RECENSIONIDVDLIBRI
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GENNAIO 2025
Mahler trionfa alla Scala
con la direzione di
Lorenzo Viotti
L'ultima replica della
Sinfonia n. 6 in la minore di Gustav Mahler,
eseguita ieri sera al Teatro alla Scala dalla
Filarmonica della Scala diretta da Lorenzo
Viotti, ha confermato l'alto livello
interpretativo di questa produzione. Questo
imponente capolavoro sinfonico, composto tra il
1903 e il 1904 e presentato per la prima volta a
Essen in Germania nel maggio del 1906 sotto la
direzione dello stesso Mahler, è stato eseguito
nella sua prima versione: con l’Andante
come terzo movimento, preceduto dall’Allegro
energico e dallo Scherzo, e chiuso
dall’energico e monumentale Finale.
Viotti, giovane e carismatico direttore,
ha
saputo valorizzare la complessità dell’opera,
mostrando una particolare abilità nei passaggi
più corali, dove il coinvolgimento delle sezioni
orchestrali ha raggiunto un equilibrio perfetto.
La sua gestualità sicura e la sensibilità
interpretativa hanno contribuito a un’esecuzione
intensa, capace di esaltare la complessità della
partitura mahleriana. Seppure eccellente nel
complesso, l’esecuzione ha mostrato una minore
incisività nei momenti più intimi e cameristici,
dove il dialogo tra i pochi strumenti non ha
raggiunto lo stesso livello di contrasto e
tensione rispetto alle sezioni più ricche e
dinamiche. Tuttavia, le performance delle
singole sezioni orchestrali sono state di alto
valore espressivo: percussioni esuberanti,
ottoni potenti ed efficaci, e un’ottima resa
complessiva di archi e fiati hanno contribuito a
una serata indimenticabile.
Il pubblico scaligero, numerosissimo, ha
accolto l’esibizione con lunghi e meritati
applausi, confermando l’apprezzamento per
un’interpretazione che ha reso giustizia alla
visionarietà di Mahler.
(Foto di Brescia & Amisano
–
Archivio della Scala)
21 gennaio 2025
Cesare Guzzardella
Il pianoforte di Monica Zhang
a Musica Maestri!
La fortunata rassegna
musicale del Conservatorio di Milano, Musica
Maestri!, ha ospitato ieri nel tardo
pomeriggio la giovane pianista Monica Zhang,
un’interprete di grande talento. Nonostante la
giovane età, Zhang ha già ottenuto numerosi
riconoscimenti, avendo vinto oltre trenta
concorsi internazionali e il prestigioso
Premio del Conservatorio 2024. Nata a Milano
nel 2007, e non ancora diciottenne, Monica ha
dimostrato un livello tecnico e interpretativo
straordinario, confermato dal programma
impegnativo e ben strutturato presentato al
pubblico. Il concerto era incentrato su Chopin
(1810-1849),
con l’aggiunta di un brano particolarmente
complesso e virtuosistico: le Variazioni su
un tema di Chopin, op. 22 di Sergej
Rachmaninov (1873-1943). Le Quattro Mazurche
op. 33 di Chopin hanno subito evidenziato
l’eleganza, la capacità narrativa e il controllo
del colore da parte d ell'interprete, che ha poi
proseguito con due celebri valzer: il Valzer
in do diesis minore op. 64 n. 2 e il
Valzer in sol bemolle maggiore op. 70 n.1.
Entrambi sono stati eseguiti con finezza
interpretativa e una resa timbrica delicata. Il
momento culminante del recital è stato
il brano finale, in cui la
Zhang ha rivelato
pienamente il suo spessore artistico e
virtuosistico. Le celebri Variazioni su un
tema di Chopin di Rachmaninov, composte tra
il 1902 e il 1903, si basano sul Preludio op.
28
n.20 di Chopin e lo trasformano in 22
variazioni caratterizzate da un’alternanza
di momenti lirici e passaggi di straordinaria
brillantezza tecnica. La Zhang ha affrontato
i
30 minuti di durata di questa complessa
partitura con una padronanza tecnica assoluta,
mettendo in evidenza in modo limpido le linee
melodiche e le stratificazioni armoniche
attraverso una gestione impeccabile dei
differenti piani sonori. La sicurezza esecutiva
e l’intensità espressiva hanno reso
l’interpretazione eccellente, come dimostrato
dagli applausi entusiasti del numeroso pubblico
presente in Sala Puccini. A coronamento
della serata,
la pianista ha concesso un bis altrettanto
straordinario: una splendida esecuzione del
Grand pas de deux dallo Schiaccianoci
di
Čajkovskij, nella celebre trascrizione
virtuosistica di Mikhail
Pletnev.
Un evento
sicuramente da ricordare.
20 gennaio 202 5
Cesare Guzzardella
Quando la bellezza si
sposa allo spettacolo. Il
recital
di Ettore Pagano
Il ventunenne violoncellista
romano Ettore Pagano è ormai popolare anche agli
amanti della musica c.d. classica del Piemonte
orientale: i due Festival stagionali di Vercelli
e di Novara, il Viotti e il Cantelli, sembrano
quasi contenderselo, e il suo recital di ieri
sera a Novara, nel quarto appuntamento del
Festival Cantelli, per l’occasione ospitato al
Conservatorio, è stato il suo terzo concerto che
in poco più di un anno abbiamo ascoltato. Date
le prodigiose qualità di questo autentico
talento, non possiamo che ringraziare tanta
abbondanza. Ieri sera Pagano suonava in duo con
il pianista viennese Max Kromer (n.1996),
vincitore di numerosi,
prestigiosi
concorsi in area mitteleuropea, nonché
protagonista da anni di un’intensa attività
concertistica. I due giovani hanno dato vita ad
uno dei più emozionanti concerti cameristici
ascoltati a Novara negli ultimi anni. Già il
primo pezzo dell’impaginato, la trascrizione per
violoncello (prevista dallo stesso Beethoven)
della Sonata in Fa magg. op.17 per corno (1800),
pur non brillando per particolari qualità
musicali nel catalogo beethoveniano, ha offerto
subito a Pagano l’occasione per esprimersi nel
suo fraseggio nitido e capace di raffinata
cantabilità, nell’’Allegro moderato iniziale,
così come nel brillante virtuosismo del finale
Rondò, in cui la tecnica del giovane talento
eccelle non esaurendosi mai su un piano
puramente meccanico, ma trovando sempre sottili
risonanze espressive. Perfetta l’intesa con
Kromer, a sua volta dotato di un tocco di
perlaceo nitore e di energia potente, capace
peraltro di colorarsi di tutte le più variegate
sfumature dinamiche e timbriche, in funzione di
un’espressività che si integra esemplarmente con
la linea espressiva del violoncello di Pagano Di
ben altro spessore, per impegno richiesto agli
interpreti, la successiva composizione, la
Sonata n.2 in Fa magg.op.99 di J. Brahms.
(1896). L’interpretazione datane dal duo
Pagano-Kromer è stata una delle più coinvolgenti
ascoltate di recente, per il perfetto equilibrio
sonoro e timbrico tra i due strumenti, per il
sapiente e preciso trattamento della densa
scrittura polifonica tipicamente brahmsiana e
per l’intensa tensione espressiva che ha
ispirato tutta l’esecuzione e che ha toccato il
suo culmine negli episodi estremi dell’Adagio
affettuoso, dove il violoncello di Pagano, col
suo suono di una morbidezza e ricchezza di
sfumature dinamiche impagabili,
e
il pianoforte di Kromer hanno creato una linea
musicale di cantabilità nobile e distesa,
soffusa di un trepidante crepuscolarismo, che
traduce l’essenza della Stimmung brahmsiana.
Indimenticabile è anche stato l’impetuoso e
drammatico tema principale, affidato al
violoncello, nell’iniziale Allegro vivace,
esploso quasi come un grido, che Pagano suona
con una potenza di contrasti chiaroscurali e
un’energia di suono e di fraseggio che non
temono confronti. Splendide le battute
conclusive della sezione dello sviluppo, in cui
Pagano ha sfoggiato un vibrato trascendentale,
su un delicato tappeto sonoro del pianoforte,
che lo caricava di ulteriore suggestione. Dopo
l’impegnativa Sonata di Brahms, il successivo
brano in programma, la Toccata op.83 (1935) di
M. Castelnuovo-Tedesco giunge all’ascoltatore
come una pausa di raffinato e gradevole
divertissement musicale, ove il momento più
bello è l’Aria centrale: Pagano la esegue con
aerea leggerezza e avvolgente morbidezza della
cavata, che si appoggia coi suoi suoni cesellati
e le delicate ombreggiature chiaroscurali sulla
linea accordale del pianoforte, suonata con pari
delicatezza, quasi eterea, da Kromer: un breve
sogno tradotto in suoni, che da solo ci dice la
maturità, per certi aspetti straordinaria, di
questo ragazzo. Il compito di chiudere il
concerto spettava alla Sonata per violoncello e
pianoforte FP 143 (1948) di F. Poulenc, in
quattro movimenti. Pagano e Kromer traducono le
limpide linee musicali neoclassiche di questo
delizioso gioiello musicale in una sonorità
trasparente, che rende al meglio la varietà di
ritmi e temi che la caratterizza, toccando i
vertici di una cantabilità raffinata e rarefatta
nella Cavatina in seconda posizione, dove il
violoncello carica lo svolgimento melodico di
valori espressivi appena virati sul registro di
una velata malinconia, cui si contrappone il
cenno d’ironia con il quale è presentato il tema
principale un po’sghembo del successivo
Ballabile. Il pubblico ha mostrato di aver
gradito molto il concerto, tributando un
prolungato, entusiastico scroscio di applausi a
Pagano e a Kromer, ricompensati con due bis: una
delle Chemins de l’Amour di Poulenc e di
Paganini Le Variazioni sul Mosè di Rossini.
Travolgenti, inutile dirlo.
20 gennaio 2025 Bruno Busca
A VERCELLI IL
VIOLONCELLO DI
GIORGIO LUCCHINI INAUGURA IL 2025 DEL
VIOTTIFESTIVAL
‘Giocava in casa’, ieri sera,
Sabato 18/01, al Teatro Civico di Vercelli, il
ventiquattrenne violoncellista Giorgio Lucchini:
vercellese, con importanti esperienze formative
e concertistiche in Italia e all’estero, è ormai
annoverato tra i più talentuosi violoncellisti
italiani della sua generazione. Nel programma
del concerto di ieri sera, nell’ambito del
ViottiFestival, chiudeva la serata con un pezzo
certo conosciuto, ma di non frequentissima
esecuzione, il Concerto per violoncello e
orchestra di fiati, contrabbasso, chitarra e
batterie op.129, composto nel 1989
dall’indimenticabile pianista e compositore
austriaco Friedrich Gulda, con l’accompagnamento
dell’Ensemble di fiati dell’Orchestra camerata
Ducale, diretta da Guido Rimonda. Si tratta di
un pezzo in cinque movimenti, che dunque guarda
al modello delle Harmoniemusik o Serenate del
tardo ‘700, caratterizzato da una estrema
varietà di ritmi, generi e stili musicali, temi,
ma il tutto all’insegna di una gioia di far
musica, gradevolissima per l’ascoltatore. Per il
solista l’impegno esecutivo è davvero notevole e
per questo il
Concerto di Gulda si offre a
Lucchini come l’occasione per mostrare tutto il
suo talento di virtuoso e di interprete, fin
dall’Ouverture, con il suo primo tema di un rock
aggressivo, che il solista vercellese suona con
grande abilità virtuosistica, sorretta da
potente energia, sui registri gravi dello
strumento, passando per la Cadenza (terzo
tempo), fatta di incessanti contrasti ritmici,
di tempo, dinamici, che il violoncello di
Lucchini padroneggia con estrema maturità,
sfoggiando doppie corde ardite, armonici
iperacuti che sfiorano il sibilo, glissando
vertiginosi, per culminare nell’agogica
indiavolata e fragorosa di gran parte del
Finale, gioioso congedo in stile bandistico, che
è un vero, trascinante inno al piacere di vivere.
