Una settimana in Austria, con un po’ di Baviera.

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L’intenzione era di un breve giro in Austria, nella zona danubiana, evitando luoghi già visitati. Si è deciso l’itinerario in corso d’opera, senza prenotare, fidando sul trovarsi fuori stagione. Ne è uscito un tragitto un po’ bizzarro, che si è comunque rivelato piacevole.

Per la prima tappa si è deciso di puntare su Salisburgo, che vale sempre una sosta. La città è una meta affollata e quindi va evitata in alta stagione; mi ricordo anche che in certi periodi, come a Pasqua, per le strade si sentiva parlare in prevalenza italiano!
La posizione del centro storico è caratteristica, incastrato com’è in una stretta piana fra il fiume Salzach e la fortezza appollaiata su una rupe dalle pareti ripidissime, sulla riva sud. Sulla riva opposta un’altra collina, verdissima, sfiora il fiume e chiude la scena.
Naturalmente tutto parla di Mozart, dalla casa natale trasformata in museo, ai concerti organizzati dovunque, fino ai ben noti dolci di forma sferica che riempiono gli scaffali delle pasticcerie; d’altra parte in ogni città che ha dato i natali a qualche celebrità c’è da aspettarsi che quest’ultima imperversi dovunque.
Alla fortezza si può salire con la funicolare, ed il panorama è celebre. È un complesso interessante, ma non abbiamo tempo. Una curiosità, credo poco conosciuta: sul lato est c’è una seconda funicolare, il reißzug, che funziona solo per le merci, ma è storicamente notevole: risale addirittura al 1460! In origine era una slitta; le prime rudimentali rotaie sono state messe solo nel 1504! Serviva ai rifornimenti militari e naturalmente per 4 secoli l’argano è stato mosso da cavalli che giravano in tondo, o da prigionieri.
Tanto la città quanto il fiume ricordano nel nome il commercio secolare del sale, estratto dalle vicine miniere. La più famosa è quella di Hallein, una quindicina di km a sud, che val la pena di visitare; si sviluppa su più piani e ci si diverte a scendere dall’uno all’altro su scivoli di legno.
Ci siamo quindi inoltrati nel Salzkammergut, una zona idilliaca di laghi, con panorami ad ogni momento. Si trova al limite fra la zona alpina e quella collinare che circonda il Danubio, perciò verso nord sfuma verso colline più o meno tondeggianti, mentre a sud si alzano montagne altissime e imponenti. In mezzo, laghi e laghetti di media dimensione punteggiati da paesi e cittadine in un ambiente pastorale. Come in tutta l’Austria, i campanili finiscono o a spillone o a cipolla.
La zona è inevitabilmente frequentatissima, e abbiamo avuto problemi a trovare alloggio anche in questa stagione; ma l’affollamento non significa mai che il paesaggio sia sfigurato dall’edilizia intensiva come da noi. Anzi mantiene sempre una nota bucolica, con frequenti mucche (più raramente pecore) al pascolo.
St. Wolfgang si presenta sulla riva opposta del lago omonimo, ai piedi di un’alta montagna. Arrivando come noi da Salisburgo, si deve sfilare tutto il lago (pochi km) e tornare indietro sull’altra sponda: la strada da quel lato non è infatti completa.
Nel centro spicca l’albergo Al Cavallino Bianco, che ha ispirato la commedia e l’operetta omonime; malgrado il nome la casa è di un potente color rosso. Tutto il quadro è decisamente da operetta, certamente artificiale (vien da pensare ai film con la Sissi), e ha poco a che fare con le vicende reali di questo e di tanti altri paesi; ma è un quadro che viene sapientemente sfruttato perché piace ai turisti, e questi sono sempre i benvenuti.
Abbiamo escluso, per questioni di tempo, di fermarci a Bad Ischl, forse il centro principale della regione, che è essenzialmente una località termale, con strutture liberty belle ma non di prima grandezza.
Hallstatt è forse il paese più scenografico: è aggrappato come St. Wolfgang sul pendio della montagna che scende sul lago, pure questo dello stesso nome; qui però la parete è molto più ripida e le cime intorno più imponenti. A vedere quanta gente c’è, sembra la Portofino della zona; ma ne ha ben donde. Una delle prime case entrando da sud presenta una stranissima particolarità: alla facciata è addossato un pero, ma potato e sagomato in modo da aderire al muro senza ingombrare porte e finestre. Anche una casa nella piazza è combinata a quel modo.
