La Nürnberger Symphoniker diretta da Jonathan Darlington per la Società dei Concerti

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Il concerto della Serie Rubino andato in scena ieri in Conservatorio ha proposto un accostamento che, sulla carta, poteva sembrare azzardato, ma che nella pratica ha rivelato una sua coerenza interna: il virtuosismo slanciato del Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore di Franz Liszt e la tensione narrativa della Sinfonia n. 1 in Re maggiore “Titan” di Mahler nell’intima versione da camera curata da Erwin Stein. Sul podio, Jonathan Darlington ha guidato i Nürnberger Symphoniker con un gesto concentrato e flessibile, mentre Anna Kravtchenko ha affrontato la parte solistica lisztiana con un piglio in linea con i colori orchestrali, dove gli elementi virtuosistici spiccano nella natura imperiosa del brano. Il concerto di Liszt, tra i più brevi ma comunque completi nella visione narrativa, con i suoi contrasti tra impeto e sospensione, ha trovato nella pianista italo-ucraina – vincitrice a soli 16 anni del Concorso Internazionale Busoni di Bolzano – una lettura equilibrata, con momenti di luminoso virtuosismo ben cesellato, ottimamente inserito nella lettura di Darlington.
Validi i due celebri bis solistici proposti dalla pianista: prima il Notturno op. 9 n. 3 di F. Chopin e poi Widmung di Schumann-Liszt, entrambi in una restituzione personalizzata di sicuro interesse.
Dopo l’intervallo, la Titan mahleriana nella versione ridotta ha offerto un’altra prospettiva d’ascolto: meno travolgente sul piano timbrico, ma forse più trasparente nel disegno e nelle atmosfere, che emergono qui con una sorta di fragilità intenzionale dal sapore cameristico ma che nel complesso risultano di eccellente equilibrio. Ottimi i frangenti più voluminosi, con gli ottoni in prima linea, chiari ed energici. Darlington ha puntato su un andamento narrativo continuo, lasciando respirare il primo movimento con tempi ampi, quasi a restituirne la natura di lento risveglio. Nei due movimenti centrali l’orchestra ha mostrato duttilità e precisione, soprattutto nel passaggio dal carattere più rustico del secondo alla misura danzante ma controllata del Trio. Il Finale, pur con mezzi più contenuti rispetto alla grande orchestra mahleriana, ha conservato quella sua energia tempestosa, risolta dal direttore con una gradualità che ne ha reso più leggibile la costruzione. Una lettura molto apprezzata dal numerosissimo pubblico intervenuto in Sala Verdi. Molto bello il bis con il brano Irish Tune from County Derry di Percy Grainger. Bravissimi!