Addio, con un po’ di fumo, alla stazione milanese di Porta Genova.

0
8

In una bella giornata di sole, il 13 dicembre 2025, Milano ha perso una delle sue stazioni ferroviarie: quella di Porta Genova, capolinea per Mortara. La linea rimane, ma i treni d’ora in poi vanno a far capo a Rogoredo e resta da vedere se sarà ben accetto il nuovo capolinea, comodo per le ferrovie ma scomodo per l’utenza, periferico com’è. I trasbordi sulle metropolitane non mancano: M4 a S. Cristoforo, M2 a Romolo, M3 a Lodi-TIBB/P.ta Romana e Rogoredo; ma il treno non arriverà più così vicino al centro. Per di più sparisce quello che era il più comodo trasbordo, l’unico a Milano dove ferrovia e metrò erano l’una sopra l’altro e le scale collegavano direttamente i marciapiedi senza dover scarpinare in strada o per corridoi interminabili.

La chiusura era nell’aria da molto tempo ma la notizia mi ha sorpreso perché non avevo mai visto avvisi in stazione, come mi sarei aspettato. Anzi, tabelloni e altoparlante perfino l’ultimo giorno hanno proclamato solo l’annuncio del nuovo orario che valeva dal giorno dopo e prometteva diverse novità: sì, ma quali? Non te lo dico: vattele a cercare collegandoti al sito, come sempre. Avevano vergogna a parlare della chiusura?

Se ne va così l’ultima fra le stazioni milanesi dell’Ottocento, oggi FS, ad essere aperta, nel 1870, con la linea per Vigevano. Di lì a Mortara la ferrovia c’era già da 16 anni ed anche le altre linee su Milano c’erano già tutte; mancavano solo le Nord. Era in origine una stazione di transito: i treni partivano dalla vecchia centrale, nell’attuale piazza della Repubblica, giravano in periferia per poi riavvicinarsi alla città prima di lasciarla per puntare su Vigevano: nel punto più vicino alla città è sorta la stazione di Porta Genova. Tutta la prima parte della linea è stata amputata nel 1931 col rifacimento del sistema ferroviario milanese e da allora la nostra è rimasta una stazione di testa, e per una sola destinazione. La linea originaria ha lasciato comunque tracce di sé, tipicamente in via Dezza.

Era anche la più antica stazione milanese ad essere rimasta in funzione quasi nella sua forma originale, almeno come edificio, senza le manomissioni che hanno inevitabilmente interessato tutte le altre. Non così il piazzale dei binari, già da molti anni irriconoscibile per chi se lo ricorda quando aveva 6 binari invece dei miseri 3 rimasti in ultimo, ed un insieme di binarie scambi, soprattutto per le merci, ben più esteso e complesso.

L’aspetto delle installazioni ferroviarie negli ultimi tempi era deprimente: il lungo magazzino merci, tutto in curva, in rovina e già mezzo smantellato, l’area dello scalo merci occupata classicamente da un parcheggio, l’estremità cieca (lato nord) lasciata alle erbacce e poi tagliata di netto con la passerella Biki (ed era stata rifatta nuova nel 1983!), nessuna traccia dei numerosi raccordi industriali (per forza: da un pezzo sono sparite le fabbriche), la celebre passerella inagibile, il muro perimetrale sbilenco e pericolante, ed il solito contorno di sporcizia, graffiti ed erbacce.

È sempre stata una stazione minore, un po’ in disparte ma dignitosa. Nella sua vita non ha mai visto grandi treni; negli ultimi anni non andavano più in là di Mortara: neanche 50 km. Prima, quasi tutti arrivavano ad Alessandria, uno fino a Savona ed un altro addirittura a Cuneo, ma sono ricordi lontani. Non aveva insomma l’aspetto del terminal d’una metropoli; sembrava più la stazione d’una cittadina di provincia, come anche il quartiere circostante, nato con una certa pretesa di eleganza perché nelle intenzioni la stazione doveva servire per Genova, donde il nome assegnato al corso e alla porta urbana creati per l’occasione. Ma da subito la linea di Mortara è rimasta solo per il traffico locale ed il quartiere non è decollato. Tra l’altro i nomi delle vie circostanti sono quelli delle città che si sarebbero raggiunte con la nuova linea.

Forse non era neanche molto amata dai suoi clienti, quasi tutti pendolari abituati ad ogni sorta di ritardi e disservizi: credo che la sua sia la linea che ha vinto la gara delle lamentele. Ma sono sicuro che adesso in molti la rimpiangeranno, come una persona con cui si è vissuto per una vita, litigandoci anche, ma che quando viene la sua ora lascia un certo vuoto.

