Rimini, un tuffo nella storia

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Non è solo la spiaggia immensa, di sabbia fine, simile a quelle californiane, o la magnifica passeggiata accanto, tra fiori ed erbe profumate – il Parco del Mare, frutto di una sapiente riqualificazione degli ultimi anni – ad attrarre turisti a Rimini: l’antica Ariminum conserva splendide tracce della sua grande importanza in epoca romana e rinascimentale. È senz’altro una città d’arte tra le più interessanti in Italia. Vanta in primis lo splendido Ponte di Tiberio, che collega il centro storico con il suburbio, il borgo San Giuliano.
Da qui partivano le vie consolari Emilia e Popilia, dirette verso Nord: la prima collegava Rimini a Piacenza, passando per Bologna, la seconda raggiungeva Ravenna, Adria e poi Aquileia. Si devono aggiungere anche la via Flaminia, verso Roma, e la via Ariminensis in direzione di Arezzo, oltre gli Appennini, strade che testimoniano la rilevanza di Rimini come crocevia fondamentale per i commerci.
La costruzione del ponte, su cinque arcate sorrette da possenti piloni, fu iniziata sotto Augusto nel 14 d.C. per l’attraversamento del fiume Marecchia (Ariminus) e terminata, sette anni dopo, dal suo successore Tiberio. Il corso d’acqua fu deviato in epoca fascista (1924-1930) in un alveo artificiale per evitare al centro cittadino danni da esondazioni: il ponte si trova dunque a sormontare un bacino, circondato da un bel parco. È sopravvissuto a terremoti, a piene, a guerre ed è uno dei simboli della città, nonché uno dei ponti bimillenari meglio conservati al mondo. È davanti al decumano massimo, ossia l’attuale corso d’Augusto, con il famoso Arco eretto nel 27 a.C. per decreto del Senato romano, allo scopo di celebrare il princeps che aveva restaurato le vie prima citate, in particolare la via Flaminia.
L’Arco di Augusto, in travertino, era incorporato nelle mura e rimase per secoli una porta urbica monumentale, ossia l’ingresso principale della città. E a poca distanza, ecco i resti della Domus del chirurgo ( https://www.domusrimini.com/ ), da visitare assolutamente. Il biglietto consente l’ingresso anche al Museo della Città “Luigi Tonini” (https://www.museicomunalirimini.it/en/musei/museo-della-citta). A luglio ed agosto si estende l’apertura in orario serale, dalle h 21:00 alle 23:00, il mercoledì e il venerdì.
Nel 1989, durante scavi per la manutenzione di piazza Ferrari, alcuni operai scoprirono strumenti chirurgici di epoca romana. I lavori successivi effettuati dagli archeologi fino al 2007 fecero riemergere ben 150 ferri, adatti soprattutto a operazioni per ferite e fratture ossee. Si è quindi ipotizzato che la casa – risalente alla seconda metà del II sec. d.C. – di cui si possono ammirare i pavimenti a mosaico, appartenesse a un chirurgo militare, Eutyches.
L’abitazione era a due piani e fu ricavata ristrutturando la parte posteriore del peristilio di un edificio precedente. Il percorso può poi proseguire all’interno del vicino Museo, che espone nel piano sotterraneo una vastissima collezione di reperti ritrovati nella zona: si ripercorrono quindi le tappe principali della storia della città.
La colonia di Ariminum fu fondata dai Romani nel 268 a.C., alla foce del fiume omonimo (l’antico Marecchia). Qui si erano alternate popolazioni di varia origine, fin dall’età del bronzo; ma alcuni ritrovamenti sono legati ad un passato ancora più lontano.
Nel 78 a.C. fu spostato il confine dell’Italia romana, il cosiddetto pomerium, sacro e inviolabile, dall’Esino al Rubicone, nel territorio di Rimini; tale fiume non doveva dunque essere varcato da alcun esercito. Fu invece attraversato da Cesare che tornava con le sue truppe dalla Gallia Cisalpina, nel gennaio del 49 a.C., dando così inizio alla guerra civile con Pompeo. All’evento storico si associa la nota locuzione “Alea iacta est”, “Il dado è tratto”, attribuita da Svetonio a Giulio Cesare per sottolineare la sua decisione irrevocabile.
Ai piani superiori del museo – con molte sale dove s’incontrano anche capolavori del Guercino, di Guido Reni, di Giovanni Bellini – la storia di Rimini prosegue attraverso bellissime opere d’arte del Medioevo, del Rinascimento, del ‘600, fino a includere gli ultimi secoli. Un periodo di lustro per Rimini fu certo connotato dai Malatesta al potere, dal XIII al XV secolo, nonostante carestie ed epidemie di peste, come quella gravissima del 1348. L’ascesa di questa famiglia iniziò intorno al 1295, quando Rimini contava circa 10.000 abitanti suddivisi in 22 contrade urbane e 4 borghi maggiori.
Il suo esponente più famoso fu Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, Fano e Senigallia dal 1432 al 1468, anno della sua morte– famoso il suo ritratto dipinto da Piero della Francesca nel 1451, conservato al Louvre – sotto il quale l’antica chiesa di San Francesco fu ricostruita diventando l’incomparabile Tempio Malatestiano. Era destinato a diventare un monumento-sepolcro celebrativo della famiglia. Alla facciata lavorò il grande Leon Battista Alberti; ma la cupola da lui progettata non fu mai costruita perché Sigismondo, scomunicato dal papa Pio II Piccolomini il giorno di Natale del 1460, non ebbe più fondi per terminare i lavori.
Nel 1809 il Tempio fu consacrato a cattedrale cittadina, dedicata a Santa Colomba. Curiosa sorte per un’opera che lo stesso Pio II aveva giudicato “con tante opere pagane che non sembra un tempio di cristiani ma di infedeli adoratori di demoni!

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