che hanno
preceduto e seguito il lavoro di Respighi:
l'Ouverture in Fa maggiore di
Čaikovskij e la
Sinfonia n.2 in do maggiore op.61 di
Schumann. Ricordiamo che nei prossimi giorni
l'Orchestra Sinfonica Verdi e Oleg Caetani
saranno in tournée
in Austria a Salisburgo per una serie di
concerti nei quali eseguiranno anche i brani
ascoltati ieri pomeriggio. Auguri alla Sinfonica
Verdi!
1 febbraio 2016 Cesare
Guzzardella
GENNAIO 2016
Entusiasmo per il
Rigoletto
della tradizione scaligera
Un grandissimo successo il
Rigoletto scaligero nella collaudata messinscena
di Gilbert Deflo ( ripresa da Lorenza Cantini),
per le scene di Enzo Frigerio, i costumi di
Franca Squarciapino e le luci di Marco Filibeck.
Le novità, per questo intenso plebiscito
riscontrato
nella sesta rappresentazione di ieri sera sono
dovute principalmente: all'eccellente direzione
di Nicola Luisotti che sottolinea il ritmo
rapido ed incalzante delle vicende con una
direzione altrettanto energica, precisa e
attenta alla componente vocale; a l'inossidabile
settantatreenne Leo Nucci che ha mantenuto nel
ruolo di Rigoletto uno standard altissimo
di qualità con giovanile estreversione vocale;
alla presenza del giovane soprano americano
Nadine Sierra che ha trovato nel ruolo di
Gilda una perfettamente sintonia con il
personaggio verdiano definito da aspetto esile,
bellezza timida e ingenua e soprattutto una voce
timbricamente leggera, perfettamente intonata
anche nelle situazioni più ardue e colori
personali; ottima performance di Vittorio
Grigolo nel Duca di Mantova. La Sierra
insieme a Nucci (foto), acclamati a lungo dal
pubblico al completo in sala- hanno ripetuto la
scena finale del secondo atto a sipario chiuso
con un Si, vendetta tremenda vendetta che
rimarrà in eterno nella storia del Teatro alla
Scala.
Non
dimentichiamo le valide voci degli altri
cantanti quali Carlo Colombara, Sparafucile,
Annalisa Stroppa, Maddalena, Giovanni
Furlanetto, Monterone, Davide Pelissero,
Marullo, Gianluca Breda, Il Conte di
Ceprano, Chiara Isotton, Giavanna,
ecc., e il solito perfetto Coro di Bruno Casoni.
Uno spettacolo che riporta in evidenza la
tradizione consolidata con un' opera che in
questa messinscena e dal 1994, riesce ad
ottenere grandi successi e quello di queste
ultime rappresentazioni, con questi interpreti,
sono tra i maggiori. Ultima replica prevista per
il 6 febbraio. Da non perdere.
30 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
l
Mdi Ensemble per la
Società del Quartetto
È una giovane formazione
milanese quella dei Mdi Ensemble, nata
oltre dieci anni fa dal bisogno di sei giovani
strumentisti di eseguire il repertorio del
Novecento e contemporaneo. Un gruppo ancor più
allargato era quello ascoltato ieri nel concerto
organizzato dalla Società del Quartetto e
formato da Sonia Formenti, flauti,
Rossana Calvi, oboe, Paolo Casiraghi,
clarinetti, Lorenzo Gentili-Tedeschi,
violino, Giorgio Privitera, violino,
Paolo Fumagalli, viola, Giorgio Casati,
violoncello, Laura Di Monaco,
arpa,
Luca Ieracitano, pianoforte e celesta. Il
programma eterogeneo prevedeva sette brani di
altrettanti compositori, alcuni di questi già
entrati nella storia della musica quali Messiaen,
Dallapiccola, Kurtag e Castiglioni, altri,
cinquantenni ben inseriti, quali Stefano
Gervasoni, Gérard Pesson e Luca Mosca. Tutti i
lavori in programma sono stati composti nella
seconda metà del '900 e si presentano con
caratteristiche diverse, ben riconoscibili per
stile e tecnica compositiva ma tutti
inquadrabili in modalità dove un ruolo
essenziale è giocato dalla ricerca timbrica e
dall'allargamento delle potenzialità esecutive
dei singoli strumenti ad iniziare dall'elegante
e raffinato brano per flauto e pianoforte del
francese O.Messiaen, Le merle noire
(1951). Qui i virtuosismi del flauto e del
pianoforte sono alla ricerca di un mondo
naturalistico molto attraente per il grande
maestro. Il fresco e articolato brano di
Dallapiccola, Piccola musica notturna,
nella versione per flauto, oboe, clarinetto,
celesta,
arpa ed archi - viola, violino e cello- ha messo
alla prova la compagine cameristica - quasi al
completo- e ci ha rivelato ancor di più la
bravura di questi strumentisti nell'eseguire un
brano assolutamente accessibile all'ascoltatore
datato 1961. L'allusione al celebre brano
mozartiano rivela anche la trasparenza e
l'efficacia di uno stile compositivo che trova
molti riferimenti nel passato. La ricerca
novecentesca è progredita con due lavori di
compositori affermati quali il milanese Niccolò
Castiglioni (1932-1996) con Intonazione per
