Il concerto Ritratto di donna: compositrici da (ri)scoprire, tenutosi oggi, 25 novembre, nella panoramica Sala Fontana del Museo del Novecento, ha offerto un punto di vista musicale e simbolico sulla creatività femminile tra Otto e Novecento.
Le ampie vetrate affacciate sul Duomo, illuminate dal crepuscolo, hanno contribuito a un’atmosfera quasi contemplativa, in dialogo silenzioso con le musiche proposte. L’incontro è stato aperto dall’intervento storico-critico del professor Enrico Reggiani, che ha fornito alcune preziose coordinate per leggere il programma non come una semplice antologia femminile, ma come un attraversamento di poetiche molto diverse. Una chiave di lettura che ha permesso al pubblico di ascoltare i brani non “per categoria”, ma come tasselli di una storia musicale più ampia.
Il concerto è poi entrato nel vivo con le Valses-Caprices op. 87 di Mel Bonis, eleganti e sottilmente malinconiche, ben eseguite dalle pianiste, a quattro mani, Katia Caradonna e Silvia Leggio. Valzer capricciosi piacevoli e ricchi di eleganza. Amy Beach ha mostrato la sua doppia anima lirica e cameristica con i Lieder Ich sagte nicht, Juni e The Year’s at the Spring, espressi con eccellente nitidezza ed espressività dalla voce di Sara Allegretta.
Della stessa nota compositrice statunitense è stata eseguita, con ottima resa, la Romanza op. 23 per violino e pianoforte da Roberto Arnoldi e dalla Caradonna. Un cambio di atmosfera, prima della Romanza, era arrivato con i due Haiku di Beatrice Campodonico, essenziali e sospesi, quasi piccoli lampi meditativi, ed eseguiti mirabilmente dal violinista Arnoldi.
Due brevi e intensi lavori presentati dalla stessa compositrice e nati da una riflessione sui due titoli: Sul cammino e Luna piena d’autunno. A chiudere il ricco concerto, il guizzo narrativo della Little Horse’s Story op. 83 di Teresa Procaccini (1934), una pagina brillante e piacevolissima, in cui sei brani, nello stile che richiama grandi compositori come Stravinskij e certo Bartók, hanno messo ancora una volta in rilievo le qualità interpretative di Katia Caradonna e Silvia Leggio. Nel complesso, una serata che ha unito rigore e piacevolezza, resa ancora più suggestiva dal panorama sulla cattedrale. Un’occasione per ascoltare pagine raramente programmate e per riflettere, come suggerito da Reggiani, su quanto il repertorio delle compositrici abbia ancora da dire, a patto che gli si conceda spazio. Applausi fragorosi nella sala colma di spettatori.