Concerto interessante, tanto per l’impaginato quanto per il livello interpretativo, quello di ieri sera al Conservatorio, organizzato da Serate Musicali.
Il violoncellista Steven Isserlis e la pianista Connie Shih, che da alcuni anni suonano stabilmente in duo e rappresentano una presenza costante nella programmazione dell’istituzione milanese, hanno offerto una lettura coerente e partecipe di un programma ben calibrato.
Nelle Variazioni in fa maggiore op. 66 di Beethoven su Mädchen oder Weibchen, brano che ha aperto la serata, il pianoforte di Connie Shih non si è mai limitato a un ruolo di sostegno, ma ha partecipato attivamente al discorso musicale, con un controllo timbrico capace di dare continuità e respiro all’insieme. Una presenza decisamente dominante in questo lavoro tratto dal Flauto magico mozartiano. Il violoncello di Isserlis ha evitato ogni enfasi superflua, preferendo un fraseggio mobile, interrogativo, spesso quasi parlato. Una rarità di Ignaz Moscheles (1794–1870), la Sonata per violoncello e pianoforte in mi maggiore op. 121, ha condotto il pubblico in un mondo virtuosistico nel quale la discorsività dei due interpreti, perfettamente integrati, ha rivelato ancora una volta un’intesa di alto livello. La Sonata, in quattro movimenti del 1850, dedicata al violoncellista Joseph Menter, riflette lo spirito romantico dell’epoca, soprattutto nella sua cantabilità, ulteriormente sottolineata dal modo estemporaneo di fraseggiare del violoncellista inglese.
La seconda parte del concerto è rimasta in ambito romantico con brani più noti, a partire dall’Adagio e Allegro op. 70 di Schumann, lavoro originariamente concepito per corno e frequentemente eseguito anche nelle versioni per oboe, violino e violoncello. Le bellissime arcate di Isserlis hanno evidenziato con intensa espressività l’Adagio iniziale, per poi integrarsi con le precise armonizzazioni del pianoforte di Shih, interprete che colpisce per la naturalezza del discorso musicale e per una sintesi espressiva che si fonde in modo straordinario con il solismo del cellista. Sempre negli anni Quaranta dell’Ottocento si colloca la Sonata n. 2 in re maggiore op. 58 di Mendelssohn. Quattro movimenti ispiratissimi, nel linguaggio tipico del compositore tedesco, resi con maestria dal duo, anche nella rapida andatura complessiva di un brano molto interiorizzato. Particolarmente ispirato e meditato l’Adagio, terzo movimento della Sonata.
Ottime interpretazioni complessive e un bis melodico di qualità, con una trascrizione dalla celebre Moldava di Smetana. Applausi calorosi da parte del pubblico di appassionati presenti.