La chiesa controlla il paese dall’alto; nel cimitero che la circonda c’è uno stranissimo ossario con teschi dipinti, come si usava fino a tempi recenti, dovendo disseppellire i morti per il poco spazio disponibile.
Gmunden chiude a nord il lago Traun, non il più grande della zona ma il più profondo dell’Austria. Ci sono ancora alte montagne a sud e ad est, ma nelle altre direzioni si intuisce che si va verso le più dolci colline danubiane. Nel centro storico, il municipio presenta un carillon di ceramica. Un’isoletta poco fuori è tutta occupata dal castello, raggiungibile con un ponte pedonale di legno.
Alloggiamo all’ottimo hotel Magler, leggermente rialzato sul pendio del sobborgo di Traundorf, con bella vista.
Una curiosità di Gmunden è il museo della porcellana, che comprende un intero piano dedicato ai sanitari: sì, proprio a quegli aggeggi che occupano le nostre stanze da bagno, e che di solito sono considerati non precisamente affascinanti, anche se necessari. Giustissimo perciò dedicar loro un museo. Sono in mostra tutte le varietà possibili e immaginabili, prodotte nel tempo, di questi arnesi indispensabili, dai gabinetti ai catini, dai bidet alle comode. Molti hanno pure disegni e decorazioni tali che mi sarei bloccato se ne fossi stato un utente. E ce ne sono certi, come i vasi da notte (una sfilata), che oggi sono inconcepibili ma ai tempi considerati normalissimi. Tutto è poi completato dagli accessori, e tra loro i pomoli, sempre in porcellana e sempre decorati, per tirar la catena del wc.
Fra i pezzi esposti saltano all’occhio i set da camera e da viaggio del Cecco Beppe (kaiser Franz Joseph) e della consorte Sissi: ogni pezzo è insomma un vero imperial-regio (i.r.) cesso. In tedesco la sigla i.r. è k.k., e in questo caso la pronuncia “ka-ka” direi che suona adeguatamente. A fianco di quello dell’imperatore si nota una sputacchiera, altro accessorio oggi impensabile, mentre uno di quelli della moglie ostenta un sifone a forma di delfino: non è un onore per il povero animale, visto ciò che è tenuto ad ingoiare.
Traunkirchen è un piccolo paese in bella posizione, con la parrocchiale affacciata sul lago. All’interno il pulpito è fatto come una barca con le reti: raffigura la pesca miracolosa, evidentemente richiamando l’attività sul Traunsee. Un’altra chiesetta occupa la cima di un promontorio dirupato, con bell’effetto.
A lato della strada si cominciano a vedere cumuli di zucche in vendita.
Vöcklabruck ha una piazza principale stretta e lunga, chiusa da belle porte-torri, alle estremità più lontane.
A Lambach balza agli occhi una grande abbazia benedettina che domina dall’alto il fiume Traun, quello uscito dall’omonimo lago a Gmunden e che, come la quasi totalità dei fiumi austriaci, va a finire nel Danubio.
Lasciamo la zona e ci dirigiamo ad est. Adesso piove, ma solo finché siamo in macchina. Ci fermiamo a Kremsmünster per visitare la grande abbazia benedettina, un complesso che comprende peschiera, pinacoteca, biblioteca, osservatorio astronomico; ancora oggi è un centro di studi.
Percorriamo sempre ameni territori; le alture sono tipicamente ricoperte dal verde scuro dei boschi di abeti, che nelle zone basse contrasta con quello chiaro dei prati, dove le mucche imperversano. La vegetazione cedua non fornisce colpi di colore autunnale, il foliage: la stagione non è abbastanza avanzata.
Altra sosta a Steyr, in bella posizione alla confluenza del fiume omonimo nell’Enns. Ha una bella piazza, anche questa stretta e lunga con palazzi dai colori pastello.