flauto, oboe, violino e violoncello ed il
rumeno-ungherese vivente György Kurtág (1926) ed
il suo Hòmage a R. Schumann per clarinetto
(grancassa), viola e pianoforte. Entrambi
molto interessanti ed eseguiti benissimo hanno
mostrato la cifra stilistica dei due eccellenti
compositori che con brevi sequenze, cinque per
il primo e sei per il secondo, riescono ad
esprimere profonde e raffinate situazioni
musicali. Nella generazione di musicisti tra i
50 e i 60 anni abbiamo trovato due lombardi,
Gervasoni e Mosca e un francese quale Gérard
Pesson. Il primo con An, quasi una serenata
per flauto contralto, clarinetto e trio d'archi,
con la complicità di Schubert. Brano del
1989 di un giovane Gervasoni, è forse quello più
difficili al primo ascolto ma già
caratterizzante di un modo compositivo nel quale
la ricerca, il timbro ricco di effetti e la
gestualità hanno un ruolo preponderante. Il
lavoro di Pesson, Nebenstüke per clarinetto e
quartetto d'archi, del 1998, recupera Brahms
e la sua Ballata op.10 n.4 per stravolgerla
timbricamente in modo intelligente e ancora
riconoscibile. L'ultimo brano in programma di
Luca Mosca del 1998 ha visto il suo Quintetto
per flauto, clarinetto, violino, violoncello e
pianoforte . Un brano virtuosistico ricco di
timbriche ben concepite armonicamente e
costruttivamente. Un breve bis con un suggestivo
breve brano di Filippo Perocco per un gruppo
cameristico di classe A.
27 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
Elisso Virsaladze
alle Serate Musicali
Ritorna ogni anno in
Conservatorio la pianista georgiana Elisso
Virsaladze. È una grande interprete proveniente
dalla grande scuola pianistica russa dei
Richter, Gilels, Neuhaus,
ecc.
Elisso è considerata dalla critica una delle
massime interpreti di Schumann, ma anche nel
repertorio classico di Mozart o Beethoven ha
un'eccellente cifra stilistica. L'ha dimostrato
ieri sera nel riuscito concerto organizzato da
Serate Musicali impaginando un intenso
programma che prevedeva due Sonate di Mozart, la
K 333 e la K 331, la Sonata
op.57 "Appassionata" di Beethoven e
dell'amato Schumann "Carnaval" .È
profonda Elisso. Ha consolidato uno stile
pianistico autentico, che ha il sapore della
storia e radici lontane, la scuola russa
appunto. Il suo Mozart trova nella bellezza
della linea melodica il suo punto di forza, ma
tutta la struttura dei brani eseguiti, anche
quello del celebre "Alla turca", è
particolarmente rilevante e
l'estrema
leggerezza e la fluidità interpretativa hanno
trovato un'esecuzione di alto livello.
Esecuzioni eccellenti anche nella celebre
"Appassionata" beethoveniana e nel Carnaval
di Schumann. Le qualità dall'aspetto
improvvisatorio della Virsaladze, che spesso
personalizza a proprio piacimento i brani e
tipico dei grandi interpreti e la Virsaladze è
una di questi eletti. Applausi scroscianti al
termine e due bis splendidamente interpretati
con Mozart e Chopin ( minute valzer). Da
ricordare a lungo.
26
gennaio 2016 Cesare Guzzardella
Pavel Berman
ai Pomeriggi Musicali del Dal Verme
Il programma di ieri
pomeriggio al Dal Verme vantava la presenza di
un eccellente violinista quale Pavel Berman.
Alla direzione il giovane Sergio Alapont ha
sostenuto molto bene l'Orchestra I Pomeriggi
Musicali nei tre brani previsti: il primo
composto per
l'occasione
dal giovane compositore bresciano Paolo Gorini
(1990) era denominato Geometrie di vento.
Looking for Zenobia. Un lavoro di circa
sette minuti che racconta in musica la città
calviniana di Zenobia. È certamente un brano
riuscito. Ascoltabilissimo, trova una scrittura
suggestiva che partendo da elementi appena
accennati degli archi si
sviluppa dialetticamente in modo più voluminoso
per poi tornare nella tranquillità musicale che
vorrebbe rappresentare l'antica città di Zenobia.
Gorini è certamente un musicista da seguire. Il
clou del concerto era rappresentato
dall'esecuzione di Berman del Concerto n.2 in
do# minore op.129
di D.
Šostakovič. Il brano, particolarmente rilevante,
corposo e serio, appartiene allo stile
inconfondibile del suo ultimo periodo. Dedicato
al grande violinista russo
David
Oistrakh, è un
lavoro del 1967
ricco
di suggestioni anche nelle lunghe cadenze dove
Berman ha mostrato tutte le sue migliori
qualità: sicurezza, perfetta intonazione nel
definire in modo ineccepibile la complessa forma
del brano. Ottima la resa orchestrale di Alapont
e de I Pomeriggi. Ottimo il bis bachiano per
Berman. Nella seconda parte del concerto valida
l'esecuzione delle note Danze Slave op.46
di Antonin Dvořák.
