whtml> La scomparsa di Silvestro Severgnini

                       

 

Archivio  Musica 2006               MESI  G F M A M G L S O N D 

DICEMBRE

All’Auditorium tutte esaurite  le recite della Nona Sinfonia di Beethoven diretta da Leonard Slatkin

Il tradizionale concerto di Capodanno dell'Orchestra Sinfonica G.Verdi con la Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven, giunto alla sua ottava esecuzione, trova anche quest’anno un largo consenso presso il pubblico milanese: da alcuni giorni si è registrato il tutto esaurito su tutte e quattro le recite, che si terranno il 30 dicembre alle ore 16.00, il 31 dicembre alle ore 19.30, il 1° gennaio alle ore 16.00, il 2 gennaio alle 19.30 all’Auditorium di Milano. Quest’anno sarà il Maestro Leonard Slatkin a dirigere l’Orchestra Sinfonica e il Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi in questo attesissimo appuntamento musicale. 

29 dicembre          la redazione

Cancellato “Candide” dalla stagione 2006-2007 del Teatro alla Scala 

Il Sovrintendente e Direttore Artistico del Teatro alla Scala, Stéphane Lissner,  dopo aver assistito al Théâtre du Châtelet di Parigi alla recita di “Candide” del 26 dicembre, per la regia di Robert Carsen - spettacolo in cartellone a Milano nella stagione 2006-2007 - ha ritenuto l’allestimento dell’opera di Bernstein non in linea con la programmazione artistica scaligera e ha deciso di rinunciare alla coproduzione. L’Ufficio Stampa del Teatro alla Scala 

Milano, 28 dicembre 2006

Lo Schiaccianoci  di Nureyev alla Scala 

Continuano sino a fine anno al Teatro alla Scala le repliche de “Lo Schiaccianoci”, celebre  balletto che Rudolf Nureyev portò per la prima volta nella sala del Piermarini nel 1968 e che da allora è tornato moltissime altre volte, la più recente agli Arcimboldi nel 2004, con un riscontro di pubblico sempre rilevante. Insieme allo statuario Roberto Bolle, il signor Drosselmeyer e il Principe, troviamo un’aggraziatissima Lisa-Maree Cullum (nella foto di Tamoni con Bolle), Clara, personaggi chiave di una favola fantastica ricca di simbologia e nel quale risulta evidente il riferimento psicoanalitico legato alla visione onirica di Clara. La regia e la coreografia di Nureyev, quest’ultima ottimamente ripresa da Aleth Francillon, sono oramai da considerarsi espressioni classiche unitamente all’incantevole musiche di  Pëtr Il’ič Čajkovskij ottimamente dirette da Kevin Rhodes. Di rilevanza, oltre ai più tradizionali ma sempre perfetti passi dei due protagonisti, ricordiamo la sempre sensuale e creativa Marta Romagna in duo con un bravissimo Riccardo Massimi, coppia solista araba, uno smagliante Antonino Sutera in coppia con la bravissima Emanuela Montanari nella danza spagnola ma anche Fritz e Luisa , i bravi Gianni  Ghisleni e Laura Caccialanza, nella danza russa e anche il dott.e la  signora Stahlbaum. Eccellente tutto l’insieme (foto di M.Brescia) con le avvincenti scene e i costumi di Nicholas Georgiadis e i perfetti Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala. Repliche il 28, 29 (due rapp.) 30 e 31 dicembre con gli altri splendidi ballerini protagonisti  del Corpo di Ballo scaligero. 

27 dicembre     Cesare Guzzardella

I 70 anni dell'Israel Philharmonic Orchestra

L'Israel Philharmonic Orchestra fu fondata nel 1936 dal celebre violinista polacco Bronislaw Hubermann (di cui nel 2007 ricorreranno i sessanta anni dalla sua scomparsa) sotto il nome di Palestine Symphony Orchestra. Il concerto inaugurale fu diretto da Arturo Toscanini il 26 dicembre 1936 con un programma che prevedeva la Seconda Sinfonia di Johannes Brahms preceduta dall'ouverture dall' “Oberon” di Carl Maria von Weber. Per celebrare l'anniversario il 26 dicembre scorso la stessa Orchestra è stata diretta dal suo attuale direttore principale Zubin Metha in un concerto presso il Mann Auditorium di Tel – Aviv trasmesso in diretta dal canale televisivo franco – tedesco Arte . Ricordiamo che tra i direttori principali dell'Orchestra del passato vi fu anche il celebre Bernardino Molinari e che l'attuale direttore principale ospite è il sommo Antonio Pappano. Il programma di rara intensità e perfettamente adatto alle potenzialità ed al suono unico della grande orchestra israeliana prevedeva senza soluzione di continuità (e con una diretta televisiva che non si è fermata per alcun spot pubblicitario e nemmeno per una breve o ridotta edizione del telegiornale) il celebre Primo Concerto per violino ed orchestra di Max Bruch con solista un vero fuori classe quale Pinchas Zukerman che ha dato insieme all'Orchestra il meglio di sé stesso senza il minimo cedimento durante la sua formidabile prestazione, “La Valse” di Maurice Ravel sviscerata in tutte le sue uniche peculiarità dinamiche ed agogiche oltrechè timbriche , sino ad arrivare al mastodontico Primo Concerto per pianoforte ed orchestra di Johannes Brahms con al piano nientemeno che Daniel Barenboim il quale ha dominato da cima a fondo con perfetta tecnica oltrechè, come è consueto nelle sue esecuzioni, con grandissima musicalità, l'impervia ed ardua partitura. Il numerosissimo, caloroso e disciplinato pubblico che affollava il vasto Auditorium ha decretato un vero trionfo a tutti gli artisti al termine dell'esecuzione. Il serio interrogativo che ci poniamo è il motivo per cui i media italiani abbiano completamente ignorato un simile evento ed invece il nostro rinnovato stupore è derivato anche dalla perfezione assoluta della diretta televisiva (nonostante fuori della sala imperversasse un violento uragano) che si inserisce in un palinsesto unico a livello europeo quale quello della celebre emittente franco-tedesca (che è visionabile in tutta Europa ed anche al di fuori). Per ulteriori informazioni si può visitare il sito : www.arte-tv.com 

27 dicembre 2006                            Giacomo Di Vittorio

Due straordinari violini a favore del Comitato Negri-Weizmann 

Straordinaria musica al Teatro alla Scala con la Filarmonica diretta da  Dmitrij Kitajenko (nella foto)  e due grandi virtuosi del violino: il greco Leonidas Kavakos e il russo Maxim Vengerov(nelle foto). In programma i due più celebri concerti per violino e orchestra, l’op. 61 in re magg. di L.van Beethoven e l’op.77 in re magg. di Johannes Brahms. Al termine i due violinisti si sono uniti per un altro grande capolavoro: il Concerto in re min. per due violini, archi e continuo BWV 1043 di J.S.Bach. Eccellenti le qualità interpretative dei solisti: Vengerov che suona uno Stradivari ‘Kreutzer’ del 1727 dalle timbriche dolci e calde, ha mostrato nel concerto beethoveniano, rigore formale e intensa melodicità; Kavakos con il suo sonoro Stradivari “Falmouth” del 1692, ha rivelato grande interiorizzazione della poetica  brahmsiana e virtuosismo “paganiniano” con una naturale ed incisiva visione musicale che si esprime con suoni decisi anche nei registri più acuti. Le peculiarità dei due violinisti, eccelse ma differenti per l'approccio strumentale, sono emerse anche nel concerto di Bach, dove i due principali interpreti, coadiuvati costantemente da un direttore e da un orchestra ad altissimo livello, si sono alternati nell’esposizione dei temi esprimendo al massimo la loro gioia nel fare musica. Al termine un tripudio di applausi e come bis la ripetizione del movimento centrale del concerto di Bach con i ruoli solistici  rovesciati. Ricordiamo ancora che questo concerto finanzia le attività di ricerca degli istituti Negri-Weizmann che, come evidenziato da Silvio Garattini e da Robert Parienti nell’elegante libretto di sala, prestano particolare attenzione, oltre che alla cura dei tumori e ai trapianti di organi, alle neuroscienze e alle malattie neurodegenerative progressive come quella di Alzhaimer. Per informazioni o donazioni si può consultare il sito www.marionegri.it/-851462410.d2.asp

19 dicembre          Cesare Guzzardella

Due interessanti libri per le edizioni Bollati Boringhieri 

Per Bollati Boringhieri è da poco uscita la traduzione italiana del libro “Il cervello di Mozart”,  un saggio particolarmente interessante di Bernard Lechevalier che trae spunto da un fatto realmente accaduto a Wolfgang Amedeus Mozart. Nel 1770, all’età di quattordici anni, accompagnando il padre Leopold in visita alla romana Cappella Sistina, Amedeus ascolta il celebre Miserere di Allegri. Dopo la messa il giovane prodigio riscrive integralmente la non facile opera a memoria. Bernard Lechevalier, noto neurologo francese, ottimo organista e appassionato conoscitore dell’opera del grande salisburghese, trae spunto da questo fatto per indagare, dal punto di vista sia neurologico che musicale, sulla memoria umana in generale ed in particolare sulle qualità mnemoniche di Mozart. Il libro si pone l’obbiettivo di evidenziare le specificità della memoria musicale in relazione alle strutture cerebrali anche attraverso piacevoli incursioni in settori non propriamente scientifici ma importanti per l’analisi e la conoscenza  dello  straordinario mondo musicale di Mozart. Lechevalier  indaga sulla sensibilità dell’orecchio, sull’intelligenza k musicale, sulla capacità di percepire, capire e creare la musica, sulle qualità dei bambini prodigio e in modo specifico sullo straordinario cervello di Mozart. Per la ricchezza di citazioni musicali, per la profondità analitica delle trattazioni  scientifiche scritte con un  linguaggio sempre chiaro e coerente, questo libro è consigliabile ad un vasto pubblico e non solo agli appassionati di musica o di neuroscienza.                            Da oltre venticinque anni è presente nelle edizioni Bollati Boringhieri un prezioso libro di Curt Sachs, Le sorgenti della musica. Sachs (1881-1959) è stato un pioniere nel campo dell’etnomusicologia attraverso i suoi rilevanti studi sulle culture musicali nella storia e mediante le acute indagini sui parametri musicali di tempo, ritmo, scala, timbro e valore nelle differenti aree geografiche. Il libro strutturato in dieci capitoli pone gli accenti sull’origine della musica e la sua tradizione orale, l’evoluzione degli intervalli (seconde, terze, quarte e quinte), la polifonia, la poliritmia, la musica professionale ecc. Un libro consigliabile a tutti gli appassionati non solo di musica,che vogliano approfondire l’aspetto etnomusicologico. Se volete consultate il sito www.bollatiboringhieri.it

19 dicembre         

Una giovane ma eccellente Camerata di Losanna con un virtuoso primo violino: Pierre Amoyal 

 La giovane formazione cameristica “Camerata di Losanna” (nella foto) e il suo fondatore, direttore e violino solista, Pierre Amoyal (nella foto), sono stati i protagonisti di  un’avvincente serata organizzata dalla “Società dei Concerti” nella sala Verdi del Conservatorio milanese. Il programma ha previsto prima l’esecuzione della Serenata in fa magg. op.22 di Antonín Dvorák e poi dell’Ottetto in mi magg. op.20 di Felix Mendelssohn Bartholdy. Altissimo il livello interpretativo di questo gruppo di strumentisti riuniti in ensamble nel 2002 su idea di Amoyal,  eccellente virtuoso che vanta studi importanti negli Stati Uniti con il celeberrimo Jascha Heifetz. La Serenata (1875) di Dvorák è un'alta espressione di lirismo ed elegante pacatezza musicale nei suoi equilibrati cinque movimenti, mentre l’Ottetto (1825) di Mendelssohn è una giovanile composizione – scritta a meno di 16 anni- ma con tipiche peculiarità musicali del precoce compositore. Si rimane stupefatti  per la capacità d'inventiva e per la freschezza costruttiva del brano che impone  anche un  virtuosismo esecutivo da parte di tutti gli archi. Stravolgenti le simmetrie timbriche e coloristiche e superba l’interpretazione degli ultimi due movimenti, lo Scherzo e il Presto. La Camerata ha regalato al numeroso pubblico presente un prezioso ed elegante bis: un Valzer di Čajkovskij.  Da ricordare. Si può consultare il sito  www.amoyal.com/

14 dicembre         Cesare  Guzzardella

Concerto straordinario alla Scala "Hommage aux Violons” 

Lunedì, 18 dicembre 2006 alle ore 20.00 al Teatro alla Scala si terrà un Concerto straordinario "Hommage aux Violons” con la partecipazione di due tra i più grandi violinisti contemporanei, Leonidas Kavakos e Maxim Vengerov (nelle foto),  suoneranno assieme per la prima volta e con la Filarmonica della Scala diretta da Dmitrij Kitajenko. In occasione del Concerto straordinario "Hommage aux Violons”, organizzato dal Comitato Negri Weizmann, e diretto dal Maestro Dmitrij Kitajenko, con la Filarmonica della Scala,  Maxim Vengerov con lo Stradivari ‘Kreutzer’ 1727, appartenuto a Rodolphe Kreutzer dal 1821 al 1831, e Leonidas Kavakos, con lo Stradivari ‘Falmouth’ del 1692, si cimenteranno con le musiche per violino dei tre grandi B della musica, Beethoven, Brahms e Bach. Il programma, infatti, prevede: Beethoven – Concerto in re maggiore per violino e orchestra op.61 (Allegro ma non troppo – Larghetto – Rondò, Allegro) interpretato da Maxim Vengerov;  Brahms  Concerto in re maggiore per violino e orchestra op.77 (Allegro non troppo – Adagio – Allegro giocoso non troppo vivace) interpretato da Leonidas Kavakos;  Bach – Concerto per due violini, archi e continuo in re minore BWV 1043 (Vivace – Largo ma non tanto – Allegro) che vedrà invece uniti, dalla bravura dei due prestigiosi interpreti, i magici suoni dei due Titani.  L’attività del Comitato, ideata 15 anni fa dall’allora Segretario Generale dell’Istituto Mario Negri, Prof. Alfredo Leonardi, poi proseguita dal Prof. Silvio Garattini, e dal Delegato Generale dell’Istituto Weizmann di Scienze in Europa, Dott. Robert Parienti, e concretizzata dalla regia della Presidente del Comitato Negri Weizmann, Jeanne Nissim, nasce da un’idea semplice ma originale: organizzare eventi straordinari all’insegna /i ‘Musica e Ricerca Insieme per la salute’, che unissero la passione per la musica alla sensibilità per la salute umana, per raccogliere fondi da destinare alla ricerca scientifica condotta in collaborazione tra l’Istituto Mario Negri e l’Istituto Weizmann di Scienze.  Per ulteriori informazioni e prenotazioni: Comitato Negri Weizmann: Tel. 02 6775 409 

12  dicembre        la redazione

Alla Scala l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo e Yuri Temirkanov per “Progetto Itaca” 

E’ tornata al Teatro alla Scala l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo diretta da Yuri Temirkanov per un concerto sinfonico straordinario a favore dell’Associazione volontari per la salute mentale “Progetto Itaca” (in collaborazione, per l’organizzazione della serata, con le “Serate Musicali"). Scopo dell’attività di volontariato è quella di individuare e gestire situazioni ad alto rischio di psicosi mentale. Per approfondimenti potete visitare il sito www.progettoitaca.org     Il programma ha previsto l’esecuzione di musiche di Čajkovskij con una selezione dalla Suite “Il lago dei cigni”, il Concerto n°1 in si bem. min. op.23 per pianoforte e orchestra e nella seconda parte dell'elegante serata la Sinfonia n°6 in si min. op.74 “Patetica”. Per il celebre concerto la pianista georgiana Elisso Virsaladze(nella foto) ha dato sfoggio alle sue eccellenti qualità virtuosistiche mostrando una capacità interpretativa di alto livello.  L’esecuzione ha alternato momenti di accesa e marcata vitalità armonica ad altri di pacata e luminosa melodicità e la Virsaladze,  in piena sinergia con Temirkanov e l’orchestra, è riuscita convincente sotto ogni profilo. Splendidi risultati anche per la “Patetica” dove la compagine orchestrale e il direttore hanno rivelato sonorità chiare e precise in ogni momento con  il finale Adagio lamentoso di spessore interpretativo sorprendente. 

12 dicembre     Cesare Guzzardella 

DICHIARAZIONI DEL SOVRINTENDENTE DEL TEATRO ALLA SCALA 

Milano, 11 dicembre 2006  ore 11 

Un teatro d’opera è il luogo in cui si celebra lo spettacolo dal vivo. Da secoli gli artisti difendono e rendono possibile l’espressione dello spettacolo che prende vita davanti a noi. Ho sempre sostenuto che gli artisti devono essere al centro del progetto teatrale e siamo qui per sostenerli, per garantire loro le migliori condizioni nel compiere il loro lavoro. Ciò che è successo nella seconda recita di Aida è molto increscioso, poiché vi è stata una evidente mancanza di rispetto nei confronti del pubblico e del teatro. Rispetto che deve ispirare il comportamento di tutti. 

Milano, 11 dicembre 2006  ore 18.30 

Sono venuto a conoscenza della richiesta di Roberto Alagna di rientrare alla Scala per le prossime recite. Purtroppo il suo comportamento, domenica sera, ha provocato uno strappo definitivo fra l’artista e il pubblico, che la Scala non ha alcuna possibilità di ricucire. 

   Stéphane Lissner 

Alla Scala l’Aida di  Chailly-Zeffirelli 

Seconda rappresentazione per l’Aida di Chailly-Zeffirelli con colpo di scena: alla fine della celebre romanza Celeste Aida, all’inizio del primo atto, il tenore Roberto Alagna, Radamès, prima applaudito dalla platea  e poi ripetutamente fatto oggetto di marcate disapprovazioni  da un certo numero di loggionisti, ha abbandonato il palcoscenico. E’ stato prontamente sostituito da Antonello Palombi (nella foto), il quale si è presentato  senza costume di scena , con jeans  e una camicia nera, e così è rimasto per tutta la durata del primo atto.  Alagna, rinunciando al ruolo, ha dimostrato di non avere quella  forza di carattere che spesso trasforma un iniziale e apparente insuccesso – la sua breve performance  non era eclatante ma valida- in un complessivo successo di pubblico. Alcuni melomani loggionisti, comunque, sarebbero più adatti ad  uno stadio  che a un teatro come la Scala. E’ naturalmente lecito dissentire, ma si possono utilizzare  modi più garbati e civili per farlo.  Ma torniamo alla rappresentazione. Dopo il cambio tenorile, tutto è filato liscio. Il primato qualitativo spetta al coro di Bruno Casoni che ha dato prova di eccellenza in ogni prestazione. L’energica direzione  di Riccardo Chailly è stata chiara nei dettagli coloristici e sempre rispettosa delle voci. La compagnia di canto nel complesso si è dimostrata più che buona: eccellente Ildiko Komlosi (nella foto), Amneris, con capacità sceniche di spessore oltre che vocali; più che incisiva e unita&ente delicata Violeta Urmana (nella foto), Aida, bravi gli altri; ma un elogio va soprattutto a chi non si sarebbe mai aspettato di esserci e cioè  ad Antonello Palombi, Radamès,  che ha dato un’ottima prova, dimostrando qualità di intenso lirismo soprattutto nel duetto finale con Aida. Le scelte  di Franco Zeffirelli non trovano invece il mio gradimento. Enfatiche e sovraccariche le scene (foto di M. Brescia) che, soprattutto nei primi due atti, per la moltitudine di attori e comparse presenti, meritavano un maggiore sviluppo in profondità: esiste infatti un potenziale scenico enorme non sfruttato e anzi sacrificato in funzione di un’abnorme verticalizzazione. Il giallo oro dominante e gli altri colori presenti, ravvivati da una luce eccessiva, insieme a innumerevoli  tubi orizzontali appesi color oro e argento, rendono piatto l’impianto scenico e portano l’immagine complessiva, col passare dei minuti, a essere sempre più opprimente e stucchevole. Non particolarmente entusiasmanti coreograficamente  i balletti di Vladimir Vassiliev, con una Luciana Savignano dalle movenze un po’ scarne e ripetitive e un Roberto Bolle che mostra la sua rilevante fisicità e le sue geometriche movenze costretto in uno spazio troppo stretto. Repliche il 12-14-17-22 dicembre e 3-5-9-12-gennaio. 

11 dicembre       Cesare Guzzardella

Una splendida pianista per le Serate Musicali: Juana Zayas

L'organizzazione di concerti "Serate Musicali" ha il merito di far conoscere al pubblico milanese eccellenti interpreti, a volte poco considerati dalla critica italiana. E’ il caso della pianista cubana Juana Zayas (nella foto), già ospite per le Serate in occasione dei 150 anni dalla morte di Chopin. Per il concerto in programma  che spero rimanga nel ricordo di molti appassionati, ha eseguito principalmente Mozart ma anche una trascrizione virtuosistica e di rarissima esecuzione di Adolf Schulz-Evler sui valzer di Johann Strauss: Arabesques on Themes from The beautiful Blue Danubé. Introducendo il programma mozartiano con il Rondò in la minore K511, la Zayas ha poi continuato con ben quattro tra le più note sonate del grande salisburghese e precisamente la K330, la K331, la K310 e la K332. Quello che si nota immediatamente all’ascolto è l’altissima qualità timbrica che emerge attraverso un tocco che sembra uscire da uno scrigno magico: mai eccessi, molto controllo dinamico e ricerca di un'estetica musicale dove il "bel suono" è la più evidente peculiarità interpretativa. La serata ha avuto il vertice nell’ultima sonata mozartiana, quella in fa maggiore. Perfetto l’equilibrio formale e intensa la carica espressiva. Con il Concerto arabesco sui temi dei valzer di J. Strauss si è passati ad un modo spontaneo d’interpretare la musica, mediato da un controllo tecnico superlativo, che ricorda il grande Horowitz. I due pregnanti bis  chopiniani, una mazurca e un valzer, e il toccante brano di chiusura di Liszt-Schubert, hanno concluso una serata che è da annoverarsi tra le migliori dell’anno. Da ricordare. Potete consultare il sito www.juanazayas.com/

5 dicembre              Cesare Guzzardella

“Variazioni selvagge” di Hélène Grimaud 

E’ da poco uscito nella traduzione italiana, per la Bollati Boringhieri, “Variazioni selvagge”, singolare lavoro letterario dell’affermata pianista francese Hélène Grimaud. L’eclettica concertista è nota anche per la sua passione per il lupi e dal 1991 vive  negli Stati Uniti, in un villaggio del Connecticut, dove lavora intensamente per la reintroduzione del lupo nel suo ambiente naturale. Da qualche anno si è rivelata anche una valida e appassionata scrittrice. La giovane e bella artista ha già ottenuto consensi favorevoli in Francia e in Germania e il libro è stato tradotto anche in USA e in Cina. La passione per la letteratura è nata in giovanissima età contestualmente a quella per la musica:  le letture di Dostojevskj e  Tolstoj si univano all’amore per Rachmaninov e Chopin. L’armonioso testo delle Variazioni scorre in modo avvincente  e ci mostra il carattere difficile dell’autrice bambina nel rapporto con i coetanei, il suo bisogno di solitudine per una maggiore comprensione dei propri valori interiori, l’irrinunciabile interesse per la lettura e soprattutto per il pianoforte, che la porterà a vivere per diversi anni a Parigi. Lo straordinario e casuale incontro con gli amatissimi e “selvaggi” lupi  la porterà, poco più ventenne, a trasferirsi negli Stati Uniti e a far nascere una fondazione per la difesa di questo animale, a rischio di estinzione in molte aree del pianeta. Il libro, davvero originale nella struttura, intervalla  ricordi d’infanzia, legati soprattutto agli ambienti musicali che Hélène ha frequentato, a suggestive considerazioni di carattere generale sulla musica e ad aneddoti e racconti intorno al mondo dei lupi. Un libro quindi appassionante, un inno alla libertà intellettuale e alle passioni dello spirito, consigliabile a tutti e in particolare agli amanti della musica e della natura.          Si possono consultare i siti: http://helenegrimaud.free.fr/  www.helenegrimaud.com   www.nywolf.org/ 

4 dicembre      Cesare Guzzardella 

Leonard Slatkin, Emanuel Ax e l'Orchestra Sinfonica Verdi interpretano Brahms

Programma interamente brahmsiano per l'Orchestra Sinfonica di Milano G.Verdi diretta per l'occasione dallo statunitense Lonard Slatkin (nella foto). Il Concerto N°1 in Re min. per pianoforte e orchestra op.15 è qualcosa di estremamente arduo per il pianista, qui rappresentato dall'eccellente Emanuel Ax (nella foto), che deve seguire una struttura compositiva architettonicamente complessa e ricca dikcontrasti. L'ottima direzione di Slatkin è stata potenziata dalle  qualità espressive e tecniche di un pianista dal tocco  morbido, anche nei momenti di evidente tensione drammatica, che ha un'intesa perfetta con la direzione. Il risultato, splendido nella valenza pianistica, mostra, pur nelle chiare intenzioni direttoriali, qualche incertezza nell'orchestra per le potenzialità a volte inespresse. Dopo il prezioso bis chopiniano di Ax, abbiamo ascoltato, dopo l'intervallo, la Sinfonia n°2 in Re magg. op.73, partitura  strutturalmente tra le più complesse di Brahms. Bravissimo Slatkin nel dirigere un'orchestra, la Verdi che per le riconosciute ottime qualità, avrebbe bisogno di una maggiore stabilità direttoriale. Grande successo di pubblico e ultima replica per oggi, 3 dicembre alle ore 16.00.

3 dicembre    Cesare Guzzardella

NOVEMBRE

Yuri Temirkanov alla Scala per "Progetto Itaca"

Lunedì 11 dicembre 2006 alle ore 20 al  Teatro alla Scala  di Milano, l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo diretta da Yuri Temirkanov (nella foto) e il pianista Elisso Virsaladze terranno un concerto straordinario  organizzato dall’associazione Progetto Itaca in collaborazione con Serate Musicali, per raccogliere fondi per il Club Itaca, un progetto per la riabilitazione e l’inserimento lavorativo di persone che soffrono di disturbi  mentali. Il programma prevede l’esecuzione di musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij:  Il Lago dei Cigni – Suite, il  Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra in si bemolle minore op. 23 e la  Sinfonia n. 6 in si minore op. 74 “Patetica”. Club Itaca è un centro nato a Milano nel maggio 2005 per l’autonomia socio-lavorativa di persone con un disagio psichico. È una struttura diurna gestita con la formula del club dove le persone trascorrono la giornata organizzate in unità di lavoro: accoglienza, lavori d’ufficio, comunicazione, cultura e tempo libero, studio e formazione, gestione del club, tutte attività finalizzate a recuperare ritmo e sicurezza. Club Itaca applica per la prima volta in Italia il modello americano di Fountain House, sperimentato e apprezzato in tutto il mondo, con 350 centri attivi in cinque continenti. I soci di Club Itaca, in continuo aumento, sono oggi 38; quattro di loro hanno già ottenuto contratti stabili presso aziende competitive esterne e sette stanno per cominciare tirocini di avviamento lavorativo. Entro il 2007 dodici soci avranno la possibilità di abitare in autonomia in appartamenti “protetti”, con il sostegno di personale qualificato. PROGETTO ITACA - Via Volta, 7/A - 20121 Milano Tel. 02.62695235 - Fax 02.6552205  - cell.  335.7094632  www.progettoitaca.org - segretria@progettoitaca.org   CLUB ITACA via Magolfa, 15 20143 Milano t. 02.83242158

30 novembre  2006       la redazione

Shlomo Mintz per il “Quartetto” in Conservatorio 

Il violinista e violista russo Shlomo Mintz (nella foto con la Krausz) è tornato in Conservatorio per un concerto organizzato dalla Società del Quartetto e si è presentato nella Sala Verdi accompagnato da una ottima pianista ungherese, Adrienne Krausz in sostituzione dell’indisposto Dmitri Alexeev . Avvincente sotto tutti i profili l’interpretazione delle due tra le  più note sonate di Mozart, la K378 in si bem. magg.  e la K526 in la magg. a cui ha fatto seguito, nella prima parte della serata, un anticipato splendido bis con l’ultimo movimento della Sonata n°3 di L.v. Beethoven. Mintz ha mostrato, con il suo violino ricco di sonorità, le notevoli doti d’interprete dal tocco molto intenso e pastoso. La Krausz è stata decisamente all’altezza della situazione nel suo ruolo paritario col pianoforte. Nella seconda parte della serata abbiamo ascoltato un intenso Dmitrij Šostakovič con il suo ultimo lavoro, datato 1975, la Sonata per viola e pianoforte op.147. Quest’opera rappresenta una sorta di testamento spirituale del compositore russo sia per il clima particolarmente malinconico e spesso angosciante che la Sonata esprime , sia per il atto di avere un Adagio finale dedicato a Beethoven e nel quale si legge chiaramente il riferimento tematico  alla celebre Sonata “Al chiaro di luna”. Intensa e struggente la viola di Mintz. Successo di pubblico. 

29 novembre  2006          Cesare Guzzardella

Louis Lortie per le Serate Musicali 

E’ tornato a Milano in Conservatorio il pianista canadese Louis Lortie per un concerto organizzato dalle Serate Musicali. Il programma, particolarmente impegnativo, prevedeva nella prima parte musiche di Robert Schumann con Papillon op.2  e la Kreisleriana op.16 e nella seconda parte un omaggio a Mozart con le Variazioni op.2  sul tema Là ci darem la mano dal Don Giovanni scritte da Frederic Chopin tra il 1827 e il 1830 e le Reminiscenze dal Don Giovanni di Franz Liszt  composte nel 1841. Louis Lortie ha dimostrato ancora una volta di essere tra i più validi interpreti della sua generazione affrontando ottimamente soprattutto Chopin e Liszt. E’ nei momenti particolarmente virtuosistici  e di spensieratezza interpretativa che ha saputo dare il meglio con timbriche luminose e cristalline inquadrate in un contesto musicale strutturalmente solido. Al termine un “vero” Mozart con la Fantasia in la minore  ed un breve Schumann con un brano titolato “Chopin”. Successo di pubblico. 

28 novembre   2006  Cesare  Guzzardella    

La compositrice newyorkese Julia Wolfe per i Sentieri selvaggi al Teatro Studio 

Il gruppo di musicisti Sentieri selvaggi, specialisti nella produzione ed interpretazione di musica contemporanea, ha portato a Milano la compositrice statunitense Julia Wolfe (nella foto). Una settimana di masterclass tenuta dalla Wolfe per una decina di giovani compositori ha avuto come epilogo prima un incontro con il pubblico, al quale ha presenziato anche la scrittrice Silvia Ballestra e riguardante la creatività al femminile,  e poi un interessante concerto tenuto presso la sala del Piccolo Teatro Studio, in cui sono stati eseguiti tre brani della compositrice newyorkese in prima esecuzione italiana. Buona parte dei musicisti legati all’organizzazione culturale-musicale dei Sentieri selvaggi (vedi foto),  presentati da Filippo del Corno e Carlo Boccadoro, tra i fondatori del gruppo, hanno interpretato i tre brani in programma: My lips from speaking per pianoforte e cd, Mink stole per violino e pianoforte e Dark full ride per quattro batteristi. My lips from speaking è un brano che prevede l’intervento di un pianista, nella fattispecie l’ottimo Andrea Rebaudengo, che si inserisce nella performance che è completata da una parte pre-registrata in cui si avvicendano ben cinque pianoforti. Il brano, di difficile esecuzione live, ha caratteristiche sperimentali con timbriche particolarmente accese nella complessa rielaborazione, di tipo improvvisatorio, di alcuni semplici accordi blues. Completamente differente Mink stole, splendidamente eseguito dal violinista Piercarlo Sacco e ancora da Andrea Rebaudengo. Qui la rilevante valenza estetica,  con riferimenti musicali che vanno da Stravinskij fino a Steve Reich, ci mostra maggiormente il raffinato modo di esprimersi della compositrice. Per finire, una vera e propria performance di ben quattro batteristi: Andrea Dulbecco, Paolo Pasqualin, Elio Marchesini e Riccardo Balbinutti nel brano Dark full ride.  Ventuno minuti di ritmi si succedono in questa equilibrata composizione,  intervallata da un lungo momento di silenzio che porta dai soffici e atmosferici timbri di piatti e charleston ai più turbolenti rulli di tamburi. Per approfondimenti visita il sito www.sentieriselvaggi.org/

27 novembre         Cesare Guzzardella

Il violinista Shlomo Mintz ospite al Conservatorio di Milano per una Master Class  

Milano, 23 novembre 2006 - Con l’arrivo, mercoledì 29 novembre, del violinista Shlomo Mintz( nella foto), classe 1957 e già conosciuto al pubblico milanese per le sue esibizioni concertistiche, si apre al Conservatorio di Milano la stagione delle Master Class. Alla Master Class del famoso musicista, che si svolgerà dalle ore 11.00 alle ore 14.00 nella sala Verdi del Conservatorio, possono assistere come uditori tutti gli interessati. Per gli appassionati della musica, frequentatori e non delle sale da concerto milanesi, si tratta di un’occasione unica di conoscere da vicino un grande musicista ed entrare in contatto con il suo modo di lavorare. Shlomo Mintz dedicherà tre ore di insegnamento ai tre migliori studenti presentatisi alle audizioni, mentre il pubblico potrà seguire dal vivo gli insegnamenti nati dalla passione e dal sapere del grande Maestro. Le Master Class, tutte aperte al pubblico, offrono così la straordinaria possibilità di vivere la grande musica in un modo diverso dalla semplice e consueta forma del concerto e possono diventare un’esperienza emozionante e coinvolgente. La partecipazione degli uditori e del pubblico è libera e gratuita. Con l’iniziativa delle Master Class, a fianco alla didattica istituzionale, il Conservatorio offre ai suoi studenti la possibilità di conoscere, oltre ai docenti di riferimento del suo corso, docenti esterni e spesso provenienti dall’estero e di incontrare personalità di spicco del mondo musicale internazionale. Questo tipo di didattica ha una funzione importante nel qualificare l’offerta formativa del nuovo comparto dell’alta formazione (Triennio e Biennio) di livello universitario. Per accedere attivamente alla Master Class, gli studenti, interni ed esterni, devono superare le audizioni che si terranno il 25 novembre, alle ore 9.00. Saranno ammessi tre partecipanti effettivi e solo per gli studenti non provenienti dal Conservatorio di Milano è previsto il pagamento di una quota di partecipazione di 80,00 Euro. Le modalità si possono richiedere all’Ufficio Organizzazione del Conservatorio di Milano, tramite telefono al numero 02 762110.221 (dalle ore 9.30 alle ore 13.00). La prossima Master Class, il 12 e 13 dicembre, vedrà come docente il pianista di origine russa Boris Petrushanky, conosciuto al pubblico milanese anche grazie alla sua esibizione, nella scorsa stagione, con l’Orchestra Verdi. Seguiranno, nel corso dell’anno, il violinista Salvatore Accardo (aprile), il clarinettista Richard Stolzmann (marzo), il principe dei pianisti accompagnatori Dalton Baldwin (gennaio), il direttore d’orchestra Günter Neuhold, (Master Class per direttori d'orchestra e per cantanti; febbraio), il pianista Rudolf Buchbinder (marzo), il famoso chitarrista Oscar G#iglia, (maggio), il pianista Leslie Howard (giugno), e, in una data da definire, il timpanista dei Berliner Philharmoniker Robert Kendell. Il calendario delle Master Class del Conservatorio di Milano è pubblicato sul sito www.consmilano.it 

23 novembre    la redazione

Gil e Orli Shaham per le Serate Musicali  

 Eccellente duo quello ascoltato nella Sala Verdi del Conservatorio milanese, formato dal violinista Gil Shaham e dalla sorella pianista Orli. Il programma, tutto mozartiano,  prevedeva le Sei Sonate per violino e pianoforte K301-306 composte tra il febbraio e l’estate del 1778 a Mannheim e a Parigi. L’intesa dei due interpreti è stata ineccepibile. Grande contabilità e morbide sonorità per lo splendido violino di Gil e alto spessore interpretativo, col pianoforte spesso protagonista, anche per Orli Shaham. In queste composizioni viene evidenziato il carattere galante ma anche profondamente introspettivo e anticipatamente romantico come dimostrato dalla sublime op.304 con quel Tempo di Minuetto sorprendentemente intenso e toccante. Il pubblico ha mostrato di apprezzare le qualità degli interpreti tributando, al termine della serata, lunghi applausi.  

21 novembre    Cesare Guzzardella    

Daniel Harding alla Scala per il Museo Diocesano 

Daniel Harding (nella foto) è tornato alla direzione della Filarmonica della Scala per un concerto straordinario benefico a favore del Museo Diocesano, in occasione delle celebrazioni per il quinquennale dell’inaugurazione di questa importante istituzione. La serata ha previsto l’esecuzione di due pagine di rilievo quali la Sinfonia n°7 in la magg. op.92 di Ludwig Van Beethoven e la Sinfonia n°2 in re magg. op 73 di Johannes Brahms. Riportiamo il testo di Paolo Biscottini, direttore del Museo Diocesano, presentato nell’elegante pubblicazione edita per l’occasione che include anche testi di Alessandro Baricco e Giovanni Carli Ballola: "Beethoven cominciò a scrivere la sua Settima Sinfonia nel 1811. La prima esecuzione ebbe luogo a Vienna il 18 dicembre 1813, in un concerto per beneficenza. La Settima viene dopo la Pastorale, una Sinfonia che si può definire ‘a  programma’, in quanto reca dei sottotitoli che suggeriscono delle immagini legate alla musica. In contrasto con il lavoro precedente, la Settima non reca alcuna indicazione programmatica. Ciononostante anch’essa ha un’etichetta, affibbiatale niente di meno che da Richard Wagner, il quale la definì “l’apoteosi della danza”. La presenza di una pulsazione ritmica pressoché costante è la caratteristica della Sinfonia che colpisce l’ascoltatore prima di ogni altra cosa; l’energia trasmessa da questa pulsazione febbrile è enorme, e si deve ad essa la definizione di Wagner. Un’energia capace di suscitare la danza è un’immagine bellissima, il quinto anniversario dell’inaugurazione del Museo Diocesano non poteva essere ricordato e festeggiato in modo migliore. L’idea poi di associare la Sinfonia op.73 di Johannes Brahms trasporta l’impeto di Beethoven in un ambio di gaiezza che ci sembra d’incoraggiamento per un Museo che desidera celebrare la propria storia proponendo novi e più arditi traguardi". Harding, appena reduce da una splendida direzione di Wagner , Webern e Mahler, ha dimostrato ancora una volta di penetrare in profondità lo spirito dei “grandi” con una Settima di Beethoven particolarmente incisiva e ricca di vigore ritmico e con una Seconda di Brahms forse ancor più interiorizzata. Mirabile la sinergia tra il giovane direttore inglese e la Filarmonica scaligera .Vivo successo di pubblico. 

16 novembre 2006    Cesare  Guzzardella  

Piero Buscaroli svela l’imbroglio del Requiem

Pagg. 112, formato cm. 13x23,  Euro 20,00  ZECCHINI EDITORE

Abbiamo letto libri, visto film, ascoltato esperti.Ma questa è la verità: una lettera nascosta svela l’imbroglio del Requiem. Il libro verrà presentato dall’Autore presso il Teatro alla Scala, nel ridotto dei palchi Toscanini (entrata principale del Teatro), il giorno 16 novembre 2006, alle ore 18.00.Sarà presente l’Autore, Alberto Cantù, Giovanni Gavazzeni, Alberto Mattioli, Chiara Sirk

15 novembre       la redazione

Le ultime tre Sonate di Beethoven con un grande András Schiff 

Si è concluso il ciclo delle 32 Sonate di Beethoven  che il pianista ungherese András Schiff, nell’arco di due anni, ha interpretato in Conservatorio per le “Serate Musicali”. Il successo di pubblico, con una Sala Verdi al completo fino agli stalli del coro, è proporzionato ad una qualità interpretativa eccellente. Schiff ha te9minato il ciclo sonatistico con le ultime tre Sonate: l’op. 109, 110, 111. Le prime due, senza soluzione di continuità, sono state eseguite con un pianoforte Bösendorfer dal suono molto caldo e con i toni bassi particolarmente accentuati, mentre l’ultima sul classico Steinway. Un nitore espressivo di gusto bachiano è emerso soprattutto nelle op. 109 e 110, mentre una forza più tipicamente beethoveniana, ricca di contrasti, è stata maggiormente evidenziata nell’op. 111. Al termine dell’esecuzione, il fondatore delle Serate Musicali, Hans Fazzari e l’Assessore alla Cultura, Vittorio Sgarbi, hanno donato ad un commosso Schiff una medaglia d’oro per l’operato artistico-musicale di questi anni. Da ricordare. 

15 novembre      Cesare Guzzardella     

Celebrazioni per i 50 anni dalla morte di Guido Cantelli  

Conferenza stampa: Milano, Palazzo Marino, venerdì 17 novembre, ore 11 (Sala Commissioni, situata al primo piano della sede municipale di p.za Scala 2) In occasione del 50° anniversario dalla morte di Guido Cantelli(nella foto) la Fondazione Teatro Coccia ha costituito, in collaborazione con Leonardo Cantelli (figlio del maestro), il Club Kiwanis Novara Monterosa, l’Associazione Amici della Musica “V.Cocito”di Novara, il Conservatorio Guido Cantelli, un comitato con lo scopo di promuovere una serie di eventi per ricordare la figura dell’illustre novarese, indimenticato protagonista della scena direttoriale degli anni cinquanta, scomparso prematuramente nella tragedia aerea di Orly. Si tratta di appuntamenti ed iniziative che godono dei contributi del Comune di Novara, della Provincia di Novara, della Regione Piemonte e di numerosi sponsor privati. Per celebrare la ricorrenza è stato invitato, presso il teatro Coccia il prossimo 26 novembre, il Maestro Riccardo Muti – vincitore in giovanissima età del “Premio Cantelli per Giovani Direttori d’Orchestra” – per un concerto straordinario alla direzione dell’Orchestra Cherubini. Sempre il 26 novembre, al pomeriggio, si svolgerà una conferenza presso il Conservatorio Cantelli dal titolo “L’eredità di Guido Cantelli nella cultura musicale italiana” che vedrà relatore il professor Renato Badalì. Inoltre nello stesso giorno verrà inaugurata una mostra fotografica, presentato un volume-catalogo sulla stessa, un filmato sulla vita di Cantelli ed infine una mostra filatelica sul tema della musica. Si tratta di una serie di iniziative straordinarie cui si aggiunge la decisione da parte del Comune di Milano di sostenere la realizzazione del cofanetto “Omaggio a Guido Cantelli” per ricordare il grande direttore novarese che fu anche direttore musicale del Teatro alla Scala. Il cofanetto, realizzato da La Scala Bookstore, contiene l’edizione ufficiale del “Così fan tutte” diretto da Cantelli alla Piccola Scala nel 1956, il volume “Un mucchio di mani” scritto da Iris Cantelli e la riproduzione fotostatica del carteggio inedito tra Arturo Toscanini e Guido Cantelli relativo al “Così fan tutte” scaligero. Per questo proprio a Palazzo Marino si svolgerà la conferenza stampa di presentazione dell’intero programma di eventi il prossimo Venerdì, 17 novembre, alle ore 11.  All’incontro con la stampa parteciperanno: Manfredi Palmeri (Presidente del Consiglio Comunale di Milano), Claudio Santarelli (Vice Presidente del Consiglio Comunale), Giancarlo Pessarelli (Assessore alla Cultura del Comune di Novara), Paola Turchelli (Vice Presidente della Provincia di Novara), Carlo Pesta (Sovrintendente del Teatro Coccia di Novara), Leonardo Cantelli, Lorenzo Arruga (critico musicale), Giovanni Capuano (presidente del Kiwanis Novara Monterosa), Leonardo Alesi (Past presidente del Kiwanis), Ettore Borri (Preside del Conservatorio Guido Cantelli), Folco Perrino (Presidente dell’Associazione Amici della Musica V. Cocito), Lorenzo Zorzi (Amministratore Delegato de La Scala Bookstore). Inoltre saranno presenti gli autori della mostra, del catalogo e del film.  FONDAZIONE TEATRO COCCIA Via f.lli Rosselli 47 - 28100 Novara (NO) – P. Iva 01980910036 - Tel. +39.0321.620400 Fax +39.0321.640962 www.fondazioneteatrococcia.it – e-mail info@fondazioneteatrococcia.it 

15 novembre     la redazione

Daniel Harding e la Filarmonica della Scala

Daniel Harding (nella foto) è ritornato sul podio del Teatro alla Scala dirigendo la Filarmonica in un programma di grande complessità ed intelligenza che andava dal “Siegfried - Idyll” di Richard Wagner a due composizioni di Anton Webern sino ad approdare al poema sinfonico “Tod und Verklarung” op.24 di Richard Strauss. Cominciando dal perfettamente assoluto “Siegfried–Idyll” wagneriano, si trattava di una lettura di grande trasparenza e precisione, con dinamiche ideali e perfettamente adeguate (al fine di poter effettuare un vero lavoro di analisi della partitura) quando in genere si tende piuttosto ad ampliarle o, più raramente e solo in casi molto particolari (come ad esempio quello di Glenn Gould ), a procedere a passo piuttosto spedito. In questo caso la forma era perfettamente padroneggiata (il tutto accompagnato da un bellissimo aereo e limpido gesto) tanto che al termine dell'esecuzione non si poteva veramente che pensare all'iscrizione posta il giorno del cinquantanovesimo compleanno di Richard Wagner (nella foto), il 22 maggio 1872, sulla facciata principale della Villa Wahnfried a Bayreuth : “Wo mein Wahnen Frieden fand”. L'immaterialità è anche una delle componenti della successiva trascrizione orchestrale del Ricercare a sei voci dall'Offerta musicale di Johann Sebastian Bach, composta da Anton Webern (Vienna, 3 dicembre 1883 – Mittersill, 15 settembre 1945) nel gennaio del 1935 e che Daniel Harding ci ha restituito con grande essenzialità e puntuale rigoree Tutt'altra atmosfera nella seconda parte del concerto che pure proseguiva con Anton Webern (nella foto) ma con i suoi celebri “Sechs Stucke” op. 6 per grande orchestra composti tra il 1909 ed il 1910, e poi rivisti in una nuova versione da Gustav Mahler nel 1928 , in cui a prevalere  è il grande gesto scolpito nell'aria ma che poi si smaterializza immediatamente nel silenzio e nel vuoto . Qui Daniel Hardingci ha mostrato un volto sconosciuto della sua personalità e delle sue potenzialità ma ovviamente soprattutto nel successivo e memorabile poema sinfonico “Tod und Verklarung” composto da Richard Strauss tra il 1888 ed il 1889 e che doveva mostrare, secondo il testo di Alexander Ritter e secondo le stesse parole di Richard Strauss,  “l'ora della morte di un uomo che ha aspirato ai più alti ideali” e l'esigenza di “realizzare l'ideale e cercare di raffigurarlo artisticamente”. Daniel Harding, grazie anche al concorso di tutta la Filarmonica della Scala in forma veramente smagliante in tutte le sue sezioni, ci è riuscito pienamente, dall'iniziale introduzione lenta e sincopata (che può far quasi pensare alla “Gotterdammerung” wagneriana ) sino a tutto il dipanarsi di questo grande poema sinfonico di suprema forza ed energia che si conclude appunto con un finale trasfigurato di uguale forza simbolica ed emotiva . Questo finale si può forse solo paragonare ad uno dei Gemalde di Gustav Klimt (nella foto)  che viene religiosamente custodito nel Kunsthistorisches Museum di Vienna e che  viene raramente mostrato o posto in analisi dalla critica o dai media proprio in ragione della sua forza più sotterranea ed interna che esteriore ed apparente. Forza che Daniel Harding ha dimostrato sia nella gestualità precisa che nella determinatezza della sua interpretazione la quale ha pienamente convinto ed entusiasmato il numerosissimo e caloroso pubblico presente che ha decretato al termine del concerto meritate ovazioni sia al direttore che all'orchestra. Una serata da non dimenticare. 

14 novembre 2006                                Giacomo Di Vittorio

Undici bis per uno straordinario Kissin al Conservatorio milanese 

Non si può non iniziare dalla fine per parlare dello straordinario evento che si è svolto nella Sala Verdi del Conservatorio milanese il 10 novembre: il recital pianistico dell’ex-bambino prodigio Evgenij Kissin (nelle foto), oggi trentacinquenne, organizzato da “La Società dei Concerti”. Quasi quaranta minuti  di musica fuori programma  per undici bis in un’atmosfera di entusiasmo generale e con una consistente parte del pubblico che  non ne voleva sapere di andarsene, folgorato dalle qualità artistiche del moscovita. Alle ore  21.00 la Sala Verdi era al completo e il pianista,  che aveva debuttato nel lontano 1987 per la medesima Società concertistica, si sedeva davanti all’elegante Steinway  mostrandosi subito incredibilmente concentrato. Il programma prevedeva nella prima parte della serata  la Sonata in mi bem. magg. D.568 di Franz Schubert e le 32 Variazioni in do min. W.o.O.80 di Ludwig van Beethoven e, dopo l’intervallo, i Klavierstűcke op.118 di Johannes Brahms e l’Andante Spianato e Grande Polacca Brillante op.22 di Fryederyk Chopin. Kissin ha rivelato fin dall’inizio un tocco preciso, dalle sonorità luminose e mai eccessive, nella giovanile Sonata di  Schubert. Interpretazione eccellente specie nel rilevante Allegro moderato finale. Con il tema iniziale e le seguenti  32 Variazioni di Beethoven, il modo di suonare di Kissin cambiava, certo non in peggio, e il timbro diventava  più deciso, maggiormente virtuosistico e a volte percussivo e l’atmosfera più incandescente. Splendido questo Beethoven del 1806 dal carattere più combattivo; ricordiamo che nel medesimo periodo il Grande tedesco componeva  la Sinfonia Eroica e le sonate Waldstein e l’Appassionata . Dopo l’intervallo, si è entrati in un clima più romantico e pacato con i celebri 6 Klavierstűcke di Brahms composti in tarda età e caratterizzati da uno stile riflessivo e melanconico specie nei quattro Intermezzi. Superlativa, anche in Brahms, l’interpretazione di Kissin che a mio avviso ha superato se stesso nell’ultimo brano in programma, l’op.22 di Chopin. Qui l’artista, con un salto interpretativo di stile non indifferente, ha eseguito il Polacco con un tocco dalla purezza cristallina, senza mai un cedimento, mantenendo  rigore stilistico e profondità espressiva ai massimi livelli. Al termine del programma, dopo interminabili applausi, è iniziato un altro e non breve  recital che ha visto Kissin, stimolato dall’entusiasmo generale,  regalarci ben undici bis. Ricordiamo almeno quelli più noti: Liebestraum (Sogno d’amore) di Franz Liszt, Spinnerlied (Canto della filatrice) di Felix Mendelssohn, trascrizione dalla Carmen di G. Bizet, Valzer op.64 n°1 di F. Chopin, Fantasia-Impromptu op.66 di F. Chopin, Valzer op.64 n°2 di F. Chopin, l’Alla Turca  dalla celebre Sonata di W.A. Mozart, Valzer op.39 in la magg. di J. Brahms, per terminare con un divertente e virtuosistico brano di jazz americano dei primi ‘900. Poco prima di mezzanotte il concerto è terminato. Indimenticabile! 

11 novembre     Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

Pierre Boulez e l’Ensemble Intercontemporain al Teatro alla Scala per "Milano Musica"

Non poteva finire meglio questa edizione de “ I ;ercorsi 2006  di Milano Musica”: nella sede più prestigiosa, il Teatro alla Scala, dopo l’ “Omaggio a Berio” con il grande Pollini della sera prima, abbiamo ora assistito ad uno splendido concerto diretto dal musicista più rappresentativo della musica contemporanea, Pierre Boulez  ed interpretato dalla formazione che in questi ultimi trent'anni si è maggiormente dedicata al repertorio del Secondo Novecento, l’Ensemble Intercontemporain. Questa formazione creata da Pierre Boulez (nella foto) nel 1976 ci ha donato pagine particolarmente rilevanti: la suite da “L’histoire du soldat” (1918) di Igor Stravinskij, la nuova composizione del trentaduenne compositore francese Bruno Mantovani (nella foto), Streets (2006) ed infine una delle  composizioni di Boulez più modificate ed ampliate nel tempo, Dérive 2 (1988-2005). La suite di Stravinskij  con i suoi nove movimenti, opera spesso eseguita da Boulez, rappresenta un’innovazione nella musica cameristica dell’epoca in quanto mette in particolare rilievo i caratteri di ogni singolo strumento, in questo caso sei più le percussioni,  dando ad ognuno una forte valenza individuale. Questa forte pregnanza individuale  è anche la caratteristica  di Streets e di Dérive 2. Solo la maestria dei grandi virtuosi che compongono l’Ensemble Intercontemporain, citiamo per tutti almeno la violinista Jeanne-Marie Conquer (nella foto),  poteva rendere giustizia all’ottima composizione di Mantovani e al sempre più complesso e stilisticamente impressionante lavoro di Boulez. Streets, per dieci strumenti, è un lavoro che gioca molto sull’alternanza timbrica dei singoli strumenti, sulla presenza di pochissime note che vengono spesso generate in piccole o lunghe unità di durata  e in continui cambiamenti di metronomo. Spesso le noto sono ossessivamente ribattute e nella sovrapposizione di queste con i diversi strumenti si genera la complessità timbrica che caratterizza il brano dalla durata di 15 minuti e trentadue secondi. Impressionante risulta essere  la chiarezza timbrico-espressiva di ogni strumentista e la precisione con cui i singoli strumenti si alternano nella situazione sonora. Il medesimo discorso vale per Dèrive 2, per undici strumenti, di Boulez, composizione che dal 1988 al 2005 ha subito continui cambiamenti ed integrazioni: dai circa venti minuti della prima versione si è passati ai 44 minuti e trenta secondi dell’ultima versione. Il brano, particolarmente complesso, mostra un’immediata bellezza timbrica data dalla qualità delle singole particelle sonore che, nell’impressionante perfezione dei strumentisti,  tengono ad aggregarsi e stratificarsi in continue modifiche spazio-temporali. L’evento sonoro è mediato da un razionalismo costruttivo tale da sembrare, anche al primo ascolto, di grande rilevanza: le geometrie e le architetture sonore sono evidenziate da una direzione che solo Pierre Boulez può farci intendere. Grande successo nella sala del Piermarini con un pubblico formato  prevalentemente da appassionati al contemporaneo, da critici, da musicisti, ma con non pochi posti liberi. Serata splendida. www.milanomusica.org

10 novembre 2006   Cesare Guzzardella         ce.guzz@tiscali.it    

"Omaggio a Luciano Berio" al Teatro alla Scala

Nell'ambito della ricca  e suggestiva quindicesima edizione del Festival di Milano Musica (sito www.milanomusica.org), il penultimo appuntamento di mercoledì 8 novembre si distingueva in modo particolare per il fatto di essere un “Omaggio a Luciano Berio” e per l' imponente presenza nella seconda parte del programma del concerto del grande  Maurizio Pollini (nella foto). I tre quarti della prima parte del programma erano occupati da "Sequenze" di Luciano Berio: nell' "Intervista sulla musica" (a cura di Rossana Dalmonte, Laterza Editore) lo stesso compositore ci confessa che “il titolo “Sequenza” non implica nessuna relazione con la musica religiosa medievale, ma si riferisce solo al fatto che questi pezzi sono basati principalmente su “sequenze” e sovrapposizioni di caratteri armonici e tipi di azioni strumentali”. E qui il termine chiave è appunto quello di “azione” che ci rimanda a quello di “Azione musicale” adottato per  “Outis” e per gran parte dei lavori di teatro musicale di Luciano Berio (nella foto), termine, definizione e catalogazione che ha a sua volta un'origine teorica wagneriana. Queste azioni, che avevano anche una scenografia di grandissima essenzialità basata principalmente sulla direzione delle  luci, ed in parte anche sull'attorialità dell'interprete, erano qui sulla scena scaligera (pur potendosi adattare alle più diverse situazioni sia sceniche che teatrali) di grande effetto e presa diretta sul pubblico ed andavano dalla “Sequenza I” per flauto mirabilmente e soavemente interpretata da Michele Marasco alla celebre “Sequenza VII” per oboe ,del 1969 e dedicata a Heinz Holliger, interpretata con grande precisione da Didier Pateau, sino ad arrivare alla colossale “Sequenza XII” per fagotto del 1985 che ha visto prodursi ed inscenarsi la grande performance di Pascal Gallois il quale  ha dovuto mettere a dura prova con grande successo le sue grandi potenzialità e capacità . Terminava la prima parte del concerto “Altra voce” (del 1999) per flauto contralto, mezzosoprano e live electronics , su testo di Talia Pecker Berio (presente in sala), che ha visto in scena il celebre mezzosoprano Monica Bacelli, Michele Marasco  al flauto e  la collaborazione del Live electronics di Tempo Reale di Firenze composto da Francesco Giomi, Damiano Meacci e Kilian Schwoon , anche questa grande performance collettiva che è stata molto calorosamente salutata dal numerosissimo e vivace pubblico presente con un ringraziamento finale degli artisti a Talia Pecker Berio presente in sala che era in realtà un gesto di omaggio al grande compositore, uomo di teatro, teorico, scrittore e molto altro ancora che è stato l'indimenticabile  Luciano Berio. Nella seconda parte del programma entrava in scena niente meno che Maurizio Pollini presentandoci praticamente un recital “condensato” che andava dai “Drei Klavierstuecke” op. 11 ,del 1909 ,  di Arnold Schoenberg resi e restituiti all'ascoltatore con la consueta clarté ed “ésprit de geometrie” sino ad arrivare a quel grande colosso architettonico costituito dalla “Sonata in si bemolle maggiore” op. 106 “Grosse Sonate fur das Hammer – Kavier”, composta tra il 1817 ed il 1818 , uno dei capisaldi e cavalli di battaglia del repertorio beethoveniano di Maurizio Pollini che ha molte volte interpretato in scena nella sua lunga carriera di pianista. Non bisogna dimenticare che la sonata fu dedicata all' Arciduca Rodolfo d'Austria, allievo dello stesso Beethoven , e che teneva anche in un certo senso conto delle capacità e possibilità tecniche e pianistiche del destinatario, in particolare nello spettacolare ed appunto “martellante” ed esultante primo movimento Allegro  che nel testo originale della partitura conteneva un “Vivat Rudolphus” riferendosi alle celebrazioni dell'onomastco dell'Arciduca il 17 aprile del 1818 . Maurizio Pollini ci ha offerto come è suo consueto una lettura visionaria e quasi spiritata di questo primo movimento poi proseguendo con momenti di grande liricità ed intensità lungo tutto il percorso della memorabile e storica partitura nonché quasi “futurista” e comunque proiettata in un avvenire indefinito  (che era unicamente  e solo nella mente del grande compositore tedesco e che ha appunto poi avuto una sua quasi precisa concretizzazione con i drammi ,o meglio azioni  musicali wagneriane) il cui momento più simbolico ed emblematico è la celebre “Fuga a tre voci, con alcune licenze” nel movimento finale che , come ha scritto Thomas Mann nel “Doktor Faustus”, rivela , nei confronti della fuga,“quasi un odio ed un desiderio di violentarla”. La catartica prestazione del nostro grande Maurizio Pollini è stata salutata al suo termine da calorosissime ovazioni del pubblico  che non è stato facile placare e  sedare. Una serata storica da ricordare . 

