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FEBBRAIO 2025
Un Quintetto di fiati alle
Serate Musicali
del Conservatorio milanese
Uno splendido Quintetto di
fiati si è esibito ieri sera alle Serate
Musicali del Conservatorio di Milano,
regalando al pubblico un concerto di grande
raffinatezza. Provenienti dall'Accademia di
Santa Cecilia e dalla Tonhalle Orchester di
Zurigo, i musicisti hanno proposto un programma
variegato, con trascrizioni da Beethoven,
Rossini, Bizet e Gershwin, oltre a un brano
significativo di Mozart, il Quintetto in mi
bemolle maggiore K. 452.
Quest'ultimo,
scritto per pianoforte e fiati, ha visto la
partecipazione del pianista Emilio Aversano. Il
concerto si è aperto con il Quintetto per fiati
al completo, eseguendo due movimenti tratti da
L'Orologio meccanico di Ludwig van
Beethoven (1770-1827), ovvero un eccellente
Adagio in fa maggiore e un brillante
Allegro in do maggiore dall' Op. WoO 33.
L'ensemble
–
composto da Andrea Oliva (flauto), Francesco Di
Rosa (oboe), Calogero Palermo (clarinetto),
Andrea Zucco (fagotto) e Guglielmo Pellarin (corno)
–
ha offerto una lettura chiara ed elegante.
Il brano più corposo della serata, il
Quintetto in Mi bem. Maggiore K 452
mozartiano, non prevedeva il flauto, ma si
caratterizzava per la ricca armonizzazione del
pianoforte. Nei tre movimenti, Largo/Allegro
moderato, Larghetto e Rondò, le
sonorità dei fiati si intrecciavano con la parte
pianistica, spesso trattata come una vera e
propria quinta voce melodica. L'equilibrio
tra
gli strumenti e la sensibilità interpretativa di
Aversano hanno reso la performance
particolarmente riuscita. Dopo un breve
intervallo, il Quintetto al completo ha proposto
tre brani che hanno ulteriormente esaltato la
qualità dei cinque interpreti. Prima,
un'eccellente Fantasia di Giulio
Briccialdi (1818-1881) sul celebre Barbiere
di Siviglia di Gioachino Rossini
(1792-1868); poi una trascrizione di Bill
Holcombe (1924-2019) sulla Carmen di
Georges Bizet (1838-1875), una vera e propria
suite che ripercorre i momenti più celebri
dell'opera. A chiudere il programma, un'altra
suite, sempre di Holcombe, tratta da
Porgy and Bess di George Gershwin
(1898-1937). Il Quintetto ha dimostrato grande
equilibrio nei rapporti melodici, nelle
dinamiche e negli interventi solistici, con
timbriche
complessive
raffinate. Il pubblico ha risposto con applausi
entusiasti, premiando i musicisti con un bis
speciale: il celebre Valzer brillante
di Giuseppe Verdi (1813-1901) inserito nel film
Il Gattopardo (1963) di Luchino Visconti, che
nel film accompagna la sontuosa scena del ballo
tra il Principe di Salina e Angelica. Un
concerto di altissimo livello, che ha confermato
il valore di questo straordinario ensemble
cameristico. Ottima serata.
11 febbraio 2025 Cesare
Guzzardella
Successo meritato
per l'Orchestra
Sinfonica di Milano diretta da Alexander Soddy
nella Sinfonia delle Alpi di R.Strauss
Il direttore inglese
Alexander Soddy ha guidato con grande
sensibilità la Sinfonia delle Alpi op.64
di Richard Strauss (1864-1949), ottenendo un
meritato successo. Il concerto, ascoltato
domenica in replica, era interamente
dedicato
a questo ampio poema sinfonico della
durata di circa cinquanta minuti. Completata nel
1915, l'opera è uno degli ultimi esempi del
tardo romanticismo tedesco e riflette
l’influenza della filosofia di Nietzsche. Con un
carattere spiccatamente suggestivo nel
descrivere situazioni ambientali, la Sinfonia
delle Alpi racconta la salita e la discesa di
una montagna attraverso 22 sezioni,
evocando
paesaggi, cambiamenti atmosferici e giochi di
luce grazie a un’orchestrazione ricca e
suggestiva. Soddy ha offerto una lettura attenta
e ben calibrata, valorizzando le sfumature
timbriche dell’Orchestra Sinfonica di Milano. L’ensemble
ha risposto con grande precisione ed equilibrio,
restituendo con naturalezza la varietà
espressiva del brano. Particolarmente efficaci
gli ottoni e le percussioni, elementi centrali
della partitura, che hanno contribuito a
sottolineare la grandiosità del racconto
musicale. L’entusiasmo del numeroso pubblico
intervenuto, suggellato da applausi ripetuti, ha
confermato il successo della serata e l’ottima
prova dell’orchestra sotto la guida
dell'eccellente direttore inglese.
10 febbraio 2025 Cesare
Guzzardella
Cristian Sandrin
esegue le Variazioni Goldberg alle Serate
Musicali
Nell'ambito della rassegna "Giovani
interpreti", le Serate Musicali hanno
ospitato, nell'accogliente ed elegante Sala
Puccini del Conservatorio, il pianista rumeno
Cristian Sandrin.
Nato
a Bucarest in una famiglia di musicisti, Sandrin
si è cimentato con uno dei capolavori assoluti
della letteratura clavicembalistica e pianistica:
le Variazioni Goldberg BWV 988 di J.S.
Bach. La celebre Aria in sol maggiore e le 30
variazioni rappresentano un banco di prova
per i più grandi interpreti della storia, a
partire dal leggendario Glenn Gould, che ne
realizzò due incisioni diventate di riferimento:
quella del 1955 e quella del 1981. Tra
le
numerose esecuzioni celebri, sia per
clavicembalo che per pianoforte, vale la pena
ricordare almeno quelle di Wanda Landowska,
Roslyn Tureck e, in tempi più recenti, di
Weissenberg, Perahia, Barenboim, Jarrett,
Schiff, Bahrami e Bacchetti. Nella sua
riflessiva interpretazione, durata oltre ottanta
minuti, Sandrin ha offerto una prova solida, con
momenti di grande resa espressiva, soprattutto
nelle variazioni più estroverse. Il pubblico ha
risposto con applausi calorosi, mentre il
pianista ha mostrato visibile soddisfazione per
la sua performance.
8 febbraio 2025
Cesare
Guzzardella
Alessandro Bonato dirige
l'Orchestra de I Pomeriggi Musicali
al Teatro Dal Verme
Una serata musicale
all’insegna della varietà e della melodia ha
visto protagonista l'Orchestra de I Pomeriggi
Musicali, diretta con finezza da Alessandro
Bonato. Il programma comprendeva brani di
quattro compositori, accomunati da una spiccata
cantabilità e ricchezza timbrica. Ad aprire il
concerto è stata Festa!, una composizione
in prima esecuzione assoluta di Cristian Carrara
(Pordenone, 1977), commissionata appositamente
dall'orchestra.
Il brano si distingue per il suo carattere
neoclassico, con richiami per stile a Igor
Stravinskij e Sergej Prokof’ev, e per
un’impronta melodica tipicamente italiana,
sapientemente inserita in una solida struttura
armonica. Come suggerisce il titolo, Festa!
è un’esplosione di colori sonori e di vivaci
e spesso voluminosi contrasti timbrici, che
hanno trovato una resa espressiva coinvolgente.
Al termine dell’esecuzione, il pubblico ha
tributato calorosi applausi, accogliendo sul
palco anche il compositore. A seguire, il
Concerto per armonica e orchestra di Heitor
Villa-Lobos (1887-1959), scritto tra il 1955 e
il 1956. Un'opera affascinante in cui lo
strumento solista, interpretato magistralmente
da Samuele Telari, si fonde con le sfumature
sinfoniche dell’orchestra, esaltandone la
ricchezza melodica.
Particolarmente
suggestiva la cadenza solistica dell’Allegro
finale, in cui Telari ha messo in mostra tanto
il suo virtuosismo quanto la sua sensibilità
interpretativa. Grande successo anche per il bis
concesso dal solista: Loro, un brano
dall'intensa carica ritmica e folcloristica del
brasiliano Egberto Gismonti (1947), eseguito con
maestria e accolto con entusiastici applausi. La
seconda parte del concerto ha offerto un viaggio
nella grande tradizione melodica ottocentesca,
con pagine di Gioachino Rossini (1792-1868) e
Georges Bizet (1838-1875). Dapprima, la celebre
Sinfonia da "L’italiana in Algeri",
proposta con equilibrio e raffinatezza
dall’orchestra sotto la direzione attenta e
dettagliata di Bonato. A chiudere il programma,
la
Sinfonia
in Do maggiore di Bizet, unico esempio
sinfonico del compositore francese, scritta in
gioventù ma già ricca di una vena melodica
straordinaria. Da segnalare la splendida
esecuzione dell’Adagio, secondo movimento
della sinfonia, in cui ha brillato il primo oboe
Francesco Quaranta, ricevendo un meritato plauso
dal pubblico. L’intera serata è stata
caratterizzata dalla direzione elegante ed
efficace di Alessandro Bonato, capace di
esaltare le peculiarità di ogni brano con grande
attenzione ai dettagli e un gesto sempre chiaro,
sicuro e musicale. L’appuntamento si ripeterà
sabato alle ore 17.00 per la replica. Da non
perdere!
7 febbraio 2025 Cesare
Guzzardella
Recital di Arcadi Volodos
in Conservatorio per
la Società dei Concerti
Quello andato in scena ieri
sera nella Sala Verdi è stato il terzo di una
straordinaria serie di eventi musicali
consecutivi che, dopo i recital della pianista
georgiana Elisso Virsaladze e del pianista russo
Daniil Trifonov, ha visto il ritorno di un
gigante della tastiera: Arcadi Volodos.
L'attesissimo rientro del pianista russo,
nell’ambito della rassegna organizzata dalla
Fondazione La Società dei Concerti di
Milano, ha regalato al pubblico un recital
interamente dedicato a Schubert, concluso con
un'ovazione trionfale. Nato a San Pietroburgo
nel 1972, Volodos è uno degli interpreti più
acclamati
della scena internazionale, celebre non solo per
il suo virtuosismo straordinario, ma anche per
la capacità di rielaborare brani celebri con un
tocco personale e inconfondibile. Il programma,
interamente schubertiano, si apriva con i Sei
Momenti Musicali op. 94 D. 780, seguiti da
due Lieder nella celebre trascrizione di
Franz Liszt, per poi culminare, dopo
l’intervallo, con la monumentale Sonata in La
maggiore D. 959. Ogni esibizione di Volodos
colpisce per la profondità interpretativa e la
ricchezza timbrica. La sua infinita tavolozza
sonora nasce da un’incredibile capacità di
calibrare il tocco, scolpendo il suono con
un’attenzione meticolosa ai diversi piani sonori.
Il suo approccio, spesso riflessivo e
interiorizzato, esige dall’ascoltatore la
massima concentrazione, creando un dialogo
intenso tra interprete e pubblico.
Particolarmente emblematici in tal senso sono
stati l’Andantino in La bemolle maggiore,
secondo dei Sei Momenti Musicali, e l’Andantino
della Sonata D. 959, entrambi momenti di
straordinaria introspezione, nei quali Volodos
ha dato prova della sua ineguagliabile
sensibilità.
Di
notevole impatto espressivo anche i due Lieder
di Schubert nella raffinata armonizzazione
lisztiana: Litanei auf das Fest Aller Seelen
(da Drei Geistliche Lieder D. 343) e Der
Müller und der Bach (dalla celebre raccolta
Die schöne Müllerin D. 795), eseguiti con un
lirismo vibrante e struggente. Il pubblico,
numerosissimo, ha risposto con un'ovazione
fragorosa, ottenendo ben tre bis: ancora
Schubert, con il grazioso e raffinato
Minuetto in La maggiore D. 334, seguito da
una vertiginosa esecuzione della Rapsodia n.
13 di Liszt-Volodos, esempio di virtuosismo
magistrale nella sua incredibile chiarezza di
dettaglio. A chiudere, il suggestivo Ocell
trist di Frederic Mompou, brano meditativo e
profondamente evocativo. Una meritata
standing ovation ha salutato il maestro,
visibilmente soddisfatto. Una serata memorabile.
6 febbraio 2025 Cesare
Guzzardella
Daniil Trifonov è
tornato in
Conservatorio
È tornato in Sala Verdi, al
Conservatorio, il pianista russo Daniil Trifonov,
da alcuni anni alla ribalta internazionale per
le sue straordinarie qualità virtuosistiche e,
soprattutto, interpretative. Lo avevamo
ascoltato in un bellissimo recital alla
fine di gennaio dello scorso anno al Teatro alla
Scala, dove, in un programma variegato come
quello di questa sera, aveva interpretato
Rameau, Mozart, Mendelssohn e Beethoven, con la
conclusiva Op. 106 del compositore tedesco. Ieri,
per la Società del Quartetto, in una sala
gremita, ha presentato un programma altrettanto
diversificato, con brani di
Čajkovskij,
Chopin e Barber. Alcuni di essi spiccatamente
virtuosistici, altri –
come la serie di valzer di Chopin
–
interpretati con un virtuosismo
esasperato
ma splendido, sempre funzionale alle sue precise
idee musicali. La rara Sonata in do diesis
minore Op. 80 (1866) di
Čajkovskij,
lavoro giovanile del compositore russo, ha
aperto la serata rivelando subito la cifra
stilistica di Trifonov, fondata su una
costruzione lucida e una sicurezza espressiva
assoluta. La sua capacità
discorsiva, ricca d’incisività, e la sua
sensibilità timbrica, capace di sfumature
dinamiche infinite, sono esemplari. La sonata,
particolarmente estroversa, con tre movimenti
incandescenti (Allegro con fuoco e due
Allegro vivo), è stata resa con incredibile
modernità, rivelandosi un vero capolavoro. Il
successivo Chopin, con ben sei valzer (due
postumi, Op. 70 n. 2, Op. 64 n. 3 e
n. 1, e Op. 34 n. 2), ha mostrato un
Trifonov personalissimo e di straordinaria
efficacia espressiva. Le sue andature, spesso
rapidissime, non hanno minimamente compromesso
la qualità del suono, sempre dosato con sapienza,
con contrasti dinamici minimi ma attentamente
calibrati. Il controllo esemplare del fraseggio
ha dato vita a interpretazioni uniche nel loro
genere, lontane dai colori spesso più brillanti
della tradizione esecutiva chopiniana, ma di
altissimo livello espressivo. La Sonata in mi
bemolle maggiore Op. 26 di Samuel Barber,
autentica rarità in sala da concerto, ha
rivelato sia le grandi qualità del compositore
statunitense sia quelle dell’interprete, che ha
saputo dominarla con contrasti sorprendenti.
Di
grande impatto, nella sua intima riflessività,
l’Adagio mesto, terzo movimento della
sonata, mentre la Fuga finale -Allegretto
con spirito- è stata eseguita con
impeccabile precisione e rigore formale.
L’ultimo brano in programma era la Suite dal
balletto La bella addormentata di
Čajkovskij,
nell’esemplare arrangiamento di Michail Pletnev.
Gli undici movimenti che la compongono, dal
Prologo al Finale, hanno
rappresentato una vera sfida per Trifonov, sia
per l’arditezza della scrittura sia per i
repentini cambi timbrici richiesti dalla
trascrizione. La sua interpretazione
è stata esemplare, riuscendo a
ricreare colori orchestrali sulla tastiera del
pianoforte e a evocare visivamente le sequenze
di balletto. Dopo applausi interminabili, il
pianista, visibilmente provato dall’incredibile
programma affrontato, ha concesso un solo bis:
il Vals de Santo Domingo del compositore
dominicano Rafael Landestoy. Memorabile!
5 febbraio 2025 Cesare
Guzzardella
La grande Elisso
Virsaladze alle
Serate Musicali
Graditissimo il ritorno della
pianista georgiana Elisso Virsaladze, ospite
delle Serate Musicali del Conservatorio
sin dal 1992. Da oltre trent'anni, questa
straordinaria interprete, formatasi nella grande
scuola pianistica russa, propone programmi che
esaltano la sua sorprendente sensibilità,
filtrata attraverso una delle più prestigiose
tradizioni interpretative. Ieri sera, di fronte
a un pubblico numeroso nella Sala Verdi, ha
offerto un raffinato recital interamente
dedicato a Chopin, articolato in due parti ben
distinte. La prima
comprendeva
la Polacca-Fantasia op. 61 e la Sonata
n. 3 in Si minore op. 58, due pagine di
grande respiro che hanno subito messo in luce la
profondità della sua lettura musicale. Dopo
l’intervallo, una sequenza di brani più brevi:
due Notturni (op. 27 n. 1 e 2), sei
Mazurche (op. 30 n. 4, op. 33 n. 1 e 2, op.
59 n. 1, 2 e 3) e due Valzer (op. 70 n. 1
e op. 42 "Grande Valzer"). Ciò che continua a
stupire in Virsaladze è l'incredibile
discorsività del suo fraseggio, unita a una
leggerezza di tocco e a una ricchezza timbrica
che, all’età di ottantadue anni, restano intatte.
La Polacca-Fantasia, ultima della serie delle
Polacche, si distingue per la sua complessità
formale e la straordinaria varietà di colori:
nella sua interpretazione, la pianista ha
immediatamente rivelato una profondità
meditativa fuori dal comune. Nella Sonata n. 3,
con i suoi quattro
movimenti
di forte contrasto espressivo, ha offerto una
visione lucida e strutturata dell’intera
architettura musicale. Nella seconda parte del
concerto, i brani scelti hanno restituito un
autentico Chopin. I due splendidi Notturni
–
in particolare l’op.
27 n. 2, esemplare per profondità espressiva
–
hanno incantato per il loro lirismo. Le sei
Mazurche, eseguite senza soluzione di continuità,
hanno brillato per chiarezza di dettaglio e
sapiente articolazione delle linee sonore.
