Il violoncellista-compositore siciliano Giovanni Sollima ci ha ormai abituati da molti anni alla sua trasgressione musicale, che parte dal repertorio più antico per arrivare alla sua musica personale. Una musica, la sua, che ha sempre al centro la melodia, in tutte le sue declinazioni: dalle perfette intonazioni delle arie, alle variazioni delle medesime, fino allo stravolgimento in senso “concreto”. Tutto questo attraverso il suo violoncello, che ogni volta abbraccia, percuote, e al termine di ogni concerto solleva, vittorioso. Il violoncello, e lui con esso, sono sempre al centro dell’attenzione dello spettatore, anche quando Sollima, nella doppia veste di compositore e interprete, è circondato da numerosi compagni di viaggio, come quelli ascoltati ieri sera nella Basilica di Santa Maria della Passione di Milano, a fianco del Conservatorio “Giuseppe Verdi”. Il gruppo strumentale Il Pomo d’Oro, guidato dal violino e concertatore Federico Guglielmo, ha trovato in Sollima il proprio fulcro: presenza scenica, espressività facciale, fisicità debordante. Il programma del concerto, primo appuntamento del “Festival Internazionale di Musica Antica” (8 luglio – 27 agosto), alternava brani di Tartini e Vivaldi a quelli dello stesso Sollima, in un flusso continuo che rivelava l’origine antica del suo linguaggio musicale. Una musica che da Venezia giunge fino alla Sicilia, attraversando il caldo Mediterraneo e le sue influenze orientali e arabe, penetrando nell’ascoltatore grazie all’incisività di uno strumento ad arco che, più di ogni altro, somiglia alla voce umana. È proprio questa umanità a trasparire nella musica di Sollima e nel suo rapporto dialettico con gli altri strumentisti, ed è anche ciò che conduce puntualmente a lunghi e fragorosi applausi, come quelli che hanno riempito la basilica gremita.
L’impaginato, intitolato “Al Bunduqqiyya – The Lost Concerto”, accostava all’Aria del Tasso e Gondoliera di Tartini (naturalmente in una bella rielaborazione di Sollima) celebri concerti vivaldiani come il Concerto RV 547, la sinfonia da Dorilla in Tempe RV 709, e Il Proteo, ossia il mondo al rovescio RV 544. Accanto a questi, anche lavori originali di Sollima: rielaborazioni vivaldiane come Il Concerto Perduto (ricostruito a partire dal frammentario RV 787 per Teresa), brani interamente autografi come Moghul e The Family Tree, che ci hanno condotti nel suo mondo espressivo, fatto di melodie popolari, come la curiosa serie di elaborazioni su danze tradizionali cipriote, i “Kartsilamades“, articolate in tre movimenti e caratterizzati da ritmi incalzanti, improvvisazioni e una vena stilistica che a tratti sfiora il rock.
Bravissimi tutti gli strumentisti, spesso protagonisti di interventi solistici, con una menzione particolare per l’eccellente violinista e concertatore Federico Guglielmo.