     9 novembre 2006                                      Giacomo Di Vittorio

Angelika Kirchschlager per la “Società del Quartetto” in Conservatorio 

 Il mezzosoprano salisburghese Angelika Kirchschlager(nella foto) ha tenuto un recital di lieder di Schumann e di Schubert nella Sala Verdi del Conservatorio milanese. Per la prima volta ospite della “Società del Quartetto”, accompagnata in modo impeccabile dal pianista viennese Helmut Deutsch (nella foto sotto), l'affermata cantante austriaca ha esibito le sue spiccate qualità vocali interpretando nella prima parte della serata 12  lieder di Robert Schumann selezionati dalle numerosi raccolte del musicista su testi poetici di Goethe, Mörike, Kerner, Chamisso,  Heine solo  per citarne alcuni. Nella seconda parte del concerto abbiamo ascoltato una selezione di 11 lieder tra i cicli schubertiani su testi di Goethe, Castelli, Schiller, Seidl, Schűlz ecc. Interessante l’articolazione dei brani con vedeva l’alternanza di caratteri seri e d'intenso lirismo per alcuni e di spensierata gaiezza per altri, per terminare con un inno alla musica nell’ultimo brano di Schubert: An die Musik op.88 n°4  (Alla musica). La Kirchschlager, artista di rilevanza internazionale e con un repertorio che spazia dal barocco al contemporaneo, ha mostrato eccellenti qualità timbriche con sonorità di elevata pregnanza espressiva in ogni lied. Ricordiamo almeno qualche titolo tra quelli eseguiti: Erstes Grűn op.35 n°4 (Primo verde), Hoch, hoch sind die Berge op.138 n°8 ( Alte, alte sono le montagne), Stille Tranen op.35 n°10 (Lacrime silenziose), Morgens steh’ ich auf op.24 n°1 (La mattina mi sveglio e domando) di Robert Schumann;   Das Echo op.130 (L’eco), Des Madchens Klage op.56 n°3 (Il lamento della fanciulla), Wiegenlied op.105 n°3 ( Ninna nanna), Der Pilgrim op.37 n°1 ( Il pellegrino), An den Mond op.75 n°3( Alla luna)  di Franz Schubert. Al termine ci ha donato due celeberrimi bis: Widmung di Schumann e Die Forelle di Schubert. Una serata da ricordare.  Grande successo di pubblico 

8 novembre    Cesare  Guzzardella         ce.guzz@tiscali.it 

Recital di Renée Fleming al Teatro alla Scala a favore della Fondazione Francesca Rava 

A pochi giorni dalla sua presenza nello splendido concerto diretto da Antonio Pappano con l’Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia è  ritornata al Teatro alla  Scala il soprano Renée Fleming (nella foto) in un recital a favore della Fondazione Francesca Rava-N.P.H. Italia Onlus che, con questo straordinario evento, festeggia la realizzazione del nuovo ospedale pediatrico N.P.H. in Haiti. La celebre cantante accompagnata dall’ottimo pianista Hartmut Höll (nella foto) ha impaginato un variegato programma composto da 17 brani  tra Mozart, Schumann, Dvořăk, Strauss, Korngold, Massenet, Gounod, Gershwin, Arlen e Loewe-Lerner. Soprano di grande carisma e molto versatile nelle scelte interpretative, ha mostrato anche eccellenti doti recitative. Tra i brani eseguiti spiccano Stille Tranen op.35 n°10 di Robert Schumann, l’aria Měsičku na nebi hlubokém da Rusalka di Antonin Dvořăk, Morgen  op.27 n°4   di Richard Strauss, Adieu notre petite table di Jules Massenet, la celeberrima Summertime di  George Gershwin e quindi Over the Rainbow dal Il mago di Oz di Harold Arlen e il divertente I could have danced all night da My Fair Lady di Loewe e Lerner. Al termine del programma la Fleming ci ha regalato due splendidi bis: un’aria di Korngold e la Gavotte dalla Manon di Massenet. Pubblico entusiasta in una sala  stracolma. Per aiuti alla Fondazione Francesca Rava si può consultare il sito www.nphitalia.org/ o rivolgersi alla sede milanese della Fondazione in via E.Caldara  43, t. 02-54122917. 

7 novembre     Cesare Guzzardella

L’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI diretta da Lothar Koenigs  in Conservatorio 

 “I percorsi 2006 di Milano Musica” sono giunti al nono appuntamento della rassegna di musica contemporanea con una concerto tenuto in Conservatorio dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI diretta dal tedesco Lothar Koenigs (nella foto). Il programma prevedeva una recente composizione del quarantenne Stefano Gervasoni(1962),nella foto, Metà della ripa (2002-03), due del milanese Giacomo Manzoni (nella foto), Ode (1982) e Sembianti (2003) e al termine un classico del ‘900  con la Passacaglia op.1(1908) di Anton Webern. Splendide sonorità per un’orchestra, quella della Rai,  che attualmente è la più attenta al repertorio degli autori contemporanei e che in questa occasione è stata ottimamente guidata da Lothar Koenigs, direttore  che mostra particolare interesse per il repertorio del Novecento storico e dei musicisti viventi. L’interessante brano di Gervasoni, Metà della ripa, utilizza un’orchestra di notevoli dimensioni nella quale il ruolo centrale è affidato alle percussioni e in cui gli elementi musicali sono caratterizzati da timbriche con sonorità spesso acute. Il gioco  della tenuta delle note è in alternanza con i momenti di pausa e questi danno alla composizione uno stato di continuo “inizio”.  Con il primo brano di Giacomo Manzoni si torna indietro di circa ventenni ma Ode rappresenta quanto di più articolato, timbricamente rilevante  e strutturalmente costruito sia stato fatto dal musicista milanese. Il secondo e più recente brano di Manzoni, Sembianti, ci da un'idea dell’evoluzione stilistica del musicista in situazioni formali di più sicura immediatezza ma sempre di elevata espressività. Al termine del concerto la Passacaglia di Webern, brano storico e di riferimento per ogni compositore, è stata eseguita stupendamente dai bravissimi musicista dell’Orchestra Sinfonica RAI. L’unica pecca dell’ottima serata è stata l’esiguità del pubblico presente in sala (circa un terzo dei posti disponibili), molti di questi rappresentati da critici e in generale da “addetti al lavoro”. Peccato perché non capita spesso di avere a Milano una così rilevante orchestra. I prossimi appuntamenti della rassegna di Milano Musica sono previsti per l’8 e il 9 novembre alla Scala con un omaggio a Luciano Berio e con Maurizio Pollini e quindi, nell’ultima data,  Pierre Boulez con il suo Ensemble intercontemporain. 

5 novembre 2006    Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

 A Lugano i Concerti d'Autunno con l'Orchestra della Svizzera Italiana 

Tornano con otto appuntamenti a Lugano, a partire dal 2 novembre, e fino al 21 dicembre, i Concerti d'Autunno dell'Orchestra della Svizzera Italiana, giunti quest'anno alla tredicesima edizione.E sarà un'edizione particolare questa: nel 2006 si festeggiano infatti sia il centenario dalla nascita di Dmitri Shostakovich, sia i 15 anni dalla creazione della Fondazione per l'Orchestra della Svizzera Italiana.Calendario ricco di presenze illustri e di proposte di qualità: tra i direttori ospiti, oltre ad Alain Lombard, Mikhail Pletnev, Serge Baudo, James Loughran, mentre tra i solisti spiccano Till Fellner, Andrea Lucchesini, Cristina Ortiz e Nikolai Lugansky. Il primo appuntamento,il 2 novembre, vedrà sul podio il direttore Serge Baudo ed il pianista Till Fellner(nella foto) in brani di Ravel, Mozart e Schumann. Il concerto sarà trasmesso in diretta su Rai Radio3. Per maggiori dettagli si può consultare i siti www.rtsi.ch/trasm/concertidautunno/ www.orchestradellasvizzeraitaliana.ch/

 2 novembre   la redazione

Marko Letonja e Benedetto Lupo all'Auditorium di Milano con Rachmaninov e Tchaikovsky

Lo scorso 1 novembre il giovane direttore sloveno Marko Letonja(nella foto) è ritornato sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Milano in compagnia del pianista Benedetto Lupo impaginando questa volta un programma quasi interamente russo. Infatti inizialmente si partiva con la mirabile, elettrica e colorata trascrizione per orchestra di Luciano Berio (effettuata nel 1975) delle variazioni di Luigi Boccherini sul tema della “Ritirata notturna di Madrid”. A seguire uno dei concerti  più notturni ed iridescenti della letteratura e del  repertorio per pianoforte ed orchestra ovvero l'ormai celebre ed inimitabile “Concerto n. 3 in re minore per pianoforte ed orchestra” op. 30 di Sergej Rachmaninov, composto nel 1909. Benedetto Lupo ha compiuto un'operazione di grande fascino ed intelligenza ovvero destrutturare tutto il virtuosimo (spesso pompato sino all'eccesso dagli interpreti) della partitura  per arrivare ad una sua analisi e decomposizione quasi “impressionista” (come se si trattasse di Claude Debussy o Maurice Ravel) e restituendoci così tutti i suoi magici colori evanescenti, i timbri e le dinamiche di grande originalità ed innovazione che altrimenti andrebbero totalmente perse e sommerse . Il pubblico è stato inizialmente spiazzato da una tale lettura (che veniva appoggiata e confermata sia dall'orchestra che dal direttore) ma alla fine ne ha riconosciuto il suo grande valore estetico, interpretativo nonché puramente emotivo (pur e proprio a causa di questa sorta di “divisionismo”). Il grande pianista Benedetto Lupo si è così confermato ancora una volta un interprete mai scontato e di grandissima intelligenza ed originalità (pur in una partitura così mastodontica per dimensioni ed apparentemente molto difficile da dominare e padroneggiare). Nella seconda parte avevamo invece niente meno che la “Symphonie Pathétique” di Tchaikovsky (foto). Quando il grande compositore russo la scrisse tra il 1892 ed il 1893 sapeva perfettamente che stava componendo il proprio Requiem ripercorrendo però a volte quasi eroicamente tutte le tappe della sua vita . Ed anche lo stesso Christopher Headington ci ricorda molto opportunamente che in russo il termine “pateticeski” significa “pieno di emozione appassionata” e non a caso la Sinfonia viene citata in “Passion” di Jean – Luc Godard del 1982 . Queste tappe sono state ripercorse anche dal grande scrittore tedesco Klaus Mann,nella foto,(Monaco di Baviera , 18 novembre 1906 – Cannes, 21 maggio 1949) nel suo omonimo romanzo del 1935 “Symphonie Pathétique”, grande scrittore dal destino similmente tragico oggi praticamente dimenticato ed ignorato che è anche l'autore di “Mephisto, Roman einer Karriere”, da cui nel 1980 il grande regista ungherese Istvan Szabo (nella foto) ha tratto il film capolavoro  “Mephisto” con Klaus Maria Brandauer nel ruolo principale (all'epoca uno dei rarissimi film di produzione non americana a vincere l'Oscar per il miglior film straniero) che sarebbe veramente opportuno che la nostra RAI, la quale detiene i diritti di trasmissione, riproponesse qualche volta al nostro pubblico (ovviamente ad orari accettabili), e l'autore di “Der Vulkan” del 1939 e di molto altro ancora, tutti capolavori in cui si parla mirabilmente e con grande intelligenza e raffinatezza di biografie e destini di uomini e persone . Ora Marko Letonja ha voluto nella sua lettura accentuare questa visione narrativa appunto della partitura (anche se con le repliche e con la intensissima tournée che seguirà in tutta l'Italia  lo slancio diventerà sicuramente sempre più determinato ed appassionato), riservando all'ultimo indimenticabile e memorabile movimento il carattere ed il volto di un vero e proprio Requiem. L'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi che ormai da lunghissimo tempo intrattiene un solido e ferreo legame con questo interprete si è rigorosamente attenuta alle sue indicazioni ed il numeroso e vivace pubblico presente ha decretato un vivo e pieno successo con ovazioni a tutti  gli interpreti al termine dell'esecuzione. 

2 novembre 2006                              Giacomo Di Vittorio

"Milano Musica" con l’Orchestra Nazionale della RAI in Conservatorio 

Sabato 4 novembre 2006 alle ore 20.30 nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI diretta da Lothar Koenigs (nella foto) terrà un concerto di musica contemporanea con musiche di: Stefano Gervasoni, nella foto, (1962), Metà della ripa (2002/3) Prima esecuzione assoluta Commissione di Radio France; Giacomo Manzoni (1932) , Ode (1982) e  Sembianti (2003) e Anton Webern (1883-1945), Passacaglia op. 1 (1908) In collaborazione con RAI – Radio Tre. Informazioni: tel. 02 20 40 34 78

OTTOBRE

Viktoria Mullova e Giuliano Carmignola per la VIDAS all’Auditorium di l.go Mahler 

Un Concerto Straordinario in memoria di Alberto Falck e a sostegno dell’Hospice Casa Vidas si è tenuto il 30 ottobre all’Auditorium di largo Mahler con due violinisti di alto rango quali Viktoria Mullova e Giuliano Carmignola. L’elegante programma di sala vedeva i due fuoriclasse alle prese con brani di raro ascolto ma di considerevole valenza musicale: C.P.Emanuel Bach, Antonio Vivaldi, F.J. Haydn, Bela Bartók , Jean-Marie Leclair e Sergej Prokofiev, sono stati interpretati in modo raffinato e con estro e i due virtuosi, perfettamente in sincronia, hanno dimostrato come un duo violinistico, formazione cameristica rara nelle sale da concerto, possa mostrarsi seducente anche ad un pubblico non completamente “esperto”. In un programma particolarmente vario che spaziava dal barocco di Vivaldi  e di Leclair – quest’ultimo considerato l’iniziatore della scuola violinistica francese- al classicismo di Haydn e al neo-classicismo di Prokofiev e Bartók, la selezione dai Duetti(1931) di Bela Bartók, particolarmente ricca di elementi folcloristici ungheresi, e la non facile Sonata op.56 (fine anni '20) di Prokofiev sono state forse le espressioni musicali più rilevanti dal punto di vista virtuosistico. Il numeroso pubblico presente in sala ha dimostrato di apprezzare il concerto tributando al termine lunghi applausi. Per sostenere la Vidas (assistenza completa e gratuita ai malati terminali) si può consultare il sito www.vidas.it/ 

31 ottobre     Cesare Guzzardella    ce.guzz@tiscali.it

Il ritorno di Antonio Pappano al Teatro alla Scala

Domenica 29 ottobre 2006 Antonio Pappano (nella foto)  è ritornato al Teatro alla Scala con l'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia dopo un'assenza che durava dal settembre del 1994 quando, giovane direttore ancora sconosciuto in Italia ed appena nominato (nel 1991, all'età di 32 anni) direttore musicale del Théatre Royal de la Monnaie di Bruxelles, diresse un memorabile concerto con l'Orchestra Filarmonica della Scala in un programma al cui centro era situata “Verklaerte Nacht” di Arnold Schoenberg . L'Orchestra  dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia mancava invece al Teatro alla Scala dal 1952 quando fu diretta da quel grande artista e musicista a trecentosessanta gradi che fu Igor Markevitch. I direttori d'orchestra, a livello internazionale, si dividono ormai in tre categorie: la prima (che praticamente occupa  oltre  il novanta per cento degli artisti che si dedicano a questo mestiere che in teoria dovrebbe essere anche quasi una missione)  è quella dei direttori  pilotati, sottomessi, soggiogati o servi della politica e degli intrighi di palazzo o che, a volte, sfruttano questi stessi intrighi a scopo personale (dato che le risorse economiche a livello soprattutto europeo ma non solo per questo settore della cultura sono sempre più esigue e che la guerra tra le agenzie e dei vari uomini d'affari, o di malaffare, che si nascondono dietro di esse assomiglia sempre più ad un vero e proprio Far West). La seconda infinitamente più esigua ed ormai praticamente quasi estinta è quella dei direttori d'orchestra che hanno innanzi tutto una visione filosofica del mondo e che, in conseguenza dei problemi  che sorgono nel guardare, osservare ed analizzare la realtà a partire da essa, decidono di appoggiare o sostenere, anche se indirettamente, una posizione “politica” ma che è in realtà una posizione filosofica di conciliazione e di mediazione (concetti che oggi stanno sempre più rapidamente abbandonando il terreno della politica in modo a dir poco preoccupante) e tra questi l'esempio cardine, unico ed insostituibile nonché, per il momento, inarrivabile ed ineguagliabile è quello costituito da Daniel Barenboim. Infine arriva un'ultima categoria di veri e propri extraterrestri (che, se va bene, si possono forse contare sulle dita di una mano) ovvero i direttori d'orchestra che sono musicisti puri a trecentosessanta gradi punto e basta e tra questi la palma d'onore va senza dubbio conferita ad Antonio Pappano, alla base pianista e pianista accompagnatore (per tutta la vita come il padre sempre al completo ed assoluto servizio dei cantanti) che oltretutto ha commesso la vera e propria “follia” di sposare un'altra pianista e pianista accompagnatrice ovvero l'americana Pamela Bullock. Le radici di Antonio Pappano affondano in provincia di Benevento ed i nonni erano contadini provenienti da quelle terre : un altro suo grande merito e sfida vinta pienamente (su cui oggi, a nostro avviso, non si riflette ancora abbastanza) è stata quella di mantenere orgogliosamente il suo nome di famiglia (e di non cambiarlo per ragioni di “marketing”). Quando Antonio Pappano arrivò alla Scala parte del  non numerosissimo pubblico (composto per lo più da professionisti del settore) si poneva dei seri interrogativi guardando la locandina ed ovviamente in pochissimi sapevano che questo giovane ragazzo (quasi un nuovo Adamo che passa dal Belgio all'Italia,anche se il settore musicale è completamente diverso) per sei anni ,dal 1986,  era stato assistente di Daniel Barenboim a Bayreuth ed ancora oggi abbiamo ben presente il senso di bonaria ilarità e simpatia sul volto di alcuni giornalisti tedeschi quando Wolfgang Wagner pronunciò (molto  seriamente e con solennità) il suo nome in una conferenza stampa a Bayreuth in vista del “Lohengrin” che diresse memorabilmente e con una cantabilità pienamente italiana (degna del Wagner di Toscanini, un altro dei suoi grandi maestri e punti di riferimento artistici) nel 1999 al Festspielhaus di Bayreuth in un anno intermedio senza “Ring” in cui erano ugualmente in programma (e che noi abbiamo avuto il grande onore di potere ascoltare) : “Die Meistersinger von Nurnberg” e “Tristan und Isolde” diretti entrambi da Daniel Barenboim ,la cui esecuzione ed interpretazione  non potremo mai dimenticare per tutto il resto della nostra vita, ed il “Parsifal” mistico, inconsueto ed al di fuori di tutti gli schemi del defunto ed amato Giuseppe Sinopoli . Ma Antonio Pappano oltre che grande interprete del repertorio italiano (la sua “Tosca” di Giacomo Puccini con Angela Gheorghiu e Roberto Alagna, che è diventata anche un film di grande successo a livello mondiale di Benoit Jacquot, rimarrà sicuramente nella storia dell'interpretazione di questo capolavoro della storia della musica e non solo), di quello wagneriano (e di molto altro ancora) è anche un grande interprete straussiano avendo studiato da giovanissimo negli Stati Uniti direzione e composizione con Arnold Franchetti, figlio di Alberto Franchetti (nella foto) che fu allievo di Richard Strauss(foto in alto) e ben conosciuto e stimato anche da Giacomo Puccini. Ed una prova e dimostrazione (anche se molto rapida ed estemporanea) ce l'ha offerta nel concerto di ritorno al Teatro alla Scala dove in un programma interamente straussiano a corrente molto alternata si andava dalle bizzarrie del poema sinfonico “Till Eulenspiegels lustige Streiche” op. 28, la cui verve dinamica e ritmica (nonché timbrica) spesso giocosamente aspra è stata perfettamente restituita sia dall'orchestra che dal gesto e dall'impulso deciso del direttore, al finale da “Capriccio”, ultimo ed estremo titolo operistico del catalogo straussiano dove la sala è stata riempita dal calore vellutato ed argenteo della voce del celebre soprano americano Renée Fleming (foto in alto, nella prima parte  del concerto. Nella seconda si proseguiva in perfetta sintonia con i “Vier letze Lieder” (su testi di Hermann Hesse e Joseph von Eichendorff) ovvero “Fruhling”, “September”, “Beim Schlafengehen” e “Im Abendrot”, in cui cui la malinconia del tramonto aveva colori crepuscolari e non funerei , per terminare, in un repentino cambio di atmosfera con la “Prima serie di walzer” da “Der Rosenkavalier”composta subito dopo la seconda guerra mondiale ,nel 1946 (e diretta per la prima volta a Londra, il 4 agosto dello stesso anno, da Erich Leinsdorf), quando il grande compositore tedesco non possedeva nemmeno più la sua villa di Garmisch (poi  restituitagli)e che a differenza della più celebre Seconda serie (composta nel 1911 nonostante la denominazione) possiede delle interessantissime asperità e spigolature, tra cui un memorabile“Ohne mich, ohne mich” del Barone von Ochs affidato al contrabbasso, un'agogica ed un'esposizione dei temi intelligentemente irregolari che sono state rese con grande maestria sia dall'Orchestra di Santa Cecilia che, nonostante la sua perfetta e pura italianità, possiede anche un invidiabile ed unico suono “tedesco” e comunque di grande nitore e pulizia in tutte le sue sezioni, che dal nostro grande Maestro Antonio Pappano il quale al termine dell'esecuzione è stato letteralmente sommerso da interminabili ovazioni da parte di un pubblico numerosissimo, attento e molto preparato. Non ci resta a questo punto che aspettare con ansia e trepidazione  il ritorno di Antonio Pappano, speriamo il più presto possibile, alla testa dei complessi scaligeri . 

   30 ottobre 2006                                     Giacomo Di Vittorio

Ascanio in Alba alla Scala 

Nell’ottobre 1771, in occasione del matrimonio dell’arciduca Ferdinando d’Austria, figlio di Maria Teresa, con la principessa Maria Beatrice d’Este, fu dato con grande successo al Regio Teatro Ducale di Milano – sede opportuna perchè Ferdinando diventava, il giorno stesso delle nozze, governatore della Lombardia -  il lavoro commissionato dalla stessa imperatrice, qualche mese prima, al giovanissimo Mozart. Si trattava di una “serenata drammatica” o “festa teatrale”, in due parti,  composizione che tradizionalmente si associava a sposalizi illustri o altre celebrazioni. L’anno prima Mozart, a soli quattordici anni, aveva già suscitato entusiasmo  nella corte con l’opera “Mitridate, re di Ponto”. Gli fu dunque affidato un libretto scritto da Giuseppe Parini e, in poco più di un mese, completò le musiche, componendo anche i balli. “E’ noto che Ascanio, celebre figliuolo d’Enea, andò, per ragioni di stato, ad abitare in una deliziosa contrada dell’antico Lazio; vi edificò una Città, a cui diede il nome d’Alba; vi prese moglie; vi governò un popolo, e diede origine agli Albani (…) Su quelli e simili fondamenti storici e poetici si dà luogo alla Favola allegorica della seguente rappresentazione…” (dal libretto del 1771). Si tratta proprio di una favola leggera e simbolica, ispirata al mito di Ascanio-Cupido, figlio di Venere, che sceglie come sposa una ninfa, Silvia, già innamorata di lui senza saperlo; e intorno i personaggi sono quelli di un quadro del Settecento, i pastori con le pecore e gli arieti, i geni dei boschi, putti alati, fanciulle. E nel nuovo allestimento con l’ottima regia di Franco Ripa di Meana, le originali scene di Edoardo Sanchi e i costumi di Carla Teti, l’atmosfera settecentesca viene richiamata e mescolata sapientemente all’arte contemporanea: sembrano quasi “installazioni” il pendolo gigante, il dipinto con la pecora in rilievo e l’abat-jour, il cerchio colorato come tiro a segno, il letto barocco che scende dall’alto. Al termine della prima parte, quando Venere sceglie il luogo in cui sorgerà Alba, ecco che questa diventa invece la nuova Scala: e scorrono davanti agli spettatori, come un documentario, le grandi immagini dei lavori di rifacimento del teatro compiuti negli anni 2002-2004. L’idea di utilizzare questa scena come spunto per una sorta di “osanna” alla Scala colpisce il pubblico, che mostra di apprezzarla con ripetuti applausi. E se si pensa che il Teatro fu costruito nel 1778, a poco più di due anni dall’incendio che distrusse il Regio Ducale, e a sette anni dalla prima di Ascanio in Alba, la sostituzione appare ancora più indovinata.  Il riferimento alla società attuale, a mio parere indispensabile per non lasciare l’opera troppo lontana dai nostri gusti e dal nostro tempo, è portato anche alla conclusione, quando Venere, dopo aver cantato, rivolta agli sposi, “La stirpe degli Dei, più che al suo bene, pensa all’altrui”, evoca l’immagine del popolo che Ascanio governerà con saggezza e che si concretizzerà nel Coro finale: un coro costituito non più da pastori e pastorelle ma da operai, poliziotti, vigili, impiegati…  Davvero apprezzabili le voci dei soprani Eleonore Marguerre,  (nella foto a sinistra, Venere) e Nino Machaidze (Silvia), e del mezzosoprano Ann Hallenberg (nella foto, Ascanio); un po’ debole quella del tenore Tiberius Simu  (Aceste). Convincente il coro dell’As.Li.Co di Milano e ottima la direzione del quarantenne Giovanni Antonini (nella foto in alto), tra i fondatori dell’ensemble "Giardino Armonico". Molti gli applausi a scena aperta. Repliche il 31 ottobre, il 2 e il 4 novembre. 

30 ottobre 2006           A. Busca

Vladimir Fedoseyev dirige "Ein Deutsches Requiem" di Johannes Brahms all'Auditorium di Milano

Il grande direttore russo Vladimir Fedoseyev (nella foto)è salito lo scorso 26 ottobre sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Milano per dirigere niente meno che “Ein Deutsches Requiem” di Johannes Brahms. Come è noto l'opera fu composta nel 1866 tra Winthertur, Zurigo e Baden Baden e risente fortemente ancora della perdita del grande maestro Robert Schumann da un lato e del lutto familiare e privato per il recente decesso della madre dall'altro. Tuttavia, come è noto, l'atmosfera di “Ein Deutsches Requiem” è ben lontana dal senso di colpa e punizione della liturgia cattolica che culmina nel “Dies irae”. Nonostante ciò molti direttori vanno ugualmente in questa direzione e persino il grande Jorge Luis Borges, nella foto in basso, (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986), che pur ben conosceva la religione protestante, nell' epilogo dell'“Aleph” (del 1949) scrive : “Durante l'ultima guerra nessuno ha potuto desiderare più di me che la Germania fosse sconfitta; nessuno ha potuto sentire più di me la tragedia del destino tedesco; “Ein Deutsches Requiem” vuole intendere tale destino”. Il nostro Massimo Mila l'aveva ben capito invece scrivendo nel 1994:  “Il testo del “Deutsches Requiem”, scelto con accurate ricerche, esclude la minaccia della pena eterna, che possa impregnarlo dogmaticamente. Non si fa mai il nome di Cristo. Si rivolge indistintamente a tutti i credenti o, meglio ancora, a tutti gli uomini di buona volontà cui porta una voce di consolazione e – si potrebbe dire – di assuefazione all'idea della morte. La scelta linguistica del volgare accentua questo carattere di religiosità laica, radicato nel vecchio lievito eretico e riformatore della Germania luterana (...). Questa malinconica elegia, intessuta di versetti biblici accortamente combinati, è uno dei più coraggiosi interrogativi  che l'uomo si sia posto sul suo destino. Vorrebbe superare il terrore della morte, ed effettivamente lo supera, ma solo per approdare in seno alla malinconica serenità della rassegnazione. Consolazione è l'essenza del Requiem brahmsiano. “Ein Deutsches Requiem” è questo : un gigantesco biglietto di condoglianze vergato col sovrano magistero musicale d'un Brahms che cominciava proprio allora a recedere dalle più facili lusinghe del romanticismo e a fare i conti  con un augusto passato musicale affondante le sue radici sino a Bach e Schutz . “In funeribus temperat planctus – diceva della musica un commentatore mdedievale di Dante – ita quod causa flendi fit dulcior cum quodam cantico".  D'altra parte “Ein Deutsches Requiem” inizia in questo modo : “Beati gli afflitti perchè saranno consolati. Chi semina nelle lacrime  mieterà con giubilo . Parte piangendo chi porta con sé la semente ma torna nel guibilo recando i suoi covoni . Siate dunque pazienti ,fratelli , sino alla venuta del Signore. Guardate il contadino che aspetta paziente il prezioso frutto della terra che nasce attraverso le piogge invernali e primaverili. I riscattati dal Signore ritorneranno e verranno a Sion con giubilo: la gioia eterna brillerà sul loro capo ; la gioia e la felicità li seguiranno, la tristezza e il pianto fuggiranno”. Allora quale vera gioia per noi ascoltare finalmente un “Ein Deutsches Requiem” di grande leggerezza, levità, misteriosa soavità e grande malinconia che emanava dall'orchestra e dal coro per poi smaterializzarsi ma penetrando nella mente e nello spirito degli ascoltatori. Per una operazione di questo tipo era assolutamente necessaria la bacchetta di Vladimir Fedoseyev in bilico tra le misteriose radici della Russia più profonda ed arcaica da un lato ma da lunghissimo tempo formatosi a Vienna ed in Austria divenendo quasi cittadino austriaco d'adozione, anche se la vera cittadinanza politica non gli è stata ancora attribuita malgrado le più alte decorazioni e premi ricevuti dalle più prestigiose istituzioni della Repubblica Austriaca. In questo senso la collaborazione dell'Orchestra Sinfonica di Milano, come al solito in forma smagliante, ed in particolare del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi sotto la direzione di Erina Gambarini e Ruben Jais sono stati determinanti e decisivi. Ottimi anche i due solisti ovvero l'eterea soprano russa Irina  Dubrovskaya  ed il baritono austriaco Benno Schollum. Il numeroso pubblico presente è stato completamente compenetrato da questo Requiem consolatorio brahmsiano restando estasiato ed appagato ma abbandonando la sala con gioia interiore e pacificazione e non dando sfogo ad un giubilo eccessivo che sarebbe stato non pertinente ed inappropriato. 

28 ottobre 2006                              Giacomo Di Vittorio

Milano Musica con composizioni spagnole e messicane in Conservatorio 

Domenica 29 ottobre 2006 alle ore 20.30 per la rassegna Milano Musica nella Sala Puccini del Conservatorio “G.Verdi”  di Milano verranno eseguiti brani di musica contemporanea spagnola e messicana dalla Dynamis Ensemble diretta da Javier Torres Maldonado (nella foto),  con Carlo Chiarappa, violino,  Armand Angster, clarinetto basso, Candida Felici, clavicembalo. Il programma prevede composizioni di: Luis de Pablo (1930) Dibujos (1979) per flauto, clarinetto, violino e violoncello; Alberto Posadas (1967) Sínolon (2000) per clarinetto solo Prima esecuzione in Italia;  Silvestre Revueltas (1899-1940) Tres Piezas, per violino e pianoforte (1932);  Javier Torres Maldonado (1968) Orior, per pianoforte solo (1997)  De ignoto cantu (2004) per ensemble ed elettronica; Manuel de Falla (1876-1946) Concerto per clavicembalo e cinque strumenti (1928);  Mauricio Vázquez (1970) Tombeau, per quattro strumentisti ed elettronica (2006) Prima esecuzione assoluta; Javier Torres Maldonado (1968) The Unexpected Clock in the Mirrors (2005) per violino, clarinetto basso e ensemble Prima esecuzione in Italia. In collaborazione con RAI – Radio Tre  In collaborazione con Secretaría de Relaciones Exteriores (Ministero degli Affari Esteri del Messico);  Ambasciata del Messico in Italia  Consolato Generale del Messico a Milano  Conaculta – Fonca (Consejo Nacional para la Cultura y las Artes – Fondo Nacional para la Cultura y las Artes)  

27 ottobre        la redazione

La violoncellista Sol Gabetta per la Società del Quartetto 

La venticinquenne violoncellista argentina Sol Gabetta (nella foto) ha suonato per la prima volta a Milano in Conservatorio per la Società del Quartetto accompagnata dal pianista finlandese Henri Sigfridsson (nella foto). Il programma particolarmente coraggioso prevedeva la Sonata n°1 in sol magg Bwv 1027 di J.S.Bach, la Sonata in sol min. op.5 n°2 di L.v. Beethoven e dopo l’intervallo, la  Sonata n°2 in re magg. op.58 di F.Mendelssohn-Bartholdy, di rara esecuzione, e una trascrizione per violoncello dall’originale per clarinetto delle Fantasiestüke op.73 di di Robert Schumann. I due giovani interpreti hanno mostrato una sintonia perfetta con spessore interpretativo di alto livello. Dal clima barocco  con sonorità pre-classiche  di Bach – l’uso del violoncello e del pianoforte in sostituzione degli strumenti originali viola da gamba e clavicembalo accentua la sonorità classica -  si è passati ad un giovane ma maturo Beethoven, per arrivare al romanticismo di Mendelssohn nella brillante Sonata eseguita con alcuni movimenti particolarmente rapidi,  ed in fine al romanticismo schumaniano che in alcuni momenti delle Fantasiestüke  anticipa il tardo-Ottocento. Suono dinamicamente molto curato per una violoncellista che per le naturali qualità interpretative farà molto parlare di sé. Successo di pubblico e uno splendido bis con un movimento da una sonata di Rackmaninov. 

25 ottobre        Cesare Guzzardella

John Eliot Gardiner ritorna al Teatro alla Scala con Claude Debussy e Hector Berlioz

Lo scorso 23 ottobre John Eliot Gardiner (nella foto) è ritornato al Teatro alla Scala questa volta impaginando un ideale programma perfettamente strutturato: nella prima parte del concerto in apertura avevamo il poema lirico per voci soliste, coro femminile ed orchestra “La Demoiselle élue” del giovane venticinquenne Claude Debussy , composto nel 1887 sui versi di “The Blessed Damozel” del grande  poeta e pittore preraffaellita Dante Gabriele Rossetti (Londra, 12 maggio 1828 – Birchington, 10 aprile 1882) tradotti in francese con il titolo di “La Demoiselle élue” da Gabriel Sarrazin e magnificamente interpretato oltre che da coro ed orchestra in particolare dalle due voci soliste ovvero la superba soprano francese Marie Devellereau, nella foto a lato, (di cui sarebbe un vero sogno poter ascoltare nella stessa sala del Teatro alla Scala uno dei suoi funanbolici e spassosi recitals che sono anche vere e proprie lezioni di teatro) e la soprano italiana Manuela Custer. A seguire la rara scena lirica “Cléopatre” di Hector Berlioz(nella foto) su versi di P.A. Vieillard composta nel 1829 in vista del Prix de Rome poi conquistato nel 1830 ed interpretata nel modo che potevamo ben immaginare dal nostro superlativo soprano Anna Caterina Antonacci (nella foto), prestazione ricompensata da grandi ovazioni all'artista , all'orchestra ed al direttore . Nella seconda parte del programma si arrivava finalmente con logica conseguenza al mistero del capolavoro costituito dalla “Symphonie  fantastique” (épisode de la vie d'un artiste) op. 14 composto nello stesso 1830 e in cui , come è noto, si va dalle iniziali “Reveries – Passions” a “Un bal” sino ad arrivare alla “Scène aux champs”  per poi culminare con la “Marche au supplice” ed infine rappresentare quella vera e propria vittoria  quasi mefistofelica sulla morte costituita dal “Songe d'une nuit du Sabbat” con la citazione del “Dies irae” in un tenebroso (ma  appunto vittorioso) tutti orchestrale . Sir John Eliot Gardiner, il mitico fondatore dell' “Orchestre Révolutionnaire et Romantique” non solo ha posto le sei arpe previste in partitura in prima fila con un gesto di rara eleganza estetica ma allo stesso tempo pienamente giustificato musicalmente ma ha appunto propulso a tutta la partitura, in perfetta sintonia con l'orchestra, tutta la sua forza visionaria e rivoluzionaria in un progressivo e ben calcolato crescendo che letteralmente esplodeva nei due celebri movimenti finali in cui siamo stati sorpresi dalla pulizia di suono di tutte le sezioni orchestrali unita ad una perfetta coordinazione  ritmica e dinamica. Il numeroso pubblico presente ha ben risposto decretando un vivo successo  a tutti gli artisti ma non lasciandosi coinvolgere (per il momento) dai loro intenti rivoluzionari. 

   25 ottobre 2006                             Giacomo Di Vittorio

José van Dam ritorna al Teatro alla Scala

Il grande e mitico basso – baritono belga José van Dam (nella foto) è ritornato lo scorso 22 ottobre dopo una lunga assenza (se si considerano i recitals di canto) ed una vera e propria scomparsa per quanto riguarda il teatro lirico, al Teatro alla Scala, niente meno che per proporci l'intero ciclo schubertiano della “Winterreise” su testi di Wilhelm Muller, arduo traguardo che  pochissimi cantanti possono permettersi di superare. All'interno della “Winterreise” è contenuto  il celebre Lied “Der Lindenbaum” che per  Hans Castorp, il protagonista di “Der Zauberberg” di Thomas Mann (nella foto), conteneva tutto un mondo (analogamente a quello che Adorno diceva delle sinfonie di Gustav Mahler), in realtà il volto della nostalgia, del lutto e della perdita di un mondo definitivamente scomparso (sia dal punto di vista esteriore che interiore) che percorre tutto l'immortale ciclo liederistico, dall'iniziale “Gute Nacht” (con cui il ciclo potrebbe teoricamente iniziare e finire) ad “Erstarrung” e “Irrlicht”, da “Einsamkeit” e “Die Post”, a “Letze Hoffnung” e “Tauschung” sino ad arrivare alla desolazione pietrificata di “Der Leiermann” . Ora José van Dam ha percorso tutto il “tragitto” dall'inizio al termine con grande coerenza stilistica ed espressiva, possedendo ancora la forza di proporci integralmente e senza alcuna pausa l'intero ciclo schubertiano, ma appunto interamente velato di una costante nostalgia e malinconia che volge infine alla desolazione. Il tutto con tecniche  sia vocali che interpretative da vero liederista, nonostante la sua formazione principalmente di cantante di teatro lirico. Al pianoforte Roberto Giordano è stato un ottimo accompagnatore. Un percorso ed una serata indimenticabile per il pubblico presente che però, a nostro avviso, è rimasto in parte eccessivamente freddo ed apatico al momento del commiato che giustamente non è stato ulteriormente coronato da bis o encores. 

 24 ottobre 2006                                   Giacomo Di Vittorio

Josep Caballé - Domenech ritona con Enrico Dindo all'Auditorium di Milano

Lo scorso 19 ottobre Josep Caballé – Domenech(nella foto) è ritornato sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi impaginando un programma di grande originalità ed interesse composto in apertura dall'ouverture spagnola n. 2 “Notte a Madrid” di Michail Glinka magnificamente eseguita ed interpretata in tutti i suoi colori e la sua grande varietà timbrico – armonica. Con un brusco sbalzo temporale ed un radicale cambiamento di atmosfera si passava al celebre Concerto n. 1 per violoncello e orchestra in mi bemolle maggiore op. 107 di Shostakovich del 1959 che è stato intepretato con grande abilità tecnica , intelligenza musicale  ed  ardore dinamico e ritmico da Enrico Dindo (nella foto) per cui questa partitura costituisce un vero e proprio cavallo di battaglia su cui si può salire ad occhi chiusi. Nella seconda parte altro totale brusco sbalzo questa volta leggermente indietro andando  alla celebre suite “The Planets” op.32 (del 1920) per grande orchestra del  compositore inglese Gustav Holst, nella foto, (Cheltenbam, 21 settembre 1874 – Londra, 25 maggio 1934) che al grande pubblico è conosciuto quasi unicamente per questa partitura composta esattamente come i pianeti di sette parti (1 Marte, portatore di guerra 2 Venere, portatore di pace 3 Mercurio, messaggero alato 4 Giove, messaggero di allegria 5 Saturno, messaggero di vecchiaia 6 Urano, il magico 7 Nettuno, il mistico,  in cui abbiamo anche la presenza di un coro femminile ugualmente rintracciabile nell'opera “Savitri” del 1908 ) . Gustav Holst si interessò lungo tutto il corso della sua vita alla filosofia indiana ma l'interesse per l'astrologia nacque in particolare in occasione di un viaggio in Spagna nel 1912  grazie all'amico compositore Clifford Bax che lo orientò in  questo senso , ma anche del tutto spontaneamente durante le sue paggeggiate a Girona, in Catalogna. “The Planets” risente in particolare dell'evidente influenza wagneriana disponendo allo stesso tempo di uno stile e di un'impronta del tutto originale ed inimitabile, ravvisabile in particolare in Venere e nell'indimenticabile finale con coro femminile dedicato a Nettuno. Josep Caballé – Domenech si è dimostrato pienamente all'altezza della partitura insieme all'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi che si è strettamente tenuta alle sue intenzioni (in perfetta sintonia anche con il coro femminile finale) componendo una serata ed un programma del tutto eclettico , inusuale ed originale ma che , come si può ben immaginare, ha avuto un positivo e caloroso riscontro da parte del numeroso pubblico presente . Ultima replica domenica alle ore 16. 

21 ottobre 2006                                   Giacomo Di Vittorio

Un “nuovo” Don Giovanni per il Teatro alla Scala 

Il Don Giovanni di Mozart è tornato alla Scala, dopo sette anni di assenza, in un nuovo allestimento in co-produzione con la Staatsoper Unter den Linden di Berlino, dopo il lungo periodo, dal 1987 al 1999, in cui la coppia Muti-Strehler realizzava quella che viene considerata da tutti come  una delle più riuscite messinscene.  Sul podio dell’orchestra scaligera  il giovanissimo Gustavo Dudamel (nella foto) con entusiasmo, determinazione e pieno rispetto della compagine canora, ha diretto a memoria la celebre partitura in un’efficace interpretazione in cui l’equilibrio delle parti vocali e strumentali è risultato vincente. Nella terza rappresentazione il cast vocale ci è sembrato di ottima fattura con eccellenze nelle voci di Carlos Ălvarez (nella foto di M.Brescia), un Don Giovanni dall’apparenza fisica non certo raffinata, ma con voce sempre tonda , chiara e intensa, e di Monica Bacelli( foto di M. Brescia), una Donna Elvira energica con voce e movenze drammaticamente rilevanti. Ottimi anche Francesco Meli, un  Don Ottavio particolarmente morbido e aggraziato, Anna Samuil,  Donna Anna con voce intensamente pura, Ildebrando D’Arcangelo, Leporello scherzoso ma timbricamente robusto. Bravi anche Veronica Canzemi, Zerlina, Alex Esposito, Masetto e Attila Jun, il Commendatore. La novità di questa edizione è rappresentata soprattutto dalla regia e dalle scene molto semplici ed essenziali- due grossi parallelepipedi si muovono sul palco determinando di volta in volta gli spazi scenici per cantanti e comparse -  di Peter Mussbach, in consonanza con i costumi di Andrea Schmidt-Futterer. Dalla prima rappresentazione, la regia, le scene e i costumi, ambientati ai giorni nostri, hanno destato perplessità a mio avviso non motivate:  l’allestimento essenziale  sottolinea anzi maggiormente  la capacità recitativa dei cantanti . L’ottima regia di Mussbach pone infatti il pubblico di fronte all’osservazione interpretativa dei singoli attori-cantanti, qui particolarmente rilevanti nei recitativi, e annulla gi effetti scenici di maniera, spesso distraenti o solo di contorno che spesso hanno le scelte tradizionali di ambientazione storica. Gli elementi di sintesi e simbolici – la Vespa con la quale entra ed esce di scena Donna Elvira , come metafora della rapidità di conquista di Don Giovanni -  che la regia impone, tendono a dare maggiore unità alle parti costituenti l’opera teatrale. Il pubblico ha saputo apprezzare il “nuovo” Don Giovanni tributando ai protagonisti calorosi applausi. Repliche il 21, 28,30 ottobre e il 3,5,7,10,12 novembre. 

20-10 2006    Cesare Guzzardella         ce.guzz@tiscali.it


Il Quartetto Keller e Hiromi Kikuchi per Milano Musica 

Domenica 22 ottobre 2006 alle ore 20.30  all’Auditorium di Milano per la rassegna di Milano Musica, dedicata alla musica contemporanea,  il violinista Hiromi Kikuchi e il Quartetto Keller con  András Keller, violino, János Pilz, violino, Zoltán Gál, viola, Judit Szabó, violoncello  in collaborazione con l'Associazione Amici di Paganini di Genova eseguiranno musiche di György Kurtág, nella foto, (1926) (Hipartita op. 43 e 6 Moments musicaux op. 44)  e Franz Schubert (1797-1828) ( Quartetto in la minore op. 29 n.1 D.804) All'inizio della seconda parte del concerto György e Márta Kurtág eseguiranno alcune composizioni da Játékok di Kurtág  e trascrizioni di musiche di J.S.Bach per pianoforte a quattro mani. Il concerto verrà trasmesso in diretta su Radio Rai3.

        20 ottobre         la redazione

Consiglio di Amministrazione allargato per il  Teatro alla Scala 

Oggi il Consiglio di Amministrazione del Teatro alla Scala, ricevuto il parere favorevole dell’Assemblea dei Fondatori, sotto la Presidenza del Sindaco Letizia Moratti ha approvato all’unanimità importanti modifiche allo Statuto della Fondazione.  Oltre a un riassetto delle norme che regolano la partecipazione dei Soci all’Assemblea, è stato approvato l’aumento del numero dei consiglieri da sette a nove. Il testo del nuovo Statuto, già profondamente discusso insieme al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, torna al Ministero per la finale ratifica, prevista in tempi brevi. Con questa modifica dello Statuto, la Provincia potrà entrare a pieno titolo nel Consiglio di Amministrazione e così partecipare al governo della Fondazione Teatro alla Scala con un suo rappresentante.Il nono consigliere, di nomina governativa, sarà indicato dal Ministro Francesco Rutelli non appena il nuovo Statuto entrerà in vigore. Il Presidente Letizia Moratti ha ringraziato il Vicepresidente Bruno Ermolli, l’avvocato Vittorio Ripa di Meana e il Sovrintendente Stéphane Lissner (nella foto) per il lavoro svolto nella delicata elaborazione del nuovo testo. 

Milano, 19 ottobre 2006 

Mikhail Lidsky per le Serate Musicali 

Il pianista moscovita Mikhail Lidsky(nella foto) e l’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Andrea Raffanini hanno interpretato un programma interamente dedicato a Robert Schumann presso la Sala Verdi del Conservatorio milanese. In programma il notissimo Concerto in la min. op.54, recentemente ascoltato con la Verdi in Auditorium, e i meno eseguiti Konzertstück in sol magg. op.92, e l’Introduzione e Allegro da concerto in re min. op.134, questi ultimi anticipati da una opera postuma di rara esecuzione e cioè l’Ouverture Hermann und Dorothea. Ottima l’interpretazione  di Lidsky all’insegna della delicatezza espressiva, dalle sonorità mai eccessive anche nel rilevante Finale dell’op. 54. L’Orchestra veneta ben diretta da Raffanini si è dimostrata all’altezza della situazione evidenziando timbri morbidi e trasparenti in sintonia con la pacatezza del pianista. 

17 ottobre 2006        Cesare Guzzardella 

Celebrazioni Toscaniniane alla Scala

Mercoledì 18 ottobre 2006 alla ore 11.30 nel  Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini” del Teatro alla Scala si terrà una conferenza stampa per la presentazione delle “Celebrazioni Toscaniniane”. Interverranno Stéphane Lissner, Sovrintendente e Direttore Artistico del Teatro alla Scala, Emanuela Castelbarco, nipote del M° Arturo Toscanini e Maurizio Roi, Presidente della Fondazione Arturo Toscanini. 

17 ottobre      la  Redazione

Marko Letonja ritorna all'Auditorium di Milano con l'Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi 

Il giovane e preparato direttore d'orchestra sloveno Marko Letonja (nella foto)è ritornato lo scorso 14 ottobre sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Milano impaginando un programma di grande intelligenza ed originalità in cui si andava dalle Deutsche Tanze D 820 (opera postuma) di Franz Schubert trascritte con grande leggerezza e maestria da Anton Webern al celeberrimo ed unico nonché inimitabile “Concerto in la minore” per pianoforte e orchestra op. 54 di Robert Schumann accompagnato con grande cura e precisione sia dal direttore che dall'orchestra ed interpretato dal grande  pianista Benedetto Lupo (nella foto) che ci ha offerto ancora una volta una prestazione memorabile in cui si procedeva  in  una vertiginosa (anche se progressiva e palpabile solo nella durata) ascesa sia dal punto di vista tecnico – formale che interpretativo . In questo senso Benedetto Lupo è uno dei nostri più preparati e prestigiosi pianisti che in tutti sensi meriterebbe più spazio ed ascolto . Un bis ugualmente schumaniano ha coperto e frenato le ovazioni del pubblico . Nella seconda parte del concerto si cambiava totalmente atmosfera con in apertura una vera e propria rarità quale la “Canzone a tre cori” di Giovanni Gabrieli trascritta da Bruno Maderna per infine arrivare al “Sacre du printemps” di Igor Strawinski ... 

  ..continua....

15 ottobre 2006                           Giacomo Di Vittorio

Il periodico trimestrale: ¡la Guitarra! 

E’ uscito recentemente il secondo numero de  ¡la Guitarra!”, periodico trimestrale pubblicato dall’Ateneo della Chitarra; la rivista dedica una parte alla didattica e  interpretazione (in questo numero l’articolo è sulle Variazioni su un tema del “Flauto Magico” di Mozart  di F. Sor) , dove vengono analizzate la diteggiatura e a grandi linee la dinamica e la timbrica del brano. Nel numero precedente venivano presi in esame due studi di Sor e lo studio nr 1 di H. Villa Lobos. Una  sezione della rivista è invece dedicata  ai docenti di chitarra dei Conservatori di Musica, di Milano e Como nel primo numero e di Roma nel secondo: gli insegnanti rispondono a vari quesiti proposti attinenti ai corsi. Segue una parte che tratta della didattica all’estero; in entrambi i numeri si parla dell’insegnamento della chitarra in Francia, con particolare riferimento alla struttura e ai programmi dei corsi presso le scuole e i Conservatori di Musica. Molto interessante è anche la parte di liuteria, dove vengono prese in considerazione alcune chitarre di liutai: Antonio Emilio Pascal e Roberto De Miranda. L’analisi è piuttosto dettagliata, con tanto di scheda tecnica allegata. Nel secondo numero è allegato anche un DVD con il concerto del duo di chitarre Mela/Micheli tenutosi presso la Palazzina Liberty nel marzo 2006. Sarebbe interessante dedicare uno spazio maggiore nella rubrica degli approfondimenti. Il taglio della rivista non è eccessivamente tecnico e complessivamente essa  si presta per essere letta non solo agli addetti ai lavori, ma anche al pubblico più vasto degli appassionati e naturalmente per coloro che studiano lo strumento.  

 15  ottobre      Alberto Cipriani

Alfred Brendel inaugura la Stagione della  Società del Quartetto 

 Ogni volta che si ascolta Brendel (foto di Vico Chamla) si rimane stupefatti per la lucidità che traspare in ogni sequenza musicale  permeata di nitidi e solari sonorità immediatamente riconoscibili nel suo inconfondibile stile interpretativo. Il repertorio di Brendel è vasto, ma le scelte di programma, come nel concerto ascoltato in  Conservatorio  ad inaugurazione  della Stagione del “Quartetto”, sono spesso incentrate sui classici tedeschi. Nella serata in Sala Verdi dedicata a Maria Teresa Bazzi (1905-2006) consigliere e vice presidente della Società del Quartetto dal 1949 al 2000, Brendel ha proposto musiche di Bach, Haydn, Mozart e Schubert. Nella prima parte abbiamo  ascoltato un intenso  Preludio Corale “Nun komm, der Heiden Heiland” Bwv 659 di J.S.Bach nella trascrizione di Ferruccio Busoni, quindi di Franz Joseph Haydn la Sonata in re magg. Hob. 42 e al termine la Sonata n°20 in sol magg. op.78 D894 “Fantaisie”  di Franz Schubert. Dopo l’intervallo il  Mozart della Fantasia in do min. K.475 e del Rondò in la min. K511 e ancora Haydn con la più matura Sonata in do magg. Hob.50. Momenti di grande coinvolgimento nell’ascoltare il delizioso Haydn delle due sonate, che mostrano come la musica sia anche gioia e divertimento – incredibile la mimica divertita di Brendel nel finale della Sonata in do maggiore - ma anche di tensione emotiva nella Fantasia mozartiana e nel "brendeliano" Schubert, con il delizioso Allegretto finale che sposta l’impegno dei primi due movimenti della “Fantaisie” in una  dimensione più spensierata e serena. Prelibatezze sonore di classe ed eleganza  per il grande Brendel che al termine del programma ha concesso anche un corposo bis con l’Andante cantabile della Sonata K310 di Amadeus Mozart. Strepitoso successo in una sala al completo. 