Ma, accanto all’acceso virtuosismo, di gran
valore è stata anche l’interpretazione che il
giovane Maestro vercellese ha dato delle parti
più marcatamente espressive del concerto
guldiano: su tutte spiccano l’Idylle del secondo
tempo, dove Lucchini dà voce pura e limpida alla
grazia mozartiana del brano e il Minuetto
incantevole del quarto tempo: dalle quattro
corde dello strumento solistico si levano
morbide e un po’ sognanti volute di suono,
speziato di profumi orientaleggianti, che
sospendono la musica in un clima di fascinoso
mistero. Bravissimo Lucchini, davvero, per il
suo suono pieno, energico, profondo nel grave,
morbido e avvolgente nelle zone centrali, con
una cavata sempre attenta alle sfumature,
dinamiche e del colore del suono Un ‘bravissimo’
va anche indirizzato all’Ensemble fiati della
Camerata Ducale e al suo impareggiabile Maestro,
Guido Rimonda, che ha sempre dialogato col
solista con precisione e con cura finissima di
ogni dettaglio. Alla conclusione della splendida
esibizione di Lucchini il pubblico si è
abbandonato a travolgenti e prolungati applausi,
che hanno strappato al solista due fuori
programma: un canto popolare di Recife, opera
del Maestro di Lucchini, il brasiliano Meneses,
purtroppo scomparso prematuramente poco tempo fa,
e un acrobatico pizzicato che non abbiamo
identificato. Il concerto di Gulda era stato,
per così
dire, anticipato, in rapporto al genere
musicale, da due pezzi: la Serenata per fiati
n.11 in Mi bemolle maggiore KV 375 di Mozart, in
cinque movimenti e l’Ottetto per fiati in Mi
bemolle maggiore op.103, di L. v. Beethoven,
anch’esso appartenente al genere delle Serenate
tardo- settecentesche per strumenti a fiato,
benché suddiviso in soli quattro movimenti.
Entrambi i brani sono stati eseguiti
dall’Ensemble di fiati della Camerata Ducale,
senza la presenza del Direttore L’eleganza e la
trasparenza che sono la cifra caratteristica
dello stile interpretativo della Camerata Ducale
sanno anche concedere l’adeguato rilievo ai
momenti più ricchi di pathos ed intensità
espressiva di cui abbonda la Serenata n.11
mozartiana, già nell’Allegro d’esordio, ma in
particolare nell’Adagio in terza posizione, la
cui melodia principale, intrisa nel suo lirico
fluire di una tensione espressiva limpida, ma
profonda, è stata interpretata al meglio nella
sua bellezza dall’Ensemble, eccellente nel
lavoro di cesello che questa scrittura musicale
richiede. Un impaginato costruito con molta
intelligenza ha consentito un confronto tra la
composizione di Mozart e quella di Beethoven e
molto opportunamente l’interpretazione
dell’Ensemble della Ducale ha fatto affiorare
dall’Ottetto del secondo una maggior robustezza
dei temi, una più ricca sonorità, insomma un
gusto più orchestrale che cameristico, che
prevale sul cesello mozartiano. Ottimo dunque
questo giovanile (1792) Ottetto del gigante di
Bonn nell’interpretazione dei fiati della Ducale,
coi tempi giusti per il tema propulsivo del
Minuetto, ormai uno Scherzo, e con la impetuosa
vitalità del finale Rondò-Sonata, che, se è una
caratteristica ‘di genere’ della Serenata
dell’epoca, in Beethoven acquista però accenti
inediti. Perfetta l’intesa, in entrambi i pezzi,
tra gli otto componenti dell’organico Una serata
di musica deliziosa, donata dal ViottiFestival
coi suoi fiati in gran spolvero, al suo sempre
numeroso e fedele pubblico, all’insegna del
piacere di fare e di ascoltare musica, che a un
concerto della Camerata Ducale non mancherà mai.
19 gennaio 2025 Bruno Busca
Tjeknavorian dirige
l'Orchestra Sinfonica di Milano in Schumann e
Šostakovic
Un programma di grande
interesse, quello presentato ieri sera
all’Auditorium dall'Orchestra Sinfonica di
Milano, diretta da Emmanuel Tjeknavorian,
recentemente nominato direttore musicale della
compagine milanese. La serata ha proposto due
capolavori: il Concerto per violoncello e
orchestra in La minore op. 129 di Robert
Schumann e la monumentale Sinfonia n. 10 in
Mi minore op. 93 di Dmitri Šostakovic.
Solista
nel concerto di Schumann è
stato il venticinquenne austriaco Jeremias
Fliedl, ultimo allievo di Heinrich
Schiff
a Vienna. Sin dalle prime battute, il suono del
violoncello di Fliedl ha colpito per la sua
luminosità e la bellezza del fraseggio, che ha
saputo valorizzare appieno il carattere lirico
dell’opera. Questa composizione del 1850,
articolata nei tradizionali tre movimenti
eseguiti senza soluzione di continuità, assegna
al solista un ruolo assoluto di protagonista.
Fliedl ha interpretato il brano con sensibilità
e virtuosismo, supportato dall'orchestra che,
sotto la direzione attenta ed equilibrata di
Tjeknavorian, ha saputo valorizzare i colori e
le dinamiche del pezzo. Al termine, fragorosi
applausi hanno premiato l’esecuzione, cui Fliedl
ha risposto con un raffinato bis: un breve
movimento tratto da una suite di Bach per
violoncello solo. Dopo l’intervallo, è stata la
volta della poderosa Sinfonia n. 10 di
Šostakovic, composta nel 1953. Articolata in
quattro movimenti, questa sinfonia ha trovato
nella direzione di Tjeknavorian e
nell’esecuzione dell’orchestra una resa
travolgente. Lo stile inconfondibile di
Šostakovic, con il suo alternarsi di colori
tenui e
potenti
esplosioni ritmiche, è
emerso con forza: un paesaggio sonoro in cui
ogni sezione orchestrale ha saputo tessere linee
melodico-armoniche di straordinaria intensità.
Tjeknavorian, con un gesto preciso ed elegante,
ha guidato gli strumentisti in
un’interpretazione incisiva e trasparente, piena
di energia e profondità. Il risultato è stato
una lettura impeccabile, che ha entusiasmato il
numeroso pubblico presente in sala, meritandosi
applausi calorosissimi. Domani, alle ore 16.00,
è prevista la replica: un appuntamento da non
perdere.
18 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
L'Orchestra Filarmonica
di Zagabria diretta da Dawid Runtz con il corno
di Radovan Vlatković
Un concerto nella tradizione,
diversificato e di ottima qualit à,
quello proposto ieri sera al Teatro Dal Verme
dall'Orchestra Filarmonica di Zagabria, diretta
da Dawid Runtz, con la partecipazione del
celebre cornista zagabrese Radovan Vlatković.
Il programma prevedeva l'esecuzione della
celebre
Sinfonia
n. 6 Op. 74
"Patetica"
di Pëtr
Il'ič
Čajkovskij, preceduta nella prima parte da due
brani meno noti in Italia, ma di grande impatto
espressivo. Ad aprire la serata
è stato un breve brano di Jakov
Gotovac (1895-1982), compositore croato di
Spalato. La Danza sinfonica op.12, ricca
di riferimenti folcloristici, è stata eseguita
con precisione e chiarezza dall'orchestra, ben
guidata dalla direzione accurata di Runtz.
L'ingresso in scena di Radovan Vlatković
ha segnato l'inizio del secondo brano in
programma: il Concerto per corno e orchestra
in si bemolle maggiore Op. 91 di Reinhold
Glière (1875-1956),
compositore nato a Kiev e morto a Mosca. Questo
concerto, caratterizzato da una spiccata
tensione melodica, è stato valorizzato dal suono
limpido e incisivo del corno di Vlatković.
Con il sostegno delle eccellenti timbriche
della
Filarmonica, il solista ha offerto
un'interpretazione di grande efficacia
in tutti
i
tre classici movimenti. Gli applausi entusiasti
del numeroso pubblico hanno premiato
l'esibizione, culminata in un bis
concesso dal cornista: un brano del compositore
ungherese Mátyás György
Seiber per quartetto di corni, intenso e ricco
di espressività, eseguito insieme a tre colleghi
dell'orchestra. Applausi calorosi e
meritatissimi. Dopo un breve intervallo, la
seconda parte del concerto ha visto protagonista
la celebre Patetica, ultima sinfonia di
Čajkovskij. L'esecuzione ha messo in luce le
qualità della Filarmonica
di Zagabria e il talento del giovane direttore
polacco Dawid Runtz. Formatosi con maestri del
calibro di Riccardo Muti e Daniele Gatti, Runtz
ha dimostrato un gesto elegante e
incisivo,
capace di ottenere il meglio da ogni sezione
orchestrale. L’Op. 74 in Si minore, ricca
di contrasti e sfumature dinamiche, ha
evidenziato anche il virtuosismo degli
strumentisti. Il movimento finale, un Adagio
lamentoso di straordinaria intensità e
introspezione, è stato eseguito con grande
sensibilità, fino al lungo e suggestivo silenzio
conclusivo. Applausi prolungati e numerose
chiamate al proscenio per il direttore e
l’orchestra. La replica del concerto è prevista
per sabato 18 gennaio alle ore 17.00. Un
appuntamento da non perdere!
17
gennaio Cesare Guzzardella
Un magnifico Rudolf
Buchbinder per la
Società dei Concerti
Ieri sera, nella Sala Verdi
del Conservatorio, il celebre pianista austriaco
Rudolf Buchbinder ha dimostrato ancora una volta
la sua profonda sintonia con l'opera di
Beethoven, proponendo cinque delle sue 32 Sonate
per pianoforte e regalando ai numerosi
ascoltatori un viaggio straordinario nella
musica del geniale compositore di Bonn. Il
programma ha incluso: Sonata in
fa
maggiore op. 10 n. 2, Sonata in mi maggiore op.