Infine, i due Valzer, eseguiti con naturalezza e
leggerezza ma perfettamente equilibrati, hanno
confermato ancora una volta l’assoluta
padronanza di questa grande interprete. Il
pubblico, entusiasta, ha tributato calorosi
applausi e omaggi floreali. In risposta,
Virsaladze ha concesso due bis chopiniani: una
Mazurca, l' Op.68 n.2 in la minore, e un
Valzer, l'Op.34 n.1 in la diesis maggiore,
chiudendo una serata di altissimo livello
artistico. Concerto memorabile.
4 febbraio 2025
Cesare
Guzzardella
Il Duo Degas a quattro
mani allo Spazio Teatro 89
Un pomeriggio musicale di
grande qualità quello a cui abbiamo assistito
ieri allo Spazio Teatro 89, un luogo non
centrale di Milano ma certamente prestigioso per
l’ottima programmazione curata dalla direzione
artistica. Il Duo Degas, nato nel 2014 e
formato dalla pianista moscovita Gala
Chistiakova e dal grossetano Diego Benocci,
ha proposto un programma che metteva a confronto
due compositori molto diversi, sebbene vissuti
nello stesso periodo storico: Erik Satie
(1866-1925) e Sergej Rachmaninov (1873-1943). Il
concerto era interamente dedicato al repertorio
pianistico a quattro mani. Nella prima parte,
dedicata a Satie, abbiamo ascoltato 3
Morceaux en forme de poire, La Belle
Excentrique e Parade; nella seconda,
dedicata a Rachmaninov, il duo ha eseguito i
6 Morceaux op. 11. Due mondi sonori molto
distanti: da un lato, il linguaggio innovativo e
personale di Satie, con brani scritti nei primi
due decenni del ’900, dall’altro, l’opera
giovanile di Rachmaninov, ancora legata al
romanticismo, ma già caratterizzata da una
scrittura pianistica ricca e tecnicamente
evoluta. Come sempre, il concerto è stato
introdotto da Luca Schieppati
– pianista,
musicologo,
organizzatore musicale e direttore artistico
dello Spazio Teatro 89 – che ha
presentato gli interpreti e i brani in programma
con il consueto garbo e competenza. Il Duo
Degas ha dimostrato una notevole affinità
con il repertorio scelto. Nei brani di Satie, la
loro esecuzione si è distinta per una scansione
chiara, ben articolata ed equilibrata tra le
parti, restituendo appieno il genio del
compositore francese nella sua semplicità
melodica e armonica. Nei Morceaux di
Rachmaninov, di maggior impegno tecnico, il duo
ha affrontato con disinvoltura le difficoltà
virtuosistiche,
offrendo
un'interpretazione efficace ed espressiva. Gli
applausi calorosi del pubblico hanno portato a
due bis d’eccezione: prima una splendida
trascrizione di Rachmaninov del Valzer da La
bella addormentata di
Čajkovskij, poi
una raffinata versione
a quattro mani
di Libertango
di Astor Piazzolla. Entrambi eseguiti con grande
maestria, hanno riscosso un entusiasmo
travolgente.
Il
prossimo appuntamento è
fissato per il 16 febbraio, con il
pianista-pasticcere Marco Pasini, protagonista
di Amore e torte
– Tasti e
impasti in dolce connubio, un concerto che
unirà musica e pasticceria,
con brani di Liszt, Grieg, Prokof’ev e… torte!
3 febbraio 2025
Cesare Guzzardella
Il Quartetto Pezzé
all'Atelier Musicale dell'Auditorium Di
Vittorio
Il Quartetto Pezzé,
formazione di Udine composta da Nicola Mansutti
e Lucia Clonfero ai violini, Elena
Allegretto alla viola e Mara Grion al
violoncello, ha proposto un programma
di rara esecuzione. Il concerto ha incluso brani
di Albino Perosa, Piero Pezzé/Davide Pitis,
Fabian Perez Tedesco, José Bragato e Giuseppe
Garbarino, offrendo un percorso musicale vario e
stimolante. La serata si è aperta con una
presentazione video del
musicologo
Maurizio Franco, che ha introdotto le opere in
programma. Il Quartetto Pezzé ha poi dato avvio
al concerto con la Suite di Albino Perosa
(1915-1997), un quartetto d'archi suddiviso in
tre sezioni evocative: Mattino di Pasqua,
Giochi di bimbi e Fuochi d'artificio.
L'opera, caratterizzata da influenze
novecentesche e riferimenti al canto gregoriano,
ha messo in luce l'originalità della scrittura
di Perosa. A seguire, l’Elegia di Piero
Pezzé (1913-1982), originariamente per
pianoforte e trascritta per quartetto d’archi da
Davide Pitis. La trascrizione ha restituito al
brano una straordinaria coerenza stilistica,
quasi fosse stato concepito fin dall’inizio per
questa formazione. La ricchezza melodica e
l’intensa interpretazione del quartetto hanno
reso l’esecuzione particolarmente espressiva. Il
concerto è proseguito con
Dolci rose di
Fabian Perez Tedesco (1963), composizione
dedicata al Quartetto Pezzé. Il brano combina
influenze stilistiche diverse, con una scrittura
ritmica incisiva di evidente pregnanza
espressiva e richiami alla musica antica, in
particolare ai madrigali di Gesualdo da Venosa.
Successivamente, il pubblico ha potuto ascoltare
Tres
movimientos porteños di José Bragato
(1915-2017), compositore originario di Udine e
naturalizzato argentino. L’opera, chiaramente
influenzata dalla musica di Astor Piazzolla, ha
evocato il fascino del tango con un linguaggio
melodico avvolgente. Il programma si è concluso
con Inquiete risonanze di Giuseppe
Garbarino (1937), presente in sala e accolto in
palcoscenico da calorosi applausi. Il brano ha
rivelato una forte personalità compositiva, con
un intreccio sonoro avvincente e
ottimamente
strutturato. Ancora una volta gli strumentisti
del Quartetto Pezzé hanno rivelato una coesione
timbrica di indubbia qualità. E' un quartetto
d'archi che riesce, anche in siruazioni
compositive diverse, a raggiungere alti
obiettivi di resa coloristica, dimostrando
sicurezza espositiva e raffinata discorsività.
Dopo gli applausi finali, il Quartetto ha
regalato al pubblico un'ultima sorpresa: un
breve brano folcloristico, originario dalle
valli friulane, dal ritmo vivace e dal carattere
popolare, che ha suggellato il concerto con
un’ulteriore ondata di entusiasmo.
2 febbraio 2025 Cesare
Guzzardella
TRE GIOVANI STELLE
ILLUMINANO IL VIOTTI FESTIVAL DI VERCELLI
Il programma della serata di
musica offerta ieri sera, 1/02, al Teatro Civico
di Vercelli dal Viottifestival era impaginato su
due trii per violino, violoncello e pianoforte:
il Reperto n.12 su un frammento di Schubert di
G. Sollima (1998) e il monumentale Trio il la
minore op.50 di P. I. Ciajkovskij (1882). A
comporre il trio, oltre al pianista Massimo
Spada, due giovani ormai saldamente annoverati
tra i migliori talenti della generazione dei
nati dopo il 2.000: la violinista Giulia Rimonda
(n. 2002) e il violoncellista Ettore Pagano (n.
2003). Volti conosciuti a Vercelli, in
particolare Giulia Rimonda, primo violino
dell’Orchestra Camerata Ducale, ma che si torna
sempre ad ascoltare
con
piacere e interesse, nella certezza di ascoltare
ogni volta qualcosa di nuovo e di bello e di
sentire un brano noto proposto in una
interpretazione sorprendente ed emozionante. Il
pezzo di Sollima, di chiaro stile minimalista
per la ricorsività delle strutture e il
carattere prevalentemente modale delle melodie,
è eseguito in modo incantevole dai tre
interpreti: sulla melodia introdotta da spada
sul pianoforte, con suoni cristallini della mano
destra e accordi di misteriosa profondità della
sinistra, dopo alcune battute si leva il suono,
di delicatissima chiarezza e dolcezza, del
violino di Rimonda, cui si unisce subito il
violoncello di Pagano, con un colore morbido e
caldo sulle note gravi, quasi in sordina e con
tempi lenti all’inizio, per poi sprigionare
un’agogica tutta energia e velocità, con quel
virtuosismo di cui Pagano è riconosciuto maestro
. Ha inizio così un dialogo fra i tre strumenti,
che più che sui temi e sui ritmi punta sui
colori, sulle variazioni timbriche che il trio
evoca in un dialogo ammaliante e che nella
limpidezza del pianoforte, nella chiarezza e
leggerezza del violino, nell’avvolgente colore
crepuscolare del violoncello hanno i loro colori
essenziali, sfumati dal variare delle
dinamiche,
da cui scaturisce un’atmosfera sonora di sottile
mistero. A questa bellissima esecuzione seguiva
il Trio di Ciajkovskij, in due tempi, il secondo
dei quali un tema con variazioni, dalla
scrittura particolarmente densa e piena, che fa
del trio una sorta di orchestra immaginaria,
chiamando gli interpreti ad un grande sforzo
d’intesa e di dialogo strumentale. Il Trio op.50
del grande compositore russo ascoltato ieri a
Vercelli è stato un vero esempio
d’interpretazione di altissimo livello, da parte
di tre giovani strumentisti ormai pienamente
maturi. Ha ragione Bortolotto, quando sostiene
che la difficoltà grandissima di questo
monumento sonoro nasce dal fatto che la
successione e il contrasto e lo sviluppo dei
temi dipendono più che da una logica strutturale,
da una dialettica dei sentimenti. Rimonda,
Pagano e Spada hanno colto perfettamente, a
nostro avviso, questa caratteristica del Trio
ciajkovskjano, guidando l’ascoltatore in quel
meraviglioso caleidoscopio di suoni, con un
dialogo sempre elegante e raffinato, un
fraseggio strumentale ricco di sfumature nei
colori e nelle dinamiche, una cura attentissima
del dettaglio. Pur nella densità della scrittura,
le linee melodiche fluivano luminose e nitide,
fin dal tema principale del primo tempo (colla
sua elegiaca malinconia) cariche di una forza
espressiva intensa e vibrante, cui ogni
strumento era chiamato a partecipare. Slancio
appassionato, lirismo sublime, energia nei colpi
d’arco e nel tocco pianistico,
virtuosismo,
mai ad effetto, sempre orientato verso precisi
esiti espressivi, sono le virtù esecutive che i
tre ragazzi di questo magnifico trio hanno messo
in mostra ieri, ottenendo il meritato successo
di un pubblico che ha tributato loro un applauso
travolgente. Il bis concesso, il secondo dei Sei
Studi in forma canonica op.56 di R. Schumann, è
stato suonato proprio come indica Schumann Mit
innigem Ausdruck,’ con intima espressività’,
venata di un soffuso dolore che ha voluto essere
anche l’omaggio estremo ad un membro della
Camerata Ducale, Giuseppe Chiesa, scomparso in
questi giorni, una nota di tristezza che ha
segnato una serata di straordinaria bellezza
musicale. (Foto Uff. Stampa Vercelli)
2 febbraio 2025
Bruno Busca
John Axelrod
e l'Orchestra
Sinfonica di Milano
per Mozart e Beethoven
Un concerto all'insegna della
massima classicità quello di ieri sera in
Auditorium. Il direttore texano John Axelrod
(1966, Houston), tornato in Auditorium, ha
scelto due capolavori del classicismo: il
Concerto per flauto, arpa e orchestra K. 299
di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) e la
Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 "Pastorale"
di Ludwig van Beethoven (1770-1827). Il primo
brano, meno eseguito ma altrettanto
significativo per espressività, vedeva
protagonisti il flautista Nicolò Manachino e
l’arpista Elena Piva, interpreti eccellenti del
lavoro del grande compositore salisburghese. I
tre classici movimenti (Allegro, Andantino e
Rondò) hanno trovato nel duo solistico una
dimensione cameristica centrale, con i solisti
capaci di esaltare anche le rispettive cadenze.
Ottima la prova dell’orchestra e impeccabile la
direzione di Axelrod, che ha saputo mettere in
risalto il virtuosismo del flauto e le splendide
armonizzazioni dell’arpa, creando un tessuto
musicale ricco di suggestioni e immagini
evocative. Splendido il bis concesso dal duo,
che ha eseguito con grande raffinatezza l’Élégie
–
Studio n. 1 per flauto
di Johannes Donjon
(1839-1912), in una brillante trascrizione per
flauto e arpa. Dopo il breve intervallo, il
concerto è proseguito con la celebre Sinfonia
Pastorale di Beethoven, un capolavoro legato al
mondo della natura. La direzione di Axelrod ha
saputo mettere in luce con chiarezza e
precisione le timbriche dei diversi piani sonori,
regalando un’interpretazione in crescendo, con
un Allegro e un Allegretto finale
ancora più coinvolgenti. Applausi calorosissimi
in una sala gremita di pubblico. Domenica alle
ore 16.00 la replica: un appuntamento da non
perdere.
1 febbraio 2025
–
Cesare Guzzardella
GENNAIO 2025
Gianna Fratta alla guida de
"I Pomeriggi Musicali" con Avery Gagliano al
pianoforte
Il concerto di ieri sera al
Teatro Dal Verme ha offerto un programma
raffinato, con musiche di Pëtr Il'ič
Čajkovskij e Gabriel Fauré. In
particolare, il pubblico ha avuto l'opportunità
di ascoltare un capolavoro raramente eseguito:
il Concerto n. 2 in Sol maggiore per pianoforte
e orchestra op.44 di
Čajkovskij.
Questo brano, spesso oscurato dalla fama del
celeberrimo Concerto n. 1 op. 23, ha
trovato un'interprete d'eccezione nella pianista
Avery Gagliano, 24 anni, accompagnata
dall'orchestra de I Pomeriggi Musicali,
diretta da Gianna Fratta. Il concerto,
articolato nei consueti tre movimenti, ha
raggiunto un momento di intensa espressività
nell'Andante non troppo, dove il
pianoforte dialoga con il violino di spalla e il
primo violoncello, creando una sezione
cameristica di grande suggestione. Gli
interventi di Alessandro Braga al violino e
Simone Scotto al violoncello hanno restituito
con sensibilità e profondità il lirismo della
pagina. Il culmine virtuosistico della brillante
Avery Gagliano
si è avuto nell'Allegro con
fuoco, movimento conclusivo dal forte
impatto timbrico, eseguito con naturalezza e
chiarezza espressiva dalla pianista statunitense.
Ottima la direzione di Gianna Fratta, affermata
sul panorama internazionale, che ha saputo
integrare con equilibrio le parti pianistiche
all'insieme orchestrale. Il pubblico numeroso ha
tributato applausi fragorosi, premiando la
giovane pianista che ha voluto concedere un bis
solistico: una splendida Mazurca di
Chopin, eseguita con una spiccata sensibilità
improvvisativa e
grande chiarezza espressiva.
Dopo un breve intervallo, il programma è
proseguito con due celebri pagine di Gabriel
Fauré. La serata ha visto un'interpretazione
intensa della celebre Pavane in fa diesis
minore op. 50, eseguita con profonda
introspezione dagli orchestrali, e della
Suite orchestrale da Pelléas et Mélisande
op.80, restituita con nitore e raffinata
espressività. Applausi calorosi hanno suggellato
la serata. Sabato alle ore 17:00 è prevista la
replica. Da non perdere!
31 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
Ancora un meritato successo
per il Falstaff alla
Scala
Successo meritato per il
Falstaff verdiano in un Teatro alla Scala
gremito. La quinta replica di ieri sera ha visto
il cast delle precedenti rappresentazioni,
confermando l’eccellente livello
dell’allestimento. L’opera buffa di Giuseppe
Verdi, composta nel 1893 da un maestro ormai
ottantenne su libretto di Arrigo Boito, ha
ritrovato la celebre regia di Giorgio Strehler—ripresa
con
cura
da Marina Bianchi—con
le scene e i costumi di
Ezio Frigerio, la coreografia di
Anna Maria Prina e le luci di Marco Filibeck. Un
allestimento fedele alla tradizione, in cui l’elemento
teatrale, ispirato alla commedia dell’arte,
domina la scena, armonizzandosi con una
scrittura musicale innovativa ed evoluta
rispetto alle opere precedenti di Verdi. La
direzione di Daniele Gatti, energica e
coinvolgente, ha messo in luce alcune influenze
della musica germanica, che Verdi probabilmente
aveva assimilato negli ultimi anni della sua
lunga carriera. Il direttore milanese ha saputo
sostenere le voci con una concertazione attenta,
valorizzando le non facili linee vocali della
partitura. Il cast ha offerto
una prova complessivamente di alto livello.
Ambrogio Maestri ha dato vita a un Falstaff
ancira espressivo e carismatico, mentre tra
le voci maschili si è distinto Luca Micheletti,
eccellente Ford per incisività e qualità
timbrica. Validi anche Juan Francisco Gatell nel
ruolo di Fenton e Antonio Siracusa nei
panni del dottor Cajus. Sul versante
femminile, spiccano l'ottima Rosa Feola in
Alice e Rosalia Cid in Nannetta,
affiancate da una convincente Marianna Pizzolato
nei panni di Quickly e da Martina Belli
come Meg Page. Bravi anche gli altri
interpreti, con un Coro preparato con la
consueta maestria da Alberto Malazzi.
Entusiasmante infatti il finale con la celebre
corale fuga
dell'atto
terzo, quadro secondo, Tutto nel mondo e
burla. L’entusiasmo del pubblico si è
tradotto in applausi fragorosi e ripetute
chiamate alla ribalta per tutti i protagonisti.
Le prossime repliche sono previste per il 1° e
il 7 febbraio: uno spettacolo da non perdere.
(Foto in alto di Brescia
e Amisano dall'archivio del Teatro alla Scala)
30 gennaio 2025
Cesare
Guzzardella
Recital di Nikolai
Lugansky al Teatro
alla Scala
Il recital del
pianista moscovita Nikolai Lugansky (1972) ha
presentato un programma variegato, mettendo in
risalto tre grandi compositori: Felix
Mendelssohn Bartholdy (1809-1847), Ludwig van
Beethoven (1770-1827) e Richard Wagner
(1813-1883). La serata si è aperta con una
selezione delle celebri Romanze senza parole
di Mendelssohn, sei brani tratti dalle
opere 19, 38, 67 e 85.