11 ottobre  2006       Cesare Guzzardella

Felicity Lott e Ann Murray ritornano al Teatro alla Scala

La celebre soprano inglese Felicity Lott (nella foto) è ritornata al Teatro alla Scala lo scorso 8 ottobre questa volta in compagnia del mezzosoprano irlandese Ann Murray (foto sotto). L'ultima volta che abbiamo avuto il grande onore di ascoltare un recital di Felicity Lott è stato lo scorso anno al Festival di Mentone nel suo memorabile “Fallen Woman And Virtuos Wives”. Congratulandoci al termine del concerto con la grande artista e nel dare l'arrivederci al Teatro alla Scala, con il suo inimitabile ed ineguagliabile humor, Felicity Lott ci disse: “Oui, bien sur, mais la bas ça sera beaucoup plus serieux...”. Per quanto riguarda il pubblico presente non avevamo alcun dubbio , per quanto riguarda il programma scelto era solo in parte vero in quanto in questo caso nella prima parte si andava da Claudio Monteverdi ad un ampio, nutrito, ottimamente recitato e cantato da entrambe le artiste, florilegio schumaniano di notevole impegno anche per lo stesso pubblico ( in ragione  non da ultimo della rarità dell'accostamento degli interpreti e del repertorio). Nella seconda parte invece si andava da Wolfgang Amadeus Mozart a Charles Gounod in cui l'atmosfera cominciava già a cambiare anche in ragione dei bellissimi testi di Jean Racine e Théophile Gautier sino ad arrivare al vero e proprio exploit finale costituito da un intreccio di “Péchés de vieillesse” e “Soirées musicales” di Gioacchino Rossini. Ma era qui, terminato il recital, che l'atmosfera si è realmente surriscaldata con gli inaspettati bis in cui si andava da un sobrio Saint – Saens sino a due must del repertorio quali il “Duo des Chats” e la “Regata veneziana” dello stesso Rossini. Inutile dire che l'interpretazione sia dal punto di vista vocale che, soprattutto recitativo e teatrale con gags ed improvvise apparizioni , sparizioni e sorprese nonché un nuovo stravagante look per Felicity Lott con tanto di rosa rossa all'occhiello della giacca, è stata in entrambi i casi straordinaria con il pubblico finalmente in sano quasi delirio e richiesta continua di nuovi encores . Una vera e propria lezione di stile, di canto e di recitazione. Al pianoforte Graham Johnson è stato quel grande maestro di accompagnamento sobrio ed elegante di sempre . Vorremmo ricordare infine, non possiamo non farlo a costo di intristire questa notizia, che Felicity Lott è stata più volte accompagnata in recitals con l'orchestra dal grande direttore d'orchestra svizzero Armin Jordan, nella foto, (deceduto in veramente tristi condizioni lo scorso 20 settembre a Basilea) che sono stati trasmessi a livello europeo sia televisivo che tramite i dvd tuttora esistenti i quali testimoniano un grande sodalizio tra due dei più grandi artisti del panorama musicale attuale. 

11 ottobre 2006                            Giacomo Di Vittorio

Anna Kravtchenko per le Serate Musicali 

Anna Kravtchenko, pianista nata in Ucraina nel 1976 e vincitrice a soli 16 anni del Concorso Pianistico Internazionale Ferruccio Busoni, uno dei più prestigiosi sulla scena mondiale, ha suonato in Conservatorio per le Serate Musicali impaginando un programma interamente chopiniano. Nella prima parte della serata abbiamo ascoltato i due più celebri notturni di Chopin, il n°2 in mi bem. magg. e il n°3 in si magg. dell’op.9, quindi la Sonata n°2 in si bem.min. op.35. Dopo l’intervallo ha eseguito i 24 Preludi op.28. La Kravtchenko ha mostrato indubbie doti interpretative dando il meglio nelle situazioni sonore in cui le strutture musicali sono tecnicamente più complesse. Pianista energica, dal tocco spesso deciso, mostra però una certa disomogeneità espressiva; nei noti preludi ha alternato momenti di profonda riflessione ad altri di più leggera valenza interpretativa. Successo di pubblico. 

10-10-2006       Cesare Guzzardella    

Omaggio a Romano Gandolfi con i Carmina Burana di Carl Orff all'Auditorium di Milano 

Lo scorso 5 ottobre Claus Peter Flor (foto in basso) è ritornato sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi (e del suo Coro) presso l'Auditorium di Largo Mahler per rendere un omaggio alla memoria di Romano Gandolfi (nella foto) eseguendo i “Carmina Burana” di Carl Orff che il grande Maestro stava preparando poco prima di scomparire il 18 febbraio scorso in vista di un'esecuzione. Un video con sue dichiarazioni concernenti il suo ottimo e caloroso rapporto con il Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi è stato diffuso in sala prima dell'esecuzione. Apriva la serata la  Suite n. 2 dal “Daphnis et Chloé” di Maurice Ravel di cui è stata offerta un'esecuzione di grande sobrietà ed intensa penetrazione emotiva. Per quanto riguarda i “Carmina Burana” invece si tratta di una delle partiture appunto più studiate e meglio analizzate dal Coro e dall'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi ed ancora oggi la lezione di Gandolfi è in piena vita e viva memoria grazie anche all'ottimo lavoro dei suoi due eredi  Erina  Gambarini e Ruben Jais. Straordinario anche il Coro di voci bianche “I Piccoli Musici” diretti da Mario Mora. Ugualmente all'altezza della situazione  il cast vocale composto dal  soprano tedesco Dorothee Jansen, dal tenore olandese Marcel Beekman e dal come sempre ottimo ed in forma smagliante baritono Roberto De Candia. Quello che sorprende è la perfetta coordinazione tra orchestra e coro, la pienezza e pulizia sonora di entrambi ormai arrivati dopo anni ed anni di lavoro comune ad un livello sia tecnico che artistico e musicale davvero ottimale e perfettamente in grado di competere con le più avanzate e collaudate compagini orchestrali e corali europee nonostante la ancora giovane età di tutti i componenti dell'orchestra ed in parte anche del coro. La trionfale esecuzione è stata salutata al suo termine da lunghe ovazioni da parte del numeroso pubblico presente. Il miglior modo di ricordare e rendere omaggio a quella figura unica e straordinaria che è stata nel mondo musicale il Maestro Romano Gandolfi. Ultima replica oggi alle ore 16. 

       8 ottobre 2006                               Giacomo Di Vittorio

La Neue Vocalsolisten Stuttgart all’Auditorium di l.go Mahler 

 Lunedì 9 ottobre 2006 alle ore 20.30 per il Festival Milano Musica, all’ Auditorium di Milano la Neue Vocalsolisten Stuttgart eseguirà musiche di Carlo Gesualdo (1560 ca – 1613), Niccolò Castiglioni (1932-1996), Fabio Nieder (1957). La Neue Vocalsolisten Stuttgart  è formata da  Angelika Luz, soprano, Susanne Leitz-Lorey, soprano, Barbara Decker, mezzosoprano, Daniel Gloger, controtenore, Bernhard Gärtner, tenore, Martin Nagy, tenore, Guillermo Anzorena, baritono, Andreas Fischer, basso. Informazioni  tel. 02 20 40 34 78

      la redazione

Il Singspiel di Mozart Bastiano e Bastiana  inaugura il ciclo “Crescendo in Musica”

E’ ripreso all’Auditorium di Milano il ciclo musicale per grandi e piccini “Crescendo in musica” con il Singspiel in un atto  Bastien und Bastienne di W.A. Mozart. Presentata a Vienna nel 1768, quando Amadeus aveva soli dodici anni, l’operina di circa cinquanta minuti ha visto sul palco dell’Auditorium una formazione ridotta dell’Orchestra Verdi che per l’occasione è stata  diretta ottimamente da Gabriele Bonolis. La scena, divisa in due parti, vedeva da un lato la formazione orchestrale e dall’altro una semplice scenografia con i tre cantanti solisti che alternavano momenti di recitazione ad altri di bel canto: avvincente il soprano Daniela del Monaco (nella foto), Bastienne e bravi il tenore Gianluca Bocchino, Bastien ed il baritono  Giampiero Cicino, il mago Colas. L’opera del bambino Mozart ha una freschezza d’inventiva sorprendente e anticipa in molte arie modi compositivi che si ritroveranno  nelle opere più mature. Il pubblico formato soprattutto da bambini anche molto piccoli ha mostrato di gradire il lavoro teatrale ben diretto dalla regista Nadia Baldi. Il prossimo appuntamento è per sabato 28 ottobre con estratti dal Flauto magico. 

8 ottobre       Cesare Guzzardella

Kremer–Zimerman, un duo eccellente per le Serate Musicali 

Le “Serate Musicali” hanno il merito di avere portato nella  Sala Verdi del Conservatorio milanese due solisti rilevanti come Gidon Kremer e Krystian Zimerman ( nelle foto) da poco tempo in duo nella formazione cameristica  violino e pianoforte. Un concerto che rimarrà nella storia delle Serate per l’eccellente qualità interpretativa. I  due protagonisti, con equilibrata divisione delle parti e di pari intensità espressiva, hanno eseguito in un’unica tornata le celebri tre sonate per violino e pianoforte di Johannes Brahms nel seguente ordine: la n°2 in la magg. op.100, la n°3 in sol magg. op. 78 e la n°3  in re min. op.108.L’intesa perfetta del violinista lettone e del pianista polacco si è rilevata dalle prime battute dell’op.100: il modo estremamente classico di interpretare Brahms di Zimerman è stato integrato con assoluto rigore stilistico dal più estroso Kremer. Il risultato espressivo, all’insegna dell’equilibrio formale, è un’interpretazione senza eccessi virtuosistici ma di grande profondità intellettuale che mostra in tutta la sua grandezza il rigore costruttivo dell’architettura musicale  di Johannes Brahms. Il pubblico ha entusiasticamente apprezzato l’importante evento musicale tributando ai protagonisti  lunghi applausi. Intenso e delicato il bis con una  quasi ninna nanna del belga Eugène Ysaÿe. Splendido! 

7 ottobre     Cesare Guzzardella  ce.guzz@tiscali.it

La scomparsa di Claude Luter

 Si è spento ieri all'Hopital de Poissy il celebre clarinettista e jazzman francese Claude Luter. Nato il 23 luglio 1923 a Parigi si esibisce già da giovanissimo clandestinamente durante l'occupazione. Terminata la guerra nel 1946 si produce  stabilmente ed ufficialmente nella cave del celebre Hotel Lorientais frequentato dai più noti intellettuali dell'epoca tra cui Jean – Paul Sartre, Raymond Queneau e Boris Vian. Al Jazz Festival di Nizza nel 1948 ha l'occasione di incontrare celebri colleghi quali Louis Armstrong , Babby Dodds e Earl Hines , avendo allo stesso tempo la possibilità di registrare i suoi primi dischi con la sua orchestra . Nel 1949 apre il Club du Vieux – Colombier, partecipa al celebre film di Jacques Becker “Rendez – vous de juillet” e si produce insieme a Sidney Bechet al Festival de Paris. Negli anni Cinquanta e Sessanta effettua numerose tournées con la sua orchestra anche in America Latina ed in Unione Sovietica . Nel 1997 partecipa alla Nouvelle -Orléans alle celebrazioni e festeggiamenti del centenario della nascita di Sidney Bechet . Nonostante  l'età resta sempre identico al suo fervore ed ai suoi ideali giovanili producendosi in tutto il mondo sino al 2006 (spesso accompagnato alla tromba anche dal figlio Eric Luter). 

     7 ottobre 2006                              Giacomo Di Vittorio

Salvatore Accardo all'Auditorium con la "Verdi" 

La scorsa settimana la stagione dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Largo Mahler è proseguita con un concerto ottimamente impaginato da Claus Peter Flor (nella foto) che prevedeva nella prima parte una smagliante esecuzione dell'Ouverture op.26 “Die Hebriden” di Felix Mendelsshon – Bartholdy accostata alle Suites 1 e 2 op. 46 e 55 (composte nel 1876) che Edvard Grieg ricavò dalle musiche di scena composte tra il 1874 ed il 1875 per il dramma “Peer Gynt” di Henrik Ibsen. Come omaggio alla sua memoria vorremmo ricordare che uno dei più grandi interpreti e analizzatori del dramma di Ibsen è stato il grande (pur in tutte le sue tragiche contraddizioni) filosofo viennese Otto Weininger (1880 – 1903) che ancora oggi in Italia (contrariamente agli altri paesi europei) è oggetto di una sorta di imbarazzato ostracismo. Per quanto riguarda invece le due Suites di Grieg si tratta di musica di suprema fattura, contenuto e messaggio (in particolare per le insuperabili “Morte di Aase” e la “Canzone di Solveig”) che, ugualmente, non capiamo per quale motivo, vengono abitualmente snobbate dalle normali programmazioni concertistiche (e teatrali). Anche in questo caso l'esecuzione è stata di grande fluidità e precisa padronanza tecnica sia da parte del direttore tedesco che dell'orchestra. Concludeva il programma l'ugualmente raro (nei programmi sinfonici) Concerto per violino e orchestra in la minore op. 53 di Antonin Dvorak (la cui prima esecuzione avvenne a Praga il 14 ottobre 1883) che si divide tra slanci dinamici e lirici brahmsiani ed un raro ed inusuale virtuosismo (per certi versi tipicamente boemo) che è stato perfettamente padroneggiato e dominato  dal violino di Salvatore Accardo (nella foto) come sempre in forma smagliante, il quale  ha anche concesso due bis al termine dell'esecuzione al numeroso pubblico presente che ha salutato l'artista con ripetute e prolungate ovazioni. 

        2 ottobre 2006                           Giacomo Di Vittorio

SETTEMBRE

Riccardo Chailly e la Filarmonica della Scala con Stravinskij e Respighi 

 E’ tornato Chailly alla direzione della Filarmonica della Scala con un  concerto interamente dedicato al Novecento storico: Stravinskij e Respighi, due musicisti uniti dalla passione per la grande orchestra e per la spettacolarizazione dell’evento sonoro attraverso l’uso dei “colori” strumentali. Riccardo Chailly ha mostrato ancora una volta il suo grande interesse per la musica del secolo scorso con una direzione calibrata, non esasperata, nella quale l’elemento timbrico viene evidenziato analiticamente ed è ben inserito nel totale compositivo. Il programma unitariamente impaginato prevedeva nella prima parte Igor Stravinskij con lo Scherzo fantastique op.3 (1909) e quindi Ottorino Respighi con il poema sinfonico Pini di Roma ( 1924); nella seconda parte, ancora di Stravinskij, la versione integrale del 1910 de L’oiseau de feu, balletto fantastico in due quadri. Impeccabile la direzione, calibrata ed a volte elegante di Chailly, con punte rilevanti soprattutto nel poema di Respighi e nelle ultime parti del balletto di Stravinskij. La Filarmonica, in tutte le sezioni e con gli eccellenti solisti  determinanti in molti frangenti delle partiture, ha dimostrato uno spessore interpretativo elevato in sintonia con l’entusiasmo espresso anche visivamente dal grande direttore milanese. Al termine lunghi applausi in una sala con alcuni posti liberi. Ultime repliche sabato  30 settembre e  fuori programma, domenica 1 ottobre alle 15.00 per il centenario della CGIL. 

      30 settembre        Cesare Guzzardella

ALLA SCALA CONCERTO PER IL CENTENARIO DELLA CGIL

Domenica 1 ottobre 2006 alle ore 15.00 al Teatro alla Scala si terrà un Concerto riservato per il centenario della CGIL "1 ottobre 1906 – 1 ottobre 2006" con la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Chailly . In programma:   Igor Stravinskij, Scherzo fantastique op. 3; Ottorino Respighi, Pini di Roma ; Igor Stravinskij, L’oiseau de feu  (versione integrale 1910).

      29 settembre           la redazione

Alla Scala il dittico di Hindemith e Corghi diretto da Marko Letonja 

 I due atti unici scritti a distanza di oltre ottant’anni, il primo, Sancta Susanna  di Paul Hindemith e il secondo, Il dissoluto assolto di Azio Corghi, vengono rappresentati al Teatro alla Scala dopo una lunga attesa (dovevamo ascoltarli lo scorso anno con la direzione di Muti)  con l’eccellente direzione di Marko Letonja (nella foto). Il primo lavoro, opera giovanile di Hindemith, scritto all’età di ventisei anni, è un capolavoro espressionista caratterizzato da una sintesi espressiva-musicale di elevata intensità ed è costruito  su libretto di August Stramm. La breve opera, di circa venticinque minuti, all’epoca e per molti decenni fece un tale scandalo da essere tolta di scena anche per volere dello stesso compositore. Il risveglio dei sensi repressi della giovane suora, la protagonista Susanna, fece allora scalpore anche per le particolari scene che la vedono in rapporto diretto con la croce divina. Il conflitto interiore scaturito dal contrasto tra il  bisogno di piacere fisico  e la castità monastica porterà Susanna alla scelta definitiva di auto-punizione: chiederà di essere murata viva. La drammaticità dai contenuti è stata espressa attraverso un testo ed una musica essenziali ma espressivamente intensi. La capacità di sottolineare i drammatici contenuti attraverso una tavolozza timbrica molto variegata  e un’orchestrazione  geniale sono le peculiarità della composizione di Hindemith. Ottimi i cantanti Tatiana Serjan,  Susanna,  e Brigitte Pinter, Klementia. Le scene e i costumi di Alessandro Ciammarughi, improntati su due “piani visivi”, dentro e fuori una cornice, sono stati all’altezza della situazione. Lo stesso impianto scenico – come segno di unione e continuità- è stato positivamente utilizzato anche nell’atto  unico di Azio Corghi su testo del Premio Nobel per la letteratura José Saramago (nella foto con Corghi) e dello stesso Corghi: Il dissoluto assolto è una rivisitazione del capolavoro mozartiano Don Giovanni ovvero Il dissoluto punito. La figura del leggendario seduttore viene, nell’opera di Saramago-Corghi, ridimensionata a tal punto, da rendere Don Giovanni persona umiliata ma più umana e quindi “assolta”: non più Don Giovanni ma solo Giovanni( sopra un'immagine di M.Brescia). La scena finale, a sorpresa, nella quale si vedrà Zerlina che seduce Giovanni, un ribaltamento quindi dei ruoli, porterà alla frase finale che conclude l’opera: il dissoluto “assolto…ma per quanto tempo?”.  Molto interessante l’operazione composiiva di Corghi che si collega al celebre capolavoro mozartiano attraverso l’uso della parodia musicale di alcune famose arie come Il Catalogo e questo e che poi passa all’utilizzo di un linguaggio sonoro molto personale dove l’elemento timbrico determinato dalla parcellizzazione sonora riesce a sottolineare in mondo pregnante il testo e i contenuti. La teatralità dell’opera viene messa in risalto dall’ottima recitazione dei personaggi femminili: Sonia Bergamasco, Donna Elvira, Sonia Barbadoro, Donna Anna, Laura Catrami, Zerlina. Ottima la voce di Nicola Alaimo, Don Giovanni, bravi gli altri. Avvincenti la regia di Patrizia Frini ed il coro di Bruno Casoni. Buon successo di pubblico. Repliche il 28 settembre e il 2 ottobre. 

 27 settembre      Cesare Guzzardella           ce.guzz@tiscali.it

Il Quartetto Prometeo per i "Percorsi di Musica d'oggi "

 Venerdì 29 settembre 2006  alle ore 20.30  nella Sala Puccini del Conservatorio “G. Verdi” di Milano (via Conservatorio 12) il  Quartetto Prometeo formato da Marco Fiorini, violino, Aldo Campagnari, violino, Carmelo Giallombardo, viola e Francesco Dillon, violoncello, per la rassegna Percorsi di Musica d'Oggi 2006 eseguirà di Anton Webern (1883-1945) Cinque pezzi op. 5 (1909), di Camillo Togni (1922-1993) Trio d’archi (1978/80), di F abio Vacchi (1949) Quartetto n. 4 per archi (2004) e di Alban Berg (1885-1935) Quartetto per archi op. 3 (1910) Per informazioni tel. 02 20403478  

 26 settembre    la redazione

PERCORSI DI MUSICA D’OGGI 2006 

  Il 22 settembre 2006 è iniziata la quindicesima stagione di Milano Musica dedicata quest’anno ai Percorsi di musica d’oggi, la stagione che viene intercalata ai Festival monografici, per dare spazio ai molteplici orizzonti poetici ed estetici della musica d’oggi. L’inaugurazione è stata particolarmente significativa, perché ha messo in risalto il rafforzato rapporto con il Teatro alla Scala. Il 22 settembre la Scala ha presentato  infatti le proprie produzioni Sancta Susanna di Hindemith e Il dissoluto assolto di Azio Corghi. Seguiranno altre dieci serate dedicate principalmente ad autori europei e che verranno eseguiti da prestigiosi gruppi musicali italiani ed europei. Dopo lo spettacolo alla Scala, sarà la volta di un concerto del Quartetto Prometeo, giovane gruppo italiano, nella Sala Puccini del Conservatorio, in un programma di “classici” del Novecento in cui si inserisce una novità per Milano di Fabio Vacchi. Seguono sempre nella Sala Puccini un omaggio a Sylvano Bussotti per il suo 75° compleanno e un ricordo di Niccolò Castiglioni, nel 10° anniversario della scomparsa. Il concerto è affidato a uno storico gruppo veneziano, fondato da Claudio Ambrosini, l’Ex Novo Ensemble.Un gruppo di solisti sarà al centro della quarta serata, gentilmente ospitata dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”, con il sostegno di TDK Marketing Europe nella Sala delle Colonne (nell’ambito di Conversazioni musicali) e dedicata ad autori italiani, fra cui spiccano Franco Donatoni, con le Françoise Variationen per pianoforte, solista Maria Grazia Bellocchio e Adriano Guarnieri, con Solo di donna, per la voce di Daniela Uccello con un gruppo cameristico ed elettronica. Inoltre due novità di Sandro Gorli e Alessandro Melchiorre. Nel concerto successivo ascolteremo, del triestino Fabio Nieder, in prima assoluta, un’opera per voci sole ed elettronica. Completeranno il programma composizioni di Niccolò Castiglioni e  Carlo Gesualdo da Venosa. L’esecuzione sarà affidata ai Neue Vocalsolisten Stuttgart e ospitata all’Auditorium di Milano. La Francia, con due fra i massimi compositori di oggi, Hugues Dufourt e Gérard Grisey, unitamente ai giovani Yan Maresz e Philippe Hurel, sarà al centro del concerto che l’Ensemble Court–Circuit, per la prima volta in Italia, presenterà con la direzione di  Pierre-André Valade. Il concerto è organizzato in collaborazione con il Centre Culturel Français di Milano e avrà luogo al Teatro Dal Verme. Ricordiamo poi  la serata dedicata a György Kurtág per il suo 80° compleanno: all’Auditorium di Milano la violinista giapponese Hiromi Kikuchi e il Quartetto Keller eseguiranno opere del maestro in prima italiana. Il  programma si concluderà con un Quartetto di Schubert. A un giovane ensemble italiano, il Dynamis Ensemble, e al suo direttore, il compositore messicano Javier Torres Maldonado, il compito di far conoscere al nostro pubblico autori messicani e spagnoli. Questo concerto sarà realizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri del Messico, con l’Ambasciata e con il Ministero degli Affari Esteri messicano e ospitato nella Sala Puccini.  Torniamo in Italia con l’Orchestra della RAI, nella Sala Verdi del Conservatorio, e un programma dedicato a Giacomo Manzoni e a un giovane di sicuro talento, Stefano Gervasoni. Il programma sarà completato dalla Passacaglia  di Webern. In conclusione, due concerti straordinari ancora al Teatro alla Scala: Maurizio Pollini, con un programma dedicato a Luciano Berio, che affianca a sue esecuzioni pianistiche, per l’occasione  l’op.11 di Schönberg e l’op. 106 di Beethoven, composizioni del Maestro per voce e per altri strumenti. Nella serata successiva Pierre Boulez con il suo Ensemble intercontemporain, presenterà la suite da L’histoire du soldat di Stravinskij accanto a un’opera, Streets, del francese Bruno Mantovani e alla riproposta di Dérive 2.Affiancheranno il concerto tre serate con musica, video e conversazioni dedicate ad Arnold Schönberg, Sylvano Bussotti e Niccolò Castiglioni. Tutti i concerti saranno registrati e trasmessi, come è ormai consuetudine, da RAI Radiotre. Abbonamenti e biglietti per tutti i concerti sono in vendita presso la  Biglietteria del Teatro alla Scala (piazza del Duomo, Galleria del Sagrato) dal lunedì al sabato dalle ore 12 alle ore 18.  E' anche possibile acquistare i biglietti on-line: www.vivaticket.it 

   26 settembre        la redazione

Omaaggio a Dmitrij Šostakovič per l’inaugurazione della Stagione Sinfonica della "Verdi" 

Vladimir Jurowski è tornato sul podio della Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi per inaugurare la Stagione 2006-07.  Il programma interamente dedicato a  Šostakovič ha visto  l’interpretazione di una rarità assoluta in prima italiana quale Hypothetically Murdered (Presumibilmente assassinato), scritta dal grande compositore russo nel 1931. Jurowski ha selezionato  quattordici dei più numerosi brani che compongono la Suite op.31a nella trascrizione di Gerald Mc Burney nella quale emerge un giovane Šostakovič  influenzato dalla musica occidentale europea colta e più leggera e dal  jazz americano. La splendida, incisiva ed elegante interpretazione di Jurowski ha messo bene in risalto gli innumerevoli cambiamenti ritmici e melodici dei numerosi brani: valzer, marce, galoppe, danze, spesso infarciti anche di riusciti effetti sonori, compongono il brillante lavoro di  Šostakovič.  Un plauso va riconosciuto ai solisti dell' orchestra Verdi che spesso hanno avuto un ruolo di rilievo nell'esecuzione della suite. Strepitoso il successo di pubblico tributato al termine dell'esecuzione. Clima musicale completamente diverso per il Concerto n°2 in Do diesis minore per violino e orchestra op.129. Il russo Boris Garlitsky,  violino solista, ha reso in modo impeccabile l’atmosfera cupa ed introspettiva che caratterizza questo concerto scritto da Šostakovič nel 1967 e dedicato al grande amico violinista David Ojstrakh. Boris Garlitsky, violinista dal tocco lirico e delicato, ha concesso alla fine l'ascolto di uno squisito bis di J.S. Bach. Nella seconda parte della serata è stata proposta una delle sinfonie di Šostakovič meno eseguite  ma musicalmente rilevante,  la N°6 in Si min. op.54 . In soli tre movimenti (largo, allegro e presto), questo lavoro del 1939 è scritto nel linguaggio tipico del Maestro russo ed è caratterizzato da un largo iniziale particolarmente lirico e di lunga durata (diciannove minuti e trenta secondi) rispetto gli altri più brevi movimenti. Ottima l’interpretazione di Vladimir Jurowski e della Verdi e a conclusione lunghi applausi. Ultima replica domenica 24 settembre alle ore 16.00 

23 settembre  2006      Cesare  Guzzardella

Amici del Loggione del Teatro alla Scala 

Stagione concertistica 2006/2007 ottobre-novembre

6 ottobre : Michelangelo Carbonara, pianoforte Musiche di F. Chopin, W.A. Mozart, G. Rossini, R. Schumann, C.M. von Weber; 20 ottobre : Carlo Malinverno, basso Aldo Ruggiano, pianoforte Musiche di A. Boito, F. Halévy, W.A. Mozart, G. Puccini, G. Rossini, F. Schubert, A. Steffani, R. Strauss, G. Verdi 10 novembre: Natalia Katyukova, pianoforte Luca Schieppati , (nella foto) pianoforte Musiche di F. Chopin, J. Strauss, R. Wagner 24 novembre: Chiara Granata, arpa Michael Leopold, liuto e tiorba Musiche di B. Castaldi, J. Dowland, G. Frescobaldi, A. Guerrieri, J.H. Kapsberger, J. Johnson, A. Piccinini, T. Robinson.

I concerti si tengono alle ore 21.00 in Via Silvio Pellico 6, Milano (MM1, MM3 Duomo). Ingresso libero

La scomparsa di Armin Jordan

Nella notte scorsa si è spento a Basilea il grande direttore d'orchestra svizzero Armin Jordan. Come ha riferito all'ATS Georges Delnon, direttore del Theater Basel, Armin Jordan è stato colpito da una sincope venerdì 15 settembre mentre dirigeva la prima rappresentazione dell' “Amour des trois oranges” di Sergej Prokofiev con la regia dei suoi amati e fedeli collaboratori ormai da lunga data Patrice Caurier e Moshe Leiser. Dopo il malore il direttore d'orchestra è stato subito ricoverato in ospedale e la rappresentazione dello spettacolo è continuata sotto la direzione del direttore tedesco Lutz Rademacher. La notizia del decesso è stata resa nota questa mattina dall' Orchestre de Paris con cui erano previsti tre concerti a Parigi e Besançon annullati per motivi di salute. Nato il 9 aprile 1932 a Lucerna Armin Jordan svolge i suoi studi musicali a Losanna e Ginevra . Dal 1961 èdirettore del Théatre de Bienne, dal 1963 è all'Opernhaus di Zurigo , dal 1968 al 1971 è direttore musicale del Teatro di Sankt Gallen e dal 1971 al 1989 direttore del Theater Basel . Parallelamente dal 1973 al 1985 è direttore artistico e musicale dell'Orchestre de Chambre de Lausanne e dal 1985 al 1997 direttore artistico dell'Orchestre de la Suisse Romande, primo direttore svizzero a ricoprire questa carica dopo l'abbandono delle funzioni nel 1968 da parte di Ernest Ansermet, portando queste due orchestre in tournée in tutto il mondo ed allo stesso tempo dirigendo le più prestigiose formazioni sinfoniche internazionali. Ma è all'Opéra de Lausanne ed al Grand Théatre di Ginevra che Armin Jordan ha dedicato la maggior parte delle sue energie, ritornando in un certo senso alle sue origini, nell'ultimo periodo della sua vita . Indimenticabile per noi rimarrà in particolare la realizzazione dell'intero “Ring” wagneriano (con la fedele coppia di registi Patrice Caurier e Moshe Leiser) alla fine degli anni Novanta . Ultimamente aveva diretto anche “Parsifal” e “Tristan  und Isolde” e, per quanto riguarda “Parsifal”, diresse anche la “colonna sonora” dell'omonimo film di Hans Juergen Syberberg (del 1982) recitando contemporaneamente nel ruolo di Amfortas (personaggio cui purtroppo a volte assomigliava anche nella vita). Ma Armin Jordan si è dedicato anche a Claude Debussy, ai titoli più rari del teatro musicale di Shostakovich e poi in particolare a tutti i compositori della cosiddetta “Entartete Musik” da Zemlinsky a Schoenberg a Erich Wolfgang Korngold la cui esecuzione di “Die tote Stadt” è stato l'ultimo ed estremo saluto al Grand Theatre di Ginevra. Nel 1996 ha ricevuto la medaglia “Genève reconnaissante” e nel 2000 è stato insignito anche della “Légion d'honneur” dal governo francese. Non mancavano anche Mozart e Puccini nel suo repertorio e, per quanto riguarda il pubblico parigino, molti ricorderanno la sua “Lustige Witwe” di Franz Lehar all'Opéra Bastille e “Der Rosenkavalier”  di Richard Strauss al Théatre du Chatelet. Molto stretto anche il rapporto con l' Orchestre Philharmonique di Radio France e con l'Orchestre National de l'Opéra de Montecarlo. Ma forse quello che rendeva veramente unico questo grande artista era la sua straordinaria umanità, il dialogo sempre limpido, sereno ed aperto con i musicisti (e registi, artisti, coreografi) con i quali era praticamente impossibile litigare o arrivare ad incomprensioni . Una lezione di arte e di vita che sicuramente sarà raccolta dal figlio, il giovane direttore prodigio Philippe Jordan,  la cui attività non è ancora nota in Italia ma lo è ormai a livello internazionale.  

      20 settembre 2006                              Giacomo Di Vittorio 

Alla Scala un incontro con Azio Corghi e Giuseppe di Leva

Martedì 19 settembre 2006 alle ore 18 nel  "Ridotto dei Palchi "del Teatro alla Scala per "Incontri con l'opera" a cura di Giuseppe di Leva, il compositore Azio Corghi e Giuseppe di Leva terranno un incontro sull'opera Il "Dissoluto assolto - Don Giovanni". INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI  Per informazioni: Servizio Promozione Culturale del Teatro alla Scala    tel. 02 85 96 07 21 – 22 – 23 – 24  www.teatroallascala.org

Daniel Harding alla Scala per la “Federazione Alzheimer Italia” 

 Per la seconda volta l’inglese Daniel Harding (nella foto) è salito sul podio del Teatro alla Scala. Dopo lo splendido Idomeneo mozartiano che ha inaugurato la stagione scaligera 2005-06, il giovane ma affermato direttore ha guidato la Filarmonica della Scala in un concerto benefico a favore della Federazione Alzheimer Italia. Il programma all’insegna della classicità e dell’equilibrio formale, ha previsto l’esecuzione di un’importante ma poco frequentata composizione di Mozart quale la Musica funebre massonica in do min. K477, della Sinfonia n°49 “La Passione” in fa min. di F.J.Haydn e ancora del salisburhese, la più celebre Sinfonia n°40 in sol min. k550. Le tre composizioni in “minore” sono state affrontate da Harding con equilibrio e profondità espressiva: volumi sonori mai eccessivi, dinamicamente differenziati e raffinati, hanno messo in rilievo le eccellenti qualità del trentunenne direttore che ha inoltre mostrato un approccio musicale caratterizzato da sonorità trasparenti ed eleganti. I cinque minuti della Musica funebre massonica sono un capolavoro per qualità espressiva e tensione drammatica; il finale della sinfonia mozartiana ha rivelato un Harding particolarmente attento alla non facile architettura musicale ed alla valorizzazione dell’elemento ritmico. Grande successo di pubblico ma peccato la mancanza di un bis al termine dei brani in programma. Ricordiamo che la “Federazione Alzheimer Italia” nasce nel 1993 con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei malati di Alzheimer e dei loro familiari. E’ la maggiore organizzazione nazionale non profit che si dedica all’informazione e alla promozione della ricerca scientifica sulle cause, la cura e l’assistenza per la malattia di Alzheimer. Per sostenere i progetti della Federazione si invita ad una donazione con un versamento intestato alla Federazione Alzheimer Italia, CCP N° 27812205 o ad un bonifico su CCB N° 010/274/9 Credito Artigiano Piazza San Fedele 4 Milano ABI 03512 - CAB 01601- CIN N. Per approfondimenti consultare il sito www.alzheimer.it 

17 settembre     Cesare Guzzardella      ce.guzz@tiscali.it 

Enzo Beacco è il nuovo direttore artistico della Società del Quartetto

Harvey Sachs lascia la guida artistica del Quartetto di Milano. Scelte di vita l'hanno portato a ritornare negli Stati Uniti, suo paese natale, ad affrontare nuove esperienze professionali.
Enzo Beacco è il nuovo direttore artistico della Società del Quartetto, della quale è consigliere da oltre dieci anni e da quasi trent'anni ininterrottamente autore delle note di presentazione dei programmi musicali.

         la redazione

15° festival di Milano Musica

Venerdì 15 settembre 2006 ore 11.30 Ridotto dei Palchi Teatro alla Scala Conferenza stampa di presentazione del 15° festival di Milano Musica dedicato a Percorsi di musica d'oggi 2006.

 

Un grande Prokof’ev per la “Verdi” alla Scala 

Che piacevole effetto vedere e sentire la “Verdi” suonare in uno dei più bei teatri lirici del mondo! Evento pienamente meritato per un'orchestra che di anno in anno è progredita a tal punto  da rappresentare  ora un riferimento obbligato per il mondo musicale della nostra città. Vladimir Jurowski l’ha ottimamente diretta in un Concerto Straordinario che non poteva meglio anticipare l’annuale  programmazione dell’Auditorium di L.go Mahler. Nel concerto scaligero abbiamo ascoltato musiche di  Sergej Prokof’ev: la Suite dal ballettoRomeo e Giulietta” e la Cantata per mezzosoprano, coro e orchestra “Aleksandr Nevskij op.78”. Il giovane direttore russo ha personalmente scelto  22 tra i più numerosi brani che compongono le suites per il noto balletto composto da Sergej alla fine degli anni ‘30. La direzione ci è apparsa sicuramente elevata e la Sinfonica Verdi in perfetta forma. Soprattutto nei momenti più pregnanti e incisivi della raffinata e scultorea musica di Prokof’ev, la Verdi ha dato il meglio e la direzione è stata incisiva e dettagliata nei ritmi e nei colori. Entusiasmante in tutte le sette parti la Cantata Aleksandr Nevskij (1939) dall’omonimo film che  S. Ejzenštejn costruì sulle musiche del compositore. Il Coro Sinfonico preparato da Erina Gambarini e Ruben Jais è stato grande ed il maestro Jurowski ha creato un equilibrio perfetto della parte corale con la suggestiva parte strumentale. Ottima voce quella del mezzosoprano Elena Zaremba nella sequenza de “Il campo dei caduti”. Teatro alla Scala al completo e alla fine un successo clamoroso con oltre dieci minuti di applausi e la ripetizione del finale. Jurowski tornerà con la “Verdi”il 21-22-24 settembre per il  concerto d'inaugurazione della nuova stagione all’Auditorium ed interpreterà Šostacovič. 

11 settembre    Cesare Guzzardella    ce.guzz@tiscali.it

Torna “Il pipistrello” di Roland Petit con la Ferri e Tewsley 

E’ tornato alla Scala il balletto “Il pipistrello” costruito da Roland Petit sulle splendide musiche tratte dall'opera di Johann Strass (figlio) orchestrate da Douglas Gamley. L’allestimento è quello visto per il Teatro alla Scala agli Arcimboldi nel 2003. Alessandra Ferri, Bella, l’inglese Robert Tewsley, Johann, Vittorio D’Amato, Ulrich, e Mick Zeni, solista Ciarda, sono apparsi ottimi e visivamente efficaci nelle eleganti, colorate ed essenziali scenografie di Jean-Michel Wilmotte e nei riusciti costumi di Luisa Spinelli. Il ruolo determinante delle apparentemente leggere  ma classicamente perfette  musiche di J. Strauss,  rende il balletto che  Petit ha inventato nel 1979 per la celebre Zizi Jeanmaire, un classico per raffinatezza e inventiva coreografica. Soprattutto la Ferri (nella foto di A.Tamoni), che recentemente ha danzato il vincente personaggio di Bella in  Giappone, ma anche Robert Tewsley - con la Ferri a Tokio -(nella foto di Brescia), hanno mostrato una gran classe nell’esprimere i non facili movimenti di danza. Bravissimo anche D’Amato nel divertente e charlottiano  ruolo di Ulrih. Eccellente la direzione dell'inglese David Garforth alla testa dell' Orchestra dell'Accademia del Teatro alla Scala.   Repliche l’11-12-13-14-15 e 16 settembre con differenti cast. 

9 settembre           Cesare  Guzzardella 

La scomparsa di Daniel Schmid

Lo scorso 5 agosto si è spento a Graubunden dopo una lunga malattia il celebre regista svizzero di cinema e teatro lirico Daniel Schmid (nella foto). Nato il 21 dicembre 1941 a Films nei Grigioni ebbe il privilegio e la fortuna di crescere nell'albergo di famiglia dove venivano ospitate numerose personalità ed intellettuali delle più varie estrazioni fuggiti dal regime nazista in piena ascesa in quel momento, tra cui Max Brod, Anna Freud, Thomas Mann, Otto Preminger, Douglas Sirk e tanti altri ancora. Nel 1960 si trasferisce a Berlino est studiando poi dal 1962 storia, storia dell'arte e scienze politiche alla Freie Universitaet e lavorando contemporaneamente come giornalista, interprete e traduttore. Dal 1966 viene ammesso alla Deutschen Film – und Fernsehakademie di Berlino conoscendo così Rainer Werner Fassbinder e Werner Schroeter insieme ai quali vive la contestazione studentesca del 68. Nel 1972 dopo aver partecipato come attore ad un film su Ludwig di Baviera di Hans – Juergen Syberberg realizza il film “Heute nacht oder nie” in cui si evoca un'antica tradizione boema per cui per una notte servi e padroni si scambiano i ruoli . In realtà si trattava di una ferrea critica del movimento studentesco del 68 ,ed una amara constatazione del suo fallimento, che fu duramente contestata ed avversata dalla stampa e dagli organi della sinistra dell'epoca . Nel 1969 avveniva intanto il fatale incontro con la celebre cantante e attrice Ingrid Caven - nella foto- ( nel film su Ludwig di Syberberg presente nel  ruolo di Lola Montez) che fu poi una delle muse principali dei suoi futuri film da “La Paloma” del 1974 a “Schatten der Engel” del 1976 a “Violanta” del 1977 (in cui recitava al fianco di Lucia Bosé, Maria Schneider e Gérard Depardieu) . Nel 1987 realizza poi “Jenatsch” con Vittorio Mezzogiono nel ruolo titolo che recita affianco (tra gli altri) a Laura Betti e Carole Bouquet ed al 1999  risale in suo ultimo film “Beresina oder Die letzen Tage der Schweiz” (presentato nello stesso anno con grande apprezzamento al Festival di Cannes) in assoluto uno dei più grandi successi del cinema svizzero (i cui diritti sono stati venduti in numerosissimi paesi) in cui, tra farsesco spionaggio ed una amarissima satira del proprio paese, si narra dello “sbarco” di una call – girl russa (Beresina in realtà è il nome di uno storico fiume della Bielorussia) in un villaggio di montagna svizzero ma non senza un passaggio (e continui riferimenti) al Palazzo Federale di Berna . Nel cast abbiamo anche la presenza di Geraldine Chaplin. Ma il nome di Daniel Scmidt in Italia è principalmente legato al film – documentario del 1984 “Il bacio di Tosca”, indimenticabile visita tra sogno, nostalgia e ricordo alla Casa di riposo per musicisti Giuseppe Verdi di Milano (in cui vengono riprese le più “antiche” star della lirica italiana tra cui anche Giulietta Simionato (nella foto), ma anche normali ed anonimi ospiti ), film che è stato proiettato in memoria del regista lo scorso 6 agosto in Piazza Grande al Festival del Cinema di Locarno. Daniel Scmid infatti è stato anche uno stimato e riconosciuto regista d'opera che ha curato la regia dei suoi allestimenti sia in teatro che poi nella realizzazione televisiva che ne veniva tratta. Tra le sue regie ricordiamo “Barbe – Bleue” di Jacques Offenbach (1984), “Lulu” di Alban Berg (1985) ed “I Puritani” di Bellini (1995) al Grand Théatre di Ginevra, “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi (1997) all'Opernhaus di Zurigo e poi ancora , in altri teatri, “Guglielmo Tell” di Rossini, “Linda di Chamounix” di Donizzetti, “Beatrice di Tenda” di Bellini e tanti altri titoli ancora . Uno dei suoi sogni che purtroppo non si è potuto realizzare era appunto quello di creare una regia d'opera in un teatro lirico italiano . Speriamo che l'Italia non si dimentichi di lui anche adesso riservandogli un più che doveroso omaggio . Uno dei nostri più intimi ricordi legati a lui è invece l'ultima scena del film “Hors saison”(del 1992), il suo film più personale, nostalgico ed autobiografico girato nel suo albergo di famiglia in cui è apparso e scomparso, nella quale da una stanza dell'albergo si apre oniricamente una finestra con un colpo di vento ed appare una visione  infinita sul mare . Un altro dei grandi sogni o meglio immagini ideali che erano presenti costantemente nella mente di Daniel Schmid.

        Milano,  3 settembre 2006              Giacomo Di Vittorio

Un’idea brillante per il settembre musicale milanese 

Venerdì 1 settembre, nella Sala Alessi di Palazzo Marino alla presenza tra gli altri di Vittorio Sgarbi, neo-Assessore alla Cultura milanese, Fiorenzo Alfieri, Assessore alle Risorse e allo Sviluppo della Cultura di Torino, Enzo Restagno, musicologo  e direttore artistico di Torino-Settembremusica e  Francesco Micheli (nella foto), Presidente del Conservatorio milanese e neo Presidente del Teatro degli Arcimboldi, si è svolto un’importante incontro con la stampa di presentazione della 29° Stagione musicale settembrina torinese che vede quest’anno un programma particolarmente importante con la presenza di grandi direttori d’orchestra quali M.W.Chung – inaugurazione l’1 settembre con la Filarmonica della Scala al Palaolimpico con la Nona di Beethoven – Muti, Haitink, Christie, Herreweghe, ecc. di eccellenti compositori quali Henze  e P.Maxwell Davies, di solisti importanti quali Ughi, Dindo, Kempf, Accardo e ancora molto altro. Ma il fatto rilevante per la città di Milano è la brillante idea di “allargare” il consolidato Festival musicale torinese alla nostra città il prossimo anno. Nascerebbe quindi un Festival settembrino Torino-Milano, che avrebbe a Milano come sede privilegiata il Teatro degli Arcimboldi ma anche decine di riferimenti nelle Istituzioni milanesi. Restagno, Sgarbi e Micheli si sono soffermati a lungo sull’iniziativa che porterebbe ad un consolidamento maggiore del Festival musicale nel nord-Italia ma anche in Europa. Per informazioni sul Settembre musica torinese consultare: www.comune.torino.it/settembremusica/

2 settembre               Cesare Guzzardella

La West-Eastern Divan Orchestra diretta da Daniel Barenboim 

Il concerto della West - Eastern Divan Orchestra diretta da Daniel Barenboim alla Scala il 1 settembre 2006 alle 20 sarà trasmesso in diretta radiofonica da RAI Radio Tre ed in differita televisiva sabato 2 settembre 2006 alle ore 12h30 da RAI 3

1 settembre               la redazione

LUGLIO

ANNA MARIA PRINA E MARTA ROMAGNA OSPITI DI PIERO ANGELA 

Giovedi 3 agosto su Rai Uno la puntata di SUPERQUARK - in onda a partire dalle ore 21.00  - aprirà una finestra sulla danza, con la presenza in studio di Anna Maria Prina, direttrice della Scuola di Ballo dell'Accademia del Teatro alla Scala, e di Marta Romagna, prima ballerina del Teatro alla Scala. Ospiti di Piero Angela ( tutti nella foto), ideatore e conduttore del fortunato e apprezzato programma, all'interno della rubrica Come si fa , curata da Rossella Li Vigni, Anna Maria Prina e Marta Romagna parleranno della pratica della danza e del mestiere di ballerino, dalla formazione in scuola fino al coronamento di una carriera, fatta di disciplina e sacrifici ma anche grandi soddisfazioni, e del successo davanti alle più importanti platee internazionali. Ad approfondire ed arricchire la discussione, alcuni contributi video registrati durante le lezioni dei giovani allievi fino ai momenti di spettacolo della Scuola e del Corpo di Ballo.  

29 luglio   dalla redazione

Torna  Lucia di Lammermoor al Teatro alla Scala con Mariella Devia e Roberto Abbado 

Il Teatro alla Scala ritorna alla “tradizione” con  Lucia di Lammermoor  di Gaetano Donizetti. La Lucia, già ascoltata in marzo, è ripresa con una grande interprete nel ruolo di protagonista quale Mariella Devia.  L’opera è tra le più rappresentate dal 1835, anno della “prima” al San Carlo di Napoli, e la regia, le scene ed i costumi sono di Pier’Alli, alla Scala per la terza volta dal 1992. La Devia (nella foto), soprano acclamata nei più importanti teatri lirici nel mondo è considerata una delle massime interpreti di Lucia ed anche nell’edizione diretta da un ottimo Roberto Abbado, ha mostrato qualità vocali di rilievo con timbro morbido e delicato ed intonazione perfetta. Rilevante la sua presenza nel terzo atto –  scena della follia, e splendida nella deliziosa aria  "il dolce suono..", dove viene accompagnata dalla Glasharmonika (in italiano "armonica a bicchieri"), strumento di raro impiego che sostituisce il più utilizzato flauto e che Donizetti ebbe come primo pensiero nella scrittura dell'opera. Valido il cast vocale complessivo con la chiara voce, dal timbro puro anche se non voluminoso,  di Giuseppe Filianoti(nella foto con la Devia), Edgardo, e l’incisivo Ludovic Tézier nel ruolo di Enrico Ashton. Bravi gli altri. L’equilibrio tra le parti vocali e l’orchestra di Abbado ha visto un miglioramento rispetto le recite di marzo. Ottimo il coro di Casoni. Grande successo di pubblico. Prossime repliche l’11-13-15-18-20-21 luglio

11 luglio  Cesare Guzzardella      ce.guzz@tiscali.it

Concerto della West-Eastern Divan Orchestra diretta da Borenboim alla Scala

Venerdì 1 settembre 2006 al Teatro alla Scala si terrà un concerto diretto da Daniel Barenboim della West-Eastern Divan Orchestra a favore della Fundación Baremboim-Said Junta de Andalucia. In programma musiche di Mozart, la Sinfonia concertante in mi bem. magg. K 297b (Anh.9), Bottesini, la Fantasia su temi di Rossini e di Brahms la  Sinfonia n. 1 in do min. op. 68. Israeliani e palestinesi insieme, l’uno accanto all’altro, con in mano uno strumento della musica occidentale detta “classica”.  Quel che è impraticabile alla politica,  lo può fare la musica. L’ 1 settembre 2006, venerdì, la Scala apre le porte alla West-Eastern Divan Orchestra diretta da Daniel Barenboim (nella foto), che è appunto la realizzazione straordinaria di questa utopia: i giovani musicisti israeliani e palestinesi che formano questa compagine terranno alla Scala il loro concerto italiano, che sarà preceduto dalla proiezione di un film girato a Ramallah e da una prova-incontro con un pubblico di giovani. Una giornata nel segno della pace e della musica, con cadenze e orari ancora da definire. Ma intanto, del concerto sono aperte le vendite, e l’incasso sarà devoluto interamente ai giovani strumentisti, insieme al contributo dei due sponsor, ATM e Progetto Italia. La storia di questa orchestra è un esempio di civiltà. Vale la pena di raccontarla. L’idea del West-Eastern Divan nasce nel 1999 nella mente di due artisti e intellettuali, l’israeliano Daniel Barenboim e il palestinese Edward Said (nella foto), i quali decidono di creare un Workshop per giovani musicisti di Israele e di vari Paesi del Medio Oriente nell’intento di combinare studio e perfezionamento con la condivisione di conoscenze e la comprensione fra popoli di culture che tradizionalmente sono state rivali. In questo Workshop giovani musicisti hanno perfezionato le loro conoscenze musicali vivendo spalla a spalla con colleghi provenienti da Paesi che si possono trovare in conflitto. Le sue prime sessioni hanno luogo a Weimar e a Chicago, fino al 2002 quando il ‘workshop’ viene alla fine domiciliato a Siviglia grazie all’appoggio istituzionale e finanziario della Junta de Andalucía. L’uso delle parole “West-Eastern Divan” nella denominazione del Workshop si riferisce alle liriche del poeta tedesco Johann Wolfgang Goethe.  “Il motivo per cui abbiamo così chiamato l’orchestra – scrissero i due fondatori – deriva dal fatto che Goethe fu uno dei primi tedeschi a essere veramente interessato agli altri Paesi: Goethe ha cominciato a studiare l’arabo dopo i sessant’anni”. Il West-Eastern Divan non è soltanto un progetto musicale, ma anche un forum per il dialogo e la riflessione sul problema israelo-palestinese. Attraverso i contatti culturali incrociati degli artisti, il progetto potrebbe avere un importante ruolo nel superamento di differenze politiche e culturali fra i Paesi rappresentati nel Workshop stesso. In questo modello, un’orchestra rappresenta un buon esempio di democrazia e di vita civile. Il progetto, guidato da Barenboim e, dopo la morte di  Edward Said, dalla sua vedova Mariam Said, è finanziato dalla Junta de Andalucía e da altri sostenitori privati.  Ammirato in tutto il mondo per aver combinato l’amore per la musica con la necessità di una migliore comprensione fra le culture mediterranee, nei suoi sette anni di esistenza questo progetto ha fornito consistenti prove che la musica è un utile mezzo per abbattere barriere finora considerate insormontabili. Suggerisce che si possono costruire ponti che incoraggino i popoli ad avvicinarsi mostrando che è possibile per popoli di diverso ‘background’ coesistere pacificamente – al modo stesso in cui questi giovani musicisti condividono partiture musicali, mense e, soprattutto, la comune  passione per la musica. Anche se la musica non può risolvere il conflitto arabo-israeliano, essa può avere un suo ruolo nell’avvicinare le persone e permettere loro di conoscersi. L’unico aspetto politico che permea il Workshop è il convincimento che non esiste una soluzione militare del conflitto. Un numero uguale di israeliani e di arabi costituisce la base dell’orchestra, insieme a strumentisti andalusi. Alcuni studenti spagnoli e palestinesi assistono al Workshop come ascoltatori. Ogni anno, la Junta de Andalucía permette a musicisti di particolare talento di studiare in Europa o negli Stati Uniti. Queste borse di studio fanno sì che alcuni studenti particolarmente dotati ma con limitate risorse finanziarie possano avere una eccellente educazione musicale. Alcuni borsisti hanno attualmente un posto stabile nella Israel Philharmonic Orchestra, nella Damascus Symphony Orchestra, all’Opera del Cairo e altrove. Fin dalla sua creazione nel 1999, la West-Eastern Divan Orchestra si è esibita in numerosi Paesi europei (Spagna, Germania, Gran Bretagna, Francia e Svizzera) e americani (Stati Uniti, Argentina, Uruguay e Brasile). Nell’agosto 2003 suona per la prima volta in un Paese arabo con un concerto a Rabat (Marocco) e nel 2005 in Medio Oriente per la primissima volta con un concerto a Ramallah (Palestina), trasmesso live dal canale franco-tedesco ARTE. La West-Eastern Divan Orchestra ha già registrato tre CD/DVD per Warner Music. Il primo, pubblicato nel luglio 2005, comprende un CD live e un DVD del concerto conclusivo alla Victoria Hall di Ginevra. Il programma comprende la Quinta Sinfonia di Čajkovskij, la Valse triste di Sibelius e la Sinfonia della Forza del destino di Verdi. Il DVD include anche, oltre al concerto di Ginevra, il documentario Lessons in Harmony – In Conversation – Daniel Barenboim and Edward Said. Il secondo CD contiene la registrazione live del concerto eseguito al Palazzo della Cultura di Ramallah nell’agosto 1995. Il programma comprende la Quinta Sinfonia di Beethoven e la Sinfonia concertante K 297b di Mozart. Un doppio DVD è registrato simultaneamente al già ricordato concerto di Ramallah, assieme al documentario Knowledge is the Beginning, che presenta la vita quotidiana dell’orchestra, con le sue prove, il lavoro, i timori e le speranze espressi personalmente dagli stessi musicisti e dal loro direttore Daniel Barenboim. Fra il 1999 e il 2005, la West-Eastern Divan Orchestra esegue un vastissimo repertorio sinfonico, conquistando un grande successo internazionale, non solo per il suo sforzo di raggiungere una mutua comprensione, ma anche per il suo alto livello di perfezione artistica. Fra tali composizioni troviamo la già ricordata Sinfonia concertante K 297b di Mozart, la Quinta Sinfonia di Čajkovskij, come pure la Prima Sinfonia ‘Titano’ di Mahler, il Concerto per tre pianoforti K 242 di Mozart, il ‘Vorspiel und Liebestod’ da Tristan und Isolde di Wagner e la Terza e la Quinta Sinfonia di Beethoven e altro ancora. La tournée concertistica del 2006 comincerà con una esibizione alla Real Maestranza de Caballería di Siviglia l’8 agosto, insieme all’ Orféon Donostiarra (uno dei migliori cori spagnoli). L’orchestra eseguirà la Nona Sinfonia di Beethoven. La tournée proseguirà con concerti in diverse città della Spagna (Peralada, Santander e Madrid), quindi con esecuzioni in Medio Oriente e in Europa, compresi, oltre alla Scala, il  Théâtre du Châtelet di Parigi e la Philharmonie  di Berlino. Daniel Barenboim      Nato a Buenos Aires nel 1942, riceve le prime lezioni di pianoforte a cinque anni, prima dalla madre, poi dal padre che rimane il suo unico insegnante di pianoforte. Dà il suo primo concerto pubblico a sette anni. Nel 1952 si  trasferisce in Israele con i genitori. A undici anni segue le lezioni di direzione d’orchestra tenute a Salisburgo da Igor Markévitch. Durante quella estate incontra anche Wilhelm Furtwängler e suona per lui. Furtwängler scrive allora: “L’undicenne Daniel Barenboim è un fenomeno”. Nel 1955 e 1956 studia armonia e composizione con Nadia Boulanger a Parigi. A dieci anni debutta in sede internazionale come pianista a Vienna, Roma, Parigi (1955), Londra (1956) e New York (1957), dove suona con Leopold Stokowski. Da allora  effettua regolari tournée in Europa e negli Stati Uniti, ma anche in Sud America, Australia ed Estremo Oriente. Nel 1954 inizia la sua carriera discografica come pianista. Negli anni Sessanta registra i Concerti per pianoforte di Beethoven con Otto Klemperer, di Brahms con John Barbirolli nonché tutti quelli di Mozart con la English Chamber Orchestra, in questo caso sia come pianista sia come direttore. Fin dal suo debutto come direttore nel 1967 a Londra con la Philharmonia Orchestra, è molto richiesto come direttore in tutto il mondo. Fra il 1975 e il 1989 è direttore principale dell’Orchestre de Paris dove sovente programma lavori di compositori contemporanei quali Lutosławski, Berio, Boulez, Henze, Dutilleux, Takemitsu e altri. Debutta come direttore operistico al Festival di Edimburgo nel 1973 con Don Giovanni di Mozart. Nel 1981 dirige per la prima volta a Bayreuth dove tornerà ogni estate per diciotto anni fino al 1999. In questo periodo dirige Tristan und Isolde, Der Ring des Nibelungen, Parsifal e Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner. Dal 1991 è direttore principale della Chicago Symphony Orchestra e dal 1992 direttore musicale generale della Deutsche Staatsoper di Berlino. Nel 2000 la Staatskapelle di Berlino lo proclama direttore principale a vita. Sia nel repertorio operistico che in quello sinfonico Daniel Barenboim e la Staatskapelle lavorano a vasti cicli compositivi. Elogi internazionali salutano sia la rappresentazione ciclica di tutte le opere di Richard Wagner alla Staatsoper di Berlino sia la presentazione di tutte le Sinfonie di Beethoven e di Schumann, registrate su CD ed eseguite non solo a Berlino, ma anche a Vienna, New York e Tokyo. Per il 2007 è in progetto un ciclo delle Sinfonie di Mahler. Oltre che al grande repertorio classico-romantico, Daniel Barenboim continua a interessarsi alla musica contemporanea. La ‘prima’ dell’unica opera di Elliot Carter What next? ha luogo alla Staatsoper di Berlino. Il repertorio concertistico della Staatskapelle comprende composizioni di Boulez, Rihm, Munfry, Carter e Höller. Musicisti della Staatskapelle collaborano alla costituzione di un ‘Kindergarten musicale’ che Daniel Barenboim fonda nel settembre 2005 a Berlino. Nel febbraio 2003 Daniel Barenboim, la Staatskapelle e il Coro della Staatsoper si guadagnano un Grammy per la registrazione di Tannhäuser di Wagner. Nel marzo 2003 Daniel Barenboim e la Staatskapelle ottengono il Wilhelm-Furtwängler Preis. Nel 1999 Daniel Barenboim fonda, assieme al letterato palestinese Edward Said, il West-Eastern Divan Workshop che ogni estate riunisce giovani musicisti di Israele e dei Paesi arabi per suonare musica insieme. Nell’estate 2005 l’orchestra presenta nella città palestinese di Ramallah un concerto di alto significato storico, trasmesso in televisione e registrato su DVD. Il Workshop cerca di stabilire un dialogo fra le varie culture del Medio Oriente e di promuovere l’esperienza di ‘suonare insieme’. Nel 2002 Daniel Barenboim e Edward Said ottengono il Príncipe de Asturias Prize nella città spagnola di Oviedo per i loro tentativi di pace. Nel novembre dello stesso anno Daniel Barenboim ottiene il Tolerance Preis dalla Evangelische Akademie Tutzing come pure il ‘Großes Verdienstkreuz mit Stern’ della Germania. Nel marzo 2004 viene onorato per il suo lavoro di riconciliazione in Medio Oriente dal Deutscher Koordinierungs-Rat con la Buber-Rosenzweig-Medaille. Nel marzo 2004 è insignito dello Israeli Wolf Foundation’s Art Prize nella Knesset di Gerusalemme. Questa primavera gli viene consegnato il ‘Kulturgroschen’, il più alto onore concesso dal Deutscher Kulturrat. In maggio riceve l’International Ernst von Siemens Musikpreis nel corso di una cerimonia a Vienna. Di recente inizia un progetto per l’educazione musicale nei territori palestinesi, incluse la fondazione di un ‘Kindergarten musicale’ e la costituzione di un’orchestra giovanile palestinese. Ha pubblicato due libri: l’autobiografico Music: My Life, e Parallels and Paradoxes, scritto insieme a Edward Said.