Da ricordare.
24 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
Filippo Gamba al
Teatro Civico di Vercelli
Con piacere abbiamo
riascoltato, a distanza di poche settimane, il
pianista Filippo Gamba, cui è toccato il compito
d’inaugurare, ieri sera 23 Gennaio al Teatro
Civico di Vercelli, il nuovo anno del Festival
Viotti, nonché l’integrale dei cinque concerti
per pianoforte di Beethoven, vero clou
dell’attuale stagione musicale vercellese. Il
pianista veronese (ma di fatto residente a
Basilea, ove insegna) ha eseguito il concerto
che segnò una svolta nella produzione
beethoveniana in questo genere e che da molti
viene considerato il più bello: il n.3 in do
minore, op.37. Il tocco delicato e trasparente,
ma al tempo stesso di intensa energia, che è la
caratteristica principale di Gamba, ha
interpretato al meglio i momenti più seducenti
di questa splendida partitura, valorizzandone
sapientemente i diversi momenti dinamici e
agogici e la varietà dei registri timbrici, ma
sempre all’insegna di un suono
scolpito
limpidamente, sgranato con perlacea chiarezza,
fin dalla prima entrata, dopo l’esposizione
orchestrale dei temi del primo tempo, dove, pur
nell’imponente massa di suono delle doppie
ottave e delle scale, l’ascoltatore non perdeva
una nota. Né Gamba ha deluso le attese del folto
pubblico nell’interpretazione del Largo
centrale, suonandolo con quella dolcezza
‘patetica’ (s’intenda la parola nella sua
accezione tardo-settecentesca) che il Maestro di
Bonn ha chiaramente indicato con la tonalità di
Mi maggiore, stravagante rispetto alla tonalità
d’impianto. Una dolcezza di suono che nella
sezione centrale del movimento si è fatta
soffice tappeto sonoro per il dialogo con i
diversi strumenti dell’orchestra, grazie anche
ad un uso efficacissimo del pedale di risonanza.
Pienamente convincente, infine, anche la resa
del Rondò finale, nel suo svariare di registri,
nel tema-ritornello e nei vari couplets,
dall’irresistibile vitalità haydniana del primo,
all’affettuosa delicatezza da Lied del secondo.
Insomma, una interpretazione, questa di Gamba,
da collocare tra le migliori di quelle da noi
ascoltate negli ultimi anni, grazie anche
all’eccellente performance dell’orchestra, la
Camerata Ducale, guidata come al solito da Guido
Rimonda, che, con gesto sicuro e stacchi sempre
precisi, ha condotto al meglio il dialogo col
pianoforte, valorizzando sapientemente le varie
linee strumentali, in particolare i fiati.
L’impaginato prevedeva come secondo ed ultimo
pezzo della serata un brano di non frequente
esecuzione nelle nostre sale da concerto, la
Sinfonia n.3 in Sol maggiore di Muzio Clementi,
una delle quattro sinfonie-escluse le due
giovanili op.18- del nostro compositore, che
ebbe la sfortuna di doversi misurare con
contemporanei del calibro di Mozart (che lo
disprezzava cordialmente), di Haydn, di
Beethoven, di Schubert…Queste sinfonie, oggetto
di continui ripensamenti da parte dell’autore,
tanto da esserci trasmesse in condizioni
filologicamente problematiche, sono oggi
eseguibili grazie al paziente lavoro di
ricostruzione del pianista e studioso Pietro
Spada. La n.3 è una sinfonia dalla struttura
classica, in quattro movimenti, concepita
secondo lo schema haydniano che prevede
un’introduzione lenta e un finale brioso, ma
rivela qualche timido influsso beethoveniano nel
Minuetto, che ha un sentore di uno Scherzo del
grande di Bonn. Affonda però le sue radici nella
tradizione italiana, magari rafforzata dallo
studio di Bach, il massiccio impiego del
contrappunto, soprattutto nella sezione dello
sviluppo del primo tempo. Nel complesso è un
lavoro di gradevole ascolto, che non sembra però
proporre novità di linguaggio né nell’armonia,
né nella costruzione melodica, che mostrano anzi
qua e là spigolosità e durezze che spiegano
l’epiteto di ‘meccanico’ affibbiato senza troppi
complimenti da Mozart a Clementi. Elemento di
curiosità è l’impiego, come materiale musicale,
nel secondo e nel quarto tempo, dell’inno
nazionale inglese, che è valso a questa sinfonia
di Clementi il titolo di” The Great National”,
omaggio alla sua patria adottiva. Anche questo
pezzo è stato eseguito molto bene dalla Ducale,
che ne ha valorizzato soprattutto le dinamiche
nei momenti di più sciolta e scorrevole
vivacità. Un'altra bella serata di musica
donataci dalla Camerata Ducale, che si sta
battendo con intelligenza e forza leonina contro
la crescente riduzione dei finanziamenti:
un’interessante novità di questo 2016 , volta ad
avvicinare anche un pubblico di non ‘esperti’ al
mondo affascinante della musica, è la decisione
di far presentare ogni concerto da un
musicologo, che spiega origine, contesto
storico-biografico, caratteristiche salienti
delle opere in programma: ieri sera è toccato a
Enrico M. Ferrando, docente di Elementi di
composizione al Conservatorio di Torino.
