ANNA CAPPELLI al Teatro Franco Parenti

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Fino al 9 novembre è in scena al Teatro Franco Parenti Anna Cappelli, uno degli ultimi lavori del drammaturgo campano Annibale Ruccello (1956 -1986), morto giovanissimo in un tragico incidente stradale.

Laureato brillantemente in filosofia a soli ventun anni, fu anche attore, regista, nonché studioso della cultura e della lingua napoletana.

Il dramma, un monologo con protagonista femminile, fu portato in scena con successo – tra le molte rappresentazioni – da Anna Marchesini nel 1998 e da Maria Paiato nel 2013. Al Parenti, per la regia dell’argentino Claudio Tolcachir, recita la pièce l’ottima attrice Valentina Picello, nata a Bari nel 1980 e diplomata alla scuola del Piccolo Teatro di Milano nel 2002, pluripremiata per le sue doti interpretative.

La scena è surreale: una sorta di area sterrata simile a una discarica, dove giacciono una vecchia lavatrice, una poltrona usurata, una cyclette, uno specchio, un lampadario, un frigorifero rovesciato, che però prendono via via significati diversi legati a locali o ambienti in cui si trova la protagonista. Il monologo si trasforma in realtà in un dialogo serrato con altre figure, che non compaiono mai ma che fanno parte della vita di Anna: i genitori oppressivi, la signora Tavernini che le affitta uno squallido appartamento, il ragionier Tonino Scarpa che le appare come uno spiraglio di fuga verso una vita migliore…

Sono personaggi-fantasma, che prendono corpo sul palcoscenico soltanto come proiezioni mentali degli spettatori. Emergono spunti ironici e divertenti, battute vivaci e quasi giocose, rallegrate anche da canzoni; ma il clima complessivo della vicenda resta cupo, amaro, permeato dagli egoismi e dall’indifferenza di tutti e dominato dal senso paranoico di possesso, frutto di continue rinunce e rifiuti, che prova la donna e che avrà il suo apice nel simbolico finale, dove la sua pulsione cannibalesca trova ragione nel desiderio perverso di assumere dentro di sé l’oggetto amato. La “passione divorante” è però solo un modo per annullare chi le ha impedito di raggiungere il suo scopo: e la sua ultima parola finisce per essere un inutile, assurdo grido di aiuto.

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