10 luglio  2006   dalla redazione

Lettera di Maurizio Pollini e Salvatore Accardo  all'Onorevole Francesco Rutelli

Egregio Signor Ministro,

  La ringraziamo vivamente per essere riuscito ad ottenere in una situazione economica tanto difficile per il nostro Paese ulteriori 50 milioni di euro: ciò rende ancora più rilevante il Suo successo e l’opera di sostegno svolta dal sottosegretario on. Montecchi. Ci attendiamo adesso che l’attuale Governo ripristini per il 2007 i fondi che quello precedente ha irresponsabilmente deciso di sottrarre alle istituzioni musicali. E’ noto che i fondi destinati allo sviluppo della cultura in Italia sono molto inferiori a quelli degli altri Paesi europei. Pertanto la sistematica riduzione degli investimenti in questo settore, che registriamo ormai da anni, rischia di creare un incolmabile divario tra il nostro e gli altri grandi Paesi d’Europa. Nel caso in cui non si decidesse subito una inversione di tendenza, l’Italia occuperebbe una posizione sempre più marginale. Questa è una eventualità che siamo certi porterà il Governo e il Parlamento ad una approfondita riflessione. Abbiamo molto apprezzato la Sua decisione di destinare il finanziamento aggiuntivo prevalentemente a favore delle istituzioni musicali del titolo III, che non possono contare sulla tutela di un presidente sindaco della città e che, in caso di interruzione delle proprie stagioni, potrebbero non riuscire a riprendere la propria attività.  Siamo certi che Lei sia orgoglioso di investire nella tutela dell’identità culturale del nostro popolo. Ci fa piacere di riconoscere che il Governo Prodi dimostri di essere in grado di voler risanare la situazione economica del Paese, senza nascondersi che sussistono situazioni di emergenza nei confronti delle quali è indispensabile intervenire con rigore e tempestiva efficienza. Per quanto riguarda il Sud, in particolare, non crediamo esagerato affermare che il Governo ha evitato di trasformarlo in un vero deserto musicale. La distribuzione capillare di istituzioni musicali su tutto il territorio nazionale è uno degli aspetti più peculiari e invidiati della organizzazione musicale italiana, che la rende esempio apprezzato nel panorama europeo. Si tratta di centinaia di iniziative dirette e sostenute spesso da privati cittadini che amano la musica e la loro città. Scomparse queste figure inusuali di mecenati (lo scorso anno hanno cessato ogni attività quasi cento associazioni) sarebbe stato difficile trovare in futuro altri volontari in grado di sostituirle. In questo quadro possiamo portare l’esempio dell’Orchestra Verdi di Milano, una delle iniziative musicali più interessanti (210.000 spettatori, una produzione di più di 200 concerti, incassi rilevanti ecc), il cui salvataggio assumerebbe il significato di simbolo di come Lei e il sottosegretario on. Montecchi potreste riparare ai danni provocati dall’incapacità dei precedenti governi e della Regione Lombardia, trovando risposte adeguate alle attese dei cittadini. I contributi pubblici sui quali questa Orchestra può contare sono di entità molto modesta, mentre le passività che si sono accumulate in dodici anni ammontano ormai ad una cifra che ne fa prevedere prossima la chiusura, mettendo a rischio una qualificante opportunità di lavoro per molti musicisti. Questo è l’esempio più emblematico, ma tante altre benemerite istituzioni hanno subito in questi ultimi cinque anni riduzioni ingiustificate. Tutto questo però non sarebbe sufficiente se Lei non procedesse con urgenza alla ristrutturazione della Commissione Musica, non solo in riferimento ai suoi componenti ma in particolare a come è stata a suo tempo concepita e fatta funzionare. Appare, in questo quadro, di fondamentale importanza che il Ministero predisponga ad ogni esercizio una ampia documentazione delle attività realizzate e di quelle preventivate da ogni singola istituzione, in modo da rendere possibile alla Commissione Musica un esame approfondito. Inoltre i risultati dei lavori della Commissione Musica andrebbero diffusi attraverso internet, e questo non solo nei confronti del Fus, ma anche dei fondi Arcus. Noi, da parte nostra, sia pur sicuro, che faremo la nostra parte per sostenere l’azione del Governo in questo senso. Siamo grati, Signor Ministro, per l’attenzione che Lei e il sottosegretario Montecchi dedicherete a questa lettera e Le inviamo i nostri migliori saluti,

Maurizio Pollini    Salvatore Accardo        4 luglio  2006   (seguono firme)

    la redazione    6 luglio  2006

Dido and Aeneas alla Scala con Christopher Hogwood 

E’ dal 1963 che mancava alla Scala l’intensa opera di Henry Purcell su libretto del poeta  Nahum Tate,  Dido and Aeneas, più precisamente dall’edizione che Bruno Maderna diresse alla Piccola Scala. Dopo oltre quarant’anni la tragica storia di Didone, regina di Cartagine, è tornata nel teatro del Piermarini con la direzione dell’inglese Christopher Hogwood (nella foto) e un eccellente cast vocale. In questa entusiasmante messinscena Hogwood ha voluto come Prologo una selezione di brani strumentali, molti dei quali tratti da The Fairy Queen, abilmente danzati dai ballerini scaligeri su passi moderni, geometricamente efficaci, di Wayne McGregor. Il giovane ma affermato coreografo inglese, per l’occasione ha curato anche la regia, cosa che sottolinea l’unità stilistica tra i diversi linguaggi artistici che s’intrecciano nell’opera di Purcell: al canto e alla danza che a ripetute scadenze rientra in scena legando in modo unitario i tre brevi atti, si unisco le essenziali e convincenti scenografie di Hildegard Bechtler, i discreti costumi di Fotini Dimou e le rilevanti luci di Lucy Carter. Tra i danzatori spicca il ballerino ospite Robert Tewsley ma eccellenti anche gli scaligeri Brazzo, Montanari, Benaglia, Sutera e gli altri. Come si diceva ottimi i cantanti, prima fra tutti Sarah Connolly (nella foto) che ha dato prova di eccelse qualità vocali nella non facile parte della protagonista Didone. Mirabile nel lamento finale “Whem I am laid in earth” – Quando distesa sarò sulla terra - con voce intensa e di grande espressività. Ottimi anche Maria Arnet  Belinda, Brando Yovanovich, Aeneas,  e gli altri. Perfetto ogni intervento corale, un plauso a Bruno Casoni. Direzione intensa, profonda e suggestiva quella di Hogwood. Successo di pubblico. Repliche il 6-8-12-14-117-19 luglio. 

5 luglio 2006     Cesare Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it

Al Palazzo ai Giuriconsulti di Milano presentato il cartellone della Stagione Lirica 2006 dello Sferisterio di Macerata 

Die Zauberflöte, Aida e Turandot e quattro opere al Lauro Rossi. MacerataOpera diventa Festival Il tema del viaggio dominerà la 42^ stagione lirica dello Sferisterio, “viaggio attraverso l’esotismo e la favola, ma soprattutto viaggio iniziatico” nelle parole del direttore artistico Pier Luigi Pizzi (nella foto). La caratteristica principale degli spettacoli che prenderanno il via il 28 luglio è quella di essere racchiusi in un Festival: tre prime messe in scena in tre giorni consecutivi per consentire agli amanti della lirica di restare anche solo pochi giorni a Macerata e godere di tutti gli spettacoli. Si comincia il 28 luglio con Die Zauberflöte (Il Flauto Magico) di Wolfgang Amadeus Mozart, un omaggio ai 250 anni dalla nascita del compositore austriaco, con regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi. Ma prima, alle 18, va in scena il primo appuntamento con la terza novità della stagione: uno dei quattro spettacoli previsti al teatro Lauro Rossi, Thamos, König in Ägypten. Il 29 è il turno di Aida di Giuseppe Verdi, diretto da Stefano Ranzani, al suo debutto a Macerata, mentre in teatro è in programma Magnificat, un recital su testi poetici di Alda Merini con voce recitante di Valentina Cortese. Chiude il ciclo un doppio appuntamento con la Turandot, il 30 luglio. Alle 18 al Lauro Rossi va in scena l’opera di Ferruccio Busoni in concerto, mentre in serata, sempre alle 21, è la volta della Turandot di Giacomo Puccini, con regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi. Il cartellone teatrale del Lauro Rossi si chiude il 5 agosto con il concerto Invitation au voyage, mentre quello dell’Arena termina il 13 agosto giusto che anche gli spettatori possano godere di questo meraviglioso spettacolo”. Per maggiori conoscenze consultare il sito www.sferisterio.it/

3 Luglio          C.G.

GIUGNO

La Provincia entra nel Consiglio di Amministrazione della Scala

Sono molto felice per la decisione assunta in sintonia dal Sindaco Letizia Moratti, Presidente della Fondazione Teatro alla Scala, e dal Presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati; decisione che permette alla Provincia di entrare nel Consiglio di Amministrazione della Scala. E’ un passo che aiuterà molto il Teatro nella sua realtà di oggi e nelle sue prospettive future. Sono anche molto onorato che il Presidente della Provincia abbia deciso di entrare di persona nel Consiglio di Amministrazione della Scala. Gesto che considero di estremo riguardo e di grande auspicio per il domani.  

Stéphane Lissner        Sovrintendente e Direttore Artistico del Teatro alla Scala

   Milano, 30 giugno 2006

Presentata la Stagione 2006-07 del Teatro alla Scala 

E’ stata presentata la  ricca  Stagione 2006-07 del Teatro alla Scala dal sovrintendente Stèphane Lissner (nella foto), dal presidente della Fondazione Scala, il sindaco Letizia Moratti e dal vicepresidente Bruno Ermolli: sipario aperto per 264 volte contro le 210 volte di quest’anno. Il 7 dicembre si inizia con Aida diretta da Riccardo Chailly per la regia di Franco Zeffirelli, ma nel corso della Stagione ancora 11 Opere, 6 Balletti, Concerti sinfonici e di canto   con prestigiose bacchette internazionali come Chung, Harding, Maazel, Barenboim, Boulez, Bychkov, Tate, Temirkanov, Ono, Jurowski, Dudamel, Abel ecc. e nazionali come Gatti, Pappano, Ranzani, R.Abbado, Dantone. Ci saranno poi importanti “ospitate” con formazioni orchestrali estere ed italiane quali la Staatskapelle Berlin, l’Ensemble Intercontemporain, l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburo, la London Symphony  Orchestra, l’Orchestra dell’ Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli e l’Orchestra Sinfonica ed il Coro G. Verdi. Dopo Aida vedremo, Lohengrin, Madama Butterfly, La fille du régiment, Salome, Adriana Lecouvreur, Jenufa, Ledi Makbet, Candide, La Traviata, la nuova opera di Fabio Vacchi, Teneke e Così fan tutte.  Per i balletti si inizia il 16 dicembre con Lo Schiaccianoci, coreografia di Nureyev, quindi Sogno di una notte di mezza estate, coreografia di Balanchine, La Dame aux camélias, coreografia di Neumeier, La bella addormentata nel bosco, coreografia di Nureyev, Don Chisciotte, coreografia di Nureyev e Le Parc, coreografia di Preljocaj. Rilevanti anche gli artisti solisti di canto e le formazioni cameristiche. Per ulteriori informazioni consultare il sito www.teatroallascala.org 

30 giugno  2006    la redazione

Roberto Bolle & Friends agli Arcimboldi 

Teatro degli Arcimboldi al completo per assistere al Gala di danza che ha visto come principale protagonista lo scultoreo Roberto Bolle e numerose étoiles internazionali: i russi Adrej Mercur’ev e Evgenija Obraztsova  dal Teatro Mariinskij di San Pietroburgo e Anton Bogov dal Teatro dell’Opera di Maribor, Greta Hodgkinson dal National Ballet of Canada, la brasiliana Daniela Severian , il belga Lars Van Cauwenbergh e la macedone Irena Veterova tutti dal Teatro dell’Opera di Wiestbaden, Zenaida Yanowsky, nata a Lione ma cresciuta in Spagna, dal Royal Ballet di Londra ed infine le nostre Monica Perego e  Marta Romagna. Numerosi  Pas de deux dai massimi balletti si sono alternati a momenti solistici nei quali i grandi ballerini hanno avuto modo di mostrare eccelse qualità artistiche. Tra i momenti “magici” della serata  segnaliamo i passi  aggraziati della  Obraztsova (nella foto) e di Mercur’ev dal Romeo e Giulietta di Prokof’ev-Lavrovskij , quelli intensi e pregnanti della Romagna e di Bolle nell’Apollon musagète ( nella foto) di Stravinskij- Balanchine, la Severian e Mercur’ev nel Don Chisciotte di Minkus-Petipa,  la solitaria e sensuale Yanowsky nel Nisi Dominus con la splendida musica di Claudio Monteverdi e la coreografia di Tuckett, Lars Van Cauwenbergh e la Veterova in La vie en rose con le profonde voci de Jacques Brel e di Edith Piaf, Monica Perego e l’atletico Bogov(nella foto) in Diana e Atteone,  Bolle con la Hodgkinson  in Petite Mort,  sul celebre adagio di Mozart e la sensuale coreografia di Kilián  ed infine di nuovo Bolle con la Romagna e la Yanowsky nel moderno ed avvincente In the middle somewhat elevated per la coreografia di William Forsythe e la musica di Thom Willems. Al termine dello spettacolo, per la direzione artistica di Marco Borelli, interminabili applausi a tutti i protagonisti e ovazione per Roberto Bolle. 

28 giugno  Cesare Guzzardella    ce.guzz@tiscali.it  

Quirino Principe nominato Accademico di Santa Cecilia

Il grande musicologo e germanista di fama nazionale ed internazionale Quirino Principe, attualmente docente presso l'Università di Roma 3, è stato nominato Accademico di Santa Cecilia. Dal 1993 al 1997 è stato anche consigliere d'amministrazione del Teatro alla Scala di Milano ricoprendo contemporaneamente importanti cariche presso altre prestigiose istituzioni culturali e musicali nazionali ed internazionali.  

27 giugno 2006             Giacomo Di Vittorio

LA SCOMPARSA DI ROBERTO HAZON 

Nella notte del 25 giugno scorso si è spento dopo una lunga malattia, presso l'Ospedale di Sanremo, il grande compositore italiano Roberto Hazon (nella foto), nato a Milano nel 1930, noto sia a livello nazionale che internazionale. Il lunghissimo catalogo delle opere di Hazon, i cui lavori sono stati rappresentati  al Teatro alla Scala di Milano, nei principali teatri italiani ed in quelli esteri raggiungendo numerosissimi paesi e diversissime culture è come dicevamo ben noto e non ha bisogno di essere rammentato. Tutti in Italia ed in particolare a Milano conoscono il valore sia umano che professionale della figura di Roberto Hazon. Quello che ci domandiamo è il motivo dell'assenza almeno della notizia del suo decesso nei principali mezzi d'informazione italiani (con particolare riferimento ai principali quotidiani nazionali ed ancora più in particolare quelli con sede principale a Milano o che comunque dispongono di un'importante redazione a Milano). Speriamo vivamente che questa triste dimenticanza venga colmata al più presto in altro modo, ad esempio con un più che doveroso omaggio pubblico alla sua memoria. Nell'attesa rivolgiamo le nostre più sincere e sentite condoglianze a tutta la sua famiglia, ad i suoi cari ed a tutti i suoi amici più sinceri sperando che tutte le persone che hanno avuto la fortuna di incontrare nella loro vita Roberto Hazon non si dimentichino di lui.  

Milano, 27 giugno 2006             Giacomo Di Vittorio

Olga Kern in Conservatorio per La Società dei Concerti 

La pianista russa Olga Kern (nella foto) ha tenuto un concerto nella Sala Verdi del Conservatorio per la Fondazione La Società dei Concerti impaginando un bel programma che prevedeva nella prima parte musiche di Shostakovich,  tre brani dai  Preludi e Fughe op. 87, quindi di L.van Beethoven la Sonata in do magg. op.53 “Waldstein” e nella seconda parte della serata di Felix Mendelssohn, le Variations Sérieuses in re min. op, 54 e dall’op. 16 uno Scherzo, e di Franz Liszt, la Rapsodia Spagnola. La Kern, vincitrice nel 2001 del prestigioso dell’International Piano Competition “ Van Cliburn”, ha mostrato doti di indubbie qualità, con tocco di gran carattere, incisivo e con suono cristallino. Rilevante soprattutto in Mendelssohn e Liszt  ha mostrato determinazione nell’affrontare un  programma non facile quanto variegato. Il caloroso pubblico che occupava, anche se non in modo completo, la Sala Verdi, è stato premiato con ben tre splendidi bis: Étincelles op.36 n°6 di Moszkowski- cavallo di battaglia del grande Horowitz- , un brano da Schubert-Liszt e il celeberrimo ed entusiasmante “Volo del calabrone” che il grande Rimsky – Korsakov compose trovando ispirazione da un racconto di Puskin. 

27 giugno 2006  Cesare Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it

Un trionfo per Pollini in Conservatorio 

Il Concerto tenuto da Maurizio Pollini nella Sala Verdi del Conservatorio milanese, organizzato dalla “Fondazione La Società dei Concerti” e voluto dal grande pianista per la difesa dellaCostituzione Italiana”, è stato un vero e proprio trionfo: l’eccelsa qualità interpretativa dei capolavori di Beethoven prima  e di Chopin poi, ha entusiasmato  il pubblico che  riempiva all’inverosimile la sala e che al termine ha decretato un grandissimo successo con interminabili applausi. Pollini nella prima parte della serata  ha suonato, come solo lui può, prima Beeethoven con  la Sonata in fa min. op.2 n°1 e  la Sonata n°3 in do magg. op.2 n°3, poi nella seconda parte, Chopin con la Ballata n°1 in sol min. op.23, Due Notturni op.55, la Polonaise in fa diesis min. op.44, lo Scherzo in do diesis min. op.39 . Ben quattro i bis, tutti di Chopin. Quello che sempre di più ci stupisce ascoltando Pollini è il suo controllo totale della tastiera e di ogni elemento  sonoro che ne ricava.  In lui troviamo in modo ben evidenziato l’unione tra pensiero razionale e sentimento. I contrasti che emergono nell’esporre i movimenti delle sonate beethoveniane, dai caratteri forti ai momenti di dolcezza infinita,  e il “sentimento” che soprattutto in Chopin traspare in ogni istante, non possono che lasciare l’ascoltatore in un costante atteggiamento di estasi e riflessione. Ci si chiede: ma non c’è limite alla bellezza? Con Pollini sembra proprio di no! 

24 giugno     Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

L'Ensemble Strumentale Scaligero per "Domenica alla Scala"

Domenica 25 giugno alle ore 17.00 giugno l’ultimo appuntamento del miniciclo “Domenica alla Scala” si aprirà nel segno di Rossini, con la travolgente ouverture de La gazza ladra. L’Ensemble Strumentale Scaligero proporrà poi la bella e particolare aria per basso, contrabbasso e archi Per questa bella mano di Mozart, solleciterà la memoria anche cinematografica degli ascoltatori offrendo loro i deliziosi ballabili di Rota per Il Gattopardo di Visconti e una speciale versione di Un americano a Parigi di Gershwin. Biglietti: 14 euro l’adulto, posto gratis al minore accompagnato.                               Il programma prevede:  Gioachino Rossini da La gazza ladra - Ouverture; Wolfgang Amadeus Mozart Per questa bella mano K 612 aria per basso, contrabbasso e archi Alex Esposito, basso Giuseppe Ettorre, contrabbasso; Nino Rota Ballabili dal film Il Gattopardo di Luchino Visconti (trascrizione di Massimo Berzolla) Mazurca – Valzer Verdi – Balletto – Polka – Quadriglia – Gattopardo – Valzer – Galop George Gershwin  Un americano a Parigi (elaborazione di Stefano Nanni) Violini: Giorgio Di Crosta, Ernesto Schiavi; Viola: Emanuele Rossi; Cello: Marcello Sirotti; Contrabbasso: Giuseppe Ettorre; Flauto: Maurizio Simeoli; Oboe: Gaetano Galli; Clarinetto: Fabrizio Meloni, Corrado Giuffredi; Fagotto: Nicola Meneghetti; Corno: Roberto Miele; Sax: Mario Marzi; Pianoforte: Paolo Zannini; Fisarmonica: Simone Zanchini; Percussioni: Beppe Cacciola.  Infotel Scala: 02 72 00 37 44 www.teatroallascala.org  

22 giugno         la redazione

Quartetto vocale d’eccezione al Teatro alla Scala 

Diana Damrau, Charlotte Hellekant, Michael Schade e Christopher Maltman (nelle foto) hanno tenuto un Recital vocale accompagnati ottimamente al pianoforte da Julius Drake e Justus Zeyen in un programma che ha previsto nella prima parte l’esecuzione di brani di Robert Schumann e nella seconda di Johannes Brahms. Diana Damrau, protagonista nel dicembre 2004 dell’Europa riconosciuta di Salieri in occasione della riapertura del teatro del Piermarini, ha mostrato eccellenti qualità timbriche in un programma che vedeva l’interpretazione di due serie di Lieder di Schumann, l’op. 74 (1849) e l’op.138 (1849) su versi di Emanuel von Geibel e quindi dei 18 Liebeslieder Walzer op.52 (1869) di Brahms su versi di Georg Friedrich Daumer. Notevoli anche le altre voci. I quattro cantanti  si sono alternati o hanno cantato insieme, dimostrando un  perfetto equilibrio  ed un’intesa assoluta con i due pianisti che individualmente o a quattro mani, come nei walzer brahmsiani, hanno mostrato una sensibilità romantica di spessore.  Al termine del concerto grande successo di pubblico e quindi  tre bis con la ripetizioni di alcuni lieder dell’op.52 

20 giugno   Cesare Guzzardella

Serata Mozart  al Teatro alla Scala 

Il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala ha messo in scena ben quattro balletti sulle musiche del grande salisburghese con le coreografie di  Uwe Scholz, di Fabrizio Monteverde e di Jiří Kylián. Jeunehomme, il primo balletto di Uwe Scholz sulle  musiche dell’omonimo  Concerto per pianoforte e orchestra K.271, è stato il primo dei lavori presentati, quello più “classico” , con i geometrici costumi di Karl Lagerfeld e le teatrali scene di Scholz stesso. Avvincente la prova dei ballerini ed eccellenti Marta Romagna (nella foto con Murru di M.Brescia) e Massimo Murru nel passo a due del movimento centrale. L’interpretazione pianistica di Takahiro Yoshikawa, in questo e nei successivi balletti, è stata superlativa e ottima la direzione di  Paul Connelly.  Il secondo balletto, Vanitas, sul mito di Cassiopea, è stato una "prima assoluta" di Fabrizio Monteverde ed è costruito in due momenti:  sull’Andante  del Concerto K 482 e  sull’Aria dalla Cantata K42 con un intervento sulla scena del soprano Alisa Zinovjeva che intona  Betracht dieses Herz”.  Originali le scene molto  teatrali di Paolo Calafiore  e bravissima la protagonista Sabrina Brazzo (foto M. Brescia) e i quattro ballerini  primo fra tutti Andrea Volpintesta. Petite Mort e Sechs Tänze sono i balletti, per la prima volta presentati alla Scala, del praghese trapiantato in Olanda  Jiří Kylián. Il primo, serio, è costruito sui movimenti centrali  dei Concerti  K488 (Adagio) e K467 (Andante), il secondo, molto divertente, sulle Sei Danze tedesche K571. Kylián, autore anche delle scene e dei costumi, è riuscito in modo miracoloso ha rappresentare la sublime musica mozartiana con un equilibrio coreografico-scenico  perfetto che nulla toglie al grande compositore e che mette in risalto le infinite sfaccettature dei caratteri musicali,  anche con  trovate sceniche geniali. Bravissima  tutta la compagine di ballo. Prossime repliche il 17, 21, 23 giugno. Grande successo di pubblico. 

17 giugno 2006      Cesare Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it

Presentazione della Stagione 2006-2007 del Teatro alla Scala

Giovedì 29 giugno alle ore 10.30, presso il Ridotto dei Palchi "Arturo Toscanini" del Teatro alla Scala si terrà una Conferenza Stampa di presentazione alla Stagione Musicale 2006-2007. Interverranno Stéphane Lissner, Sovrintendente e Direttore Artistico, Letizia Moratti, Presidente e Bruno Ermolli, Vicepresidente.

           15 giugno               la redazione 

La New York Philharmonic e Lorin Maazel  alla Scala per “L’Amico Charly” 

Importante serata al Teatro alla Scala a favore de L’Amico Charly, Onlus  che si occupa sin dal 9 aprile 2001, giorno della  fondazione, del disagio adolescenziale in tutte le sue forme ed espressioni. Il Concerto Straordinario  ha visto sul palco una delle più importanti orchestre al mondo, la New York Philharmonic.  Fondata nel 1842, è la formazione più antica degli Stai Uniti e sul podio c’era Lorin Maazel,  direttore della  Philharmonic dal settembre del 2002 e  presenza costante del teatro milanese. Il programma ha previsto nella prima parte la Sinfonia in do magg. K.551 “Jupiter” di W.A.Mozart e nella seconda la Sinfonia n.1 in re magg. “Titan” di Gustav Mahler. Concerto avvincente sotto ogni profilo. L’orchestra sia in Mozart - entusiasmante nel grandioso finale- ma soprattutto nella Sinfonia  Titano di Mahler ha mostrato qualità di trasparenza timbrica, di equilibrio tra le diverse sezioni strumentali e di ponderatezza sonora a livelli altissimi con una direzione, quella di Maazel (nella foto in basso con il primo violino) estremamente misurata ed elegante. Anche nei momenti di maggior vivacità  e voluminosità sonora, peculiarità tipica  mahleriana, l’orchestra  ha reso in modo trasparente e dettagliato i timbri delle diverse sezioni con particolare nitore per gli ottoni. Il complesso mondo del viennese è stato interamente percorso da un direttore che per sensibilità e affinità ha colto in modo profondo tutte le sfumature e le raffinatezze che la celebre composizione ci ha rivelato. Al termine dello splendido concerto che ha visto come unica pecca gli applausi inopportuni, tra i movimenti dei brani, di una parte del  pubblico, benestante e generoso ma evidentemente non abituato alla frequenza delle sale da concerto, abbiamo ascoltato due brevi ma preziosi bis con ancora Mahler e Wagner. Grandissimo successo. Per informazioni e donazioni www.amicocharly.it

14  giugno   2006         Cesare Guzzardella       ce.guzz@tiscali.it                          

Enrico Dindo e Pietro De Maria per le “Serate Musicali” 

Splendido concerto quello ascoltato lunedì nella Sala Verdi del Conservatorio milanese per le “Serate Musicali”: sul palco al violoncello il torinese Enrico Dindo (nella foto) e al pianoforte Pietro De Maria (nella foto) in un programma ben impaginato che ha previsto l’esecuzione di brani di Schumann e di Brahms. Nella prima parte della serata di Robert Schumann abbiamo ascoltato brani da lui composti tra il 1849 e il 1850:  l’ Adagio e Allegro in la bem. magg. op.70  nella versione per violoncello e pianoforte,  quindi Phantasiestücke op.73 e al termine i folcloristici e raffinati Fünf Stücke im Volkston op.102 in un'avvincente esecuzione ricca di spontanea espressività melodica. Dopo l’intervallo, di Johannes  Brahms,  una entusiasmante  Sonata per violoncello e pianoforte op.99 (1885). Dindo possiede qualità virtuosistiche elevate con tocco preciso, timbro profondo e immensa capacità di penetrare l’anima romantica dei due grandi tedeschi. Il pianoforte di De Maria è stato in ottima sintonia con il violoncello. Al termine come bis abbiamo ascoltato il movimento finale dell’ op.38 di Brahms. Grande successo di pubblico. 

12 giugno    Cesare Guzzardella

La scomparsa del compositore ungherese Gyorgy Ligeti

Nel tardo pomeriggio di oggi l'agenzia di stampa austriaca APA e l'editore tedesco Schott Music sono stati costretti a confermare la notizia del decesso a Vienna, dopo una lunga malattia, del compositore ungherese Gyorgy Ligeti nonostante il fatto che membri della sua famiglia non volessero inizialmente rendere noto la data precisa ed il luogo del decesso. Nato il 28 maggio1923 a Dicsoszenmarton in Transilvania da una famiglia della piccola borghesia ebraica, nel1940 è costretto ai lavori forzati mentre il padre, la madre ed il fratello vengono deportati ad Auschwitz da dove solo la madre riuscirà a fare ritorno. Dal 1950 al 1956 è docente di armonia e contrappunto all'Accademia Franz Liszt di Budapest. Al momento dell'occupazione sovietica riesce a fuggire clandestinamente a Vienna acquisendo in seguito la cittadinanza austriaca. Dal 1973 al 1989 ha insegnato composizione alla Musikhochschule di Amburgo. Nel 2003,costretto su una sedia a rotelle, la città di Francoforte gli ha conferito l' “Adorno Preis” dopo aver ricevuto anche il premio della  Ernst von Siemens Stiftung. Il percorso di Gyorgy Ligetiè ben noto : la sua amicizia e frequentazione con Pierre Boulez, Luciano Berio, Mauricio Kagel, Bruno Maderna e Luigi Nono . Del 1978 è la sua unica opera composta , il celebre “Le Grand Macabre” (in realtà una “anti-opera”), liberamente ispirata ai quadri di Brueghel,rappresentata per la prima volta  il 12 aprile 1978 al Teatro Reale di Stoccolma , sino ad arrivare alle colonne sonore dei film di Stanley Kubrick che lo resero celebre al grande pubblico (per intenderci anche quello che non ascolta abitualmente la musica detta impropriamente “classica” o “colta”) in particolare per la straordinaria produzione pianistica .  Dopo la fuga da Budapest nel 1956, arrivato a Vienna, non poteva disporre nemmeno di un pianoforte (e questo sino alla fine degli anni Sessanta) ma per comporre aveva  a disposizione solo i tavoli dei caffè viennesi, dove ancora oggi non si viene mai cacciati via terminata la consumazione, venendo sempre utilizzati  da molti studenti con problemi di alloggio, intellettuali ed artisti come luogo sempre aperto di studio e conversazione nonché come luogo di incontro e di conoscenza reciproca . Vorremmo concludere con una sua celebre frase : “Non accetto le norme restrittive che siano politiche , filosofiche o musicali,ma voglio sempre rimettere tutto in questione” . Speriamo che ancora oggi molti possano apprendere e riflettere a partire dal suo insegnamento di vita e di artista. 

12 giugno 2006                            Giacomo Di Vittorio

Ritorna Il Barbiere di Siviglia  per la Scala agli Arcimboldi 

Dopo il successo ottenuto la scorsa stagione al Teatro alla Scala, è tornato, questa volta agli Arcimboldi, Il Barbiere di Siviglia di G. Rossini per la magnifica regia, le scene e i costumi di Jean Pierre Ponnelle (regia ripresa da Lorenza Cantini).  La divertente opera su libretto di Cesare Sterbini dalla commedia di Beaumarchais, questa volta vede la direzione dell’ottimo Walter Attanasi e una compagine di giovani cantanti provenienti dall’Accademia della Scala. Tutti bravi e  con una particolare freschezza le voci. Fra queste spicca l’oramai affermato Christian Senn (nella foto di M. Brescia), perfetto nel ruolo di Figaro. L’ottimo equilibrio ottenuto dal direttore tra orchestra e voci ha messo in risalto  i bravi Natalia Gavrilan (foto M.Brescia), Rosina, Yasu Nakajima, il Conte di Almaviva, Elia Fabbian, Don Bartolo, Deyan Vatchkov, Don Basilio, Raffaella D’Ascoli, Berta, Gilberto Fusi, Ambrogio, Davide Pelissero, Fiorello. Un plauso anche all’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala e al Coro di voci dell'Accademia e dell'As.Li.Co. Prossime repliche il 9-10-12-13 giugno.

9 giugno  Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it 

Grande Piotr Anderszewski con l’Orchestra di Padova e del Veneto

 Il pianista polacco Piotr Anderszewski (nella foto) è stato ospite delle Serate Musicali in Conservatorio accompagnato dall’Orchestra di Padova e del Veneto in un programma interamente mozartiano. In esecuzione due tra i più celebri Concerti per pianoforte, il K 488 in la maggiore e il K491 in do minore, preceduti da due sinfonie giovanili del grande salisburghese, la K 129 in sol maggiore e la K 134 in la maggior. Queste ultime sono state ottimamente interpretate dall’orchestra coordinata dal violinista principale Piero Toso. Anderszewski, nel duplice ruolo di direttore-pianista, nei concerti ha rilevato doti d’interprete eccellenti. Il tocco morbido, trasparente, preciso, altamente espressivo del pianista, si è integrato perfettamente con una direzione, la sua, che ha esaltato ulteriormente le qualità timbriche della quarantennale formazione orchestrale. Specie nel concerto in do minore, Anderszewski ha saputo cogliere la profonda drammaticità del capolavoro mozartiano, regalandoci un’interpretazione sorprendente sotto ogni profilo. Grande come pianista, ma ottimo anche come direttore. Il pubblico al termine del concerto ha dimostrato  molto entusiasmo e come bis abbiamo riascoltato l’Allegro assai del K 488. Giovedì 15 giugno  Piotr  tornerà in Conservatorio con la violinista Dorata  Anderszewska  alla volta di Beethoven e Prokofiev. 

6 giugno   Cesare Guzzardella  ce.guzz@tiscali.it 

Torna alla Scala Ariadne auf Naxos con  la direzione di Jeffrey Tate 

E’ tornata al Teatro alla Scala  Ariadne auf Naxos, opera di Richard Strauss in un prologo e un atto su libretto di  Hugo von Hofmannsthal. La regia di Luca Ronconi,  le scene di Margherita Palli e i costumi di Carlo Diappi  sono quelli dell’edizione scaligera del 2000 allora diretta da Giuseppe Sinopoli, mentre ora troviamo sul podio l'inglese Jeffrey Tate (nella foto). L’edizione “viennese” di Ariadne auf Naxos   risale al periodo 1912-1915, sostituisce la prima sfortunata versione del 1911 e consolida ulteriormente la felice collaborazione tra Strauss e Hofmannsthal, quest’ultimo ideatore di questo strabiliante progetto teatro-musicale che unisce le caratteristiche serie del melodramma  a quelle comiche dell’opera buffa derivate dalla commedia di Molière. Richard Strauss ha tradotto  quest’idea in musica, componendo un capolavoro che per la varietà stilistica - spazia infatti dal neoclassicismo settecentesco sino al tardo romanticismo e l'espressionismo -   e per la capacità di mettere in relazione le sue geniali idee musicali con i differenti caratteri dei personaggi presenti sulla scena, dai “seri” Der Komponist, Ariadne, Bacchus ecc. ai “comici” Zerbinetta, Arlecchino, Brighella, Truffaldino, rimane un’opera unica nel genere. La direzione di Jeffrey Tate convince per chiarezza espressiva  e per il grande equilibrio ottenuto tra orchestra e solisti. La compagnia di canto complessivamente avvince e superlativa rimane l’interpretazione del soprano Kristine Jepson (nella foto in alto), Der Komponist; ottime prove quelle di Tracy Dahl (nella foto), Zerbinetta, Christine Goerke, Ariadne, Markus Werba (nella foto), Arlecchino, e valide le altre. La  regia, specie nel teatrale prologo iniziale, è splendida; perfetti  le scene e i costumi.  Prossime rappresentazioni il 6-8-14-16-20-22-24 giugno. 

4 giugno 2006   Cesare Guzzardella  ce.guzz@tiscali.it

Christian Senn  in San Simpliciano 

Il baritono Christian Senn (nella foto), ha cantato brani di J.S. Bach nella chiesa milanese di San Simpliciano durante una messa di suffragio celebrata da monsignor Giuseppe Angelini. Il cantante di origine cilena che prossimamente ascolteremo agli Arcimboldi nel Barbiere di Siviglia di Rossini nel ruolo di Figaro,  è stato accompagnato dall’ottimo organista Gianluca Capuano  e, nel brano finale  Endlich, endlich wird mein Joch.. dalla Cantata BWV 56, anche dall’oboista Francesco Quaranta.  Senn-Figaro settembre2005

3 giugno    C.G.

MAGGIO

Roberto Abbado dirige la Filarmonica della Scala 

 Roberto Abbado (nella foto) è tornato  alla Scala  con uno splendido  concerto sinfonico che ha visto l’esecuzione di musiche di Schumann, di Schönberg e di Mahler. Il Requiem für Mignon op.90/b è un’opera tarda  composta da Robert Schumann nel 1849 e l’organico proposto ha previsto la presenza di un coro, di un baritono e di quattro voci bianche soliste. L’interpretazione ascoltata è stata avvincente per la splendida intesa riscontrata tra l’Orchestra Filarmonica, il Coro di Bruno Casoni, il baritono Markus Werba (nella foto) e per il nitore espressivo e la bellezza timbrica delle voci soliste preparate da Alfonso Caiani e precisamente quelle di Beatrice Palumbo, Lucrezia Drei,  Elena Caccamo e Irene Ripa. Abbado ha saputo trovare il giusto equilibrio tra le parti dimostrando maestria direttoriale. Ottima interpretazione anche quella riscontrata in Un sopravvissuto di Varsavia op. 46, opera  di Arnold Schönberg composta negli Stati Uniti nel 1947 e qui proposta con la voce recitante di Moni Ovadia (nella foto). La struggente lettura del testo scritto da Schönberg da una testimonianza di un giovane ebreo polacco miracolosamente sopravvissuto al massacro avvenuto nel ghetto di Varsavia, è stata fatta in modo drammaticamente e intensamente espressivo da Ovadia  e perfetto è stato il completamento  orchestrale con le dodecafonie del grande viennese  dirette da Abbado con indubbia qualità. Nella seconda parte del concerto abbiamo ascoltato la Sinfonia n°1 in re magg. “Titan” composta da Gustav Mahler tra il 1885 ed il 1888. Interpretazione avvincente nei tempi rapidi e ben marcati con i “tutto orchestrali” dalle timbriche chiare e suggestive, meno  nei momenti più pacati dove il suono  intimo dell’orchestra meritava una lettura più poetica. Grande successo di pubblico. Ultima replica questa sera    R.ABBADO NELLA LUCIA DI LAMMERMOOR

31 maggio  Cesare Guzzardella      ce.guzz@tiscali.it.   

Recital di Maurizio Pollini al Teatro alla Scala

 Lunedì 29 maggio 2006 Maurizio Pollini(nella foto)si è esibito in un recital presso il Teatro alla Scala a favore del Fai – Fondo per l'Ambiente Italiano (sito: www.fondoambiente.it) la cui presidente, Giulia Maria Mozzoni Crespi, era presente in sala, progetto realizzato in collaborazione con le Serate Musicali di Milano. Il grande pianista italiano era in perfetta forma ma in uno stato di completa visionarietà e trascendenza tanto da cambiare persino all'ultimo momento parte del programma, cosa mai avvenuta, almeno sin da quando eravamo appena nati e cominciammo ad ascoltarlo in questa sede ed altrove . La Sonata in do minore K 457 di Wolfgang Amadeus Mozart è stata sostituita con l'eterea e metafisica Fantasia in do minore K 475 ed al posto della “Kreisleriana op. 16” di Robert Schumann molto raramente eseguita dal vivo sinora (nonché incisa da poco) che aspettavamo con grande ansia , si è lasciato spazio ad un florilegio chopiniano che andava dalla Prima Ballata, a due Notturni, sino alla vibrante Polonaise in fa diesis minore op. 44. Inalterata invece la sulfurea seconda parte del concerto che si apriva con le più visionarie ed estreme pagine pianistiche di Franz Liszt (nel dipinto): “Nuages gris”, la grande modernità sorprendente e urtante di “Unstern”, “Die Trauergondel” e Richard Wagner – Venezia composto sull'onda dell'emozione ed il compianto per la morte di Richard Wagner ( immagine sotto)il 13 febbraio 1883 nella città lagunare, per approdare poi al mistero compositivo e l'unicum costituito dalla “Sonata in si minore”. Ed è qui che si è prodotto un reale choc sia per l'ascoltatore che forse per lo stesso esecutore . Infatti questa pagina più volte ascoltata dal vivo, eseguita e registrata con perfetta padronanza tecnica e dominio assoluto della forma, è stata letteralmente aggredita dall'esecutore sia per quanto riguarda le dinamiche che per la violenza percussiva senza respiro e l'esasperata modernità timbrica ed armonica, quasi si trattasse di un'“Hammerklavier” di Ludwig van Beethoven trasportata e proiettata nel XXesimo se non nel XXIesimo secolo . Oltre mezz'ora di reale e pura visionarietà spesso spettrale che non si è conclusa al termine dell'esecuzione bensì si è protratta nei quattro bis regalati ad un pubblico come si può ben  immaginare a dir poco entusiasta, che costituivano in un certo senso un ulteriore concerto nel concerto : “La Cathédrale Engloutie “ di Claude Debussy in perfetto legame con l'inizio della seconda parte dell'esibizione, il celebre ed a dir poco impetuoso Studio op 10 n°12 di Frédéric Chopin (denominato “La caduta di Varsavia”) che si collegava in un certo senso, anche per l'esecuzione e l'interpretazione scelta, alla Sonata in Si minore di Franz Liszt, un Notturno di Chopin che sembrava augurare infine la buona notte a tutti e dopo lunghissimi applausi e numerose chiamate al proscenio la serata si è conclusa inaspettatamente con il decimo degli “Etudes d'exécution transcendante” Allegro agitato molto di Franz Liszt che ha scosso molti degli spettatori presenti già agitati: infatti fuori dal Teatro una tempesta era appena scoppiata e per molti la notte non è stata affatto tranquilla. Speriamo che Maurizio Pollini abbia sempre questa forza di scuoterci e  sorprenderci e mantenga sempere viva la sua forza ed il suo impegno morale e civico di artista che sicuramente si ripresenterà se le circostanze lo renderanno necessario. 

                   30 maggio             Giacomo Di Vittorio

Lezioni americane di Luciano Berio 

Sabato 27 maggio 2006 mentre lo stadio di San Siro veniva preso d'assedio da una folla osannante ed in delirio, di tutte le età (ma principalmente dall'adolescenza ai quaranta anni) , per l'imperdibile concerto del “Liga” ovvero Ligabue (con una caccia forsennata all'ultimo biglietto che durava da settimane) presso l'Auditorium di Largo Mahler (purtroppo semivuoto) aveva luogo un evento di grande importanza ovvero un omaggio a Luciano Berio - nella foto- (Oneglia, Imperia 24 ottobre 1925 – Roma 27 maggio 2003) , uno dei più importanti compositori italiani del Novecento, a tre anni esatti dalla sua scomparsa . Prima di ritornare al concerto vorremmo ricordare , dato che la stampa italiana non ha dato ancora molta rilevanza all'evento, che nel marzo di quest'anno sono state pubblicate da Einaudi le “Lezioni americane” di Luciano Berio il cui bellissimo titolo (tratto da le ultime parole di Prospero in “Un re in ascolto” del 1984 su libretto di Italo Calvino a cui ugualmente si ispira il sottotitolo di “Lezioni americane”) è “Un ricordo al futuro” (in inglese “Remembering the Future") . Si tratta delle letture effettuate tra il 1993 ed il 1994 all'Università di Harvard presso la cattedra di poetica “Charles Eliot Norton” ascoltate da Marina Berio e trascritte dalla moglie del compositore Talia Pecker Berio.Tra i predecessori di Berio alla prestigiosa cattedra ideata nel 1926 ci furono Igor Strawinsky, John Cage, Leonard Bernstein e Charles Rosen. Il testo originale è in italiano poi tradotto in iglese (insieme allo stesso Berio) da Anthony Oldcorn . Questa redazione è a cura di Talia Pecker Berio (ma viene da lei stessa  considerata non definitiva ed aperta ad ulteriori varianti)e fa parte del primo atto della pubblicazione degli scritti di Luciano Berio da parte della casa editrice Einaudi, cui seguiranno i “Saggi sulla musica” e le “Interviste”. L'amico Umberto Eco -nella foto- scrive a proposito del libro : “Berio musicista è universalmente noto. Meno, ovviamente, il Berio saggista" . Ma, fin dalla pubblicazione di una rivista dalla vita breve, di grande impatto teorico, che è stata negli anni Cinquanta “Incontri musicali”, attraverso scritti rivelatori come il suo saggio sul rock, sino a queste “Lezioni americane”, le pagine critiche e teoriche di Berio ci rivelano non solo un artista che riflette sulla propria opera e sulla situazione della musica, ma un pensatore a tutto campo, di cui queste pagine sono forse il testamento spirituale”. Malgrado nella quarta di copertina venga riportato questa dichiarazione del compositore : “Non ho intenzione di occuparmi di musica come rassicurante mercanzia emotiva per l'ascoltatore o come rassicurante bagaglio procedurale per il compositore . Mi piace invece leggere o ascoltare la musica che si interroga, ci interroga e ci invita a una costruttiva revisione, o, addirittura, a una sospensione del nostro rapporto del passato e a una sua riscoperta sulle tracce di percorsi futuri”, noi pensiamo che la produzione sia orchestrale e da camera che , in particolare, il suo teatro musicale, siano fruibili da un largo pubblico e, ad esempio, il grande successo di “Outis” al Teatro alla Scala ne è stato una evidente testimonianza . Ugualmente adottare questo testo in corsi universitari non unicamente di musicologia sarebbe, a nostro avviso, largamente auspicabile e pienamente plausibile. Ritornando al concerto la brava Nicoletta Conti ha diretto l'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi nella “Serenata per un satellite” di Bruno Maderna e nella trascrizione per clarinetto ed orchestra di Luciano Berio (datata 1986) della prima Sonata op.120 per clarinetto e pianoforte di Johannes Brahms del 1894 . Mentre nella seconda parte l'impeccabile Andrea Bacchetti ha eseguito quattro dei “6 encores” per pianoforte, “Rounds” e la “Petite Suite” per piano di Luciano Berio. Per quanto riguarda invece il rapporto stadio – sala da concerto , musica rock – musica detta “classica” o “colta” vorremmo fare alcune considerazioni . Nicoletta Conti è stata assistente nell'agosto 2000 di Antonio Pappano(nella foto) per la realizzazione del film opera (che ha letteralmente rivoluzionato il modo intendere il genere di questa particolare specie di film) “Tosca”, realizzato dal grande regista di teatro e cinema Benoit Jacquot, presentato con grande successo alla Mostra del cinema di Venezia nel 2001, film prodotto ed ideato da un progetto del grande Daniel Toscan du Plantier -nella foto- (nato il 7 aprile 1941 a Chambéry e deceduto tragicamente ed inaspettatamente l'11 febbraio 2003 durante la Berlinale) cui dobbiamo ugualmente la bellissima “Madama Butterfly” di Frédéric Mitterand del 1995 e buona parte del genere film – opera quasi  da lui inventato e reinventato . Il film di Jacquot è uscito con grandissimo e strepitoso successo nelle sale francesi, tedesche ed europee subito dopo la proiezione al Festival di Venezia e viene acora oggi periodicamente riproposto ad orari accettabili da molti canali televisivi europei e non tra cui l'emittente franco – tedesca Arte che è visionabile via etere ( e senza satellite o abbonamenti particolari) da praticamente tutta l'Europa (e non nel nostro Paese) . In Italia è successo questo: il film è uscito e rimasto nelle sale per circa una settimana sia a Roma che a Milano e non è stato mai trasmesso da alcun canale televisivo sia pubblico che privato. Il film di Frédéric Mitterand, che altrove ha riscosso quasi analogo successo, in Italia non è uscito nemmeno nelle sale cinematografiche. Ritornando allo stadio : “Rounds” per pianoforte eseguito nel concerto all'Auditorium di Largo Mahler da Andrea Bacchetti è dedicato al compositore e direttore d'orchestra Marcello Panni (Roma, 1940) per alcuni anni direttore musicale di una prestigiosa istituzione quale l'Opéra di Nizza. Nel 2000 la carica è stata rilevata dal giovane ed internazionalmente noto direttore d'orchestra italiano Marco Guidarini (nella foto) il quale nel 2003 ha riempito il ,ben più grande di San Siro, Stade de France con una produzione di “Carmen” di Georges Bizet trasmessa in diretta in prima serata da France 2, il principale canale pubblico televisivo francese, Stade de France che in genere è territorio d'elezione quasi esclusivo dell'osannato Johnny Hallyday. Ciò dimostra dunque che l'aut – aut: Ligabue – Luciano Berio, musica rock – Giacomo Puccini non è affatto imperativo e si tratta solo di utilizzare delle ben precise strategie e canali già ampiamente diffusi. Un consiglio e suggerimento al futuro,forse . 

                              28 maggio                Giacomo Di Vittorio 

Concerto in memoria di Luciano Berio all’Auditorium di l.go Mahler 

L’Orchestra Sinfonica G.Verdi ha reso omaggio a Luciano Berio (1925-2003), a tre anni esatti dalla sua scomparsa, con un concerto particolare nella scelta dei brani.  Ottima direzione quella di  Nicoletta Conti (nella foto) che ha proposto composizioni di Maderna, Brahms-Berio e Weill. Serenata per un Satellite, scritta da Bruno Maderna nel 1969 per il lancio del satellite ESRO I B è una scelta giusta: Maderna fu amico di Berio e suo compagno di avventura  nel dare origine allo Studio di Fonologia della Rai di Milano, primo luogo italiano dove si sperimentò la musica concreta ed elettronica. Il brano che  prevede aleatorietà diffusa per i pochi  strumenti dell’esigua formazione orchestrale, è  stato ottimamente diretto dalla Conti in una esecuzione luminosa e chiara nei dettagli timbrici. L’opera 120 n°1  per clarinetto e pianoforte di Johannes Brahms è stata eseguita nella bella trascrizione orchestrale fatta da Berio nel 1986. Ottime le sonorità  dell’orchestra e bravissimo il solista Fausto Ghiazza  che al termine ha proposto un avvincente bis di Stravinskij. Nella seconda parte del concerto abbiamo avuto il piacere di ascoltare l’affermato pianista Andrea Bacchetti (nella foto) che ci ha offerto in ascolto gran parte dell’opera pianistica di Berio (recentemente è uscito un suo disco con l’incisione completa della musica per pianoforte del Maestro di Oneglia)  e precisamente dai  Sei encore per pianoforte (1969-90), Enderklavier, Brin, Leaf, Wasserklavier, quindi Rounds (1967) e per terminare la graziosissima Petite Suite pour piano (1947). Avvincente l’interpretazione di Bacchetti - pianista molto amato da Berio stesso - che ha mostrato profondità di pensiero musicale e qualità espressive non comuni anche per il repertorio di fine ‘900. Al termine uno splendido bis con l’Aria iniziale dalle Goldberg di J.S.Bach. La serata si è conclusa con  una godibilissima Suite dall’Opera da tre soldi di Kurt Weill. Spettatori soddisfatti in  una sala purtroppo con poco pubblico. 

28 maggio    C. Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it   BACCHETTI 28 OTTOBRE 2005

La Zakharova e Sarafanov  per La Bayadère alla Scala 

Nel V° secolo il poeta indiano Kalidasa scrisse Sakùntala, che narra la storia di una fanciulla, custode di un tempio, vittima di un amore infelice. L’opera, in pieno periodo romantico, suscitò l’interesse di Goethe e fu fonte d’ispirazione per un’opera e un balletto, negli anni 1850-60. Il danzatore-coreografo francese Marius Petipa (nella foto sotto), in quel periodo, era già in Russia, e il più  giovane Ludwig Minkus ( a destra), compositore di origine ceca, suonava come primo violino al Teatro Bolshoi di Mosca. Qui nasce dunque la feconda collaborazione tra Minkus e Petipa che porterà, nel 1868, al balletto di grande successo Don Quixote, in seguito al quale Minkus sarà nominato compositore ufficiale del Bolshoi. La Bayadère, la cui protagonista, Nikiya, ricorda appunto la sfortunata Sakùntala, viene presentata per la prima volta al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo all’inizio del 1877. La coreografia di Petipa e la musica di Minkus hanno reso questo balletto un vero capolavoro, rappresentato ovunque con successo. Nureyev, nel 1963, riallestì in parte la coreografia, modificata ancora nel 1974 da Natalia Makarova: ed è quest’ultima versione quella portata ora alla Scala, con la ripresa anche del terzo atto, precedentemente escluso. La sera di mercoledì 24 hanno danzato, nei ruoli di Nikiya e di Solor, proprio due stelle del balletto russo: Svetlana Zakharova(nella foto di M.Brescia), del Bolshoi, e Leonid Sarafanov (nella foto), primo solista del Kirov-Mariinskij Ballet. Entrambi applauditissimi, con vere ovazioni per Sarafanov. Magico il famoso quadro del Regno delle ombre: alla luce algida della luna sfilano eteree figure, delicati spettri, in una processione infinita, quasi in una formazione geometrica che dà il senso dell’eterno, del tempo di un’altra dimensione. I temi romantici ci sono tutti e ricordano altri balletti, come Giselle o La Silphyde: la donna idealizzata, l’amore conteso, l’uomo che cede e tradisce per debolezza o inganno ma poi si ravvede, personaggi infidi mossi da vili sentimenti quali la gelosia o l’invidia, ma la novità è l’ambiente esotico, un’India immaginaria che rievoca fiabe orientali e divinità della natura. Il palcoscenico della Scala è perfetto per una scenografia che ricostruisce il Palazzo del Rajah e i suoi magnifici giardini, il Tempio della Fiamma Sacra nella foresta, il Tempio Buddista: è lo stupefacente crollo di quest’ultimo, alla fine del balletto, che segna la morte della figlia del Rajah, Gamzatti, e del suo promesso sposo Solor, che potrà così riunirsi per sempre all’amata Nikiya  mantenendo infine il suo giuramento di fedeltà. Amore e morte danzano insieme, fin dall’inizio, in un pas de deux ricco di virtuosismi. Ottimo, come sempre, il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Applausi anche per Isabelle Brusson (Gamzatti) e Antonino Sutera (l’Idolo d’oro). Molto apprezzata la direzione di David Coleman. Ultima replica questa sera.