24 gennaio 2016 Bruno Busca
Il duo cello/piano
Chaushian-Sudbin alle Serate
Musicali
Una serata molto interessante
quella di ieri sera in Conservatorio sia per la
qualità dell'impaginato che per la presenza di
due interpreti di primo ordine quali il
violoncellista
armeno
Alexander Chaushian e il pianista russo Yevgeny
Sudbin. Alcune rarità nel programma quali la
Sonata in Si minore per cello e pianoforte
di A.Borodin e la Sonata per cello solo
di P. Hindemith hanno impreziosito una serata
che insieme alla trascrizione per violoncello
e piano, dall'originale con violino, della
Sonata in la maggiore di C. Franck e il
celebre Vocalise per cello e piano di
S.Rachmaninov hanno raggiunto una scelta di
programma ottima. Ma è nell'eccellenti
interpretazioni che il concerto ha avuto un
indispensabile valore aggiunto. Il violoncello
di Chaushian è nitido, voluminoso e
timbricamente dolce, mentre il pianoforte
di
Sudbin è preciso nei dettagli e rispettoso della
componente melodica del cellista. Estremamente
efficace la trascrizione della splendida sonata
del francese, pressoché identica alla versione
violinistica e con una resa ancor più
convincente nei momenti di più pacata
espressività, grazie alla voluminosità del
violoncello. Eccellente l'interpretazione della
Sonata in fa minore di Scarlatti eseguita
da Sudbin prima di Franck anche se poco in
sintonia con il resto. Un Brahms pianistico o
l'Adagio centrale della Sonata per cello e piano
di Rachmaninov avrebbero reso l'equilibrio
dell'impaginato perfetto. Peccato per la poca
affluenza di pubblico il venerdì in Sala Verdi,
sala che invece meritava il pienone. Bravissimi!
23 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
Un raffinato Joaquin
Achùcarro per la Società dei
Concerti in Conservatorio
Da oltre vent'anni non veniva
a Milano il pianista spagnolo Joaquin Achùcarro
e ieri sera è finalmente tornato per un concerto
in Sala Verdi . Il pianista ottantenne, di
estrema vitalità,
ha
anche introdotto i brani eseguiti: prima Brahms
con le Sedici variazioni su un tema di
Schumann in fa diesis minore op.9 e quindi i
Quattro pezzi op.119 (tre Intermezzi e
una Rapsodia). Nella seconda parte della serata
un impaginato tutto spagnolo ha concluso il
programma ufficiale: i Preludi n.1 e n.9
di Federico Mompou, due brani da Goyescas
di Enrique Granados e due brani di I.M.F.
Albéniz. Interpretazioni raffinate quelle di
Achùcarro che trovano nella tradizione
pianistica
più
classica il riferimento. La ricerca di una
essenzialità discreta e volutamente poco
voluminosa è la sua cifra stilistica. Le
timbriche delicate ed intimiste si sono
susseguite in tutti i lavori: dal notevole
Brahms specie della più nota op.119 ai due brevi
e sentiti brani di Mompou, per arrivare ai brani
di Granados con un eccellente Serenata del
Espectro e i precisi e dettagliati El
Puerto e El Albaicin di Albéniz, un
musicista che insieme ai colleghi spagnoli
meriterebbe maggiore frequentazione. Bravissimo
Achucarrro e ottimi i tre bis concessi con
Habanera di Ernesto Halffter un Notturno
per la mano sinistra di Scriabin e uno
Walzer di Chopin. Successo di pubblico. Da
ricordare.
21 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
Il
Quartetto di Cremona per la
"Società del Quartetto" inizia un "tutto Mozart"
in Conservatorio
Il concerto di ieri sera
sostenuto dal Quartetto di Cremona era
dedicato a Elisa Pegreffi, recentemente mancata
e ultimo
storico
componente del Quartetto Italiano. La violinista
della celebre formazione certamente avrebbe
apprezzato la splendida interpretazione dei
quattro giovani strumentisti che rappresentano
forse il meglio in Italia di questo genere
strumentale. Il programma della serata
inaugurava l'esecuzione integrale dei Quartetti
di Mozart. La particolare serata è stata
presentata da Oreste Bossini e da Sandro
Cappelletto, autore quest'ultimo di un recente
libro uscito per "Il Saggiatore" dedicato
ai Quartetti di Mozart. L'esecuzione in ordine
cronologico vuole mettere in luce le qualità
incredibili del genio di Mozart sin da quando
aveva 14 anni e lo sviluppo di queste
straordinarie doti nel corso della sua breve
vita. I primi 7 quartetti, eseguiti ieri, sono
un omaggio all'Italia sin dai titoli e ci
rivelano un musicista molto giovane e con le
idee molto chiare. Il Quartetto di Lodi
del 1770 ha introdotto la serata i Sei
Quartetti milanesi, composti tre il 1772 e
il '73 l'hanno conclusa. L'eccellenti
interpretazioni ascoltate
sono opera di Cristiano Gualco e Paolo Andreoli,
violini, di Simone Gramaglia, viola,
e Giovanni Scaglione, violoncello.