14 n. 1, Sonata in re maggiore op. 28 “Pastorale”,
Sonata in mi minore op. 90 e Sonata in fa
minore op. 57 “Appassionata” . Questi
capolavori hanno trovato nuova vita grazie alla
splendida e tecnicamente impeccabile
interpretazione di Buchbinder, frutto di
profonda sensibilità e di rara intelligenza
musicale. La storica affinità del pianista con
Beethoven, unita alla sua maturità artistica, si
è tradotta in una performance capace di
coniugare energia e precisione e di trasportare
il pubblico in una dimensione di forte intensità
emotiva.
La lunga collaborazione tra la Fondazione La
Società dei Concerti e Buchbinder consente
di dimostrare che è possibile elevare l'arte
musicale a nuovi vertici: la Sala Verdi si è
confermata uno spazio ideale per esecuzioni di
questo calibro, dove ogni sfumatura del genio
beethoveniano è stata restituita con eleganza e
profondità. Le interpretazioni, tutte di alto
livello, ci sono apparse in crescendo, con le
Sonate op.90 e Op.57, eseguite dopo
l'intervallo, ancora più energiche e di più
avvincente espressività. Due bis eccellenti,
ancora beethoveniani, con i finali delle
Sonata op.31 n.2 e della celebre "Patetica".
Applausi fragorosi e continuati da parte di
un pubblico entusiasta. Serata memorabile.
16 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
Una maratona musicale in
Conservatorio con
Emilio Aversano
È stata una maratona musicale
di grande impegno quella che ha visto
Emilio Aversano esibirsi insieme all'Orchestra
Filarmonica Marchigiana, diretta da David
Crescenzi. Il pianista salernitano, noto per
queste imprese, da anni si cimenta
nell’esecuzione consecutiva e a memoria ,
anche di cinque concerti consecutivi per
pianoforte e orchestra. Ieri sera, nella Sala
Verdi del Conservatorio di Milano, il programma
ha incluso
quattro
lavori per pianoforte e orchestra, preceduti
dall’esecuzione introduttiva dell’Improvviso
in la bemolle maggiore op. 90 n. 4 di Franz
Schubert (1797-1828). Successivamente, è stata
eseguita la Fantasia in do maggiore D 760
“Wanderer-Fantasie”, nella trascrizione
orchestrale di Franz Liszt (1811-1886).
Rimanendo in un clima romantico, è seguito il
Concerto per pianoforte in la minore op. 16
di Edvard Grieg (1843-1907). Dopo l’intervallo,
il programma è ripreso con il Concerto n. 23
per pianoforte in la maggiore K 488 di
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) e si è
concluso con il Concerto n. 1 per pianoforte
in si bemolle minore op. 23 di Pëtr Il'ič
Čajkovskij (1840-1893).
In
totale, poco meno di tre ore di musica,
apprezzate da un pubblico piuttosto numeroso che
è rimasto in Sala Verdi fino al termine,
fatta
eccezione per poche defezioni. L’Orchestra
Filarmonica Marchigiana, guidata con precisione
da Crescenzi, ha accompagnato con solidità ed
espressività Aversano, un pianista che ha
dimostrato una valida preparazione e uno stile
in progressivo affinamento nel corso della
serata. Nella Wanderer-Fantasie, il tempo
scelto, piuttosto riflessivo, ha reso
l’esecuzione meno coesa, con un equilibrio
generale talvolta frammentato. Con il passaggio
al concerto di Grieg, invece, il pianista ha
trovato una maggiore fluidità e chiarezza
espressiva, evidenziando un riuscito dialogo con
l’orchestra
e un più che buon approccio alle atmosfere
romantiche. Dopo la pausa, il concerto
mozartiano ha offerto i momenti più convincenti
della serata. Aversano ha mantenuto un
equilibrio complessivo adeguato, calibrando con
attenzione il peso delle note e mostrando un
tocco pulito e ponderato, specialmente nell’Adagio
centrale. I movimenti laterali,
più vivaci, sono stati eseguiti con precisione e
vitalità. Il concerto di
Čajkovskij
ha concluso la serata con una performance di
valida resa, caratterizzata da un buon impatto
sonoro nei movimenti più
estroversi e una fluida coerenza
stilistica. L’Andantino semplice è
risultato equilibrato e curato. Gli applausi
finali calorosi hanno sottolineato
l’apprezzamento del pubblico, con diverse uscite
sul palco da parte dei protagonisti. Prossimo
concerto con Aversano e il Quintetto di fiati
dell'Accademia di Santa Cecilia il 10 febbraio.
14 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
La rassegna "Musica
Maestri!" in
Conservatorio con il mezzosoprano Patrizia
Patelmo
Un programma di canto
particolarmente variegato ha inaugurato il 2025
in Sala Puccini, presso il Conservatorio di
Milano, con il mezzosoprano Patrizia Patelmo e
il pianista Stefano Giannini protagonisti del
primo concerto della rassegna Musica Maestri!
Gluck, Cherubini, Massenet, Rossini, Debussy,
Saint-Saëns,
Verdi e Cilea sono stati gli autori interpretati
con passione dal mezzosoprano, docente presso il
Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e
vincitrice di numerosi concorsi internazionali
di rilievo. La voce della Patelmo ha brillato in
brani celebri come Che farò senza Euridice
di Gluck, Solo un pianto da Medea di
Cherubini, la vivace La Danza
(tarantella) di Rossini, Condotta ell'era in
ceppi dal Trovatore di Verdi, Acerba
voluttà da Adriana Lecouvreur di Cilea e
molti altri. La sua evidente espressività
coloristica si è combinata a un'arte
recitativo-gestuale di altissimo livello,
rendendo
ogni
interpretazione ricca di profondità emotiva. Di
grande pregio anche l'accompagnamento pianistico
di Stefano Giannini, che ha saputo valorizzare
ogni brano con armonizzazioni di qualità,
distinguendosi inoltre in alcune esecuzioni
solistiche. Tra queste, spicca l’elegia
Crisantemi di Puccini, proposta nell’ottima
trascrizione pianistica di Richard Katz, tratta
dall’originale per quartetto d’archi. La Sala
Puccini, gremita di appassionati, ha tributato
fragorosi e meritati applausi al termine del
concerto. Il pubblico ha accolto con entusiasmo
anche il bis conclusivo, Yo soy María di
Astor Piazzolla, interpretato con energia e
coinvolgimento.
13 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
Alexander Lonquich
direttore e solista
con i Pomeriggi Musicali per Mozart
Alla guida dell'Orchestra
I Pomeriggi Musicali, Alexander Lonquich ha
proposto un programma interamente dedicato a
Mozart, comprendente l'Ouverture da Le
Nozze di Figaro, il Piano Concerto No.22
in E-flat major, K.482 e il Piano
Concerto No.24 in C minor, K.491. Tre
capolavori maturi, composti a Vienna durante il
periodo più prolifico del genio salisburghese.
Il pianista e direttore, uno dei più stimati
interpreti della sua generazione, ha
dimostrato
ancora una volta la sua straordinaria
versatilità, ricoprendo con naturalezza il
doppio ruolo di solista e maestro concertatore.
Dopo un'esecuzione brillante dell'Ouverture,
ricca di energia e ben sostenuta dall'orchestra,
si è immerso nei due concerti per pianoforte,
dirigendo sia in piedi che seduto al pianoforte
con una concentrazione e una sensibilità fuori
dal comune. Il Concerto No.22, meno
eseguito rispetto al successivo K.491, si
distingue per una
scrittura
intensa, culminante nell'Andante centrale,
dove il dialogo tra pianoforte e orchestra ha
raggiunto una profondità espressiva
straordinaria. L'interpretazione ha rivelato un
perfetto equilibrio tra eleganza timbrica,
rigore stilistico e un'intensa complicità con
gli orchestrali, capaci di rispondere alle sue
indicazioni con grande reattività. Vincitore
giovanissimo del Concorso Casagrande nel 1977,
Lonquich ha costruito una carriera
internazionale che lo ha visto collaborare con
alcune delle orchestre più prestigiose al mondo.
La sua conoscenza approfondita del repertorio
mozartiano più maturo ha reso questa serata un
omaggio raffinato al genio austriaco,
confermando la statura artistica di un
interprete capace di unire virtuosismo e
sensibilità interpretativa. Di medesima
efficacia espressiva il bis ancora mozartiano
concesso con il movimento centrale, Adagio,
del Concerto n.23 K 488. Applausi
sostenuti dal numeroso pubblico intervenuto al
Teatro Dal Verme. Replica da non perdere per
domani, sabato 11 gennaio, alle ore 17.00.
10 gennaio 2025 Cesare Guzzardella
DICEMBRE 2024
Andrea Bacchetti,
Tetyana Fedevych e Yakov Zats a Villa Litta
Modignani
Un pomeriggio musicale di
grande qualità è stato quello offerto ieri a
Villa Litta Modignani, ad Affori, grazie
all’organizzazione di Gianfranco Messina,
pianista, violinista, compositore e promotore di
eventi musicali. Sul palco si sono alternati il
celebre pianista Andrea Bacchetti, la violinista
Tetyana Fedevych e il violista Yakov Zats, che
hanno regalato al pubblico un vero
viaggio
musicale, spaziando dal Settecento ai giorni
nostri. La prima parte del concerto, introdotta
da un intervento dello stesso Messina, ha visto
Andrea Bacchetti protagonista con un programma
dedicato principalmente a Johann Sebastian Bach,
compositore verso cui il pianista genovese nutre
un interesse profondo. Bacchetti ha eseguito con
maestria cinque Preludi e Fughe dal
Secondo libro del Clavicembalo ben temperato,
per poi passare a Mozart, di cui ha interpretato,
prima, la breve e intensa Kleiner
Trauermarsch in Do minore K453a, e poi, la
celebre Fantasia in Re minore K 397. La
sua interpretazione si è distinta per
virtuosismo ed espressività, e ha messo
in
luce il consolidato talento dell’artista. A
seguire, accompagnato ancora da Bacchetti al
pianoforte, il moscovita Yakov Zats ha eseguito
una selezione di brani per viola e pianoforte,
tra cui il suggestivo Kaddisch di Maurice
Ravel, il delicato Après un rêve di
Gabriel Fauré e il celebre Salut d’amour
di Edward Elgar. L’intenso brano di Ravel,
raramente eseguito, ha introdotto con grande
impatto emotivo i successivi due pezzi, più noti
ma non per questo meno coinvolgenti. Zats ha
saputo restituire, con la bellezza del suono del
suo strumento, grande eleganza e profondità ad
ogni sfumatura delle opere. La violinista
Tetyana Fedevych ha poi catturato l’attenzione
del pubblico con una brillante esecuzione della
vivace Malagueña di Sarasate, seguita da
un’interessante novità: Frammenti francesi,
una composizione di Gianfranco Messina.
