PER IL FESTIVAL CANTELLI A NOVARA IN CONCERTO I SOLISTI DI ZAGABRIA

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Per il secondo dei sei concerti del Festival Cantelli, stagione 2025/26, ieri sera, mercoledì 19/11, al Teatro Faraggiana ha suonato una delle Orchestre da camera, di soli archi, più celebri e amate al mondo, “I Solisti di Zagabria”. Costituita nel 1953 su iniziativa della Radiotelevisione croata, questa orchestra deve gran parte della sua fama e qualità alla direzione del grande violoncellista e Direttore Antonio Janigro, milanese, ma a lungo vissuto a Zagabria e che, nel corso del tempo, con la sua direzione è venuto ‘costruendo’ la compagine. Oggi I Solisti di Zagabria suonano generalmente senza un Direttore sul podio, guidati, come le orchestre del buon tempo antico, dal Konzertmeister (il primo violino in orchestra) che attualmente è Sreten Krstic. Il repertorio dell’orchestra croata si estende dal classicismo settecentesco al ‘900, come conferma il programma presentato al concerto novarese, che, partendo da W.A. Mozart giungeva a B. Britten, attraversando l’800 con F. Mendelssohn e P.I. Ciajkovskij. Il pezzo che ha aperto la serata, il Divertimento n.3 in Fa maggiore KV 138, in tre tempi(originariamente orchestrato come quartetto d’archi), è un componimento mozartiano ancora improntato allo stile galante del pieno’700 delle corti e si caratterizza per la serena brillantezza e la grazia luminosa della musica. Queste caratteristiche del pezzo permettono alla compagine croata di mettere in evidenza una delle qualità precipue dei suoi strumentisti, la trasparenza e la luminosità del suono, unite ad una eleganza e misura davvero mirabili, in particolare nella cantabilità del tema d’attacco dell’Andante centrale e nella deliziosa freschezza del Finale Rondò. L’equilibrio perfetto e la solidità impeccabile dell’orchestra traspaiono poi nelle parti imitative del pezzo, in particolare, ancora una volta nel Rondò conclusivo. Insomma un vero, raffinato gioiello di incantata musicalità, questo Divertimento op.138 confezionato da Krstic e compagni. Seguiva di Mendelssohn, la Sinfonia per archi in si minore op.10. Appartenente al gruppo delle dodici Sinfonie per archi composte nella fanciullezza, questa è in un solo movimento Allegro, preceduto da un Andante introduttivo. Pur essendo stata scritta in piena epoca romantica, potremmo ripetere, almeno in parte, per questa composizione ciò che si è detto poco sopra per quella mozartiana: anche qui, pur in uno stile che non è certo quello ‘galante’ del secolo precedente, domina un melodismo limpido e ed armonioso, solare, diremmo, cui gli archi dei Solisti di Zagabria danno piena voce, col loro suono terso e fluente.
Degna di particolare nota è la cura rigorosa dei dettagli dinamici, dei ritmi e degli intrecci delle varie linee strumentali, col loro sottile variare di registri timbrici. Composizione tutto sommato semplice, questa Sinfonia di Mendelssohn, ma eseguita con una precisione, un rigore, una qualità del suono davvero da applausi. Con un balzo nel ‘900 l’impaginato della serata proponeva agli ascoltatori la Simple Symphony op.4 di B. Britten, una sorta di Suite, con tanto di Bourrée e Sarabande, in quattro tempi. Si tratta, come indica il numero d’opus, di una delle prime composizioni del catalogo di Britten e nasce dalla rielaborazione di pezzi composti durante l’infanzia e l’adolescenza (un altro enfant prodige dopo Mozart e Mendelssohn: una coincidenza?). I solisti di Zagabria danno grande prova di sé nel valorizzare la caratteristica più significativa di questo pezzo: la varietà continua di colori e di ritmi. E’ quasi sorprendente l’ampia paletta timbrica che un’orchestra di soli archi riesce a ottenere nel primo movimento, (boisterous bourrée, vale a dire ‘bourrée chiassosa’), grazie al costante alternarsi delle linee strumentali su diversi registri, soprattutto quelli alti, con  l’uso di melodie raddoppiate, suonate con energia e delicatezza a un tempo dall’ensemble, così come il variare della massa sonora grave e un po’ cupa della prima sezione della meditativa Sarabande nel più leggero, ma espressivamente non meno intenso, melodismo del Trio centrale. Se nel secondo movimento, Playful Pizzicato, i Solisti di Zagabria riescono a sprigionare molto e vario suono dal pizzicato, eseguito con simpatico virtuosismo, il Finale è una vera esplosione pirotecnica di sorprese, che può alla lontana ricordare un Rossini. Insomma: questa Simple Symphony è ‘Simple’, semplice, perché ha l’ingenuità sbarazzina di un gioco infantile coi suoni, con la musica, congegnato dalla fantasia creativa di un grande compositore, che ha trovato adeguati interpreti nei Maestri dell’orchestra croata. La serata aveva la sua degna conclusione nella Serenata per archi in DO maggiore op.48, di Ciajkovskij. I solisti di Zagabria hanno eseguito il pezzo con pregevole finezza espressiva, mantenendosi sempre sul filo di un delicato equilibrio tra una grazia mozartiana cui il compositore russo guarda come per esorcizzare i tenebrosi fantasmi di un momento drammatico della sua tormentata esistenza e i momenti in cui quel dramma interiore affiora appena in note di soffusa malinconia, come i brevi incisi melodici del primo movimento Pezzo in forma di sonatina o quel velo che sembra spegnere la brillantezza della danza nel Valzer del secondo tempo. Ma tutta l’interpretazione del pezzo è improntata a questa delicata e fine linea espressiva, propria di un grande complesso orchestrale, quali sono i solisti di Zagabria. L’applauso finale dei presenti suggellava un altro appuntamento musicale di alta qualità, che il Festival Cantelli ha donato ad un pubblico, purtroppo non numeroso come il concerto avrebbe meritato. All’applauso, comunque caloroso e prolungato, l’orchestra di Zagabria ha risposto con un fuori programma di un autore italiano, Domenico Scarlatti: la trascrizione per orchestra d’archi della Sonata in si minore n.227, la cui scrittura originaria è naturalmente per clavicembalo. Un’altra esecuzione esemplare per squisita eleganza e bellezza di suono.