L'efficace equilibrio dinamico del gruppo, la
chiarezza delle esposizioni melodico-armoniche
dei quattro archi hanno determinato un grande
successo in Sala Verdi. Il prossimo appuntamento
per l'integrale dei 23 Quartetti mozartiani è
prevista per il 1 marzo 2016. Da non perdere.
20 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
Anna Bulkina allo
Spazio Teatro 89
Una squadra di ottimi
pianisti attraversa ogni anno il palcoscenico
dello Spazio Teatro 89, una sala con
circa trecento posti nella periferia sud-ovest
milanese che spesso anticipa la presenza di
notevoli interpreti nelle sale maggiori quale il
Conservatorio o l'Auditorium. La presenza della
formidabile scuola russa ha varcato più volte
l'accogliente teatro. Ieri è sta la volta di
Anna Bulkina, una giovane interprete che oltre
ad essere arrivata seconda nel
2011
al prestigioso Concorso Internazionale F.
Busoni
di Bolzano, ha vinto lo scorso anno il meno
noto ma importante Concorso Internazionale
Luciano Luciani di Cosenza. Programma
variegato per la Bulkina con una prevalenza di
compositori russi. A parte il brano bachiano
introduttivo con la Fantasia e fuga in la
minore e quello di Liszt Après un lecture
du Dante, quattro sono stati i lavori
proposti dei russi: Dumka op. 49 di
Cajkovskiji, la contemporanea Ciaccona di
Sofja Gubaydulina, Preludi e Poemi da
opere di Scriabin e la Sonata n.2 di
Prokof'ev. Interpretazioni di ottimo livello che
dimostrano una padronanza tecnica sicura e
disinvolta. Una migliore accordatura dell'ottimo
Kawai avrebbe favorito il risultato complessivo.
Tra le migliori esecuzioni ascoltate sottolineamo
il brano del '62 della vivente Gubaydulina e,
per equilibrio e perfetta tenuta complessiva, la
Sonata in re minore op. 14
di Prokof'ev. Eccellente il bis proposto con
lo Studio n.1 di Chopin. Speriamo di
ascoltare Anna in futuro nelle sale da concerto
più capienti di Milano.
18 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
Lonquich
e
l'Orchestra dei
Pomeriggi al Dal Verme
L'ottavo concerto per la
rassegna concertistica de "I Pomeriggi
musicali" ha trovato ieri sera al Teatro Dal
Verme il pianista-direttore Alexander Lonquich
per un concerto che prevedeva l'esecuzione del
celebre Concerto n.3 in do minore op.37
di L.v. Beethoven e
la
Sinfonia n.3 in la minore op.53 "Scozzese"
di F. Mendelssohn. I due brani sono stati
anticipati da un breve lavoro contemporaneo del
musicista italiano Giorgio Colombo Taccani
(1961), I fili di Ersilia, commissione de
I Pomeriggi. Il brano per 12 strumenti a
fiato non prevedeva il direttore. Abbiamo
trovato ragguardevole il lavoro del compositore
54enne giocato su un addensamento del tessuto
armonico nelle linee discorsive dei vari
strumenti a fiato che esprimevano timbriche
incalzanti, articolate e ben definite. Meritati
gli applausi alla presenza sul palco del
compositore. Il brano centrale della serata, il
Concerto n.3 beethoveniano, era certamente
quello più atteso dal numeroso pubblico presente
in sala per via anche della presenza
dell'eccellente pianista Lonquich, interprete
molto presente nelle sale concertistiche
milanesi. Altre volte abbiamo trovato il
musicista tedesco nelle vesti di direttore,
specie nel repertorio per pianoforte ed
orchestra. Lonquich ha fornito un'ottima
interpretazione giocata su una grande fluidità
discorsiva dovuta ad una completa assimilazione
di tutte le componenti tecnico-esecutive.
Alcuni
passaggi,ma non solo quelli, dell'
Allegro con brio iniziale ci sono apparsi
di eccellente rilevanza estetica. Lonquich con
estrema sicurezza riesce a ponderare benissimo
le dinamiche e possiede timbriche di qualità.
L'eccessiva sicurezza esecutiva, in un contesto
anche di direzione orchestrale, rappresenta
forse il limite della comunque ottima
interpretazione, essendo emerse qualche
accettabili
imperfezioni. Ottimo il
bis solistico concesso con un brano di R.
Schumann. Valida la direzione e
l'interpretazione dell'orchestra de I Pomeriggi
nella Sinfonia Scozzese di Mendelssohn. Meritati
gli applausi. Domani, sabato, alle ore 17.00 la
replica.Da non perdere
15 gennaio 2016 Cesare
Guzzardeĺla
Prossimamente l'
integrale mozartiana dei Quartetti per Archi con
il Quartetto di Cremona
Inizia
martedì 19 il ciclo dell’integrale mozartiana
dei Quartetti: artefici di questa splendida
iniziativa il Quartetto di Cremona, formazione
cameristica tra le migliori della scena europea.