26 maggio    A.B.      RECENSIONE DEL 19 MAGGIO     

Teatro alla Scala: incontro con Fabrizio Monteverde

Mercoledì 31 maggio alle ore 17.30 presso il Ridotto dei Palchi Arturo Toscanini del Teatro alla Scala si terrà un incontro con Fabrizio Monteverde (nella foto), anticipato da un’introduzione di Francesca Pedroni, che verterà sui balletti della “Serata Mozart”, alla Scala dal 9 al 23 giugno. Una nuova produzione di Fabrizio Monteverde in prima assoluta, due gioielli coreografici di Jiří Kylián e, per la prima volta in Italia, Jeunehomme di Uwe Scholz: questo il contributo del Balletto della Scala alle celebrazioni di quest'anno. Con la "Serata Mozart", la compagnia scaligera celebrerà, nello stile di tre importanti coreografi del nostro tempo, l'incontro fra la musica di Wolfgang Amadé e la danza.  Nelle ultime stagioni già due sono state le creazioni realizzate per la compagnia scaligera da alcuni dei maggiori nomi italiani della coreografia internazionale, Mauro Bigonzetti e Jacopo Godani; ora, proseguendo questa politica di valorizzazione delle migliori firme nazionali, il Balletto scaligero saluta il grande ritorno di Fabrizio Monteverde, con Vanitas, una creazione pensata per quattro uomini, una donna e un soprano in scena, ispirata al mito della regina Cassiopea e alla sua luminosa costellazione, al suo essere condannata a ruotare eternamente, come monito e punizione per la sua vanità.  Condotto da Francesca Pedroni, l’incontro sarà anche l’occasione per fare il punto, attraverso uno dei suoi massimi esponenti, sulla coreografia italiana e sul lavoro di ricerca e creazione.

26 maggio   la redazione

Amici del Loggione: concerto  con musiche di Mozart

Il 26 maggio alle ore 21.00, presso gli Amici del Loggione in via S.Pellico 6 (ang. Piazza Duomo)si terrà un concerto ad ingresso libero con musiche di W.A.Mozart. I giovani interpreti saranno: Alessandro Longhi, flauto, Marika Lombardi (nella foto), oboe, Francoise Renard, viola, Serena Canino, violino, Roberta Ruffilli, violoncello, Aldo Devero, pianoforte.

25 maggio    dalla redazione

Freddy Kempf  per le “Serate Musicali” 

 Il ventinovenne pianista londinese Freddy Kempf (nella foto) è tornato in Conservatorio per le “Serate Musicali” con un programma particolarmente impegnativo che vedeva l’accostamento della monumentale Sonata n°29 in si bem.magg. op. 106 “Hammerklavier”  di L.van Beethoven con l’altrettanto scultorea opera pianistica di Modest P. Moussorgski “Quadri di una esposizione” . Kempf ha dimostrato coraggio nella sua voglia di novità interpretativa: mani robuste, tecnica trascendentale, articolazione al limite del possibile per due composizioni che hanno una notevole schiera di prestigiosi interpreti, molti di essi già entrati nella storia,  e che trovano nel pianista inglese un probabile innovatore. Il pubblico presente, in una Sala Verdi con ancora  posti liberi, ha decretato un buon successo per la Sonata beethoveniana e una vera e propria ovazione per i Quadri di Moussorgski. Anch’io sono di questo parere. Nell’immensa  Hammerklavier, Kempf ha voluto forse strafare con un allegro e poi un scherzo particolarmente robusti e rapidi,  seguito da un adagio sostenuto  un po’ troppo adagio, mentre il grandioso allegro risoluto nel finale, con quella incredibile fuga, trova in Kempf un interprete di originalissima fattura e di significativa qualità. Nei Quadri del russo, Kempf ha dimostrato maggiore unità stilistica con un’avvincente ed eloquente interpretazione che trova spessore musicale nei contrasti coloristici, negli intensi, luminosi ed espressivi volumi sonori intervallati da momenti di soave e cristallina pacatezza. Al termine come bis, un intenso Andante dalla sonata “Patetica” di Beethoven. 

23 maggio  Cesare  Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it    ILCONCERTO DEL 2005

ISADORA DUNCAN, PINA BAUSCH  - "Danza dell'anima, liberazione del corpo"

Mostra promossa dalla Provincia di Milano  e  curata da Pier Giorgio Carizzoni
Organizzata dall' Associazione Culturale Dioniso con la collaborazione di Credito Artigiano, Goethe-Institut Mailaind, Centre Culturel Français de Milan, Istituto Svizzero di Roma-Centro Culturale Svizzero di Milano Catalogo Skira a cura di Pier G. Carizzoni e Arianna Ghilardotti (ha collaborato Silvia Davoli) 
    Si è aperta a Milano il 17 maggio e chiude il 22 luglio 2006, presso la Galleria del Credito Valtellinese - Refettorio delle Stelline, la mostra "ISADORA DUNCAN, PINA BAUSCH  - Danza dell'anima, liberazione del corpo" che racconta in forma divulgativa e rigorosa, con il supporto di documenti visivi rari e di forte impatto emotivo, il ricco lascito di esperienze, idee, insegnamenti che Isadora Duncan -nella foto - (San Francisco 1877 - Nizza 1927) e Pina Bausch- nella foto- (Solingen 1940) hanno seminato durante la loro luminosa carriera. La mostra, promossa dalla Provincia di Milano, Settore Beni Culturali Arti Visive e Musei, curata da Pier Giorgio Carizzoni e organizzata dalla Associazione Culturale Dioniso, presenta circa 150 fotografie, in massima parte originali, decine di disegni o acquarelli,  3 opere in proiezione-video, 2 preziosi vasi antichi greci, un abito di Fortuny indossato da Isadora Duncan, statuette criselefantine, manifesti e locandine originali, aspetti di scenografie tratte da spettacoli diretti da Pina Bausch, libri-riviste-documenti d´epoca. Il percorso espositivo si articola in cinque stanze: la sala di apertura raccoglie immagini  dei precursori e pionieri della danza libera, ispiratori di un nuovo linguaggio del corpo e di una rivoluzione del costume: dalle teorie di François Delsarte, Rudolf Von  Laban e Emile- Jacques Dalcroze fino alla audace esperienza di Monte Verità presso Ascona. La stanza Lo spirito della danza propone il video Onde di Franco e Mario Piavoli, un vaso antico greco con figure danzanti, foto originali di fine `800 del Partenone e del Teatro di Dioniso, testi e immagini di  autori che hanno avuto un particolare influsso su  Isadora Duncan. La  stanza Visioni di Isadora espone disegni e opere grafiche di artisti che hanno ritratto o si sono ispirati alla danzatrice californiana: 12 straordinari disegni di Auguste Rodin (di cui 2 dedicati alla Duncan), altri firmati da Antoine Bourdelle, Jules Grandjouan, André Dunoyer de Segonzac, Jean Lafitte, José Clara, Valentine Gross Hugo, Gordon Craig. La sezione Memorabilia ripercorre la vicenda umana e artistica di Isadora Duncan attraverso numerose fotografie d´autore, tra cui quelle di Steichen e Genthe, documenti e testimonianze dei suoi rapporti con grandi artisti e intellettuali del suo tempo, le sue relazioni d´amore con Craig, Singer e Esenin, l´esperienza delle scuole Duncan e del gruppo delle allieve predilette "Isadorables",  immagini dei figli Deirdre e Patrick, tragicamente scomparsi. Il video La danza libera mostra un´eloquente sequenza di grandi stelle della danza del primo Novecento, tra cui Mary Wigman e Anna Pavlova, nonché l´unico documento filmato conservato di una breve danza di Isadora Duncan.
La sezione dedicata al teatro-danza di Pina Bausch, propone, tra scorci delle scenografie di Café Müller e Nelken, una splendida galleria di immagini dell´italiano Francesco Carbone e della tedesca Ulli Weiss, due tra i fotografi più legati alla nota coreografa, tracciandone il percorso artistico dai primi successi sino agli ultimi spettacoli. All´interno della stanza, in proiezione il video d´autore Coffee with Pina,  di Lee Yanor. Galleria Gruppo Credito Valtellinese - "Refettorio delle Stelline"  - Corso Magenta, 59 - Milano Dal 17 maggio al 22 luglio  Orari: da lunedì a sabato dalle ore 10.30 alle ore 19.00  - Giovedì e Venerdì chiusura ore 20 - Domenica Chiuso ORARI SPECIALI: 2 giugno dalle 12 alle 19 - 24 giugno dalle 10.30 alle 22 Telefono 02.48.00.80.15 - 02.72.00.41.00 - assdioniso@tiscali.it  ardi@provincia.milano.it

22 maggio   dalla redazione

Claus Peter Flor sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano G.Verdi 

Claus Peter Flor (nella foto) è salito il 18 maggio scorso (con repliche il 19 ed il 21) sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Largo Mahler per il concerto che concludeva il programma ufficiale della stagione, impaginando un programma esemplare che ruotava intorno alla triade perfetta Wagner – Strauss – Mahler ma al cui centro c'è ovviamente il primo dei due compositori tedeschi da cui emana quasi tutta la musica del XXesimo secolo. A proposito si trattava quasi di un regalo di compleanno in quanto Richard Wagner(nell'immagine) è nato il 22 maggio 1813 a Lipsia ma oggi al posto della sua casa natale, Bruhl 3,  troviamo, sino a qualche tempo fa' lo sportello di una banca , ed attualmente un centro commerciale di modo che la quasi invisibile lapide commemorativa si confonde tra il tintinnio delle monete che vanno nelle casse ( e poi nelle Sparkasse): forse anche questo è un destino pienamente wagneriano e fortunatamente la città di Venezia ha riservato un altro trattamento al grande compositore tedesco. Il programma cominciava quindi con il “Siegfried – Idyll” composto per una piccola orchestra di quindici musicisti (e fatto eseguire come regalo di compleanno alla moglie Cosima la mattina di Natale del 1870) disposti sulle scale della Villa di Tribschen (nei pressi di Lucerna) , presenti all'esecuzione Friedrich Nietzsche ed il direttore d'orchestra Hans Richter (che poi battezzerà il “Ring” nel 1876 a Bayreuth). E fu da un concerto di Arturo Toscanini nel 1938 davanti alla Villa di Tribschen che nacque negli anni   quaranta  il Festival di Lucerna oggi internazionalmente noto. Claus Peter Flor insieme ai componenti dell'Orchestra Verdi ci hanno offerto un'esecuzione veramente esemplare del brano per scelta dei tempi, il giusto respiro concesso alla partitura in modo da far risaltare tutte le preziose raffinatezze timbiche ed armoniche che coinvolgono quasi tutti i musicisti coinvolti. E ci rallegriamo di ciò in quanto questo brano viene spesso trattato quasi volutamente male dimenticando la sua origine e soprattutto il fatto che anticipa la celebre ed immortale  scena del “Siegfried” wagneriano in cui il sole si leva e Brunnhilde saluta la luce . A seguire in perfetta sintonia e transizione i “Vier letze Lieder” per soprano ed orchestra di Richard Strauss (l'ultima sua composizione portata a temine con l'orchestra e la cui prima esecuzione ebbe luogo a Londra il 22 maggio 1950 sotto la direzione di Wilhelm Futwaengler alla testa della Philharmonia Orchestra e la voce del grande soprano norvegese Kirsten Flagstad) in cui due dei quattro testi sono di Hermann Hesse e Joseph von Eichendorff . In questo caso, a parte l'accompagnamento ideale di Flor e dell'orchestra, la vera protagonista è stata il grande soprano tedesco Anne Schwanewilms (nella foto), con un lungo ed intenso percorso di cantante straussiana e wagneriana, che oltre alla rara perfetta dizione tedesca (che in questi brani è raro ascoltare anche da interpreti di madre lingua) ha saputo far vibrare tutte le spesso ardite armonie ed i colori timbrici autunnali e crepuscolari della partitura che emanavano da una profonda tensione e vibrazione interiore. Vorremmo però ricordare che al di là della statuaria ed imponente (per eleganza e  raffinatezza)figura di questa interprete ,che può incutere a prima vista  quasi un certo timore, esiste nella sua personalità e figura di artista, cantante ed interprete anche un lato di grande comicità e spassosita che , oltre che in alcuni ruoli teatrali straussiani, a nostro avviso si è potuto in particolar modo ravvisare nella sua interpretazione di Gutrune nella “Gotterdammerung” wagneriana all'interno del “Ring” firmato (per la regia) da Alfred Kirchner e Rosalie al Festival di Bayreuth a partire dal 1994, forse l'ultimo “Ring” intelligentemente comico visto sulle scene del tempio wagneriano mentre ,con nostro grande dispiacere, ultimamente il grande regista danese Lars von Trier(nella foto) ha abbandonato l'impresa della messa in scena del “Ring” negli stessi luoghi ma forse in quanto, al contrario, l'ha voluto prendere troppo sul serio .  Completava idealmente il programma del concerto l' Adagio in fa diesis maggiore della Decima Sinfonia (incompiuta) di Gustav Mahler in cui però , a nostro avviso, Flor ha scelto tempi piuttosto rapidi ed ha leggermente accorciato il respiro alla partitura anche se al contrario ha svolto un ottimo lavoro con l'orchestra dal punto di vista dei contrasti dinamici e della sottolineatura della grande modernità (anche ma non solo armonica) del brano composto nel 1910 a Dobbiaco . Forse in questo senso il terreno ideale di Flor è piuttosto quello di Anton Bruckner in cui è sommo maestro ed ha sempre svolto un egregio lavoro con l'Orchestra Verdi . Grande successo di pubblico ed ovazioni per tutti gli interpreti.                                                       

    20 maggio  Giacomo Di Vittorio

Grande successo per La Bayadère  al Teatro alla Scala 

La  Bayadère, l’esotica coreografia di Natalia Makarova da Marius Petipa, è tornata alla Scala  per la quarta volta dal 1992. La presenza della superlativa ballerina ucraina Svetlana Zakharova ( foto di Marco Brescia),  la baiadera Nikiya, ha deliziato il pubblico con passi di danza che per grazia ed eleganza  trovano pochi rivali. Accanto a lei  un ottimo Roberto Bolle (foto bi M. Brescia), il nobile Solor, ha riscosso altrettanto entusiastico consenso. Il celebre balletto costruito da Marius Petipa sulle musiche di Ludwig Minkus, debuttò al  Bol’šoj di San Pietroburgo il 23 gennaio del 1877 e ,da allora, rappresenta una tappa obbligatoria per i grandi ballerini dei maggiori teatri lirici. Si rimane ancora colpiti da quelle splendide, se pur tradizionali, scenografie di Pierluigi Samaritani e da quei lucenti e coloratissimi costumi di Yolanda Sonnabend che sono in perfetta sintonia col contesto coreografico e musicale. Le musiche del viennese Minkus (1827-1890), pur non avendo un’unità stilistica ben delineata - ci sono infatti influenze che vanno dai romantici tedeschi e russi agli Strauss viennesi-  ben si addicono alle variegate sequenze del balletto. Ispirato a una leggenda tratta dal poema indiano Sakùntala di Kalidasa, ne  La Bayadère gli accesi colori scenografici, i variegati movimenti coreografici, il rapporto tra singoli, coppie o gruppi di ballerini, collimano con la smagliante timbrica orchestrale e i pregnanti tocchi solistici del violino, del violoncello o dei fiati. Ottima, per nitore espressivo, la direzione orchestrale di David Coleman ed eccellenti gli orchestrali scaligeri ed in particolar modo i numerosi solisti. Il Corpo di Ballo (foto di Tamoni) è  eccelso e nella terza rappresentazione evidenziamo le ottime prove di Isabelle Brusson, Gamzatti, di Bryan Hewison,il Gran Bramino, di Mick Zeni, Magdaveya, di Francisco Sedano, il Rajah Dugmanta, di Antonino Sutera, l’Idolo d’oro  e di tutti gli altri.   Repliche il 20-23-24-25 e 26 maggio.   

19  maggio  Cesare Guzzardella        ce.guzz@tiscali.it   CENERENTOLA

Ion Marin e Manon al Teatro alla Scala 

 Il 17 maggio siamo andati ad ascoltare la sesta rappresentazione di “Manon” di Jules Massenet al Teatro alla Scala diretta da Ion Marin (nella foto). All'indomani della prima rappresentazione dell'opera e per i giorni successivi quasi tutti i critici dei principali quotidiani nazionali hanno impiegato circa il novanta per cento dello spazio concesso dal giornale per l'articolo al fine unicamente di cancellare completamente, categoricamente e senza alcuna possibilità di appello il lavoro svolto da Ion Marin con l' Orchestra del Teatro alla Scala. Ora  esprimo in merito la seguente opinione: secondo il titolo del celebre saggio di Oscar Wilde(nella foto) del 1890 “Il critico come artista”, la critica musicale e di tutte le manifestazioni artistiche in genere, se deve avere un senso, necessita di svolgere anche questa funzione ovvero un ruolo creativo ed allo stesso tempo di servizio reso agli artisti ed al pubblico. In secondo luogo l'esito del lavoro di Ion Marin con l'orchestra scaligera e con i cantanti sul palcoscenico (per stessa ammissione dei  componenti dell'orchestra e degli stessi cantanti) è stato a dir poco trionfale e chiunque in sala conoscesse veramente l'opera e la storia della sua interpretazione (ma non solo, anche il semplice ascoltatore che si avvicinava forse per la prima volta a questo titolo del repertorio) poteva accorgersene molto facilmente. Tutte le sezioni dell'orchestra risplendevano al massimo delle loro potenzialità, la fusione d'intenti con il direttore era evidente e lapalissiana (dato anche l'esito della collaborazione) ed i cantanti che per la più parte conoscevano perfettamente i rispettivi ruoli, con particolare riferimento a Inva Mula nel ruolo di Manon, non sono stati che ulteriormente valorizzati dal lavoro del direttore e dell'orchestra. Non solo anche i ruoli secondari sono stati ben valorizzati e ci riferiamo in particolare alla Poussette del giovane soprano svizzero Brigitte Hool (nella foto), alla Javotte del  mezzosoprano georgiano Ketevan Kemoklidze  ed alla Rosette del mezzosoprano rumeno – canadese Annamaria Popescu( nella foto) . L'allestimento era quello del 1999 con le come sempre bellissime scenografie di Ezio Frigerio ed i raffinati costumi di Franca Squarciapino (anche se la regia di Nicolas Joel avrebbe in realtà potuto fare e dare di più). Quindi la conclusione che ne traiamo è questa: dato che lo spazio concesso alla critica  dai quotidiani nazionali è già più che limitato (ed è praticamente nullo sulle reti televisive nazionali sia pubbliche che private),a nostro avviso non è questo il modo migliore per utilizzarlo. Noi vorremmo invece denunciare un fatto molto più concreto e preoccupante: già verso la metà dello spettacolo ed andando in rapida progressione man mano che si arrivava al suo termine la sala veniva quasi per la metà abbandonata da un pubblico che non sapeva nemmeno quello che si stava svolgendo sul palcoscenico e questa è una situazione che si ripete da decenni al Teatro alla Scala  (fatta eccezione per i titoli straconosciuti ed arcinoti del repertorio ma che si possono contare quasi sulle dita di una mano) e di cui siamo stati per lungo tempo diretti testimoni insieme al ristretto pubblico fedele e appassionato a cui il fenomeno certo non sfugge. Quindi un'educazione e soprattutto la ricerca e formazione di un nuovo pubblico sono delle esigenze primarie perchè la messa in scena dello stesso spettacolo abbia realmente un senso, ad esempio (ed è solo una delle numerose proposte che vorremmo lanciare e suggerire), come avviene  già in numerosi teatri europei, proponendo un'ora prima dello spettacolo nel foyer principale del  teatro una breve conferenza di un esperto che illustri al pubblico che assisterà allo spettacolo il suo contenuto , magari anche con un rapido accenno alla sua fortuna ed alla storia della sua messa in scena lungo il tempo (secoli o anni , a seconda dei casi). 

        18 maggio          Giacomo Di Vittorio      MANON ARTICOLO 11 MAGGIO 

Kazushi Ono dirige la Filarmonica della Scala 

Dopo l'interessante ed originale Settima Sinfonia di Gustav Mahler che nell'ottobre del 2005 ha inaugurato la Stagione Sinfonica del Teatro alla Scala, il giovane direttore giapponese Kazushi Ono (nella foto), nel 2002 succeduto ad Antonio Pappano quale direttore musicale del Théatre de la Monnaie di Bruxelles, è tornato nella stagione della Filarmonica della Scala componendo un programma alquanto inabituale. Infatti la prima parte del concerto era interamente mozartiana ma composta di brani di raro ascolto: l'aria “Per questa bella mano” K 612 ottimamente eseguita dal basso Alex Esposito con l'accompagnamento del contrabbasso di Giuseppe Ettorre ed a seguire la Sinfonia concertante per oboe, clarinetto,corno e fagotto in mi bemolle maggiore K297 b in cui si è particolarmente evidenziata la bravura di tutti i solisti coinvolti : Fabien Thouand all'oboe, Fabrizio Meloni al clarinetto, Danilo Stagni al corno e Gabriele Screpis al fagotto, tutti coordinati sotto la misurata e pacata direzione di Ono. Ma la parte centrale del concerto arrivava nella seconda parte, con repentino cambio di atmosfera, con la Suite Sinfonica op. 35  Shéhérazade” di Nikolaj Rimskhij – Korsakov, liberamente ispirata ad alcune scene ed episodi da “Le mille e una notte”, in cui la lettura di Ono si è rivelata di grande sapienza, controllo e misura, facendo emergere nel migliore dei modi tutte le raffinatezze  e magie nascoste nella partitura, regalate alle singole sezioni orchestrali e (nel caso dell'ottimo violino di Francesco Manara –nella foto) ai singoli strumenti, una lettura lontana da qualsiasi “orientalismo” inteso nel senso del titolo dell'omonimo saggio del celebre intellettuale palestinese (scomparso prematuramente a New York nel 2003) Edward Said (nella foto),  frutto delle lezioni di letteratura comparata tenute alla Columbia University di New York negli anni 60 e 70 (testo da noi arrivato nel 1991), e che ha per sottotitolo “L'immagine europea dell'Oriente”.  Infatti anche qui la lettura di Ono si è rivelata molto misurata, riflessiva e contemplativa , contrariamente ad altre interpretazioni di questo capolavoro che si ascoltano abitualmente,con un gesto altrettanto misurato e preciso, molto simile a quello di Claudio Abbado, salvo poi aprirsi in tutti i suoi colori nella quarta parte (“Festa a Bagdad, il mare, il naufragio”) ma per poi concludersi in un lenta e progressiva tensione al silenzio e ad un perdersi del suono  nell'infinito. Una splendida  serata in cui però abbiamo rimpianto il non piovere dal cielo, come nello scorso concerto della Filarmonica, del programma di  www.questaeunacitta.it che analizza con rara intelligenza ed una puntuale messa a fuoco tutti gli attuali problemi della città di Milano che se non saranno superati, qualsiasi sia il colore della coalizione che vincerà le prossime elezioni comunali, non potrà mai dirsi città europea o meglio cosmopolita quale invece avrebbe tutte le potenzialità e le capacità di essere. 

                  16 maggio       Giacomo Di Vittorio

Presentata la stagione 2006-2007 della “Società del Quartetto” 

La  Società del Quartetto di Milano ha presentato presso la Società del Giardino, la prossima stagione  2006-07 articolata  in 21 concerti  che si terranno dal 10 ottobre 2006 al 15 maggio 2007 nella Sala Verdi del Conservatorio milanese. Il Presidente del “Quartetto” Francesco Cesarini, il Vice-presidente esecutivo Antonio Magnocavallo e il Direttore Artistico Harvey Sachs hanno illustrato la stagione concertistica dedicata alle Età dell’Uomo. Carlo Sini (nella foto), docente di Filosofia Teoretica all’Università agli studi di Milano, ha arricchito la presentazione con un interessante e prezioso intervento sul titolo della programmazione. Il Direttore Artistico Sachs ha in dettaglio ricordato i rilevanti  artisti che animeranno le serate musicali: Brendel, Mintz, Stayer, Schiff, Zanini, Volodor, Holliger, i Quartetti Zemlinsky, di Tokio, Guarneri, Meta4, solo per citarne alcuni. Contemporaneamente ai concerti, verranno proposti otto incontri tenuti da Emanuele Ferrari, ricercatore di musicologia e storia della musica all’Università di Mlano-Bicocca. Ferrari ha illustrato la nuova iniziativa  denominata Il canto delle muse, volta ad ascoltare, capire, immaginare la musica attraverso un percorso che prevede non soltanto ascolti musicali, ma anche riflessioni sulla musica. Il Vice-presidente Avv..Magnocavallo ha inoltre illustrato le numerose collaborazioni previste nella prossima stagione con importanti istituzioni quali l’Orchestra Verdi di Milano, la Fondazione Arcadia, la Scuola di Musica di Fiesole e la Fondazione Pro Musica. Per maggiori dettagli si può consultare il sito www.quartettomilano.it/home/

16 maggio  dalla Redazione

Pierre Boulez premia Daniel Barenboim

Lo scorso 12 maggio Daniel Barenboim ha ricevuto a Vienna  il Premio Ernst von Siemens - nella foto-  (di cui abbiamo già dato notizia nel dettaglio lo scorso 29 gennaio). Nel suo discorso di Laudatio Pierre Boulez (nella foto) ha  definito Barenboim  “un artista cosmopolita dotato di grande coraggio civile” poi aggiungendo  che “ha sempre combattuto ogni forma di rigido dogmatismo” . Creato nel 1972 il Premio è stato assegnato nel passato anche a Benjamin Britten, Leonard Bernstein, Luciano Berio e Gyorgy Ligeti.                                     15 maggio    Giacomo Di Vittorio 

DANIEL BARENBOIM, MAESTRO “SCALIGERO” 

Il Sovrintendente del Teatro alla Scala  Stéphane Lissner, il Maestro Daniel Barenboim (nella foto) e  Peter Mussbach, Sovrintendente della Staatsoper Unter den Linden di Berlino hanno tenuto una conferenza stampa  lunedì 15 maggio alle ore 10.45 nel Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini”  del Teatro alla Scala Dall'incontro è emerso quanto segue:                                                                Il Maestro Daniel Barenboim apre con il Teatro alla Scala un lungo e costante rapporto di lavoro, che si svilupperà, come primo atto, dal Requiem di Verdi del 9 novembre 2007 alla Tetralogia di Wagner del 2011.  L’impegno scaligero del Maestro è di ampio respiro, si sviluppa su tre piani e in tre direzioni differenti, di eguale importanza e in stretta relazione fra loro.  Il progetto musicale. Daniel Barenboim dirigerà due produzioni d’opera per stagione, a cominciare dal Tristan und Isolde di Wagner del 7 dicembre 2007, e almeno tre inaugurazioni sulle prossime cinque. Il Maestro dirigerà l’Orchestra e il Coro della Scala nel repertorio sinfonico, terrà recital come solista e concerti da camera. Ben consapevole della storia del Teatro cui dedicherà una parte importante della sua attività, Daniel Barenboim inizierà il suo rapporto con la Scala dirigendo Verdi, e in particolare la Messa da Requiem in onore di Toscanini, nei cinquant’anni dalla morte, e scandirà i titoli di un esteso repertorio seguendo un percorso che lo porterà ad affrontare, nell’ordine, appunto Verdi, Wagner, Schönberg, Puccini, Prokof’ev, Mozart, ancora Verdi e Wagner. Il progetto musicale di Daniel Barenboim con la Scala e per la Scala ha origine nell’esito della Sinfonia n. 9 di Beethoven che, il 23 dicembre 2005, ha visto nascere tra il Maestro e le forze artistiche del Teatro una consonanza profonda. Il progetto educativo. Dopo aver dato vita a diverse realtà di carattere pedagogico in Europa e in Medio Oriente, Daniel Barenboim onorerà anche a Milano il suo impegno nelle attività di formazione. Nei giorni della sua permanenza alla Scala si dedicherà anche all’Accademia, incontrerà gli allievi dei diversi corsi, parteciperà alle masterclass. Si farà inoltre promotore di un progetto di Nido musicale, già sperimentato con grande successo a Berlino: uno spazio educativo pre-scolare in cui si coltiva nei piccoli un primo risveglio alla musica. Un’offerta di Barenboim a Milano, città che con l’esito trionfale della Nona di Beethoven l’ha in fondo già accolto. Senza dimenticare che già il primo di settembre 2006, Barenboim porterà alla Scala la sua orchestra Divan, formata da musicisti palestinesi, israeliani, siriani, del bacino mediorientale.     IL PROGETTO EUROPEO  Fra la Scala e la Staatsoper Unter den Linden nasce una collaborazione musicale e istituzionale: due fra le “case d’opera” più antiche al mondo iniziano un rapporto di lungo termine che ha pochi precedenti sulla scena internazionale. Si parlerà insieme di opere, di musicisti, di repertori, ma anche di solisti, di registi, di cantanti. Nasceranno collaborazioni diverse, che andranno a precisarsi nel tempo in forme libere, senza schematismi, senza vincoli. Si uniranno le forze per dare vita a spettacoli che  avranno prime esecuzioni ora alla Scala ora alla Staatsoper, secondo un piano già delineato nella sua articolazione, ma suscettibile di cambiamenti in corso d’opera; così che il progetto conservi il carattere vivo del work-in-progress, com’è logico che sia quando si tratta di materia artistica. Questa collaborazione, che inizia nel 2006 alla Scala con Don Giovanni di Mozart diretto da Gustavo Dudamel e con la regia di Peter Mussbach, condurrà a un grande progetto di coproduzione della Tetralogia di Wagner nel 2010- 2011. Das Rheingold e Die Walküre saranno create alla Scala nel 2010, mentre Siegfried e Götterdämmerung  nasceranno a Berlino nella Pasqua del 2011. Il Ring completo andrà in scena successivamente in ciascuna delle due città. In uno spirito di ricerca di visioni musicali affini, ciascun teatro rifletterà sulla propria identità e sulla propria specificità, ma non per far nascere un’identità nuova: ciascuno porterà idee rispettando la storia propria e dell’altro. Un esempio dello spirito di questa collaborazione si vedrà già l’1 e il 2 luglio del 2007, quando l’Orchestra della Staatskapelle di Berlino terrà alla Scala due concerti nel segno di Mahler: la prima sera Daniel Barenboim dirigerà la Sinfonia n. 5, il giorno seguente Pierre Boulez dirigerà la Sesta. A partire dal terreno puro della musica, si stringe un legame concreto fra due città che in Italia e in Germania occupano posizioni simili; due città fra le quali corre un’assonanza nel “fare” e nel pensare. Nasce fra Milano e Berlino un rapporto “politico” di collaborazione che ha uno scopo e un’ambizione: contribuire ad aprire nuovi orizzonti sul piano del dialogo e a costruire anche un’Europa della cultura.

 Daniel Barenboim                   Stéphane Lissner                          Peter Mussbach  

15 maggio 2006  La Redazione    

 Claus Peter Flor  all'Auditorium di Largo Mahler 

Lo scorso 11 maggio (con repliche il 12 ed il 14 maggio) Claus Peter Flor (nella foto) è ritornato sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Largo Mahler impaginando un programma di grande originalità ed intelligenza che accostava (intrecciandole molto sapientemente) Sonate e Canzoni (per organico di ottoni)di Giovanni Gabrieli (Venezia 1554 – 1612) a tre Sinfonie di Franz Josef Haydn. La Sonata pian e forte, la seconda Canzon septimi toni, la Canzon noni toni e la prima Canzon septimi toni sono state eseguite come interludi a tre Sinfonie di Haydn, la Sesta in re maggioreLe matin”, la Settima in do maggiore “Le midi” e l'Ottava in sol maggiore “Le soir” composte per il principe Nikolaus Esterhazy (il castello Esterhazy dove Haydn fu ospitato è ancora oggi attivo e visitabile e per ulteriori informazioni si può visitare il sito www.schloss-esterhazy.at o www.haydn-zentrum.at/ ). Per le composizioni di Gabrieli è stata concepita anche una suggestiva (nella sua grande semplicità) scenografia di luci e di posizionamento dei musicisti ed è inutile dire che l'accostamento con le Sinfonie di Haydn era di grande e sicuro effetto (pochissimi direttori sinora avendo pensato ad un simile progetto) sul pubblico. Claus Peter Flor è un grande e profondo conoscitore del repertorio austro – tedesco ed insieme all'Orchestra Verdi ha intensamente lavorato all'esecuzione di queste tre Sinfonie di Franz Josef Haydn (nel dipinto) ottenendo un ottimo risultato per la chiarezza e la grande trasparenza della lettura che si univa alla grande padonanza tecnica anche di questo repertorio (insieme a quello mozartiano più volte rivisitato in stagione e nel passato) da parte di tutti i componenti in tutte le sezioni dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi che ha dato ancora una volta prova delle sue reali capacità ed ha allo stesso tempo (insieme al grande direttore tedesco che è il direttore principale ospite dell'Orchestra) offerto, in tutti i sensi, una vera e propria lezione di stile.                         

    13 maggio        Giacomo Di Vittorio

La Manon di Massenet al Teatro alla Scala 

Jules Massenet compose Manon, una delle opere più rappresentate nei teatri lirici di ogni parte del mondo, tra il 1881 e il 1883 e la “prima” ebbe luogo all’Opéra-Comique di Parigi il 19 gennaio del 1884. Si tratta di una rivisitazione del romanzo che Antoine-Franςoise Prévost scrisse nel 1731: Histoire du Chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut. L’edizione scaligera è quella già vista nel 1999, nell’allestimento in coproduzione con il Teatro du Capitol  di Toulose, con le belle e luminosi scene di Ezio Frigerio, gli splendidi costumi di Franca Squarciapino e la sobria regia  di Nicolas Joël. Nella sempre documentata  pubblicazione scaligera riguardante Manon, Claudio Toscani sottolinea in modo giusto e chiaro che  in Manon si alternano stili e linguaggi disparati che vanno dal comico al serio, dalle citazioni neoclassiche alle aperture neoromantiche..i personaggi sono chiamati a pronunciare i dialoghi parlati, a cantare in recitativi, in ariosi, in arie liriche virtuosistiche nel più puro stile dell’ opéra-comique…tutto ciò determina un’architettura frammentaria che trae dal contrasto stilistico la sua forza…Un’opera, quindi di non facile interpretazione, che richiede competenze musicali stilisticamente complete. Nell’energica, ma poco francese, direzione di Ion Marin mancava la  naturale eleganza  coloristica e dolcezza timbrica dei grandi operisti francesi: non abbiamo colto i contrasti stilistici che l’opera meritava anche se in alcuni frangenti la direzione è stata avvincente, soprattutto nel secondo quadro del terzo atto - il  parlatoio del seminario di Saint-Sulpice-, il migliore. L’ottimo direttore sinfonico  recentemente ascoltato con la Sinfonica “Verdi”,  ha probabilmente  bisogno di maturare maggiore esperienza in questo repertorio. Ottima la compagnia di canto: avvincenti sia  Inva Mula (nalla foto), una Manon  ricca di  colori e di sfumature anche se poco sensuale, sia Massimo Giordano (nella foto), Des Grieux,  con voce tonda e precisa nell’impostazione;  altrettanto positiva la resa timbrica di Rodolphe Briand, Morfontaine, Francis Dudziak, Brétigny, Fabio Capitanucci, Lescaut, Philippe Rouillon, Le comte Des Grieux e degli altri. Successo di pubblico. Prossime repliche il 14-17-19-21-maggio.  

11 maggio    Cesare Guzzardella       ce.guzz@tiscali.it 

Concerto Straordinario a Favore della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori

 Lunedì 15 maggio 2006 alle ore 20,00 presso il Teatro Dal Verme di Milano (Via San Giovanni sul Muro, 2) si terrà la manifestazione musicale “VONTOBEL PER GAVAZZENI E MOZART”. Il concerto ha lo scopo di rendere omaggio alla figura  di Wolfgang Amadeus Mozart nel 250° anniversario della nascita e a Gianandrea Gavazzeni - compositore - nel 10° anniversario dalla sua scomparsa. L’evento nasce dalla volontà del banchiere svizzero Dr. Hans Vontobel, Presidente Onorario dell’omonimo gruppo bancario, e dall’idea di Denia Mazzola Gavazzeni, fondatrice di Ab Harmoniae Onlus, che ha per presidente onorario la carismatica figura di Andrea Camilleri. La Dr. Eleonore Mathier, direttrice della Fondazione Musicale Lyra, e il Dr. Francesco Tarabini, responsabile in Italia di Vontobel, hanno sinergicamente e appassionatamente operato alla realizzazione del progetto artistico coordinato da Ab Harmoniae Onlus. Nel corso della serata verranno eseguite musiche vocali-strumentali di Gianandrea Gavazzeni e arie tratte dalle opere Don Giovanni, Così fan tutte, Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart. Interpreti saranno  Denia Mazzola Gavazzeni e i giovani artisti della Fondazione Lyra - che da anni si occupa di promuovere i giovani talenti. Le due parti della serata saranno presentate  da dotte prolusioni di Sabino Lenoci. Al pianoforte siederà  il m° Giovanni Brollo e le strumentazioni saranno del m°  Paolo Zannini dell’Orchestra Filarmonica della Scala.  L’Ensemble Strumentale, “I Pomeriggi Musicali” sarà condotto da Laura Simionato già direttrice musicale e fondatrice dell’Orchestra Le Muse. La serata è ad ingresso libero, con invito e fino a esaurimento posti, ed è a sostegno della sezione di Milano della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. Per informazioni e prenotazioni per il concerto:  telefono 02 63673420, e-mail alexandra.spica@vontobel.it    

Pro-Motion Telefono 347.1840647  Francesca Bandinelli redazione@pro-motioneventi.it                                                                                                

Conferenza Stampa al Teatro alla Scala

Il Sovrintendente del Teatro alla Scala  Stéphane Lissner, il Maestro Daniel Barenboim (nella foto) e  Peter Mussbach, Sovrintendente della Staatsoper Unter den Linden di Berlino saranno presenti alla conferenza stampa che avrà luogo lunedì 15 maggio alle ore 10.45 nel Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini”  del Teatro alla Scala

    9 maggio     la redazione

Oleg Caetani dirige l'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi 

Il grande direttore d'orchestra  italo – russo Oleg Caetani (nella foto) è ritornato il 4 maggio (con repliche il 5 ed il 7) sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Largo Mahler concludendo il ciclo integrale dell'esecuzione – registrazione delle sinfonie di Shostakovitch (con l'eccezione della Quattordicesima che verrà registrata in studio entro il mese di maggio mentre il cofanetto con l'integrale delle esecuzioni comparirà entro la fine dell'anno). In apertura di serata una brillante, pulita ed elegante lettura della Sinfonia in re maggiore “Haffner” di Wolfgang Amadeus Mozart in cui le reali capacità dell'orchestra (e del direttore) sono state ancora una volta messe alla prova con ottimi risultati in tutte le sezioni orchestrali e  nella definizione finale del lavoro svolto . Nella seconda parte del concerto la Tredicesima Sinfonia per basso, coro maschile ed orchestra op.113 “Babij Jar” di Shostakovitch basata su cinque poemi del grande poeta siberiano Evgenij Evtusenko (Zima, 1933), la cui prima esecuzione assoluta ebbe luogo a Mosca il 18 dicembre 1962 sotto la direzione di Kiril Kondrashin. Il 28 settembre del 1941 l'esercito tedesco e le truppe delle SS entrarono nella città di Kiev bombardando e devastando la città per due gioni. Il 30 settembre a Babij Jar, alle porte di Kiev, furono scoperti in una fossa 33.000 ebrei ucraini (in gran parte donne e bambini). La Sinfonia prende il nome dal tragico evento cui oltre che il componimento di Evtusenko(nella foto) fu dedicato in tempi più recenti il film “Babij Jar” di Jeff Kanew, presentato con successo alla Berlinale nel 2003, con tra gli attori principali Barbara De Rossi ed il grande attore tedesco di teatro e cinema Michael Degen (Chemnitz, 1932), film prodotto dal grande Artur Brauner (Lodz, 1 agosto 1918 - nella foto)) che perse nell'eccidio di Babij Jar membri della sua famiglia, ed alla cui grande intelligenza e generosità dobbiamo,tra l'altro,  due altri capolavori recenti del cinema europeo ovvero “Hanussen”(1988) di Istvan Szabo-nella foto-  (con tra gli altri un come sempre inarrivabile Klaus Maria Brandauer) ed “Europa Europa” (1990) di Agnieszka Holland   (in cui faceva i primissimi passi una ormai stella quale Julie Delpy). Gli altri componimenti di Evtusenko sono : “Umorismo”, “Al negozio”, “Paure” , “Carriera” (in cui parlando di Galileo Galilei non si possono non ricordare i versi “come il tempo dimostra, chi è più insensato è tanto più saggio”) cui corrispondono i cinque tempi della Sinfonia (della durata di sessanta minuti circa) perfettamente fusi e uniti dall'intento allo stesso tempo commemorativo e di denuncia. Oleg Caetani, grazie anche alla come sempre imprescindibile e qui più che mai evidente e lapalissiana collaborazione del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi (sotto la vigile direzione di Erina Gambarini e Ruben Jais) e dell'ottimo basso russo Pavel Kudinov, ci ha restituito questa rara pagina in tutta la sua lacerazione ma anche in tutto il suo fascino compositivo timbrico,armonico e dinamico concludendo trionfalmente il ciclo integrale dell'esecuzione delle Sinfonie di Shostakovitch che è stato un vero omaggio indimenticabile alla città di Milano ed al suo pubblico ma anche al nostro Paese (dato che nel repertorio delle orchestre italiane in genere ci sono due o al massimo tre, se va bene, Sinfonie del grande compositore russo) di cui verrà lasciata una traccia indelebile con la pubblicazione delle registrazioni delle esecuzioni . Viva, molto partecipe e calorosa la presenza del numeroso pubblico che ha assistito al concerto.                   

            6 maggio 2006    Giacomo Di Vittorio

Giovani talenti per “La Società dei Concerti” alla presentazione della Stagione 2006/2007 

Sala Verdi al completo al Concerto di Gala per la presentazione della Stagione Concertistica 2006-2007. Dopo aver brevemente illustrato il programma per la prossima stagione musicale che prevede concertisti  e direttori del calibro di Sokolov, Pletnev, Amoyal, Buchbinder, Ughi, Accardo,Sado, Feltz, solo per citarne alcuni, e un concerto straordinario di Evgenij Kissin per il 10 novembre, Antonio Mormone, presidente della Fondazione “La Società dei Concerti” ha introdotto sul palco della Sala Verdi in Conservatorio alcuni tra i migliori esempi della nuova generazione di concertisti che gravitano nell’area musicale milanese. Quasi tutti sono prossimi al diploma, ma si notano qualità artistiche già certe e di notevole rilevanza. Dopo la buona esecuzione del Quartetto Anthos alle prese con una giovanile composizione di Gustav Mahler, il Klavierquarett in la min.(1876), il duo formato dal violinista Alessio Bidoli (nella foto)e dal pianista Luigi Palombi, ha interpretato ottimamente la virtuosistica Polonaise brillante in la magg.op.21 di Henriyk Wieniawski. Il milanese Bidoli ha suonato con maestria, tocco morbido e sicuro, dando prova di eccellenti qualità espressive; ottimo anche il Capriccio di Paganini nel bis. Stefano Ligoratti (nella foto), anche lui milanese all’ultimo anno del corso superiore pianistico in Conservatorio, (  ma è anche organista, clavicembalista, compositore e direttore d’orchestra!)  ha scelto come primo brano la Ciaccona in re min. di J.S.Bach nella famosissima e geniale trascrizione di Ferruccio Busoni. Interpretazione di notevole valenza estetica quella del ventenne Ligoratti, dove emerge una tecnica di grande forza fisica mediata da una sensibilità che si esprime oltre i confini del mezzo pianistico. Avvincente l’eroico Chopin del secondo brano in programma , la Polonaise in la magg. op. 40 n°1 e altrettanto valida la  Polonaise op.53. del Maestro polacco proposta nel bis. Nella seconda parte della serata abbiamo ascoltato un giovanissimo duo per violino e pianoforte: la sedicenne e prossima al diploma, violinista Francesca Dego(nella foto) e  la ventunenne pianista Francesca Leonardi. In programma la celebre Sonata n°9 in la magg. op.47 “A Kreutzer” di L.v. Beethoven. La Dego ha mostrato qualità certe e sicurezza d’interpretazione  unica per la sua età, con fraseggio morbido, raffinato e preciso anche nei toni più alti; la Leonardi, che nella sonata beethoveniana ha un ruolo di co-protagonista, ha rivelato indubbie qualità musicali con una rigorosa e precisa  geometria interpretativa. Ottimo l’equilibrio delle parti tra violino e piano. Nel bis un pregnante Scherzo da un  Sonata per violino e pianoforte di J.Brahms. Grande successo di pubblico.  www.soconcerti.it/appcpa.html

6 maggio 2006     Cesare Guzzardella      ce.guzz@tiscali.it 

Aldo Ciccolini per “La Società dei Concerti” in Conservatorio 

Il grande pianista Aldo Ciccolini (nella foto),  italiano, nato a Napoli  ma dal 1971 con nazionalità francese, ha tenuto uno splendido concerto nella Sala Verdi del Conservatorio milanese. Il variegato programma ha visto il celebre concertista dapprima impegnato con Mozart, poi con i francesi César Franck e Maurice Ravel (nella foto) e quindi con lo spagnolo Manuel De Falla. Elegante, luminosa, raffinata e  sapientemente misurata la Sonata K.331 in La magg. di W.A.Mozart con il finale “Alla Turca” in piena sintonia con i  movimenti precedenti e lontano da quelle interpretazioni folcloristiche che spesso si ascoltano.  Il Preludio, Corale e Fuga di Franck è un brano scritto in tarda età, nel 1884, particolarmente interessante per il riferimento bachiano nella fuga, per la complessità contrappuntistica e la capacità del compositore di mostrare colori dal sapore orchestrale. Bravissimo Ciccolini nel pesare il suono con profondità di pensiero e nell’usare in modo avvincente ed in modo equilibrato ogni  registro pianistico. I Valses nobles et sentimentales  sono stati composti da Ravel nel 1911, hanno un carattere vivace e spiritoso. Ciccolini  ha dato una superba interpretazione cogliendo in pieno la concezione marcatamente pianistico-improvvisatoria di questi celebri brani. Anche nei Quattro Pezzi spagnoli (1909) e nella Fantasia baetica (1919) di De Falla, abbiamo trovato un Ciccolini autenticamente pianista dove l’apparente spontaneità esecutiva nasconde invece una sapiente capacità di penetrare il pensiero musicale degli autori e una qualità interpretativa che ha pochi simili. Al termine del programma tre bis tra cui una meravigliosa, penetrante Sonata di Scarlatti e un'affascinante Danza del fuoco di De Falla che ha concluso con grande successo di pubblico la magnifica serata. 

4 maggio 2006  Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

APRILE

Marko Letonja dirige la “Verdi” all' Auditorium di Largo Mahler

Il 27 aprile scorso (con repliche il 28 ed il 30) il giovane ed energico direttore sloveno Marko Letonja (nella foto) è tornato sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Largo Mahler impaginando un programma al cui centro si celebrava il centocinquantesimo  anniversario della morte di Robert Schumann  con una delle pagine più celebri del grande compositore tedesco . In apertura la celebre Passacaglia per orchestra op.1 di Anton Webern (nella foto), pagina di non facile esecuzione di cui è stato reso splendidamente, sia dal direttore che dall'orchestra, tutto l'estremo rigore e la grande maestria compositiva. Il gesto di Letonja è molto determinato, energico e preciso e l'Orchestra rispondeva in perfetta sintonia alle sue indicazioni ed esigenze e si lasciava così condurre dalla guida sicura di questo preparato ed intelligente direttore sloveno dalla carriera internazionale da lungo tempo avviata . A seguire il  Concerto in la minore per violoncello ed orchestra op. 129 di Robert Schumann in cui veniva accompagnato, come detto, nel migiore dei modi il violoncellista Luca Franzetti che ha affrontato la non facile pagina, uno dei capisaldi del repertorio, con grande precisione, bel legato, ottima intonazione e anche grande generosità che si è poi prolungata in un applaudito bis bachiano. Nella seconda parte del concerto la Sesta Sinfonia in fa maggiore op.68 “Pastorale” di Ludwig van Beethoven di cui è stata offerta una lettura molto fluida, quasi acquatica e diretta con grande sicurezza, bellezza e precisione nel gesto da Marko Letonja che ha ormai da tempo stabilito un ottimo e saldo rapporto con la giovane orchestra milanese sempre più sicura  e  infallibile in tutte le sue sezioni. 

                29 aprile 2006                       Giacomo Di Vittorio

Rostropovitch "rappresentante speciale" dell' Onusida

GENEVE (AFP) 28 aprile 2006- Le violoncelliste et chef d'orchestre russe Mstislav Rostropovitch a accepté de devenir "représentant spécial" du Programme commun des Nations unies sur le VIH-Sida (Onusida) afin de renforcer la lutte contre cette maladie, a annoncé vendredi l'Onusida. "Tous les jours, des enfants meurent parce qu'ils n'ont pas accès à des moyens de prévention, de traitement, de soin et d'aide", a déclaré le musicien dans un communiqué de l'Onusida. "Ce n'est pas seulement un problème de santé, c'est une question fondamentale d'équité et de droits de l'Homme", a ajouté Rostropovitch, qui s'est fait fort de "contribuer à sauver la vie d'enfants en incitant les dirigeants du monde et la communauté internationale à s'engager de façon responsable contre le défi du sida". L'Onusida a rappelé que depuis l'effondrement de l'URSS, le violoncelliste s'était engagé en faveur de la santé des enfants dans les pays de l'ex-bloc soviétique. L'organe onusien a souligné aussi qu'il disposait d'un réseau de relations incomparable dans le monde de la politique, de la culture et des affaires humanitaires. 

Geneva, 28 April 2006 – Maestro Mstislav Rostropovich, the outstanding musician, strong  defender of human rights and advocate for children’s health, has accepted the appointment  as a Special Representative for the Joint United Nations Programme on HIV/AIDS  (UNAIDS). As UNAIDS Special Representative, Maestro Rostropovich will raise awareness  and provide high level advocacy on HIV prevention, treatment, care and support among  children and youth. Through his outstanding network in politics, humanitarian affairs and  culture, Maestro Rostropovich will support the UNAIDS mission in the areas of the  reintegration of institutionalized children and youth into society.  “I am proud to appoint Maestro Mstislav Rostropovich as UNAIDS Special Representative,”  said Dr Peter Piot, UNAIDS Executive Director. “Through his music, his Foundation and his personal strong commitment to improving the lives of children and youth—I know that he will  be a compelling and eloquent advocate in focusing attention on HIV and making a difference  in the AIDS response. I am also confident that the prestige, talent and presence that the  Maestro will bring to these issues will help the United Nations send a powerful message that  will reach the hearts and minds of people throughout the world.”  Maestro Rostropovich and his wife, the soprano Galina Vishnevskaya, have since 1991 through their non-profit foundation actively been involved in the improvement of children’s  health care in Russia and other Newly Independent States, formerly part of the Soviet Union.  The Foundation also supports the screening of pregnant women for HIV and care for HIVinfected  children.  “HIV poses a serious health risk to everyone - particularly to children”, the Maestro said..  “Every day children die, because they do not have access to prevention, treatment, care and  support that could have saved their lives - This is not only a health issue, it is an issue of fundamental equity and human rights. In my capacity as a UNAIDS Special Representative, I will help save children’s lives by making the world leaders and international communities  commit responsibility to meet the AIDS response”. According to UNAIDS, the global AIDS epidemic is one of the worst crises affecting the world today. It is likely to have the most severe impact on children and young people. Globally, around one quarter of the nearly 40 million people living with HIV are under 25 years of age. Young people, between the ages 15 to 24, make up about half of new HIV infections worldwide. Each day there are nearly 1,800 new HIV infections in children under 15, mostly from mother-to-child transmission. Every minute a child dies of an AIDS-related illness and every minute a child becomes infected with HIV. Contact   Dominique de Santis | UNAIDS Geneva | tel. +41 22 791 4509 | desantisd@unaids.org  Sophie Barton-Knott | UNAIDS Geneva | tel. +41 22 791 1697 | bartonknotts@unaids.org  Tina Bille | UNAIDS Geneva | tel. +41 22 791 4928 | billet@unaids.org  Uniting the world against AIDS 

28 aprile 2006    la redazione         PAUL SPIEGEL 

   Presentata la nuova stagione dell’ Orchestra Sinfonica e del Coro Sinfonico di Milano  Giuseppe Verdi

E’ stata presentata la nuova stagione dell’Orchestra Sinfonica e del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi. La Stagione Sinfonica 2006-2007 presenta alcune importanti novità per quanto riguarda i direttori che caratterizzeranno l’attività musicale dell’Orchestra Verdi: il Direttore Principale Ospite Claus Peter Flor dirigerà tre concerti dedicati quasi interamente all’Ottocento musicale: il primo, in settembre, vede al suo fianco il violinista italiano di fama internazionale Salvatore Accardo, mentre in ottobre salirà sul palco il cornista Radovan Vlatkovic, che ricoprirà, per tre anni, il ruolo di “artista in residenza”. Vlatkovic terrà anche alcune masterclass per i musicisti della Verdi. A Claus Peter Flor si aggiungeranno, sempre nel ruolo di Direttori Principali Ospiti, i nomi di Helmut Rilling, grande specialista del repertorio barocco e “ambasciatore del nome di Bach nel mondo”, e il direttore cinese Lü Jia. Helmut Rilling dirigerà due concerti: mentre il primo, nell’aprile 2007, offrirà un programma che va da Haydn e Mozart a Schubert, con la partecipazione del pianista Robert Levin, il secondo, nel maggio 2007, sarà dedicato interamente a Bach. Lü Jia, invece, sarà presente, nei mesi di gennaio e febbraio, per tre concerti, con un repertorio che va da Mozart agli albori del Novecento: mentre nel concerto a metà febbraio il solista sarà Fausto Ghiazza, primo clarinetto della Verdi, a fine febbraio salirà sul palco il famoso soprano cinese Dilbèr. Rudolf Barshai, invece, che con la Verdi ha un rapporto di continua collaborazione da ormai cinque anni, sarà presente, con un concerto nel febbraio 2007, nel ruolo di Direttore Emerito, carica che fino alla sua scomparsa ricopriva Carlo Maria Giulini. Per la prima volta nella sua storia, l’Orchestra Verdi ha stretto degli importanti accordi con due delle più significative istituzioni milanesi: il 10 settembre 2006, l’Orchestra, diretta da Vladimir Jurowski, sarà per la prima volte ospite al Teatro della Scala, con un programma dedicato a Sergej Prokof’ev. Con la Società del Quartetto, invece, la Verdi ha realizzato un accordo per l’acquisto di un unico abbonamento, che consente di assistere a 10 concerti a scelta della Stagione Sinfonica 2006-2007 dell’Orchestra Verdi e a 10 concerti selezionati fra quelli previsti nella prossima stagione solistica e da camera della Società del Quartetto.