Questo
lavoro, basato sulla rielaborazione di cinque
sequenze armoniche tratte da "Children’s Corner"
di Claude Debussy, culmina con un rimando alla
"Sonata per violino e pianoforte" dello stesso
compositore. La scrittura, caratterizzata da una
raffinata costruzione armonica e melodica, è
stata interpretata con sensibilità e precisione
sia dalla Fedevych che da Bacchetti. Il concerto
si è concluso con un ritorno al classicismo
settecentesco: il Duo per violino e viola K
423 di Mozart, interpretato con grande
intesa dal duo d’archi. La discorsività e
l’espressività messe in campo dai due musicisti
hanno suggellato un pomeriggio musicale di
ottimo livello, che ha saputo unire tradizione e
innovazione in un’esperienza resa ancor più
affascinante dalla cornice del bellissimo Salone
delle Arti.
28 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
La flautista Alessia
Scilipoti in
Conservatorio per "Musica Maestri!"
L'ultimo concerto del 2024
per la rassegna "Musica Maestri!" ha trovato
nella Sala Puccini del Conservatorio milanese la
vincitrice per la Categoria A - strumenti a
fiato- del Premio Conservatorio "G.Verdi" 2024,
la flautista Alessia Scilipoti. L'impaginato per
flauto solo, particolarmente vario, prevedeva
brani di compositori prevalentemente
contemporanei quali Jolivet,
Takemitsu
Saariaho, Maresz, Hersant e, con un brano
novecentesco di Debussy. La giovane interprete,
oppena diplomata nel livello più alto di
Conservatorio e vincitrice di altri prestigiosi
Concorsi, ha presentato il suo impaginato in un
valido contesto scenografico, ben studiato
nell'illuminazione, cambiava colorazione in
relazione alle timbriche dei lavori presentati.
Il brano del francese André Jolivet (1905-1974),
le Cinq incantantions, nelle sue cinque
parti, è stato eseguito unendo ogni parte con i
brani degli altri compositori: Voice di
Töru Takemitsu(1930-1996), Dolce tormento
- per flauto piccolo- di Kaija Saariano
(1952-2023),
Cirumambulation
di Yan Maresz (1966), Syrinx di Claude
Debussy (1862-1918) e Cinq miniatures
,per flauto in sol, di Philippe Hersant (1948).
La bravissima interprete si è espressa con gran
virtuosismo tecnico ed espressivo, unitamente ad
una sicura gestualità nel penetrare ogni
possibile effetto timbrico che i tre flauti
moderni utilizzati - con quello piccolo e in
sol- riescono a produrre. Valide tutte le
interpretazioni nell'ottima scelta del programma.
Applausi dal numeroso pubblico intervenuto in
Conservatorio e molto bello il bis concesso con
un brano di un compositore americano.
23 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
CON IL PIANOFORTE DI GABRIELE
ANGLANI E IL DUO PONGILUPPI-ZANFORLIN I
SABATI DEL CANTELLI SALUTANO IL 2024
Ieri,
sabato 21/12, il Conservatorio G. Cantelli di
Novara ha offerto l’ultimo concerto del 2024,
che nella sua prima parte proponeva un recital
di Gabriele Anglani, giovane pianista, tra i più
talentuosi formatisi al Cantelli, che già
avevamo avuto occasione di ascoltare ed
apprezzare nell’ambito del Pianovara, il
Festival pianistico novarese di fine estate.
Siamo tornati con vivo interesse ad ascoltare
Anglani in un programma dedicato a pezzi
originariamente non destinati al pianoforte, ma
trascritti per la tastiera da un qualche
pianista famoso. Tra questi pezzi Anglani ne
riproponeva tre di J.S.Bach già eseguiti per il
Pianovara, il BWV 147, il BWV 208 e il BWV 855
(come bis): per questi rimandiamo alla
recensione del concerto del 22/09/2024 su questo
giornale. Nuovo rispetto a quel recital è stato
invece, sempre di Bach, il Siciliano dalla
Sonata in Mi Bemolle maggiore per flauto
traverso e clavicembalo BWV 1031, trascritta per
pianoforte dal leggendario Wilhelm Kempff. Con
il suo tocco delicato, la sua sensibilità
espressiva che qui si esprime soprattutto nella
raffinatezza delle dinamiche, Anglani crea un
suono di sublime ed elegante malinconia, da
apparentarsi a certe pagine delle Passioni
bachiane.
Anglani non appartiene certo a quella cerchia di
“bachiani puri e duri” che considera un peccato
mortale suonare Bach al pianoforte usando il
pedale di risonanza. Al contrario, il pianista
pisano usa il pedale con grande frequenza, ma
con un tocco appena accennato, così da conferire
al suono una sottile, quasi evanescente
alonatura, che contribuisce non poco ai
suggestivi esiti espressivi dell’esecuzione.
Nella stessa tonalità del Siciliano di Bach, il
sol minore, il successivo Minuetto HWV 434/4 di
Handel, sempre in una trascrizione di Kempff, ha
sollecitato nel giovane pianista pisano le
medesime corde espressive del brano precedente,
offrendo un altro luminoso esempio di quella
poetica degli affetti cara all’età barocca, qui
virata sulla gamma della struggente malinconia.
Con un balzo di un secolo e mezzo circa,
l’impaginato di Anglani trasportava gli
ascoltatori nel 1878 di “Après un rève, op..7
n.1, di G. Fauré, nella versione d’autore la
prima delle cinque Mèlodies per voce e
pianoforte, qui presentata nella trascrizione
per solo pianoforte, opera del pianista italiano
S. Fiorentino, uno dei grandi della scuola
napoletana. Anglani interpreta questa
celeberrima romanza di Fauré creando
un’atmosfera sonora dai toni intimistici, di
rarefatta eleganza, con un tocco davvero di gran
classe e un gioco di chiaroscuri dinamici,
soprattutto per la mano sinistra, carichi di
suggestione. La tecnica di alto livello di
Anglani esce confermata, se mai ce ne fosse
stato bisogno, dall’ultimo pezzo in programma,
la trascrizione per pianoforte, sempre di
Fiorentino, del Lied “Widmung” di Schumann, in
cui la varietà di fraseggio e una tesa linea
espressiva tipicamente schumanniane sono
cesellate mirabilmente dal tocco di Anglani. Un
programma dunque tutto improntato
all’espressione, senza alcuna concessione al
virtuosismo, quello con cui questo giovane
pianista ha dimostrato tutta la sua classe,
davvero di gran livello. La seconda parte del
concerto vedeva in scena il duo Andrea
Pongiluppi, clarinetto, e al pianoforte Andrea
Zanforlin, Maestro collaboratore di fama. Ottima
l’esecuzione del primo dei due pezzi in
programma, la Première Rapsodie L 124a, di C.
Debussy, nell’originaria versione per i due
strumenti (successivamente Debussy ne presentò
una versione orchestrata). Molto bravi i due
interpreti nello sfruttare al meglio le sezioni
espressivamente contrastanti del pezzo, con il
clarinetto di Pongiluppi che dà voce sia al
registro più oscuro e meditativo, sia a quello
più brioso e ritmicamente vivace dello strumento,
mentre Zanforlin è bravissimo a creare con la
tastiera impasti timbrici
di
una sfumata delicatezza da acquerelli sonori, in
un gioco continuo e affascinante di rimandi ed
echi col clarinetto. Chiudeva il concerto, in
netto contrasto, un pezzo notissimo, la Sonata
per clarinetto e pianoforte di Poulenc, eseguita
in modo esemplare dai due interpreti, che ne
hanno valorizzato la linea architettonica
antidebussyana e antiwagneriana, costruita su
campiture sonore improntate a linearità e
purezza incantevoli: una tela di Mondrian contro
una di Monet. Il pubblico, ancora una volta
assai numeroso, ha applaudito con entusiasmo
questo bel concerto, senza bis.
22 dicembre 2024. Bruno Busca
I Valzer viennesi diretti da
Alessandro Bonato per
l'Orchestra "I Pomeriggi Musicali"
Una serata piacevolissima
quella che ha visto l'Orchestra "I Pomeriggi
Musicali" impegnata nel Concerto di Natale.
Sul podio del Teatro Dal Verme il giovane
direttore veronese Alessandro Bonato ha portato
Vienna a Milano, con un impaginato incentrato
sui Valzer degli Strauss. Precisamente quelli di
Johann Strauss Jr (1825-1899) il più prolifico
degli Strauss, con 479
numeri
d'opus, e del più giovane fratello Josef Strauss
(1827-1870). Brani che da decenni vengono
eseguiti dai massimi direttori nel celebre
Concerto di Capodanno viennese del Musikverein,
li abbiamo potuti ascoltare interpretati con
elegante resa stilistica dagli orchestrali de
I Pomeriggi. La formazione, abituata a
repertori diversificati, ha rivelato tutte le
sue qualità nell'eseguire questi celebri
capolavori di leggerezza, non disgiunta da una
raffinata costruzione musicale.
Quattordici
i titoli proposti nell'impaginato, ad iniziare
da Früblingsstimmeng op.410 di J.Strauss
Jr, inframmezzati da numerose e notissime Polke
come la Jokey Polka op. 278 di Josef
Strauss o Annen-Polka op. 117, la
Bauern-Polka op. 276, la Vergnügungszug-Polka
op. 281 di Johann Jr, dalla folkloristica
Ritter Pàzmàn, Csàrdàs op.441, e terminando
con il più noto An der schönen blauen Donau
(Il bel Danubio blu) ancora di Johann
Strauss Jr. Bis d'obbligo con la tradizionale
Marcia
di Radetzky di Johann Baptist Strauss
-padre- (1804-1849), dove anche qui, come a
Vienna, il numerosissimo pubblico entusiasta ha
battutto il tempo con le mani. Divertenti i
numerosi interventi del giovanissimo
percussionista Filippo Pelucchi che, tra spari
di pistola, colpi di martello sull'incudine e
buffi travestimenti, ha dato al concerto quella
simpatica ironia tipicamente "viennese", cui ha
contribuito anche il breve scambio di ruoli tra
il direttore e la giovane violista Giulia
Panchieri. Ottima la direzione, accurata ed
elegante, di Bonato. Splendida serata! Sabato
21, alle 17.00 la replica. Da non perdere.
20 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Il ritorno di Olga Kern
alla Società dei
Concerti di Milano
La pianista moscovita Olga
Kern, naturalizzata statunitense, è ospite
privilegiata della "Società dei Concerti"
milanese e ottiene da sempre grande successo.
L'impaginato ascoltato ieri sera in
Conservatorio, particolarmente
corposo
e classico, era denominato “Olga is back”
ed è stato introdotto da due brani di L.v
Beethoven: le 10 Variazioni in si bemolle
maggiore su un tema di Salieri WoO 73 e la
Sonata in do maggiore op. 53 “Waldstein”.
Meno note le Variazioni, più popolare la Sonata:
entrambi i lavori sono stati resi con chiarezza
espressiva dalla Kern, che ha anticipato la
parte più "romantica" del concerto con questi
riferimenti alla tradizione haydniana e
mozartiana, specie nell'arte delle "variazioni
su un tema", che ritroviamo in modo eccelso nel
brano
introduttivo.
Dopo la precisa, energica e trasparente "Waldstein"
dai virtuosistici trilli finali, il ritorno
al mondo delle trasformazioni si è ripetuto con
le Variazioni su un tema di Paganini op. 35
–
primo libro di J. Brahms, un lavoro
particolarmente difficile costruito sul celebre
Capriccio n.24 del grande violinista genovese.