Il 18 gennaio in occasione di questo ciclo di
concerti organizzati dalla storica "Società
del Quartetto" verrà presentato a Milano
presso il MaMu -Magazzino Musica di via Soave3
(ore 18.30) il libro di Sandro Cappelletto
scritto per questa occasione denominato "I
Quartetti per archi di Mozart
" (Casa editrice Il Saggiatore). Con l'autore
dialoga il musicologo Oreste Bossini coadiuvato
musicalmente dal Quartetto di Cremona .
15 gennaio 2016 dalla
redazione
Mikhail Pletnev per
la Società del Quartetto
in Conservatorio
Tra i numerosi pianisti
presenti nella Stagione 2015-16 della Società
del Quartetto, il russo Mikhail Pletnev
occupa un posto di rilievo per qualità
interpretativa. Ieri sera un numeroso pubblico
ha atteso in Sala Verdi il puntuale arrivo di
Pletnev dopo alcuni anni di assenza dai
palcoscenici milanesi. Il programma, variegato,
riguardava quattro grandi musicisti i primi due,
Bach e Liszt, per un brano composto per organo
da Bach intorno al
1708
e ritrascritto al pianoforte dal grande virtuoso
ungherese nella seconda metà dell'Ottocento: il
Preludio e fuga in la minore BWV 543; a
conclusione della prima parte della serata
abbiamo ascoltati due importanti e rari lavori
di Edvard Grieg quali la Sonata in mi minore
op.7 e la Ballata in sol minore op.24.
Cambio di registro e di stile dopo l'intervallo
con un tutto Mozart definito da ben tre Sonate:
la K311 in re maggiore, la K457 in do
minore e la K533/494 in fa maggiore.
Pletnev, pianista introspettivo, distaccato e
dalle movenze pacate, ha iniziato con Bach
-Liszt fornendo un'interpretazione che per
timbriche ricorda l'antico strumento a canne. Il
corretto uso del pedale e le risonanze ottenute
dall'eccellente pianoforte Kawai hanno rivelato
sonorità organistiche facendo trasparire la
monumentalità dell'opera bachiana e gli artifici
di scrittura lisztiana. Particolarmente interessanti
i brani del norvegese Grieg con la corposa se
pur breve, Sonata in mi minore op.7
eseguita con grande equilibrio discorsivo da
Pletnev che ha poi dimostrato maggior
coinvolgimento espressivo nella rara e splendida
Ballata in sol minore. Questo lavoro
scritto intorno al 1875, parte da una melodia
folcloristica norvegese per modificare
il tema con una serie di felici ed efficaci
variazioni
che per quantità e varietà rendono il lavoro più
lungo, in termini di durata, della sonata
precedente. Bravissimo Pletnev nel rilevare
dinamiche varie e differenziate in un contesto
di pacata espressività che trasuda di caratteri
introspettivi. Eccellente l'interpretazione. Con
le tre sonate mozartiane della seconda parte
siamo arrivati all'ascolto di brani più
conosciuti e frequentati. Pletnev in tutte e tre
le Sonate, ha fornito una cifra stilistica molto
personale e identificabile da una precisione
assoluta nella scansione sonora e delle
timbriche, da una dilatazione coinvolgente dei
movimenti centrali sostenuti da notevole ed
efficace resa timbrica che ha nella riflessione
l'elemento determinante. La compostezza delle
posture, in sintonia con l'estetica
dell'interprete si è mostrata in perfetta
sintonia con gli ottimi risultati espressivi
ottenuti. Eccellente il bis concesso con un
Sogno d'amore lisztiano di rara bellezza.
Applausi sostenuti in sala Verdi per un concerto
da ricordare a lungo.
13 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
Ancora Andras Schiff
per Serate Musicali
Ancora un grande successo per
Andras Schiff. Ieri sera è tornato in
Conservatorio per il secondo degli appuntamenti
organizzati da Serate Musicali che lo ha
visto interprete dei suoi amati classici Haydn,
Mozart, Beethoven e Schubert. Di questi sommi
musicisti Schiff
ha
eseguito e interpreterà anche nei futuri
appuntamenti, le ultime sonate. Ieri sera Sala
Verdi in Conservatorio era al completo. Una
lunga fila di spettatori ha comprato gli ultimi
biglietti e anche per questa ragione la serata è
iniziata con circa 30 minuti di ritardo su
l'orario previsto. Come la splendida sera di
dicembre anche ieri due pianoforti attendevano
Schiff: un Bösendorfer utilizzato per Mozart e
la Sonata Sonata in si bem. Magg. K 570 e
per Schubert e la Sonata in la Maggiore D 859
; uno Steinway per Haydn e la Sonata in
re Maggiore Hob 51 e Beethoven con la
Sonata n.31 Op.110. Ottime le
interpretazioni ascoltate con un punto di valore
in più nel capolavoro di Schubert, brano che ha
concluso il programma ufficiale della serata
terminato con fragorosi applausi. Due i bis
concessi: un Improvviso di Schubert e il
primo movimento della Sonata K 545 .
