Girato nell’Île de France – soprattutto a Vitry-sur-Seine, Pantin e Meudon – il film (2023), diretto dal bravo regista e sceneggiatore francese, nonché medico, Thomas Lilti (classe 1976), è un interessante spaccato di un anno scolastico in una scuola superiore di periferia, il Collège Victor Hugo, dove emergono dinamiche relazionali tra docenti e studenti e problemi didattico-educativi sovrapponibili alla maggior parte delle realtà scolastiche attuali.
Un giovane supplente di matematica, Benjamin Barrois (Vincent Lacoste), universitario alla sua prima esperienza d’insegnamento, dopo qualche difficoltà iniziale sembra riuscire a comunicare in modo efficace con la classe, finché un brutto episodio, legato all’assegnazione di un voto negativo a uno studente piuttosto aggressivo, non lo mette in crisi.
Colleghi e colleghe – in particolare il più anziano Pierre (François Cluzet), Fouad (William Lebghil), Meriem (Adèle Exarchopoulos), Sophie (Lucie Zhang) – sono piuttosto amichevoli e collaborativi, sostenendosi a vicenda nell’affrontare disagi e complicazioni. Anche il preside (Mustapha Abourachid) è una figura abbastanza valida nel gestire le diverse situazioni. Il Consiglio di Disciplina è senz’altro severo e non esita a prendere decisioni pesanti come l’espulsione definitiva di un allievo accusato di un comportamento non rispettoso delle regole (in Francia evidentemente è possibile, in Italia risulta difficile perfino deliberare una “sospensione dalle lezioni con obbligo di frequenza”!).
Quello che viene sottolineato – assolutamente condivisibile – è l’aspetto psicologico dei docenti della scuola, che non trovano certo nel loro faticoso lavoro in aula, con una trentina di ragazzi spesso annoiati e distratti, sollievo alle loro preoccupazioni famigliari o personali.
Si interrogano sulla validità dei loro metodi, quando i risultati ottenuti sono deludenti e fonte di frustrazioni. Il tempo che dedicano alla preparazione delle lezioni e alla correzione dei compiti è un vero lavoro “sommerso”, scarsamente considerato. A volte vengono richieste ai docenti attività per le quali non sono adeguatamente preparati (per esempio la simulazione di un’emergenza).
Inoltre, i genitori dei loro allievi non sono particolarmente solidali e comprensivi; e gli unici aiuti che appaiono validi sono paradossalmente rappresentati dai tutorial didattici che trovano sul web e ai quali fanno spesso ricorso per avere consigli su come trattare in classe un argomento per renderlo accattivante. Il tutto crea notevole stress (“i ragazzi mi sfiniscono”, dice Sophie).
Il film non offre certo soluzioni e non fornisce interpretazioni, giudizi o prospettive: ricorda però, con grande sensibilità e cognizione di causa, che insegnare è da sempre una “professione seria”, fondamentale, da molti sottovalutata e purtroppo forse sempre più difficile. Molto convincente l’ottima recitazione di tutti i protagonisti. Da vedere, per riflettere.