L’ELISIR D’AMORE CHIUDE LA STAGIONE LIRICA 2025 DEL TEATRO COCCIA DI NOVARA

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Ieri, domenica 23 Novembre, con la replica (dopo lo spettacolo di venerdì) dell’opera comica di G. Donizetti L’elisir d’amore, si è conclusa a Novara la stagione lirica 2025 del Teatro Coccia.

L’opera è una coproduzione del Coccia, dei Teatri di OperaLombardia e della Fondazione Teatro di Pisa, e prima di approdare a Novara ha debuttato a settembre a Como, per poi replicare in altre città lombarde. Dunque giunge a Novara uno spettacolo ampiamente collaudato con il casting dei cantanti affidato all’ AsLiCo, una meritoria associazione lombarda, con sede a Como, che dal 1949 seleziona e forma giovani cantanti, Direttori d’orchestra e registi del teatro d’opera. I cantanti selezionati sono quasi tutti vincitori del 76° Concorso internazionale per giovani cantanti, organizzato annualmente dalla stessa AsLiCo. Il ruolo di Nemorino è toccato al tenore Nico Franchini, di voce ben timbrata, omogenea e solida in tutti i registri, con un acuto di luminosa chiarezza e sicuro controllo dei fiati, qualità vocali che gli hanno permesso di cantare “Una furtiva lacrima” con limpidezza di fraseggio, morbidezza nell’emissione e fraseggio energico, con bella proiezione del suono, strappando applausi prolungati dal pubblico che affollava il Coccia.
Anche sul piano drammaturgico, Franchini ha interpretato bene la sua parte, cogliendo perfettamente il nuovo carattere che Donizetti attribuisce al personaggio, fuori dagli schemi dell’opera buffa settecentesca, con tratti di un’interiorità tenera e malinconica, secondo la prospettiva romantica con cui il compositore bergamasco innova profondamente il teatro musicale comico tradizionale: l’aria “Adina credimi, te ne scongiuro”, con cui Nemorino apre il quartetto del Finale dell’Atto I, è ben cantata da Franchini, con un fraseggio equilibrato e facendo sentire con bella evidenza le armonie modulanti, proprio per dare piena espressione alla sincerità sentimentale del suo personaggio.  Anche la Adina del soprano Sabrina Sanza ha offerto una presenza scenica assai convincente, esprimendo al meglio l’evoluzione psicologica che la conduce dal carattere tipico del primo soprano dell’opera buffa settecentesca, un po’ leziosa, ma anche calcolatrice, quale è all’inizio della vicenda, a giovane donna ‘romantica’, sentimentalmente matura e capace di commuoversi e innamorarsi seriamente, come appare nel Duetto con Nemorino nell’Atto II “Prendi per me sei libero”. Vocalmente la Sanza ha una voce tipica da soprano lirico leggero, che dà il meglio di sé nei registri centrali e acuti, mentre i gravi risultano un po’ fragili. Va però detto, a suo onore, che questo limite è ben compensato da un timbro vocale di bella chiarezza e pulizia, grazie a cui ottiene fraseggi apprezzabili, con dizione efficace e buona attenzione alla parola scenica. Il Dulcamara di questa edizione dell’Elisir d’amore è il baritono romano Giacomo Nanni, vincitore al Concorso AsLiCo 2025 proprio in questo ruolo.