Tutto Schumann nella seconda parte della serata,
dove la splendida Kern - che ha cambiato l'abito,
sempre elegantissimo, passando da un rosso
acceso a un blu turchese - ha evidenziato
assoluta
sicurezza e straordinaria sensibilità nel
cogliere i colori di entrambi i lavori: prime le
celebri Kinderszenen op.15, destinate
dall'Autore ai più giovani - ma portate a una
vastissima popolarità dalle memorabili
interpretazioni di Horowitz e della Argerich -
rese con profonda riflessione; a seguire il
Carnaval op.9, dove l'alternanza di momenti
di estrema rapidità ad altri più meditati
caratterizza i ventidue momenti musicali che
compongono l'opera giovanile - quasi "autobiografica"
- del musicista tedesco. La Kern si è mostrata
perfettamente a suo agio nel trovare un ottimo
equilibrio interpretativo, con frangenti di
altissimo valore estetico. Un concerto quindi di
qualità con applausi meritatissimi al termine e
ben tre bis concessi: il Preludio n.24 "Feux
d'artifice" di Claude Debussy, Spinning
Wheel dello svizzero Charles Lisberg, e per
finire, di Moritz Muszkowski, Etincelles
(Sparks). Da ricordare!
20 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
A NOVARA L’HARMONIE ENSEMBLE
INCANTA CON LA ‘GRAN PARTITA’ DI MOZART
Ieri
sera, 18/12, al Teatro Coccia di Novara il terzo
concerto della stagione del Festival Cantelli ha
visto protagonista il complesso di fiati (più un
contrabbasso) dell’Harmonie Ensemble: Harmonie
va qui inteso come parola tedesca che nel ‘700
identificava appunto una formazione cameristica
di soli fiati, precisamente quella che nel 1784
eseguì a Vienna la Serenata Gran Partita di
Mozart, il pezzo previsto dal programma della
serata, capolavoro assoluto stranamente poco
eseguito del grande Salisburghese. Composto da
musicisti che fanno o hanno fatto parte di
importanti orchestre italiane o internazionali,
l’Harmonie Ensemble è diretto dal Maestro
Alessandro Carnelli, anche lui con una
significativa carriera sul podio. Dunque il
programma del concerto prevedeva un solo pezzo:
la mozartiana Serenata per 13 strumenti a fiato
n.10 in Si bem. maggiore KV 361, detta ‘Gran
Partita’, probabilmente per il numero di
movimenti in cui è suddivisa, sette,
insolitamente alto per questo genere di
composizioni e che lo avvicina alla Suite di
barocca memoria e inusuale per la sua durata,
quasi un’ora, rispetto alla tradizionale musica
d’intrattenimento: evidentemente Mozart
intendeva andare oltre i confini del genere, pur
conservandone tutta la freschezza e la sublime
serenità. L’Harmonie Ensemble, sotto la sapiente
guida del Maestro Carnelli, ha dato
un’interpretazione davvero eccellente sotto il
profilo esecutivo ed espressivamente
coinvolgente, sfruttando con raffinatezza i
colori delle diverse coppie strumentali (oboi,
clarinetti, corni di bassetto, fagotti, corni a
quattro), e mostrando una davvero squisita
finezza nel trattamento delle dinamiche, nelle
scelte agogiche e ritmiche, un’abilità
virtuosistica che ha dato piena voce alla
freschezza inventiva di questo gioiello
dell’immenso scrigno mozartiano e infine e
soprattutto un’elegante leggerezza che è la
cifra
essenziale
di tanta incantevole musica mozartiana. Come
vertici esemplari di questa riuscitissima
esecuzione, indicheremmo l’Allegro Molto del
primo movimento, in cui i fiati dell’Harmonie
dispiegano in tutta la sua iridescente
suggestione la straordinaria ricchezza di colori
di questa Serenata e, naturalmente lo splendido
Adagio Romanza del quinto movimento, in cui
l’ascoltatore è stato emotivamente coinvolto
dall’atmosfera notturna d’indicibile dolcezza e
struggente malinconia, che i fiati dell’Harmonie
hanno saputo così bene esprimere, nel dialogo
incessante tra le coppie degli strumenti, capaci
dei più suggestivi impasti timbrici. Nel timore
che l’elenco degli strumentisti di cui
disponiamo non sia corrispondente alla
composizione dell’Ensemble di ieri sera, non
facciamo nomi, ma fermo restando che a tutto
l’Ensemble va tributato un giudizio di
eccellenza, vorremmo qui segnalare in
particolare la coppia dei clarinetti e il primo
oboe, per l’energia e la bellezza del suono, e i
quattro corni per la delicatezza del suono in
sordina, evocato con sensibilità raffinata ove
la partitura lo richiedeva. Al chiudersi del
festoso ritmo alla turca del settimo e ultimo
movimento, un delizioso Rondò che era un ‘invito
alla danza’ di weberiana memoria, il pubblico è
esploso in un fragoroso applauso, a testimoniare
il pieno successo di quest’altra bella serata di
musica, intensissima, che il Festival Cantelli
ha regalato ai suoi affezionati musicofili. Pur
affaticati da un pezzo lungo e molto impegnativo,
i bravissimi fiati dell’Harmonie Ensemble hanno
concesso due bis, i due Minuetti della Serenata.
Un concerto da ricordare.
20 dicembre 2024 Bruno Busca
L'Orchestra e il Coro
UNIMI
per il Concerto di Natale alla Statale
L'Orchestra e il Coro UNIMI
diretti da Marco Berrini hanno partecipato alla
Stagione Concertistica 2024 con il tradizionale
Concerto di Natale eseguito nell'aula Magna
dell'Università degli Sudi di Milano. L'Oratorio
de Noël op.12 di Camille Saint-Saëns è una
composizione del 1858 che prevede anche cinque
voci soliste per dieci
movimenti
ad iniziare da un Preludio in stile bachiano.
L'oratorio venne eseguito proprio in quell'anno
da un compositore- organista ventitreenne e
naturalmente oltre alle influenze del
genio di Eisenach troviamo anche quelle di
Händel, autori che hanno molto dedicato la loro
attività alle produzioni liturgiche. La valida
esecuzione è stata sostenuta anche da Monica
Bertolini, soprano, Giovanna De Marcellis,
mezzosoprano, Claudia Tocco,
contralto, Nunzio Borra, tenore e
Marco Cazzuffi, baritono. Ad integrazione
del lavoro liturgico sono stati eseguiti Tre
Carole natalizie per Coro misto e orchestra
d'archi (2015), rielaborazioni di Mauro
Zuccante (1962) di tre brani tipici del Natale:
Ecco la nuova stella, da un canto
popolare veneto,
O little tewn of Bethlehm,
tradizionale canzone natalizia da Brooks e
Vaughan Williams, e il noto Jingle
Bells. Zuccante ha operato una valida
rielaborazione dei tre lavori volta a
evidenziare un suo stile compositivo decisamente
riuscito nella chiarezza delle efficaci
orchestrazioni. Tutte e tre rilevanti i brani
con un Jingle Bells finale trasformato ma
di sicuro apprezzamento. E' stato anche ripetuto
come bis. Ottima la direzione di Berrini e
valide le cinque voci soliste. Applausi
sostenuti in un aula colma di pubblico.
18 dicembre Cesare
Guzzardella
Pavel Berman e
Roberto Arosio ai
concerti di Serate Musicali
È un duo di eccellente
qualità quello ascoltato ieri sera in Sala Verdi
al Conservatorio milanese per l'organizzazione
concertistica Serate Musicali. Il
violinista moscovita Pavel Berman e il pianista
italiano Roberto Arosio hanno proposto un
impaginato ad alto tasso virtuosistico
introducendo la serata con la celebre Sonata
n.9 in La maggiore op.47 "A Kreutzer", un
brano di grande energia timbrica relativamente
all'Adagio sostenuto. Presto iniziale e
al Finale.Pesto,
ultimo movimento della
Sonata. Piu contenuto nelle volumetrie l'Andante
con variazioni centrale, con la delicata
parte pianistica sempre in primo piano. Ottima
l'interpretazione fornita, giocata su un
perfetto equilibrio delle dinamiche,
rispettosissimo delle parti strumentali. Berman,
violinista di fama internazionale, ha ancor più
messo in risalto le sue qualità nella seconda
parte della serata con tre brani propriamente "violinistici"
quali "Baal Shem".Tre quadri di vita
Cassidica di Ernst Bloch, Sérénade
mélancolique in si minore.op.26 di P.I.
Čaikovskij
e con la
più virtuosistica Tzigane. Rapsodia da
concerto di Maurice Ravel.
L'intensa
espressività del violino Stradivari di Berman è
stata implementata dal pianismo, di grande
rilevanza coloristica, di Arosio, interprete
attentissimo a non prevaricare nelle volumetrie
di Berman, e altrettanto capace di muoversi tra
le corrette dinamiche, ricche di contrasti e di
raffinate timbriche. Tre interpretazioni di
eccellente qualità quindi, applauditissime dal
pubblico non numeroso presente in Sala Verdi.
Gli interpreti, visibilmente soddisfatti, hanno
poi concesso ben quattro splendidi bis: di Pablo
De Sarasate la Romanza Andaluza, di Fritz
Kreisler Liebesleid, di Johannes Brahms
la Danza ungherese n.2 e di Richard
Wagner Albumblatt, le ultime due, eccellenti trascrizioni per violino e
pianoforte. Una serata che meritava una Sala
Verdi al completo. Da ricordare.
17 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Un omaggio a Puccini
con "Mi
piaccion quelle cose" allo Spazio Teatro 89
Uno spettacolo ben congegnato,
e unitario nella sua complessità, quello
presentato ieri pomeriggio allo Spazio Teatro
89 di via Fratelli Zoia a Milano. L' "Omaggio
a Puccini fra musica e letteratura" -
nell'anno che ne celebra il centenario della
morte - ha trovato nel canto di Külli Tomingas,
nel pianismo di Luca Schieppati e di Agnese
Nascimbene, e
nella
voce recitante di Sonia Grandis, alti livelli
artistici che hanno reso tutto il lavoro
piacevolissimo e di ottima qualità. Il programma
è ruotato magistralmente intorno alla figura di
Giacomo Puccini (1858-1924), alla sua produzione
pianistica e vocale meno conosciuta e a note
biografiche, spesso divertenti ma anche
drammatiche. Molto valido il Melologo musicato
dal compositore Carlo Galante (1959), presente
in sala, riferito ad un testo dello scrittore
napoletano Giampaolo Rugarli (1932-2014),
"La
divina Elvira", recitato benissimo dalla
Grandis. Elvira Bonturi, prima amante e poi
moglie del geniale musicista toscano, viene
considerata come l'ispiratrice dei personaggi
femminili delle opere pucciniane, da Manon
Lescaut a Butterfly, a Tosca e Turandot. Luca
Schieppati ha introdotto il pomeriggio musicale
spiegando e motivando le scelte e la struttura
dello spettacolo, che ha quindi iniziato
suonando cinque pezzi per pianoforte di Puccini:
Piccolo Valzer, seguito dai meno noti
Piccolo tango, Foglio d'Album, Calmo e molto
lento, Scossa elettrica. Eseguiti con grande
espressività da Schieppati, si sono
avvalsi
anche di interventi da parte di Sonia Grandis,
che ha fatto precedere l'esecuzione pianistica
con la lettura dell'Aria di Musetta dalla
Bohème (1896) , riferita al Piccolo Valzer. Con
l'entrata in palcoscenico del mezzosoprano Külli
Tomingas, accompagnata da Schieppati, abbiamo
ascoltato tre splendide romanze per canto e
pianoforte - vere rarità- quali Sole e amore,
Terra e mare, E l'uccellino, brani
interpretati dal duo con efficace espressione
coloristica. Corposa e intonatissima la voce
della Tomingas, unita anche ad un'eccellente
capacità gestuale. L'ingresso della giovane
pianista Agnese Nascimbene ha quindi portato
all'esecuzione per pianoforte a quattro mani,
insieme
a
Schieppati, di una bellissima trascrizione di
Carlo Carignani dal celebre Intermezzo da
Manon Lescaut (1892) e di un'altra ottima
trascrizione di Giulio Castronovo, La
Tregenda, dalla prima opera pucciniana, Le
Villi (1884). Entrambi i brani sono stati
interpretati con precisione ricca di forza
espressiva e di carica emotiva, comunicate anche
grazie all'intensa lettura scenica della Grandis.