L’interpretazione di Lugansky si è distinta per
l’elevata qualità artistica, restituendo con
precisione ogni dettaglio, una narrazione
limpida e un perfetto equilibrio tra le diverse
voci nei piani sonori. Tra i momenti di maggiore
impatto emotivo, spiccano l’Op. 67 n. 4 in do
maggiore (Spinnin Song) e l’Op. 67
n. 6 in mi maggiore (Ninna nanna). Andando a
ritroso nel tempo, Lugansky ha poi proposto la
celebre Sonata n. 17 in re minore Op. 31 n. 2
"La Tempesta" di Beethoven, offrendo
un’interpretazione classica ed equilibrata,
caratterizzata da una grande chiarezza timbrica
e un rigoroso
controllo
formale. L’Allegretto finale, pacato e
ben articolato, ha messo in evidenza il senso di
compostezza interpretativa del pianista. La
seconda parte del recital ha segnato un deciso
cambio di registro, con un programma interamente
dedicato a Richard Wagner. Particolarmente
affascinanti le trascrizioni dello stesso
interprete di Quattro scene da
Götterdämmerung: il Duetto d’amore tra
Brünnhilde e Sigfrido, il Viaggio di Sigfrido
sul Reno, la Marcia funebre e il Sacrificio di
Brünnhilde. Lugansky ha saputo rendere al meglio
il virtuosismo di chiara ispirazione lisztiana,
attraverso contrasti dinamici marcati e
armonizzazioni ricche e suggestive, ricreando
con efficacia l’atmosfera teatrale wagneriana. A
seguire, il Wagner delle celebri trascrizioni di
Franz Liszt, con Isolde’s Liebestod S. 447
da Tristan und Isolde, eseguito con
intensità e raffinatezza, che ha conquistato il
pubblico in sala. L’interpretazione è stata
accolta con un lungo applauso dal folto pubblico
presente. Lugansky ha concluso la serata
concedendo tre bis di ottima qualità: Lilacs
Op. 21 n. 5 di Sergej Rachmaninov
(1873-1943), lo Studio Op. 10 n. 7 di
Fryderyk Chopin (1810-1849) e un’altra pagina
eccellente di Rachmaninov, il Preludio Op. 23
n. 7. Gli applausi calorosi e prolungati
hanno reso omaggio a un’esibizione di alto
livello.
27 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
VERDI CON L’OTELLO
APRE AL COCCIA DI
NOVARA LA STAGIONE D’OPERA 2025
Ieri, domenica 26 Gennaio, il
Teatro Coccia di Novara ha visto l’apertura
della stagione d’opera 2025, che, come ormai
avviene dal 2022, coincide coi giorni della
festività patronale di S. Gaudenzio e dura per
tutto il corso dell’anno solare, sino a Dicembre.
La prima si era tenuta venerdì 24. Con il 2025
torna a Novara l’Otello verdiano, dopo
diciassette anni di assenza. Si tratta di una
coproduzione con i Teatri di Piacenza, Modena,
Reggio Emilia, Rovigo, in cui il cast novarese è
quasi totalmente cambiato. La regia di Italo
Nunziata,
molto sobria, si concentra sulla dimensione
psicologica di tormento assoluto, che serra come
in una spietata prigione l’io che ne cade
vittima. Da qui l’idea di far svolgere il dramma
del moro di Venezia in uno spazio chiuso,
delimitato da pareti di rame mobili, a
rappresentare anche l’esterno, il mare, ossidate
dal tempo e progettate dallo scenografo Domenico
Franchi, nonché illuminate dalle luci di
Fiammetta Baldisseri, per l’occasione riprese
dal Light Designer del Coccia, Ivan
Pastrovicchio, cui vanno ancora una volta le
nostre lodi per la capacità di creare effetti
d’ombra e cromatici di poderosa suggestione
drammatica. Le scelte registiche di Nunziata
spostano la vicenda nell’epoca in cui l’opera fu
composta (1887), un tardo ‘800 borghese. Le note
di regia non spiegano molto chiaramente le
ragioni di questa scelta, che non ci pare abbia
influenzato in modo evidente la rappresentazione,
salvo, ovviamente, i bei costumi di Artemio
Cabassi, che, con gusto tutto ‘alla Pizzi’, ha
confezionato abiti che colpiscono per la
raffinatezza dei tessuti, per i colori, per le
fogge: come ormai da un po’ di tempo al Coccia,
l’occhio è un organo di senso d’importanza
almeno pari all’orecchio. Venendo a quest’ultimo,
debuttava la direzione dell’Otello il Maestro
statunitense Christopher Franklin, alla sua
seconda direzione d’opera al Coccia, questa
volta alla guida dell’Orchestra Filarmonica
Italiana, accompagnata dal Coro del Teatro
Municipale di Piacenza (Maestro Corrado Casati)
dal Coro di Voci Bianche Piacenza (Maestro
Giorgio Ubaldi.) e dalla Banda di Palcoscenico
sotto la guida di Alberto Sala. Franklin ha
diretto correttamente la penultima fatica
verdiana, con scelta dei tempi equilibrata,
rispettando il
peso
vocale dei cantanti sul palcoscenico, con cura
molto attenta delle dinamiche e dei timbri
dell’orchestra, accompagnando con sapienza le
climax emozionali della partitura. Ottima ancora
una volta la prestazione della Filarmonica
italiana, compatta e precisa nell’emissione del
suono e nel rapporto tra le sezioni, così come
buona è stata la prestazione dei due cori
piacentini, e della Banda di Palcoscenico.
Venendo ai singoli cantanti, è ovvio che
l’Otello, per riuscire, deve poter contare su
tre voci di buon livello e qualità impeccabili.
Diremmo che i tre protagonisti sono stati
pienamente all’altezza dell’arduo compito cui
erano chiamati L’eroe eponimo era interpretato a
Novara dal tenore Roberto Aronica. La voce del
tenore di Civitavecchia è di bel timbro, buon
volume, con proiezione efficace., dal fraseggio
sorretto da buone dinamiche e da solidi registri:
da sottolineare la bravura teatrale, da
consumato attore, con cui Aronica ha dato vita
ad un Otello travolto interiormente dalla
sofferenza, da una inesorabile rovina, di una
tensione espressiva ed emotiva davvero
coinvolgenti. Decisamente positiva anche
l’interpretazione che di Jago ha dato il
baritono Angelo Veccia. Dotato di un raffinato
strumento vocale, sicuro e ben calibrato in
tutti i registri dell’estensione, ha dato prova
di un bel fraseggio, molto adatto al personaggio
nella sua linea espressiva suggestivamente
sottile, sostenuta da un’ottima dizione
perfettamente aderente alla ‘parola scenica’
verdiana. Recita benissimo, catturando nella
perfida ragnatela del suo disegno un Otello
vittima delle maniere signorili e disinvolte,
con cui Jago lascia cadere con apparente
indifferenza frasi e allusioni che sulla mente
del moro producono un effetto distruttivo.
Cantava Desdemona il quarantatreenne soprano
polacco Iwona Sobotka, al suo debutto nella
parte e per noi una scoperta. La sua è una voce
chiara e luminosa e in generale fluente nel
fraseggio, con
belle
messe di voce, capace di salire con morbidezza
ad un acuto, che, salvo qualche episodica nota
un po’ ‘strillata’, è di buona qualità. Il suo
punto di forza vocale è l’intensità espressiva
nei momenti emozionalmente più intensi
dell’opera, toccando l’apice nella sequenza del
quart’atto Canzone del salice-Ave Maria, sintesi
delle virtù musicali di questo soprano. Di
fisico iconico, ha anche recitato con efficacia
la sua parte sotto il profilo teatrale,
innocente e dolce vittima delle passioni
maschili, sorta di angelo caduto nell’inferno
degli uomini. Delle numerose parti di fianco
menzioniamo il tenore Oronzo D’Urso, bravo nel
ruolo di Cassio e il mezzosoprano macedone
Nikolina Janevska un’Emilia dalla voce un po’
troppo opaca. Il resto del cast ha assolto
diligentemente il proprio compito, contribuendo
al gran successo di questo impegnativo inizio di
stagione del Coccia, confermato pienamente dagli
applausi prolungati ed entusiastici del pubblico,
accorso come sempre numeroso e attento.
27 gennaio 2025 Bruno Busca
L'Orchestra Sinfonica del
Conservatorio
di Milano con Pietro Mianiti e Daniele
Martinelli
Una Sala Verdi gremita ha
accolto con entusiasmo i giovani musicisti
dell'Orchestra Sinfonica del Conservatorio di
Milano (OSCoM). Sotto la direzione di
Pietro Mianiti, il concerto è stato dedicato
alla Fondazione AVSI, una realtà di
volontariato che opera in diverse parti del
mondo, spesso in contesti di conflitti e crisi,
offrendo aiuti concreti alle popolazioni in
difficoltà. Il programma musicale proponeva due
capolavori di grande fascino e notorietà: il
Concerto n.3 per pianoforte e orchestra in re
minore op.30 di
Sergej
Rachmaninov e la Sinfonia n.5 in sol minore
op.64 di Pëtr Il’ič
Čajkovskij. Solista nell'impegnativo concerto di
Rachmaninov era Daniele Martinelli, giovane
promessa del pianismo internazionale.
Rachmaninov, pur radicato nella tradizione
romantica, ha saputo creare un’evoluzione
melodico-armonica nei tre movimenti del brano,
caratterizzata da una complessità tecnica
e interpretativa straordinaria per ogni pianista.
La parte solistica, spesso in primo piano
rispetto al tessuto orchestrale, trasmette una
tensione emotiva profonda, non limitandosi alle
sole Cadenze. Martinelli ha affrontato questa
sfida
con
virtuosismo straordinario, mostrando una
padronanza tecnica impeccabile e una maturità
interpretativa sorprendente per i suoi vent'anni.
La sua performance, chiara e sicura, ha rivelato
una profonda comprensione del lavoro, risultando
in un’esecuzione di altissimo livello. La
direzione attenta di Mianiti e l’ottima resa
degli orchestrali hanno completato un quadro
musicale di grande qualità. Gli applausi del
pubblico, calorosi e sinceri, hanno confermato
il successo del giovane pianista, che ha
concesso come bis una delicata pagina di
Schumann. Dopo una breve pausa, la serata è
proseguita con un’interpretazione di ottimo
livello della Sinfonia n.5 di
Čajkovskij.
Gli orchestrali, preparatissimi, hanno saputo
esaltare la ricchezza emotiva e le sfumature
della
partitura,
guidati con energia e precisione da Pietro
Mianiti. Segnaliamo almeno il violino di spalla
Luca Kaufman, che ha contribuito con efficacia
alla performance complessiva. Gli applausi,
meritatissimi, hanno suggellato una serata
memorabile. Chi desidera sostenere le attività
di AVSI può effettuare una donazione tramite
bollettino postale (000000522474 intestato a
FONDAZIONE AVSI ONLUS ONG) oppure tramite
bonifico bancario (IBAN IT 22 T 02008 01603
000102945081, intestato a FONDAZIONE AVSI presso
UNICREDIT SPA).
26/01/2025
Cesare Guzzardella
Straordinario concerto
con l'Orchestra
Sinfonica di Milano diretta da
Emmanuel Tjeknavorian e il violinista Benjamin
Schmid
Un evento di eccelsa qualità
musicale si è svolto ieri sera presso
l'Auditorium, dove l'Orchestra Sinfonica di
Milano, diretta da Emmanuel Tjeknavorian, ha
incantato il pubblico con un programma che
comprendeva Liszt, Paganini e Saint-Saëns. Il
Mephisto Waltz n. 1 di Liszt, più noto nella
sua versione pianistica, ha rivelato tutta la
sua forza espressiva anche nella trascrizione
orchestrale, grazie alla direzione incisiva e
coinvolgente di Tjeknavorian. Il
giovane
direttore è riuscito a esaltare il virtuosismo
dell’orchestra, delineando con maestria ogni
sfumatura timbrica e forgiando
un’interpretazione vibrante e trascinante. A
seguire, il Concerto n. 2 in si minore per
violino e orchestra "La Campanella" di
Paganini, celebre soprattutto per il brillante
Rondò-Allegro finale, ha mostrato la sua
raffinata complessità anche nei movimenti
precedenti: un melodioso Allegro maestoso
e un profondo Adagio. Benjamin Schmid,
violinista viennese di straordinario talento, ha
dato prova di un virtuosismo impeccabile,
caratterizzato da un controllo
dinamico
magistrale, una cavata morbida ed espressiva, e
una precisione assoluta negli acuti. Il suo
dosaggio dei colori musicali è stato
straordinario, rendendo ogni dettaglio un
piccolo capolavoro. L'orchestra, sotto la guida
sicura di Tjeknavorian, ha sostenuto
splendidamente il solista, contribuendo a un
equilibrio perfetto. Gli applausi fragorosi e
calorosi hanno sottolineato il grande
apprezzamento del pubblico, coronati da un bis
solistico di Schmid: un raro e virtuosistico
Studio-Capriccio di Rudolf Kreutzer. Dopo
l’intervallo, è stata la volta della Sinfonia
n. 3 in do minore di Saint-Saëns, un’opera
ingiustamente poco eseguita che
ha trovato in questa occasione una resa
magistrale. Il ruolo fondamentale dell’organo,
suonato in modo impeccabile da Alberto Gaspardo,
ha arricchito la tessitura sonora di questa
sinfonia, che combina una bellezza melodica
senza pari con un tessuto armonico esemplare. La
direzione di Tjeknavorian, attenta a ogni
dettaglio, ha saputo esaltare l’impatto emotivo
e la grandezza dell’opera, portando il pubblico
in un viaggio musicale di rara intensità. La
serata si è conclusa tra applausi calorosissimi,
un riconoscimento meritatissimo per tutti i
protagonisti. Il concerto sarà replicato
domenica 26 gennaio alle ore 16.00: un’occasione
imperdibile per gli amanti della grande musica.
25 gennaio 2025 Cesare Guzzardella
Un incontro con il
pianista Filippo
Gorini alla Steinway & Sons di Milano
Giovedì 23 gennaio, il
prestigioso Flagship Store di Steinway &
Sons in Largo Donegani ha ospitato il pianista
Filippo Gorini. Il noto interprete, vincitore di
importanti concorsi internazionali e
protagonista delle più prestigiose sale da
concerto, tra cui il Teatro alla Scala, ha
presentato un
nuovo
progetto che lo porterà in tournée mondiale. Il
progetto, intitolato "Sonata for 7 Cities",
è il frutto di una lunga riflessione e prevede
sette concerti in sette città diverse,
accompagnati da attività musicali in istituzioni
come ospedali e scuole. Durante l’incontro,
Gorini ha presentato il programma del
primo concerto, che si terrà a febbraio a
Vienna. Il repertorio comprenderà capolavori
come la celebre Sonata in do maggiore D 840 "Reliquie"
di Schubert rimasta incompiuta, la Sonata
in do minore op.111 di Beethoven, e una
nuova composizione del
rinomato
compositore Stefano Gervasoni, una Sonata
scritta appositamente per il pianista lombardo.
Le altre tappe del progetto includeranno città
come Città del Capo, Hong Kong, Milano (con un
atteso concerto alla Scala), e altre ancora. Gorini ha
poi offerto ai
presenti l'ascolto di
alcuni brani di Schubert e di Gervasoni,
presente all'incontro. Splendide le
interpretazioni! Brindisi finale.
24 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
Il violino di Stefan
Milenkovich
diretto da George Pehlivanian ai Pomeriggi
Musicali
Ritorna puntuale ai
Pomeriggi Musicali del Teatro Dal Verme il
serbo Stefan Milenkovich, interprete di
straordinario talento, noto fin dagli anni '80
come prodigio del violino. Dopo un lungo periodo
di pausa, Milenkovich ha ripreso la sua presenza
sulle scene italiane, confermandosi uno degli
artisti più apprezzati del panorama musicale
internazionale. Nell'anteprima del mattino, lo
abbiamo ascoltato nell'esecuzione di un
capolavoro della letteratura
violinistica:
il Concerto n. 2 per violino e orchestra op.
63 di Sergej Prokof’ev. A dirigere
l’orchestra è stato George Pehlivanian,
direttore statunitense di origini armene e ormai
una presenza abituale ai Pomeriggi Musicali.
Il concerto è stato preceduto da una selezione
di brani tratti dalla Suite armena di
Padre Komitas (1869-1936), figura cruciale della
cultura musicale armena. Sacerdote e compositore,
Komitas si dedicò con passione alla ricerca e
alla trascrizione delle melodie popolari del suo
paese, un lavoro simile a quello svolto da Béla
Bartók per l’Ungheria. Nella Suite armena per
orchestra d’archi, I Pomeriggi hanno offerto
un’esecuzione precisa ed elegante, mettendo in
luce
la semplicità e l’essenza folcloristica delle
melodie, splendidamente armonizzate per le
diverse sezioni degli archi. Con il Concerto
op. 63 di Prokof’ev, articolato nei tre
movimenti (Allegro moderato, Andante assai
e Allegro ben marcato), si è entrati
nel vivo della serata. La scrittura musicale,
che oscilla tra il neoclassicismo e il neo-romanticismo,
è stata interpretata con grande profondità ed
equilibrio da Milenkovich. Il violinista serbo,
impeccabile sotto il profilo tecnico, ha saputo
esaltare soprattutto il cuore del concerto: lo
splendido Andante centrale. In quel
passaggio, caratterizzato da una melodia
introduttiva quasi "glaciale", Milenkovich ha
regalato al pubblico un momento di rara
intensità emotiva. Dopo il breve intervallo, il
programma è proseguito con la celebre
Sinfonia n. 7 in La maggiore op. 92 di
Beethoven.
Anche
in questo caso, I Pomeriggi Musicali,
sotto la guida di Pehlivanian, hanno offerto una
lettura valida seppur non del tutto priva di
qualche margine di perfezionamento, essendo
essere stata, in questo caso, più un prova
generale del concerto serale. Applausi
calorosi hanno suggellato la performance, che
verrà eseguita come "Prima" questa sera alle ore
20:00 e sabato in replica alle ore 17:00.
Un’occasione da non perdere per chi ama la
grande musica.