Anche il Dulcamara di Nanni, coerentemente, non è più il basso buffo del ‘700: è certo, né potrebbe essere diversamente, il fanfarone imbroglione di sempre, ma si coglie in lui una riduzione dell’aspetto buffonesco che lo contraddistingue di solito, a favore di un atteggiamento più misurato, piuttosto ironico che bizzarramente ridicolo. Vocalmente Nanni è baritono che dispone di uno strumento vocale di bel colore scuro, di buona proiezione e dalla dizione chiara e sicura, che rende piacevole il suo canto spianato. Ottima e autorevole la sua presenza scenica. Baritono è anche Giovanni Accardi, un Belcore che si fa apprezzare maggiormente nei registri medio-alti della vocalità, dal buon fraseggio, valido interprete della maschia vanità del suo personaggio. Apprezzabile anche la Giannetta del soprano Rosalba Ducato, di cui colpisce la delicata grazia, così della voce come della recitazione. Impeccabile la direzione orchestrale di Enrico Lombardi, sul podio a dirigere l’Orchestra I Pomeriggi Musicali. Eccellente nel regolare il rapporto tra buca e palcoscenico, scegliendo sempre i tempi e i ritmi giusti, alleggerendo con sapienza e collaudata esperienza i volumi sonori dell’orchestra per dare il più possibile sostegno alle voci, la sua è una direzione che si è distinta per la cura espressiva delle dinamiche e della paletta timbrica, ricavando il meglio dalla valida compagine milanese. Soprattutto, Lombardi sa come caratterizzare le diverse linee vocali, a seconda delle particolari caratteristiche dei personaggi. Valido il contributo apportato alla buona riuscita musicale di questo Elisir d’amore dal Coro OperaLombardia, preciso ed efficace nei suoi interventi diretti dal Maestro Massimo Fiocchi Malaspina. Se la parte vocale di questo Elisir d’amore è più che buona, discutibile è la regia di Andrea Chiodi. Chiodi sostituisce, nell’ambientare la vicenda, al ‘villaggio dei Paesi baschi’ del libretto di F. Romani, una fabbrica di pasta all’uovo anni ’50 del ‘900, di cui proprietaria è Adina, con tanto di operai e galline della vicina cascina. Leggendo le note di regia appare che il motivo di questa scelta s’ispira ad una frase di Dulcamara nel Duetto con Adina nell’Atto II “Egli (Nemorino) è il gallo della checca/Tutte segue, tutte becca”. Ma questa scelta registica si propone uno scopo preciso: caratterizzare dal punto di vista” sociologico” i personaggi: Adina imprenditrice accorta, Nemorino suo dipendente, lavorante a corto di quattrini (fino a quando riceve l’eredità del parente e si arricchisce anche lui), ma teneramente innamorato e ‘bravo ragazzo’, Dulcamara venditore ambulante truffaldino e Belcore bellimbusto alla ricerca anche lui di una sua posizione sociale. Dulcamara è visto come un seduttore, non tanto nel senso propriamente erotico del termine, quanto sul piano commerciale: da qui, nel secondo atto, il suo baciare ed essere baciato in continuazione.  Insomma una vicenda che ruota intorno al denaro e l’aspirazione a salire la scala sociale (fin troppo chiaro il significato simbolico della scala che campeggia per tutto l’atto primo sul palcoscenico), come motore della vita sociale, cui si contrappone, venendo alla fine premiato, l’amore, quando è sincero. Le conseguenze più strampalate di questa interpretazione registica coinvolgono la scenografia, curata da Guido Buganza., col contributo delle luci di Gianni Bertoli. Molto semplice, fatta di pochi elementi e pochi oggetti, la scena vorrebbe rappresentare, nel primo atto, la fabbrica di pasta, nel secondo l’interno della fattoria di Adina. Tutto dominato dall’immagine delle galline, che fanno le uova per la pasta della fabbrica e divengono  sorta di animale totemico dello spettacolo: la parete di fondo e una laterale del palcoscenico sono interamente occupate da pannelli con immagini di galline, dipinte con piumaggio variopinto. Dulcamara entra in scena nel primo atto con due ali da gallo sulla schiena e lo stesso cappello da bersagliere di Belcore richiama penne gallinacee. Questo palcoscenico di galline francamente risultava un po’ ridicolo. Una delle più romantiche arie del nostro belcantismo ottocentesco, la romanza di Nemorino “Una furtiva lacrima”, cantata su un simile sfondo, sfiorava decisamente la parodia involontaria. A salvare in parte l’insieme dell’allestimento scenico, i bei costumi dei personaggi, in perfetto stile anni ’50, firmati da Ilaria Ariemme.
Di fronte a questo allestimento non possiamo non evocare, a commento, il titolo di uno degli ultimi romanzi di A. Moravia: Boh. Dobbiamo però dare atto a Chiodi, che debuttava nella regia d’opera, di aver dimostrato capacità e bravura nell’aver ben centrato, nella guida teatrale dei cantanti, lo spirito di questa ‘opera comica romantica’ di Donizetti, con una buona caratterizzazione dei personaggi e di aver saputo guidare un eccellente movimento del coro, confezionando alla fin fine, al netto dalla scenografia, uno spettacolo piacevole e di buona qualità teatrale. Il successo presso il pubblico novarese è stato pieno, sottolineato da applausi scroscianti e prolungati. Si chiude così più che degnamente, una buona stagione lirica del Coccia. La prossima riaprirà i battenti, a gennaio 2026, con un attesissimo Macbeth. (Foto dall’Ufficio Stampa del Teatro Coccia)