Prossimo appuntamento con Schiff per il 21 marzo
2016
12 gennaio 2015 C.G.
Prossimamente la
Camerata Ducale di Rimonda e Filippo Gamba al
Teatro Civico di Vercelli
Sabato 23 gennaio 2016, ore
21.00 al
Teatro Civico
di Vercelli
Filippo Gamba al pianoforte Guido Rimonda alla
direzione dell' Orchestra Camerata Ducale
terranno un concerto con musiche di Beethoven (Concerto
n. 3 per pianoforte e orchestra in do minore,
op. 37) e di Clementi
(Sinfonia
n. 3 in sol maggiore ‘La Grande Nazionale’)
.
Introduzione musicologica a cura di Enrico
Ferrando
12 gennaio dalla redazione
Jader Bignamini e la
Sinfonica Verdi
in Auditorium
Un programma di primo '900
quello ascoltato ieri sera in replica in
Auditorium. Sul podio Jader Bignamini ha diretto
la Sinfonica Verdi in due celebri composizioni
orchestrali quali la Suite da L'uccello di
fuoco (versione 1919) di I. Stravinskij e la
Suite da Romeo e Giulietta di S.Prokof'ev
(1936). Due lavori diversi ma che hanno molti
punti in comune a
cominciare
dai riferimenti della tradizione classica,
dall'uso della tonalità come elemento dominante
e dalla ricerca di
prorompenti timbriche orchestrali. Entrambe le
composizioni raccontano una storia e sono
dedicate al mondo della danza. La popolarità di
questi lavori, entrati nel repertorio classico
da alcuni decenni, non si discute e le qualità
estetiche dei due grandi russi sono parte della
migliore produzione del secolo scorso.
Bignamini, ancora una volta, ha mostrato di
essere tra i migliori direttori della sua
generazione fornendo due interpretazioni di alto
livello definite da un rigoroso e attento studio
di ogni componente orchestrale. La lettura
essenziale ma profonda delle due partiture è in
linea con la discreta gestualità del direttore.
Gli equilibri sia complessivi che di ogni
settore timbrico sono stati messi in risalto
dalla valida orchestra. La musicalità degli
strumentisti, notevoli nelle parti solistiche,
ha portato ad un'eccellente interpretazione in
Stravinskij e ad un'
ottima esecuzione in Prokof'ev specie nei
movimenti di maggior volumetria sonora. Maritati
i fragorosi applausi dal numeroso pubblico alla
fine di ogni brano. Da ricordare. Ultima replica
domenica alle ore 16.00
9 gennaio 2015 Cesare
Guzzardella
Ci ha lasciato Pierre
Boulez
Ci ha lasciato Pierre Boulez,
uno dei massimi musicisti del Novecento.
Compositore, direttore d'orchestra, saggista e
organizzatore musicale francese, Boulez lascia
tristezza a tutti gli amanti della musica e
soprattutto al mondo della musica contemporanea.
Partendo
dalle
esperienze della Scuola di Vienna ( Schoenberg,
Berg, Webern), da Stravinskij e prima ancora da
Debussy, Boulez ha rielaborato sino dalla fine
degli anni '40 un linguaggio compositivo
innovativo e fondamentale per tutte le
esperienze del Secondo Novecento. La sua musica
definita da articolazioni linguistiche precise e
matematiche verrà messa in risalto ancor più
negli anni '70 dalla formidabile formazione
Ensemble Intercontemporain e da quella
fondamentale istituzione di ricerca, esecuzione
e produzione musicale che è l'IRCAM, voluta dal
presidente francese G. Pompidou e fondata da
Boulez. Ancora oggi questa celebre istituzione
parigina è riferimento importantissimo per tutta
la cultura musicale contemporanea europea.
L'Italia e soprattutto Milano e tutte le sue
rilevanti istituzioni musicali, prima di tutte
la Scala e Il Conservatorio, dove Boulez ha
diretto moltissime volte composizioni sue o dei
suoi amatissimi Mahler, Debussy, Schoenberg,
Messiaen ecc., perdono un musicista, un
ricercatore ed un intellettuale insostituibile
perché unico. Persona schiva e rispettosa di
tutto e di tutti lascia un grande vuoto
soprattutto a chi ha visto in lui un riferimento
fondamentale nel mondo della musica.
5 gennaio 2016 Cesare
Guzzardella
DICEMBRE 2015
Una giovane orchestra diretta da Lorenzo
Passerini alle Serate Musicali
Nel concerto di lunedì 21
dicembre organizzato da Serate Musicali
abbiamo assistito ad un'ottima interpretazioni
musicale da parte di una formazione giovanile,
l'Orchestra Antonio Vivaldi, nata
nel 2011 e diretta con rigore tecnico e decisa
espressività dal ventiquattrenne Lorenzo
Passerini. Il programma nutrito ed intelligente
ha visto lavori diversificati, classici e
contemporanei, a dimostrazione di come
l'attitudine musicale delle nuove generazioni
sia aperta a 360° gradi ad ogni forma di
linguaggio sia del passato che del presente.