23 gennaio 2025 Cesare Guzzardella
Il Signum Saxophone Quartet
per la Società dei Concerti
Un concerto insolito ma di
altissima qualità quello ascoltato ieri sera in
Sala Verdi, al Conservatorio di Milano, per la
Società dei Concerti. Il Signum Saxophone
Quartet è composto da Blaž
Kemperle al sax soprano, Jacopo Taddei al sax
alto, Alan Lužar al sax tenore e David Brand al
sax baritono. Il programma, intitolato
ForSax4!, includeva brani di Haydn,
Glazunov, Cuong e Bernstein, offrendo un
repertorio vario, ma unificato da una timbrica
coesa e avvolgente.
La
famiglia dei sassofoni mostra un'estensione
notevole, dalle note acute del soprano ai toni
profondi del baritono: la miscela di colori
è sembrata provenire da un unico,
straordinario strumento, grazie al virtuosismo
degli interpreti e alla loro capacità di
armonizzare i timbri, rispettando al contempo le
caratteristiche uniche di ciascuno. La prima
parte
della
serata, di stampo più classico, si è aperta con
il Quartetto per archi n. 37 in si minore
di Haydn, eseguito in una trascrizione originale
e rispettosa curata dallo stesso quartetto. Le
complesse architetture del grande compositore
austriaco hanno dunque trovato una nuova,
interessante modernità, nell'utilizzo di uno
strumento nato solo negli anni '40
dell’Ottocento, geniale invenzione del belga
Adolphe Sax. Interpretazione splendida, connubio
di rigore e grande sensibilità musicale. A
seguire, il Quartetto per 4 sassofoni op. 109
di Alexander Glazunov, un brano scritto
proprio per questi strumenti. Ancorato alla
tradizione classica, il pezzo include un Tema
con variazioni, alcune delle quali
richiamano esplicitamente Schumann e Chopin.
Esecuzione impeccabile, con un perfetto
equilibrio tra le voci e un gioco di parti
fluido e avvincente. Dopo l’intervallo, il
concerto è entrato in una dimensione
completamente diversa con Beggar’s Lace
del compositore californiano Viet Cuong (1990).
Tratto dalla raccolta Prized Possession,
il brano ha rivelato una libertà espressiva
senza precedenti, arricchita da effetti sonori
che nell’Ottocento sarebbero stati considerati
quasi impensabili. Questo pezzo, di grande
impatto timbrico ed esuberanza, ha esaltato le
capacità tecniche e interpretative di ciascun
sassofonista, confermando la straordinaria
sinergia tra gli strumenti. A chiudere il
programma, a sorpresa, una magnifica
trascrizione delle Symphonic Dances di
West Side Story di Leonard Bernstein, curata
da Sylvain Dedenon per quartetto di sassofoni.
I celebri temi dell’opera
–
tra cui Tonight, America, Somewhere, Mambo
e il Prologo
–
sono stati resi con particolare espressività,
evidenziando una tavolozza coloristica molto
vivace e suscitando l'entusiasmo del pubblico.
Gli applausi fragorosi dei numerosi spettatori
in Sala Verdi, molti dei quali giovani, hanno
premiato il talento del quartetto, che ha
concesso tre bis memorabili: una splendida
rielaborazione tratta dal Concerto di
Aranjuez di Rodrigo, un’energica
reinterpretazione di Thunderstruck degli
AC/DC e, per concludere, un brano klezmer
di tradizione folcloristica. Concerto
indimenticabile.
23 gennaio 2025
–
Cesare Guzzardella
Mahler trionfa alla Scala
con la direzione di
Lorenzo Viotti
L'ultima replica della
Sinfonia n. 6 in la minore di Gustav Mahler,
eseguita ieri sera al Teatro alla Scala dalla
Filarmonica della Scala diretta da Lorenzo
Viotti, ha confermato l'alto livello
interpretativo di questa produzione. Questo
imponente capolavoro sinfonico, composto tra il
1903 e il 1904 e presentato per la prima volta a
Essen in Germania nel maggio del 1906 sotto la
direzione dello stesso Mahler, è stato eseguito
nella sua prima versione: con l’Andante
come terzo movimento, preceduto dall’Allegro
energico e dallo Scherzo, e chiuso
dall’energico e monumentale Finale.
Viotti, giovane e carismatico direttore,
ha
saputo valorizzare la complessità dell’opera,
mostrando una particolare abilità nei passaggi
più corali, dove il coinvolgimento delle sezioni
orchestrali ha raggiunto un equilibrio perfetto.
La sua gestualità sicura e la sensibilità
interpretativa hanno contribuito a un’esecuzione
intensa, capace di esaltare la complessità della
partitura mahleriana. Seppure eccellente nel
complesso, l’esecuzione ha mostrato una minore
incisività nei momenti più intimi e cameristici,
dove il dialogo tra i pochi strumenti non ha
raggiunto lo stesso livello di contrasto e
tensione rispetto alle sezioni più ricche e
dinamiche. Tuttavia, le performance delle
singole sezioni orchestrali sono state di alto
valore espressivo: percussioni esuberanti,
ottoni potenti ed efficaci, e un’ottima resa
complessiva di archi e fiati hanno contribuito a
una serata indimenticabile.
Il pubblico scaligero, numerosissimo, ha
accolto l’esibizione con lunghi e meritati
applausi, confermando l’apprezzamento per
un’interpretazione che ha reso giustizia alla
visionarietà di Mahler.
(Foto di Brescia & Amisano
–
Archivio della Scala)
21 gennaio 2025
Cesare Guzzardella
Il pianoforte di Monica Zhang
a Musica Maestri!
La fortunata rassegna
musicale del Conservatorio di Milano, Musica
Maestri!, ha ospitato ieri nel tardo
pomeriggio la giovane pianista Monica Zhang,
un’interprete di grande talento. Nonostante la
giovane età, Zhang ha già ottenuto numerosi
riconoscimenti, avendo vinto oltre trenta
concorsi internazionali e il prestigioso
Premio del Conservatorio 2024. Nata a Milano
nel 2007, e non ancora diciottenne, Monica ha
dimostrato un livello tecnico e interpretativo
straordinario, confermato dal programma
impegnativo e ben strutturato presentato al
pubblico. Il concerto era incentrato su Chopin
(1810- 1849),
con l’aggiunta di un brano particolarmente
complesso e virtuosistico: le Variazioni su
un tema di Chopin, op. 22 di Sergej
Rachmaninov (1873-1943). Le Quattro Mazurche
op. 33 di Chopin hanno subito evidenziato
l’eleganza, la capacità narrativa e il controllo
del colore da parte d ell'interprete, che ha poi
proseguito con due celebri valzer: il Valzer
in do diesis minore op. 64 n. 2 e il
Valzer in sol bemolle maggiore op. 70 n.1.
Entrambi sono stati eseguiti con finezza
interpretativa e una resa timbrica delicata. Il
momento culminante del recital è stato
il brano finale, in cui la
Zhang ha rivelato
pienamente il suo spessore artistico e
virtuosistico. Le celebri Variazioni su un
tema di Chopin di Rachmaninov, composte tra
il 1902 e il 1903, si basano sul Preludio op.
28
n.20 di Chopin e lo trasformano in 22
variazioni caratterizzate da un’alternanza
di momenti lirici e passaggi di straordinaria
brillantezza tecnica. La Zhang ha affrontato
i
30 minuti di durata di questa complessa
partitura con una padronanza tecnica assoluta,
mettendo in evidenza in modo limpido le linee
melodiche e le stratificazioni armoniche
attraverso una gestione impeccabile dei
differenti piani sonori. La sicurezza esecutiva
e l’intensità espressiva hanno reso
l’interpretazione eccellente, come dimostrato
dagli applausi entusiasti del numeroso pubblico
presente in Sala Puccini. A coronamento
della serata,
la pianista ha concesso un bis altrettanto
straordinario: una splendida esecuzione del
Grand pas de deux dallo Schiaccianoci
di
Čajkovskij, nella celebre trascrizione
virtuosistica di Mikhail
Pletnev.
Un evento
sicuramente da ricordare.
20 gennaio 202 5
Cesare Guzzardella
Quando la bellezza si
sposa allo spettacolo. Il
recital
di Ettore Pagano
Il ventunenne violoncellista
romano Ettore Pagano è ormai popolare anche agli
amanti della musica c.d. classica del Piemonte
orientale: i due Festival stagionali di Vercelli
e di Novara, il Viotti e il Cantelli, sembrano
quasi contenderselo, e il suo recital di ieri
sera a Novara, nel quarto appuntamento del
Festival Cantelli, per l’occasione ospitato al
Conservatorio, è stato il suo terzo concerto che
in poco più di un anno abbiamo ascoltato. Date
le prodigiose qualità di questo autentico
talento, non possiamo che ringraziare tanta
abbondanza. Ieri sera Pagano suonava in duo con
il pianista viennese Max Kromer (n.1996),
vincitore di numerosi,
prestigiosi
concorsi in area mitteleuropea, nonché
protagonista da anni di un’intensa attività
concertistica. I due giovani hanno dato vita ad
uno dei più emozionanti concerti cameristici
ascoltati a Novara negli ultimi anni. Già il
primo pezzo dell’impaginato, la trascrizione per
violoncello (prevista dallo stesso Beethoven)
della Sonata in Fa magg. op.17 per corno (1800),
pur non brillando per particolari qualità
musicali nel catalogo beethoveniano, ha offerto
subito a Pagano l’occasione per esprimersi nel
suo fraseggio nitido e capace di raffinata
cantabilità, nell’’Allegro moderato iniziale,
così come nel brillante virtuosismo del finale
Rondò, in cui la tecnica del giovane talento
eccelle non esaurendosi mai su un piano
puramente meccanico, ma trovando sempre sottili
risonanze espressive. Perfetta l’intesa con
Kromer, a sua volta dotato di un tocco di
perlaceo nitore e di energia potente, capace
peraltro di colorarsi di tutte le più variegate
sfumature dinamiche e timbriche, in funzione di
un’espressività che si integra esemplarmente con
la linea espressiva del violoncello di Pagano Di
ben altro spessore, per impegno richiesto agli
interpreti, la successiva composizione, la
Sonata n.2 in Fa magg.op.99 di J. Brahms.
(1896). L’interpretazione datane dal duo
Pagano-Kromer è stata una delle più coinvolgenti
ascoltate di recente, per il perfetto equilibrio
sonoro e timbrico tra i due strumenti, per il
sapiente e preciso trattamento della densa
scrittura polifonica tipicamente brahmsiana e
per l’intensa tensione espressiva che ha
ispirato tutta l’esecuzione e che ha toccato il
suo culmine negli episodi estremi dell’Adagio
affettuoso, dove il violoncello di Pagano, col
suo suono di una morbidezza e ricchezza di
sfumature dinamiche impagabili,
e
il pianoforte di Kromer hanno creato una linea
musicale di cantabilità nobile e distesa,
soffusa di un trepidante crepuscolarismo, che
traduce l’essenza della Stimmung brahmsiana.
Indimenticabile è anche stato l’impetuoso e
drammatico tema principale, affidato al
violoncello, nell’iniziale Allegro vivace,
esploso quasi come un grido, che Pagano suona
con una potenza di contrasti chiaroscurali e
un’energia di suono e di fraseggio che non
temono confronti. Splendide le battute
conclusive della sezione dello sviluppo, in cui
Pagano ha sfoggiato un vibrato trascendentale,
su un delicato tappeto sonoro del pianoforte,
che lo caricava di ulteriore suggestione. Dopo
l’impegnativa Sonata di Brahms, il successivo
brano in programma, la Toccata op.83 (1935) di
M. Castelnuovo-Tedesco giunge all’ascoltatore
come una pausa di raffinato e gradevole
divertissement musicale, ove il momento più
bello è l’Aria centrale: Pagano la esegue con
aerea leggerezza e avvolgente morbidezza della
cavata, che si appoggia coi suoi suoni cesellati
e le delicate ombreggiature chiaroscurali sulla
linea accordale del pianoforte, suonata con pari
delicatezza, quasi eterea, da Kromer: un breve
sogno tradotto in suoni, che da solo ci dice la
maturità, per certi aspetti straordinaria, di
questo ragazzo. Il compito di chiudere il
concerto spettava alla Sonata per violoncello e
pianoforte FP 143 (1948) di F. Poulenc, in
quattro movimenti. Pagano e Kromer traducono le
limpide linee musicali neoclassiche di questo
delizioso gioiello musicale in una sonorità
trasparente, che rende al meglio la varietà di
ritmi e temi che la caratterizza, toccando i
vertici di una cantabilità raffinata e rarefatta
nella Cavatina in seconda posizione, dove il
violoncello carica lo svolgimento melodico di
valori espressivi appena virati sul registro di
una velata malinconia, cui si contrappone il
cenno d’ironia con il quale è presentato il tema
principale un po’sghembo del successivo
Ballabile. Il pubblico ha mostrato di aver
gradito molto il concerto, tributando un
prolungato, entusiastico scroscio di applausi a
Pagano e a Kromer, ricompensati con due bis: una
delle Chemins de l’Amour di Poulenc e di
Paganini Le Variazioni sul Mosè di Rossini.
Travolgenti, inutile dirlo.
20 gennaio 2025 Bruno Busca
A VERCELLI IL
VIOLONCELLO DI
GIORGIO LUCCHINI INAUGURA IL 2025 DEL
VIOTTIFESTIVAL
‘Giocava in casa’, ieri sera,
Sabato 18/01, al Teatro Civico di Vercelli, il
ventiquattrenne violoncellista Giorgio Lucchini:
vercellese, con importanti esperienze formative
e concertistiche in Italia e all’estero, è ormai
annoverato tra i più talentuosi violoncellisti
italiani della sua generazione. Nel programma
del concerto di ieri sera, nell’ambito del
ViottiFestival, chiudeva la serata con un pezzo
certo conosciuto, ma di non frequentissima
esecuzione, il Concerto per violoncello e
orchestra di fiati, contrabbasso, chitarra e
batterie op.129, composto nel 1989
dall’indimenticabile pianista e compositore
austriaco Friedrich Gulda, con l’accompagnamento
dell’Ensemble di fiati dell’Orchestra camerata
Ducale, diretta da Guido Rimonda. Si tratta di
un pezzo in cinque movimenti, che dunque guarda
al modello delle Harmoniemusik o Serenate del
tardo ‘700, caratterizzato da una estrema
varietà di ritmi, generi e stili musicali, temi,
ma il tutto all’insegna di una gioia di far
musica, gradevolissima per l’ascoltatore. Per il
solista l’impegno esecutivo è davvero notevole e
per questo il
Concerto di Gulda si offre a
Lucchini come l’occasione per mostrare tutto il
suo talento di virtuoso e di interprete, fin
dall’Ouverture, con il suo primo tema di un rock
aggressivo, che il solista vercellese suona con
grande abilità virtuosistica, sorretta da
potente energia, sui registri gravi dello
strumento, passando per la Cadenza (terzo
tempo), fatta di incessanti contrasti ritmici,
di tempo, dinamici, che il violoncello di
Lucchini padroneggia con estrema maturità,
sfoggiando doppie corde ardite, armonici
iperacuti che sfiorano il sibilo, glissando
vertiginosi, per culminare nell’agogica
indiavolata e fragorosa di gran parte del
Finale, gioioso congedo in stile bandistico, che
è un vero, trascinante inno al piacere di vivere.
Ma, accanto all’acceso virtuosismo, di gran
valore è stata anche l’interpretazione che il
giovane Maestro vercellese ha dato delle parti
più marcatamente espressive del concerto
guldiano: su tutte spiccano l’Idylle del secondo
tempo, dove Lucchini dà voce pura e limpida alla
grazia mozartiana del brano e il Minuetto
incantevole del quarto tempo: dalle quattro
corde dello strumento solistico si levano
morbide e un po’ sognanti volute di suono,
speziato di profumi orientaleggianti, che
sospendono la musica in un clima di fascinoso
mistero. Bravissimo Lucchini, davvero, per il
suo suono pieno, energico, profondo nel grave,
morbido e avvolgente nelle zone centrali, con
una cavata sempre attenta alle sfumature,
dinamiche e del colore del suono Un ‘bravissimo’
va anche indirizzato all’Ensemble fiati della
Camerata Ducale e al suo impareggiabile Maestro,
Guido Rimonda, che ha sempre dialogato col
solista con precisione e con cura finissima di
ogni dettaglio. Alla conclusione della splendida
esibizione di Lucchini il pubblico si è
abbandonato a travolgenti e prolungati applausi,
che hanno strappato al solista due fuori
programma: un canto popolare di Recife, opera
del Maestro di Lucchini, il brasiliano Meneses,
purtroppo scomparso prematuramente poco tempo fa,
e un acrobatico pizzicato che non abbiamo
identificato. Il concerto di Gulda era stato,
per così
dire, anticipato, in rapporto al genere
musicale, da due pezzi: la Serenata per fiati
n.11 in Mi bemolle maggiore KV 375 di Mozart, in
cinque movimenti e l’Ottetto per fiati in Mi
bemolle maggiore op.103, di L. v. Beethoven,
anch’esso appartenente al genere delle Serenate
tardo- settecentesche per strumenti a fiato,
benché suddiviso in soli quattro movimenti.
Entrambi i brani sono stati eseguiti
dall’Ensemble di fiati della Camerata Ducale,
senza la presenza del Direttore L’eleganza e la
trasparenza che sono la cifra caratteristica
dello stile interpretativo della Camerata Ducale
sanno anche concedere l’adeguato rilievo ai
momenti più ricchi di pathos ed intensità
espressiva di cui abbonda la Serenata n.11
mozartiana, già nell’Allegro d’esordio, ma in
particolare nell’Adagio in terza posizione, la
cui melodia principale, intrisa nel suo lirico
fluire di una tensione espressiva limpida, ma
profonda, è stata interpretata al meglio nella
sua bellezza dall’Ensemble, eccellente nel
lavoro di cesello che questa scrittura musicale
richiede. Un impaginato costruito con molta
intelligenza ha consentito un confronto tra la
composizione di Mozart e quella di Beethoven e
molto opportunamente l’interpretazione
dell’Ensemble della Ducale ha fatto affiorare
dall’Ottetto del secondo una maggior robustezza
dei temi, una più ricca sonorità, insomma un
gusto più orchestrale che cameristico, che
prevale sul cesello mozartiano. Ottimo dunque
questo giovanile (1792) Ottetto del gigante di
Bonn nell’interpretazione dei fiati della Ducale,
coi tempi giusti per il tema propulsivo del
Minuetto, ormai uno Scherzo, e con la impetuosa
vitalità del finale Rondò-Sonata, che, se è una
caratteristica ‘di genere’ della Serenata
dell’epoca, in Beethoven acquista però accenti
inediti. Perfetta l’intesa, in entrambi i pezzi,
tra gli otto componenti dell’organico Una serata
di musica deliziosa, donata dal ViottiFestival
coi suoi fiati in gran spolvero, al suo sempre
numeroso e fedele pubblico, all’insegna del
piacere di fare e di ascoltare musica, che a un
concerto della Camerata Ducale non mancherà mai.