Risaliamo valli e montagne boscose; le strade sono via via più tortuose e il paesaggio si fa più alpestre. Si sfila il bel laghetto Erlauf subito prima di Mariazell. È un centro famoso per i pellegrinaggi mariani, ma è anche un soggiorno estivo ed invernale. Qui, a differenza di prima, siamo veramente fuori stagione e il paese è semideserto. All’interno della chiesa il barocco austriaco si lancia in tutto il suo vigore: stucchi e marmi bianchissimi, alternati a fregi scuri in legno la fanno sembrare una gigantesca torta, tutta panna e cioccolato; un effetto che da queste parti, come in Baviera, ricorre spesso. Una particolarità è la statuina della Madonna con Bambino, alla quale cambiano il vestito secondo un preciso calendario. Fuori dal santuario mi colpiscono le file di chioschi, in questo momento tutti chiusi, dei venditori di souvenirs, prodotti locali e cartoline: ce ne sono in quantità, tutti lì apposta per spennare i pellegrini.
Sempre fra fitti boschi superiamo un paio di passi oltre i mille metri, la quota massima del viaggio, a parte il Brennero. Poi scendiamo verso nord; le montagne diventano dolci colline con qualche zona pianeggiante, e gli abitati si infittiscono. Finché incontriamo il Danubio e lo superiamo sul ponte-diga di Ybbs.
Al di là continuiamo verso nord nel Waldviertel, una regione collinare con boschi e prati come quella appena lasciata, ma con una strana differenza: non si vedono più mucche al pascolo! Per l’aspetto medio del paesaggio e degli abitati questo territorio ricorda la vicina Repubblica Ceca, dalla quale distiamo poco. Nei centri storici dominano i colori a pastello, ma tenui; un motivo ricorrente nelle piazze principali è la colonna commemorativa delle pestilenze dei secoli passati.
Facciamo tappa a Zwettl. La città in sé non è particolare, anche se conserva buona parte della cerchia delle mura, cosa non tanto frequente da queste parti, con alcune rozze torri non inglobate nelle abitazioni. La maggior attrattiva è la colossale abbazia cistercense pochi km fuori città. Fra i vari ambienti non più in uso del complesso si fa notare il Necessarium (in pratica il wc), collocato sopra un canale apposito. A metà di un lato del chiostro spicca una sporgenza coperta che contiene un lavatoio di cui i monaci dovevano servirsi prima di accedere al refettorio. Mi ricorda quello analogo di Batalha, in Portogallo.
Procediamo verso ovest e nella zona di Freistadt arriviamo a sfiorare il confine boemo. Purtroppo arriva la nebbia a guastare il panorama; ma scendendo verso Linz se ne va.
La piazza principale di Linz è un quadrilatero che arriva al Danubio, coi palazzi di altezza uniforme e la solita colonna della peste. Oltre il fiume, il moderno quartiere di Urfahr; qui chi ama le installazioni e architetture moderne trova pane per i suoi denti. Nel municipio vecchio c’è una mostra (gratuita) sull’evoluzione della città, compresi i progetti megalomani di Hitler, per fortuna rimasti sulla carta. L’intero pavimento è costituito da un collage di foto aeree, per cui sembra di camminare sospesi in aria. Dal poderoso castello (che ha anche un’ala moderna) c’è un bel panorama sul Danubio e sulla collina di fronte che culmina nei due aguzzi e lontani campanili del santuario del Pöstlingberg, dal quale la vista sulla città è anche più notevole.
Ma siamo qui anche per la specialità dolciaria locale: la Linzer Torte! È una pasta frolla alle nocciole, con sopra uno strato di marmellata di ribes o lamponi attraversata da un reticolo di pasta. Dicono che sia la ricetta più antica legata ad un preciso luogo. La conoscevamo già, ma vogliamo provarla nella pasticceria originale, vicino alla piazza principale.
Proseguiamo risalendo il Danubio. Qua e là si vedono sempre più spesso campi interi pieni di zucche pronte al raccolto: non mi è mai capitato di vedere una tale estensione di sfere arancioni. È in effetti un colore autunnale in contrasto col verde dominante, ma non dipende dalla vegetazione. Più avanti il paesaggio si anima e il fiume è stretto fra colline boscose, con qualche castello in cima a far la guardia.
Si entra in Baviera poco prima di Passau. La città, più che per i tesori d’arte, è bella per la posizione alla confluenza di tre fiumi. A sud c’è l’Inn, che è nato in Svizzera, ha attraversato il Tirolo e una fetta di Baviera, per poi segnare il confine fra Germania e Austria; qui è il più largo dei tre. In mezzo c’è il Danubio, fin qui solo tedesco, ma che 3 km a valle entra in Austria incontrando la prima delle sue svariate frontiere. Infine a nord c’è il più modesto Ilz, che esce quasi con vergogna da una stretta gola fra le colline per unirsi agli altri due. La città è tutt’attorno, e il centro storico occupa la punta fra i primi due.