Il duo Komingas-Schieppati ci ha poi donato l'Aria
di Tigrana, da Edgar (1889), e l'Aria di
Frugola, da Il Tabarro (1918). Le qualità
attoriali oltre che canore del mezzosoprano si
sono qui ancor più rivelate mediante il
suo
efficace impatto melodico. Sonia Grandis è stata
molto convincente nel Melologo, dove
Galante, realizzando una composizione chiara ed
espressiva, oltre a sottolineare il testo di
Rugarli, ha trovato una splendida mediazione tra
il suo stile compositivo e quello pucciniano.
Puccini è sempre riconoscibile nelle note di
Galante, e il testo ripercorre alcune vicende
legate alla vita sentimentale del Maestro e alla
sua complicata relazione con Elvira. Era
presente in sala, tra il pubblico intervenuto
nell'elegante piccolo teatro, anche un figlio di
Rugarli. Lunghi applausi meritatissimi a ogni
protagonista di questo prezioso e originale
omaggio pucciniano.
16 dicembre 2024 Cesare Guzzardella
Il pianista Antonio Chen
Guang nel ricordo di
Antonio Mormone in Conservatorio
Siamo arrivati alla settima
edizione del "Concerto per Antonio" ,
dedicato ad Antonio Mormone (1930-2017),
fondatore e Presidente della "Fondazione La
Società dei Concerti". In Sala Verdi,
introdotto da Enrica Ciccarelli Mormone, attuale
presidente e organizzatrice della nota società
musicale, abbiamo ascoltato il pianista cinese
Antonio Chen Guang, nato nel 1994, una delle
numerose scoperte di Antonio Mormone che, con
sorprendente intuizione, ne comprese le
potenziali
qualità
e dal 2010 - anno del loro primo incontro - ne
seguì costantemente il percorso artistico,
costellato di premi e riconoscimenti prestigiosi.
Chen Guang, poi anche Antonio, come forma di
riconoscenza al talentuoso organizzatore, ha
impaginato un programma virtuosistico con due
capisaldi della letteratura pianistica: prima
gli Studi op.10 di Fryderyk Chopin e poi
la Sonata in Si minore di Franz Liszt.
Interpretazioni di ottimo livello per entrambi i
lavori. I dodici Studi op.10, prima serie di un
complessivo di 24 brani, considerando i 12 Studi
dell'op.25, sono stati resi con estrema
scioltezza attraverso un virtuosismo tecnico
completamente interiorizzato per una
restituzione ricca di dettagli.
Interessante
il collegamento di alcuni Studi con elementi
armonici, probabilmente dello stesso Chen Guang,
per rendere il complesso dei brani ancor più una
sorta di suite. Di pregnante resa espressiva la
Sonata lisztiana. L'interprete ha creato
un'infinità di contrasti nella corposa e celebre
Sonata, esternando con grinta e chiarezza ogni
frangente del complesso brano ciclico, dove
situazioni di limpida esternazione melodica si
scontrano con armonie cariche di tensione
emotiva. Applausi calorosi dal numeroso pubblico
di appassionati intervenuti in Sala Verdi. Ben
quattro i bis concessi, alcuni dei quali
dedicati ad Antonio Mormone. Dopo il Momento
musicale n.5 di Rachmaninov, un ottimo brano
dal folklore cinese, "Il Tempo Gioioso",
poi un eccellente Chorale Prelude BWB 639 "Ich
ruf zu dir, Herr" di Bach-Busoni, e a
conclusione uno Scott Joplin con una parte del
celebre Maple Leaf Rag. Da ricordare.
15 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
MUSICA RARA E SQUISITA AL
CONSERVATORIO CANTELLI DI NOVARA
Ieri,
14/12, nell’ Auditorium del Cantelli è stata
eseguito un concerto che presentava più di un
motivo d’interesse: anzitutto due formazioni di
tipo quartettistico piuttosto singolari nella
storia della musica da camera; in secondo luogo
gli autori, del primo o dell’avanzato ‘900, di
rarissimo ascolto nelle nostre sale da concerto,
benché meritevoli di maggiore attenzione;
classico last but not least, gli esecutori,
tutti giovani, neodiplomati e/o perfezionandi
presso il Cantelli stesso, in buon numero già
con una significativa esperienza concertistica
alle spalle. Insomma la conferma che al
Conservatorio di Novara i programmi sono spesso
sorprendenti per originalità delle proposte, che
escono dal prevedibile. Il concerto è stato
inaugurato dal Quartetto per clarinetto, violino,
violoncello e pianoforte op.1 del viennese
Walter Rabl (1873-1940): Direttore d’orchestra e
soprattutto insegnante di musica vocale, si
dedicò solo in età giovanile alla composizione,
con un linguaggio chiaramente influenzato da
Brahms, suo grande estimatore. Una curiosità:
pare che l’oggi totalmente
dimenticato
Rabl sia stato l’inventore di questo tipo di
quartetto, portato in auge da Messiaen con il
suo meraviglioso Quatuor pour la fin du Temps.
Lucia Nardacci al clarinetto, Simone Restuccia
al violino, Aurora Sciammetta al violoncello e
Valeria Aiazzi al pianoforte hanno eseguito il
quartetto, una volta superato qualche affanno
nei raddoppi, in particolare tra violoncello e
clarinetto, con buona intesa d’insieme e cura
più che apprezzabile dei dettagli compositivi.
In particolare i quattro giovani strumentisti
hanno saputo valorizzare appieno quello che è
forse l’elemento più interessante di questo
Quartetto di Rabl, il continuo trascolorare di
uno strumento nell’altro, col frequente ricorso
alla tecnica del canone, dando vita a impasti
timbrici variegati e sempre mobili, di raffinata
carica espressiva. Un plauso particolare è
dovuto al clarinetto di Lucia Nardacci, che nel
movimento più bello dell’opera, l’Adagio molto,
ha suonato la melodia lunga affidata al suo
strumento con una intensità espressiva davvero
notevole. La successiva formazione
quartettistica è certamente ancor più rara e
curiosa della prima: un quartetto di soli
clarinetti, il Quartetto Gama, formatosi presso
il Cantelli composto da Gaia Zecchini, Andrea
Pongiluppi, Manuel Ticozzi e Alberto Viganò. Il
loro esordio, ottimo, è stato il Divertimento,
per tre clarinetti e clarinetto basso, affidato
a Viganò, del compositore austriaco Alfred Uhl
(1909-1992), che lo compose nel 1942,
dedicandolo alla Filarmonica di Vienna e che è
forse la sua unica opera a non aver conosciuto
l’oblio totale. I ragazzi del Gama ne hanno
proposto, con bravura e finezza, l’inventiva
ritmica vibrante, venata di frizzante verve
umoristica e un linguaggio di lucidità e humour
dello Stravinsky neoclassico. Un brano
tecnicamente non semplice, in cui i quattro
giovani clarinettisti hanno dato prova
dell’ottima preparazione di ciascuno di loro e
della ben oliata compattezza del gruppo.
Tutt’altra musica quella del successivo pezzo
del francese Henry Tomasi (1901-1971), orbitante
nel Gruppo dei Sei,
i
Trois Divertissement, dove il Gama è stato
chiamato ad eseguire, con pieno successo, tre
pezzi improntati a un accentuato melodismo, con
una ricerca di differenziazione timbrica tra i
quattro strumenti identici molto abile, anche
sfruttando esperienze e linguaggi musicali tra
loro assai eterogenei, come i ritmi zingareschi,
a forte impronta orientaleggiante, nella
Mascarade centrale. Concludevano il concerto le
Cinque Danze popolari ungheresi di Ferenc Farkas,
compositore magiaro vissuto tra 1905 e 2000, ben
eseguito nel suo gradevole e fresco melodismo
perfettamente tonale, agli antipodi di Bartok,
che innovava profondamente il linguaggio della
musica appropriandosi delle scale e dei ritmi
della musica folklorica ; e l’arrangiamento,
opera di Pongiluppi, dell‘aria dalla Tosca “E
lucean le stelle”, che il Quartetto Gama ha
suonato, ancora col clarinetto basso, con il
dovuto pathos lirico, ennesimo omaggio all’anno
pucciniano, ormai giunto a scadenza solare. Un
concerto d’indubbio interesse, ben eseguito, che
ha riscosso il meritato successo di un pubblico
numeroso e plaudente, cui è stato regalato un
simpatico fuori programma, una originale
rielaborazione di Stille Nacht.
15-12-24 Bruno Busca
Un'intensa giornata musicale
in Conservatorio per la Società dei Concerti
La diversificata attività
della Società dei Concerti organizzata
dalla Presidente Enrica Ciccarelli ha trovato
ieri due concerti: quello del pomeriggio, per la
Serie Zaffiro, con il pianista
classico-jazzista Michele Di Toro e quello
serale, per la Serie Smeraldo, con il duo
formato dal pianista-compositore turco Fazil
Say, consolidato ospite della società
concertistica da decenni, e dal violinista
tedesco Friedemann Eichhorn.
Di Toro, conosciuto
da un vasto pubblico preminentemente jazzistico,
ha realizzato un programma "a sorpresa"
rivelando una solida preparazione classica
nell'eseguire tutta una serie di brani di vario
genere, mediati da una valida capacità
trasformativa in una sorta di _pastiche_, con
armonizzazioni consolidate dal sapore jazz. La
caratteristica di "Musica d'intrattenimento",
nel senso migliore, è emersa in toto. Iniziando
da un melodico e piacevole suo brano, Di Toro ha
voluto prima reinterpretare tre pezzi di Lucio
Battisti, riassunti in una breve "suite". Quindi
è passato ad una trasformazione di brani
classici come il Notturno op.9 n.2 di
Chopin o il celebre 'Alla turca'
mozartiano, secondo modalità piuttosto uniformi
ma certamente piacevoli. Incrociando classici di
Scott Joplin o alcuni brani tipici della cultura
melodica statunitense, è riuscito a farsi
apprezzare del numeroso pubblico intervenuto in
Sala Verdi che ha tributato fragorosi applausi.