19 gennaio 2025 Bruno Busca
Tjeknavorian dirige
l'Orchestra Sinfonica di Milano in Schumann e
Šostakovic
Un programma di grande
interesse, quello presentato ieri sera
all’Auditorium dall'Orchestra Sinfonica di
Milano, diretta da Emmanuel Tjeknavorian,
recentemente nominato direttore musicale della
compagine milanese. La serata ha proposto due
capolavori: il Concerto per violoncello e
orchestra in La minore op. 129 di Robert
Schumann e la monumentale Sinfonia n. 10 in
Mi minore op. 93 di Dmitri Šostakovic.
Solista
nel concerto di Schumann è
stato il venticinquenne austriaco Jeremias
Fliedl, ultimo allievo di Heinrich
Schiff
a Vienna. Sin dalle prime battute, il suono del
violoncello di Fliedl ha colpito per la sua
luminosità e la bellezza del fraseggio, che ha
saputo valorizzare appieno il carattere lirico
dell’opera. Questa composizione del 1850,
articolata nei tradizionali tre movimenti
eseguiti senza soluzione di continuità, assegna
al solista un ruolo assoluto di protagonista.
Fliedl ha interpretato il brano con sensibilità
e virtuosismo, supportato dall'orchestra che,
sotto la direzione attenta ed equilibrata di
Tjeknavorian, ha saputo valorizzare i colori e
le dinamiche del pezzo. Al termine, fragorosi
applausi hanno premiato l’esecuzione, cui Fliedl
ha risposto con un raffinato bis: un breve
movimento tratto da una suite di Bach per
violoncello solo. Dopo l’intervallo, è stata la
volta della poderosa Sinfonia n. 10 di
Šostakovic, composta nel 1953. Articolata in
quattro movimenti, questa sinfonia ha trovato
nella direzione di Tjeknavorian e
nell’esecuzione dell’orchestra una resa
travolgente. Lo stile inconfondibile di
Šostakovic, con il suo alternarsi di colori
tenui e
potenti
esplosioni ritmiche, è
emerso con forza: un paesaggio sonoro in cui
ogni sezione orchestrale ha saputo tessere linee
melodico-armoniche di straordinaria intensità.
Tjeknavorian, con un gesto preciso ed elegante,
ha guidato gli strumentisti in
un’interpretazione incisiva e trasparente, piena
di energia e profondità. Il risultato è stato
una lettura impeccabile, che ha entusiasmato il
numeroso pubblico presente in sala, meritandosi
applausi calorosissimi. Domani, alle ore 16.00,
è prevista la replica: un appuntamento da non
perdere.
18 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
L'Orchestra Filarmonica
di Zagabria diretta da Dawid Runtz con il corno
di Radovan Vlatković
Un concerto nella tradizione,
diversificato e di ottima qualit à,
quello proposto ieri sera al Teatro Dal Verme
dall'Orchestra Filarmonica di Zagabria, diretta
da Dawid Runtz, con la partecipazione del
celebre cornista zagabrese Radovan Vlatković.
Il programma prevedeva l'esecuzione della
celebre
Sinfonia
n. 6 Op. 74
"Patetica"
di Pëtr
Il'ič
Čajkovskij, preceduta nella prima parte da due
brani meno noti in Italia, ma di grande impatto
espressivo. Ad aprire la serata
è stato un breve brano di Jakov
Gotovac (1895-1982), compositore croato di
Spalato. La Danza sinfonica op.12, ricca
di riferimenti folcloristici, è stata eseguita
con precisione e chiarezza dall'orchestra, ben
guidata dalla direzione accurata di Runtz.
L'ingresso in scena di Radovan Vlatković
ha segnato l'inizio del secondo brano in
programma: il Concerto per corno e orchestra
in si bemolle maggiore Op. 91 di Reinhold
Glière (1875-1956),
compositore nato a Kiev e morto a Mosca. Questo
concerto, caratterizzato da una spiccata
tensione melodica, è stato valorizzato dal suono
limpido e incisivo del corno di Vlatković.
Con il sostegno delle eccellenti timbriche
della
Filarmonica, il solista ha offerto
un'interpretazione di grande efficacia
in tutti
i
tre classici movimenti. Gli applausi entusiasti
del numeroso pubblico hanno premiato
l'esibizione, culminata in un bis
concesso dal cornista: un brano del compositore
ungherese Mátyás György
Seiber per quartetto di corni, intenso e ricco
di espressività, eseguito insieme a tre colleghi
dell'orchestra. Applausi calorosi e
meritatissimi. Dopo un breve intervallo, la
seconda parte del concerto ha visto protagonista
la celebre Patetica, ultima sinfonia di
Čajkovskij. L'esecuzione ha messo in luce le
qualità della Filarmonica
di Zagabria e il talento del giovane direttore
polacco Dawid Runtz. Formatosi con maestri del
calibro di Riccardo Muti e Daniele Gatti, Runtz
ha dimostrato un gesto elegante e
incisivo,
capace di ottenere il meglio da ogni sezione
orchestrale. L’Op. 74 in Si minore, ricca
di contrasti e sfumature dinamiche, ha
evidenziato anche il virtuosismo degli
strumentisti. Il movimento finale, un Adagio
lamentoso di straordinaria intensità e
introspezione, è stato eseguito con grande
sensibilità, fino al lungo e suggestivo silenzio
conclusivo. Applausi prolungati e numerose
chiamate al proscenio per il direttore e
l’orchestra. La replica del concerto è prevista
per sabato 18 gennaio alle ore 17.00. Un
appuntamento da non perdere!
17
gennaio Cesare Guzzardella
Un magnifico Rudolf
Buchbinder per la
Società dei Concerti
Ieri sera, nella Sala Verdi
del Conservatorio, il celebre pianista austriaco
Rudolf Buchbinder ha dimostrato ancora una volta
la sua profonda sintonia con l'opera di
Beethoven, proponendo cinque delle sue 32 Sonate
per pianoforte e regalando ai numerosi
ascoltatori un viaggio straordinario nella
musica del geniale compositore di Bonn. Il
programma ha incluso: Sonata in
fa
maggiore op. 10 n. 2, Sonata in mi maggiore op.
14 n. 1, Sonata in re maggiore op. 28 “Pastorale”,
Sonata in mi minore op. 90 e Sonata in fa
minore op. 57 “Appassionata” . Questi
capolavori hanno trovato nuova vita grazie alla
splendida e tecnicamente impeccabile
interpretazione di Buchbinder, frutto di
profonda sensibilità e di rara intelligenza
musicale. La storica affinità del pianista con
Beethoven, unita alla sua maturità artistica, si
è tradotta in una performance capace di
coniugare energia e precisione e di trasportare
il pubblico in una dimensione di forte intensità
emotiva.
La lunga collaborazione tra la Fondazione La
Società dei Concerti e Buchbinder consente
di dimostrare che è possibile elevare l'arte
musicale a nuovi vertici: la Sala Verdi si è
confermata uno spazio ideale per esecuzioni di
questo calibro, dove ogni sfumatura del genio
beethoveniano è stata restituita con eleganza e
profondità. Le interpretazioni, tutte di alto
livello, ci sono apparse in crescendo, con le
Sonate op.90 e Op.57, eseguite dopo
l'intervallo, ancora più energiche e di più
avvincente espressività. Due bis eccellenti,
ancora beethoveniani, con i finali delle
Sonata op.31 n.2 e della celebre "Patetica".
Applausi fragorosi e continuati da parte di
un pubblico entusiasta. Serata memorabile.
16 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
Una maratona musicale in
Conservatorio con
Emilio Aversano
È stata una maratona musicale
di grande impegno quella che ha visto
Emilio Aversano esibirsi insieme all'Orchestra
Filarmonica Marchigiana, diretta da David
Crescenzi. Il pianista salernitano, noto per
queste imprese, da anni si cimenta
nell’esecuzione consecutiva e a memoria ,
anche di cinque concerti consecutivi per
pianoforte e orchestra. Ieri sera, nella Sala
Verdi del Conservatorio di Milano, il programma
ha incluso
quattro
lavori per pianoforte e orchestra, preceduti
dall’esecuzione introduttiva dell’Improvviso
in la bemolle maggiore op. 90 n. 4 di Franz
Schubert (1797-1828). Successivamente, è stata
eseguita la Fantasia in do maggiore D 760
“Wanderer-Fantasie”, nella trascrizione
orchestrale di Franz Liszt (1811-1886).
Rimanendo in un clima romantico, è seguito il
Concerto per pianoforte in la minore op. 16
di Edvard Grieg (1843-1907). Dopo l’intervallo,
il programma è ripreso con il Concerto n. 23
per pianoforte in la maggiore K 488 di
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) e si è
concluso con il Concerto n. 1 per pianoforte
in si bemolle minore op. 23 di Pëtr Il'ič
Čajkovskij (1840-1893).
In
totale, poco meno di tre ore di musica,
apprezzate da un pubblico piuttosto numeroso che
è rimasto in Sala Verdi fino al termine,
fatta
eccezione per poche defezioni. L’Orchestra
Filarmonica Marchigiana, guidata con precisione
da Crescenzi, ha accompagnato con solidità ed
espressività Aversano, un pianista che ha
dimostrato una valida preparazione e uno stile
in progressivo affinamento nel corso della
serata. Nella Wanderer-Fantasie, il tempo
scelto, piuttosto riflessivo, ha reso
l’esecuzione meno coesa, con un equilibrio
generale talvolta frammentato. Con il passaggio
al concerto di Grieg, invece, il pianista ha
trovato una maggiore fluidità e chiarezza
espressiva, evidenziando un riuscito dialogo con
l’orchestra
e un più che buon approccio alle atmosfere
romantiche. Dopo la pausa, il concerto
mozartiano ha offerto i momenti più convincenti
della serata. Aversano ha mantenuto un
equilibrio complessivo adeguato, calibrando con
attenzione il peso delle note e mostrando un
tocco pulito e ponderato, specialmente nell’Adagio
centrale. I movimenti laterali,
più vivaci, sono stati eseguiti con precisione e
vitalità. Il concerto di
Čajkovskij
ha concluso la serata con una performance di
valida resa, caratterizzata da un buon impatto
sonoro nei movimenti più
estroversi e una fluida coerenza
stilistica. L’Andantino semplice è
risultato equilibrato e curato. Gli applausi
finali calorosi hanno sottolineato
l’apprezzamento del pubblico, con diverse uscite
sul palco da parte dei protagonisti. Prossimo
concerto con Aversano e il Quintetto di fiati
dell'Accademia di Santa Cecilia il 10 febbraio.
14 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
La rassegna "Musica
Maestri!" in
Conservatorio con il mezzosoprano Patrizia
Patelmo
Un programma di canto
particolarmente variegato ha inaugurato il 2025
in Sala Puccini, presso il Conservatorio di
Milano, con il mezzosoprano Patrizia Patelmo e
il pianista Stefano Giannini protagonisti del
primo concerto della rassegna Musica Maestri!
Gluck, Cherubini, Massenet, Rossini, Debussy,
Saint-Saëns,
Verdi e Cilea sono stati gli autori interpretati
con passione dal mezzosoprano, docente presso il
Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e
vincitrice di numerosi concorsi internazionali
di rilievo. La voce della Patelmo ha brillato in
brani celebri come Che farò senza Euridice
di Gluck, Solo un pianto da Medea di
Cherubini, la vivace La Danza
(tarantella) di Rossini, Condotta ell'era in
ceppi dal Trovatore di Verdi, Acerba
voluttà da Adriana Lecouvreur di Cilea e
molti altri. La sua evidente espressività
coloristica si è combinata a un'arte
recitativo-gestuale di altissimo livello,
rendendo
ogni
interpretazione ricca di profondità emotiva. Di
grande pregio anche l'accompagnamento pianistico
di Stefano Giannini, che ha saputo valorizzare
ogni brano con armonizzazioni di qualità,
distinguendosi inoltre in alcune esecuzioni
solistiche. Tra queste, spicca l’elegia
Crisantemi di Puccini, proposta nell’ottima
trascrizione pianistica di Richard Katz, tratta
dall’originale per quartetto d’archi. La Sala
Puccini, gremita di appassionati, ha tributato
fragorosi e meritati applausi al termine del
concerto. Il pubblico ha accolto con entusiasmo
anche il bis conclusivo, Yo soy María di
Astor Piazzolla, interpretato con energia e
coinvolgimento.
13 gennaio 2025 Cesare
Guzzardella
Alexander Lonquich
direttore e solista
con i Pomeriggi Musicali per Mozart
Alla guida dell'Orchestra
I Pomeriggi Musicali, Alexander Lonquich ha
proposto un programma interamente dedicato a
Mozart, comprendente l'Ouverture da Le
Nozze di Figaro, il Piano Concerto No.22
in E-flat major, K.482 e il Piano
Concerto No.24 in C minor, K.491. Tre
capolavori maturi, composti a Vienna durante il
periodo più prolifico del genio salisburghese.
Il pianista e direttore, uno dei più stimati
interpreti della sua generazione, ha
dimostrato
ancora una volta la sua straordinaria
versatilità, ricoprendo con naturalezza il
doppio ruolo di solista e maestro concertatore.
Dopo un'esecuzione brillante dell'Ouverture,
ricca di energia e ben sostenuta dall'orchestra,
si è immerso nei due concerti per pianoforte,
dirigendo sia in piedi che seduto al pianoforte
con una concentrazione e una sensibilità fuori
dal comune. Il Concerto No.22, meno
eseguito rispetto al successivo K.491, si
distingue per una
scrittura
intensa, culminante nell'Andante centrale,
dove il dialogo tra pianoforte e orchestra ha
raggiunto una profondità espressiva
straordinaria. L'interpretazione ha rivelato un
perfetto equilibrio tra eleganza timbrica,
rigore stilistico e un'intensa complicità con
gli orchestrali, capaci di rispondere alle sue
indicazioni con grande reattività. Vincitore
giovanissimo del Concorso Casagrande nel 1977,
Lonquich ha costruito una carriera
internazionale che lo ha visto collaborare con
alcune delle orchestre più prestigiose al mondo.
La sua conoscenza approfondita del repertorio
mozartiano più maturo ha reso questa serata un
omaggio raffinato al genio austriaco,
confermando la statura artistica di un
interprete capace di unire virtuosismo e
sensibilità interpretativa. Di medesima
efficacia espressiva il bis ancora mozartiano
concesso con il movimento centrale, Adagio,
del Concerto n.23 K 488. Applausi
sostenuti dal numeroso pubblico intervenuto al
Teatro Dal Verme. Replica da non perdere per
domani, sabato 11 gennaio, alle ore 17.00.
10 gennaio 2025 Cesare Guzzardella
DICEMBRE 2024
Andrea Bacchetti,
Tetyana Fedevych e Yakov Zats a Villa Litta
Modignani
Un pomeriggio musicale di
grande qualità è stato quello offerto ieri a
Villa Litta Modignani, ad Affori, grazie
all’organizzazione di Gianfranco Messina,
pianista, violinista, compositore e promotore di
eventi musicali. Sul palco si sono alternati il
celebre pianista Andrea Bacchetti, la violinista
Tetyana Fedevych e il violista Yakov Zats, che
hanno regalato al pubblico un vero
viaggio
musicale, spaziando dal Settecento ai giorni
nostri. La prima parte del concerto, introdotta
da un intervento dello stesso Messina, ha visto
Andrea Bacchetti protagonista con un programma
dedicato principalmente a Johann Sebastian Bach,
compositore verso cui il pianista genovese nutre
un interesse profondo. Bacchetti ha eseguito con
maestria cinque Preludi e Fughe dal
Secondo libro del Clavicembalo ben temperato,
per poi passare a Mozart, di cui ha interpretato,
prima, la breve e intensa Kleiner
Trauermarsch in Do minore K453a, e poi, la
celebre Fantasia in Re minore K 397. La
sua interpretazione si è distinta per
virtuosismo ed espressività, e ha messo
in
luce il consolidato talento dell’artista. A
seguire, accompagnato ancora da Bacchetti al
pianoforte, il moscovita Yakov Zats ha eseguito
una selezione di brani per viola e pianoforte,
tra cui il suggestivo Kaddisch di Maurice
Ravel, il delicato Après un rêve di
Gabriel Fauré e il celebre Salut d’amour
di Edward Elgar. L’intenso brano di Ravel,
raramente eseguito, ha introdotto con grande
impatto emotivo i successivi due pezzi, più noti
ma non per questo meno coinvolgenti. Zats ha
saputo restituire, con la bellezza del suono del
suo strumento, grande eleganza e profondità ad
ogni sfumatura delle opere. La violinista
Tetyana Fedevych ha poi catturato l’attenzione
del pubblico con una brillante esecuzione della
vivace Malagueña di Sarasate, seguita da
un’interessante novità: Frammenti francesi,
una composizione di Gianfranco Messina.
Questo
lavoro, basato sulla rielaborazione di cinque
sequenze armoniche tratte da "Children’s Corner"
di Claude Debussy, culmina con un rimando alla
"Sonata per violino e pianoforte" dello stesso
compositore. La scrittura, caratterizzata da una
raffinata costruzione armonica e melodica, è
stata interpretata con sensibilità e precisione
sia dalla Fedevych che da Bacchetti. Il concerto
si è concluso con un ritorno al classicismo
settecentesco: il Duo per violino e viola K
423 di Mozart, interpretato con grande
intesa dal duo d’archi. La discorsività e
l’espressività messe in campo dai due musicisti
hanno suggellato un pomeriggio musicale di
ottimo livello, che ha saputo unire tradizione e
innovazione in un’esperienza resa ancor più
affascinante dalla cornice del bellissimo Salone
delle Arti.
