Un incontro tra virtuosismo, sensibilità cameristica e radici mediterranee ha visto protagonisti in Sala Verdi, nel Conservatorio milanese, il clarinettista Fabrizio Meloni, il pianista Emilio Aversano e il Quartetto Magna Graecia, formato da Manuel Arlia e Teresa Giordano ai violini, Giuliana Cammariere alla viola e Francesco Valenzisi al violoncello.
Musicisti uniti non solo da un’affinità musicale profonda, ma anche da un comune orizzonte culturale e umano che affonda – tranne per il comasco Meloni- le radici nel Sud d’Italia, nel calore e nella luce del Mediterraneo.
Il programma, di rara coerenza e raffinatezza, ha accostato due capolavori in la maggiore che segnano l’apice della musica da camera per strumenti a fiato e a tastiera. Sono brani nei classici quattro movimenti, molto diversi tra loro: il primo, del grande salusburghese,, è nello spirito più classico e di delicato e perfetto equilibrio formale; il secondo, del compositore ceco, è intriso di romanticismo con uno sguardo rivolto al folclore slavo. Il Quintetto K.581 di Mozart, scritto per l’amico Anton Stadler, ha aperto la serata con la sua inconfondibile eleganza: un dialogo sereno tra clarinetto e archi, in cui la voce di Meloni, centrale nel lavoro, ha saputo fondersi con la morbidezza dell’ensemble, restituendo l’intimità e la limpidezza del linguaggio mozartiano. Un’interpretazione all’insegna dell’equilibrio dovo le volumetrie tra l’eccellente solista e gli archi erano in perfetta sinergia. Nella seconda parte, il Quintetto op.81 di Dvořák ha offerto un contrasto di energia e di colore: il pianoforte di Aversano ha guidato il quartetto in una lettura viva e appassionata, alternando la malinconia lirica della Dumka, con quelle pregnanti poche note pianistiche ripetute, al ritmo travolgente del Furiant.
L’insieme ha trovato un buon equilibrio tra slancio romantico e precisione cameristica, con un affiatamento dove le ottime dinamiche di fresca leggerezza di Aversano si sono opposte ai quattro archi, più grintosi, esaltando nell’insieme cameristico la bellezza delle infinite melodie, molto cantabili, che il corposo brano propone. Applausi meritatissimi dal pubblico di Serate Musicali e come bis la ripetizione del piacevolissimo Scherzo-Furiant Una serata di dialoghi perfetti tra strumenti, epoche e stili, illuminata da quella naturale musicalità che accomuna gli interpreti e che dona alla classicità di Mozart e di Dvořák un calore tutto umano e contemporaneo.