L'introduzione alla splendida serata con un
brano per flauto solo di J.S.Bach, Partita in
la minore per flauto solo BWV 1013, ci ha
rivelato l'efficacia stilistica del giovane
flautista, pure 24enne, Tommaso Benciolini.
Protagonista ancora del brano successivo,
Benciolini ha messo benissimo in risalto il
recente lavoro della valente compositrice
quarantenne Silvia Colasanti, con un lavoro
datato 2015 e dal titolo classico quale
Partita per flauto e archi. I riferimenti al
passato barocco bachiano e vivaldiano si sono
resi evidenti all'ascolto mediante un eccellente
equilibrio formale e con una rilevante
capacità
dell'autrice di trovare una efficace trasparenza
timbrica d'insieme. L'abilità del solista nel
realizzare i variati effetti timbrici, a
cominciare da quelle interessanti note ripetute
presenti in gran parte della composizione, e le
qualità dei bravissimi orchestrali diretti con
padronanza tecnica da Passerini, hanno reso
l'esecuzione piacevole e molto riuscita. Il
brano successivo, La pietra lunare op.22/b,
ha avuto come protagonista ancora un 24enne,
questa volta il compositore Piergiorgio Ratti.
Il brano, in prima esecuzione assoluta,
prevedeva anche elementi di racconto scenico,
con maschere, costumi, movimenti degli
orchestrali in un racconto che si sviluppava tra
mondo reale e universo surreale generato dalla
luna. Dal punto di vista musicale
nell'eccellente interpretazione della "Vivaldi"
e del direttore Passerini sono emerse
coloristiche molto italiane in movimenti
narrativi- Vita di provincia, Gurù, Lunari
orrori, La battaglia, Eros, Le Madri -
particolarmente diversificati ma timbricamente
ben costruiti. La seconda parte della serata ha
riscontrato nei classici Mozart e Liszt, ancora
grande successo da parte del numeroso pubblico
intervenuto. Due i giovani solisti presenti: i
pianisti Alessandro Trebeschi per il Concerto
n.13 in do maggiore K. 415 di W.A.Mozart e
Scipione Sangiovanni per il Concerto n.2 in
la maggiore S125 di F.Liszt. Trebeschi, a
parte qualche incertezza tecnica, è riuscito
dopo le prime battute ha rendere il giusto
equilibrio con colori corretti e andamenti
riflessivi coadiuvato da una valida resa
orchestrale. Scipione Sangiovanni ha superato la
difficile prova del complesso e virtuosistico
concerto listztiano con il massimo dei voti: la
sua sicurezza nel superare ogni frangente
tecnico del lavoro e l'uso preciso delle
dinamiche con un peso delle timbriche perfetto,
hanno portato ad una esecuzione stupefacente che
ci ha rivelato, ancora una volta, tutte le
qualità del giovane pianista pugliese presente
per la settima volta ai concerti di Serate
Musicali. Ottima anche la virtuosistica
parte orchestrale che in sinergia con il solista
ha trovato un eccellente equilibrio complessivo.
Applauditissimo anche il bis di Sangiovanni con
un brano di Piazzolla - Sangiovanni superlativo.
Da ricordare a lungo.
26 dicembre 2015 Cesare
Guzzardella
Meritato successo per
Giovanna D'Arco
alla Scala
Premesso che Giovanna D'Arco
è un'opera musicalmente splendida dove Verdi
sviluppa linee compositive di grande spessore,
la settima rappresentazione scaligera vista e
ascoltata ieri sera, ha espresso entusiasmante
successo tra i numerosi
intervenuti per tre
ragioni:
l'eccellente direzione di Riccardo Chailly, il
livello ottimo dei solisti e la qualità di alto
valore della componente corale sempre presente
nell'opera. Chailly ha rivelato ancora una volta
tutta la sua sensibilità e affinità per il
melodramma italiano e anche in Giovanna D'Arco -
opera giovanile di Verdi costruita su una
vicenda ambigua e contraddittoria tratta da
Schiller su libretto di Temistocle Solera -ha
esaltato la musica verdiana attraverso una
direzione unitaria ricca di contrasti
espressivi. La musica ha cercato di sopperire,
dominando, alle carenze strutturali
dell'impianto contenutistico espresso in modo
parziale nella regia di C.Lesier e P.Caurier e
nelle disomogenee scene di C.Fenouillat.
Quest'ultime definite da alcune trovate sceniche
interessanti come la suggestiva comparsa in
scena della Cattedrale di Reims, ma
complessivamente discordanti e disordinate anche
con i seppur efficaci video di Étienne Guiol. Di
grande pregnanza espressiva le voci con una
superlativa Anna Netrebko , Giovanna,
dominante sulle altre: l'ottimo e raffinato
Francesco Meli, Carlo VII, e Carlos
Àlvarez, Giacomo. Ottimo nei ruoli
secondari Dmitry Beloselskiy, Talbot, e
molto bravo Michele Mauro, Delil. Il coro
preparato da Bruno Casoni non si discute:
splendido! Ricordiamo l'ultima replica del 2
gennaio 2016. Da non perdere.
24 dicembre 2015 Cesare
Guzzardella
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