 27 aprile 2006     la redazione

Musica contemporanea con i Sentieri Selvaggi al Dal Verme 

 L’ampia stagione musicale milanese presenta concerti di ogni genere nelle più importanti istituzioni musicali: la Scala, il Conservatorio, l’Auditorium, il Dal Verme, gli Arcimboldi, la Palazzina Liberty ecc. Le sale da concerto sono spesso al completo. Tuttavia c’è un repertorio musicale che rimane frequentemente sacrificato, sia per la quantità di concerti in programma che per lo scarso numero di spettatori interessati all’ascolto: mi riferisco al repertorio contemporaneo, quello che ha in programma composizioni di autori viventi, spesso molto giovani, validi ma poco conosciuti al pubblico della musica classica. C’è un gruppo milanese sorto nel 1997 e denominato “Sentieri Selvaggi” (nella foto di R. Masotti), fondato da Filippo Del Corno, Angelo Miotto e Carlo Boccadoro ( tutti e tre anche compositori), che cerca in ogni modo di far conoscere il repertorio contemporaneo dei giovani musicisti attraverso un’attività di concerti che annualmente vengono organizzati a Milano e non solo. Gli ottimi e avvincenti interpreti che formano l’ensemble dei Sentieri Selvaggi hanno inaugurato un’originale stagione di musica contemporanea chiamata  il femminile”, dove vengono presentate giovani compositrici provenienti da diverse parti del mondo. Nella prima serata, quella del 26 aprile al teatro Dal Verme, abbiamo ascoltato musiche di Elena Kats-Chernin dell’Uzbekistan, con il brano Gypsy Ramble, di Isidora Zebeljan della Serbia, con il brano Song of a traveller in the night, della greca Christina Athinodorou con Simul: Lumini, Sombri e della statunitense Annie Gosfield con Cranks and Cactus Needles. I quattro brani erano tutte prime esecuzioni per l’Italia e tranne il primo, di una dozzina di minuti, gli altri non superavano i sei minuti. Brani brevi ma dal punto di vista della costruzione musicale, vari e complessi. Particolarmente interessante  Gypsy Ramble, per pianoforte, violino e violoncello  con  riferimenti alla tradizione zigana ma con un rimando a compositori come Piazzolla, per il modo sincopato di proporre il suono; raffinato  Song of a traveller in the night, per quartetto d’archi e clarinetto, dove l’impasto sonoro complessivo degli strumenti   è decisamente peculiare e mostra un preciso riferimento ad atmosfere orientali-arabeggianti (bravissimo il clarinettista Mirco Ghirardi). Il brano della Athinorodou  presenta interessanti modi compositivi stravinskyani. Quello che si riscontra all’ascolto delle quattro composizioni è l’impossibilità di un’attribuzione “femminile” all’arte musicale.  Nella seconda parte del concerto abbiamo ascoltato la musica di un compositore decisamente affermato come Michael Nyman  L’ensemble dei Sentieri Selvaggi diretta da Carlo Boccadoro  ha  ben eseguito  Acts of Beauty in quattro parti, con  l’intensa voce della bravissima Cristina Zavalloni (nella foto). Prossimo appuntamento  per il gruppo al PAC il 12 maggio. Per maggiori approfondimenti si può consultare il sito www.sentieriselvaggi.org  

27 aprile   Cesare Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it 

Myung-Whun Chung dirige la Filarmonica della Scala 

“Il Maestro Giulini è stato un vero servitore della musica. La sua vocazione era servire i grandi compositori con umiltà, onestà e una profonda dignità. Ha innalzato la sua arte  ad un livello di nobiltà che pochi raggiungono. In un mondo pieno di grandissimi professionisti della musica, lui ha saputo andare anche oltre il professionismo. Era capace di guidare i musicisti e il pubblico alla vera essenza del lavoro di un direttore d'orchestra, di guidarli cioè allo spirito vivo della musica. E' stato un privilegio lavorare con lui. Senza dubbio è stato il direttore che ha più profondamente influenzato la mia vita di musicista, ma se era grande come direttore, ancora più grande era come uomo. Il Maestro Giulini è stato per oltre 25 anni della mia vita un esempio di ciò a cui ogni musicista dovrebbe aspirare . Amore e rispetto per i compositori. Amore e rispetto per i propri musicisti . E' stato davvero un onore poterlo conoscere”. Questo è il testo che il direttore coreano Myung–Whun Chung (nella foto) ha voluto che comparisse nella prima pagina del programma di sala del concerto di lunedì 24 aprile con la Filarmonica della Scala a poco meno di un anno (14 giugno 2005) dal decesso di Carlo Maria Giulini cui il concerto era dedicato ma in realtà anche l'intera stagione di quest'anno della Filarmonica della Scala. In programma due delle partiture più amate dal grande direttore numerosissime volte eseguite con la Filarmonica, ovvero la Sesta Sinfonia  in fa maggiore op. 68 “Pastorale” di Ludwig van Beethoven e la Quarta Sinfonia in mi minore op. 98 di Johannes Brahms, che sono in realtà due delle pagine di più ardua e  rischiosa esecuzione (soprattutto per gli orchestrali) dell'intero repertorio. In questo senso la Filarmonica della Scala ha superato ancora una volta la sfida sorprendendoci per la precisione e la lucidità nell'esecuzione in tutte le sue sezioni (qui con particolare riferimento agli archi, i fiati, gli ottoni e le percussioni), il rigore delle dinamiche perfettamente mantenute e rispettate senza alcuna sbavatura o imprecisione. Un'orchestra sempre più matura, rinnovata, rinata e soprattutto finalmente con una propria identità ben definita (anche di suono) ed una propria autonomia che può essere ogni volta essere rimessa in discussione ed a confronto con i vari direttori di calibro e vera (non finta) professionalità ma anche con uno spirito ed un'anima dietro il puro mestiere (come rammentava appunto Myung – Whun Chung a proposito di Carlo Maria Giulini che  in questo senso rimarrà un esempio molto difficilmente superabile anche per le future generazioni di direttori d'orchestra). Il direttore coreano ha scelto tempi piuttosto stringati e serrati, dinamiche ferree e spesso quasi implacabili (memorabili in questo senso il temporale della Pastorale e soprattutto il terzo tempo, l'Allegro giocoso, della Quarta Sinfonia di Johannes Brahms) e meno spazio per l'apertura e la riflessione - immersione nell'infinito (naturale ed allo stesso tempo ultraterreno) in cui venivamo trasportati nelle letture di Carlo Maria Giulini . L'Orchestra ha come dicevamo ottimamente e perfettamente risposto a tutte le esigenze del direttore ma quasi superandole. Il gesto chairo, preciso, avvolgente ed essenziale, cui eravamo abituati, di Myung – Whun Chung, questa volta era più agitato e concitato ma sempre comunque molto ben decifrabile. Un vero nuovo trionfo nel percorso lento ma sempre più determinato e progressivo di rinascita, ritrovamento e ridefinizione della propria identità  della prestigiosa Orchestra scaligera.

                  25 aprile           Giacomo Di Vittorio

Lorin Maazel e la Filarmonica della Scala 

Tra le repliche di Tosca, splendidamente diretta da Maazel, è stato inserito un concerto sinfonico, ripetuto per tre serate, in cui l’instancabile direttore americano con all’attivo cinquemila fra spettacoli d’opera e concerti  tenuti in ogni parte del mondo, ha interpretato l’ultima delle sinfonie mozartiane, quella in do maggiore K.551 “Jupiter” e quindi di Robert Schumann, la Sinfonia n.2 in do magg. op.61. La “Jupiter”, composizione del 1788, è la più costruita ed estesa tra le sinfonie mozartiane, con un Finale(allegro molto) particolarmente rilevante per costruzione formale,  che presenta più idee tematiche esposte in stile fugato. Maazel ha interpretato Mozart con garbo, in modo misurato, attenuando i contrasti dinamici e gli accenti che sono invece l’elemento caratterizzante della composizione. Più convincente la direzione della  sinfonia di Schumann, opera terminata nel 1847, con un tema nell’Adagio espressivo tra  i più profondi e intensi del romanticismo tedesco e con un Allegro molto vivace nel finale che presenta una grandiosa architettura musicale. Qui Maazel e la Filarmonica della Scala hanno dato il meglio. Grande successo di pubblico. 

24 aprile   Cesare Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it 

Oleg Caetani torna all’Auditorium di Largo Mahler 

Oleg Caetani (nella foto) è ritornato trionfalmente sul podio dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l'Auditorium di Largo Mahler lo scorso 20 aprile (con repliche il 21 ed il 23) con un programma festivo perfetto e come sempre di grande originalità ed intelligenza nell'impaginazione che se pur da un lato rispondeva alla celebrazioni dei due principali anniversari che si celebrano quest'anno (a parte quello mozartiano), dall'altro apparteneva al progetto –ciclo del completamento dell'esecuzione– registrazione integrale delle Sinfonie di Shostakovich a cui il grande direttore italo - russo si sta dedicando da tanto tempo con grande impegno ed ottimi risultati con l'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. Infatti il programma si apriva con la fulminea ed aerea “Vergnugungszug Polka” di Johann Strauss (nella foto) figlio trascritta in modo mirabile e stupefacente da Schostakovich  nel 1940 per la durata di due minuti che si imprimono magicamente nell'aria per poi evaporare trasmutandosi ma senza  uscire dalla mente dell'ascoltatore. Tutt'altra atmosfera nella Terza Sinfonia in mi bemolle maggiore per Coro ed Orchestra op.20 “Il Primo Maggio” che pur nell'intento celebrativo è una delle partiture  più aspre, ruvide e di grande modernità del grande compositore russo. Da manuale l'esecuzione con il finale riservato al Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi che (sotto la direzione di Erina Gambarini e Ruben Jais) si è ancora una volta distinto per la grande musicalità, dinamicità ed (in questo caso) perfetta pronuncia e dizione russa. Ma le sorprese avevano il loro apogeo nella seconda parte del concerto in cui era prevista la Prima Sinfonia in si bemolle maggiore op. 38 “Primavera” di Robert Schumann (nella foto). Qui si ritornava quasi all'atmosfera aerea ed impalpabile del primo brano del concerto tanto la partitura schumaniana è stata letta con infinita eleganza, grazia, intelligenza e precisione, per arrivare ad un tale risultato essendo indispensabile una solida e precisa conoscenza del repertorio sinfonico -ma anche operistico- tedesco maturata in numerosi anni di lavoro nei teatri tedeschi (e non solo) come è il caso del grande Oleg Caetani. Quando questo raffinato, intelligente e preparato interprete avrà il giusto riconoscimento e lo spazio dovuto nelle istituzioni liriche e sinfoniche del nostro Paese? 

          22 aprile                    Giacomo Di Vittorio

Tosca torna al Teatro alla Scala con Lorin Maazel 

Era il 17 marzo del 1900 quando Tosca venne rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala. Da allora e sino alle otto rappresentazioni previste per quest’anno,  per ben ventisette Stagioni d’Opera è tornata nella Sala del Piermarini. L’edizione odierna è quella che dal 1997 viene proposta con la valida regia di Luca Ronconi, le originali scene di Margherita Palli ed i costumi di Vera Marzot. Sul podio adesso troviamo Lorin Maazel (nella foto), vero trionfatore di queste serate. Il direttore americano è riuscito ad illuminare la meravigliosa musica di Puccini con una tensione emotiva ed un colore espressivo che evidenziano  l’essenza lirico-sinfonica di Tosca. Da questa intensa lettura si evince chiaramente come la musica pucciniana sia stata all'epoca all’avanguardia con  tangibili riferimenti musicali  che vanno da C.Debussy a R.Strauss e  all’Espressionismo viennese, soprattutto quello di A.Berg. La quarta rappresentazione ha visto sul palco il soprano cinese Hui He (nella foto), Tosca e Fabio Armiliato (nella foto), Cavaradossi. Coppia avvincente per spessore interpretativo.  Hui He ha una voce che ben si confà ai ruoli pucciniani con bel timbro, limpido e luminoso, e volumi sonori sempre all’altezza: splendida in Vissi d’arte, vissi d’amore.  Fabio Armiliato ha uno splendido timbro morbido e aggraziato nella sua naturalezza, con  volumi sonori sostenuti nei perfetti acuti: bravissimo in E lucevan le stelle.. Gli altri cantanti trovano in Carlo Guelfi, Scarpia, un ottimo baritono dotato di grande presenza scenica e significativi sono anche  Enrico Iori, Angelotti, Mario Bolognesi, Spoletta, Domenico Colaianni, Il sagrestano. Bravissima la giovanissima Lucrezia Drei nella parte del pastore in Io de’ sospiri all’inizio del terzo atto. Un plauso va al Coro di Bruno Casoni e al Coro di Voci Bianche preparate da Alfonso Caiani. Grande successo di pubblico. Prossime repliche il 26-27-30 aprile e il 6 maggio. 

 21  aprile     Cesare Guzzardella    ce.guzz@tiscali.it

Robin Ticciati e la Filarmonica della Scala

Robin Ticciati (nella foto), il giovanissimo direttore ventiduenne italo–britannico (il nonno paterno, un musicista emigrato in Inghilterra,era romano) lo scorso 10 aprile è tornato per la seconda volta sul podio della Filarmonica della Scala. Se nel giugno del 2005 il programma era relativamente “facile” (Concerto per violino, violoncello ed orchestra in la minore op. 102 di Johannes Brahms nella prima parte e le “Enigma Variations” op. 36 di Edward Elgar nella seconda), dovendo sostituire improvvisamente ed all'ultimo momento Riccardo Muti, questa volta l'appuntamento era decisamente più impegnativo ed è stato preparato con la dovuta cura ed attenzione. Infatti nella prima parte del concerto trovavamo il balletto in un atto per piccola orchestra e tre voci  soliste “Pulcinella” di Igor Strawinsky (nella foto) composto a Morges (Svizzera, Cantone di Vaud) nel 1919 e creato il 15 maggio 1920 all' Opéra di Parigi dai Ballets Russes di Diaghilev sotto la direzione musicale di Ernest Ansermet, con le coreografie di Léonide Massine, anche interprete del ruolo di Pulcinella, e le scenografie ed i costumi di Pablo Picasso. Ticciati è qui riuscito a ricreare perfettamente la magia arcana e rarefatta del neoclassicismo strawisnkyano (la fonte ispirativa del balletto sono dei manoscritti di Giovanni Battista Pergolesi) facendo respirare l'orchestra e tutte le sue sezioni (i fiati e gli archi  in particolare) in modo da valorizzare tutte le più nascoste raffinatezze timbriche e dinamiche della partitura ed accompagnando nel migliore dei modi (anche con una bella e distesa gestualità) i giovani cantanti dell'Accademia della Scala ovvero il mezzosoprano georgiano Ketevan Kemoklidze, il tenore rumeno Tiberius Simu ed il basso Carlo Malinverno. Nella seconda parte del concerto invece era prevista l'impegnativa Quarta Sinfonia in fa minore di Tchaikovsky (dall'ampio e non facilmente gestibile organico) ed anche in questo caso Robin Ticciati è riuscito a superare la sfida ottenendo belle, potenti e lucide sonorità da archi ed ottoni, mantenendo tempi e dinamiche ideali in modo da valorizzare tutta la ricchezza e bellezza della partitura e non proponendoci (come spesso accade) un'esecuzione tronfia e “pompier”. Questo grazie anche al fatto che il brano è da tempo nel repertorio della Filarmonica della Scala ma ovviamente principalmente in virtù della perfetta, distesa e lucida intesa tra il direttore e tutti i componenti dell'Orchestra. Nell'intervallo del concerto più del novanta per cento del pubblico presente brindava alla già data per scontata vittoria di Berlusconi alle elezioni (dato l'improvviso rovesciamento dell'andamento degli exit pool) ed alcuni pensavano addirittura che il premier di Forza Italia comparisse improvvisamente nel palco reale (non sapendo nemmeno che in quel momento si trovava a Roma) ma fuori dal teatro una pioggia torrenziale aspettava lo stesso pubblico e Robin Ticciati, che abbiamo ascoltato l'ultima volta nell'agosto scorso  nella magica atmosfera del Festival di Mentone alla testa dell'Orchestre Royal de Chambre de Wallonie accompagnando il mitico Aldo Ciccolini in pagine mozartiane, non poteva dire agli orchestrali all'uscita degli artisti (a seconda dei casi) “see you later ( o tomorrow) on the beach” ma ripararsi in qualche modo anche lui dalla pioggia e fare attenzione a dove mettere i piedi per non rischiare un fatale incidente. 

          17 aprile              Giacomo Di Vittorio

Stéphane Denève e lo Stabat Mater di Rossini 

In periodo pasquale è ritornato all'Auditorium di Milano lo “Stabat Mater” per soli coro ed orchestra di Gioacchino Rossini. Alla testa del Coro e dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi questa volta trovavamo il giovane, preparato( e nel pieno di una brillantissima carriera) direttore francese Stéphane Denève, nella foto, (che ha innata nei suoi gesti, nel suo modo di essere e di dirigere una grazia quasi divinamente mozartiana che tra l'altro ha potuto ben esprimere oltre che nelle produzioni operistiche da lui dirette a nostro avviso in particolar modo nella storica produzione di “Le Parc” di Angelin Preljocaj, disponibile anche in dvd, con la stella sempre risplendente che ha il nome di Aurélie Dupont) perfettamente a suo agio e nel suo elemento all'interno dell'unica ed irripetibile partitura rossiniana dalle molteplici sfaccettature che nasconde vere e proprie sorprese e gioielli ad ogni ascolto e nuova interpretazione. L'Orchestra, già più volte esibitasi con il direttore e a perfetta conoscenza della partitura, ha risposto in modo ideale accompagnando un cast quasi stellare composto dall'ottimo mezzosoprano rumeno Carmen Oprisanu (che ascoltiamo ogni volta con sempre rinnovato piacere), dalla grande e sempre splendente Lucia Aliberti, dal tenore Massimilano Pisapia e dal basso Enrico Turco. Ma ancora una volta la suprema lezione ed emozione ci è stata riservata dal Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi (sotto la direzione di Erina Gambarini e Ruben Jais dopo la dolorosa ed improvvisa scomparsa di Romano Gandolfi) che non potremmo mai smettere di lodare e che forse non finirà mai di stupirci per perfetta interpretazione, intonazione e dizione. Un pubblico numeroso e festivo ha salutato trionfalmente il termine dell'esecuzione ottenendo anche il bis del finale . 

                15 aprile              Giacomo Di Vittorio

Lo Stabat Mater di Rossini all’Auditorium di largo Mahler 

 Gioachino Rossini compose lo Stabat Mater tra il 1831 e il 1842,  quando aveva già cessato di scrivere opere liriche. L’ultima di queste, Guillaume Tell (1829), venne  terminata  quando il celebre pesarese aveva solo 29 anni. Ma la vena lirica di Rossini non era conclusa, infatti nello Stabat Mater ascoltato all’Auditorium nell’ottima interpretazione del direttore francese Stéphane Denève e dell’Orchestra Sinfonica e del Coro Giuseppe Verdi, risultano tangibili tutti i richiami lirici presenti nel repertorio operistico rossiniano. I toni fortemente drammatici della composizione sono intervallati da momenti di una lirica luminosità che tende ad addolcire la composizione. Le quattro voci soliste hanno mostrato qualità timbriche non comuni: bravi il soprano Lucia Alberti (nella foto) e il mezzosoprano rumeno Carmen Oprisanu (nella foto), voce di una eleganza timbrica rilevante, nel duetto Quis est homo e nel quartetto Sancta Mater istud agas unitamente agli altrettanto avvincenti Massimiliano Pisapia,  tenore, ed Enrico Turco, basso. Un plauso ai maestri del Coro,  Erina Gambarini e Ruben Jais, che hanno avuto il non facile compito di sostituire il compianto  M.tro Romano Gandolfi. Grande successo di pubblico e come bis la splendida fuga del Finale. Repliche il 13 e il 14 aprile 

13 aprile 2006   Cesare Guzzardella        ce.guzz@tiscali.it 

Presentato al Circolo della Stampa il "Lugano Festival 2006" 

 Presso il  Circolo della Stampa di Milano,  è stato presentato il “Lugano Festival 2006”  che si terrà nella città ticinese dal 26 aprile al 29 giugno. L’importante manifestazione alla quale parteciperanno numerosi tra i più grandi artisti internazionali, è stata presentata  da Marco Blaser, Giorgio Giudici, da 22 anni Sindaco di Lugano, Giovanna Masoni Brenni, Assessore alla Cultura della città, Pietro Antonini e Carlo Piccardi. La prima parte del Festival, tra il 26 aprile ed il 6 giugno, prevede otto concerti orchestrali ed uno da camera mentre la seconda parte prevede concerti che verranno effettuati dal 12 al 29 giugno e che rientrano nel Progetto Martha Argerich. Sede dei concerti sarà il Palazzo dei Congressi ma non solo (vedi i link).  Il Sindaco e Presidente della Fondazione Lugano Festival Giorgio Giudici, ha rimarcato il rapporto ottimale  intercorso tra la pubblica amministrazione e gli enti privati che insieme hanno reso fattibile, in questi anni, l’organizzazione del Festival; Pietro Antonini, direttore artistico del Festival, ha sottolineato la presenza di artisti internazionali quali Temirkanov, Kremer, Argerich, Maisky, Fedoseyev, Zilberstein, Lucchesini, Midori e i molti altri che unitamente all’Orchestra della Svizzera Italiana, fondata nel 1935 e diretta da memorabili personalità musicali, rendono questa manifestazione di enorme rilevanza.  Piccardi (nella foto), dopo aver illustrato in modo dettagliato la programmazione,  si è soffermato sul  Progetto Martha Argerich, sottolineando la personalità della celebre pianista argentina che ha reso possibile, attraverso le sue qualità artistiche e di organizzatrice e la sua numerosa cerchia di artisti, manifestazioni analoghe sia in Argentina che in Giappone. Il programma dei concerti spesso non sono prestabiliti, ma nascono di volta in volta dall’incontro dei musicisti ed il Festival, dice ancora Piccardi, si propone anche di dare rilevanza ai giovani interpreti:  queste intenzioni hanno portato alla notorietà di personalità come Capuςon e Nakariakov. Marco Blaser al termine della conferenza stampa, di fronte al  numeroso pubblico di giornalisti, critici, musicologi e organizzatori musicali, ha detto che tutti i concerti, sia in diretta che in differita, saranno trasmessi dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana e da internet. Per ulteriore precisazioni si possono consultare i siti: www.luganofestival.ch/   e  www.rtsi.ch/argerich/ 

  12  aprile 2006  Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

Lu Jia è tornato sul podio  dell’Auditorium di Largo Mahler

Quest’anno ricorre il 150esimo anniversario della morte di Robert Schumann (Zwickau, 8 giugno 1811- Endenich, 29 luglio 1856) e ben  poche istituzioni musicali e teatrali sia a livello cittadino che nazionale se ne sono rese realmente conto, anche forse in ragione degli altri due anniversari che cadono contemporaneamente di cui tutti ormai sono da tempo al corrente. Non la stagione dell’ Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l Auditorium di Largo Mahler, come abbiamo già avuto modo di riferire. Lo scorso 6 aprile, con repliche il 7 ed il 9, il direttore d’orchestra  cinese Lu Jia(nella foto) è tornato sul podio della sala dell’Auditorium impaginando un programma originale e non consueto che comprendeva nella prima parte il Concertino per corno e orchestra in mi minore di Carl Maria von Weber ed il Konzertstueck per quattro corni ed orchestra in fa maggiore op.86 di Robert Schumann, mentre nella seconda la Quarta  Sinfonia in re minore op. 120 sempre dello stesso grande compositore tedesco. Corno solista era il croato Radovan Vlatkovic (nella foto), che abbiamo già avuto modo di apprezzare in altre occasioni, cui si aggiungevano poi nella bellissima e molto raramente eseguita pagina schumaniana anche Giuseppe Amatulli, Sandro Ceccarelli e Simone Barboncini . Il risultato è andato veramente al di là di ogni aspettativa con richieste di bis al termine dell’esecuzione oltre quello già concesso. Nel caso della Quarta Sinfonia di Robert Schumann invece Lu Jia, contrariamente a quanto avremmo pensato, ha optato per una visione ed una lettura più meditativa ed introspettiva della partitura, portandone però in tal modo alla luce dei dettagli e degli aspetti che altrimenti non sarebbero stati evidenziati e quasi scoperti per la prima volta dall’ascoltatore . L’Orchestra ha ben risposto anche a questa proposta interpretativa , lasciandosi trascinare dal carisma dell’originale, energico ed intelligente direttore cinese . Nel programma di sala abbiamo riletto con commozione un testo del defunto Sergio Sablich  (nella foto - Bolzano, 7 luglio 1951- Inpruneta, Firenze, 7 marzo 2005), alla cui sola lettura delle sue parole riemerge tutto il suo stile, la sua rara discrezione ed eleganza,come se ci ricomparisse improvvisamente davanti a noi, tutto ciò esattamente inversamente proporzionale ed opposto alla precedente gestione del Teatro alla Scala che, con nostra vera incredulità mista allo sdegno più profondo, il giorno dopo il suo triste e prematuro decesso non lo degno nemmeno del piu breve e laconico necrologio sui giornali o di un ricordo postumo . Il concerto è stato salutato con grande calore dal non numeroso ma vivo e partecipe pubblico presente sinceramente entusiasta, forse i quattro “coglioni” che non voteranno Berlusconi alle elezioni, secondo l’efficace, elegante e ricercata terminologia coniata dal nostro Presidente del Consiglio che, già presente nel linguaggio corrente che lui stesso ha contribuito a diffondere attraverso lo stile delle sue reti televisive, ora diventerà una parola privilegiata del dizionario della lingua italiana sempre più ricco, raffinato e ricercato. 

                8 aprile 2006         Giacomo Di Vittorio    

La Cenerentola di Nureyev torna alla Scala 

E’ tornato al Teatro alla Scala  "Cenerentola", il celebre balletto costruito sulle splendide musiche di Sergej Prokofiev  nell’interpretazione coreografica del grande Rudolf Nureyev. La celebre fiaba di Perrault venne reinterpretata da Nureyev in chiave moderna nel 1986  con un’ambientazione hollywoodiana nella quale la bella, buona, oppressa e maltrattata Cenerentola, Marta Romagna (nella foto di Marco Brescia con M. Murru), verrà prescelta da un produttore cinematografico, Mick Zeni,  e troverà quindi modo di uscire dalla sua difficile condizione di vita, diventando la protagonista di un film insieme al primo attore, Massimo Murru. Il finale della celebre fiaba, l’eterno amore di Cenerentola per il Principe Azzurro, viene qui sostituito con il  sogno americano di "successo". Non si sa se Cenerentola, oltre a diventare un’importante attrice, avrà anche una storia d’amore con  “la Vedette”; l’unica cosa sicura è che la sua vita è cambiata in meglio. Le cattiverie delle perfide sorellastre, le brave e divertenti Gilda Gelati e Sophie Sarrote, della goffa matrigna- en travesti  Matthew Endicott, e del sempre barcollante padre-ubriacone Francisco Sedeno, rimarranno solo un ricordo. Indubbiamente la scelta di Nureyev è stata coraggiosa: ha utilizzato le meravigliose architetture musicali  neoclassiche, neoromantiche, cubiste di Prokofiev, splendidamente dirette da David Coleman, tra l’altro importante collaboratore musicale del grande ballerino russo, in una messinscena  ricca di citazioni, da Charlot a Keaton, dalle luci al neon della Pop Art  alle scene dal film King Kong. Il balletto avvince sia per la maestria dell’eccellente Corpo di Ballo che raggiunge alte vette nella terza scena del primo atto e nel finale del terzo, sia per i momenti solistici dei protagonisti: una Marta Romagna di gran classe e un agile ed elegante Massimo Murru. Bella l’armonizzazione complessiva con le scene (nella foto di A. Tamoni) di Petrika Ionesco e i costume di Hanae Mori . Successo di pubblico in un teatro al completo. Ultime repliche il 12 e il 14 aprile. 

6- aprile 06   Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it  THE CAGE E LA STRADA

Il Progetto Martha Argerich a Lugano

Per il quinto anno, dal 12 al 29 giugno 2006, Lugano accoglierà il PROGETTO MARTHA ARGERICH promosso per iniziativa della banca BSI fin dal 2002, che gli amanti della musica di tutto il mondo conoscono attraverso la documentazione discografica assicurata da EMI Classics. Proprio in occasione dell'ultima assegnazione dei Grammy Award a Los Angeles il triplo CD contenente una sintesi delle due ultime edizioni del PROGETTO è stato fatto segno di ben 2 Nomination (per la categoria “migliore esecuzione di musica da camera” e “miglior album classico”), mentre Martha Argerich ha vinto il premio vero e proprio per la “migliore esecuzione solistica con orchestra” riferita ai concerti di Beethoven in una registrazione diretta da Claudio Abbado. Un premio e 3 Nomination sulle 10 categorie riservate dal Grammy Award alla musica classica sono il corposo segnale della statura mondiale detenjuta dalla grande pianista argentina, riferimento primario dell'arte interpretativa degli ultimi decenni, la quale, con la scelta di Lugano quale piattaforma di incontri e di sperimentazione, onora la nostra città e la Svizzera italiana. Per la quinta edizione siamo in grado di annunciare la presenza di nomi famosi, da Mischa Maisky, a Renaud Capuçon, da Ivry Gitlis a Piotr Anderszewski, a Sergej Nakariakov, il giovane e già celebre trombettista russo. Accanto alla Argerich troveremo Alexander Mogilewsky, Karin Merle, Lylia Zilberstein, mentre la sfilata dei pianisti si estende agli artisti, giovani e meno giovani, che già prevalentemente parteciparono alle trascorse edizioni (Nicholas Angelich, Mirabela Dina,Alexis Golovin, Alexander Gurning, Karin Lechner, Polina Leschenko, Lily Maisky, Gabriela Montero, Alejandro Petrasso, François-Xavier Poizat, Akane Sakai, Sergio Tiempo, Giorgia Tomassi, Mauricio Vallina). Per quanto riguarda gli altri strumentisti, impegnati nelle esecuzioni di musica da camera, la giovane violinista Alexandra Soumm (borsista della BSI) va a consolidare la famiglia degli strumenti ad arco: i violinisti Renaud Capuçon, Dora Schwarzberg, Lucia Hall, Geza Hosszu-Legocky, Alissa Margulis, le violiste Nora Romanoff, Lyda Chen, i violoncellisti Gautier, Capuçon, Jorge Bosso, Mark Drobinsky, integrati dal clarinettista Mark Denemark. Particolare considerazione nella programmazione dei concerti sarà riservata agli anniversari del 2006: il 150.esimo della morte di Robert Schumann, il centenario della nascita di Dmitri Sciostakovic e quello mozartiano con vari momenti fra cui il Concerto K 242 per 3 pianoforti e orchestra che, per la presenza accanto alla protagonista del PROGETTO dei fratelli Paul e Rico Gulda, sarà anche un omaggio al grande pianista Friedrich Gulda. Accanto all'Orchestra della Svizzera italiana, che sotto la direzione di Alexander Vedernikov e Alexander Rabinovitch-Barakovsky garantirà i due concerti al Palazzo dei congressi il 17 e il 29 giugno, al Coro della Radio svizzera diretto da Diego Fasolis toccherà il compito di aprire, con una “Schubertiade” in cui si alterneranno brani vocali e strumentali, la rassegna delle sei serate all'Auditorio della RSI. Alle 18.30 ritorneranno le “matinées” che tradizionalmente si svolgeranno alla Chiesa di San Rocco, all'Hôtel Villa Castagnola ed occasionalmente alla RSI (il 25 giugno). Il programma della manifestazione sarà regolarmente aggiornato nel sito Internet www.rtsi.ch/argerich. Per altre informazioni: luca.venturi@bsi.ch. Conferenza stampa di presentazione mercoledì 12 aprile 10h30 Circolo della Stampa di Milano Corso Venezia 16

         dalla redazione

Amici del Loggione  del Teatro alla Scala: concerti ad ingresso libero

A Milano,in via Silvio Pellico 6 (MM1-MM2 Duomo) alle ore 21.00 si tengono una serie di concerti organizzati dal Gruppo Giovani dell'Associazione Culturale per la Musica degli Amici del Loggione. Ecco il calendario per i mesi di aprile e maggio: 7 aprile  Anna Pizzetti, clarinetto e Sandra Conte, pianoforte, Musiche di J. Brahms, R. Schumann; 5 maggio  Armando Ariostini, baritono e  Gioele Muglialdo, pianoforte, Musiche di P.I. Čajkovskij, R. Leoncavallo, P. Mascagni, A. Ponchielli ; 26 maggio Alessandro Longhi, flauto Marika Lombardi, oboe    Françoise Renard, viola  Serena Canino, violino  Roberta Ruffilli, violoncello Aldo Devero, pianoforteMusiche di W.A. Mozart

Recital di Angela Gheorghiu al Teatro alla Scala 

 Il soprano rumeno Angela Gheorghiu (nella foto)  ha riscosso un rilevante successo di pubblico nel  recital di canto che la vedeva  per la prima volta sul palco del Teatro alla Scala accompagnata dall’impeccabile pianista statunitense Jeff Cohen. Teatro quasi al completo per un programma particolarmente ricco di brani,  con un repertorio orientato cronologicamente attraverso  aree geografiche in cui il canto ha da sempre un ruolo preminente: l’Italia rappresentata da A. Scarlatti, A. Parisotti, Bellini, Donizetti e Verdi, al quale si aggiunge C.W.Gluck ( il testo di "O del mio dolce ardor" è dell’italiano Ranieri de’ Calzabigi) , la Francia con J.P. Aegidius Martini, Gounod, Bizet, Massenet e Delibes e la Romania, patria dell’esuberante e bella cantante, rappresentata da Alfred Alessandrescu, Diamanti Gheciu e Tiberiu Brediceanu. Molto ben interpretate le arie francesi specie "Ouvre ton coeur"  di G.Bizet ed "Élégie" di J.Massenet  e il repertorio popolare rumeno dei primi decenni  del ‘900 dove la Gheorghiu ha mostrato qualità vocali ed espressive intense. Il successo di pubblico ( si è notata la presenza in teatro di Roberto Alagna) ha reso possibile   4 piacevoli bis: un’aria da una operetta rumena, "A vucchella" di P.Tosti, la nota melodia  "I could have danced all night"  da  My Fair Lady   ed infine  "O mio babbino caro" da Gianni Schicchi di G.Puccini, quest’ultima eseguita con grande sentimento e rigore stilistico. Tra il pubblico, nel palco reale, applaudiva il tenore Roberto Alagna. Peccato che alla Scala nessuno abbia pensato al gentile e doveroso omaggio di un mazzo di rose all'artista sul palcoscenico. 

4 aprile 2006    Cesare Guzzardella 

 

Lu Jia dirige la “Verdi” all’Auditorium 

Lo scorso 30 marzo (con repliche il 31 ed il 2 aprile) è tornata nella stagione dell’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi, sotto la direzione precisa ed originale  del direttore d’orchestra cinese Lu Jia (nella foto)  , una pagina che non molto frequentemente si ha l’occasione di ascoltare ovvero “Verklaerte Nacht” (“La notte trasfigurata”), op. 4 di Arnold Schoenberg (nella foto)nella trascrizione per orchestra d’archi dello stesso compositore viennese, il brano essendo stato composto originariamente nel 1899 per sestetto d’archi, il cui titolo deriva dall’omonimo poema ispiratore del grande poeta tedesco Richard Dehmel (1863 – 1920), contenuto nella raccolta “Weib und Welt” pubblicata a Berlino nel 1896 . A Milano due sono le esecuzioni storiche di questo capolavoro che in molti ricordano : quella di Antonio Pappano alla testa dell’Orchestra della Scala, oltre quindici anni or sono, che all’epoca rivelò anche nella nostra città il genio di questo grande interprete ed il cui ricordo della serata e della lezione impartita è ancora ben vivo sia negli orchestrali che nel pubblico allora presente (dal quel momento il grande direttore italo – americano, ormai mondialmente noto, non è più ritornato nella nostra città), e poi, andando ancora più indietro nel tempo, la versione delicata ed intimista propostaci da Daniel Barenboim alla testa dell’Orchestre de Paris in una serata al Teatro alla Scala. Lu Jia ha optato per una via di mezzo tra le due ovvero tempi piuttosto serrati, grande trasparenza di lettura che faceva emergere tutti i più nascosti dettagli di una vera e propria miniera di gioielli e di sorprese, non andando a scapito di una precisa e determinata visione d’insieme della partitura, complici tutti gli orchestrali della Verdi che ci hanno offerto una prestazione veramente di altissimo livello e che corrispondeva pienamente alle esigenze del direttore. A questo punto vorremmo aprire una piccola parentesi: a proposito di questo brano si parla sempre di influenza wagneriana e brahmsiana (innegabili per certi versi) ma in reltà (al pari degli impareggiabili “Gurrelieder”) lo stile è strettamente personale, originale ed irripetibile. Non solo, ci permettiamo di aggiungere , a pieno titolo cinematografico: lo ha ben compreso Claude Chabrol (nella foto) che un secolo dopo, nel suo film del 1997 “Rien ne va plus”(interpreti principali la straordinaria coppia Isabelle Huppert -Michel Serrault ) lo ha utilizzato in modo altrettanto unico e magistrale (che lasciamo scoprire a chi non ha visto il film o magari non lo ricorda più) inserendo poi nell’ultima memorabile scena del film il finale della “Tosca” di Giacomo Puccini interpretato da Giuseppe Sinopoli (Venezia , 2 novembre 1946 – Berlino, 20 aprile 2001), menzionato come interprete nella scena del film, e lasciando poi scorrere a sorpresa nei titoli di coda la celebre canzone “Changez tout” scritta dal grande cantautore franco – ungherese Michel Jonasz (Drancy , 1947) nel 1975 ma ancora oggi più che mai di grande attualità . Lo stesso Claude Chabrol è invece riuscito anche a rendere, nel suo “Merci pour le chocolat” del 2000 (con interpreti principali Isabelle Huppert, Jacques Dutronc e l’allora rivelatasi Anna Mouglalis), un brano apparentemente poco cinematografico quale “Funérailles” di Franz Liszt il protagonista quasi principale ed assoluto del film dall’inizio ai titoli di coda . Ritornando al concerto la seconda parte era interamente occupata dal Concerto per violino, violoncello e orchestra in la minore op. 102 di Johannes Brahms, solisti Luca Santaniello al violino e Gabriele Zanetti al violoncello . Inutile dire che anche in questo caso si è ripetuta la perfetta fusione d’intenti tra direttore, orchestra e solisti (membri della stessa orchestra) e che il concerto di Brahms risplendeva in tutto il suo vigore e la sua pienezza grazie in particolare alla formidabile prestazione dell’orchestra in perfetta forma in tutte le sue sezioni . Tuttavia uscendo dalla sala erano le note di Schoenberg che ci tornavano più in mente insieme alle parole della canzone di Michel Jonasz ( e alla bellissima musica che le accompagna ) : “Changez tout, changez tout / Votre monde ne tient pas debout / Changez tout, changez tout , changez tout . / Changez tout, changez tout / Pour une vie qui vaille le coup / Changez tout, changez tout, changez  tout".                                                                    

1 aprile           Giacomo Di Vittorio  

MARZO

Lucia di Lammermoor al Teatro alla Scala con Roberto Abbado 

Dopo l’originale messinscena della Kabanová, il Teatro alla Scala torna alla “tradizione” con Lucia di Lammermoor  di Gaetano Donizetti ,  dramma in due parti e tre atti di Salvatore Cammarano, dal romanzo The Bride of Lammermoor di Walter Scott ambientato nella Scozia di fine ‘600. L’opera è tra le più rappresentate dal 1835, anno della “prima” al San Carlo di Napoli, e la regia, le scene ed i costumi di Pier’Alli, alla Scala per la terza volta dal 1992, rappresentano quanto di più “tradizionale e non-nuovo” si possa avere. Contraddizione rilevante sono i minuti di attesa per i sette cambi di scena in un teatro, recentemente rinnovato, che possiede un palcoscenico immenso ma sotto-utilizzato  ed una macchina scenica ancora da valorizzare che pretende scenografie ad hoc. La Lucia ha visto un valido cast vocale complessivo con due eccellenti “punte”: Patrizia Ciofi (nella foto), Lucia, voce dal timbro puro ma non voluminoso, e Ramon Vargas, Edgardo, tenore luminoso e morbido. I due amanti-protagonisti, hanno dato il meglio nello splendido terzo atto, migliore anche nella direzione  di Roberto Abbado. Momento magico della serata è stato l’ingresso – atto terzo seconda scena- di Lucia impazzita.  Qui la Ciofi ha reso il dramma di Lucia e la sua follia in modo avvincente dando anche prova di ottima teatralità;  la voce di soprano, nel recitativo e nella deliziosa aria "il dolce suono..", è accompagnata dalla Glasharmonika (in italiano "armonica a bicchieri"), strumento di raro impiego che sostituisce il più utilizzato flauto e che Donizetti ebbe come primo pensiero nella scrittura dell'opera; nella rappresentazione scaligera si è determinata un'atmosfera eterea e  irreale che ha dato spessore drammatico ai virtuosistici momenti di assolo. Bravissimo anche Ramon Vargas (nella foto), soprattutto nella scena finale del suicidio. La valida direzione di Roberto Abbado trova maggior rilevanza quando l’equilibrio tra i diversi piani sonori –voci soliste, coro e orchestra- è ben calibrato. In certi momenti le voci ed anche l’ottimo coro di Bruno Casoni, sono apparsi nascosti. Bravi Roberto Frontali (nella foto in alto con la Ciofi), Enrico, Dejan Vatchkov, Raimondo, Alisa Zinovieva, Alisa, Carlo Bosi, Normanno e Ki Hyun Kim, Arturo. Ancora una replica il 2 aprile ed in luglio ripresa con  altre dieci rappresentazioni. 

31 marzo  C. Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it      

Una straordinaria Mitsuko Uchida per il “Quartetto” in Conservatorio 

Mitsuko Uchida, pianista giapponese di grande talento, ha scelto un programma dove  Mozart ha un ruolo preponderante, ma che trova in Beethoven e soprattutto in Boulez un completamento accattivante. La prima parte della serata organizzata dalla Società del Quartetto è stata introdotta dalla profonda, per tensione espressiva,  Fantasia in Do min. K.475 di Mozart.  La Uchida, con una lettura molto riflessiva, con tempi lenti e con chiarezza espressiva altamente evidenziata, ha interpretato in modo impeccabile la semplice ma profonda architettura musicale. Notations, dodici brevi brani che Pierre Boulez ha scritto per pianoforte all’età di vent’anni nel 1945, sono già molto indicativi del modo di comporre del grande francese. La difficile tecnica pianistica di questa raccolta che ha nel rigore matematico e nella suggestiva ricerca timbrica elementi caratterizzanti, è stata con sorprendente facilità superata nella brillante e convincente interpretazione della Uchida. Avvincente e di gran spessore esecutivo la successiva Sonata n°31 in La bem. magg. op.110 di L.van Beethoven. Lettura altamente robusta nei timbri e definita nella dinamica e negli accenti, con una fuga nell’ultimo movimento impeccabile. La seconda parte della serata ha avuto come protagonista il Mozart delle ultime Sonate pianistiche, quella in Fa magg K533/494 e quella in Re magg. K576. I brani, composti tra il 1786 e il 1789, segnano il ritorno di Amadeus a modi musicali più spensierati, specie nel primo e ultimo movimento, e apparentemente di più facile esecuzione. L’interpretazione dell’artista giapponese è stata ineccepibile sotto ogni profilo: il  suono luminosissimo e una timbrica cristallina e pastosa nello stesso tempo, segnano un’interpretazione che può avere pochi rivali per bellezza e raffinatezza di espressione. Grande successo di pubblico e bis con il Mozart dell’adante cantabile dalla Sonata K.330. Splendido!

 29 marzo 2006    Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it 

La scomparsa di Silvestro Severgnini

 E’ morto ieri Silvestro Severgnini, “inventore” del Servizio Promozione Culturale della Scala e memoria storica del Teatro stesso. Aveva cento anni. Grazie a Severgnini, diverse generazioni di giovani, studenti e lavoratori hanno avuto accesso alla Scala. Prezioso è stato per anni il suo lavoro al Museo Teatrale e da antologia sono i suoi contributi ai programmi di sala. Classe 1906, Silvestro Severgnini è stato una delle figure di primo piano della cultura teatrale milanese dal dopoguerra a oggi. Fonda, nel 1947, il Centro Culturale Pirelli, che presiede fino al 1961, ospitando tra gli altri Pizzetti, Petrassi, Malipiero, Dallapiccola, Ghedini, Gavazzeni, Maderna, Togni, Berio, Castaldi, Castiglioni, Manzoni e, per la prima volta a Milano, Stockhausen e Cage. Dal 1961 al 1977 diventa responsabile del Centro Sociale dell’Alfa Romeo, dove continua la sua attività di operatore culturale. Nel 1973 è chiamato al Teatro alla Scala da Paolo Grassi dove crea il Servizio Promozione Culturale che regge fino al 1999. Ha collaborato alla programmazione e alla promozione di “Musica del nostro Tempo, “I Pomeriggi Musicali”, “Società Umanitaria” e “Milano Musica”. Ha pubblicato per Mursia “Milano in mano”, “Invito all’ascolto di Puccini”, “Un leone a Milano” e i tre volumi “Alla Scala con…” che raccolgono i saggi apparsi sui programmi di sala scaligeri. Nel 1977 è stato insignito dell’Ambrogino d’Oro quale “animatore culturale instancabile che con la sua azione ha accompagnato oltre due milioni di lavoratori e studenti all’incontro con il Teatro alla Scala”.    

   Milano, 28 marzo 2006

Trionfo per Daniele Gatti e la Filarmonica  della Scala

Un vero trionfo ha salutato il ritorno sul podio del Teatro alla Scala di Daniele Gatti (nella foto) lunedì 27 marzo alla testa della Filarmonica in un accostamento programmatico inusuale che fondeva il wagneriano “Incantesimo del Venerdì Santo” , dal “Parsifal”, con la Nona Sinfonia in re maggiore di Gustav Mahler (nella foto). L’estrema  partitura di Mahler non veniva letta dall’orchestra scaligera  da circa quindici anni (l’ultima esecuzione sotto la direzione di Riccardo Chailly) ed una fitta e serratissima serie di prove, in cui il direttore milanese ha lavorato sui più minimi dettagli, ha preceduto il concerto. Il risultato è stato in un certo senso in primo luogo una fusione della lezione di Claudio Abbado (a nostro avviso forse in assoluto la più bella esecuzione di questa Sinfonia è quella da lui registrata dal vivo con i Wiener Philharmoniker nel 1987 al Konzerthaus di Vienna), quanto ad architettura e struttura limpida e quasi geometrica che risultano da entrambe le letture in questo senso, sembrerebbe un paradosso dirlo, quasi cartesiane quanto a chiarezza ed estrema linearità che affonda lo sguardo nella partitura quasi come una lama tagliente, fusione dicevamo anche con la lettura e la lezione invece di Leonard Bernstein quanto a certe scelte timbriche ed all’idea di prolungare quasi all’infinito il suono, interrotto da infiniti silenzi, nell’  Adagio finale in cui in  questo modo si assiste (rubiamo l’espressione ad uno dei più grandi germanisti e musicologi italiani viventi) veramente alla “morte in piena luce” (e qui ci riferiamo in particolare alla sezione estrema, l’Adagissimo). In questo stesso tempo veramente straordinario è il risultato quanto a tenuta del suono ed allo straordinario legato degli archi mai ascoltati così e quasi rinati e riscoperti. Dinamicamente e ritmicamente ineccepibile, nel suo ostinato rigore, è invece il terzo tempo, il Rondo – Burleske, venendo a questo punto in mente le analogie con “Der Prozess” di Franz Kafka  rilevate da Adorno nel suo celebre saggio su Mahler. Ma anche il primo tempo decolla subito ed il Landler mantiene tutto il suo carattere fantastico e trasfigurato. Una vera e propria lezione e trasformazione delle reali capacità dell’Orchestra scaligera  che ha risposto con grande precisione a tutte le esigenze e richieste del direttore le quali emanavano da un gesto tanto imperioso quanto avvolgente ma sempre netto e preciso , nulla venendo lasciato al caso. Una serata storica e memorabile per il Teatro milanese finalmente veramente europeo quanto a programmazione ed alla scelta degli interpreti e per la sua Orchestra che, grazie al passaggio di direttori come Gatti, sta letteralmente rinascendo. Un vero e proprio tripudio di gioia ed entusiasmo ha salutato il termine del concerto, frenato molto pudicamente dal grande direttore italiano che tornerà presto nel Teatro della sua città natale, trattandosi della Nona Sinfonia di Gustav Mahler.                                    

           28 marzo           Giacomo Di Vittorio

Grazioli  e Bahrami all'Auditorium con la "Verdi"

Concerto festivo con sorpresa lo scorso 23 marzo (con repliche il 24 ed il 26) nella come sempre intelligente, originale ed interessante stagione dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l’Auditorium di Milano. Infatti il preciso ed energico direttore d’orchestra Giuseppe Grazioli (nella foto) ha impaginato un programma molto originale ed al di fuori degli schemi tradizionali basato sulla visione della Spagna di compositori francesi e russi che si apriva con la solare e prorompente “Espaňa ” di Emmanuel Chabrier, magnificamente restituita ed interpretata,e si concludeva con l’implacabile incisività ritmica del celebre “Capriccio spagnolo” op. 34 di Nikolaj Rimskij – Korsakov in cui direttore ed orchestra si sono perfettamente sintonizzati per l’ultimo grande slancio finale. Nel mezzo una pagina di grande impegno tecnico e notevole difficoltà interpretativa quale il Secondo Concerto per pianoforte ed orchestra in sol minore op. 22 di Camille Saint – Saens (Parigi 1835 – Algeri 1921) la cui prima esecuzione ebbe luogo alla Salle Pleyel di Parigi il 13 maggio 1868 solista lo stesso compositore al pianoforte e  la direzione di Anton Rubinstein. Giuseppe Grazioli e l’Orchestra Verdi hanno dato il meglio di loro stessi quanto ad accompagnamento o piuttosto lettura ed interpretazione di una vera e propria pagina sinfonica molto complessa, quasi autonoma per certi versi, che oltre a ciò prevede la presenza di una parte e di una scrittura pianistica di grande impegno e difficoltà non solo dal punto di vista tecnico. Per l’occasione è stato chiamato il giovane, brillante ed alquanto estroverso pianista iraniano Ramin Bahrami (nella foto) che ammiriamo molto per le sue incisioni ed interpretazioni bachiane. In questo caso però, nonostante la come sempre ben esibita grande abilità e facilità tecnica, occorrono anche grande musicalità e maturità interpretativa che si acquistano solo col tempo e con gli anni, che sicuramente arriveranno nel caso di questo giovane pianista prodigio iraniano  approdato in Europa quale ancora di salvezza e di civiltà musicale ma non rinnegando le proprie profonde ed antiche radici culturali e musicali. La vera sorpresa del programma era però costituita dalla “Carmen suite” op. 37 per archi e percussioni di Rodion Scedrin (Mosca, 1932- nella foto), quarantacinque minuti intensissimi di una musicalità intelligente, arguta ,di grande modernità ed inclinante in alcuni casi ad una ritmicità quasi jazz ,originariamente balletto andato in scena per la prima volta il 20 aprile 1967 al Bolshoj di Mosca composto dal in quel momento marito della grande ballerina russa Maya Plisetskaya. Un modo diverso, originale e anche divertente di “ripassare” i temi (o magari per scoprirli per la prima volta) del capolavoro di Georges Bizet. Grazioli e l’Orchestra Verdi hanno anche in questo caso offerto il massimo  delle loro elevate capacità tecniche ed interpretative svelando una vera e propria rarità ad un pubblico numeroso, festivo e molto partecipe che ha salutato il termine del concerto con grande gioia  e viva emozione.

            27 marzo      Giacomo Di Vittorio      

Daniele Gatti alla Scala per l’Associazione OBM 

Teatro alla Scala al completo per assistere alla Prova aperta  al pubblico a favore dell’Associazione OBM Ospedale dei Bambini Milano Buzzi Onlus. Sul podio il M.tro Daniele Gatti ha diretto la  Filarmonica della Scala in un programma che ha previsto prove d’esecuzione della Sinfonia n°9 in re magg. di Gustav Mahler e delll’Incantesimo del Venerdì Santo dal Parsifal di Richard Wagner. L’associazione OBM è un’organizzazione senza scopo di lucro nata nel 2004 grazie all’iniziativa del Direttore Sanitario dell’ Ospedale Vittore Buzzi di Milano e di un gruppo di Primari con l’obiettivo di migliorare la cura e l’assistenza dei bambini e delle famiglie che accedono all’ospedale. Il ricavato della serata servirà per l’acquisto di nuove incubatrici per il reparto di Terapia Intensiva Neonatale. (Per il progetto Una culla per la vita  eventuali  donazioni a  Associazione OBM Onlus, via Castelvetro 32 20154 Milano,  c.c.p. n°57551459 o Bonifico  Conto C. Bancario n°000000000186 Banca Regionale Europea Ag.117 ABI 6906 CAB 01616 CIN I ). Domani, 27 marzo, il concerto con la Filarmonica scaligera e il M.tro Gatti, seguirà recensione. 

26 marzo  Cesare Guzzardella    ce.guzz@tiscali.it     

Prêtre alla Scala per la Croce Rossa Italiana

 Il Concerto straordinario di lunedì 20 marzo al Teatro alla Scala a favore della Sezione Femminile del Comitato di Milano della Croce Rossa Italiana (sito www.crimilano.it)  è un appuntamento che si rinnova da oltre dieci anni. D’eccezione è stato sia il programma che gli interpreti: infatti il mitico direttore francese ultraottantenne (ma che ha la vivacità, l’intelligenza,la gestualità e la prontezza di riflessi di un ragazzo – bambino) Georges Prêtre (nella foto) ha diretto una delle più antiche e prestigiose  orchestre europee, la Staatskapelle Dresden, in un programma che solo il grande direttore poteva impaginare in questo modo e in maniera da renderlo poi ideale per l’esecuzione da parte dell’orchestra,ovvero: ouverture dall’”Egmont” di Ludwig van Beethoven piena di tutta la  forza prorompente ed implacabile necessaria, un’esecuzione da manuale poi del “Don Juan”di Richard Strauss, una delle pagine preferite da Prêtre, dotata di tutto lo slancio  e l’energia immaginabili che erano la somma degli sforzi del direttore e dell’orchestra in una pagina conosciuta praticamente a memoria.  Non così facile invece si è presentata nella seconda sezione del concerto da parte dell’orchestra un’esecuzione allo stesso livello della “Symphonie fantasique” di Hector Berlioz ma il lavoro di Prêtre sulla partitura ugualmente familiare e con l’orchestra ha infine permesso dopo un lungo e travagliato percorso l’ottenimento di un risultato ottimale e trionfale in tutte le sezioni dell’orchestra, salutato al termine da due bis festivi (la Barcarola da “Les contes d’Hoffmann” di Jacques Offenbach ed una danza ungherese di Johannes Brahms) che hanno chiuso una serata memorabile con una viva e partecipe presenza di pubblico. In uno dei prossimi concerti di Georges Prêtre alla Scala, che speriamo avranno presto di nuovo luogo, ameremmo tuttavia ascoltare la pagina di Richard Strauss in cui il grande direttore d’orchestra francese è veramente un Maestro insuperabile ovvero “Also sprach Zarathustra”. E soprattutto vorremmo sperare che iniziative come queste si ripetano e si moltiplichino con maggiore frequenza in tutta la città.       La Croce Rossa il cui Comitato Internazionale (sito www.icrc.org) fu fondato nel 1875 da Henry Dunant  (Ginevra , 8 maggio 1828 – Heiden , 10 ottobre 1910 - nella foto), Premio Nobel per la pace nel 1901,  insieme ai tre medici Louis Appia, Théodore Maunoir, Gustave Moynier ed al generale Henry Dufour dopo avere il 22 agosto 1864 (data che compare ancora oggi sul logo dell’istituzione) fatto firmare ai principali paesi europei la prima Convenzione di Ginevra che garantiva la neutralità, la pacificità, l’apoliticità dell’istituzione e l’imparzialità dei soccorsi apportati ai feriti e malati qualunque sia il loro paese di appartenenza, politica o religione.

 21 marzo 2006        Giacomo Di Vittorio  

 Le jeune homme et la Mort e La strada agli  Arcimboldi 

Le jeune homme et la Mort è il balletto esistenzialista che Roland Petit (nella foto di Marco Brescia con i pratagonisti), celebre coreografo francese, realizzò nel 1946 su un testo di Jean Cocteau che dice: In uno studio, un giovane solo è in attesa.Entra la fanciulla che era la causa della sua infelicità. Lui si slancia verso di lei. Lei lo respinge. Lui la supplica. Lei lo insulta, lo schernisce e fugge via. Lui si impicca. La stanza sfuma. Resta solo il corpo appeso. Attraverso i tetti giunge la morte in veste da ballo. Si toglie la maschera: è la fanciulla. Allora, pone la maschera sul volto della sua vittima. Insieme, si allontanano attraverso i tetti. Dopo la prima rappresentazione italiana del 1955 e quella successiva del 1983,  il Teatro alla Scala ha di nuovo  portato in quattro repliche, questa volta agli Arcimboldi, il celebre balletto. Manifesto dell’Esistenzialismo in danza, Le jeune homme et la Mort , vanta un accompagnamento musicale splendido con la nota Passacaglia di J.S.Bach orchestrata da Ottorino Respighi e, nel nuovo allestimento, la presenza di Roberto Bolle (foto di Marco Brescia), le jeune homme e dell’inglese Darcey Bussell, la Mort. Le scene sono di Georges Wakhewitch e i costumi di Barbara Karinska. Nella quarta ed ultima rappresentazione del 18 marzo, dopo il meraviglioso balletto La Strada, di cui abbiamo già parlato nella recentissima edizione della Scala – vedi link- (peccato per quella base registrata delle meravigliose musiche di Rota; il contrasto tra il suono registrato e l’evento scenico si nota! Ma la resa è comunque lodevole) i due bravi e belli protagonisti hanno avuto un grande successo di pubblico, perfettamente in linea con la reale qualità del lavoro di Petit. Bolle  ha una scultorea presenza scenica, in sintonia con la “scultorea” musica di Bach, e ha mostrato anche capacità gestuali non indifferenti sin dall’inizio, quando, con ansia, attende l’arrivo della donna amata. La Bussel, dal momento in cui entra in scena, mostra un’esile ed elegante  presenza che è in contrasto con la virile fisicità del “debole”, perché prossimo all’abbandono, giovane. Le schermaglie anche erotiche dei due sono realisticamente accettabili e rendono il rapporto più vero, appassionante e contrastante. L’uscita di scena di lei porta al  conseguente  suicidio del giovane, momento drammaticamente molto forte. La seconda breve e splendida scena ( foto di Elio Piccagliani ), tutta simbolica, mostra  lei, in veste da ballo, nelle sembianze della Morte che cede la maschera a lui e lo porta via sui tetti di Parigi. Scena intrisa di pessimismo esistenziale. Bravissimi. 

