Il gradito ritorno del violinista canadese Kerson Leong, giovane, ma già protagonista della scena musicale internazionale, ha illuminato, con il suo Guarnieri del Gesù, la scena del Teatro Civico di Vercelli, ove, già più volte ospite, è stato chiamato a chiudere in bellezza la stagione n.27 del ViottiFestival, ieri sera, Sabato 31 Maggio. Ad accompagnare Leong, l’Ensemble d’archi della Camerata Ducale e, solo per la parte ‘vivaldiana’ del concerto, il basso continuo affidato a un clavicembalo. Il periodo dell’anno, che vede l’ormai imminente trapasso tra le stagioni della primavera e dell’estate, ha probabilmente ispirato il curioso programma che ci ha condotto dalle “Quattro stagioni” musicali del XVIII sec., ovviamente quelle di A. Vivaldi, alle quattro stagioni dal XX secolo, vale a dire le “Cuatro Estaciones Portenas”, ovvero le “Quattro stagioni di Buenos Aires”, del grande compositore argentino di tanghi Astor Piazzolla. Il capolavoro di Vivaldi è tra le composizioni più adatte alla personalità musicale di Leong, nel suo continuo alternarsi di parti virtuosistiche e parti d’intenso impegno espressivo.

Ma a questo va aggiunta un’ulteriore considerazione. La particolarità che fa di Kerson Leong un violinista di altissimo valore è la cura straordinaria per le sfumature, le pieghe sonore, le risonanze più inedite di una frase musicale, di un accordo, di un passaggio modulante. Sappiamo che da alcuni anni il giovane Maestro di Ottawa sta seguendo studi approfonditi di fisica sulla risonanza delle corde di violino, e questo non può non avere influenza sul suo modo di suonare. Come che sia, le Quattro stagioni vivaldiane si ascoltano dal violino di Leong come cosa nuova, per forza espressiva e intensità emozionale del suono. Il suo legato dà vita a una fluidità di fraseggio di una cantabilità coinvolgente, i portati e gli staccati danno dinamicità e particolare forza espressiva alla linea sonora. Il tutto sempre accompagnato da una cangiante varietà nelle nuance coloristiche del suono, esplorato in tutte le sue possibilità da Leong. I momenti più entusiasmanti? A nostro avviso, l’Allegro iniziale dell’Estate, con quell’alternarsi di estenuato languore e di misteriosi fremiti della natura (tra i pezzi di agilità di maggior impegno delle ‘Quattro Stagioni’), che Leong ‘carica’ di una venatura timbrica di suggestiva penombra, sfruttando magistralmente il colore tipico del Guarnieri; la sonorità trasognata e intensamente lirica dell’Adagio molto dell’Autunno; la ricchezza di contrasti dell’andamento musicale non solo dell’intera compagine orchestrale, ma anche della linea del violino solista, nell’Allegro non molto, e l’eccezionale intensità melodica del Largo centrale dell’Inverno. Kerson Leong è riuscito insomma a fare di una musica ‘descrittiva’, una musica ‘assoluta’ e questo certo è stato reso possibile grazie anche alla qualità eccellente degli archi della Camerata Ducale, ieri in forma davvero smagliante, cui ha contribuito in modo decisivo la bravura del primo violino, Giulia Rimonda, sempre precisa e accurata nel dettare, da eccellente Konzertmeister, tempi e ritmi e dinamiche e a comunicare un’energia di suono davvero coinvolgenti a tutto il resto del gruppo orchestrale, dialogando alla perfezione, dalla Primavera all’Inverno, con il talentuoso giovane solista. Da Venezia 1720 ca. a Buenos Aires 1965-70, gli anni in cui A. Piazzolla compose le sue ‘Quattro Stagioni’ quattro tanghi, scritti originariamente per un ristretto ensemble musicale. Solo nel 1998, a sei anni dalla scomparsa di Piazzolla, Leonid Desjatnikov, su richiesta di Gidon Kremer, ne farà una suite per violino e orchestra d’archi, peraltro introducendovi materiale musicale non presente nell’originale di Piazzolla e non di rado tratto dalle Stagioni di Vivaldi: l’aggettivo del titolo ‘portenos’ allude al porto di Buenos Aires dove nacque il tango. Ad ogni tango corrisponde una stagione, in ordine rovesciato rispetto a quello vivaldiano, perché B. Aires si trova nell’’emisfero opposto rispetto a Venezia: dunque Autunno, Inverno, Primavera, Estate. Nel complesso si tratta di un variopinto assortimento di effetti musicali, di melodie, spesso frammentarie, di armonie dei tanghi degli anni ’30, con forte presenza di dissonanze e di sincopi. Nel loro complesso, Le Quattro stagioni di Piazzolla, sul ritmo incessante e genialmente variato del Tango, seguono un po’, se vogliamo, lo schema dei concerti vivaldiani, con l’alternarsi di sezioni agogicamente vivaci e persino turbinose, a momenti di più melodica e distesa cantabilità, come nell’”Invierno Porteno” giustamente forse il pezzo più celebre dell’intera opera, proprio per la sua melodia intrisa di toccante mestizia. Nelle parti di agilità, Kerson dimostra tutta la sua bravura di virtuoso, gettandosi impavido nei vortici di una scrittura impervia, fatta di continui salti di ottava, di acrobatici acuti, di pizzicati, di strofinamenti del ponticello (per imitare il suono di uno strumento tipico del folclore argentino, il Guiro, uno strumento a raschiamento, una sorta di raganella) etc. etc. accompagnato da una gruppo di archi in cui l’energia del suono diventava spesso abbandono ad un puro, gioioso slancio vitale fatto di numeri di agilità inauditi, con violente strappate di corda di grande impatto emozionale sull’ascoltatore. Quando poi Leong si abbandona ai momenti di più pacata melodia, ci fa gustare una sonorità diversa da quella espressa nell’interpretazione di Vivaldi, la sonorità struggente e vitale ad un tempo del tango e del mondo emozionale che esso sprigiona. Il momento espressivamente più alto, oltre al già citato Invierno è, nell’Otono (Autunno) la cadenza solistica del primo violoncello, suonato dal bravissimo Giorgio Lucchini, in costante dialogo col solista, di quasi attonita mestizia, sostenuta a un certo punto dai pizzicati dei contrabbassi e con la quale entra infine in dialogo, prima che si spenga, l’acuto in sordina del violino solista, con un suono che ti raggiunge l’anima. Molto intelligente la scelta di alternare una Stagione di Vivaldi con una di Piazzolla, partendo dall’abbinamento Primavera di Vivaldi, Otono di Piazzolla e così via, seguendo il succedersi delle stagioni nei due emisferi.

Ne è risultato un complessivo effetto musicale di grande intensità espressiva, nella quale due stili musicali così lontani nel tempo e nello spazio parevano fondersi in un unitario mondo sonoro di splendida ricchezza di colori e di invenzione. Il concerto ha riscosso un successo entusiastico da parte del pubblico che riempiva platea e palchi del Civico, premiato dai bis concessi da Leong: noi ne abbiamo ascoltati due, l’Adagio e il Largo dalla Sonata per violino solo n.3 di J.S. Bach, eseguiti con una eleganza e finezza espressiva mirabili dal violinista canadese. Dopo il secondo bis siamo usciti dalla sala e non possiamo escludere che Leong ne abbia concessi altri: in un recente recital ne ha suonati ben sei. Un concerto, dunque, che ha degnamente concluso un’altra bella stagione del ViottiFestival, e che ci porteremo nella memoria. (Foto in basso da Uff. Stampa di Vercelli)