CON LA TRAVIATA RIPRENDE LA STAGIONE D’OPERA DEL TEATRO COCCIA DI NOVARA

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Dopo sei anni di assenza ritorna sul palcoscenico del Coccia di Novara quella che i dati statistici ci assicurano essere l’opera di Verdi (e l’opera in assoluto) attualmente più popolare al mondo, la Traviata.

Si tratta di una produzione in esclusiva della Fondazione Teatro C. Coccia, che va in scena da Venerdì 26 a Martedì 30 Settembre. Noi abbiamo assistito alla rappresentazione di oggi, Domenica 28 (cast principale). La regia di questa Traviata è affidata al noto attore G. Pasotti, la cui evoluzione lo ha portato dal ruolo di attore televisivo, cinematografico, a quello di regista: questa Traviata novarese segna il suo debutto nel teatro musicale. Nelle sue note di regia, Pasotti dichiara di voler ‘far parlare’ Parigi, con le sue atmosfere, i suoi colori, i suoi luoghi. Non è però una regia ‘realistica’, perché questa Parigi, come ogni opera d’immaginazione, quale è un’opera lirica, è sempre inevitabilmente sospesa tra realtà e immaginazione, è un mondo illusorio che s’intreccia e si accompagna ambiguamente col mondo reale.
Coerentemente con questa idea di regia lo scenografo Italo Grassi crea un impianto architettonico sontuoso e monumentale, con una scena fissa delimitata lateralmente da due scalinate, in cui s’inquadra un avvicendarsi continuo  di scenari ed ambienti diversi, simbolici dei sentimenti e delle emozioni dei personaggi, che con le suggestive videoproiezioni del Visual Designer Luca Attili, i bei costumi di Anna Biagiotti e la raffinata (come sempre) gestione delle luci da parte di Ivan Pastrovicchio, suggeriscono un’atmosfera continuamente sospesa tra realtà e illusione, tra verità e sogno. Sul fondale alto le videoproiezioni fanno scorrere immagini che evocano la pittura di E. Schiele e G. Klimt, che ricordano il tema di fondo dell’opera, l’amore, visto da Pasotti (cosi’ si legge nel programma di sala) come ‘natura’ che s’impone con la sua forza sensuale nella vita e nel sogno dei protagonisti Violetta e Alfredo, condannandoli al sacrificio (entrambi) e alla morte (lei, ovviamente). L’aspetto più singolare, sul piano drammaturgico, di questa regia è che con una brusca anticipazione del finale, si comincia con il funerale di Violetta, in cui a fare da sfondo musicale di amore dolore e morte è la Sinfonia d’apertura dell’opera, la quale acquista così una struttura circolare cominciando e concludendosi con la morte di Violetta: la festa a casa di Violetta, che occupa il primo atto, è l’illusione di felicità, su cui incombe funesta l’immagine della morte, la triste realtà, introdotta all’inizio: così almeno, parrebbe di capire. Insomma, alla base della regia e della scenografia di questa Traviata c’è una serie di spunti, alcuni francamente scontati, altri più curiosi e interessanti, il cui combinarsi crea un’atmosfera generalmente suggestiva e abbastanza coinvolgente per lo spettatore. Com’è ormai abitudine al Coccia, la scenografia è intelligentemente spettacolare, molto ben curata, originale, degna di un Teatro di qualità Di solida fama il Direttore, Alessandro Cadario, e l’orchestra, l’Antonio Vivaldi, nata nel 2011 e formata da giovani strumentisti che debbono presentare un requisito essenziale: aver avuto una significativa esperienza con le più prestigiose orchestre mondiali. Il coro è la consueta, per Novara, Schola Cantorum S. Gregorio Magno, diretta da Alberto Sala. Buone la direzione e la concertazione di Cadario, che ha ben guidato la Vivaldi, a sua volta confermatasi come un organico più che affidabile nei vari reparti. Cadario ha realizzato una buona sonorità ed un’efficace scelta dei tempi, già nel primo atto, tenendo uniti musicalmente, nel continuum brillante in ritmo ternario su cui si sviluppa l’intero, fulmineo atto, facendone quasi un poema sinfonico con voci. In generale riuscito è stato anche il rapporto tra buca e palcoscenico, anche nei momenti più complessi, come il concertato del Finale del secondo atto. Rimarchevole la cura dei dettagli strumentali e timbrici, che ha messo talora in risalto alcuni strumenti singoli dell’orchestra, con efficace effetto espressivo. Buona anche la parte propriamente vocale di questa Traviata. La parte dell’eroina eponima era affidata al soprano Francesca Sassu, già altre volte ascoltata qui a Novara. L’abbiamo trovata decisamente migliorata rispetto a prova precedenti: pur scontando una certa debolezza nei registri centrali, ha mostrato nei momenti migliori una bella morbidezza di voce, un acuto energico, un fraseggio limpido ed espressivo.
Ben cantata una delle sue arie più celebri, “Addio, del passato bei sogni ridenti” del terz’atto, che ha riscosso uno degli applausi più prolungati del pubblico. Anche la presenza scenica è stata più che discreta, con una credibile trasformazione dalla Violetta felicemente mondana del I atto, alla tenera innamorata del II, alla moribonda del III. Decisamente buono l’Alfredo del primo tenore Francesco Castoro: dalla voce ben timbrata e robusta, chiara e con valida emissione degli acuti, si segnala per un fraseggio di qualità notevole, dalle mezze voci assai ben riuscite e cariche di suggestione (su tutte, la chiusura dell’aria “Ah sì, da un anno”, nell’atto primo). Anche sul piano attoriale ha mostrato una sicura capacità interpretativa. Il Giorgio Germont del baritono Mario Cassi ha sfoggiato ottime doti vocali, dal bel colore, e d’ intensa proiezione. Le sue note capacità attoriali ci sono apparse in questa occasione un po’ irrigidite e come sfocate, ma pensiamo che ciò vada attribuito alla parte che gli toccava interpretare: Germont padre non è certo un esempio di personaggio brillante e di spiccato carattere.
Anna Malavasi, che ricordiamo come brava Suzuki nella Butterfly al Coccia nel Gennaio dello scorso anno, ha confermato, nella parte di Flora, di essere un mezzosoprano dalla bella vocalità calda e brunita, a tratti pastosa, dal gradevole fraseggio capace di una recitazione di buon livello. Hanno sbrigato come da dovere il loro ruolo le parti di fianco, tra cui ricordiamo l’Annina del mezzosoprano Martina Malavolti, dell’Accademia degli allievi AMO del Coccia, il baritono Matteo Mollica, impegnato nella parte del barone Douphol, e infine il basso Omar Cepparolli, che, nella parte del dott. Grenvil, ha dato il suo contributo alla drammatica scena finale della morte di Violetta. Da sottolineare la buona prova del Coro S. Alberto Magno, la cui vocalità ci permettiamo di definire con le parole della Direttrice artistica della Fondazione Teatro Coccia, Corinne Baroni: “viva e umana”. Una bella Traviata, da cui l’immagine del Teatro Coccia esce ancora una volta come quella di un teatro in ascesa nella qualità degli spettacoli e negli allestimenti d’opera. (Foto dall’Uff.Stampa del Teatro Coccia di Novara)