Per avere una visione d’assieme bisogna salire sulle colline circostanti, meglio alla Feste Oberhaus; ma ce n’è mancato il tempo.
Troviamo alloggio al Rotel Inn, un albergo sul Danubio definito dal TCI “per ciclisti”, e presto capiamo perché: è collegato alla pista ciclabile che segue il fiume ed è decisamente spartano (ma comunque pulito); a quanto pare quegli sportivi non hanno troppe pretese. Sta di fatto che costa pochissimo.
Colazione al Café Diwan che dal 9° piano dove si trova procura un gran panorama sulla confluenza dei tre fiumi. Un giro in battello permette poi di avere una visione d’insieme del crocevia acquatico.
Zigzaghiamo adesso attorno al confine austro-tedesco, un po’ di qua, un po’ di là, seguendo l’Inn ma senza vederlo se non ai ponti. Poi continuiamo in Baviera; il paesaggio è simile, sempre ondulato.
Ultimo pernottamento a Wasserburg. Come fa capire il nome, ha a che fare con l’acqua, trovandosi nel centro di un meandro dell’Inn che la circonda quasi del tutto. È un borgo fortificato, anche se le mura non si vedono perché inglobate nelle case; il fiume che le gira intorno faceva da fossato difensivo.
È una bella giornata ma il fresco della stagione e l’umido della notte han fatto alzare la nebbia: al mattino dall’albergo non si vede la chiesa di fronte! Fortuna che la strada corre su un altipiano al sole, ma la nebbia resta in agguato nelle zone basse; poi poco a poco la vince il sole.
Prima di rientrare facciamo una sosta a Prien sul lago Chiem, il più grande della Baviera e considerato il suo mare. I grandi parcheggi e i continui divieti di sosta al di fuori la dicono lunga sull’affluenza estiva. Peccato che ci manchi il tempo per un giro delle isole, la maggiore attrattiva: l’Herreninsel contiene il sontuoso castello del re Ludwig II, quello cui mancava qualche rotella, mentre sulla Fraueninsel c’è un villaggio di pescatori e un’abbazia di monache; fra le due, la piccola Krautinsel deve il nome alla coltivazione dei cavoli. Speravo che ci fosse un po’ di panorama, ma dalla riva non si vede niente; bisogna proprio andarci. Sarà per un’altra volta.

Qualche avviso utile per gli automobilisti.

L’Austria, seguita da altre nazioni, ha da tempo copiato l’idea svizzera della vignetta autostradale, il bollino adesivo da applicare sul parabrezza (all’interno!) con cui si circola in libertà sulle autostrade, dove -con qualche eccezione- non ci sono caselli. Ma l’ha resa più elastica, differenziandola fra più durate, s’intende a prezzi diversi. Quella per 10 giorni costa solo 12,40 € (autunno ’25), vale a dire meno di un solo passaggio sulla “BreBeMi” fra Milano e Brescia! Bisogna ricordare però, e forse non tutti lo sanno, che se dal Brennero si continua sull’autostrada verso Innsbruck, si deve pagare più avanti un balzello di 11 € oltre alla vignetta! L’autostrada austriaca del Brennero è infatti a pedaggio per i fatti suoi. Se dal Brennero si esce a Innsbruck-sud, e si continua su strade normali, si paga quel balzello (ponte Europa) ma la vignetta non serve.
Perciò se si vuole raggiungere, ad esempio, la Baviera dal Brennero si può evitare di acquistarla, scegliendo la strada di Mittenwald e Garmisch, a prezzo solo dell’attraversamento, non gravoso, di Innsbruck. Tra l’altro il tragitto per Monaco da quella parte è ben più breve e meno trafficato del percorso autostradale classico per Kufstein; e comunque l’autostrada tedesca, gratuita come tutte in Germania, inizia poco dopo Garmisch. Per contro questo itinerario implica strade ripide e non è molto consigliabile d’inverno.
Bisogna anche rammentare che in Austria ci sono alcuni punti a pedaggio, oltre a quello ricordato, in genere sulle gallerie di valico: Arlberg, Tauern (2 diversi), Bosruck, Karawanken ed altri, dove la vignetta non c’entra. In questo viaggio ho avuto cura di evitarli tutti.