28 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
La flautista Alessia
Scilipoti in
Conservatorio per "Musica Maestri!"
L'ultimo concerto del 2024
per la rassegna "Musica Maestri!" ha trovato
nella Sala Puccini del Conservatorio milanese la
vincitrice per la Categoria A - strumenti a
fiato- del Premio Conservatorio "G.Verdi" 2024,
la flautista Alessia Scilipoti. L'impaginato per
flauto solo, particolarmente vario, prevedeva
brani di compositori prevalentemente
contemporanei quali Jolivet,
Takemitsu
Saariaho, Maresz, Hersant e, con un brano
novecentesco di Debussy. La giovane interprete,
oppena diplomata nel livello più alto di
Conservatorio e vincitrice di altri prestigiosi
Concorsi, ha presentato il suo impaginato in un
valido contesto scenografico, ben studiato
nell'illuminazione, cambiava colorazione in
relazione alle timbriche dei lavori presentati.
Il brano del francese André Jolivet (1905-1974),
le Cinq incantantions, nelle sue cinque
parti, è stato eseguito unendo ogni parte con i
brani degli altri compositori: Voice di
Töru Takemitsu(1930-1996), Dolce tormento
- per flauto piccolo- di Kaija Saariano
(1952-2023),
Cirumambulation
di Yan Maresz (1966), Syrinx di Claude
Debussy (1862-1918) e Cinq miniatures
,per flauto in sol, di Philippe Hersant (1948).
La bravissima interprete si è espressa con gran
virtuosismo tecnico ed espressivo, unitamente ad
una sicura gestualità nel penetrare ogni
possibile effetto timbrico che i tre flauti
moderni utilizzati - con quello piccolo e in
sol- riescono a produrre. Valide tutte le
interpretazioni nell'ottima scelta del programma.
Applausi dal numeroso pubblico intervenuto in
Conservatorio e molto bello il bis concesso con
un brano di un compositore americano.
23 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
CON IL PIANOFORTE DI GABRIELE
ANGLANI E IL DUO PONGILUPPI-ZANFORLIN I
SABATI DEL CANTELLI SALUTANO IL 2024
Ieri,
sabato 21/12, il Conservatorio G. Cantelli di
Novara ha offerto l’ultimo concerto del 2024,
che nella sua prima parte proponeva un recital
di Gabriele Anglani, giovane pianista, tra i più
talentuosi formatisi al Cantelli, che già
avevamo avuto occasione di ascoltare ed
apprezzare nell’ambito del Pianovara, il
Festival pianistico novarese di fine estate.
Siamo tornati con vivo interesse ad ascoltare
Anglani in un programma dedicato a pezzi
originariamente non destinati al pianoforte, ma
trascritti per la tastiera da un qualche
pianista famoso. Tra questi pezzi Anglani ne
riproponeva tre di J.S.Bach già eseguiti per il
Pianovara, il BWV 147, il BWV 208 e il BWV 855
(come bis): per questi rimandiamo alla
recensione del concerto del 22/09/2024 su questo
giornale. Nuovo rispetto a quel recital è stato
invece, sempre di Bach, il Siciliano dalla
Sonata in Mi Bemolle maggiore per flauto
traverso e clavicembalo BWV 1031, trascritta per
pianoforte dal leggendario Wilhelm Kempff. Con
il suo tocco delicato, la sua sensibilità
espressiva che qui si esprime soprattutto nella
raffinatezza delle dinamiche, Anglani crea un
suono di sublime ed elegante malinconia, da
apparentarsi a certe pagine delle Passioni
bachiane.
Anglani non appartiene certo a quella cerchia di
“bachiani puri e duri” che considera un peccato
mortale suonare Bach al pianoforte usando il
pedale di risonanza. Al contrario, il pianista
pisano usa il pedale con grande frequenza, ma
con un tocco appena accennato, così da conferire
al suono una sottile, quasi evanescente
alonatura, che contribuisce non poco ai
suggestivi esiti espressivi dell’esecuzione.
Nella stessa tonalità del Siciliano di Bach, il
sol minore, il successivo Minuetto HWV 434/4 di
Handel, sempre in una trascrizione di Kempff, ha
sollecitato nel giovane pianista pisano le
medesime corde espressive del brano precedente,
offrendo un altro luminoso esempio di quella
poetica degli affetti cara all’età barocca, qui
virata sulla gamma della struggente malinconia.
Con un balzo di un secolo e mezzo circa,
l’impaginato di Anglani trasportava gli
ascoltatori nel 1878 di “Après un rève, op..7
n.1, di G. Fauré, nella versione d’autore la
prima delle cinque Mèlodies per voce e
pianoforte, qui presentata nella trascrizione
per solo pianoforte, opera del pianista italiano
S. Fiorentino, uno dei grandi della scuola
napoletana. Anglani interpreta questa
celeberrima romanza di Fauré creando
un’atmosfera sonora dai toni intimistici, di
rarefatta eleganza, con un tocco davvero di gran
classe e un gioco di chiaroscuri dinamici,
soprattutto per la mano sinistra, carichi di
suggestione. La tecnica di alto livello di
Anglani esce confermata, se mai ce ne fosse
stato bisogno, dall’ultimo pezzo in programma,
la trascrizione per pianoforte, sempre di
Fiorentino, del Lied “Widmung” di Schumann, in
cui la varietà di fraseggio e una tesa linea
espressiva tipicamente schumanniane sono
cesellate mirabilmente dal tocco di Anglani. Un
programma dunque tutto improntato
all’espressione, senza alcuna concessione al
virtuosismo, quello con cui questo giovane
pianista ha dimostrato tutta la sua classe,
davvero di gran livello. La seconda parte del
concerto vedeva in scena il duo Andrea
Pongiluppi, clarinetto, e al pianoforte Andrea
Zanforlin, Maestro collaboratore di fama. Ottima
l’esecuzione del primo dei due pezzi in
programma, la Première Rapsodie L 124a, di C.
Debussy, nell’originaria versione per i due
strumenti (successivamente Debussy ne presentò
una versione orchestrata). Molto bravi i due
interpreti nello sfruttare al meglio le sezioni
espressivamente contrastanti del pezzo, con il
clarinetto di Pongiluppi che dà voce sia al
registro più oscuro e meditativo, sia a quello
più brioso e ritmicamente vivace dello strumento,
mentre Zanforlin è bravissimo a creare con la
tastiera impasti timbrici
di
una sfumata delicatezza da acquerelli sonori, in
un gioco continuo e affascinante di rimandi ed
echi col clarinetto. Chiudeva il concerto, in
netto contrasto, un pezzo notissimo, la Sonata
per clarinetto e pianoforte di Poulenc, eseguita
in modo esemplare dai due interpreti, che ne
hanno valorizzato la linea architettonica
antidebussyana e antiwagneriana, costruita su
campiture sonore improntate a linearità e
purezza incantevoli: una tela di Mondrian contro
una di Monet. Il pubblico, ancora una volta
assai numeroso, ha applaudito con entusiasmo
questo bel concerto, senza bis.
22 dicembre 2024. Bruno Busca
I Valzer viennesi diretti da
Alessandro Bonato per
l'Orchestra "I Pomeriggi Musicali"
Una serata piacevolissima
quella che ha visto l'Orchestra "I Pomeriggi
Musicali" impegnata nel Concerto di Natale.
Sul podio del Teatro Dal Verme il giovane
direttore veronese Alessandro Bonato ha portato
Vienna a Milano, con un impaginato incentrato
sui Valzer degli Strauss. Precisamente quelli di
Johann Strauss Jr (1825-1899) il più prolifico
degli Strauss, con 479
numeri
d'opus, e del più giovane fratello Josef Strauss
(1827-1870). Brani che da decenni vengono
eseguiti dai massimi direttori nel celebre
Concerto di Capodanno viennese del Musikverein,
li abbiamo potuti ascoltare interpretati con
elegante resa stilistica dagli orchestrali de
I Pomeriggi. La formazione, abituata a
repertori diversificati, ha rivelato tutte le
sue qualità nell'eseguire questi celebri
capolavori di leggerezza, non disgiunta da una
raffinata costruzione musicale.
Quattordici
i titoli proposti nell'impaginato, ad iniziare
da Früblingsstimmeng op.410 di J.Strauss
Jr, inframmezzati da numerose e notissime Polke
come la Jokey Polka op. 278 di Josef
Strauss o Annen-Polka op. 117, la
Bauern-Polka op. 276, la Vergnügungszug-Polka
op. 281 di Johann Jr, dalla folkloristica
Ritter Pàzmàn, Csàrdàs op.441, e terminando
con il più noto An der schönen blauen Donau
(Il bel Danubio blu) ancora di Johann
Strauss Jr. Bis d'obbligo con la tradizionale
Marcia
di Radetzky di Johann Baptist Strauss
-padre- (1804-1849), dove anche qui, come a
Vienna, il numerosissimo pubblico entusiasta ha
battutto il tempo con le mani. Divertenti i
numerosi interventi del giovanissimo
percussionista Filippo Pelucchi che, tra spari
di pistola, colpi di martello sull'incudine e
buffi travestimenti, ha dato al concerto quella
simpatica ironia tipicamente "viennese", cui ha
contribuito anche il breve scambio di ruoli tra
il direttore e la giovane violista Giulia
Panchieri. Ottima la direzione, accurata ed
elegante, di Bonato. Splendida serata! Sabato
21, alle 17.00 la replica. Da non perdere.
20 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Il ritorno di Olga Kern
alla Società dei
Concerti di Milano
La pianista moscovita Olga
Kern, naturalizzata statunitense, è ospite
privilegiata della "Società dei Concerti"
milanese e ottiene da sempre grande successo.
L'impaginato ascoltato ieri sera in
Conservatorio, particolarmente
corposo
e classico, era denominato “Olga is back”
ed è stato introdotto da due brani di L.v
Beethoven: le 10 Variazioni in si bemolle
maggiore su un tema di Salieri WoO 73 e la
Sonata in do maggiore op. 53 “Waldstein”.
Meno note le Variazioni, più popolare la Sonata:
entrambi i lavori sono stati resi con chiarezza
espressiva dalla Kern, che ha anticipato la
parte più "romantica" del concerto con questi
riferimenti alla tradizione haydniana e
mozartiana, specie nell'arte delle "variazioni
su un tema", che ritroviamo in modo eccelso nel
brano
introduttivo.
Dopo la precisa, energica e trasparente "Waldstein"
dai virtuosistici trilli finali, il ritorno
al mondo delle trasformazioni si è ripetuto con
le Variazioni su un tema di Paganini op. 35
–
primo libro di J. Brahms, un lavoro
particolarmente difficile costruito sul celebre
Capriccio n.24 del grande violinista genovese.
Tutto Schumann nella seconda parte della serata,
dove la splendida Kern - che ha cambiato l'abito,
sempre elegantissimo, passando da un rosso
acceso a un blu turchese - ha evidenziato
assoluta
sicurezza e straordinaria sensibilità nel
cogliere i colori di entrambi i lavori: prime le
celebri Kinderszenen op.15, destinate
dall'Autore ai più giovani - ma portate a una
vastissima popolarità dalle memorabili
interpretazioni di Horowitz e della Argerich -
rese con profonda riflessione; a seguire il
Carnaval op.9, dove l'alternanza di momenti
di estrema rapidità ad altri più meditati
caratterizza i ventidue momenti musicali che
compongono l'opera giovanile - quasi "autobiografica"
- del musicista tedesco. La Kern si è mostrata
perfettamente a suo agio nel trovare un ottimo
equilibrio interpretativo, con frangenti di
altissimo valore estetico. Un concerto quindi di
qualità con applausi meritatissimi al termine e
ben tre bis concessi: il Preludio n.24 "Feux
d'artifice" di Claude Debussy, Spinning
Wheel dello svizzero Charles Lisberg, e per
finire, di Moritz Muszkowski, Etincelles
(Sparks). Da ricordare!
20 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
A NOVARA L’HARMONIE ENSEMBLE
INCANTA CON LA ‘GRAN PARTITA’ DI MOZART
Ieri
sera, 18/12, al Teatro Coccia di Novara il terzo
concerto della stagione del Festival Cantelli ha
visto protagonista il complesso di fiati (più un
contrabbasso) dell’Harmonie Ensemble: Harmonie
va qui inteso come parola tedesca che nel ‘700
identificava appunto una formazione cameristica
di soli fiati, precisamente quella che nel 1784
eseguì a Vienna la Serenata Gran Partita di
Mozart, il pezzo previsto dal programma della
serata, capolavoro assoluto stranamente poco
eseguito del grande Salisburghese. Composto da
musicisti che fanno o hanno fatto parte di
importanti orchestre italiane o internazionali,
l’Harmonie Ensemble è diretto dal Maestro
Alessandro Carnelli, anche lui con una
significativa carriera sul podio. Dunque il
programma del concerto prevedeva un solo pezzo:
la mozartiana Serenata per 13 strumenti a fiato
n.10 in Si bem. maggiore KV 361, detta ‘Gran
Partita’, probabilmente per il numero di
movimenti in cui è suddivisa, sette,
insolitamente alto per questo genere di
composizioni e che lo avvicina alla Suite di
barocca memoria e inusuale per la sua durata,
quasi un’ora, rispetto alla tradizionale musica
d’intrattenimento: evidentemente Mozart
intendeva andare oltre i confini del genere, pur
conservandone tutta la freschezza e la sublime
serenità. L’Harmonie Ensemble, sotto la sapiente
guida del Maestro Carnelli, ha dato
un’interpretazione davvero eccellente sotto il
profilo esecutivo ed espressivamente
coinvolgente, sfruttando con raffinatezza i
colori delle diverse coppie strumentali (oboi,
clarinetti, corni di bassetto, fagotti, corni a
quattro), e mostrando una davvero squisita
finezza nel trattamento delle dinamiche, nelle
scelte agogiche e ritmiche, un’abilità
virtuosistica che ha dato piena voce alla
freschezza inventiva di questo gioiello
dell’immenso scrigno mozartiano e infine e
soprattutto un’elegante leggerezza che è la
cifra
essenziale
di tanta incantevole musica mozartiana. Come
vertici esemplari di questa riuscitissima
esecuzione, indicheremmo l’Allegro Molto del
primo movimento, in cui i fiati dell’Harmonie
dispiegano in tutta la sua iridescente
suggestione la straordinaria ricchezza di colori
di questa Serenata e, naturalmente lo splendido
Adagio Romanza del quinto movimento, in cui
l’ascoltatore è stato emotivamente coinvolto
dall’atmosfera notturna d’indicibile dolcezza e
struggente malinconia, che i fiati dell’Harmonie
hanno saputo così bene esprimere, nel dialogo
incessante tra le coppie degli strumenti, capaci
dei più suggestivi impasti timbrici. Nel timore
che l’elenco degli strumentisti di cui
disponiamo non sia corrispondente alla
composizione dell’Ensemble di ieri sera, non
facciamo nomi, ma fermo restando che a tutto
l’Ensemble va tributato un giudizio di
eccellenza, vorremmo qui segnalare in
particolare la coppia dei clarinetti e il primo
oboe, per l’energia e la bellezza del suono, e i
quattro corni per la delicatezza del suono in
sordina, evocato con sensibilità raffinata ove
la partitura lo richiedeva. Al chiudersi del
festoso ritmo alla turca del settimo e ultimo
movimento, un delizioso Rondò che era un ‘invito
alla danza’ di weberiana memoria, il pubblico è
esploso in un fragoroso applauso, a testimoniare
il pieno successo di quest’altra bella serata di
musica, intensissima, che il Festival Cantelli
ha regalato ai suoi affezionati musicofili. Pur
affaticati da un pezzo lungo e molto impegnativo,
i bravissimi fiati dell’Harmonie Ensemble hanno
concesso due bis, i due Minuetti della Serenata.
Un concerto da ricordare.
20 dicembre 2024 Bruno Busca
L'Orchestra e il Coro
UNIMI
per il Concerto di Natale alla Statale
L'Orchestra e il Coro UNIMI
diretti da Marco Berrini hanno partecipato alla
Stagione Concertistica 2024 con il tradizionale
Concerto di Natale eseguito nell'aula Magna
dell'Università degli Sudi di Milano. L'Oratorio
de Noël op.12 di Camille Saint-Saëns è una
composizione del 1858 che prevede anche cinque
voci soliste per dieci
movimenti
ad iniziare da un Preludio in stile bachiano.
L'oratorio venne eseguito proprio in quell'anno
da un compositore- organista ventitreenne e
naturalmente oltre alle influenze del
genio di Eisenach troviamo anche quelle di
Händel, autori che hanno molto dedicato la loro
attività alle produzioni liturgiche. La valida
esecuzione è stata sostenuta anche da Monica
Bertolini, soprano, Giovanna De Marcellis,
mezzosoprano, Claudia Tocco,
contralto, Nunzio Borra, tenore e
Marco Cazzuffi, baritono. Ad integrazione
del lavoro liturgico sono stati eseguiti Tre
Carole natalizie per Coro misto e orchestra
d'archi (2015), rielaborazioni di Mauro
Zuccante (1962) di tre brani tipici del Natale:
Ecco la nuova stella, da un canto
popolare veneto,
O little tewn of Bethlehm,
tradizionale canzone natalizia da Brooks e
Vaughan Williams, e il noto Jingle
Bells. Zuccante ha operato una valida
rielaborazione dei tre lavori volta a
evidenziare un suo stile compositivo decisamente
riuscito nella chiarezza delle efficaci
orchestrazioni. Tutte e tre rilevanti i brani
con un Jingle Bells finale trasformato ma
di sicuro apprezzamento. E' stato anche ripetuto
come bis. Ottima la direzione di Berrini e
valide le cinque voci soliste. Applausi
sostenuti in un aula colma di pubblico.