Per l’occasione è stato organizzato, ed era prevedibile, un treno storico a vapore. Questo era definito “in doppia trazione simmetrica”, cioè una locomotiva in testa ed una in coda. In effetti è partito la mattina dalla centrale per arrivare a S. Cristoforo con due locomotive a vapore in testa (per la cronaca: le 640.121 e 625.017) ed una elettrica (E636.161) in coda. Di solito i treni storici a vapore hanno al seguito una motrice moderna, elettrica o diesel che sia, ed è questa che svolge il vero lavoro di trazione: la locomotiva a vapore sta in testa a governare il freno, fumare e fischiare: insomma, a fare un po’ di scena per divertire gli appassionati. Qui invece la macchina elettrica, storica pure lei, aveva i pantografi abbassati: erano le due veterane a fare il loro dovere.

Da S. Cristoforo è retrocesso a Porta Genova (non poteva fare altro), e a questo è servita quella elettrica che adesso era in testa, risparmiando le manovre per spostare le locomotive.

Lo speciale è rimasto a far mostra di sé per tre quarti d’ora nella stazione moritura ed è infine partito per Mortara solo a vapore, abbandonando la locomotiva elettrica che poi lo ha seguito a distanza. È tornato a Milano nel pomeriggio ma senza più ripassare per il capolinea, tirato dall’E636 e con la sola 625 che adesso era di spinta in coda: quindi nessuna manovra a Mortara; ormai si evitano il più possibile. Questo treno era anche definito “degli anni ’30”, il che doveva esser vero per quasi tutti i vagoni, ma le macchine a vapore erano degli anni ’10 e quella elettrica dei ’50; la media torna.

Avevo già visto anni fa qualche treno storico a vapore lì, ma stavolta lo spettacolo ha richiamato una folla come non si è mai vista, con gente dappertutto, compresi quelli che per meglio fotografare e filmare si sono sparpagliati per i binari; ne ho visti anche sulle scalette dei semafori. E intanto i treni “normali” erano pur sempre in servizio. Fortuna che nessuno ci è finito sotto; il pericolo c’era, eccome, e non ho visto interventi della polizia. Ma come avrebbero fatto in quella calca? Alla partenza il macchinista del treno storico ha dovuto sporgersi per mandar via i curiosi troppo temerari.

C’era pubblico di vedetta anche nelle altre stazioni, e in vari punti lungo il percorso, come al ponte delle Milizie e sul passaggio a livello sottostante.

A proposito: era l’ultimo giorno anche per lui, ultimo rimasto entro i confini del comune.

Nell’ultimo suo giorno la stazione è stata quindi affumicata dal treno speciale, e forse avrà rivissuto per un attimo i tempi lontani. Per un momento anch’io sono tornato indietro di sessant’anni e passa, quando vedevo qui i veri treni a vapore. Nel pomeriggio sono anche andato a S. Cristoforo a vederlo passare nel ritorno e fare un confronto: ero lì il 30 maggio 1965 a veder passare l’ultimo treno a vapore della linea; era anche l’ultimo treno a vapore in servizio regolare uscito dalla centrale, e pure l’ultimo viaggio per la 685.005: così dicevano i giornali all’epoca, ma l’ultima notizia non era vera.

Nella stazione che moriva, oltre al palco per gli inevitabili discorsi, c’era anche uno spettacolo musicale; inoltre sul primo binario è stata allestita una minuscola mostra, ma non sulla stazione, bensì in generale sulle FS, con qualche foto e pannelli per raccontarne la storia in estrema sintesi. C’era però un errore madornale, ma non so quanti se ne siano accorti: fra le ferrovie elettrificate entro il 1924 figurava la “Novara-Voghera”: mai esistita una linea del genere; in realtà si trattava della “Novi Ligure-Voghera”.

E adesso che cosa ne sarà di tutta l’area? Bella domanda! Naturalmente, dall’alto, tutti a giurare che ci saranno strutture polifunzionali o tante altre belle robe, tutte con le loro sigle e paroloni, meglio se in inglese, che fanno effetto e non spiegano niente, e -s’intende- tanto, tanto verde. Ma ne hanno raccontate così tante di frottole del genere, che da un pezzo mi sono stufato di fare il babbeo che ci crede. In tempi lunghi possiamo aspettarci un’altra fungaia di grattacieli; sul breve termine, spero almeno che ci sia risparmiata una riedizione dello squallore dell’area dell’ex scalo Vittoria, con tutte le polemiche dietro. In ogni caso sarà un altro spettacolo edificante da presentare ai turisti per le olimpiadi.