                                           

  19 marzo   Cesare  Guzzardella          ce.guzz@tiscali.it

 

Kát’á  Kabanová  in scena al Teatro alla  Scala 

Quando il moravo Leoš Janáček terminò nel 1921 la sua Katerina, dal dramma  L’uragano di Ostrovskij, metteva a frutto la sua felice ispirazione determinata anche dall’intima amicizia, documentata dalle  727 lettere che si trovano a Brno, con Kamila Stősslová, moglie di un antiquario della cittadina di Pisek, nelle vicinanze di Praga.  Un legame difficile, ma non tragico come quello di Kát’á Kabanová, giovane di animo delicato, come ebbe a dire Janáček, che terminò la sua “impossibile” esistenza, suicida  nelle acque del Volga. Nello splendido allestimento De Vlaamse Opera di Anversa, ripreso dal Teatro alla Scala –( 8 sono le rappresentazioni, le prossime il 19-22-24-marzo), il dramma psicologico della protagonista è ben evidenziato dall’originale scenografia di Patrick Kinmonth, costruita su una enorme vasca d’acqua, il fiume Volga elogiato nelle parole iniziali, dove piccole zattere modulari, spostate di scena in scena, costruiscono l’appoggio dei protagonisti. Mentre le giovani  comparse, tante sosia di Kát’á, si agitano nelle acque del fiume, anticipando simbolicamente la conclusione del dramma. L’ottima coreografia di Philippe Giraudeau e l’intensa regia, molto teatrale, di Robert Carsen, sono in perfetto connubio  con l’essenziale scena. Quello che  maggiormente convince dell’opera di Janáček è la perfetta resa drammatica dell’insieme, sottolineata dalle bellissime musiche dove gli elementi di folklore, legati alla profonda conoscenza dei luoghi e delle genti, sono costantemente presenti e funzionali ai caratteri dei personaggi. La parola  dei protagonisti è resa in  musica con un sottile gioco di accenti e di invenzioni timbriche con quelle “taglienti” sonorità che sono  tipiche del modo di comporre di Janáček. Il dramma psicologico e reale di Kát’á, una donna che non riesce a sopportare l’oppressione di un ambiente ostile, è in primo piano e nello stesso tempo, è un tutt’uno con la musica. In questo senso l’opera di Janáček è altamente teatrale. Ottimo il cast vocale che trova in Janice Watson un intensa Kát’á (nella foto con Straka)), - mirabile nella seconda scena del primo atto-  in Peter Straka, un ottimo e vocalmente robusto Boris  e bravissimi anche Judith Forst, Marfa Kabanová , Guy De Mey, Tichon  e tutti gli altri. Valida la direzione di John Elliot Gardiner anche se con sapore molto occidentale e poco slavo. Successo di pubblico. 

18 marzo   Cesare  Guzzardella           ce.guzz@tiscali.it

Rudolf Barshai dirige la Terza Sinfonia di Mahler all'Auditorium

Giovedì 16 marzo (con repliche il 17 ed il 19) Gustav Mahler è ritornato all’Auditorium d Milano, con la Terza Sinfonia  in re minore per contralto, coro femminile, coro di voci bianche ed orchestra, sotto la direzione di Rudolf Barshai(nella foto) alla testa dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. La lettura di Barshai è ovviamente molto distante da quella di Riccado Chailly a cui eravamo abituati: i tempi sono molto più ampi, il suono viene quasi smaterializzato, sin dalla prima nota della partitura siamo già proiettati in una dimensione ultraterrena, non volendo sottolineare quell’ “umano, troppo umano” (Nietzsche è presente come è noto testualmente con estratti da “ Also  sprach Zarathustra”) che era invece alla base della lettura di Chailly prima di elevarsi nelle alte sfere che poi raggiungono direttamente il Paradiso con l’attacco della Quarta Sinfonia che in realtà sarebbe un logico e naturale completamento programmatico della Terza Sinfonia. Qui si è voluto invece offrire un preludio schubertiano con i Cinque minuetti per archi D. 89. L’Orchestra Verdi è comunque perfettamente schierata, infallibile in ogni sua sezione e dotata di un ideale suono mahleriano, in particolare negli archi. Il momento forse più alto viene però toccato in occasione dell’intervento del Coro femminile (sotto la direzione di Erina Gambarini e Ruben Jais) e del Coro di voci bianche “I Piccoli Musici” (sotto la direzione di Mario Mora) nonché con la splendida e perfetta prestazione del prestigioso mezzosoprano svizzero Yvonne Naef, regalandoci una performance davvero indimenticabile ed in perfetta linea con la lettura di Barshai. Il concerto era dedicato alla memoria di Paolo Grassi in occasione dei venticinque anni (esatti) dalla sua scomparsa e sia all’entrata dell’Auditorium che sul programma di sala campeggiava una delle sue celebri frasi: “A teatro si partecipa a un atto gioioso, prima ancora che si apra il sipario, per stare insieme in una festa collettiva”. Noi vorremmo aggiungere come  personale omaggio alla sua memoria un brano del nostro in assoluto scrittore preferito, ovvero Milan Kundera (Brno,1 aprile 1929)-nella foto-, che nel suo forse più bel romanzo, “L’immortalità” (pubblicato nel 1990 da Adelphi con la bella traduzione di Alessandra Mura che traduceva dal ceco, il titolo originale è “Nesmrtelnost”, anche se sappiamo che lo scrittore moravo dal 1975 si è istallato in Francia potendo così proseguire la sua carriera di scrittore grazie a Claude Gallimard e rinascendo così una seconda volta, come da lui più volte ammesso anche nelle celebri pubblicazioni dell’Institut francais de Prague in cui apprese la lingua francese ed in cui insegnò anche il celebre filosofo Vladimir Jankelevitch, e ritraducendo tutti i suoi romanzi scritti in ceco in francese, “L’immortalità” nel 1993, e considerando il testo francese quello di riferimento soprattutto in quanto passando la cortina di ferro il celebre scrittore oggi mondialmente conosciuto si era presto accorto che i suoi romanzi venivano tradotti in particolare fuori dall’Europa a partire dalle traduzioni americane che spesso trasformavano o addirittura tagliavano il testo) scrive (pagine 224 – 225 dell’edizione Adelphi) : “Ci sono civiltà che hanno avuto un’architettura più grande di quella europea e la tragedia antica resterà per sempre insuperabile. Tuttavia nessuna civiltà ha creato dai suoni quel miracolo che è la storia millenaria della musica europea, con la sua ricchezza di forma e di stili ! Europa : la grande musica e l’homo sentimentalis. Due gemelli sdraiati fianco a fianco nella stessa culla. La musica non solo ha insegnato agli europei ad essere ricchi di sentimento ma anche ad adorare il proprio sentimento e il proprio io sensibile . (…) Mahler è l’ultimo grande compositore europeo che ancora si rivolge ingenuamente e direttamente all’homo sentimentalis. Dopo Mahler, il sentimento nella musica diviene sospetto; Debussy vuole incantarci, non commuoverci, e Stravinsky addirittura si vergogna del sentimento. Mahler è per Laura “l’ultimo compositore”e quando lei sente dalla camera di Brigitte il rock a tutto volume, il suo amore ferito per la musica europea che scompare sotto il frastuono delle chitarre elettriche la fa andare su tutte le furie; e dà a Paul un ultimatum : o Mahler o il rock; il che significa : "o io o Brigitte". 

                   18 marzo                 Giacomo Di Vittorio

Gyorgy Gyorivanyi Rath e la Verdi all’Auditorium 

Lo scorso 9 marzo (con repliche il 10 ed il 12) la stagione dell’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi presso l’Auditorium di Milano prevedeva (sotto la direzione energica e precisa del direttore d’orchestra ungherese Gyorgy Gyorivanyi Rath -nella foto-) un insolito e raro accostamento di programma, offrendo una preziosissima occasione di ascolto, ovvero, nella prima parte del concerto una vigorosa esecuzione della Sinfonia n° 3 in mi bemolle maggiore “Renana” di Robert Schumann, mentre nella seconda la Sinfonia n° 1 in re minore op. 9 di Erno (o Ernst von) Dohnanyi -nella foto- (Pozsony = Bratislava, 27 luglio 1877 – New York, 9 febbraio 1960). Nel programma di sala del concerto lo stesso Rath lamenta giustamente  il quasi completo oblio per lunghissimo tempo, anche nella stessa Ungheria, di questo compositore che fu l’unico con uno stile sinfonico tardoromantico (ma non solo, non mancando gli elementi di modernità e di originalità nella sua scrittura orchestrale) del suo Paese. Questa Sinfonia composta tra il 1900 ed il 1901 di più di cinquanta minuti di durata lo dimostra sviluppandosi in cinque ben articolati movimenti con uno straordinario fugato finale, lasciando anche intravedere una modernità quasi vicina allo stile di Shostakovich ed in realtà per nulla “americanizzata”, come, nonostante tutto, molti sostennero per non eseguirlo. L’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi, sotto la direzione di Rath, esperta del repertorio di questo periodo storico musicale europeo, ne ha offerto una lettura da manuale che sarebbe forse piaciuta anche a Bela Bartok che teneva spesso lo spartito della Sinfonia sul pianoforte e ne suonava sovente alcuni passaggi o anche per intero. A questo proposito però noi vorremmo ricordare che fuori dall’Ungheria, ed in particolare nel nostro Paese, due compositori ungheresi (di origini rumeno-transilvane) sarebbero, a nostro avviso,  da eseguire con maggiore frequenza, analizzare e scoprire ovvero Gyorgy Kurtag (Lugoj ,19 febbario 1926 -nella foto) che, appunto, da qualche  settimana ha compiuto gli ottanta anni di età (ed a cui rivolgiamo i nostri migliori auguri) e Peter Eotvos (Szekelyudvarhely, 2 gennaio 1944), la cui opera “Le tre sorelle” (da Cechov), in particolare (la cui prima esecuzione assoluta ha avuto luogo il 13 marzo 1998 all’Opéra National di Lione) è attualmente considerata da molti compositori viventi un vero capolavoro, se non una delle migliori produzioni di teatro musicale contemporaneo  degli ultimi anni. 

           16 marzo                  Giacomo Di Vittorio

Labèque, Mullova, Capuçon, un Trio frizzante per il “Quartetto” 

Grande voglia di far musica quella manifestata dal Trio formato da Katia Labequè, al pianoforte, Viktoria Mullova, al violino e dal giovane 25enne violoncellista Gautier Capuçon. Bravissimi nella medesima misura, hanno tenuto un concerto per la “Società del Quartetto” che è stato molto apprezzato dal numeroso pubblico presente nella Sala Verdi del Conservatorio.  Il programma prevedeva,  nella prima parte, il Trio in la di Maurice Ravel, composizione del 1914 ed unica del genere scritta dal musicista francese e  nella seconda parte, il Trio n°2 in mi bem. magg. op.100 D929 di Franz Schubert, composto nel 1827. Il brano di Ravel, presenta sonorità alquanto impressionistiche con riferimenti alla tradizione folcloristica e alla tradizione “antica” tipica dell’ultimo Ravel. Splendido lo Scherzo, poi replicato come bis al termine della serata ed interpretazione avvincente. Con il capolavoro tardo di Schubert, il Trio Labèque- Mullova- Capuçon ha dimostrato di essere a livelli musicali eccellenti sia per le qualità  timbriche che per le capacità espressive complessive.  I  tre artisti, in un rapporto perfettamente sinergico, hanno mostrato grande intelligenza musicale ed un modo spontaneo di presentare il materiale sonoro. Aldilà delle elevate qualità tecniche, abbiamo assistito ad un’interpretazione mirabile nell’equilibrio delle parti e nella qualità di tocco. Una presenza scenica sportiva, sorridente e poco accademica,  ma di sostanza, ha avuto il merito di rendere grande quello che il genio di Franz Schubert ha composto. Pubblico entusiasta. Splendido concerto. 

15 marzo 2006   Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

Concerto di John Williams per le “Serate Musicali” 

Presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano, lunedì 13 marzo alle 21.00 si è tenuto il concerto del chitarrista John Williams ( nella foto), uno dei più  grandi interpreti del nostro tempo,  formatosi all’Accademia Musicale Chigiana di Siena con Andrés Segovia. In  programma musiche di Scarlatti, Albeniz, Domeniconi e Yocoh nella prima parte; ben eseguite le tre Sonate di Scarlatti, originali per clavicembalo e trascritte per chitarra; altrettanto si può dire per il repertorio spagnolo.  Ma ciò che più ha colpito fin dalle prime note è stata la presenza di un’amplificazione esterna, con microfono e casse, per consentire al suono di “raggiungere” le zone più lontane dal palco. Le intenzioni forse erano buone, ma i “risultati sonori” ben poco convincenti. Soprattutto nei brani di Albeniz, Asturias, Mallorca e Torre Bermeja, la tentazione era di staccare la spina dell’amplificatore e godersi le differenze timbriche che la chitarra offre e che invece arrivavano piuttosto  “filtrate”  al pubblico. Dopo circa 20-25 minuti di ascolto, superato Albeniz, il brano “Koyunbaba” di Domeniconi ci ha fatto un po’ dimenticare la presenza dell’amplificatore, con la particolare accordatura in  do diesis minore dello strumento: in questo caso la chitarra viene lasciata vibrare in un arpeggio ricco di  citazioni di musiche orientali. Meno riuscita è stata l’esecuzione di “Sakura Variations” di  Yocoh. Nella seconda parte della serata Williams ha proposto un repertorio etnico e popolare: a partire da “Djilile” di Sculthorpe , agli arrangiamenti per chitarra di melodie africane, fino ad arrivare ad una lunga seria di brani venezuelani (“Los perdices” di Pedro Lopez, “El Diablo Suelto” di Fernandez per citarne alcuni); concludono il concerto “Salve” di Sojo,  “Seis por Derecho” di Lauro e due bis con pezzi di  Barrios. Molto accurata nella “Una limosna por el amor de Dios” di Barrios l’agogica e al tempo stesso il controllo ritmico del tremolo. La scelta di suonare brani dai ritmi vigorosi e coinvolgenti, tipici della musica venezuelana, oltre a rendere più piacevole la serata anche per un pubblico  “non addetto ai lavori”,  ha confermato  il carattere poliedrico della chitarra, la sua versatilità nel passare dalla musica colta alla tradizione popolare. 

               Alberto Cipriani

Concerto Straordinario alla Scala per la Lega italiana contro i tumori 

Splendida serata quella che ha visto la Filarmonica del Teatro alla Scala diretta da Roberto Abbado  in un concerto a favore della Lega italiana per la lotta contro i tumori  per la  Settimana Nazionale della Prevenzione Oncologica che si svolgerà dal 18 al 26 marzo. Il concerto è stato introdotto da una mirabile   esecuzione dell’Ouverture da  I  Vespri Siciliani di G.Verdi. Impeccabile la direzione di Abbado che ha mostrato le sue doti direttoriali altamente liriche attraverso un’esecuzione accurata, dinamicamente e melodicamente ineccepibile. La serata è proseguita con il quasi tardo-romantico Concerto in la min. op.129  per violoncello e orchestra di Robert Schumann. Solista l’eccellente Mario Brunello (nella foto). Interpretazione violoncellistica all’insegna della dolcezza di suono con perfette legature ed espressività intensa. Dopo l'intervallo abbiamo rilevato sonorità particolarmente chiare e definite nella famosa trascrizione di Ravel dei Tableaux d’une exposition  di Modest.P. Musorgskij. Roberto Abbado ha diretto la Filarmonica della Scala valorizzando ogni  dettaglio individuale e di gruppo in una partitura che trova nelle abilità di orchestratore di Ravel e nell’ingegno compositivo di Musorgskij due inarrivabili alleati. Successo di pubblico.  

13 marzo     Cesare Guzzardella      ce.guzz@tiscali.it

Intervista  a Mario Brunello in occasione del Concerto del 12 marzo al Teatro alla Scala a favore della "Lega Italiana per la lotta contro i tumori"

M.tro Brunello, innanzitutto vorrei congratularmi con lei per lo splendido concerto che recentemente ha tenuto in Conservatorio insieme a G. Kremer. Devo dirle che mi è anche piaciuto molto il brano di Sollima con quelle  marcate influenze mediterranee ed orientali. Questo mi fa  venire in mente la  prima domanda: Che ruolo ha nella scelta dei brani che presenta nei concerti la musica contemporanea? 

Quando costruisco i programmi non penso obbligatoriamente a un pezzo di musica contemporanea. Noi violoncellisti siamo però fortunati perché  in questi ultimi anni il violoncello è stato molto utilizzato dai nuovi compositori; abbiamo anche giovani violoncellisti di notevole qualità. 

Nel concerto di domenica eseguirà il Concerto per violoncello op.129 di Robert Schumann, molto interessante per il ruolo “primario” dello strumento solista. Ci potrebbe dire quale motivazioni l’ hanno indotta alla scelta di questo concerto e come lo giudica musicalmente? 

Questo concerto è molto eseguito, anche perché nel nostro repertorio abbiamo un numero limitato di concerti. Si tratta di uno Schumann tardo dove c’è tutta l’esperienza di una  vita di compositore, e ha grande cantabilità e profondità nell’unico movimento in cui si sviluppa. 

So che lei è impegnato anche in manifestazioni che non riguardano solo la musica ma anche altri ambiti disciplinari, i suoi spettacoli con Paolini, Baricco ecc. ne sono la riprova. Cosa può dirmi a proposito?

Per me questa è un’esigenza , ma anche altre forme di spettacolo come il teatro, la pittura ecc. sentono il bisogno della musica, non solo come commento o sottofondo, ma come dialogo o contrapposizione di quello che ad esempio la sola parola non può dire.  

Quali progetti ha in  futuro dopo il concerto che terrà domenica alla Scala?

Ci sono tante cose in cantiere, ci sono molte collaborazioni con scrittori come Baricco, Erri De Luca, Stefano Benni, poi la cosiddetta “carriera” concertistica va avanti per la sua strada.  

Come si è trovato a lavorare con Roberto Abbado? 

Io e Roberto ci siamo conosciuti quando eravamo in Conservatorio, io ero studente a Venezia e lui, appena diplomato, venne a Venezia per fare la classe di esercitazione orchestrale. E’stato un anno divertentissimo perché era proprio un “ragazzaccio” e voleva divertirsi con la musica, e la musica è soprattutto divertimento.    

10 marzo 2006 Cesare Guzzardella  ce.guzz@tiscali.it  

L'Orchestra Verdi lancia la campagna di sottoscrizione straordinaria per una raccolta fondi

 Dal 1993, anno di fondazione dell'Orchestra, lo Stato non ha dato quelle "adeguate provvidenze", previste dalla legge, per sostenere l'attività della Verdi. Ciò è emerso con evidenza nel corso del Convegno nazionale "Il futuro senza musica", svoltosi il mese scorso nell'Auditorium di Milano.
In attesa che vengano mantenuti gli impegni assunti dalle forze politiche in occasione del Convegno, la Verdi fa appello ai suoi soci, ai suoi abbonati, ai cittadini e alle aziende, sensibili ai valori della cultura, per affrontare i costi dei prossimi impegni artistici.
Questa sottoscrizione rappresenta una esigenza vitale per il futuro del Coro e dell'Orchestra Verdi. Con il concorso di tutti, per assicurare il successo di questa sottoscrizione, vi sarà anche un'ulteriore dimostrazione dell'affetto e della simpatia verso un'istituzione musicale, che svolge un ruolo importante a Milano, in Lombardia e in Italia.
La piena riuscita di questa sottoscrizione, che prevede, il 28 marzo, anche una "giornata della musica" con la partecipazione dell'Orchestra, di attori, relatori e amici della Verdi, sarà anche un tangibile richiamo a tutte le istituzioni pubbliche perché prestino maggiore attenzione allo sviluppo delle attività culturali nel nostro Paese. Anche per questo chiediamo a tutti di firmare un appello al futuro Governo e di inviarci messaggi e pensieri che verranno raccolti e stampati in una pubblicazione dal titolo "Milano e La Verdi".         Come sottoscrivere  • Tramite telefono al numero 02.83389238/230 (con carta di credito a distanza)• Tramite c/c postale 31776255 intestato a “Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi”, corso San  Gottardo 42/a – 20136 Milano• Tramite assegno bancario o circolare, non trasferibile, intestato a “Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi”, da inviare a Ufficio Soci e Abbonati - Corso San Gottardo 42/a - 20136 Milano• Tramite bonifico bancario, sul c/c intestato a “Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi” presso la Banca Popolare di Milano, ag. 502, c/c 18100, ABI 05584, CAB 01702, Codice IBAN IT15 U 05584 01702 000000018100 

Un concerto per gli allievi del Liceo del Conservatorio G.Verdi

Sabato 18 Marzo, in sala Puccini,  via Conservatorio 12, alle ore 17.00, si terrà il consueto concerto degli allievi del Liceo Musicale del Conservatorio G. Verdi. La manifestazione, diventata un appuntamento fisso in questo momento dell'anno, è alla sua  sesta edizione. Come sempre, il programma è vario ed interessante e spazia da Bach ad autori contemporanei.               Gli esecutori,  alcuni fra i migliori allievi di Conservatorio,  sono  tutti studenti del Liceo Musicale, di età compresa fra i 14 e i 19 anni. Si esibiranno da soli, in duo, in trio, in gruppo. Numerosi gli strumenti utilizzati: pianoforte, violoncello, percussioni, tromba, arpa, violino. Il concerto  si rivolge in particolare ai giovani milanesi. Nella speranza di ampliare il pubblico della musica colta si propongono, infatti, ai ragazzi di solito affamati di musica, nuovi e meno frequentati orizzonti. Con l'iniziativa  intendiamo inoltre dare visibilità al Liceo Musicale in vista delle iscrizioni alla classe prima  (le iscrizioni al Conservatorio si effettuano dal 1° al 30 Aprile) , ricordando ai giovani e alle loro famiglie che esiste da anni una scuola superiore a Milano dove si fa musica in modo serio, approfondito,  da professionisti.   

         Liceo Musicale  del Conservatorio G.Verdi di Milano

Omaggio a  Renato Bruson al Teatro alla Scala

  Il grande baritono Renato Bruson(nella foto) ha tenuto un importante recital alla Scala accompagnato al pianoforte da Carlo Bruno, ed ha festeggiato i 45 anni di carriera lirica. Dal  debutto a Spoleto con Il Trovatore nel 1961, Bruson, unanimemente considerato uno dei massimi  cantanti lirici di tutti i tempi, ha  varcato i palcoscenici dei maggiori teatri mondiali. Nella splendida serata del 6 marzo, terminata con una sentita ovazione da parte del  numerosissimo pubblico presente, ha presentato un programma particolarmente impegnativo. Dapprima il  Canto XXIII della Divina Commedia di Dante, quello del  Conte Ugolino, mirabilmente musicato nel 1828 da Gaetano Donizetti e interpretato con voce intensamente profonda e particolarmente dolce, e poi i Tre sonetti del Petrarca  musicati da Liszt nel 1839 con uno stile particolarmente lirico, quindi i Quattro rispetti op. 11 di Ermanno Wolf-Ferrari, brani del 1902 caratterizzati da una melodicità tipicamente italiana ed infine, di Maurice Ravel, le graziose e delicate Trois chansons de Don Quichotte à Dulcinée(1933-1934). Emozionante l’interpretazione di Bruson che ha voluto ringraziare il pubblico proponendo come bis un frizzante brindisi verdiano. 

7  marzo      Cesare  Guzzardella           ce.guzz@tiscali.it

Francesco Libetta interpreta Leopold Godowsky in Conservatorio 

 Non molti conoscono Leopold Godowsky (1870-1938), virtuoso pianista e compositore polacco naturalizzato statunitense, vissuto a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. E’ rimasto alla storia per i 53 Studi sugli Studi di Chopin, brani  di difficoltà trascendentale tale da avere pochissimi pianisti disposti ad eseguirli in modo completo. Merito delle Serate Musicali è quello di aver portato nella Sala Puccini del Conservatorio milanese l’eccellente pianista Francesco Libetta (nella foto). In due serate si cimenta negli originalissimi studi-variazioni di Godowsky, molti dei quali per la sola mano sinistra, sui celebri e ancora riconoscibilissimi Studi di F.Chopin. Nella serata di ieri – la seconda è prevista per il 26 marzo- Libetta ha suonato gli Studi sull’op.10, ben 26 varianti dei capolavori  chopiniani -12 per la sola mano sinistra- e tra questi ben sette varianti sul n°5 dell’op.10. Libetta con una lucidità e una trasparenza sonora sorprendente, ha portato a termine questa “impresa” mostrando oltre che una tecnica superlativa, nitore espressivo e penetrazione  totale dei caratteri musicali.   I 53 Studi rappresentano la giusta mediazione tra il Romanticismo di Chopin e quello stile Liberty, pieno di ornamenti, tipico del virtuoso Godowsky. Operazione superlativa quella di Godowsky, che nasce da una grande conoscenza della tecnica pianistica e delle infinite sonorità possibili che lo strumento offre. Grande impresa quella di Libetta che è riuscito a rendere semplici strutture musicali invece molto complesse rendendo altamente godibile l’ascolto dei preziosi brani. Il numeroso pubblico presente in sala ha dimostrato di apprezzare la qualità dell'evento  con un tripudio di lunghi e calorosi applausi. Il 26 marzo alle 18.45 in Sala Puccini la seconda parte del concerto con gli Studi sull'op.25  . 

6 marzo      Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

GRANDE SUCCESSO PER  "THE CAGE" E "LA STRADA" ALLA SCALA 

 Sembrava di essere in un teatro di Broadway invece che alla Scala, alla rappresentazione di sabato 4 marzo, l’ultima (ma il balletto “La strada” sarà nuovamente proposto nella sede degli Arcimboldi): e anche il pubblico, per la serata fuori abbonamento, era convenientemente cosmopolita e parimenti entusiasta. The Cage stupisce per la geometria perfetta dei movimenti    delle danzatrici-insetti, che ricorda i rapidi spostamenti di zampe e antenne, la simmetria bilaterale dei corpi segmentati, la forma rigorosa delle celle degli alveari, l’armonia del volo di uno sciame. E nel contempo, in queste società femminili di invertebrati, la spinta alla riproduzione è associata al sacrificio del maschio, ad una ferocia assoluta che non lascia spazio ad altro, essendo un comportamento stereotipato che non può essere mutato. L’idea di Jerome Robbins, che concepì il breve balletto nel 1951 e lo portò in scena proprio al City Center of Music and Drama di New York, a Broadway, è straordinaria: la musica di Strawinskij, il Concerto in Re per orchestra d’archi, entra nei quadri scenici pensati dal coreografo con una forza e un’intensità che lasciano gli spettatori stupefatti. Resta impressa l’immagine della nascita della Novizia,  che si libera dal bozzolo e sfarfalla tra le sorelle, uccidendo immediatamente il primo maschio che la insidia; e sarà costretta poi, dalle leggi dello sciame, a far seguire la stessa sorte ad un secondo maschio col quale aveva danzato a lungo, irretita e placata dalle sue carezze. Splendido il Corpo di Ballo, delicata Chiara Fiandra(nelle foto di Marco Brescia) nella parte della Novizia, bravi Marta Romagna, la Regina, Andrea Volpintesta e Massimo Garon (foto di Marco Brescia). Il secondo balletto, tutto italiano( foto di Marco Brescia), rievoca la notissima storia felliniana di Gelsomina, fanciulla innocente vittima della miseria e della rozza ignoranza di un malvagio saltimbanco, che l'ha presa con sé per i suoi squallidi spettacoli da fiera di paese. Gelsomina riesce a mantenere la sua purezza d’animo, nonostante la vita disgraziata che conduce, e la sua morte segnerà per il suo scellerato padrone l’inizio di una solitudine crudele e senza speranza. Le indimenticabili musiche di Nino Rota accompagnano la suggestiva coreografia di Mario Pistoni: Gilda Gelati è una luminosa Gelsomina, Bryan Bewison un convincente maligno Zampanò; il Matto è interpretato con grande bravura da Antonino Sutera. La scenografia e i costumi di Luciano Damiani rievocano perfettamente lo scenario dei paesini appenninici attraversati dal fatiscente carrozzone di Zampanò e portano lo spettatore ora nel mezzo di una festa paesana, ora ad una processione religiosa, infine in un circo, in una piazza in inverno, vicino al lavatoio pubblico, tra lenzuola stese che sembrano tristi fantasmi. Sul palcoscenico applauditissimi anche il direttore Marcello Rota, il primo violino e la prima tromba.  

 5  marzo 2006        Anna Busca         

Claus Peter Flor dirige il Requiem di  Mozart  in ricordo di Romano Gandolfi

 Per commemorare l’improvvisa scomparsa il 18 febbraio scorso di Romano Gandolfi l’Orchestra Sinfonica ed il Coro Giuseppe Verdi il 2 marzo presso l’Auditorium di Milano hanno voluto riproporre la partitura con la quale nel 1998 il celebre Maestro iniziò la collaborazione e l’intenso lavoro di anni con le rispettive compagini ovvero il “Requiem” di Wolfgang Amadeus Mozart. Claus Peter Flor(nella foto),direttore principale ospite dell’Orchestra, si è dichiarato subito disponibile per la non prevista esecuzione raggiungendo un risultato ottimale e di insolita e rarissima fattura: bisogna premettere che la celebre pagina era incorniciata prima da un rarissimo brano di suprema concezione e definizione ovvero la “Symphonie funèbre in do minore VB 148” di Joseph Martin Kraus (Miltenberg, 1756 – Stoccolma, 1792), in cui in modo molto appropriato e suggestivo si fa uso della sordina per gli archi accompagnati dalle sonorità scure degli ottoni di forte ed incisivo effetto, e dopo ,senza soluzione di continuità a seguire l’ultima nota del Requiem, dall’ “Ave Verum Corpus” mozartiano  tanto amato ed eseguito sia dal direttore scomparso che dal suo Coro. La direzione di Flor  dei complessi corali ed orchestrali nell’immortale  pagina mozartiana si è mossa seguendo esattamente le tracce di queste due partiture che erano situate non a caso ai margini, proponendoci un Requiem dai tempi a volte rapidi e decisi ma prosciugato da qualsiasi enfasi e retorica che abitualmente sono associate alla partitura, essenziale ,limpido e trasparente, lasciando tutto lo spazio e prestando la massima attenzione necessaria al Coro (di cui qualsiasi inflessione, pausa, silenzio o improvvisa irruzione venivano seguiti con la massima cura) ed all’ottimo cast vocale perfettamente fuso ed unito negli intenti con direttore, Coro ed Orchestra, composto dal soprano Monica Trini, dal mezzosoprano serbo Katarina Nikolic, dal tenore Roberto Iuliano e dal baritono Carmelo Corrado Caruso .Tutto ciò merito ovviamente anche dei due preparatissimi e sempre precisi e scrupolosi assistenti del Maestro Gandolfi(nella foto), ovvero Erina Gambarini e Ruben Jais, a cui spetta l’onere di raccogliere l’eredità di questi intensi anni di lavoro e di insegnamento. Il Coro ,ricordiamo formato da musicisti non professionisti, in luogo dell’attuale prenderà il nome di “Coro Romano Gandolfi” rendendo così omaggio al suo fondatore ed al miracolo dell’altissima qualità artistica cui è riuscito a elevarlo. E’ stato anche annunciato che il concerto previsto dal 16 al 19 marzo prossimi, con in programma la Terza Sinfonia di Gustav Mahler diretta da Rudolf Barshai, sarà dedicato alla figura ed alla memoria di Paolo Grassi (Milano, 30 ottobre 1919 – Londra, 14 marzo 1981) a venticinque anni esatti dalla sua scomparsa.

                  4 marzo       Giacomo Di Vittorio

Mikhail Pletnёv per le Serate Musicali 

 Il pianista russo Mikhail Pletnёv (nella foto), vincitore nel 1978 del Primo Premio al Concorso Pianistico Caikovskij, ha tenuto un concerto tutto su Frederic Chopin nella Sala Verdi del Conservatorio milanese. In programma la Fantasia in Fa min. op.49, le Mazurche op.68 n° 1-4, la Ballata n°1 in Sol min. p. 23 e nella seconda parte la Polacca-Fantasia in La bem.magg. op.61, i Notturni op.48 n°2, op.9 n°2, op.55 n°1, op.27 n°1 e per concludere i Valzer  op.34 n°1 in La bem. Magg. e l’op. post.in mi min. Pianista certamente di classe e interprete originale anche per l’uso particolare del pedale, Pletnёv ha mostrato qualità certe e di spessore molto elevato  nei  brani più brevi, i Notturni, i Valzer e anche nella splendida Ballata op.23. Si rimane perplessi per la sua tecnica particolare,  a volte eccessiva, nell’uso del pedale – molti legati sono ottenuti non con la tenuta del tasto, ma con il pedale di risonanza- che porta a una sonorizzazione pianistica riverberante nelle armonie a volte fastidiosa. L’interpretazione molto analitica, con tempi lunghi,  nei brani di maggiore respiro come la Fantasia e la Polacca sono una sua caratteristica  d’interprete. L'intenso e poetico Notturno dell’op.9 e il meraviglioso bis, la Sonata in Re min. L 413 "Pastorale" di Domenico Scarlatti, non lasciano comunque dubbi sul grande valore di Pletnёv. Non particolarmente entusiastica la risposta di parte della platea. 

   4  marzo  Cesare Guzzardella            ce.guzz@tiscali.it 

Teatro alla Scala: Omaggio a  BÉLA BARTÓK  

Per i 125 anni dalla nascita di Bèla Bartòk, lunedì 6 marzo alle ore 17.00 si terrà un concerto  al Ridotto dei Palchi "A.Toscanini" in collaborazione con il "Festival Autunno Musicale a Como" ed il QUARTETTO BARTÓK formato da Péter Komlós, violino,  Géza Hargitai,violino,  Géza Németh, viola e  László Mezö, violoncello eseguirà il Quartetto n. 2 op. 17 sz. 67   ed il Quartetto n. 4 sz. 91. L’iniziativa si colloca nell’ambito dell’Anno Bartókiano (Bartók Jubileum 2006) promosso dal Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi e dal Presidente della Repubblica d’Ungheria László Sólyom.Il concerto è programmato in collaborazione con l’Accademia d’Ungheria in Roma.        Ingresso libero fino a esaurimento dei posti.

Ricordo di Gianandrea Gavazzeni al Ridotto dei Palchi del Teatro alla Scala

A dieci anni dalla scomparsa, la Scala ricorda Gianandrea Gavazzeni con un incontro aperto al pubblico, domenica 5 marzo alle ore 11.30 al Ridotto dei Palchi.  La figura di Gavazzeni – musicista, uomo di cultura, saggista – e i suoi cinquant’anni alla Scala saranno rievocati da una testimonianza a più voci: del soprano Leyla Gencer e del tenore Carlo Bergonzi, che con lui hanno scritto pagine memorabili nella storia del Teatro, del musicologo Quirino Principe, autore del volume “Gianandrea Gavazzeni alla Scala”, e del critico musicale Angelo Foletto. Gavazzeni esordì alla Scala con un concerto il 12 novembre 1943; inaugurò 9 stagioni, di cui 6 consecutive tra il 1961 e il 1966; fu Direttore Artistico del Teatro fra il 1966 e il 1968. Musicista versatile, diresse alla Scala opere di Händel, Gluck, Mozart, Cherubini, Meyerbeer, Rossini, Thomas, Donizetti, Bellini, Catalani, Mascagni, Cilea, Giordano, Verdi, Gounod, Saint-Saëns, Musorgskij, Puccini, Wolf-Ferrari, Respighi, Pizzetti, Malipiero, Stravinskij, Zandonai, Flavio Testi… Nel marzo 1995 Gavazzeni portò per la prima volta alla Scala Stiffelio di Verdi. Nell’aprile 1984, durante la sua esecuzione de I Lombardi alla prima crociata, fu chiesto a furor di popolo il bis del coro “O Signor che dal tetto natìo”: il Maestro lo eseguì infrangendo la regola ferrea che da inizio secolo impediva di concederne. Fra i cantanti, Callas, Tebaldi, Simionato, Olivero, Ratti, Cossotto, Freni, Di Stefano, Gianni Raimondi, Corelli, Rossi Lemeni, Taddei, Siepi, Stabile, Bastianini, Bruscantini, Christoff, Giangiacomo Guelfi, Cappuccilli, Domingo, Carreras, Alva, Sciutti; fra i registi, Nicola Benois, Roberto Rossellini, Margherita Wallmann, Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Pier Luigi Pizzi: non c’è grande della famiglia Scala che non abbia incrociato la sua arte con la bacchetta di Gianandrea Gavazzeni, Maestro di musica, di pensiero e di penna.

FEBBRAIO

Incontri con l'opera al Ridotto del Teatro alla Scala: Kàt’a Kabanovà

Giovedì 2 marzo, alle ore 18, al Ridotto dei Palchi del Teatro alla Scala si terrà un incontro con Giuseppe Di Leva e Franco Pulcini, voce recitante di Giovanna Bozzolo, sulla  Kàt’a Kabanovà di Leόš Janáček

 

Accardo, Canino e Filippini per le Serate Musicali 

 Concerto all’insegna di Robert Schumann quello organizzato dalle Serate Musicali. Nella Sala Verdi in Conservatorio un gruppo d’eccezione, quello formato da Salvatore Accardo, Bruno Canino, Rocco Filippini, Laura Gorna e Francesco Fiore. La serata è iniziata con i  noti Cinque brani per pianoforte e violoncello Op. 102. Scritti nel 1848, sono un esempio di semplice freschezza e originalità, caratteri ben evidenziati dal duo Canino e Filippini.  Il Quartetto d’archi in la magg. op. 41 n°3, ultimo della serie, è del 1842 e raramente viene eseguito pur essendo una eccellente e matura composizione. La serata  è terminata con il celebre  Quintetto in mi bem. magg. op.44 (1842). Di mirabile fattura ed espressività, questo lavoro, unico di Schumann per questa formazione, è stato magnificamente interpretato dal quintetto che ha visto  Canino, Accardo e compagni attenti ad ogni dettaglio espressivo e interiormente trasportati dalla bellezza delle melodie del grande tedesco. Successo caloroso di pubblico e ripetizione dello Scherzo nel bis.

25 febbraio   Cesare Guzzardella       ce.guzz@tiscali.it   

Una grande “Verdi” con Penderecki  all’Auditorium

Grande prova interpretativa per la Sinfonica di Milano G.Verdi all’Auditorium di largo Mahler in un concerto che ha visto sul podio il compositore e direttore polacco Krzysztof  Penderecki (nella foto) alle prese con due sue composizioni e nella sinfonia più popolare di Antonin Dvořák, la N°9 op. 95  "Dal Nuovo Mondo". Trenodìa per le vittime di Hiroshima, composto da Penderecki nel 1959  (dura circa 8 minuti),  è una brano particolarmente interessante ed espressivo. Dedicato alle vittime di Hiroshima, è improntato su una ricerca sonora legata alla tecnica di formazione del suono negli archi. I 52 strumenti ad arco dell’orchestra intonano suoni in registri particolarmente acuti.  Fasce di suoni  a blocchi o cluster riescono in modo mirabile a rappresentare una situazione drammatica in una struttura particolarmente nitida e classica nei rapporti formali. Il riferimento alle importanti esperienze di musica elettronica di quel periodo storico sono evidenti anche se l’elemento sonoro “naturale” è legato alla sapiente conoscenza degli archi. Il risultato compositivo è straordinario per nitidezza espressiva e per spessore musicale.  Molto interessante anche il secondo brano in programma, il Concerto per viola e orchestra, dove l’eccellente violista russo Andrei Gridchuk (nella foto) è riuscito ha cogliere in modo mirabile l’essenza melodica, se pur angosciante, del bellissimo concerto in un unico movimento  composto da Penderecki nel 1983. Lasciata da parte l’avanguardia, il compositore, in questo brano rivela una scrittura più classica legata a Berg e in parte a Shostakovich anche se nell’ultima parte del concerto ritorna  in minima parte  l’elemento aleatorio. Splendida l’interpretazione della “Verdi”. Con la Sinfonia Dal Nuovo Mondo, Penderecki ha mostrato anche le sue splendide qualità direttoriali in un'interpretazione particolarmente "slava". Abbiamo ascoltato una sinfonia  intensa e dettagliata dove le qualità degli ottimi orchestrali, in tutti i settori, sono emerse. Quando sul podio c’è un grande direttore, la Verdi  alza in modo esponenziale la sua capacità interpretativa e con Penderecki, questo è  tangibile. Grandissimo successo di pubblico. Repliche il 24 ed il 26 febbraio.

 24 febbraio        Cesare Guzzardella        ce.guzz@tiscali.it

Due importanti serate con Louis Lortie in Conservatorio per le Serate Musicali 

Ormai da tempo la vita musicale e culturale milanese è in preda alla più totale anarchia ed al più sfrenato egoismo particolaristico. Un esempio molto eloquente lo si è avuto negli scorsi giorni: Richard Wagner è deceduto il 13 febbraio 1883 a Venezia ed una delle istituzioni musicali storiche di Milano ovvero le Serate Musicali (dirette dal Maestro Hans Fazzari che rappresenta per onestà e trasparenza l’esatto contrario di quello che accade nella città) ha voluto rendere omaggio alla memoria del compositore e del grande ungherese Franz Liszt (Raiding, 22 ottobre 1811 – Bayreuth ,31 luglio 1886)  al di fuori di ogni anniversario e di ogni festeggiamento prestabilito e preordinato in un ciclo di due serate che avrà poi un seguito il prossimo anno : lunedì 13 febbraio scorso il grande pianista canadese Louis Lortie (nella foto) ed il grande violoncellista tedesco Jan Vogler hanno presentato presso il Conservatorio Giuseppe Verdi una memorabile ed originale serata di trascrizioni Wagner–Liszt in cui si andava dall’Ouverture del “Tannhauser” a “La lugubre gondola”, sino ai “Wesendonck Lieder”, comprendendo anche l’ultraterreno “Lied an den Abenstern” cantato da Wlfram von Eschenbach sempre nel “Tannhauser” . Il lunedì successivo 20 febbraio lo stesso Louis Lortie si è unito in coppia con la sua altrettanto celebre collega pianista canadese Hélène Mercier in una seconda ancora più incandescente e sulfurea serata wagneriana – lisztiana in cui si andava dal “Siegfried Idyll” nella trascrizione per pianoforte a quattro mani di Otto Singer, passando poi per i lisztiani “Préludes” (trascrizione dell’autore), per una indimenticabile esecuzione de “La Vallée d’Obermann”(Années de Pélérinage, Ière Année, Suisse) regalataci da Louis Lortie, passando per il “Concerto Pathétique” per due pianoforti soli di Franz Liszt ed arrivando alla sulfurea trascrizione (I.Philipp) del lisztiano  “Mephisto Valse” per due pianoforti. Come se non bastasse come bis sono state aggiunte le sempre lisztiane Reminiscenze dal Don Giovanni di Mozart per due pianoforti. Cosa è successo a Milano in queste due serate? Lunedì 13 il Teatro alla Scala ospitava il concerto di Maurizio Pollini ma l’organizzazione di questo importante evento era di un’altra società musicale  che abitualmente opera con  un nutrito programma annuale in Conservatorio. E’ evidente la forte penalizzazione di pubblico per il concerto delle Serate Musicali. Il lunedì successivo altra sovrapposizione con il concerto della Filarmonica alla Scala con in programma la Settima Sinfonia di Shostakovich che amiamo molto e che avremmo voluto noi stessi ascoltare. In queste due serate per ovvi motivi, anche i media hanno focalizzato l’attenzione sui concerti del Teatro alla  Scala. Il risultato è stato che,  in particolare lunedì 20, in Conservatorio la sala era desolatamente semivuota . Il pubblico presente lunedì 13 e lunedì 20 ha comunque decretato un trionfo agli artisti . Ritornando ai concerti vorremmo ricordare la figura di Francesco Gallia (Alessandria, 30 novembre 1944 – Novara 7 febbraio 1997) tragicamente scomparso a causa di un infarto mentre stava iniziando la traduzione integrale di “Oper und Drama” di Richard Wagner che in Italia manca e di cui abbiamo solo una traduzione quasi illeggibile risalente all’epoca fascista ,uno dei nostri più grandi studiosi wagneriani italiani il cui vuoto col passare degli anni ci sembra sempre più incolmabile (e vorremmo anche precisare che si trattava di un dirigente della Montedison che dedicava qualsiasi ora del giorno e della notte di tempo libero quasi  unicamente allo studio dei drammi musicali e degli scritti teorici di Richard Wagner) : abbiamo passato tanti anni insieme ad ascoltare i drammi musicali di Richard Wagner al Festspielhaus di Bayreuth ma non contenti tra una giornata e l’altra del “Ring” andavamo anche nella bellissima Makgrafliches Opernhaus di Bayreuth ad ascoltare le trascrizioni pianistiche Franz Liszt – Richard Wagner ed al termine dell’esecuzione spesso Francesco Gallia mi diceva ,come sempre tra il serio e l’ironico, “Ma allora, perché dovremmo salire sino al Festspielhaus per ascoltare i drammi musicali di Richard Wagner ? Io resto qui”. A lui vorremmo dedicare queste nostre riflessioni .                                                             

       21 febbraio    Giacomo Di Vittorio

Mozart e Salieri a confronto  al Dal Verme per I Pomeriggi Musicali 

 Nell’estate del 1897 Nicolaj Rimskij-Korsakov decise di scrivere un’opera in un unico atto su testi di Puškin: il risultato fu il dramma Mozart e Salieri op.48 e l’interessante, anche se poco veritiera, vicenda   segue fedelmente il testo dello scrittore russo e  vede come protagonisti i due musicisti-rivali il cui legame è  stato reso noto dal celebre film di Milos Forman, Amadeus. L’orchestra de I Pomeriggi Musicali, diretta dall’ottimo Dmitrij Jurovski (nella foto), ha accompagnato in un dialogo molto intenso i protagonisti: Salieri nella voce del bravissimo basso Marek Kalbus e Mozart, interpretato dall’altrettanto valido tenore Alexej Grigorijev. Musica affascinante quella di Korsakov, che mette in felice accordo il gusto romantico tipico della sua musica con la classicità della musica di Mozart, spesso citata nel corso della rappresentazione. La seconda scena infatti, che termina con l’avvelenamento di Wolfgang da parte del rivale, ha come tema dominante il Requiem mozartiano e questo contribuisce ad accrescere la tensione emotiva che porterà all’epilogo finale. Unica pecca della riuscita messinscena è rappresentata dalla voce recitante, più da speaker che da attore, che avrebbe avuto la pretesa di spiegare e commentare la vicenda che risultava  già chiara nell’ottimo e completo programma di sala. Certe interruzioni, nei momenti  di maggior tensione drammatica, non hanno che disturbato. Ma la bellezza della musica, la cosa più importante, ci ha fatto dimenticare questa infelice e inopportuna trovata.  Successo di pubblico. 

 19  febbraio   Cesare  Guzzardella      ce.guzz@tiscali.it

Alla Scala “La strada” con Alessandra Ferri e “The Cage”

Quando grandi personalità artistiche si uniscono per realizzare un nuova produzione, in genere il risultato è sempre positivo. Nel caso de “La Strada”, balletto in un atto del 1966, le sinergie di illustri personaggi hanno prodotto quello che, a distanza di quarant’anni, rimane un autentico capolavoro artistico. Ricordiamo quindi Federico Fellini, regista del film omonimo del 1954, Nino Rota, che di quel film e del balletto è stato autore delle indimenticabili musiche,  Mario Pistoni, coreografo, interprete e protagonista insieme a Carla Fracci nella “prima” della Scala del settembre del 1966, ed infine Luciano Damiani che ha realizzato  scene e  costumi perfetti. Siamo arrivati alla undicesima messinscena  del Teatro alla Scala e anche questa volta, dopo le indimenticabili prestazioni della Fracci e della Dorella,  ritroviamo un'altra “grande” di questo lavoro, l’eccellente Alessandra Ferri (nelle foto di Marco Brescia) nelle vesti della buona, remissiva e sfortunata  Gelsomina. Quest’ultima, in giovane età, è stata venduta dalla madre all’insensibile e brutale Zampanò - nell’efficace interpretazione di Gianni Ghisleni (nella foto di Marco Brescia)- e sarà  costretta ad occuparsi di lui, rozzo e forzuto saltimbanco che gira le piazze dei paesi a spezzar catene con i robusti pettorali. Le speranze di una miglior condizione di vita e di un vero sentimento d’amore arrivano a Gelsomina dalla casuale conoscenza dell’equilibrista-poeta denominato il Matto, interpretato dal bravissimo Mick Zeni. Il ricordo del Matto sarà sempre presente nella mente di Gelsomina e quando Zampanò avrà un ingaggio nel medesimo circo in cui si esibisce il rivale, tra i due scoppierà una furibonda lite  che porterà al momentaneo arresto del  saltimbanco. Gelsomina, nuovamente sola, potrà avvicinarsi  al Matto e capire di essere corrisposta nei sentimenti. Il ritorno in libertà di Zampanò ed il casuale incontro con il Matto, determinerà l’uccisione di quest’ultimo. Gelsomina, inizialmente costretta a tornare con Zampanò, verrà poi da lui abbandonata. Morirà sola con la sua inseparabile tromba (bravissimo il trombettista solista dell'orchestra nella celebre aria) che Zampanò poi ritroverà e gli farà ricordare la giovane, ingenua e sensibile. Nella scena finale il saltimbanco, consapevole della sua drammatica solitudine,  per la prima volta piangerà. Eccellente è stata  la Compagnia di ballo del Teatro alla Scala, tutti ballerini con altissimo livello professionale. Ricordiamo tra questi oltre ai protagonisti già citati, anche Marta Romagna, la sposa e Alessandro Grillo, lo sposo. Interpretazione musicale splendida quella del direttore Marcello Rota che è riuscito a penetrare con intensità e profonda conoscenza le  diverse sonorità  di Nino Rota. Questa sorte di “suite orchestrale” che accompagna, in modo incisivo,tutte le scene del balletto, trova riferimenti nel mondo musicale occidentale, sia europeo che americano - Bernstein in primo luogo-, unitamente alla maniera tipicamente italiana di fare melodia. In questo modo lirico di rappresentare Nino Rota è  grande maestro, ma andrebbe  rivalutata  la sua importante produzione  sinfonica e cameristica. Nella prima parte della serata abbiamo visto il breve ma avvincente “The Cage”(foto di M.Brescia), balletto di Jerome Robbins, (il coreografo di West Side Story) costruito sul Concerto in Re per orchestra d’archi di Igor Stravinskij. Efficace il  Corpo di Ballo del Teatro alla Scala  che ha interpretato  in modo mirabile le splendide geometrie coreografiche di Robbins. Bravissimi, Gilda Gelati, The Novice, Marta Romagna, The Quenn, Riccardo Massimi e Francesco Ventriglia. Successo di pubblico. Prossime repliche il 22-24-28 febbraio e il 1-4 marzo. 

18 febbraio    Cesare Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it 

Scomparso Romano Gandolfi

Scompare Romano Gandolfi e un altro artista entra nel libro d´onore di coloro che hanno fatto grande la Scala.  Tutto il teatro lo ricorda con affetto. Molti, nel pubblico, hanno ancora ben chiaro il ricordo dei suoi anni d´oro a Milano, accanto Claudio Abbado, allora direttore musicale.
Gandolfi, che aveva casa a Medesano, dov'era nato il 5 maggio 1934, era arrivato alla Scala nel 1963 come assistente di Roberto Benaglio,  leggendario maestro del coro milanese fino al 1971. Perfino il suo debutto nella musica è legato a un´altra leggenda scaligera: fresco di diploma con lode in pianoforte e composizione, il ventiquattrenne Romano aveva guadagnato la prima scrittura come sostituto in un´opera che Benaglio dirigeva a Salsomaggiore. Nel cast debuttava Maria Callas.
Dopo l´esperienza al teatro Colon di Buenos Aires, Gandolfi era stato chiamato a dirigere il coro della Scala nel 1971 e vi era rimasto fino al 1983. Il lavoro appassionato di Romano Gandolfi ha rappresentato la continuità e la forza della voce del teatro. Anche grazie a lui la qualità, il colore, la forza espressiva, la duttilità del Coro della Scala continuano ad essere oggetto di ammirazione nei grandi direttori che vengono a far musica alla Scala, si tratti del Mozart di "Idomeneo", del Cajkovskij di "Evgenij Onegin", del Beethoven della Nona Sinfonia. 
Milano, 18 febbraio 2006

 La Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi annuncia la scomparsa del Maestro Romano Gandolfi, figura insostituibile di musicista. Ne piange la grande umanità e la immensa capacità di regalare poesia ed emozioni. Il Maestro Gandolfi è stato fondatore, nel 1998, del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, che ha seguito come Direttore con la passione e la dedizione che lo caratterizzavano da sempre. Il legame con il Coro Verdi non era solo musicale, ma intriso di umanità e amicizia, di amore assoluto verso il fare musica insieme, palpabili anche durante i molti concerti diretti dal Maestro con il suo Coro all’Auditorium di Milano. Il Maestro Gandolfi è apparso per l’ultima volta sul podio dell’Orchestra Sinfonica e del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi,  all’Auditorium di Milano, nella Missa in Do minore di Wolfgang Amadeus Mozart, il 19, 20 e 22 gennaio 2006. La malattia non gli impedito di tenere la sua ultima prova con il Coro Verdi, mercoledì 8 febbraio, per la preparazione dei concerti dei Carmina burana di Carl Orff, previsti sotto la sua direzione nel cartellone dell’Orchestra Verdi da giovedì 2 marzo.    

Milano, sabato 18 febbraio 2006 

Una serata mozartiana per Griminelli, Haselbőck e la “Verdi”

  Programma interamente dedicato a W.A.Mozart quello che ha visto sul palco dell’Auditorium di l.go Mahler l’Orchestra Sinfonica Verdi  diretta da Martin Haselbőck(nella foto) ed il flautista di fama internazionale Andrea Griminelli(nella foto). La serata è iniziata con la giovanile Sinfonia n°25 in Sol min. K.183  composta da Mozart a Salisburgo nel 1773 e caratterizzata da uno stile autenticamente espressivo e “tempestoso” in opposizione a quello tipicamente “galante” più in voga in quel periodo. Haselbőck  ha diretto energicamente la Verdi accentuando la componente ritmica  specie nello splendido Allegro con brio iniziale. La serata è continuata con il celebre Concerto per flauto e orchestra n°1 in Sol magg. K313, gioiello di raffinata eleganza composto nel 1778, dove il virtuoso Andrea Griminelli è riuscito ad entusiasmare il numeroso pubblico presente in sala con il suo suono dolce, trasparente e vellutato. Quindi l’Andante per flauto e orchestra in Do magg. K315, breve momento musicale con mirabile linea melodica. Splendido il bis proposto con Syrinx (1912) di Claude Debussy, brano che sottolinea la versatilità timbrica del  flauto e mette in luce le altissime qualità espressive di Griminelli.  Nella seconda parte della serata abbiamo ascoltato la Sinfonia n°36 in Do magg. K 425 “Linz”. Questa composizione, pur essendo una delle ultime del genio salisburghese, segna un ritorno all’accademismo in stile  Haydniano  ma con un equilibrio formale e una qualità timbrica di grande spessore che anticipa il primo Beethoven. Ottima l’interpretazione di  Haselbőck che è riuscito in modo avvincente  a dare equilibrio alle corpose sonorità dei differenti settori orchestrali. Grande successo di pubblico. Repliche il 17 e il 19 febbraio. 

17 febbraio   Cesare Guzzarella  ce.guzz@tiscali.it 

 Un Convegno all’Auditorium di Milano: “Il futuro senza musica” 

Importante evento quello organizzato presso l’Auditorium di largo Mahler, anticipato anche dall’intervento di Luigi Corbani prima del concerto di cui sopra, che vedrà, lunedì 20 febbraio dalle ore 14.30 alle 19.30, le più importanti istituzioni musicali riunite insieme ai politici e a chi vorrà intervenire, per discutere sulla  precaria situazione della vita musicale italiana e delle sue istituzioni. E’ previsto l’intervento del Ministro Rocco Bottiglione e degli onorevoli Bondi, Fassino, Rutelli e Tabacci.

