Facendo una bella sorpresa al suo affezionato pubblico, il Festival pianistico Pianovara, alla sua terza edizione, ha anticipato l’inizio, finora a settembre, alla seconda metà di maggio, per poi nel prossimo settembre proseguire e concludersi, dopo la trimestrale pausa estiva. A rendere ancora più bella la sorpresa, il Conservatorio Cantelli di Novara, organizzatore del Festival, ha chiamato per la serata inaugurale, ieri 19 maggio, all’Auditorium Olivieri, un trio di grande richiamo, il Trio Kuroda-Campagnari-Dillon, costituito nel 2019 da tre solisti di altissimo valore, gli ultimi due anche, rispettivamente, secondo violino e violoncello del prestigioso quartetto d’archi Prometeo. La giapponese Aki Kuroda è ormai pianista di fama internazionale e soprattutto interprete autorevole della musica contemporanea. Il Programma proposto non prevedeva tuttavia pezzi contemporanei, ma era impaginato su due composizioni, l’una del 1923, il Trio per pianoforte e archi in Re minore 0p.120 di G. Fauré, l’altra del 1855, il Trio in Sol minore op.15 di B. Smetana. Eccellente la lettura che i tre artisti danno del Trio di Fauré, esprimendo appieno l’eleganza e felicità inventiva caratteristica della musica del grande compositore francese, e il simbolismo sottilmente evocativo che l’avvolge nel tardo periodo della sua produzione, cui appartiene questo pezzo. L’esito eccellente di questa esecuzione, che oseremmo definire ‘di riferimento’, del Trio di Fauré, è garantito non solo dalla solida compattezza della compagine e dall’attenzione costante alle sfumature anche minime, della timbrica e delle dinamiche, e alle scelte agogiche sempre adeguate, ma anche dalla bravura straordinaria dei singoli interpreti .Soprattutto un’interpretazione che sonda, scava, esplora ogni piega sonora di questo capolavoro, facendone affiorare le soluzioni armoniche particolarissime,” la via di Fauré alla modernità”, come l’ha definita Dillon nella breve, ma illuminante presentazione del concerto. Il fraseggio limpido e fluente, con un legato perfettamente calibrato del violino di Campagnari, la morbidezza e il suono caldo e avvolgente del violoncello di Dillon, il suono pulito e omogeneo, elastico nei passaggi veloci e nei ribattuti del pianoforte di Aki Kuroda, hanno dato voce incantevole ai momenti più lirici presenti nella composizione, ben bilanciati peraltro coi momenti di maggior slancio, come nell’inquieto sviluppo del primo tempo Allegro ma non troppo, o nel capriccioso primo tema del Finale Allegro vivo. Se dobbiamo indicare il momento per noi più coinvolgente di questa interpretazione, citiamo senz’altro il bellissimo secondo tema dell’Andantino centrale, un magico corale intriso di malinconia, affidato al pianoforte solo, dove la Kuroda ha toccato i vertici di una musica di luminosa finezza e sensibilità espressiva, d’incanto sonoro senza pari. Di tono decisamente tragico, il Trio op. 15 di Smetana, composto per la morte prematura della primogenita, oscilla tra l’elegiaco e il funebre. L’interpretazione del Trio Kuroda-Campagnari-Dillon dà voce carica di espressione a questo mondo sonoro, mantenendolo comunque entro una misura di equilibrata eleganza, che non eccede mai in svenevoli effusioni del pathos, e aderendo con perfetta tensione espressiva all’andamento rapsodico del materiale tematico.
Soprattutto, a differenza dell’interpretazione del Trio di Fauré, qui a essere portata in primo piano è la ricchezza di colori e di ritmi di cui abbonda questo pezzo, e che tocca il suo culmine nei due tempi estremi, in particolare nel Finale Rondò, ove una inquietante quanto sfrenata danza macabra si alterna con couplé di più raccolta inquietudine, sino alla conclusione, stranamente quasi trionfale, in maggiore, che subentra al minore dominante per buona parte dell’opera. L’influenza di Liszt, tra i modelli di questo Smetana, si avverte in particolare nella densità della scrittura pianistica, che la Kuroda esegue con piena autorevolezza nel tocco, sempre terso e sicuro, e con un respiro del fraseggio che sembra illuminare di improvvisi bagliori questa complessa tessitura sonora. Un’interpretazione, questa del Trio Kuroda-Campagnari-Dillon, che con la cura del dettaglio dinamico e timbrico e uno stacco dei tempi di intensa espressività, dà anche voce vibrante, soprattutto grazie ai due archi, ai momenti ‘schumanniani’, di dolente e inquieta intimità, presenti in particolare, nell’Allegro ma non agitato centrale. Un gran bel concerto, salutato con entusiasmo dal numeroso pubblico, cui è stato offerto come fuori programma l’Andante del primo trio per pianoforte ed archi di Mendelssohn, eseguito con interpretazione superba. Un concerto così, ce lo ricorderemo per tanto, tanto tempo.