Di buona fattura il brano da Piazzolla e il bis
da Bacalov dal film "Il postino".
Più legato alle sale da
concerto il duo serale. Fazil Say, oramai
una celebrità anche per il pubblico milanese, ha
organizzato insieme all'eccellente violinista
Friedemann Eichhorn un impaginato
interessantissimo, ad iniziare dalla nota
Sonata n.1 in la minore op.105 di Robert
Schumann.
Un'interpretazione di ottimo livello
quella ascoltata, particolarmente energica, che
ci ha rivelato una straordinaria intesa tra i
due interpreti. Di rilievo la trascrizione per
violino e pianoforte di Say del celebre
Vorspiel und Isoldes Liebestod dal
Tristano e Isotta di Richard Wagner. Anche
in questo secondo lavoro la simbiosi tra i due
concertisti ha generato un'esecuzione incisiva,
ricca di espressività. Nella seconda parte della
serata le celebri Danze popolari rumene
di Belà Bartók, nell'arrangiamento per duo di
Szekely, ha rivelato l'anima popolare di Say,
che insieme all'incisivo violino di Eichhorn ha
portato ad un'ottima resa sinergica alla "zigana".
L'ultimo brano era una composizione di Say, la
Sonata n.2 op.82 "Kaz Daği-
Mount Ida"
(2019),
scritta pochi mesi dopo la tragedia ecologica
del Monte Ida, nella Turchia nord-occidentale.
Furono abbattuti circa 200.000 alberi, con il
permesso del governo, da parte di una società
canadese che cercava oro. Oltre alla
deforestazione, la zona fu interessata anche
dallo sversamento di cianuro, usato per estrarre
l'oro dai minerali, con rischio di avvelenamento
delle falde acquifere.
Say ha quindi unito la
sua voce, in forma di musica, alle proteste: ne
è nata una composizione geniale ed
emozionante.Tre movimenti - Massacro della
natura, Uccello ferito e Rito di speranza-
rivelano ancora una volta lo stile
personalissimo di Say, giocato su un sapiente
uso del pianoforte, e qui anche del violino -
una scrittura eccellente per lo strumento a
quattro corde. L'uso anche percussivo degli
strumenti, i riferimenti al folclore turco e
dell'est Europa, e una naturale melodicità,
soprattutto nella parte pianistica, con colori
delicati, hanno determinato la straordinaria
qualità di un validissimo lavoro.
Applauditissimi dal folto pubblico, tra cui
anche centinaia di giovani turchi, i due
musicisti hanno concesso come bis un ottimo
Andante dalla Sonata n.1 per violino
e pianoforte, sempre di Say. Ancora applausi
meritatissimi.
12 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Ancora un grande
successo per
La Forza del destino al Teatro alla Scala
Pubblico entusiasta ieri sera
al Teatro alla Scala, alla seconda
rappresentazione de La forza del destino,
dopo la prima del 7 dicembre. Il capolavoro
verdiano che precede il Don Carlos, l'Aida e
l'Otello, è la versione completa del 1869, su
libretto di Ghislanzoni. È un titolo che mancava
da oltre vent'anni nella programmazione della
Scala: era infatti il 2001 quando venne allora
proposta la versione russa, quella del 1862 per
la direzione di Gergiev. Ciò che maggiormente
colpisce è la sinergia complessiva di tutte le
componenti artistiche-musicali, che hanno
portato alla riuscita di un'opera certamente
complessa, strutturata in situazioni diverse,
anche con limiti nella coerenza dei contenuti,
ma che diventa di grande profondità espressiva.
La rappresentazione musicale geniale di Verdi,
mediata dalla direzione eccellente di Riccardo
Chailly e da un cast vocale complessivo di alto
livello -unitamente all'eccellenza della
componente corale preparata da Alberto Malazzi-
si è avvalsa anche della singolare scenografia
di Federica Parolini. Una struttura circolare girevole,
infatti, ha il vantaggio di estendere la scena
in uno spazio maggiore, costringendo i cantanti
ad andare forzatamente contro il senso anti-orario
di rotazione: certamente è una valida soluzione
che ha reso dinamica l'ambientazione, mantenuta
tradizionale come i costumi di Silvia Aymonino,
nel contesto registico di Luca Moscato.
Opinabile, ma accettabile, la frammentazione
temporale in più periodi, in modo da creare un
rapporto di similitudine con il nostro momento
storico. Riccardo Chailly, attraverso una
lettura precisa, lucida e di energica
discorsività, ha potenziato gli ottimi
protagonisti: Anna Netrebko è una Donna
Leonora perfetta nel suo ruolo.
La sua forza
espressiva, sia vocale che attoriale, non ha
avuto minimi cedimenti, e insieme alla bellezza
dei suoi colori ha portato ad un unanime
consenso del pubblico, in un teatro al completo.
Di alto rilievo la voce baritonale di Ludovic
Tézier, un Don Carlo con timbro profondo
e vellutato. Ottimo Brian Jagde in Don Alvaro,
una voce tenorile con colori morbidi ed incisivi
e all'occorrenza ricca di volumetrie. Tutti i
comprimari sono stati di notevole livello e si
sono distinti nei non pochi frangenti utili:
Fabrizio Beggi nel Marchese di Calatrava,
Vasilisa Berzhanskaya, valente Preziosilla,
Alexander Vinogradov, Padre Guardiano,
Marco Filippo Romano, un incisivo, anche
attorialmente, Fra Melitone, e gli altri.
Applausi lunghi e fragorosi a tutti i
protagonisti, con numerose uscite in
palcoscenico. Ricordiamo le prossime repliche:
13-16-19-22-28 dicembre e 2 gennaio. (Foto di
Brescia & Amisano dall'Archivio del Teatro alla
Scala)
11 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
L'Orchestra Filarmonica
Italiana diretta da Diego
Montrone per Serate Musicali
Un numeroso pubblico ha
accolto l' OFI- Orchestra Filarmonica
Italiana-, e il suo direttore Diego Montrone
nel concerto organizzato da Serate Musicali.
Era una serata a favore della "Fondazione
Fare Welfare", un'organizzazione che
attraverso il Progetto DALIT, sviluppa
attività lavorative e programmi di sostentamento
in diverse parti del
mondo,
come nel Sud-Ovest del Bangladesh. L'impaginato
prevedeva brani particolarmente celebri quali la
Sinfonia in mi minore op.95 "Dal Nuovo Mondo"
di Antonin Dvořàk
(1841-1904) e la Marcia n.1 in re maggiore
da Pomp and circumstance di Edvard
Elgar (1857-1934), lavori entrati
nell'immaginario sonoro popolare per
l'orecchiabilità dei temi presenti e per un
certo uso avvenuto nel mondo del cinema. La più
corposa Sinfonia del musicista ceco, quattro
ampi movimenti con l'energico e popolare
Allegro con fuoco finale,
ha trovato un' ottima resa dall'OFI nella
decisa direzione di Montrone. Ricordiamo che l'OFI
è una formazione con molti giovani, una
compagine che ha proposte musicali diversificate
nei generi ed è aperta anche
al
repertorio contemporaneo. Il più breve lavoro
del musicista inglese, la nota Marcia n.1 in
re maggiore, utilizzata come inno
patriottico inglese nel canto Land of Hope
and Glory, è stata espressa molto bene dagli
strumentisti, in ogni sezione della grande
orchestra, con rilevanza particolare degli
ottimi ottoni. Applausi meritatissimi e come bis
ancora una celebre composizione, questa volta di
Sergej Prokof'ev con l'energica e scultorea
Danza dei cavalieri tratta dal balletto
Romeo e Giulietta. Applausi fragorosi
meritati. Ricordiamo il prossimo concerto di
lunedì 16 dicembre, con il violinista Pavel
Berman e il pianista Roberto Arosio. Tra
i brani in programma la Sonata per
pianoforte e violino n. 9 “A Kreutzer” di
L.v.Beethoven e Tzigane Op. 76 di Maurice Ravel.
Da non perdere.
9 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
"Infiniti mondi"
con musiche di Reich,
Andriessen e Nono in Conservatorio
Il concerto serale di Sala
Puccini in Conservatorio, conclusivo della
giornata di Studi per i Cento anni dalla
nascita di Luigi Nono, prevedeva brani di
Steve Reich (1936), di Louis Andriessen
(1939-2021) e di Luigi Nono ( 1924-1990) , tre
compositori che hanno in modo diverso avuto
molta importanza nel mondo della musica del
secondo
Novecento e Contemporanea. I primi due lavori
sono inquadrabili nel contesto minimalista,
anche se il compositore olandese ha più
riferimenti stilistici, mentre lo statunitense
Reich, con il brano ascoltato Music for
pieces of wood, è uno dei padri del
minimalismo. Entrambi hanno messo in evidenza
uno stile che mette in risalto i continui
cambiamenti ritmici in ambito percussivo. Il
brano più corposo, Workers Union, per
nove esecutori, di Andriessen, ha anche
strumenti a fiato (tre sax), utilizzati
soprattutto in senso ritmico.
Interessanti
tutte due le esecuzioni, nel gioco di
costruzione architettonica, con sequenze
ripetute nei minimi cambiamenti eseguiti con
precisione e in modo efficace dall'Ensemble
del Conservatorio di Milano. Il terzo brano
era invece un importante lavoro di Luigi Nono
denominato Polifonica, Monodia, Ritmica,
realizzato da un compositore ancora giovane, nel
1951, ma qui eseguito nella versione più ampia,
di
quasi venti minuti di durata. Ottima la
direzione di Takahairo Maruyama e la resa dei
giovani dell'Ensemble. Un lavoro molto
interessante di un Nono diverso, che risente
l'influsso del Primo Novecento - Schönberg,
Webern, ecc.- eseguito benissimo oltre che dalle
percussioni dai numerosi strumenti a fiato -
Flauto, Clarinetto, Clarinetto basso, Sax alto,
Corno- e il pianoforte. Una serata interessante,
molto applaudita dal numeroso pubblico
intervenuto in Sala Puccini che ha coronato la
giornata di Studi dedicata al grande
compositore veneziano.
7 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Il violinista Ning Feng
diretto da Lang-Lessing alla Società dei
Concerti
Un concerto con brani
particolarmente noti e molto frequentati nelle
sale di tutto il mondo, quelli proposti in
Conservatorio nella serata organizzata dalla
"Fondazione La Società dei Concerti".
