“More than kids” di Valerio Berruti a Palazzo Reale

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Fino al 2 novembre 2025 resterà aperta al pubblico, a Palazzo Reale, la bellissima mostra di Valerio Berruti, More than kids: un potente richiamo all’attenzione verso l’infanzia, alla vita che è appena agli inizi e ha – o dovrebbe avere – davanti a sé un lungo futuro, ma anche un sommesso invito a disseppellire il “fanciullino” di pascoliana memoria che resta in noi. Berruti, classe 1977, nato ad Alba, vive da sempre nel paesaggio collinare delle Langhe piemontesi, dove il silenzio, il profumo della terra, l’aria frizzante e i ritmi ancora lenti di un mondo antico legato all’agricoltura favoriscono l’introspezione e mantengono i ricordi.

L’artista usa per i suoi soggetti, i bambini, tecniche diverse di scultura, video-animazione, disegno; reinterpreta diversi materiali, come vecchi sacchi di juta grezza– quelli per la raccolta delle nocciole – che diventano tele da affrescare. La mostra ha avuto grande successo alla Fondazione Ferrero ad Alba – città dove Berruti ha anche inaugurato, nel 2022, un gigantesco monumento in acciaio inox bronzato nella piazza principale – e, dopo l’esposizione a Milano, tornerà nella capitale delle Langhe. Berruti ha vinto nel 2012 il Premio internazionale Luci d’artista di Torino; ha esposto alla Biennale di Venezia, a Tokyo, in Cina, a Johannesburg.

A Safe Place (2025), all’inizio del percorso espositivo, è un’installazione che mostra una bambina in un salvagente, in una camera buia: la luce che la colpisce fa sì che sembri galleggiare. Ma non è un momento felice di una vacanza balneare. Rappresenta invece l’infanzia tragicamente coinvolta nei flussi di migranti, la cui vita è spesso perduta in naufragi di barconi nel Mediterraneo. La colonna sonora della sala, molto coinvolgente, è stata composta da Lucio Disarò, da anni collaboratore di Berruti.

Del 2020 è L’abbraccio più forte, scultura in cemento, resina e juta, associata a disegni su cartoncino e a un video costituito da 776 disegni in sequenza. I disegni furono venduti per finanziare la costruzione dell’ospedale di Verduno, vicino ad Alba. Ed ecco che l’abbraccio per Berruti diventa reale e universale, non solo metaforico e artistico.

Nel silenzio (2024) rappresenta calchi e disegni di bambine, in posizione fetale, che ricordano i ritrovamenti archeologici di Pompei, in una sorta di dialogo muto tra umanità e natura. La musica che accompagna l’installazione è di Rodrigo D’Erasmo. Dal 3 ottobre al 3 dicembre 2025, un’opera analoga sarà esposta nella chiesa di San Domenico di Alba.

Tre bambine con un costumino rosa e pettinature diverse, sedute in cerchio ma di spalle, non interagenti, costituiscono l’opera Three (parts of) me (2025): in realtà quindi è la stessa bimba, triplicata nelle sue diverse personalità, una pubblica più conforme alle norme della società, una più privata e famigliare e infine una segreta e nascosta, la vera essenza. Tre “maschere”, dunque, che la tradizione giapponese vuole che valgano per ognuno di noi.

Magnifica l’installazione Nel nome del padre (2024): si entra in una stanza buia con una quarantina di bambini e bambine seduti, quasi inginocchiati, in costumi bianchi, illuminati da una luce soffusa: disposti come in un anfiteatro, sono tutti rivolti verso una figura centrale, una bambina con i capelli raccolti e il volto chino. Nessuno sorride, sembrano in meditazione, più filosofica che religiosa. E in effetti l’opera suscita una riflessione su tutti i bambini del mondo, su quell’universo infantile che assiste impotente alle guerre, all’indifferenza degli adulti, o peggio alla loro violenza di cui sono spesso vittime innocenti, e si pone domande senza risposte. Tra queste, la stessa domanda che dovrebbe porsi ognuno di noi: perché?

Nell’ultima sala, La Giostra di Nina (2018), dove i visitatori possono salire, aiutati da un gentilissimo addetto. Al posto dei cavallini, enormi passeri; il carillon è musica composta appositamente da Ludovico Einaudi. Le giostre, che attirano da sempre bambini (ma anche adulti), non sono altro che magici simboli del ciclo della vita, ma anche del moto della Terra e dei pianeti intorno al Sole, dello scorrere del tempo. Si partecipa dunque a un viaggio – in questo caso a un volo – senza inizio e senza fine. I passeri, che nella cultura greca e romana erano spesso associati a manifestazioni divine, sono liberi. Alcuni volano in cielo, verso il soffitto della sala. Un cortometraggio animato è abbinato all’installazione. È un invito a sognare, a tornare bambini, a riprendere a pensare in modo puro e innocente.

Nel cortile di Palazzo Reale, una testa gigante di bambina che guarda verso il cielo ( Don’t Let Me Be Wrong, 2024) ci porta ad osservare il mondo uscendo all’aperto, con gli occhi spalancati, con la capacità ancora di stupirci e di cogliere la verità più profonda.

Una curiosità: il titolo della mostra – imperdibile! – richiama alla memoria una canzone metal del 1990, More than words, del gruppo musicale statunitense Extreme. È rimasta in classifica tra le cinquanta più belle canzoni d’amore mai scritte.

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