Il concerto ascoltato in Sala Verdi per la Società del Quartetto ha visto Sir András Schiff insieme a un gruppo di giovani pianisti – Schaghajegh Nosrati, Julia Hamos, Nathalia Milstein e Jean-Sélim Abdelmoula – impegnati in un percorso che attraversava tre secoli di musica, mettendo in dialogo voci molto diverse tra loro.
Un impaginato insolito, a quattro e perfino otto mani, scelto dal celebre pianista ungherese, sempre presente in ogni lavoro proposto, che ha così dato spazio significativo a ciascun interprete. L’apertura era affidata a Bach, con il tredicesimo Contrapunctus dell’Arte della Fuga, presentato da Schiff e Nosrati su due pianoforti: una lettura concentrata, un’architettura musicale perfetta posta a introduzione del secondo brano, la Sonata in re maggiore K 381 di Mozart, eseguita da Julia Hamos insieme a Schiff. I tre movimenti – Allegro, Andante, Allegro molto – in netto contrasto con il mondo profondo di Bach, sono stati restituiti con una leggerezza e una limpidezza che riportavano la dimensione cameristica a quattro mani verso un clima quasi salottiero.
La parte più consistente della prima metà del concerto era dedicata al meditato e “antico” Debussy, con Le Six épigraphes antiques, interpretati a quattro mani da Schiff e Abdelmoula. Sei momenti musicali di grande raffinatezza, appartenenti alla stagione più personale del compositore francese, resi in modo incantevole dai due interpreti, attenti alla complessa suddivisione delle parti e ai passaggi più intimistici. Il clima è cambiato ancora con la leggerezza dei rari Jeux d’enfants di Bizet, dove Schiff e Nathalia Milstein hanno trovato un equilibrio lieve, quasi narrativo, fra slancio e semplicità nei dodici brevi brani della raccolta. Dopo l’intervallo, la Sonata in mi minore di Smetana, per due pianoforti e otto mani, offriva un nuovo contrappunto espressivo: una pagina densa, attraversata da ombre e improvvise accensioni, interpretata con decisione da Nosrati, Milstein, Schiff e Abdelmoula in un intreccio timbrico coeso, in cui ogni protagonista era inserito con naturale unità nel gioco delle dinamiche e delle progressioni armoniche. L’accostamento con l’Andantino varié di Schubert apriva poi una parentesi più intima: Schiff e Nosrati hanno delineato con naturalezza il tema e le variazioni, esaltandone la delicata discorsività. Il contrasto si è fatto netto entrando nel mondo contemporaneo di György Kurtág, con alcuni Játékok affidati a Schiff e Julia Hamos: pagine brevissime, fatte di gesti essenziali, affrontate con un’attenzione quasi calligrafica. Un’interpretazione di alto livello. A chiudere la serata è tornato Smetana, con il Rondò in do maggiore, affidato a Milstein, Hamos, Nosrati e Schiff: una conclusione luminosa, che ha sciolto la densità costruttiva del brano precedente in un gesto di serena vitalità. Applausi meritatissimi per tutti i protagonisti, saliti insieme sul palcoscenico di fronte al numerosissimo pubblico di appassionati accorsi in Conservatorio.