Musicisti come Richard Strauss, W.A.Mozart e
L.v.Beethoven - nell'ordine d'esecuzione-' sono
stati proposti dalla Deutsche
Staatsphilharmonie Rheinland-Pfalz, diretta
da Sebastian Lang-Lessing, rivelando una
spiccata
qualità interpretativa. Un concerto inizialmente
virtuosistico con lo straordinario poema “Don
Juan op.20" di Richard Strauss, proposto ad
introduzione. È un brano altamente energico, uno
dei migliori e tra quelli più celebri del
musicista tedesco, che ha rivelato subito gli
ottimi colori delle sezioni orchestrali e la
precisione nei dettagli della direzione di Lang-Lessin.
Il brano successivo era particolarmente atteso
per la presenza del violinista solista, il
quarantaduenne cinese Ning Feng, vincitore nel
2009 del prestigioso Premio Paganini di
Genova. In pieno contrasto con il brano
precedente, il Concerto per violino n.5 in la
maggiore K 219 di Mozart, denominato anche “Türkish”
per
la presenza nell'ultimo movimento di un evidente
riferimento folcloristico "alla turca"- come
nella celebre sonata pianistica- , è
probabilmente il più celebre del genere del
genio salisburghese, pieno di eleganza definita
con raffinati colori da Feng, un virtuoso dal
tocco delicato e nello stesso tempo di sottile
incisività. Inserito benissimo nel tessuto
strumentale di un'orchestra quasi cameristica,
ha ricreato con sapiente dosaggio timbrico, quel
clima galante tipico dell'epoca. La
ricchezza dei temi, sino alla splendida "danza"
conclusiva, rendono il brano molto
riconoscibile
ad un vasto pubblico. Splendida interpretazione.
Due i bis solistici concessi da Feng, prima un
delicato Andante bachiano da una Sonata
per violino solo e poi un vurtuosistico
Capriccio n.1 di Paganini che ha rivelato in
toto tutte le qualità del grande interprete.
Invidiabile la quantità di "pesi volumetrici"
individuati nel breve ma sostanzioso
"capriccio". Dopo l'intervallo, ancora un clima
"di paesaggio" con la celebre Sinfonia n.6 in
fa maggiore op.68 "Pastorale" di Beethoven.
Il suono bucolico e naturalistico del brano è
stato reso molto bene dagli eccellenti
orchestrali in tutte le sezioni. Ancora meglio
negli ultimi due movimenti, con una splendida
scena di tempesta e quell'infinita serenità del
Finale. Applausi fragorosi dal numeroso
pubblico intervenuto.
5 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Brani di compositori viventi
al Museo
del Novecento per le sonorità del flauto e
della chitarra
L'interessante pomeriggio
musicale di musica contemporanea ascoltato ieri
al Museo del Novecento era titolato
"Eco di suoni italiani: nuove voci per flauto e
chitarra". Il musicologo prof. Renzo Cresti,
anticipato dal presidente di SIMC (Società
italiana di musica contemporanea) Andrea
Mannucci, ha presentato i protagonisti del
concerto, il flautista Roberto Fabbriciani e il
chitarrista Vincenzo Saldarelli impegnati
nell'interpretazione
di ben dieci recenti brani, la maggior parte con
la presenza dei rispettivi compositori: Riccardo
Piacentini, Simone Cardini, Maurilio Cacciatore,
Fabrizio De Rossi Re, Carlo Galante, Andrea
Mannucci, Leonardo Marino, Nicola Sani,
Alessandro Sbordoni, Fausto Sebastiani. Brani
per chitarra e flauto, per flauto solo o per
chitarra sola, che hanno rivelato una panoramica
assai diversificata sul modo di comporre e di
rivelare nuovi modi d'intendere la musica.
Certamente i noti strumentisti,
sia
Fabbriciani che Saldarelli, hanno mostrato
un'indubbia capacità d'interpretazione
utilizzando gli strumenti in tutte le
potenzialità che offrono. Tra gli interessanti
brani, spesso commissionati da SIMC per
il Festival d'autunno 2024, segnaliamo
almeno E più in alto le stelle.Nuove per
flauto e chitarra (e foto-suoni su cellulari
sparsi in sala) di Riccardo Piacentini; Un
souffle per flauto e chitarra di Nicola Sani,
Riflessi per flauto e chitarra di Andrea
Mannucci, Nestled within faded leaves per
chitarra sola di Simone Cardini, L'isola
delle figlie dell'acqua per flauto e
chitarra di Fabrizio De Rossi Re e Marsia e
le Muse di Carlo Galante. Applausi sostenuti
dal numeroso pubblico presente.
4 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Roberto Cappello
tra "Oriente
ed Occidente" per Serate Musicali in
Conservatorio
Un titolo pienamente
azzeccato quello scelto per il bellissimo
concerto pianistico di ieri sera alle "Serate
Musicali" del Conservatorio milanese. "Incantesimi
e incanti, da Oriente a Occidente" ci ha
portato in uno straordinario mondo di immagini,
di racconti e di esperienze sonore che solo un "mago"
del pianoforte quale Roberto Cappello poteva
evocare.
L'importanza
del concerto ascoltato non era data solo dal
fatto di avere un grande virtuoso italiano sul
palcoscenico di Sala Verdi, o dalla scelta
accurata dei brani proposti - Korsakov e Borodin
per "l'Oriente", Gershwin per "l'Occidente" - ma
anche dal fatto che quei brani erano
trascrizioni/arrangiamenti dello stesso Cappello.
Quindi musica mai ascoltata, timbriche
pianistiche che, soprattutto per i russi, hanno
ricreato perfettamente quel clima coloristico
tipico della grande orchestra. Ci riferiamo a
Sherazade di Rimskij-Korsakov (1844-1908),
alle Danze polovesiane di Aleksandr
Borodin (1833-1887) e alla Rapsody in Blue
di George Gershwin (1898-1937), rivisitata
potenziandola di splendide armonizzazioni.
Cappello (1951), pianista salentino con una
padronanza tecnica assoluta, ha approfondito
ogni dettaglio coloristico nei due russi,
ricostruendo con i tasti del pianoforte quel
clima fantasioso ricco di temi e di sviluppi
armonici che ben conoscevamo dalle esecuzioni di
grandi orchestre. La sua lunga esperienza
d'interprete, consolidata con la vittoria nel
prestigioso Concorso Internazionale
pianistico "Ferruccio Busoni" di Bolzano del
1976,
ci
ha ancora una volta rivelato che ci troviamo di
fronte ad uno dei massimi interpreti della sua
generazione, sia in Italia che a livello
internazionale. L'impalcatura architettonica
molto solida della lunga "suite" di
Sherazade, giocata su dinamiche ricche di
contrasti, che evidenziano con chiarezza le
linee melodiche nei differenti piani sonori,
potenziate da corpose armonizzazioni ricche di
colori, ha reso la prima parte del concerto di
alto livello estetico. Ottima la sintesi
discorsiva nelle Danze polovesiane di
Borodin, quattro Danze riprese più volte e una
coda dai colori esotici ed evocativi di
esemplare bellezza. Notevole il contrasto con il
modo di melodiare d'oltre oceano del grande
Gershwin, reso magnificamente da Cappello nella
celebre Rapsody in Blue, fantasioso brano
reso ancora più celebre da l
film della Disney, Fantasia 2000.
Applausi calorosissimi dal pubblico intervenuto
e due ottimi bis, con ancora una melodia di
Gershwin, Embraceable You, ...a occidente..,
rivisitata da Cappello, e un Rachmaninov doc,
...ad oriente..con il Momento musicale op.16
n.6. Davvero indimenticabile.
3 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Lucas Macías
dirige l'Orchestra
Sinfonica di Milano in Mozart e in Bruckner
Un accostamento interessante
tra Mozart e Bruckner ha visto il
direttore-oboista Lucas Macías interpretare
prima il Concerto per oboe e orchestra in Do
maggiore K 314 del genio salisburghese e
poi, solo alla direzione dell'Orchestra
Sinfonica di Milano, la Sinfonia n.1 in Do
minore
di Anton Bruckner. Composto nel 1777 da un
Mozart ventunenne, il concerto per oboe, poi
trascritto anche per flauto, ha trovato una resa
ottimale dal direttore-oboista spagnolo che poi
ha concesso come bis una pagina profonda di
J.S.Bach, con un timbro d'oboe straordinario
nell'Oratorio di Pasqua. Un cambio di
organico, con un deciso maggior numero di
orchestrali, per la prima delle Sinfonie di
Bruckner . Il compositore, impegnato anche come
organista e direttore d'orchestra, iniziò a
comporre le sue Sinfonie a una certa età. La
prima è del 1865-66, aveva già quarant'anni, ed
è tra le più brevi pur durando quasi cinquanta
minuti. Ha già quelle caratteristiche tipiche
del compositore austriaco, giocate su contrasti
tra
timbriche tenui e frangenti molto voluminosi.
Ottima l'interpretazione del direttore spagnolo
e la resa degli orchestrali in ogni sezione di
strumenti. Alla replica vista nel pomeriggio
domenicale, applausi fragorosi meritatissimi.
2 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Simone Caserta
vince il Premio Nazionale delle Arti 2024 di
Composizione
Il Premio Nazionale delle
Arti 2024 per la categoria "Composizione"
ha portato nella Sala Puccini del
Conservatorio milanese cinque finalisti,
provenienti da differenti Conservatori italiani.
Il Direttore del Conservatorio "G. Verdi"
Massimiliano Baggio ha introdotto la serata di
musica contemporanea dove una valente giuria
composta da Alessandro Melchiorre (Presidente),
Fabio Vacchi e Gabrio Taglietti, ha deciso il
brano meritevole di vincere il Premio della
XVIII° edizione.
La
nota formazione cameristica di musica
contemporanea "mdi ensemble" ha eseguito
i cinque brani dei compositori finalisti, dalla
durata di circa dieci minuti ognuno. La stessa
ottima formazione strumentale ha voluto fare
ascoltare anche il brano vincitore della
rassegna dello scorso anno: Inner/Outer
di Jacopo Petrucci. In attesa dei risultati, in
omaggio a Bruno Bettinelli (1913-2004),
compositore milanese e per parecchi decenni
insegnante di Composizione del Conservatorio "G.Verdi",
sono stati
interpretati
due suoi lavori. Prima lo Studio da concerto
per fagotto, eseguito molto bene da Stefano
Ottomaniello e poi il più corposo Musica per
sette, interpretato ottimamente
dall'Ensemble del Conservatorio di Milano
diretta da Federica Di Vaio. La moglie del
celebre compositore, Silvia Bianchera, sul palco
insieme al Maestro Baggio, ha ricordato
Bettinelli e le lezioni date anche a lei nelle
aule del Conservatorio. Di ottima fattura i
brani in gara, presentati con perfezione tecnica
ed eccellente timbrica dai musicisti del mdi
ensemble diretti da Dario Garegnani
ed
eseguiti senza sapere la rispondenza con i
rispettivi autori. La giuria ha indicato come
vincitore della rassegna il terzo brano in gara,
quello di Simone Caserta, del Conservatorio
milanese. Caserta è allievo del compositore e
docente Federico Gardella. Il suo brano era
intitolato "Agavi, sentinelle di infiniti
confini". Congratulazioni al vincitore e a
tutti gli altri finalisti.
1 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
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