sabato, Maggio 31, 2025
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Il virtuosismo colto di Emanuele Delucchi alla Primavera di Baggio


Da alcuni anni il pianista Emanuele Delucchi è ospite ricorrente — e ormai imprescindibile — della rassegna musicale Primavera di Baggio.

Ieri, sabato 24 maggio, nel tardo pomeriggio, l’ormai trentottenne pianista spezzino ha offerto nella Chiesa Vecchia di Baggio un programma tanto rigoroso quanto radicale, incentrato su un virtuosismo intellettuale e tecnico che pochi oggi osano proporre con tale coerenza. Delucchi è da tempo uno dei più acuti interpreti e promotori del repertorio di compositori-pianisti come Ferruccio Busoni, Leopold Godowsky, Carl Czerny — autori spesso emarginati dal grande circuito concertistico — che hanno trascritto, rielaborato e reinventato materiali di Bach, Schubert e altri, in chiave iper-virtuosistica e personale. A loro ha già dedicato ben dieci CD, e non per nostalgia del passato, ma per affermare un’idea alta, severa, quasi militante della musica.
Il recital ha preso avvio con la Passacaglia BWV 582 di J.S. Bach nella rielaborazione titanica di Eugen d’Albert (1864–1932): un’esecuzione sbalorditiva per nitidezza espressiva, dominio strutturale e uso calibrato delle dinamiche. Il riverbero naturale della chiesa ha amplificato l’effetto organistico, in perfetta simbiosi con il carattere dell’opera. È seguito il Preludio e Fuga op. 856 n.1 di Carl Czerny (1791–1857), brano tecnicamente micidiale che Delucchi ha attraversato con grande lucidità. Meno pirotecnica ma di sicuro fascino la Barcarolle op. 45 di Sergej Lyapunov (1859–1924), dove l’influenza di Chopin è emersa con eleganza, come ben argomentato dallo stesso pianista in sede di introduzione.
Con Primavera op. 39 n. 3 di Nikolaj Medtner (1880–1951), Delucchi ha rivelato ancora una volta la sua propensione a valorizzare repertori colpevolmente trascurati. Il blocco dedicato a Leopold Godowsky (1870–1938) — Studio n. 5 per sola mano sinistra, Studio n. 34 “Mazurka” e Ständchen da Strauss — ha confermato la sintesi tra intelligenza musicale e perizia digitale. Con il Tango di Igor Stravinskij (1882–1971) Delucchi ha introdotto una breve parentesi di ironia ritmica, subito chiusa dal suo personale eccellente arrangiamento del Lied Im Frühling di Franz Schubert (1797–1828): una riscrittura filologica e poetica, dove il pianismo si fa pensiero sonoro. A chiudere il programma, la Toccata BV 287 di Ferruccio Busoni (1866–1924): un brano in cui l’architettura formale si sposa con una furia visionaria che Delucchi ha incarnato con totale abbandono. Il bis — una trascrizione di Godowsky da un Andante per violino solo di Bach — è stato l’ennesima conferma di uno straordinario talento.
Applausi calorosi, meritatissimi. Viene da chiedersi: perché un artista di questo calibro non è ancora regolarmente presente nei cartelloni delle principali sale da concerto italiane ed europee?

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