Il concerto di questa sera in Auditorium ci ha accompagnato in un lungo e diversificato itinerario musicale che attraversa l’Ottocento francese, si è aperto a suggestioni contemporanee e si è chiuso con la fiaba sonora di uno dei più grandi innovatori del Novecento. Un filo conduttore ha intrecciato diverse tappe: da un lato la valorizzazione della scrittura al femminile, dall’altro il dialogo costante tra cantabilità, virtuosismo e invenzione orchestrale. Il concerto era inserito nella rassegna “Il Diritto di suonare” ed è cominciato con l’Ouverture n. 2 op. 24 di Louise Farrenc, una delle figure più autorevoli tra le compositrici dell’Ottocento, oggi finalmente oggetto di rinnovato interesse. L’ouverture, di impianto classico ma dallo slancio pienamente romantico, mostra una scrittura orchestrale solida, articolata, vivace: testimonianza del livello altissimo raggiunto da Farrenc in un’epoca in cui alle donne era spesso precluso l’accesso al grande repertorio sinfonico.

È seguito un’altra pagina firmata da una compositrice francese, Cécile Chaminade, celebre per la sua musica elegante e accessibile. Il suo Concertino per flauto e orchestra è un brano brillante e fluido, dove la scrittura solistica alterna slanci virtuosistici a momenti di lirismo sospeso. Commissionato dal Conservatorio di Parigi nel 1902, è diventato uno dei cavalli di battaglia del repertorio flautistico. Solista d’eccellenza, non solo in questo brano, il flautista Sébastian Jacot, ha dato una prova mirabile per discorsività, leggerezza e virtuosismo esemplare nel mettere in rilievo la melodicità di questo lavoro e anche di quello eseguito più tardi con le Fantasie brillanti sulle arie della Carmen di Bizet nella splendida trascrizione di F.Borne.

Interpretazioni di alto livello per un’interprete che ricordiamo avere avuto ruolo di primo flauto nei Berliner Philharmoniker e nella Gewandhaus di Lipsia. Eccellente poi il bis solistico concesso con un incantevole brano per flauto solo di Claude Debussy. Ottima la direzione della moscovita Skryleva, che ha dato prova anche di essere un’ottima compositrice presentando in Prima esecuzione italiana i suoi 3 Impromptus in do: tre brillanti improvvisi scritti e orchestrati benissimo che ricordano nelle volumetrie e nelle ritmiche certo Stravinskij. Ottimi lavori. Al termine, del citato grande russo è stata proposta la Suite dall‘Uccello di fuoco nella versione del 1945. La Suite ha selezionato i momenti più salienti e suggestivi della partitura dell’ originario balletto: il lirismo della Berceuse, la tensione drammatica della Danza infernale, l’esplosione luminosa del Finale. Ottima l’esecuzione della giovanile orchestra, brava in ogni sezione strumentale. Applausi fragorosi al termine in un Auditorium stracolmo di pubblico.