18 dicembre Cesare
Guzzardella
Pavel Berman e
Roberto Arosio ai
concerti di Serate Musicali
È un duo di eccellente
qualità quello ascoltato ieri sera in Sala Verdi
al Conservatorio milanese per l'organizzazione
concertistica Serate Musicali. Il
violinista moscovita Pavel Berman e il pianista
italiano Roberto Arosio hanno proposto un
impaginato ad alto tasso virtuosistico
introducendo la serata con la celebre Sonata
n.9 in La maggiore op.47 "A Kreutzer", un
brano di grande energia timbrica relativamente
all'Adagio sostenuto. Presto iniziale e
al Finale.Pesto,
ultimo movimento della
Sonata. Piu contenuto nelle volumetrie l'Andante
con variazioni centrale, con la delicata
parte pianistica sempre in primo piano. Ottima
l'interpretazione fornita, giocata su un
perfetto equilibrio delle dinamiche,
rispettosissimo delle parti strumentali. Berman,
violinista di fama internazionale, ha ancor più
messo in risalto le sue qualità nella seconda
parte della serata con tre brani propriamente "violinistici"
quali "Baal Shem".Tre quadri di vita
Cassidica di Ernst Bloch, Sérénade
mélancolique in si minore.op.26 di P.I.
Čaikovskij
e con la
più virtuosistica Tzigane. Rapsodia da
concerto di Maurice Ravel.
L'intensa
espressività del violino Stradivari di Berman è
stata implementata dal pianismo, di grande
rilevanza coloristica, di Arosio, interprete
attentissimo a non prevaricare nelle volumetrie
di Berman, e altrettanto capace di muoversi tra
le corrette dinamiche, ricche di contrasti e di
raffinate timbriche. Tre interpretazioni di
eccellente qualità quindi, applauditissime dal
pubblico non numeroso presente in Sala Verdi.
Gli interpreti, visibilmente soddisfatti, hanno
poi concesso ben quattro splendidi bis: di Pablo
De Sarasate la Romanza Andaluza, di Fritz
Kreisler Liebesleid, di Johannes Brahms
la Danza ungherese n.2 e di Richard
Wagner Albumblatt, le ultime due, eccellenti trascrizioni per violino e
pianoforte. Una serata che meritava una Sala
Verdi al completo. Da ricordare.
17 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Un omaggio a Puccini
con "Mi
piaccion quelle cose" allo Spazio Teatro 89
Uno spettacolo ben congegnato,
e unitario nella sua complessità, quello
presentato ieri pomeriggio allo Spazio Teatro
89 di via Fratelli Zoia a Milano. L' "Omaggio
a Puccini fra musica e letteratura" -
nell'anno che ne celebra il centenario della
morte - ha trovato nel canto di Külli Tomingas,
nel pianismo di Luca Schieppati e di Agnese
Nascimbene, e
nella
voce recitante di Sonia Grandis, alti livelli
artistici che hanno reso tutto il lavoro
piacevolissimo e di ottima qualità. Il programma
è ruotato magistralmente intorno alla figura di
Giacomo Puccini (1858-1924), alla sua produzione
pianistica e vocale meno conosciuta e a note
biografiche, spesso divertenti ma anche
drammatiche. Molto valido il Melologo musicato
dal compositore Carlo Galante (1959), presente
in sala, riferito ad un testo dello scrittore
napoletano Giampaolo Rugarli (1932-2014),
"La
divina Elvira", recitato benissimo dalla
Grandis. Elvira Bonturi, prima amante e poi
moglie del geniale musicista toscano, viene
considerata come l'ispiratrice dei personaggi
femminili delle opere pucciniane, da Manon
Lescaut a Butterfly, a Tosca e Turandot. Luca
Schieppati ha introdotto il pomeriggio musicale
spiegando e motivando le scelte e la struttura
dello spettacolo, che ha quindi iniziato
suonando cinque pezzi per pianoforte di Puccini:
Piccolo Valzer, seguito dai meno noti
Piccolo tango, Foglio d'Album, Calmo e molto
lento, Scossa elettrica. Eseguiti con grande
espressività da Schieppati, si sono
avvalsi
anche di interventi da parte di Sonia Grandis,
che ha fatto precedere l'esecuzione pianistica
con la lettura dell'Aria di Musetta dalla
Bohème (1896) , riferita al Piccolo Valzer. Con
l'entrata in palcoscenico del mezzosoprano Külli
Tomingas, accompagnata da Schieppati, abbiamo
ascoltato tre splendide romanze per canto e
pianoforte - vere rarità- quali Sole e amore,
Terra e mare, E l'uccellino, brani
interpretati dal duo con efficace espressione
coloristica. Corposa e intonatissima la voce
della Tomingas, unita anche ad un'eccellente
capacità gestuale. L'ingresso della giovane
pianista Agnese Nascimbene ha quindi portato
all'esecuzione per pianoforte a quattro mani,
insieme
a
Schieppati, di una bellissima trascrizione di
Carlo Carignani dal celebre Intermezzo da
Manon Lescaut (1892) e di un'altra ottima
trascrizione di Giulio Castronovo, La
Tregenda, dalla prima opera pucciniana, Le
Villi (1884). Entrambi i brani sono stati
interpretati con precisione ricca di forza
espressiva e di carica emotiva, comunicate anche
grazie all'intensa lettura scenica della Grandis.
Il duo Komingas-Schieppati ci ha poi donato l'Aria
di Tigrana, da Edgar (1889), e l'Aria di
Frugola, da Il Tabarro (1918). Le qualità
attoriali oltre che canore del mezzosoprano si
sono qui ancor più rivelate mediante il
suo
efficace impatto melodico. Sonia Grandis è stata
molto convincente nel Melologo, dove
Galante, realizzando una composizione chiara ed
espressiva, oltre a sottolineare il testo di
Rugarli, ha trovato una splendida mediazione tra
il suo stile compositivo e quello pucciniano.
Puccini è sempre riconoscibile nelle note di
Galante, e il testo ripercorre alcune vicende
legate alla vita sentimentale del Maestro e alla
sua complicata relazione con Elvira. Era
presente in sala, tra il pubblico intervenuto
nell'elegante piccolo teatro, anche un figlio di
Rugarli. Lunghi applausi meritatissimi a ogni
protagonista di questo prezioso e originale
omaggio pucciniano.
16 dicembre 2024 Cesare Guzzardella
Il pianista Antonio Chen
Guang nel ricordo di
Antonio Mormone in Conservatorio
Siamo arrivati alla settima
edizione del "Concerto per Antonio" ,
dedicato ad Antonio Mormone (1930-2017),
fondatore e Presidente della "Fondazione La
Società dei Concerti". In Sala Verdi,
introdotto da Enrica Ciccarelli Mormone, attuale
presidente e organizzatrice della nota società
musicale, abbiamo ascoltato il pianista cinese
Antonio Chen Guang, nato nel 1994, una delle
numerose scoperte di Antonio Mormone che, con
sorprendente intuizione, ne comprese le
potenziali
qualità
e dal 2010 - anno del loro primo incontro - ne
seguì costantemente il percorso artistico,
costellato di premi e riconoscimenti prestigiosi.
Chen Guang, poi anche Antonio, come forma di
riconoscenza al talentuoso organizzatore, ha
impaginato un programma virtuosistico con due
capisaldi della letteratura pianistica: prima
gli Studi op.10 di Fryderyk Chopin e poi
la Sonata in Si minore di Franz Liszt.
Interpretazioni di ottimo livello per entrambi i
lavori. I dodici Studi op.10, prima serie di un
complessivo di 24 brani, considerando i 12 Studi
dell'op.25, sono stati resi con estrema
scioltezza attraverso un virtuosismo tecnico
completamente interiorizzato per una
restituzione ricca di dettagli.
Interessante
il collegamento di alcuni Studi con elementi
armonici, probabilmente dello stesso Chen Guang,
per rendere il complesso dei brani ancor più una
sorta di suite. Di pregnante resa espressiva la
Sonata lisztiana. L'interprete ha creato
un'infinità di contrasti nella corposa e celebre
Sonata, esternando con grinta e chiarezza ogni
frangente del complesso brano ciclico, dove
situazioni di limpida esternazione melodica si
scontrano con armonie cariche di tensione
emotiva. Applausi calorosi dal numeroso pubblico
di appassionati intervenuti in Sala Verdi. Ben
quattro i bis concessi, alcuni dei quali
dedicati ad Antonio Mormone. Dopo il Momento
musicale n.5 di Rachmaninov, un ottimo brano
dal folklore cinese, "Il Tempo Gioioso",
poi un eccellente Chorale Prelude BWB 639 "Ich
ruf zu dir, Herr" di Bach-Busoni, e a
conclusione uno Scott Joplin con una parte del
celebre Maple Leaf Rag. Da ricordare.
15 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
MUSICA RARA E SQUISITA AL
CONSERVATORIO CANTELLI DI NOVARA
Ieri,
14/12, nell’ Auditorium del Cantelli è stata
eseguito un concerto che presentava più di un
motivo d’interesse: anzitutto due formazioni di
tipo quartettistico piuttosto singolari nella
storia della musica da camera; in secondo luogo
gli autori, del primo o dell’avanzato ‘900, di
rarissimo ascolto nelle nostre sale da concerto,
benché meritevoli di maggiore attenzione;
classico last but not least, gli esecutori,
tutti giovani, neodiplomati e/o perfezionandi
presso il Cantelli stesso, in buon numero già
con una significativa esperienza concertistica
alle spalle. Insomma la conferma che al
Conservatorio di Novara i programmi sono spesso
sorprendenti per originalità delle proposte, che
escono dal prevedibile. Il concerto è stato
inaugurato dal Quartetto per clarinetto, violino,
violoncello e pianoforte op.1 del viennese
Walter Rabl (1873-1940): Direttore d’orchestra e
soprattutto insegnante di musica vocale, si
dedicò solo in età giovanile alla composizione,
con un linguaggio chiaramente influenzato da
Brahms, suo grande estimatore. Una curiosità:
pare che l’oggi totalmente
dimenticato
Rabl sia stato l’inventore di questo tipo di
quartetto, portato in auge da Messiaen con il
suo meraviglioso Quatuor pour la fin du Temps.
Lucia Nardacci al clarinetto, Simone Restuccia
al violino, Aurora Sciammetta al violoncello e
Valeria Aiazzi al pianoforte hanno eseguito il
quartetto, una volta superato qualche affanno
nei raddoppi, in particolare tra violoncello e
clarinetto, con buona intesa d’insieme e cura
più che apprezzabile dei dettagli compositivi.
In particolare i quattro giovani strumentisti
hanno saputo valorizzare appieno quello che è
forse l’elemento più interessante di questo
Quartetto di Rabl, il continuo trascolorare di
uno strumento nell’altro, col frequente ricorso
alla tecnica del canone, dando vita a impasti
timbrici variegati e sempre mobili, di raffinata
carica espressiva. Un plauso particolare è
dovuto al clarinetto di Lucia Nardacci, che nel
movimento più bello dell’opera, l’Adagio molto,
ha suonato la melodia lunga affidata al suo
strumento con una intensità espressiva davvero
notevole. La successiva formazione
quartettistica è certamente ancor più rara e
curiosa della prima: un quartetto di soli
clarinetti, il Quartetto Gama, formatosi presso
il Cantelli composto da Gaia Zecchini, Andrea
Pongiluppi, Manuel Ticozzi e Alberto Viganò. Il
loro esordio, ottimo, è stato il Divertimento,
per tre clarinetti e clarinetto basso, affidato
a Viganò, del compositore austriaco Alfred Uhl
(1909-1992), che lo compose nel 1942,
dedicandolo alla Filarmonica di Vienna e che è
forse la sua unica opera a non aver conosciuto
l’oblio totale. I ragazzi del Gama ne hanno
proposto, con bravura e finezza, l’inventiva
ritmica vibrante, venata di frizzante verve
umoristica e un linguaggio di lucidità e humour
dello Stravinsky neoclassico. Un brano
tecnicamente non semplice, in cui i quattro
giovani clarinettisti hanno dato prova
dell’ottima preparazione di ciascuno di loro e
della ben oliata compattezza del gruppo.
Tutt’altra musica quella del successivo pezzo
del francese Henry Tomasi (1901-1971), orbitante
nel Gruppo dei Sei,
i
Trois Divertissement, dove il Gama è stato
chiamato ad eseguire, con pieno successo, tre
pezzi improntati a un accentuato melodismo, con
una ricerca di differenziazione timbrica tra i
quattro strumenti identici molto abile, anche
sfruttando esperienze e linguaggi musicali tra
loro assai eterogenei, come i ritmi zingareschi,
a forte impronta orientaleggiante, nella
Mascarade centrale. Concludevano il concerto le
Cinque Danze popolari ungheresi di Ferenc Farkas,
compositore magiaro vissuto tra 1905 e 2000, ben
eseguito nel suo gradevole e fresco melodismo
perfettamente tonale, agli antipodi di Bartok,
che innovava profondamente il linguaggio della
musica appropriandosi delle scale e dei ritmi
della musica folklorica ; e l’arrangiamento,
opera di Pongiluppi, dell‘aria dalla Tosca “E
lucean le stelle”, che il Quartetto Gama ha
suonato, ancora col clarinetto basso, con il
dovuto pathos lirico, ennesimo omaggio all’anno
pucciniano, ormai giunto a scadenza solare. Un
concerto d’indubbio interesse, ben eseguito, che
ha riscosso il meritato successo di un pubblico
numeroso e plaudente, cui è stato regalato un
simpatico fuori programma, una originale
rielaborazione di Stille Nacht.
15-12-24 Bruno Busca
Un'intensa giornata musicale
in Conservatorio per la Società dei Concerti
La diversificata attività
della Società dei Concerti organizzata
dalla Presidente Enrica Ciccarelli ha trovato
ieri due concerti: quello del pomeriggio, per la
Serie Zaffiro, con il pianista
classico-jazzista Michele Di Toro e quello
serale, per la Serie Smeraldo, con il duo
formato dal pianista-compositore turco Fazil
Say, consolidato ospite della società
concertistica da decenni, e dal violinista
tedesco Friedemann Eichhorn.
Di Toro, conosciuto
da un vasto pubblico preminentemente jazzistico,
ha realizzato un programma "a sorpresa"
rivelando una solida preparazione classica
nell'eseguire tutta una serie di brani di vario
genere, mediati da una valida capacità
trasformativa in una sorta di _pastiche_, con
armonizzazioni consolidate dal sapore jazz. La
caratteristica di "Musica d'intrattenimento",
nel senso migliore, è emersa in toto. Iniziando
da un melodico e piacevole suo brano, Di Toro ha
voluto prima reinterpretare tre pezzi di Lucio
Battisti, riassunti in una breve "suite". Quindi
è passato ad una trasformazione di brani
classici come il Notturno op.9 n.2 di
Chopin o il celebre 'Alla turca'
mozartiano, secondo modalità piuttosto uniformi
ma certamente piacevoli. Incrociando classici di
Scott Joplin o alcuni brani tipici della cultura
melodica statunitense, è riuscito a farsi
apprezzare del numeroso pubblico intervenuto in
Sala Verdi che ha tributato fragorosi applausi.
Di buona fattura il brano da Piazzolla e il bis
da Bacalov dal film "Il postino".
Più legato alle sale da
concerto il duo serale. Fazil Say, oramai
una celebrità anche per il pubblico milanese, ha
organizzato insieme all'eccellente violinista
Friedemann Eichhorn un impaginato
interessantissimo, ad iniziare dalla nota
Sonata n.1 in la minore op.105 di Robert
Schumann.
Un'interpretazione di ottimo livello
quella ascoltata, particolarmente energica, che
ci ha rivelato una straordinaria intesa tra i
due interpreti. Di rilievo la trascrizione per
violino e pianoforte di Say del celebre
Vorspiel und Isoldes Liebestod dal
Tristano e Isotta di Richard Wagner. Anche
in questo secondo lavoro la simbiosi tra i due
concertisti ha generato un'esecuzione incisiva,
ricca di espressività. Nella seconda parte della
serata le celebri Danze popolari rumene
di Belà Bartók, nell'arrangiamento per duo di
Szekely, ha rivelato l'anima popolare di Say,
che insieme all'incisivo violino di Eichhorn ha
portato ad un'ottima resa sinergica alla "zigana".
L'ultimo brano era una composizione di Say, la
Sonata n.2 op.82 "Kaz Daği-
Mount Ida"
(2019),
scritta pochi mesi dopo la tragedia ecologica
del Monte Ida, nella Turchia nord-occidentale.
Furono abbattuti circa 200.000 alberi, con il
permesso del governo, da parte di una società
canadese che cercava oro. Oltre alla
deforestazione, la zona fu interessata anche
dallo sversamento di cianuro, usato per estrarre
l'oro dai minerali, con rischio di avvelenamento
delle falde acquifere.
Say ha quindi unito la
sua voce, in forma di musica, alle proteste: ne
è nata una composizione geniale ed
emozionante.Tre movimenti - Massacro della
natura, Uccello ferito e Rito di speranza-
rivelano ancora una volta lo stile
personalissimo di Say, giocato su un sapiente
uso del pianoforte, e qui anche del violino -
una scrittura eccellente per lo strumento a
quattro corde. L'uso anche percussivo degli
strumenti, i riferimenti al folclore turco e
dell'est Europa, e una naturale melodicità,
soprattutto nella parte pianistica, con colori
delicati, hanno determinato la straordinaria
qualità di un validissimo lavoro.
Applauditissimi dal folto pubblico, tra cui
anche centinaia di giovani turchi, i due
musicisti hanno concesso come bis un ottimo
Andante dalla Sonata n.1 per violino
e pianoforte, sempre di Say. Ancora applausi
meritatissimi.
12 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Ancora un grande
successo per
La Forza del destino al Teatro alla Scala
Pubblico entusiasta ieri sera
al Teatro alla Scala, alla seconda
rappresentazione de La forza del destino,
dopo la prima del 7 dicembre. Il capolavoro
verdiano che precede il Don Carlos, l'Aida e
l'Otello, è la versione completa del 1869, su
libretto di Ghislanzoni. È un titolo che mancava
da oltre vent'anni nella programmazione della
Scala: era infatti il 2001 quando venne allora
proposta la versione russa, quella del 1862 per
la direzione di Gergiev. Ciò che maggiormente
colpisce è la sinergia complessiva di tutte le
componenti artistiche-musicali, che hanno
portato alla riuscita di un'opera certamente
complessa, strutturata in situazioni diverse,
anche con limiti nella coerenza dei contenuti,
ma che diventa di grande profondità espressiva.