Un dizionario di Musica Classica di Piero Mioli per l’edizioni BUR 

 Sabato 11 febbraio è stato presentato a Milano presso l’ “Associazione Amici del Loggione”, presente l’autore Piero Mioli,  il Dizionario di Musica Classica per le edizioni BUR di RCS libri. I due tomi, per oltre duemila pagine, hanno come sottotitolo Dalle origini a oggi, gli autori, le scuole, gli esecutori e le musiche e rappresentano un’opera corposa e completa di Mioli intorno alla musica, di estrema utilità per chi voglia informarsi o approfondire le conoscenze sui musicisti, le forme musicali e gli interpreti del passato e del presente. Il linguaggio utilizzato, pur nella complessità dei contenuti, vuole essere accessibile anche a coloro che si avvicinano al mondo della musica in modo occasionale e che eventualmente desiderano migliorare le loro conpetenze.  Piero Mioli insegna al Conservatorio di Bologna, ha scritto saggi e monografie su Rossini, Gluck, Donizetti, Verdi; ha curato un manuale di storia della musica  e ha raccolto edizioni di libretti di Verdi, Mozart, Bellini, Rossini e Wagner. 

Dizionario di Musica Classica   Edizioni BUR - RCS libri 2006      Prezzo € 26.00

13 febbraio   Cesare Guzzardella  ce.guzz@tiscali.it  

       

Natalia Gutmann per I Pomeriggi Musicali al Dal Verme 

  La celebre violoncellista russa Natalia Gutmann (nella foto) è stata ospite de     I Pomeriggi Musicali. L’orchestra diretta  dall’ottimo Giordano Bellincampi, romano residente in Danimarca dal 1976, ha eseguito il Concerto per Violoncello e Orchestra  in la min. op.129 di Robert Schumann. L'opera tarda di Schumann del 1854 è caratterizzata dal ruolo guida del solista che conduce l'ininterrotta sequenza musicale, non c'è infatti soluzione di continuità tra un movimento e l'altro, a volte con dolcezza e a volte con pathos  e con un accompagnamento orchestrale energicamente strutturato e incisivo. Splendida l’interpretazione della Gutmann. La violoncellista è stata allieva prediletta di Mtsilav  Rostropovic e di Galina Kozolupova e  suona abitualmente con le più grandi orchestre presenti sulla scena mondiale. L’esecuzione intensa ed emotivamente pregnante ha entusiasmato il numeroso pubblico presente al Dal Verme e nello splendido bis abbiamo avuto modo di ascoltare, di Bach,  un movimento dalla Quarta Suite per violoncello. Il concerto era iniziato  con la  prima esecuzione assoluta del Primo Premio al Concorso “Mozart oggi 2005”. Il brano "Dalla Soffitta" di Federico Biscione, musicista nato a Tivoli nel 1965, è piacevole e ben orchestrato e prevede momenti gioiosi in alternanza ad altri melanconici. Si pone stilisticamente nel modo neoclassico e neoromantico di comporre e  rileva un'ottima conoscenza della timbrica orchestrale ed una coerenza rilevante dal punto di vista formale. Il concerto è terminato quindi con un'avvincente interpretazione della  Sinfonia n° in Si bem.magg. D485 di Franz Schubert. Successo di pubblico. 

11 febbraio   Cesare Guzzardella      ce.guzz@tiscali.it 

Intervista a Ion Marin

  L’incontro con Ion Marin (nella foto) si è svolto in occasione del suo concerto con l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi che ha avuto luogo presso l’Auditorium di Milano il 9, 10 e 12 febbraio scorsi con un programma che prevedeva nella prima parte il Concerto in la minore op.54 per pianoforte e orchestra di Robert Schumann con solista il giovane pianista torinese Gianluca Cascioli, e nella seconda la Quinta Sinfonia di Prokofiev. Con molta calma, distensione e precisione Ion Marin ha risposto alle nostre domande prima dell’inizio dell’ultima replica del concerto. 

  Può raccontarci gli esordi della sua carriera ? 

Mi sono formato all’Accademia George Enescu di Bucarest e nel 1981, all’età di ventun’anni, sono stato nominato direttore musicale dell’Orchestra Filarmonica della Transilvania con cui ho svolto un’intensa attività concertistica  in tutta l’Europa Centrale. Nel 1986 il governo austriaco decise di conferirmi il premio Gottfried von Herder (prestigioso riconoscimento assegnato anche a celebri compositori ed artisti quali Witold Lutoslawski, Krzysztof Penderecki, Ferenc Farkas e Jiri Kolar, ndr) e dopo la cerimonia decisi di rimanere in Austria e di chiedere asilo politico per fuggire dal regime di Ceaucescu, ottenendolo subito ed acquisendo poi la cittadinanza austriaca. Subito dopo avvenne l’incontro con Claudio Abbado,che per me è stato come un padre, di cui sono stato assistente alla Staatsoper di Vienna dal 1987 al 1991 lavorando in tutte le produzioni storiche di quell’epoca quali “Wozzeck” di Alban Berg e “Pelléas et Mélisande” di Claude Debussy . 

In questo percorso non bisogna dimenticare la figura di Giorgio Strehler 

Assolutamente, anche lui è sempre stato un mio grande amico e sostenitore e per me è stato un onore,anche se doloroso, inaugurare il 26 gennaio 1998, ad un mese dalla sua scomparsa, la nuova sede del Piccolo Teatro di Milano con la sua messa in scena di “Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart. 

Quali altri incontri sono stati poi importanti e decisivi per la sua formazione e la sua carriera? 

Sicuramente quello con Carlos Kleiber che , a sorpresa , nel 2003 chiese di poter assistere ad una mia prova della Quinta Sinfonia di Gustav Mahler con la Bayerische Rundfunk Orchester. Da allora sino al suo triste decesso nel luglio dell’anno successivo è nata un’amicizia ed un legame molto forte, sia dal punto di vista professionale che umano e spirituale, che non dimenticherò mai. 

Recentemente poi anche quello con Antonio Pappano  

Certo, Tony è una persona straordinaria ed un grande amico e poi siamo anche legati dalla reciproco legame professionale con Angela Gheorghiu che è una mia amica d’infanzia dai tempi della Romania e con cui ho lavorato in numerose produzioni e registrazioni discografiche. 

Per quanto riguarda i registi invece? 

Nel 1992 ho realizzato una produzione di “Les contes d’Hoffmmann” di Offenbach all’Opéra Bastille di Parigi con la regia di Roman Polanski ed è stato molto divertente ma il problema di Roman è che con lui bisogna lavorare la maggior parte del tempo tramite computer o telefono collegati agli Stati Uniti e lo si può vedere fisicamente per un molto breve periodo. 

Progetti per il futuro ? 

Da non molto tempo ho creato a Berlino un’orchestra di venti elementi, la “Philharmonic Sinfonietta Berlin”a cui tengo molto e con cui abbiamo già effettuato delle tournées. Dirigo molti concerti mentre per quanto riguarda l’opera ho deciso di realizzare solo due produzioni per anno in modo di avere tutto il tempo necessario per un’adeguata preparazione. Quest’anno tra l’altro presenterò a Monaco di Baviera l’ “Idomeneo” di Mozart nella revisione di Richard Strauss. 

Mentre a maggio l’aspettiamo in “Manon” di Jules Massenet al Teatro alla Scala 

Sì, è una partitura che amo molto ed ho la massima fiducia nel lavoro che realizzeremo : iniziamo le prove l’8 aprile e nel cast vocale, per quanto riguarda i due ruoli principali, posso contare su due garanzie costituite da Inva Mula e Ramon Vargas. 

Recentemente è stato insignito anche del Premio Alfred Schnittke  

Sì, è stato a Mosca nel 2004 e sono molto onorato in quanto hanno ricevuto questo riconoscimento artisti che ammiro molto quali Mstislav Rostropovitch, Natalia Gutman e Gidon Kremer.

               Giacomo Di Vittorio  

All'Auditorium Ion Marin e Gianluca Cascioli con la "Verdi"

Il direttore d'orchestra rumeno Ion Marin (nella foto) ha tenuto un esemplare concerto all’Auditorium di Milano. Nella prima parte ha accompagnato con molta professionalità ed attenzione il giovane pianista Gianluca Cascioli (nella foto in basso), un vero e proprio talento che si è rivelato per la prima volta nel 1994 vincendo il prestigioso concorso pianistico Umberto Micheli, nel Concerto il la maggiore op. 54 di Robert Schumann, pagina straordinaria che si addice in particolar modo all’estro imprevedibile ed al di fuori di tutti gli schemi, ma permeato di grande sensibilità e delicatezza, del pianista torinese. Nella seconda parte era in programma la Quinta Sinfonia in si bemolle maggiore op.100 di Prokofiev, una pagina che da tempo è nel repertorio dell’orchestra, ed invece di una lettura ad effetto della partitura, in cui cadono molti direttori, ci ha proposto un’analisi  di tutte le sue specificità timbriche, armoniche e dinamiche che rischiano di sfuggire ad una lettura rapida e superficiale. Ion Marin, che ha lavorato dal 1987 al 1991 con Claudio Abbado alla Staatsoper di Vienna, è un direttore su cui si può contare, è anche (e forse soprattutto) un esperto conoscitore del repertorio operistico europeo di fine Ottocento (ma non solo) ed in questo senso lo aspettiamo con fiducia quando nel maggio prossimo riporterà al Teatro alla Scala un capolavoro che esige la massima cura ed attenzione da parte del direttore e dell’orchestra quale “Manon” di Jules Massenet, nella speranza che si ripeta il miracolo imprevisto avvenuto con la direzione di Vladimir Jurowski dell’”Onegin” di Tchaikovsky. 

11 febbraio   Giacomo Di Vittorio

Le Nozze di Figaro alla Scala:  ottime le voci, modesta la direzione 

  Le nozze di Figaro sono la seconda opera di W.A.Mozart che viene rappresentata alla Scala per la Stagione 2005-2006. Dopo la convincente direzione di Harding nell’Idomeneo, abbiamo fatto decisamente un  passo indietro: il direttore Gerard Korsten è stato proprio il punto debole di questa pur valida rappresentazione, che trova invece nella ormai ben collaudata e ineccepibile messinscena di Strehler-Frigerio-Squarciapino (con la regia ottimamente ripresa da Marina Bianchi) il suo punto di forza, unitamente all’ottimo cast vocale. Questo ha avuto in Marcella Orsatti Talamanca (nella foto), La Contessa d’Almaviva, la vera rivelazione di questo capolavoro mozartiano: l’aria del terzo atto Dove sono i bei momenti..è stata da lei cantata in modo splendido con  bellissimo timbro e capacità espressiva intensa. Originale nel suo struggente “ambiguo” timbro e scenicamente perfetta Monica Bacelli, Cherubino, con un Voi che sapete.. nel secondo atto particolarmente toccante. Ottimi anche Diana Damrau, Susanna - splendida nel duettino del terzo atto con la Talamanca- ,Ildebrando D’Arcangelo, Figaro con voce pregnante e sicura in ogni dettaglio e di notevole forza scenica; bravi anche Pietro Spagnoli, il Conte d’Almaviva, Maurizio Muraro, Bartolo, e  gli altri; mirabili  nel Sestetto del terzo atto. Modesta, come si è detto, e priva di spessore interpretativo la direzione di Korsten, solo in qualche momento accettabile.  Troppo omogenei i caratteri musicali e privi di contrasti dinamici, caratteri che sono invece presenti nelle voci soliste e nell’eccellente coro di Bruno Casoni. Buon successo di pubblico. Repliche il 14-16-18-19-21-23-25 febbraio.          

10 febbraio 2006  Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

Leon Fleisher: un grande del pianoforte per il “Quartetto” 

La “Società del Quartetto” ha il merito di aver portato lo statunitense Leon Fleisher (nella foto) in Conservatorio. Mancava da qualche decennio. Nato nel 1928, allievo di Artur Schnabel, all’età di 37 anni ha rinunciato all’attività concertistica, pur mantenendo quella direttoriale, causa una malattia neurologica che gli ha impedito l’uso della mano destra. Alla fine degli anni ’90, dopo aver trovato una terapia adeguata ha ripreso a far concerti. Numerosi compositori americani hanno scritto brani a lui dedicati per la sola mano sinistra, un po’ come è successo al noto pianista, mutilato di guerra, Paul Wittgenstein, dedicatario di concerti di Ravel, Prokofiev, Hindemith ecc. Il programma della serata, particolarmente articolato, prevedeva due brani di J.S. Bach inframmezzati da brani di autori americani del ‘900 poco noti in Italia, alcuni scritti per il pianista statunitense, e quindi la Sonata in si bem. magg. D960 di F.Schubert. L’iniziale “Scafe können sicher weiden” dalla Cantata Bwv208  di Bach, nella trascrizione pianistica di Egon Petri, prometteva benissimo con un Fleisher in perfetta forma che rivelava un suono luminoso e cristallino. Hanno fatto seguito i brani di Dina Koston(1940), Message 1, di Gorge Perle(1915), Musical Offerings, for left hand alone, di Leon Kirchner(1919), Music for Left Hand  e di Roger Sessions(1896-1985), From My Diary. E’ sorprendente il geometrico equilibrio formale con cui Fleisher ha interpretato questi ultimi brani che dimostrano come la cultura dei musicisti americani e dei suoi massimi interpreti, prima di tutti Fleisher, abbia assorbito, per poi ben impiegare, tutta la scuola del primo Novecento europeo, Schönberg, Webern e Berg in primo luogo. Nel brano di Kirchner c’è un rimando anche a Debussy ed al Tardo Romanticismo tedesco. La prima parte della serata è terminata con la sorprendente trascrizione pianistica brahmsiana per  mano sinistra  della Ciaccona dalla Partita n°2 per violino solo Bwv 1004 di Bach.  Efficacissima l’interpretazione di Fleisher che ha mostrato una capacità di lettura profonda ed intensa. Nella seconda parte della serata  abbiamo ascoltato  l’ultimo capolavoro pianistico di Schubert. Esecuzione analitica, intensamente espressiva, con un Andante sostenuto strepitoso per spessore emotivo e uno Scherzo e Allegro non molto finale di una chiarezza e lucentezza espressiva che solo i “grandi” sanno esprimere. Splendido! 

8 febbraio   Cesare Guzzardella       ce.guzz@tiscali.it

I Solisti Veneti di Claudio Scimone e Uto Ughi per le Serate Musicali

  Serata importante quella che ha visto sul palco della Sala Verdi, in Conservatorio, la formazione de I Solisti Veneti con lo storico direttore Claudio Scimone (nella foto in basso) – l’orchestra fu da lui fondata nel 1959 – e il virtuoso di violino Uto Ughi (nella foto). Il programma ha previsto, come introduzione, un omaggio a Mozart con la Piccola Serenata Notturna  K525 energicamente diretta da Scimone e quindi il Concerto per violino e orch. n°3 il La magg. di Giovan Battista Viotti (1755-1824) dove, sia i Solisti di Scimone che Ughi, hanno dimostrato freschezza di timbro ed una amabile “cantabilità” tipicamente italiana. La seconda parte della serata è iniziata con le Romanze op.40 e op.50 per violino e orchestra di L.van Beethoven e, soprattutto nella seconda, abbiamo ascoltato un intenso e lirico violino di Ughi splendidamente accompagnato dall’orchestra. Il concerto è quindi terminato con un compositore “dimenticato” quale Ludwig Spohr (1784-1859) e con il suo concerto per violino più celebre, il n°8 in La min. op.47 “In modo di una scena d’opera”. Spohr, virtuoso di violino, fu autore fecondo e scrisse ben 17 concerti per questo strumento. Conobbe e stimò il contemporaneo Paganini. Nell’opera 47, proposta ed eseguita in maniera eccellente con una splendida intesa tra Ughi e i Solisti Veneti, Spohr  fonde contabilità operistica e forma tipicamente strumentale nella quale il violino, con tutte le potenzialità virtuosistiche, ha un ruolo centrale che ci ricorda, soprattutto nell’Allegro molto finale, il compositore e grande virtuoso genovese. Al termine del concerto un gustoso bis di Ughi con una Fantasia su temi di Paganini iniziata con il celebre Capriccio n°24. Grande successo di pubblico. 

6 febbraio Cesare  Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it  

Andrea Lucchesini con l’Orchestra de “I Pomeriggi Musicali” al Dal Verme 

 Andrea Lucchesini ha eseguito il Concerto per pianoforte in Sol magg. n°4 op.58 di L.v.Beethoven accompagnato dall’orchestra de I Pomeriggi Musicali diretta da Corrado Rovaris. Il quarantenne pianista, vincitore nel 1983 del prestigioso Concorso “Dino Ciani”, ha ultimamente  inciso in disco “live” le 32 sonate beethoveniane  ed ha interpretato con maestria il concerto in programma dimostrando qualità eccellenti sia nella perfetta timbrica che nel controllo dinamico. Il suono sempre nitido e tondo del pianoforte si è ben integrato con l’orchestra ottimamente diretta da Rovaris. Al termine dell'applaudita interpretazione ha proposto al numeroso pubblico presente uno splendido  bis:  l’Improvviso op.90 n°2 di F. Schubert. Il concerto era iniziato con una prima del compositore Carlo Galante, il brano per orchestra Percorso notturno con carillon. Questa composizione è stata commissionata dalla Fondazione I Pomeriggi Musicali e  rappresenta  un omaggio  a Mozart per il 250° anniversario dalla sua nascita. Il brano di circa 14 munuti, armonicamente e timbricamente ben costruito, è fondamentalmente intriso di una tensione drammatica con momenti  più dolci tratti da una breve sequenza della Sonata K330 del musicista salisburghese. Applausi anche a Galante presente in sala. Nella seconda parte del concerto avvincente l’interpretazione della Quarta Sinfonia di R.Schumann. Bravi il direttore Rovaris e l’orchestra.                               

4 febbraio  Cesare Guzzardella    ce.guzz@tiscali.it          

David Russell: una grande chitarra a Cologno Monzese 

 Nell’ambito della rassegna “Chitarra e altri strumenti” promossa dal Comune di Cologno Monzese (XXa edizione), di particolare interesse è stato il concerto di David Russell (nella foto) che si è svolto venerdì 3 febbraio. Chitarrista solista di grande talento e fama internazionale, membro della “Royal Academy of Music” di Londra, Russell ha proposto un programma piuttosto impegnativo sia dal punto di vista tecnico che interpretativo. Nella prima parte del concerto, dopo un inizio poco convincente – la Grande Ouverture di M.Giuliani, un brillante brano del 1800- Russell mostra il suo talento nelle due Fantasie di Francesco da Milano e soprattutto nei  Valses Poèticos di Granados, molto complessi a causa delle estensioni richieste alla mano destra sulla tastiera. Aprono la seconda parte del concerto quattro brani di Jhon Dowland (Lachrimae Pavan, Queen Elizabeth Galliard, Sempre Dowlans sempre dolens, Dowland’s Galliard), originali per liuto del XVI° sec., molto sentiti e ben interpretati. Seguono il Prelude, Tiento e Toccata di Hans Haug, compositore svizzero del XX° sec.; brani caratterizzati da una vena tardo-romantica, ma un po’ carenti dal punto di vista interpretativo. Chiudono la serata i cinque pezzi venezuelani di Sojo ( Cantico, Aguinaldo, Canciòn, Aire Venezuelano e Galeròn) eseguiti con gusto e con ricche differenze timbriche. Da notare la qualità del suono sempre molto controllato ed elegante. Nel bis Russell ci ha regalato ulteriori emozioni con due brani di Barrios, Danza Paraguajana  e Una limosna por el amor de Dios; quest’ultimo pezzo, un tremolo, eseguito con tecnica impeccabile.   

      febbraio 2006        Alberto  Cipriani

Waltraud Meier al Teatro alla Scala 

 Lunedì 30 gennaio una delle più grandi cantanti wagneriane (ma non solo) viventi,che, oltre ai suoi meriti artistici ben noti nel suo campo non a caso è stata scelta dal grande regista di cinema e teatro ungherese internazionalmente noto István Szabó (nella foto in basso) (la cui opera cinematografica è ancora almeno per la metà totalmente sconosciuta nel nostro Paese) per cantare i brani dal “Tannhauser” di Wagner nel suo film del 1991 (con Glenn Close e Niels Arestrup nei ruoli principali) “Meeting Venus” (“Tentazione di Venere”), ovvero Waltraud Meier(nella foto), è arrivata al Teatro alla Scala di Milano per un raffinatissimo e superbamente impaginato recital liederistico e si è verificata la seguente situazione: i principali quotidiani nazionali hanno annunciato (salvo rarissime eccezioni) il concerto con minuscoli annunci quasi illeggibili il giorno stesso nelle pagine della cronaca milanese e la critica ha praticamente disertato il concerto non dando poi notizia di un evento veramente memorabile. Il teatro era quasi semivuoto, preso  d’assalto solo dai fedelissimi seguaci dei preziosi ed imperdibili concerti di canto del  Teatro alla Scala, mentre se solo si fossero invitati, ad esempio, gli allievi della Scuola Tedesca o della Scuola Svizzera di Milano (due realtà ben presenti nella città), gli stessi sarebbero tornati a casa con una lezione di letteratura, musica e cultura indimenticabile e da conservare per sempre nella loro memoria . Infatti la grande cantante tedesca ha selezionato un raffinatissimo programma viennese – austriaco – tedesco che andava dai “Sieben Fruhe Lieder” di Alban Berg a un esemplare piccolo ciclo schubertiano che comprendeva titoli come “Gretchen am Spinnrade” e “Der Tod und das Maedchen”, da una scelta dal “Knaben Wunderhorn” mahleriano che è stata eseguita molto intelligentemente senza soluzione di continuità, comprendendo capolavori quali “Das irdische Leben”, “Wo die schoenen Trompeten blasen” e “Des heiligen Antonius von Padua Fischpredigt”, ad un’altra altrettanto impeccabile selezione straussiana dove si andava da “Caecilie” a “Zueignung” . Impressionanti erano, per chi non avesse mai visto un recital di Waltraud Meier,l’assoluta sicurezza perfettamente infallibile dell’interprete unita a calma e tranquillità di grande professionalità in scena che nascondevano in realtà una profonda vibrazione interiore che emanava nell’esecuzione dei capolavori sopracitati con dizione e recitazione perfetta e non andando mai oltre le righe sia vocalmente che teatralmente. Il miracolo era possibile grazie anche ad un giovane accompagnatore straordinario al piano (che in realtà era anche spesso quasi un solista ma essendo sempre in perfetta fusione ed al totale servizio dell’interprete), ovvero il tedesco Joseph Breinl  (memorabile in particolare in Schubert e Mahler). Dato l’entusiasmo implacabile del pubblico presente ben quattro sono stati i bis offerti sempre in stretto tema e legame con la serata: due Lieder di Hugo Wolf, l’etereo “Urlicht” di Gustav Mahler e, per placare le emozioni e gli animi augurando a tutti una buona notte nel migliore dei modi, il Wiegenlied , la “ninna nanna”, di Johannes Brahms. Ed a quel punto si è rimasti veramente senza più parole uscendo dal teatro in un emozionato silenzio. 

           4 febbraio   Giacomo Di Vittorio

Vladimir Jurowski e l’Orchestra Sinfonica Verdi all’Auditorium 

 Il 2 febbraio scorso il bravo, preparato e preciso nonché simpatico giovane direttore d’orchestra russo Vladimir Jurowski (nella foto)  è salito sul podio della sala dell’Auditorium di Milano per dirigere l’Orchestra Verdi nella Settima Sinfonia in do maggiore op. 60 “Leningrado” di Dmitrij Shostakovich. Contrariamente all’ “Onegin” scaligero in cui doveva cimentarsi con l’orchestra in una partitura che non veniva letta da vent’anni (!)- l’ultima esecuzione alla Scala del capolavoro di Tchaikovsky risale al 1986 con la bacchetta di Seiji Ozawa-, qui il lavoro era in un certo senso più semplice in quanto Shostakovich è da tempo nel repertorio dell’orchestra, è stato anche inciso e, per quanto riguarda la Settima Sinfonia, poteva vantare la bellissima precedente esecuzione con il grande Oleg Caetani. Jurowski, forte di questa ottima preparazione di base, ha potuto svolgere un lavoro completamente diverso: la partitura, in particolare nel celebre primo movimento, è stata sezionata ed analizzata in tutti i suoi più minimi dettagli, il celebre “tema dell’invasione” con le 12 straordinarie variazioni è diventato quasi un Boléro di Ravel diretto da Pierre Boulez (il brano di Ravel è del 1928 e la Sinfonia di Shostakovich del 1942 e, malgrado i mondi dei due rispettivi compositori siano molto lontani alcune analogie non possono che sorprendere) ed è stato usato uno staccato tipicamente strawinskiano che ben metteva in luce tutta la modernità e la genialità di questo movimento per quanto riguarda la sezione degli archi (ma non solo). Per i restanti movimenti sono stati adottati gli stessi criteri dando ampio spazio e rilievo anche ai fiati ed in particolare agli ottoni e conducendo la sinfonia con suprema e raffinatissima abilità ad un lento ma progressivo ed inesorabile crescendo che aveva il suo apice abbagliante nel maestoso, trionfale ed ottimistico nonché utopico finale (non a caso battezzato dal compositore “Vittoria”) che qui aveva le sembianze di un vero e proprio cataclisma giustamente inaspettato. L’intesa con l’orchestra è stata immediata ed ottimale e la precisione e l’acribia del direttore russo in ogni istante ed in ogni successiva  replica,  ha sempre dato qualcosa di più. Speriamo di rivedere al più presto Vladimir Jurowski di nuovo alla testa dell’Orchestra Verdi , col suo amato Shostakovich o altrimenti con qualsiasi altro compositore del suo vasto repertorio . 

                    Giacomo Di Vittorio

Amici del Loggione  del Teatro alla Scala: concerti ad ingresso libero

A Milano,in via Silvio Pellico 6 (MM1-MM2 Duomo) alle ore 21.00 si terranno una serie di concerti organizzati dal Gruppo Giovani dell'Associazione Culturale per la Musica degli Amici del Loggione. Ecco il calendario per i mesi di febbraio e marzo:  

3 febbraio     Monika Lukács, soprano Carlo Licata, pianoforte    Musiche di P. Kacsóh, I. Kálmán, F. Lehár, J. Strauss 

24 febbraio   Marika Lombardi, oboe   Dora Cantella, pianoforte Musiche di J.S. Bach, P. Hindemith, C. Schumann, R. Schumann  

10 marzo    Alice Morzenti, flauto Francesca Olga Cocchi, pianoforte Musiche di G. Fauré, J. Mouquet, F. Poulenc, S. Prokofjev 

24 marzo   Barbara Castelli, violino Laura Pierazzuoli,violoncello Anna Paola Milea, pianoforte  Musiche di W.A. Mozart, F. Schubert, B. Smetana

GENNAIO

Uri Caine agli Arcimboldi  con  l’Orchestra Verdi 

  Il pianista statunitense Uri Caine ha suonato al Teatro degli Arcimboldi accompagnato, nella seconda parte del concerto, dall’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi diretta dal bravo  Carlo Tenan. Nella prima parte della serata abbiamo ascoltato,  per oltre quaranta minuti, una lunga serie di improvvisazioni di stampo prettamente jazzistico in parte su temi noti, dall’iniziale Frére Jacques all’Adagietto della quinta sinfonia di Mahler per arrivare ad una lunga serie di momenti di jazz, i cui riferimenti spaziano da Waller a Garner, da Jarrett a Corea e Hancock,  nei quali Caine è arrivato anche a percuotere i tasti del pianoforte in modo eccessivo e inopportuno. Indubbiamente il mondo musicale di Caine è intriso della scuola jazz americana, ma, avendo una tecnica versatile, e spesso raffazzonata e imprecisa, non si capisce quale sia il suo personale “stile”. Non dimentichiamo che nel jazz trovare un modo personale di esprimersi non è assolutamente facile e i “grandi”, in questo importante settore musicale, dove probabilmente il meglio è già stato dato, sono molto pochi.  Moltissimi sono invece i mediocri scopiazzatori di uno stile che spesso risulta alquanto noioso e soprattutto “dejà écouté ”. Devo essere sincero, non sono un grande amante dell’improvvisazione, pur avendone in passato fatto indigestione, e ho trovato di un certo interesse solo pochi minuti di  divertente ma assolutamente non geniale creatività. La seconda parte del concerto è stata peggiore. L’idea di variare le geniali Variazioni Diabelli di L.v. Beethoven poteva anche essere valida, ma il risultato è stato, dal mio punto di vista, sconcertante. Il meglio si è riscontrato nei momenti più beethoveniani, ma il mettere ritmi jazz, o alternare Beethoven nella poco significativa trascrizione orchestrale, all’incerta improvvisazione jazz di Caine su di un piano che, per le percosse  subite precedentemente, risultava in alcune note centrali addirittura scordato (ma questo è stato di scarso rilievo nel complesso dell’esecuzione), è un vero insulto al genio di Beethoven e a tutti gli amanti della  musica. Spiace dire questo per la stima che ho dell’Orchestra Verdi, che secondo me è stata impropriamente coinvolta in questa desolante serata. Il pubblico ha comunque mostrato di apprezzare.

31 gennaio     Cesare Guzzardella           ce.guzz@tiscali.it    

 Omaggio a Luciano Berio e a Franz Schubert all’Auditorium di Milano

Vibrante omaggio a Luciano Berio (nella foto) e a Franz Schubert lo scorso 26 gennaio all’Auditorium di Milano: l’Orchestra della Toscana (una delle nostre migliori compagini sinfoniche nazionali che fortunatamente e nonostante tutto riesce ancora a sopravvivere e ad autoalimentarsi) ha proposto sotto la direzione del direttore francese d’origine polacca Daniel Kawka (nella foto), esperto e raffinato interprete del repertorio contemporaneo ma anche di quello tradizionale, una esemplare lettura di “Rendering” di Luciano Berio (nella prima parte del concerto), la ricostruzione della Decima Sinfonia in re maggiore del compositore austriaco che fu scritta da Berio per il Concertgebouw di Amsterdam, dove fu presentata per la prima volta il 14 giugno del 1989 sotto la direzione di Nikolaus Harnoncourt . La fusione di intenti tra il direttore e l’orchestra è stata perfetta restituendo tutta la forza, l’energia ma anche l’ispirazione quasi mahleriana (per stessa ammissione di Luciano Berio) e la grande modernità di questo brano scritto a quattro mani da un grandissimo compositore austriaco dell’Ottocento e da un grande compositore italiano del Novecento. Ottimo sia il fraseggio, le scelte timbriche e dinamiche che l’impulso deciso e fermo che venivano trasmessi con una bellissima e precisa gestualità all’orchestra che ha saputo offrire il meglio delle sue potenzialità in tutte le sue sezioni. Lo stesso discorso si poteva ripetere per la seconda parte del concerto in cui veniva presentata la Quarta Sinfonia in do minore “Tragica” di Franz Schubert : anche qui e forse ancora più che nel brano precedente il fraseggio, il far respirare la partitura e l’orchestra sono elementi essenziali ed imprescindibili per una buona esecuzione della Sinfonia , operazione in realtà non affatto semplice in cui pochi direttori ed orchestre sanno veramente riuscire. Qui il miracolo è avvenuto e così un grande omaggio è stato reso  anche alla memoria di Franz Schubert e al pubblico presente. Speriamo di poter assistere ancora a simili eventi nel futuro prossimo.  

           29 gennaio            Giacomo Di Vittorio

Daniel Barenboim vincitore del premio Ernst von Siemens 

Il 26 gennaio scorso la giuria del premio Ernst von Siemens ha assegnato il prestigioso riconoscimento al direttore d’orchestra Daniel Barenboim (nella foto). Per volontà del premiato, della somma ricevuta di 150.000 euro, 100.000 euro saranno devoluti al restauro della Staatsoper Unter den Linden di Berlino (che prima della caduta del Muro era situata nell’ex DDR) ed i restanti 50.000 euro andranno a sostegno della West-Eastern Divan Orchestra( fondata nel 1999 insieme all’intellettuale palestinese Edward Said, scomparso prematuramente a New York  nel settembre del 2003) che riunisce giovani musicisti israeliani e palestinesi. Il discorso di assegnazione del premio sarà pronunciato dal compositore francese Pierre Boulez  il prossimo 12 maggio al Musikverein di Vienna. La totalità del premio Ernst von Siemens consiste in 1,5 milioni di euro e la somma restante andrà alle principali fondazioni ed enti che sostengono ed incentivano lo studio e la diffusione della musica nel mondo. Per quanto riguarda le istituzioni italiane sono state decorate l’Accademia Santa Cecilia di Roma, l’Archivio Luigi Nono di Venezia e l’European Network for Musicological Research (ENMR) di Pavia.  

                  Giacomo Di Vittorio

Morzart per Fortepiano con Alain Planes nel Ridotto della Scala 

 Per il 250° anniversario della nascita di Wolfgang Amadeus Mozart il Teatro alla Scala ha organizzato un interessante concerto in due parti (sabato 28 e domenica 29 gennaio) del pianista Alain Planes (nella foto)su autentici fortepiani Walter e Stein della collezione di Fernanda Giulini. Il programma ha previsto l’esecuzione di Variazioni, Fantasie e Sonate del compositore salisburghese su tre diversi fortepiani: due Walter, del 1789 e  del 1796 e uno Stein del 1794  (nella foto). Questo strumento a corde percosse che ha preceduto per pochi decenni il pianoforte, ha sostituito, verso la fine del ‘700, i clavicembali (a corde pizzicate) per via delle migliori qualità sonore  ed essendo possibile operare sulla dinamica del suono(da qui il nome di fortepiano). I Walter e gli Stein  sono stati i preferiti da Mozart, come si rileva dalle numerose lettere del grande musicista. Il francese A.Planes, uno dei più noti interpreti di musica per strumenti originali,  alternandosi sui tre diversi fortepiani, ha dato una felice dimostrazione delle caratteristiche e delle particolarità di questo strumento attraverso l’esecuzione di alcune sonate mozartiane come le intense  Fantasia in do min. K475 e  la Sonata in do min. K457. Il numeroso pubblico presente nel Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini” ha dimostrato di apprezzare l’ottima iniziativa mentre nella splendida sala veniva mostrata una bella pubblicazione, fresca di stampa, dal titolo “Walter e Stein gli strumenti di Mozart”, Arte e musica nella collezione di Fernanda Giulini.  L’interessante scritto,  ricco di splendide immagini che documentano in modo dettagliato la varietà della collezione Giulini, è stato curato da Giuseppe Barigazzi, recentemente scomparso, John Henry van der Meer, Daniela Di Castro e Michael Latchem. I diversi saggi ci mostrano in modo completo, con un inquadramento storico preciso, quelle che sono le caratteristiche, costruttive, sonore, decorative di questi fortepiani. Una parte rilevante è quella dedicata alla nascita della collezione Giulini  e al confronto tra i costruttori prediletti di Mozart: Walter e Stein. 

29 gennaio       Cesare Guzzardella      ce.guzz@tiscali.it

Riccardo Chailly  torna alla Scala con un “energico” Rigoletto 

 E’ vero, la regia di Gilbert Deflo, le scene di Ezio Frigerio e i costumi di Franca Squarciapino sono quelli del 1994 e non ci dicono niente di nuovo, ma rimangono davvero splendidi e in piena sintonia con il complesso dell’allestimento che ha visto la presenza di un ottimo cast vocale diretto da uno Chailly in gran forma.  L’energica e calibrata direzione impressa dal direttore milanese con una capacità di “pesare”  il suono in modo sorprendente, ha reso nitido ogni dettagliato strumentale e vocale. Sappiamo quanto l'orchestrazione di quest'opera verdiana sia importante per comprendere tutta la drammaticità degli eventi e la complessità psicologica dei personaggi e in questo, la direzione di Chailly è stata molto convincente. Il meglio della rappresentazione è quella del secondo atto  dove un inossidabile Leo Nucci, Rigoletto, ha dimostrato di essere ancora uno dei più grandi baritoni presenti sulla scena mondiale e di avere con Chailly una particolare intesa. Tra le altre voci migliori sono da segnalare  Andrea Rost (nella foto con Nucci), giovane soprano (Gilda), che pur non essendo equamente calibrata in tutti i registri, ha dimostrato negli assolo e nei duetti di avere una splendida voce. Bravissimo Marco Spotti, uno Sparafucile con voce profonda e intensamente pura. Molto bravo anche Piotr Beczala, tenore lirico con voce ottimamente impostata, peccato quei due clamorosi errori di percorso del terzo atto (nella Donna è mobile e nel successivo Quartetto). Belle le altre voci e splendido, come sempre, il Coro di Bruno Casoni.  Successo di pubblico. Repliche il 29/1 e 1-4-8-10 febbraio.

 27 gennaio   Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

Brunello e Kremer insieme per le Serate Musicali  

 Una serata da ricordare quella che ha visto insieme sul palco della Sala Verdi in Conservatorio il violoncellista e direttore Mario Brunello con la sua Orchestra D’Archi Italiana (ODAI) ed il violinista Gidon Kremer con la sua Kremerata Baltica. Da ricordare per due ragioni: la qualità interpretativa eccelsa sia degli orchestrali che dei due solisti e l’ottima scelta del programma nell’accostamento del celebrato W.A.Mozart con un compositore del Secondo Novecento troppo poco eseguito come Leonard Bernstein e con il contemporaneo Giovanni Sollima. A questi  si aggiunge anche l’esecuzione di una Serenata  tardo  Ottocentesca di Hugo Wolf. Oltre due ore di musica per un'intelligente scelta di programma che indica l’alto spessore culturale e musicale dei due protagonisti, Brunello e Kremer, che da sempre hanno un occhio di riguardo per il fine Novecento ed il Contemporaneo. E’ incredibile come la qualità interpretativa nella musica più vicina ai nostri tempi sia spesso superiore a quella del repertorio più classico. Ne abbiamo avuto una prova sia con la splendida esecuzione del brano di Sollima, Spasimo per violoncello e orchestra (1995),  sia nella sublime Serenata dal “Symposium” di Platone per violino, archi, arpa e percussioni di Bernstein. Nel primo,  l’intenso e dolce violoncello di Brunello ha letteralmente cantato una cupa e profonda melodia dal sapore mediterraneo con evidenti influssi del mondo musicale arabo, accompagnato in modo avvincente dall’Orchestra D’Archi Italiana; nella Serenata di Bernstein le  due orchestre si sono unite sotto la direzione di Brunello e hanno dato vita ad un’interpretazione mirabile per nitore espressivo e tecnico, con un violino, quello del grande Gidon Kremer, che ha condotto con maestria, insieme a Brunello, le sette sequenze musicali. Ottimo il galante Mozart della Sinfonia concertante in mi b. magg. K364 nella trascrizione per violino, violoncello e orchestra con i due Ensemble ancora uniti in una bellezza timbrica di grande qualità e avvincente la Kremerata Baltica diretta da Brunello nella Serenata italiana per archi di Wolf. Al termine, in una sala stracolma di pubblico, un calorosissimo applauso e poi un breve ma intenso bis con un Rota de La Dolce Vita . Da ricordare! 

24 gennaio       Cesare Guzzardella        ce.guzz@tiscali.it  

Alla Società del Giardino il "Ballo degli Austriaci a Milano"

Il 21 gennaio scorso si è svolto su iniziativa dell’ Austria Italia Club, in concomitanza con il semestre di presidenza dell’Unione Europea, il Ballo degli Austriaci a Milano – Wien Ball in Mailand 2006,che ha luogo dal 1981 presso la Società del Giardino di Milano (nella foto). Per l’occasione erano presenti il sindaco di Vienna Michael Haupl e l’Ambasciatore d’Austria in Italia Alfons Kloss. L’orchestra del Ballo è stata come sempre diretta da Franz Bileck e quest’anno accanto all’immancabile presenza della famiglia Strauss sono state ovviamente scelte anche pagine di danza mozartiane . Le debuttanti ed i cavalieri della Scuola Militare Teulié sono stati come sempre preparati e diretti dalla ballerina ungherese del Teatro alla Scala Aniko Pusztai e tra le debuttanti si notava particolarmente la presenza di Alberica San Martino d’Aglié . Per ulteriori informazioni sull’attività del Club Italia Austria di Milano si può visitare il sito www.austria-italia.org          

                      Giacomo Di Vittorio

Il giovane russo VladimirJurowski ha diretto Shostakovich alla Scala

Il giovane e più che promettente direttore d’orchestra russo Vladimir Jurowski è in realtà un uomo d’altri tempi: per gentilezza, disponibilità , cordialità e, più in specifico per quanto concerne il suo mestiere, il fatto di essere anche un ottimo pianista (accompagnatore e non) sempre pronto ad ascoltare i cantanti (e gli orchestrali), essere al loro servizio per risolvere insieme qualsiasi dubbio o esitazione. Qualità possedute (ma all’ennesima potenza per maggiore esperienza, età leggermente più avanzata ed un’ampia e più vasta frequentazione del repertorio) da colui che , a nostro avviso, sarebbe il candidato ideale per ricoprire la carica vacante di direttore musicale stabile del Teatro alla Scala, ovvero lo straordinario ed inimitabile Antonio Pappano. Jurowski ha dato prova di queste sue doti innanzitutto nell’ “Onegin” di Tchaikovsky in cui si è dovuto confrontare, con ottimi esiti, con un cast vocale d’altissimo profilo ed una partitura ricchissima e straordinaria che ha saputo sviscerare dopo un lungo studio e tutto il corso delle repliche dello spettacolo in teatro. Un lavoro che ovviamente non finisce qui ma che continuerà e si perfezionerà ulteriormente nelle prossime occasioni d’esecuzione del capolavoro di Tchaikovsky. Nel mezzo di questo percorso c’è stato anche spazio per una serata interamente dedicata a Shostakovich in cui da un lato si offriva una rara opportunità d’ascolto ovvero l’abbozzo (della durata di quarantacinque minuti circa) dell’opera incompiuta , scritta nel 1942, “I giocatori”, dalla commedia omonima di Gogol, e dall’altro si completava il programma nella seconda parte con la mestosa ed imponente Quinta Sinfonia dello stesso compositore . Ne “I giocatori” sono state evidenziate tutte le asprezze e difformità della partitura, sempre con molto polso ed intelligenza, grazie anche ad un ottimo cast vocale interamente maschile composto da (nell’ordine) : Mikhail Urusov, Sergej Aleksashkin, Vladimir Vaneev, Viachelslav Voynarovskij, Maxim Mikhailov e Alexander Teliga (e con la presenza molto significativa della balalajka bassa di Massimo Laura) . Nella Quinta Sinfonia abbiamo assistito invece ad una lettura stilisticamente perfetta, sia per dinamiche che per le scelte timbriche e di colore, di grande eleganza e raffinatezza sia nel risultato esecutivo che nella precisa ed elegantissima gestualità, cui corrispondeva un effetto preciso ed immediato in orchestra, ma che a volte si avvicinava più ad un’ottica ed una prospettiva legata a Gustav Mahler (i cui legami sotterranei con il grande compositore russo sono multipli e ancora in parte inesplorati), quello della Prima e della Quarta Sinfonia però, ed a volte non possedeva tutta la sua vera forza espressiva e tutto il suo profondo senso di drammatica ineluttabilità. Un’interpretazione comunque originale e di grande interesse e fascino che ha saputo stregarei l numeroso e ben rispondente pubblico presente. 

       23 gennaio 2006         Giacomo Di Vittorio 

All’Auditorium milanese Romano Gandolfi dirige la Messa in Do minore  di  W.A.Mozart 

 E’ tornato sul podio il bravissimo Romano Gandolfi per dirigere un capolavoro incompiuto di Mozart quale la Messa in Do min. per soli coro e orchestra K 427, composto da Wolfgang Amadeus all’età di ventisette anni ed eseguito per la prima volta a Salisburgo nell’ottobre del 1783. Gandolfi, che ha fondato il Coro Sinfonico di Milano G.Verdi nel 1998,  riesce sul podio ad ottenere  un perfetto equilibrio tra coro, voci soliste ed orchestra e anche in questa occasione la prova è risultata lodevole. Ottima l’interpretazione con momenti orchestrali particolarmente intensi, luminoso e penetrante il coro e bravi i solisti e tra questi soprattutto il soprano di origine coreana Soojin Moon  ed il mezzosoprano italo-brasiliano Luisa Francesconi. Questi hanno dato sfoggio delle loro qualità  vocali in molte sequenze  della Messa come nell’amabile Domine Deus del Gloria e nel Quoniam tu solus sanctus, sempre del Gloria, insieme al  tenore Roberto Iiuliano. Bravo anche il baritono Giuseppe Altomare nel quartetto vocale finale del Benedictus. Successo di pubblico. 

22-1-2006   Cesare Guzzardella         ce.guzz@tiscali.it

Le grandi architetture delle Partite di J.S.Bach nell’avvincente interpretazione di András Schiff 

Per la “Società del Quartetto” abbiamo avuto la fortuna di ascoltare tutte e sei  le Partite di J.S.Bach, oltre due ore e quindici minuti di musica,  e che musica! La sala Verdi del Conservatorio milanese era completa come di solito avviene quando al pianoforte c’è il pianista ungherese András Schiff.  Due delicate e sensibili mani che trovano nel compositore tedesco l’opportunità per una suggestiva e avvincente interpretazione. Schiff è uno dei massimi interpreti bachiani e nel concerto di martedì sera lo ha pienamente dimostrato eseguendo l’integrale delle Sei Partite. Composte tra il 1726 e il 1731, sono state eseguite nel seguente ordine: le n° 5-3-1-2 e dopo l’intervallo le n° 4 e 6, alternando quindi le tonalità  maggiori e minori. Quello che maggiormente convince, oltre che l’evidente “bel suono” di Schiff è anche la capacità di differenziazione timbrica e dinamica ed il nitore di ogni dettaglio melodico, contrappuntistico e di ornamento delle  Allemande, Correnti, Sarabande, Minuetti e Gighe che compongono le Partite. A questo si aggiunge la profonda capacità di penetrazione dello stile bachiano che si esplicita  con una resa semplice e chiara di architetture musicali spesso molto complesse. Il pubblico presente in sala ha dimostrato di apprezzare l’impegnativo programma con un lunghissimo e calorosissimo applauso. 

18 gennaio   Cesare Guzzardella       ce.guzz@tiscali.it

Uno strepitoso violoncello per la “Verdi” all’Auditorium

L’intensa voce del violoncello di Enrico Dindo (nella foto) è ben risuonata nella sala dell’Auditorium di l.go Mahler accompagnata dall’Orchestra Sinfonica G. Verdi  nell’esecuzione del Concerto n°2 per violoncello e orchestra in sol magg.  op.126 di Dmitrij Sostakovic. Il concerto  dedicato al grande Mstislav Rostropovic, che ne fu il primo e più grande interprete (Mosca, settembre  1966), ha trovato nel violoncellista torinese  un degno successore per spessore interpretativo. Dindo ha dimostrato di disporre di una tecnica e di una capacità esecutiva profonda sia per intensità melodica che per comprensione stilistica in un concerto che alterna momenti di cupa riflessione, come nel Largo iniziale, ad altri più sereni e ritmati come nell’Allegretto finale. L’intesa con il direttore giapponese Junichi Hirokami (nella foto) è stata perfetta sotto tutti gli aspetti grazie anche ad una “Verdi” in stato di grazia. Al termine del lunghissimo ed entusiastico applauso del pubblico, eccellente  è stato il bis solistico con la Sarabanda in re min. di J.S.Bach. Nella seconda parte del concerto  abbiamo ascoltato una delle sinfonie migliori di Anton Bruckner, la n°4 in mi bem.magg. “Romantica". Lettura  particolarmente chiara  e dinamicamente ineccepibile per l'ottimo Hirokami che ha finalmente riportato un po’ di Bruckner  a Milano. Grande successo di pubblico. Ultima replica: domenica, 15 gennaio alle ore 16.00 . 

14-1-2006    Cesare Guzzardella     ce.guzz@tiscali.it

Eugenij  Onegin alla Scala diretto da Vladimir Jurowski 

 Valide ma non entusiasmanti le scene liriche in tre atti e sette quadri che compongono l’opera Evgenij Onegin di Petr Il’Ic Čajkovskij, dall’omonimo poema di Puskin.  Misurata la direzione del giovane Vladimir Jurowski -direttore che avevamo sentito nell’aprile scorso con la “Verdi” in uno splendido concerto- , a volte priva di alcuni elementi di contrasto: suono molto morbido ma l’eccessivo controllo forse è dovuto al non voler coprire le valide, ma non superlative, voci dei cantanti. Ludovic Tézier (nella foto in basso), Onegin, ci è apparso il migliore,  con voce adeguata in ogni intervento; Olga Guriakova (nella foto), Tat’jana, ha un timbro  caldamente splendido, recita bene, ma  non riesce a esprimere tutte le  potenzialità della sua voce nei momenti musicalmente più drammatici, bravi Nino Suruladze, Olga, e Guseppe Sabbatini, Lenskij,  più che dignitosa Alexandrina Milcheva, Larina e  dignitoso Sergej Aleksashkin, Gremin ed in fine  bravissimo Vjaceslav Voynarosky, Triquet. Avvincente la regia di Grahm Vick, meno le troppo scarne scene di Richard Hudson. Ottimo, come sempre, il coro di Bruno Casoni ed il Corpo di ballo con i passi, splendidi, di Maria F. Garritano e di Claudio Cangiatosi. Successo di pubblico. Prossime rappresentazioni il 14, 17, 19, 22, 25 e 27 gennaio 

 13-1-2006   Cesare Guzzardella   ce.guzz@tiscali.it

Comunicato di  Stéphane Lissner sulla scomparsa  Birgit Nilsson  

Con la scomparsa di Birgit Nilsson anche la Scala perde un’icona del suo passato. Il teatro che fu la “casa” di Maria Callas e Renata Tebaldi non può dimenticare che Birgit Nilsson, soprano drammatico fra i più grandi del secolo appena concluso, dal 1958 al 1972 cantò quasi in ogni stagione scaligera almeno un ruolo importante del grande repertorio.                                                                                       La storia milanese di Birgit Nilsson inizia nel 1958 con Valchiria, cui nello stesso anno si aggiunge Turandot. Nel ’59 la Nilsson torna alla Scala con l’Olandese volante e Tristano, nel ’60 con Aida e  ancora Turandot, nel ’60 e ’61 con Fidelio, nel ’64 con Sigfrido, Valchiria e Il Crepuscolo degli dei, nel ’64 con Macbeth e Tristano, nel ’67 con Salome, nel ’69 ancora con Tristano e infine nel ’72 con Elektra.  Con mirabili interpretazioni di Verdi e Puccini, Birgit Nilsson dimostrò proprio alla Scala quanto la sua grandezza superasse i confini già vastissimi del repertorio tedesco, quanto la sua arte potesse essere “di riferimento” anche in opere chiave del repertorio italiano.                    Milano non dimentica che Birgit Nilsson è stata per quasi quindici anni un’artista della “famiglia Scala”.

    Stéphane Lissner          Sovrintendente del Teatro alla Scala    

 Milano, 11 gennaio  2006 

Alice Baccalini: una pianista tredicenne per la “Società dei Concerti” in Conservatorio 

 La giovanissima Alice Baccalini ha tenuto un avvincente concerto nella Sala Puccini del Conservatorio milanese.  L’impegnativo programma prevedeva la Sonata n°2 in sol min. op.22 di Robert Schumann, il Rondò Capriccioso in mi magg. Op. 14 di Felix Mendelssohn, la Suite Bergamasque di Claude Debussy, Tre Danze Fantastiche op.5 di Dmitri Shostakovich ed infine, di Olivier Messiaen, Le Rouge-Gorge. Premetto che giudicare un’artista di tredici anni, che peraltro conosco personalmente, è sicuramente cosa non facile. Non so se i grandi interpreti del passato, Rubinstein, Arrau, Richter ecc. fossero già “grandi” a tredici anni. Sicuramente erano talenti precoci e sarebbe interessante sapere quale fossero le premesse artistiche dei loro tredici anni. Bene, Alice certamente ha un talento non comune, lo ha dimostrato nelle sue interpretazioni che palesano una capacità di concentrazione e di penetrazione musicale “matura”. Ha eseguito con estrema sicurezza la difficile e di rara esecuzione Sonata op.22 di Schumann rivelando un bel  tondo e appassionato suono romantico. Ha ben interpretato il Rondò di Mendelssohn e ci ha lasciato sbalorditi nel Clair de lune della Suite di Debussy dove ha dimostrato una limpidezza sonora intensamente espressiva  e, dopo le brevi ma incisive Danze di Shostakovich, ci ha di nuovo stupiti con il brano Le Rouge-Gorge di Olivier Messiaen (1908-1992), splendida interpretazione che dimostra la   facilità di approccio di Alice alla musica più recente. E per finire un raffinato e  virtuoso bis: La leggerezza di Franz Liszt. Brava Alice, continua così!  In una sala gremita, successo di pubblico. 

10 gennaio  2006   Cesare Guzzardella       ce.guzz@tiscali.it  

Un Gala Strauss all'Auditorium di Milano per il nuovo anno

  Nell’ambito delle produzioni di Euroconcert l’Auditorium di Milano ha presentato il 5 e 6 gennaio scorsi il Gala Strauss che consiste in un concerto interamente ed unicamente dedicato a brani composti dai vari componenti della famiglia Strauss ma che prevede però anche la presenza in scena di un balletto e di una cantante che viene accompagnata dall’orchestra nelle arie tratte dalle operette dei membri della famiglia. Oltre all’alta qualità degli interpreti e dell’esecuzione musicale il merito maggiore, a nostro avviso, di questa operazione consiste nel fatto che, accanto ai valzer ed alle polke più celebri, vengono proposti anche brani di grande valore e qualità che da tempo mancano persino dall’imperdibile appuntamento del Neujahrskonzert al Musikverein di Vienna (quest’anno diretto benissimo e con un bellissimo programma in parte d’ispirazione mozartiana dal grande direttore lettone Mariss Jansons), ovvero (tutti gioielli di Johann Strauss figlio, Vienna 1825-1899) il valzer “Souvenir de Nizza” op.200, che in realtà solo i Wiener Philharmoniker potrebbero eseguire in modo veramente ideale, la “Spanischer Marsch” op. 433, la polka “Neva” op.288,la “Napoleon-Marsch” op. 156 e la travolgente e straordinaria “Persicher Marsch” op. 289 che concludeva il programma ufficiale del concerto . Il direttore russo Eduard Serov (allievo di Mravinsky) ha diretto con grande competenza e brio la “Strauss Festival Orchestra” mentre la soprano bielorussa Tatiana Tretiak ha prestato in modo molto convincente  la sua voce per l’aria di Adele da “Die Fledermaus” “Mein Herr Marquis” e per il valzer “Fruhlingsstimme” che è sempre un piacere ascoltare anche con l’accompagnamento vocale. 

                                          Giacomo Di Vittorio 

Herbert Blomstedt  per la Nona di Beethoven  all’Auditorium 

La Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven è tornata ad augurare il buon anno all’Auditorium di Milano che ospita la come sempre ricca di intelligenti sorprese  ed interessante stagione dell’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi ma questa volta non più diretta da Riccardo Chailly, come d’abitudine, bensì da Herbert Blomstedt( nella foto). Se da un lato l’eredità di tutto il lavoro svolto con l’orchestra, ed in particolare su questa partitura, con il grande direttore milanese era ancora presente, dall’altro con Blomstedt ci si trovava di fronte ad un’altra sinfonia e quasi un’altra partitura: ritorno indietro e sguardo volto verso il passato piuttosto che verso l’avvenire e la modernità quasi novecentesca come con Chailly, tempi più stretti ma anche dinamicamente più spezzati, senza la grande continuità ed il fluido legato negli archi, ad esempio, cui eravamo abituati, una rivisitazione quasi barocca della partitura che però aveva anche delle sorprese inaspettate come il ruolo quasi contemporaneo e novecentesco giocato dai timpani nel primo e secondo movimento, svettando quasi su tutti gli archi ed i fiati, grazie alla come sempre bravissima Viviana Mologni che in questo senso è veramente quasi una delle colonne portanti dell’orchestra. Nessuna vera sorpresa invece dal l’Adagio molto e cantabile, mentre nel finale abbiamo ancora una volta potuto ammirare in primo luogo, la bravura e la sempre perfetta preparazione del Coro sotto la guida sempre vigile e scrupolosa di Romano Gandolfi ed un ottimo cast vocale di tutto rispetto composto dal soprano Ruth Ziesak, dal mezzosoprano Christa Mayer, dal tenore Robert Kuenzli  con l’eccezione, purtroppo, del basso ungherese Istvan Kovacs che,nonostante tutta la buona volontà, aveva una voce troppo piccola, limitata  e per nulla adeguata al suo importante ruolo. Calorosissima come sempre l’accoglienza del fedelissimo e numerosissimo pubblico che ha riempito la sala in tutte le repliche restando in parte anche in piedi. A breve termine sarà reso ufficiale il nome del nuovo direttore musicale stabile dell’orchestra di cui c’è grande bisogno.

                                                    Giacomo Di Vittorio