La rappresentazione musicale geniale di Verdi,
mediata dalla direzione eccellente di Riccardo
Chailly e da un cast vocale complessivo di alto
livello -unitamente all'eccellenza della
componente corale preparata da Alberto Malazzi-
si è avvalsa anche della singolare scenografia
di Federica Parolini. Una struttura circolare girevole,
infatti, ha il vantaggio di estendere la scena
in uno spazio maggiore, costringendo i cantanti
ad andare forzatamente contro il senso anti-orario
di rotazione: certamente è una valida soluzione
che ha reso dinamica l'ambientazione, mantenuta
tradizionale come i costumi di Silvia Aymonino,
nel contesto registico di Luca Moscato.
Opinabile, ma accettabile, la frammentazione
temporale in più periodi, in modo da creare un
rapporto di similitudine con il nostro momento
storico. Riccardo Chailly, attraverso una
lettura precisa, lucida e di energica
discorsività, ha potenziato gli ottimi
protagonisti: Anna Netrebko è una Donna
Leonora perfetta nel suo ruolo.
La sua forza
espressiva, sia vocale che attoriale, non ha
avuto minimi cedimenti, e insieme alla bellezza
dei suoi colori ha portato ad un unanime
consenso del pubblico, in un teatro al completo.
Di alto rilievo la voce baritonale di Ludovic
Tézier, un Don Carlo con timbro profondo
e vellutato. Ottimo Brian Jagde in Don Alvaro,
una voce tenorile con colori morbidi ed incisivi
e all'occorrenza ricca di volumetrie. Tutti i
comprimari sono stati di notevole livello e si
sono distinti nei non pochi frangenti utili:
Fabrizio Beggi nel Marchese di Calatrava,
Vasilisa Berzhanskaya, valente Preziosilla,
Alexander Vinogradov, Padre Guardiano,
Marco Filippo Romano, un incisivo, anche
attorialmente, Fra Melitone, e gli altri.
Applausi lunghi e fragorosi a tutti i
protagonisti, con numerose uscite in
palcoscenico. Ricordiamo le prossime repliche:
13-16-19-22-28 dicembre e 2 gennaio. (Foto di
Brescia & Amisano dall'Archivio del Teatro alla
Scala)
11 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
L'Orchestra Filarmonica
Italiana diretta da Diego
Montrone per Serate Musicali
Un numeroso pubblico ha
accolto l' OFI- Orchestra Filarmonica
Italiana-, e il suo direttore Diego Montrone
nel concerto organizzato da Serate Musicali.
Era una serata a favore della "Fondazione
Fare Welfare", un'organizzazione che
attraverso il Progetto DALIT, sviluppa
attività lavorative e programmi di sostentamento
in diverse parti del
mondo,
come nel Sud-Ovest del Bangladesh. L'impaginato
prevedeva brani particolarmente celebri quali la
Sinfonia in mi minore op.95 "Dal Nuovo Mondo"
di Antonin Dvořàk
(1841-1904) e la Marcia n.1 in re maggiore
da Pomp and circumstance di Edvard
Elgar (1857-1934), lavori entrati
nell'immaginario sonoro popolare per
l'orecchiabilità dei temi presenti e per un
certo uso avvenuto nel mondo del cinema. La più
corposa Sinfonia del musicista ceco, quattro
ampi movimenti con l'energico e popolare
Allegro con fuoco finale,
ha trovato un' ottima resa dall'OFI nella
decisa direzione di Montrone. Ricordiamo che l'OFI
è una formazione con molti giovani, una
compagine che ha proposte musicali diversificate
nei generi ed è aperta anche
al
repertorio contemporaneo. Il più breve lavoro
del musicista inglese, la nota Marcia n.1 in
re maggiore, utilizzata come inno
patriottico inglese nel canto Land of Hope
and Glory, è stata espressa molto bene dagli
strumentisti, in ogni sezione della grande
orchestra, con rilevanza particolare degli
ottimi ottoni. Applausi meritatissimi e come bis
ancora una celebre composizione, questa volta di
Sergej Prokof'ev con l'energica e scultorea
Danza dei cavalieri tratta dal balletto
Romeo e Giulietta. Applausi fragorosi
meritati. Ricordiamo il prossimo concerto di
lunedì 16 dicembre, con il violinista Pavel
Berman e il pianista Roberto Arosio. Tra
i brani in programma la Sonata per
pianoforte e violino n. 9 “A Kreutzer” di
L.v.Beethoven e Tzigane Op. 76 di Maurice Ravel.
Da non perdere.
9 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
"Infiniti mondi"
con musiche di Reich,
Andriessen e Nono in Conservatorio
Il concerto serale di Sala
Puccini in Conservatorio, conclusivo della
giornata di Studi per i Cento anni dalla
nascita di Luigi Nono, prevedeva brani di
Steve Reich (1936), di Louis Andriessen
(1939-2021) e di Luigi Nono ( 1924-1990) , tre
compositori che hanno in modo diverso avuto
molta importanza nel mondo della musica del
secondo
Novecento e Contemporanea. I primi due lavori
sono inquadrabili nel contesto minimalista,
anche se il compositore olandese ha più
riferimenti stilistici, mentre lo statunitense
Reich, con il brano ascoltato Music for
pieces of wood, è uno dei padri del
minimalismo. Entrambi hanno messo in evidenza
uno stile che mette in risalto i continui
cambiamenti ritmici in ambito percussivo. Il
brano più corposo, Workers Union, per
nove esecutori, di Andriessen, ha anche
strumenti a fiato (tre sax), utilizzati
soprattutto in senso ritmico.
Interessanti
tutte due le esecuzioni, nel gioco di
costruzione architettonica, con sequenze
ripetute nei minimi cambiamenti eseguiti con
precisione e in modo efficace dall'Ensemble
del Conservatorio di Milano. Il terzo brano
era invece un importante lavoro di Luigi Nono
denominato Polifonica, Monodia, Ritmica,
realizzato da un compositore ancora giovane, nel
1951, ma qui eseguito nella versione più ampia,
di
quasi venti minuti di durata. Ottima la
direzione di Takahairo Maruyama e la resa dei
giovani dell'Ensemble. Un lavoro molto
interessante di un Nono diverso, che risente
l'influsso del Primo Novecento - Schönberg,
Webern, ecc.- eseguito benissimo oltre che dalle
percussioni dai numerosi strumenti a fiato -
Flauto, Clarinetto, Clarinetto basso, Sax alto,
Corno- e il pianoforte. Una serata interessante,
molto applaudita dal numeroso pubblico
intervenuto in Sala Puccini che ha coronato la
giornata di Studi dedicata al grande
compositore veneziano.
7 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Il violinista Ning Feng
diretto da Lang-Lessing alla Società dei
Concerti
Un concerto con brani
particolarmente noti e molto frequentati nelle
sale di tutto il mondo, quelli proposti in
Conservatorio nella serata organizzata dalla
"Fondazione La Società dei Concerti".
Musicisti come Richard Strauss, W.A.Mozart e
L.v.Beethoven - nell'ordine d'esecuzione-' sono
stati proposti dalla Deutsche
Staatsphilharmonie Rheinland-Pfalz, diretta
da Sebastian Lang-Lessing, rivelando una
spiccata
qualità interpretativa. Un concerto inizialmente
virtuosistico con lo straordinario poema “Don
Juan op.20" di Richard Strauss, proposto ad
introduzione. È un brano altamente energico, uno
dei migliori e tra quelli più celebri del
musicista tedesco, che ha rivelato subito gli
ottimi colori delle sezioni orchestrali e la
precisione nei dettagli della direzione di Lang-Lessin.
Il brano successivo era particolarmente atteso
per la presenza del violinista solista, il
quarantaduenne cinese Ning Feng, vincitore nel
2009 del prestigioso Premio Paganini di
Genova. In pieno contrasto con il brano
precedente, il Concerto per violino n.5 in la
maggiore K 219 di Mozart, denominato anche “Türkish”
per
la presenza nell'ultimo movimento di un evidente
riferimento folcloristico "alla turca"- come
nella celebre sonata pianistica- , è
probabilmente il più celebre del genere del
genio salisburghese, pieno di eleganza definita
con raffinati colori da Feng, un virtuoso dal
tocco delicato e nello stesso tempo di sottile
incisività. Inserito benissimo nel tessuto
strumentale di un'orchestra quasi cameristica,
ha ricreato con sapiente dosaggio timbrico, quel
clima galante tipico dell'epoca. La
ricchezza dei temi, sino alla splendida "danza"
conclusiva, rendono il brano molto
riconoscibile
ad un vasto pubblico. Splendida interpretazione.
Due i bis solistici concessi da Feng, prima un
delicato Andante bachiano da una Sonata
per violino solo e poi un vurtuosistico
Capriccio n.1 di Paganini che ha rivelato in
toto tutte le qualità del grande interprete.
Invidiabile la quantità di "pesi volumetrici"
individuati nel breve ma sostanzioso
"capriccio". Dopo l'intervallo, ancora un clima
"di paesaggio" con la celebre Sinfonia n.6 in
fa maggiore op.68 "Pastorale" di Beethoven.
Il suono bucolico e naturalistico del brano è
stato reso molto bene dagli eccellenti
orchestrali in tutte le sezioni. Ancora meglio
negli ultimi due movimenti, con una splendida
scena di tempesta e quell'infinita serenità del
Finale. Applausi fragorosi dal numeroso
pubblico intervenuto.
5 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Brani di compositori viventi
al Museo
del Novecento per le sonorità del flauto e
della chitarra
L'interessante pomeriggio
musicale di musica contemporanea ascoltato ieri
al Museo del Novecento era titolato
"Eco di suoni italiani: nuove voci per flauto e
chitarra". Il musicologo prof. Renzo Cresti,
anticipato dal presidente di SIMC (Società
italiana di musica contemporanea) Andrea
Mannucci, ha presentato i protagonisti del
concerto, il flautista Roberto Fabbriciani e il
chitarrista Vincenzo Saldarelli impegnati
nell'interpretazione
di ben dieci recenti brani, la maggior parte con
la presenza dei rispettivi compositori: Riccardo
Piacentini, Simone Cardini, Maurilio Cacciatore,
Fabrizio De Rossi Re, Carlo Galante, Andrea
Mannucci, Leonardo Marino, Nicola Sani,
Alessandro Sbordoni, Fausto Sebastiani. Brani
per chitarra e flauto, per flauto solo o per
chitarra sola, che hanno rivelato una panoramica
assai diversificata sul modo di comporre e di
rivelare nuovi modi d'intendere la musica.
Certamente i noti strumentisti,
sia
Fabbriciani che Saldarelli, hanno mostrato
un'indubbia capacità d'interpretazione
utilizzando gli strumenti in tutte le
potenzialità che offrono. Tra gli interessanti
brani, spesso commissionati da SIMC per
il Festival d'autunno 2024, segnaliamo
almeno E più in alto le stelle.Nuove per
flauto e chitarra (e foto-suoni su cellulari
sparsi in sala) di Riccardo Piacentini; Un
souffle per flauto e chitarra di Nicola Sani,
Riflessi per flauto e chitarra di Andrea
Mannucci, Nestled within faded leaves per
chitarra sola di Simone Cardini, L'isola
delle figlie dell'acqua per flauto e
chitarra di Fabrizio De Rossi Re e Marsia e
le Muse di Carlo Galante. Applausi sostenuti
dal numeroso pubblico presente.
4 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Roberto Cappello
tra "Oriente
ed Occidente" per Serate Musicali in
Conservatorio
Un titolo pienamente
azzeccato quello scelto per il bellissimo
concerto pianistico di ieri sera alle "Serate
Musicali" del Conservatorio milanese. "Incantesimi
e incanti, da Oriente a Occidente" ci ha
portato in uno straordinario mondo di immagini,
di racconti e di esperienze sonore che solo un "mago"
del pianoforte quale Roberto Cappello poteva
evocare.
L'importanza
del concerto ascoltato non era data solo dal
fatto di avere un grande virtuoso italiano sul
palcoscenico di Sala Verdi, o dalla scelta
accurata dei brani proposti - Korsakov e Borodin
per "l'Oriente", Gershwin per "l'Occidente" - ma
anche dal fatto che quei brani erano
trascrizioni/arrangiamenti dello stesso Cappello.
Quindi musica mai ascoltata, timbriche
pianistiche che, soprattutto per i russi, hanno
ricreato perfettamente quel clima coloristico
tipico della grande orchestra. Ci riferiamo a
Sherazade di Rimskij-Korsakov (1844-1908),
alle Danze polovesiane di Aleksandr
Borodin (1833-1887) e alla Rapsody in Blue
di George Gershwin (1898-1937), rivisitata
potenziandola di splendide armonizzazioni.
Cappello (1951), pianista salentino con una
padronanza tecnica assoluta, ha approfondito
ogni dettaglio coloristico nei due russi,
ricostruendo con i tasti del pianoforte quel
clima fantasioso ricco di temi e di sviluppi
armonici che ben conoscevamo dalle esecuzioni di
grandi orchestre. La sua lunga esperienza
d'interprete, consolidata con la vittoria nel
prestigioso Concorso Internazionale
pianistico "Ferruccio Busoni" di Bolzano del
1976,
ci
ha ancora una volta rivelato che ci troviamo di
fronte ad uno dei massimi interpreti della sua
generazione, sia in Italia che a livello
internazionale. L'impalcatura architettonica
molto solida della lunga "suite" di
Sherazade, giocata su dinamiche ricche di
contrasti, che evidenziano con chiarezza le
linee melodiche nei differenti piani sonori,
potenziate da corpose armonizzazioni ricche di
colori, ha reso la prima parte del concerto di
alto livello estetico. Ottima la sintesi
discorsiva nelle Danze polovesiane di
Borodin, quattro Danze riprese più volte e una
coda dai colori esotici ed evocativi di
esemplare bellezza. Notevole il contrasto con il
modo di melodiare d'oltre oceano del grande
Gershwin, reso magnificamente da Cappello nella
celebre Rapsody in Blue, fantasioso brano
reso ancora più celebre da l
film della Disney, Fantasia 2000.
Applausi calorosissimi dal pubblico intervenuto
e due ottimi bis, con ancora una melodia di
Gershwin, Embraceable You, ...a occidente..,
rivisitata da Cappello, e un Rachmaninov doc,
...ad oriente..con il Momento musicale op.16
n.6. Davvero indimenticabile.
3 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Lucas Macías
dirige l'Orchestra
Sinfonica di Milano in Mozart e in Bruckner
Un accostamento interessante
tra Mozart e Bruckner ha visto il
direttore-oboista Lucas Macías interpretare
prima il Concerto per oboe e orchestra in Do
maggiore K 314 del genio salisburghese e
poi, solo alla direzione dell'Orchestra
Sinfonica di Milano, la Sinfonia n.1 in Do
minore
di Anton Bruckner. Composto nel 1777 da un
Mozart ventunenne, il concerto per oboe, poi
trascritto anche per flauto, ha trovato una resa
ottimale dal direttore-oboista spagnolo che poi
ha concesso come bis una pagina profonda di
J.S.Bach, con un timbro d'oboe straordinario
nell'Oratorio di Pasqua. Un cambio di
organico, con un deciso maggior numero di
orchestrali, per la prima delle Sinfonie di
Bruckner . Il compositore, impegnato anche come
organista e direttore d'orchestra, iniziò a
comporre le sue Sinfonie a una certa età. La
prima è del 1865-66, aveva già quarant'anni, ed
è tra le più brevi pur durando quasi cinquanta
minuti. Ha già quelle caratteristiche tipiche
del compositore austriaco, giocate su contrasti
tra
timbriche tenui e frangenti molto voluminosi.
Ottima l'interpretazione del direttore spagnolo
e la resa degli orchestrali in ogni sezione di
strumenti. Alla replica vista nel pomeriggio
domenicale, applausi fragorosi meritatissimi.
2 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
Simone Caserta
vince il Premio Nazionale delle Arti 2024 di
Composizione
Il Premio Nazionale delle
Arti 2024 per la categoria "Composizione"
ha portato nella Sala Puccini del
Conservatorio milanese cinque finalisti,
provenienti da differenti Conservatori italiani.
Il Direttore del Conservatorio "G. Verdi"
Massimiliano Baggio ha introdotto la serata di
musica contemporanea dove una valente giuria
composta da Alessandro Melchiorre (Presidente),
Fabio Vacchi e Gabrio Taglietti, ha deciso il
brano meritevole di vincere il Premio della
XVIII° edizione.
La
nota formazione cameristica di musica
contemporanea "mdi ensemble" ha eseguito
i cinque brani dei compositori finalisti, dalla
durata di circa dieci minuti ognuno. La stessa
ottima formazione strumentale ha voluto fare
ascoltare anche il brano vincitore della
rassegna dello scorso anno: Inner/Outer
di Jacopo Petrucci. In attesa dei risultati, in
omaggio a Bruno Bettinelli (1913-2004),
compositore milanese e per parecchi decenni
insegnante di Composizione del Conservatorio "G.Verdi",
sono stati
interpretati
due suoi lavori. Prima lo Studio da concerto
per fagotto, eseguito molto bene da Stefano
Ottomaniello e poi il più corposo Musica per
sette, interpretato ottimamente
dall'Ensemble del Conservatorio di Milano
diretta da Federica Di Vaio. La moglie del
celebre compositore, Silvia Bianchera, sul palco
insieme al Maestro Baggio, ha ricordato
Bettinelli e le lezioni date anche a lei nelle
aule del Conservatorio. Di ottima fattura i
brani in gara, presentati con perfezione tecnica
ed eccellente timbrica dai musicisti del mdi
ensemble diretti da Dario Garegnani
ed
eseguiti senza sapere la rispondenza con i
rispettivi autori. La giuria ha indicato come
vincitore della rassegna il terzo brano in gara,
quello di Simone Caserta, del Conservatorio
milanese. Caserta è allievo del compositore e
docente Federico Gardella. Il suo brano era
intitolato "Agavi, sentinelle di infiniti
confini". Congratulazioni al vincitore e a
tutti gli altri finalisti.
1 dicembre 2024 Cesare
Guzzardella
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